Ercole e le stalle di Augia

Sottotitolo: “Si può – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital”

Allora si può.

Dopo Zagrebelsky, Barbara Spinelli e soprattutto Fausto Bertinotti che riscatta una carriera politica disastrosa prendendo il coraggio a due mani e affrontando la crisi dal suo vertice. Si può sfidare il Colle a giustificare il proprio comportamento inchiodandolo alle radici ideologiche della crisi economica. Ella come scrive Bertinotti può definire insostituibile questo governo solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell’Europa reale, le politiche di austerità. Eccola finalmente, squadernata, la verità indicibile. Che parte da Napolitano e scende per i rami dei vari Monti, Letta, Renzi, . La verità che non ha risposte nella replica del presidente se non la reiterazione ho il dovere di mettere in guardia il Paese e le forze politiche rispetto ai rischi e contraccolpi. Che vuol dire guardarsi indietro e non vedere i contraccolpi, la disoccupazione, il debito, i fallimenti, i suicidi, la svendita delle aziende sane, di quelle politiche. Talmente enormi che non vederli può solo voler dire che li si condivide.

Certo che si può, anzi, bisognava farlo prima, e lo dovevano fare anche quegli organi di stampa che quando si tratta di Napolitano sussurrano senza disturbare e quando si tratta di altri, uno a caso Grillo, strepitano che il buffone è un destabilizzatore di democrazia, mentre gli unici destabilizzatori di democrazia si chiamano pd, pdl e quella cosa insignificante che risponde al nome di scelta civica che li appoggia nel progetto criminale di ridurre l’italia da democrazia parziale a dittatura totale, però soft, così, sul lusco e brusco così la gente non se ne accorge, vede Napolitano, pensa che sia il presidente della repubblica e invece no, qualcuno, nei sotterranei dei palazzi del potere lo ha incoronato re ma, come va di moda adesso, a nostra insaputa.

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Ammazza-internet: in galera per le opinioni altrui

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Da cinque anni i governi di tutti i colori, lo ha fatto perfino quello cosiddetto tecnico stanno provando a legiferare per stringere sulla libertà di espressione/informazione in Rete.

Da una ventina, invece, nessun governo, di nessun colore, ha pensato fosse utile una legge seria sul conflitto di interessi dopo che la politica stessa ha consentito la partecipazione all’agorà della res pubblica di un abusivo, impostore e delinquente, che casualmente possiede la quasi totalità dei mezzi di comunicazione italiana suddivisi fra televisioni, giornali, case editrici e ha la possibilità di controllare di traverso anche quelli che non sono ufficialmente suoi.

Compreso il cosiddetto servizio pubblico.

Il vero problema per un potere che può godere di un esercito di yesmen che si credono giornalisti, sempre pronti a riverire ed esaltare qualsiasi cosa, soprattutto il nulla prodotto dalla politica e a nascondere quello che invece la gente è giusto che debba sapere a proposito della politica ma soprattutto di chi la rappresenta, spesso indegnamente, è la constatazione che dei comuni cittadini li possano smentire e ridicolizzare pubblicamente  in qualsiasi momento e a proposito di tutto.

Noi che facciamo blog e scriviamo sulle pagine dei social network al contrario di quei “giornalisti” pagati per scrivere falsità, cazzate e diffamare gente perbene non traiamo nessun profitto dalla nostra attività, scriviamo per il gusto di farlo, gratis. 
E ci vogliono punire per questo?

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Lo status quo obbligatorio –   Alessandro Gilioli

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“Le elezioni anticipate sono una grave patologia italiana”, dice Napolitano.

E naturalmente la terapia consiste nei governi imposti  da lui e da lui resi intoccabili con viva e vibrante soddisfazione. 

Non la corruzione, la politica, ladra, collusa con le mafie, non un delinquente e la sua teppa di venduti, fascisti, immorali disonesti che viene ospitato in parlamento come uno statista con tutto il suo corredo di imputazioni, reati, condanne: non una politica che ha distrutto l’etica, la struttura portante di civiltà e democrazia.

Non un paese impoverito, stremato, dalle privazioni che la politica impone per consentirsi la sua sopravvivenza a scapito della nostra.

La patologia non è avere gente in parlamento da trenta, quaranta, sessant’anni che sulla politica, ovvero sui cittadini che pagano tutto, anche il superfluo, ci ha campato di rendita senza dare un contributo anche minimo al miglioramento di un paese: sono le elezioni, ma pensa…siamo proprio degl’ingrati, ecco.

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Boldrini contro Grillo: “Insulta e distrugge. Rispetti le Camere”.

Grillo: ‘L’Italia una stalla da ripulire’
Boldrini: ‘Insulta e distrugge istituzioni’

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Boldrini se la prende di nuovo con Grillo esigendo più rispetto per il parlamento, quello della politica.

Vediamo: più rispetto per chi? per un parlamento che dopo aver mentito e tradito lo stato una prima volta, quando Ruby era la nipote di Mubarak ci ha rifatto un’altra volta votando la fiducia all’indegno vicepresidente del consiglio che agevola a sua insaputa, il che se fosse vero sarebbe pure peggio, la deportazione di una donna e di sua figlia di sei anni in una dittatura?  rispetto per un ministro dell’interno che va a manifestare davanti e dentro ai tribunali per sostenere la causa di un imputato sotto processo che il centrosinistra si è premurato di non sfiduciare in quel parlamento per non mettere in pericolo il bel governo del fare un cazzo?

Quale parlamento bisogna rispettare, quello che da diciotto anni non riesce a liberarsi della banda del bassetto e del bassetto stesso perché, per convenienza o perché gli interessi in comune sono molteplici ed esulano anche dalla politica ci si è aggrappato come la cozza agli scogli?

E, insisto, quale parlamento bisogna rispettare, quello che non vuole fare quelle leggi in materia di diritti perché non reputa necessario che in questo paese gli omosessuali, le lesbiche e i transessuali ricevano un trattamento da cittadini e non da borderline mendicanti anche del diritto di esistere?

Ad occhio, cara signora,  pare che alla camera, al senato, nel parlamento tutto intero e da un bel po’ anche al quirinale siano seduti e molto comodi financo, proprio quelli che più di tutti hanno disonorato il paese, in pensieri, parole, azioni ma soprattutto omissioni.
Altroché Grillo.

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Laide intese
Marco Travaglio, 25 luglio

Tutto si può dire dei fautori delle larghe intese, tranne che difettino di sense of humour. Anzi, sono spiritosissimi. Hanno riportato al potere B., l’hanno trasformato da sconfitto alle elezioni a padrone del governo e padre ri-costituente, e ora pretendono di combattere con lui la mafia, la corruzione, l’evasione, il falso in bilancio, il voto di scambio, il riciclaggio, le prescrizioni, l’omofobia, il Porcellum e persino il Kazakistan (già che ci siamo, perché non la prostituzione minorile?). 

Come portare al governo Rocco Siffredi e fargli scrivere la legge contro la pornografia. In qualità di esperto, di tecnico. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da ridere. Un anno fa la maggioranza centro-destra-sinistra approvava tra rulli di tamburi e squilli di tromba la mitica legge anticorruzione Severino che ora la stessa maggioranza centro-destra-sinistra vuole rifare da cima a fondo perché s’è accorta che l’altra non puniva il falso in bilancio, l’autoriciclaggio, depotenziava la concussione e non bloccava la prescrizione.

Ma già si sa che la nuova non passerà, perché la maggioranza è la stessa della vecchia. 

E qualcuno si meraviglia pure. L’ultimo stupore dei tartufi riguarda la legge sul voto di scambio. Oggi il politico che baratta voti con la mafia in cambio di favori, appalti, assunzioni, fondi pubblici agli amici degli amici non commette reato. Perché questo scatti, occorre che i voti li paghi in denaro, cash : cosa che naturalmente non fa nessuno (l’unico precedente, secondo gli inquirenti, riguarda quel gran genio di Vittorio Cecchi Gori). I mafiosi sono ricchi, ma abbisognano di “altre utilità” (proprio quelle che una manina cancellò all’ultimo momento dal testo del ’92).

Ora le “altre utilità” vengono inserite nella riforma frutto del compromesso Pd-Pdl-montiani sotto l’alto patrocinio del presidente ridens del Senato, Piero Grasso. Ma naturalmente è tutto finto. 

Fatto l’inganno, trovata la legge. L’escamotage che salverà gli scambisti ruota intorno ad altre tre soavi paroline: “consapevolmente”, “procacciamento” ed “erogazione”. 

La prima pretende che il giudice processi le prave intenzioni del politico votato dai mafiosi: il che, nel paese dell'”a mia insaputa”, è impossibile. Diranno tutti che non se n’erano accorti, o che la mafia li votava per simpatia. La seconda e la terza rendono insufficiente la promessa di voti dal mafioso al politico: bisognerà dimostrare che questi sono davvero arrivati (e come si fa? Si nascondono telecamere nei seggi?). 

Casomai, in queste strettoie, si riuscisse a far passare qualche politico colluso, ecco la soluzione finale: il riferimento al 416-bis, l’associazione mafiosa, per le modalità di procacciamento: non basta che il mafioso porti voti, occorre pure provare che l’ha fatto con metodi violenti e intimidatori. Se invece è stato gentile, con un’occhiata delle sue o un riferimento ai bei bambini dell’elettore, è tutto lecito. 

Cose che accadono quando si affida la legge sul voto di scambio ai politici che lo praticano da sempre o hanno addirittura fondato un partito col sostegno di Cosa Nostra. Ma in fondo è meglio così. In un paese dove a ogni indagine o arresto o processo su un qualunque politico delinquente scatta la rivolta dell’intero Parlamento e del 99 per cento della stampa contro la persecuzione, l’accanimento e i teoremi ai danni del Tortora reincarnato, inventare nuovi reati per i politici delinquenti non è solo difficile: è inutile. 

E dannoso. Costringe i magistrati e la polizia giudiziaria a spendere un sacco di tempo e soldi per incriminare altri politici delinquenti che poi, anche se condannati, verranno beatificati dai loro compari. Meglio depenalizzare anche i pochi reati dei colletti bianchi ancora previsti dal Codice penale, e saltare almeno un passaggio della costosa trafila. Oggi è più o meno questa: indagato, imputato, condannato, candidato (e spesso condonato).
Meglio semplificare: indagato, rinviato a giudizio, candidato, santo subito.

La nebbia all’irto Colle

Pdl, norma ‘anti-contestatori’ arriva alla
Camera. Pene fino a tre anni di carcere 

 Tutto perfettamente  in linea con l’andazzo generale. Gli eversori ormai sono quelli che difendono lo stato.

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Ci impongono i governi per evitare il default, ma noi siamo già in default per faccende molto più serie di un’economia che va a rotoli.

Lo siamo perché stiamo permettendo a chi è stato la causa della crisi di avere ancora voce in capitolo nella politica.

Lo siamo perché la democrazia in questo paese non esiste più da un pezzo; il colpo di stato non è la discesa dei carri armati sulle piazze e la presa del potere per mezzo della violenza ma è tutto quello che succede prima, la sua preparazione, quelle azioni spacciate per legittime, che rientrano perfettamente nella gestione della democrazia di uno stato di diritto mentre non lo sono affatto.

E’ colpo di stato sequestrare due persone a casa loro per consegnarle al dittatore amico dell’impostore abusivo che ancora detta legge, la sua, quella del ricatto, delle minacce e il parlamento s’inginocchia, sospende i lavori per solidarizzare con un fuorilegge: il governante occulto, quello che strepita che lo vogliono estromettere dal parlamento per legge ma in quel parlamento non ci va 99 volte su 100.

E quale che sia la sua condanna lui avrà sempre la possibilità, offerta in grande stile da chi avrebbe dovuto proteggere non lui dallo stato ma lo stato da lui, ovvero il padre di tutti gli italiani, il garante della Costituzione, di condizionare la politica.

E questo può succedere solo in un paese dove si chiede, si pretende anzi, l’assunzione di responsabilità di tutti, del loro agire, che siano Magistrati, medici, avvocati, insegnanti, il barista sotto casa meno però della politica che non paga mai per i suoi errori, molti dei quali fatti tutt’altro che per sbaglio.

Può sembrare banale, anzi, demagogico come dicono quelli bravi ma spesso la verità si spiega meglio con frasi semplici che coi tanti artifici verbali che invece si usano per nasconderla.
I cittadini italiani, noi, dopo averne dovuto subire un altro, imposto, non scelto – quello dei  guastatori dello stato sociale mascherati da tecnici sobri –  stiamo pagando un governo [ di necessità, s’intende], tutto il suo contorno, quello dei saggi prima e dopo [con buona pace di chi si lamenta che per pensare non guadagna un cazzo],  consulenti, portaborse e borsette griffatissime, la macchina costosissima del Quirinale al cui interno risiede un signore che ha dimostrato ampiamente che i fatti di tutti gli italiani non gli interessano più quanto invece ha a cuore il destino di uno in particolare –  per rispondere agli ordini di quell’uno in particolare.

Napolitano oltre ad essere il presidente della repubblica è anche il capo supremo della Magistratura, e di fronte all’atto eversivo di ieri ma anche in occasione delle “manifestazioni” davanti ai tribunali di Milano e Brescia a cui hanno partecipato ministri di questo governo, il vicepresidente del consiglio, agli insulti quotidiani rivolti alla Magistratura non ha detto e non dice  una parola a difesa dei giudici.

Non gli è sfuggito neanche un monito: la sua preoccupazione maggiore è che questo bel governo dell’inciucio a cielo aperto vada avanti; a fare che, non è dato sapere.

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Il caso Ablyazov: nuova vergogna per il governo Letta

Parlamento vergogna. Nell’anonimato

[Il Fatto Quotidiano]

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Rutto nazionale
Marco Travaglio, 11 luglio

Nel Paese del Partito Unico Pdmenoellepiùelle, dove basta un ruttino o un peto del padrone del governo, del Parlamento e del Quirinale per scatenare l’allarme generale, accade pure questo: la serrata delle Camere in segno di lutto nazionale perché la Cassazione, anziché prescriverlo per l’ottava volta, pretende addirittura di giudicarlo in tempo utile. Una minaccia bella e buona del potere legislativo a quello giudiziario in vista del 30 luglio, spacciato come una riedizione del 25 luglio 1943, anche se tutti sanno che B., diversamente dal Duce, non finirebbe agli arresti né in ambulanza neppure se condannato e interdetto, anzi continuerebbe a comandare fuori dal Parlamento, dove peraltro già ora non mette piede. Insomma non cambierebbe nulla. Ma il fatto che sia arrivato terzo alle elezioni (cioè ultimo, se non ci fosse il partito di Monti che svolge in Italia le funzioni della Grecia in Europa) aggiunge un tocco di surrealismo al calarsi le brache del cosiddetto Pd che, sebbene fosse arrivato primo, conta ormai quanto un pelo superfluo. Siccome poi si chiama Democratico, s’è accodato alla protesta eversiva del Pdl dopo un’approfondita riunione fra tre persone di ben 10 minuti (comunque meglio di quanto fece per dire no a Rodotà, riesumare Napolitano e governare con B.). E, per entrare definitivamente nella leggenda, ha affidato la comunicazione dello storico evento a tal Roberto Speranza, inopinatamente capogruppo alla Camera, lo stesso che da giorni ci spiega come superare il complesso di B. e intanto propone le stesse “riforme” della giustizia di B. Sentite che concentrato di neuroni: “Non c’è stata nessuna moratoria. Abbiamo solo votato per consentire al Pdl di tenere l’assemblea del gruppo nel pomeriggio. Abbiamo invece respinto una richiesta ingiustificata di sospendere tutti i lavori per tre giorni”. Cioè, siccome il Pdl voleva prima una novena e poi un triduo penitenziale, chiudere il Parlamento per 24 ore è una grande vittoria del Pd. Intanto l’ologramma di Epifani strapazza il Cainano da par suo: “Quanto accaduto rende ancora una volta esplicito il problema di fondo di questi mesi: la vicenda giudiziaria di Berlusconi e il rapporto d’azione di governo e di Parlamento. Questo nodo deve essere sciolto solo tenendo distinte le due sfere, perché se no, a furia di tirare, la corda si può spezzare con una scelta di irresponsabilità verso la condizione del Paese e la sua crisi drammatica”. Il ruggito del coniglio: ne ho prese tante, ma quante gliene ho dette! Nessuno, nel Pd come in tv e sui giornali, dedica una parola al merito della questione: B. ha un processo in Cassazione per frode fiscale perché è un monumentale evasore fiscale. Interessa a qualcuno sapere se, come dice lui, è un perseguitato politico o, come emerge dagli atti, è un delinquente matricolato? No, a nessuno, perché tutti sanno che è buona la seconda. Lo sa B. e ci mancherebbe. Lo sanno i suoi eletti, che lo conoscono bene e gli somigliano. Lo sanno i suoi elettori, che lo votano apposta e vorrebbero somigliargli. Lo sa il Pd, che gli ha fatto scegliere il presidente della Repubblica e quello del Consiglio e ha deciso di governare con lui e di riformare la Costituzione con lui, quando era arcinoto che era imputato nei processi Mediaset, Ruby, Unipol, De Gregorio e Tarantini, destinati a ripartire dopo l’incredibile pausa elettorale e post-elettorale imposta dal Quirinale. E lo sapeva naturalmente il regista di tutto: Napolitano, che il Foglio descrive sconfitto nel suo “lavoro di costruzione di un equilibrio possibile” (sarebbe un attentato alla Costituzione, ma il Colle non si degna neppure di smentirlo). Tutti insieme, in barba agli elettori che
l’avevano punito con 6,5 milioni di voti in meno, hanno riportato al governo un delinquente e ora tremano all’idea che la Cassazione lo metta nero su bianco. Se cade lui, cadono tutti. Dunque la parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: “Nessuno tocchi Cainano”.

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IL PRESIDENTE E IL VERME NELLA MELA [Antonio Padellaro, 11 luglio]

La domanda è: possibile che Giorgio Napolitano non sapesse che il governo delle larghe intese, da lui fortemente voluto e imposto, contenesse in sé, come un verme nella mela, i problemi giudiziari di Silvio Berlusconi? Escludiamo che abbia potuto minimamente fidarsi della promessa del Caimano di tenere il governo Letta al riparo dalle conseguenze dei suoi molteplici reati. Chi può credere infatti che un personaggio navigato come il capo dello Stato, magistrale artefice della propria rielezione al Quirinale, abbia potuto dare retta all’uomo più bugiardo del pianeta? Resta la seconda risposta: che cioè Napolitano, purché si desse vita a quel mostro politico che è la maggioranza Pd-Pdl, non ha badato a spese, non prevedendo forse un prezzo così salato. Dopo aver tradito il mandato elettorale con gli elettori (“Mai con Berlusconi”), ora il Pd è costretto a vergognarsi di se stesso. Aver votato quell’indegna sospensione dei lavori parlamentari non solo equivale a una sottomissione ai voleri del Pdl, ma acquista un valore simbolico incancellabile nel momento in cui quella pausa istituzionale diventa omaggio penitenziale al miliardario plurinquisito, oltreché pressione inaudita sulla Corte di Cassazione. Il fatto è che il gruppo dirigente democratico, a furia di compromessi con la propria storia, ha perso completamente identità e orientamento, tanto che oggi, per dire, tra uno Speranza e un Alfano non si nota nessuna differenza. Ma forse era proprio questo che si voleva. Il verme nella mela sta producendo un altro inevitabile effetto. I guai penali dell’affettuoso protettore di Ruby Rubacuori, da ossessione privata dell’imputato e problema esclusivo del Pdl, grazie alle improvvide intese allargate si è trasformato in un gigantesco affare di governo e di Stato. Addirittura una bomba termonucleare sul futuro dell’Italia, come vanno preconizzando i terrorizzati giornaloni. Poiché, se la Cassazione dovesse confermare la condanna di Berlusconi con le annesse pene accessorie, costui risulterebbe interdetto dai pubblici uffici. Compresi quelli che non esercita come senatore della Repubblica, visto che è risultato assente dall’aula nel 99,7 per cento delle sedute. Un’onta che, secondo i profeti di sventura, comporterebbe con la crisi di governo una serie di catastrofi a catena, comprese la peste bubbonica e le cavallette. Un trucco da imbroglioni che ha l’unico scopo di far ricadere sui giudici della sezione feriale della Cassazione una responsabilità enorme. Insomma, visto che il governo non decide un fico secco e che l’economia va di male in peggio, retrocessa dalle agenzie di rating, che fosse questo il vero scopo delle larghe intese, salvare il Cavaliere?

I saggi e i riformatori

Si attende la sentenza per Stefano Cucchi

Un’altra giornata di attesa.
E un altro test per rendersi conto di quanto è civile questo paese.
Stefano non è morto di fame per caso e di botte per sbaglio.

Stefano Cucchi è morto mentre era sotto la tutela dello stato.

Sottotitolo: 35 saggi  “bipartisan” nominati da Letta per sabotare la Costituzione: fra i presenti Violante a Frattini.

E già il discorso si potrebbe chiudere qui.
Per decenza, mica per altro.
Avevamo tutti ‘sti saggi chiusi da qualche parte e non ce ne siamo mai accorti, nessuno prima di Napolitano e Letta uniti come un sol uomo aveva mai pensato di sfruttare questo enorme patrimonio.

 

Fra i 35 “big” scelti da Letta per conto terzi e forse anche quarti c’è anche Panebianco, l’eccellente politologo del Corriere della sera.
Se si lavora per un giornale prestigioso è tutta un’altra cosa, mica hanno chiamato i politologi del Manifesto o del Fatto Quotidiano, per dire.

E c’è anche il costituzionalista Onida che ha fatto parte anche dell’altra commissione, quella dei dieci senza una donna voluta da Napolitano per arrivare al coronamento di questo magnifico governo delle larghe intese.

Onida, lo stesso che disse che il conflitto di attribuzioni aperto da Napolitano contro la procura di Palermo era giusto.
Zagrebelsky non c’è, forse perché diceva il contrario.
Violante, anche lui inserito in entrambe come Onida poi deve essere proprio saggio saggio. Chissà perché nessuno ci aveva mai fatto caso prima.

Adesso per i colpi di stato non servono più i manganelli e nemmeno i carri armati, basta farli passare per azioni necessarie, legittimate non dal popolo ma da un parlamento di NON ELETTI dal popolo. 

Il popolo, sovrano per Costituzione, non ha chiesto a questi signori di fare nessuna riforma, oltre a quella, urgentissima, sulla legge elettorale.

Riuscire a fare questa sarebbe già molto, anzi tutto.

Se dovessi applicare i vostri criteri, quelli che avete applicato voi nella scorsa legislatura contro di noi, che non avevamo fatto una legge sul conflitto di interessi, non avevamo tolto le televisioni all’onorevole Berlusconi, onorevole Anedda, la invito a consultare l’onorevole Berlusconi perché lui sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di Governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’onorevole Letta [lo zio del nipote, nota di R_L]. A parte questo, la questione è un’altra. Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto di interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni… durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte.

[Luciano Violante: intervento nella seduta n. 106 della XIV legislatura del 28 febbraio 2002 alla Camera dei Deputati]

Sbirulino e Paperoga costituenti, il capolavoro delle larghe intese

Una convenzione di 40 membri. Più una commissione di 35, tra cui qualcuno dei 10 saggi che Napolitano nominò per allungare il brodo in attesa delle larghe intese. Più un partito che aspetta una sentenza della Cassazione per sapere se il suo leader potrà mai rientrare in un ufficio pubblico, se non come cliente alle Poste. Più un partito diviso su tutto che si accapiglia tra presidenzialisti, semipresidenzialisti, favorevoli, contrari e dubbiosi. Più un governo che sta in piedi per miracolo in attesa di un qualche scossone. Più una legge elettorale che fa schifo e compassione, che tutti, a parole, vogliono cambiare ma molti, a fatti, no. Anzi. C’è chi dice che bastano lievi modifiche, chi che bisogna tornare a quella di prima, chi che se non si sistema la Costituzione è inutile toccare il Porcellum, e chi teorizza un “Porcellinum” (giuro!).

La questione dell’olio di ricino, fonte e commento

Così ognuno può trarre la conclusione che vuole. La mia è che – primo – i leghisti usano un linguaggio fascista che non bisognerebbe mai lasciargli passare: e chissà se in assenza della replica di Castelli qualcuno ne avrebbe parlato; secondo, che Castelli avrebbe fatto molto meglio a denunciare le parole da manganellatore di Allasia anziché farle proprie con altri obiettivi, dato che in un Paese civile l’olio di ricino non bisogna darlo a nessuno – a parte le signore che desiderano capelli più luminosi, naturalmente: ma in questo caso si tratta di uso esterno, ecco.

Premesso che il “tiro a Grillo” [cit. Marco Travaglio] è un’evidenza di cui se ne sono accorti anche quelli che lo praticano, penso che ci siano termini che in un parlamento, alla camera e al senato non si dovrebbero proprio pronunciare.

Tutto quello che non si deve fare quando si sta nell’occhio del ciclone è dare altre possibilità, quelle che poi fanno dire ai tiratori scelti “visto? abbiamo ragione noi”.

Nota a margine: 35 persone stanno per mettere le mani sulla Costituzione in nome e per conto di un governo non scelto ma imposto. Un governo palesemente in ostaggio di un malfattore. Tutta gente nemmeno lontanamente paragonabile al valore che avevano le persone che l’hanno ideata e scritta; per questo penso che bisognerebbe cercare di alzare un po’ il livello del dibattito.

Se la priorità del governo di necessità è il paese con tutte le sue emergenze che c’entrano adesso le riforme costituzionali?
Qualcuno ha chiesto a questi “signori” di farlo?
Qualcuno ha detto che la Costituzione così com’è non va più bene?
Chi ha chiesto al Re Magnanimo di formare una commissione per rivedere le norme costituzionali: il popolo?
Siccome la risposta è no, ci vorrebbe qualche giornalista bravo che glielo chiedesse, che se lo facesse spiegare e anche molto bene.
In un paese normale anche il capo dello stato risponde all’opinione pubblica.

È ufficiale: Grillo ruba
Marco Travaglio, 5 giugno

Ora basta. Non se ne può più di questi attacchi di Grillo ai giornalisti che raccontano balle. Se però i giornalisti la piantassero di raccontare balle, farebbero cosa gradita, oltre a riscoprire il loro mestiere. Prendiamo il programma forse più pluralista della Rai: Linea notte su Rai3. È diretto da Bianca Berlinguer e condotto da Maurizio Mannoni: due persone serie, due ottimi professionisti. Eppure lunedì han dato vita a una puntata a dir poco imbarazzante, che la dice lunga sul sistema dell’informazione da quando, sulla scena, s’è affacciato il terzo incomodo: M5S. L’equilibrio in studio era la perfetta sintesi di un mondo che non c’è più: quello della cosiddetta destra e della cosiddetta sinistra.
Da una parte il giornalista del Foglio Antonio Amorosi. Dall’altra, per il Pd che è sempre spaccato in mille fazioni, erano in due: il direttore dell’Unità Claudio Sardo e Arturo Parisi. Liquidati l’Eternit, la Turchia e il presidenzialismo, si passa allo sport preferito da politici e giornalisti al seguito, che mette tutti d’accordo: il tiro al Grillo. Amorosi spiega, con l’aria di chi la sa lunga, che Grillo e Casaleggio “mandano nella stanza dei bottoni dei signori nessuno incompetenti”, ben diversi dai competentissimi politici che han così ben governato in questi anni. Parte il sondaggio: il M5S perde, il Pd arretra, il Pdl avanza, ma il dibattito che segue riguarda solo il M5S che perde. Non sia mai che si metta in dubbio l’inciucio. L’Amorosi piazza il colpaccio: “Impazza sul web un’altra inchiesta di un’associazione genovese che si batte per la trasparenza nella politica”. Cosa ha scoperto quest'”altra inchiesta” (altra rispetto a quali altre, non è dato sapere)? Roba grossa: “I 5 Stelle hanno un solo tesoriere, Grillo, e incassano importi ingenti senza dichiararli, al di fuori di qualsiasi legalità”. Cioè prendono tangenti. La prova?
A Savona avrebbero incassato ben “10 mila euro” e “moltiplicando la cifra per tutte le grandi città si arriva a somme molto ingenti”. Tutto in nero. Il che, chiosa il “collega” del Foglio , non è mica bello per “un movimento cresciuto dando lezioni di trasparenza agli avversari e ai giornalisti che dicono la verità sul Movimento”. Qualcuno chiede di quale “inchiesta” si tratta? Dove sono le carte? Se ne sta occupando qualche Procura, visto che sarebbe un reato? Qualcuno, puta caso, ricorda che i 5Stelle sono l’unico gruppo parlamentare ad aver rinunciato ai rimborsi elettorali per la bellezza di 42 milioni di euro? O rammenta che l’altro giorno, sul blog di Grillo, è stata pubblicata la lista delle donazioni ricevute per finanziare la campagna elettorale? No, anzi: Sardo fa notare che “Grillo ha sempre giocato per Berlusconi” (infatti è all’opposizione, mentre il Pd governa col Pdl). Ma soprattutto “Berlusconi ha portato la sua ricchezza in politica” (poveretto: sono vent’anni che ci rimette un sacco di soldi), mentre “Grillo è il primo politico che guadagna soldi con la politica tramite il suo blog”. “Bravo!”, lo applaude Amorosi. Forse Sardo parla della pubblicità sul blog di Grillo, i cui importi saranno noti fra due settimane quando l’assemblea soci della Casaleggio & Associati approverà il bilancio 2012 (quello del 2011 si chiuse in perdita per 57.800 euro su un fatturato di 1,4 milioni). Ma non lo spiega, come non spiega cosa c’è di male nell’avere un blog e nel finanziarlo con pubblicità, e che c’entri tutto ciò col “guadagnare con la politica”. Nessuno naturalmente domanda a Sardo quanti soldi incassino l’Unità e il suo sito dalla pubblicità e dallo Stato (che ne garantirà i debiti), e quanti milioni (45) sta per incamerare il Pd per “rimborsare” spese elettorali in parte mai sostenute, e se ciò per caso significhi che il Pd e i suoi portaborse “guadagnano con la politica”. Ora Grillo ha tre alternative: querelare e attendere dieci anni per la sentenza; insultare; rispondere nel merito. La prima è inutile, la seconda è indecente, la terza sarebbe l’ideale se i giornalisti facessero i giornalisti. Invece pare già di sentirli: “Ma basta, questi grillini parlano sempre di soldi e scontrini, e che palle!”.

Costituzione ad orologeria

Sottotitolo: tra i molti nefasti effetti della proposta Finocchiaro-Zanda c’è che ora, nella marmellata mediatica, vengono messi sullo stesso piano la applicazione di una legge del 1957 a un individuo che l’ha da sempre violata e la creazione di una legge del tutto nuova che impedirebbe la rappresentanza a interi movimenti che non hanno mai violato niente.

In pratica, si mettono sullo stesso piano un atto giuridico dovuto ma ignorato per interesse politico e una proposta politica inedita e al limite della costituzionalità.

Probabilmente l’obiettivo è confondere tutti per poi fare “pari e patta” tra due cose che non c’entrano nulla tra loro: e quindi, semplicemente, non applicare una legge dello Stato, di nuovo.

Un po’ come se si proponesse di aumentare le tasse agli idraulici, ad esempio, per poi dire: va beh, non aumentiamo le tasse agli idraulici, ma in cambio non applichiamo la legge al signor Sempronio. Che non fa l’idraulico, però le tasse le evade da vent’anni.  Nel giro di due mesi il Pd è passato dall’ipotesi di votare per l’ineleggibilità di Berlusconi a quella di stabilire l’ineleggibilità del M5S. Prossimo passo: una legge sul conflitto d’interessi di Grillo, tipo vietare le forze politiche create da comici. [Alessandro Gilioli]

Il Pd presenta una legge anti 5 stelle

Grillo: “Se passa noi ritireremo le liste”

Il testo di Zanda e Finocchiaro prevede lo stop a movimenti senza uno statuto pubblicato in Gazzetta
Ufficiale. La replica: “Avranno responsabilità delle conseguenze. Non diventeremo mai un partito”.

Il tempismo col quale solo adesso si pensa alla regolamentazione della democrazia interna ai partiti fa pensare. 
E il fatto che lo chieda il pd insospettisce, sembra quasi che lo faccia per trarne un vantaggio nel suo momento peggiore.
E ancora di più fa pensare il fatto che altre leggi costituzionali siano state invece furbescamente ignorate per quasi vent’anni, quelle non erano urgenti, non servivano evidentemente a ripristinare non solo la democrazia interna ai partiti ma proprio la democrazia interna a tutto il paese.
Le regole sono belle, ma chi solo oggi ne chiede il rispetto e l’applicazione le avrebbe dovute rispettare per primo; così no, non sono credibili.

Sull’ineleggibilità di b nemmeno due parole a titolo di parere personale, il segretario traghettatore Epifani ci fa sapere che “non è una questione di sì o no”,  ché non sia mai qualcuno s’incazzasse e alzasse la voce com’è successo due giorni fa; sul conflitto d’interessi silenzio tombale per diciotto anni, ché toccare gli interessi di b significherebbe dover mettere le mani e la legge anche su quelli di altri.
La priorità del pd che, voglio ricordare, fa parte del governo di responsabilità, di quelle larghe intese necessarie a risolvere il momento drammatico del paese, per decisione degl’insigni e raffinati costituzionalisti Zanda e Finocchiaro è tentare di togliere la rappresentanza politica in parlamento a chi  è stato scelto da nove milioni di persone.
Di rispettare e mettere in pratica almeno gli articoli 1, 3, 54 e 111 manco a parlarne.
Il pd potrebbe, tanto per dare prova di essere al di sopra di ogni sospetto,  spiegare il perché  dei 2399 immobili ereditati dai ds e affidati a fondazioni private come ci ha raccontato Report domenica sera.  La politica costa, dicono tutti, i soldi servono perché altrimenti fare politica diventa un’esclusiva d’élite riservata a chi ha i soldi [come se negli ultimi vent’anni l’avessero fatta i diseredati del paese].

 2399 immobili servono a sostenere i costi della politica? chiedo.
Poi parliamo di trasparenza, ché la Gabanelli non è mica brava solo se cazzia i 5s.

La sinistra prima e il centrosinistra poi non hanno mai avuto l’ossessione per berlusconi quanta invece dimostrano di averne per i 5s.

Ed è questo il punto da cui partire per fare ogni tipo di riflessione.
Se non si fa questa considerazione non si è completamente onesti intellettualmente.

Hanno avuto diciotto anni di tempo per studiare una strategia di contrasto facilissima da applicare semplicemente rispettando le leggi che c’erano, con buona pace del direttore della fu Unità che oggi si schermisce dicendo che sì, va bene, però la gente ha votato berlusconi e oggi sarebbe disdicevole dire a tutta quella gente che per diciotto anni ha votato per un impostore, un abusivo, e, least but not last uno a cui piace infrangere la legge e non rispondere delle sue azioni. Che poi è l’unico motivo per cui è dovuto scendere in campo per il bene del paese e cioè il suo.

E sarebbe ancora più complicato spiegare che se l’impostore abusivo è lì è perché qualcuno nella politica ha voluto che ci fosse ignorando, appunto e di proposito, la legge che glielo impediva.

E una politica seria, onesta, che avesse agito nel rispetto di quella Costituzione dove tutto era già scritto avrebbe fatto quello che si doveva fare prima, molto prima.
La Finocchiaro e Zanda che solo oggi si ricordano della Costituzione a proposito di Grillo e non di berlusconi non sono solo politicamente disonesti ma anche un bel po’ patetici.

L’Epifania
di Marco Travaglio, 21 maggio

Domani la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera deve votare pro o contro l’immunità-impunità per B. in quattro processi, uno penale e tre civili, nati da altrettante denunce presentate da persone da lui infangate nella scorsa legislatura, quand’era ancora deputato. E la prossima settimana si riunirà finalmente la giunta per le elezioni del Senato per decidere sulla eleggibilità o meno di decine di neosenatori sui quali gravano diversi profili di incompatibilità, fra cui B., titolare con Mediaset delle concessioni televisive pubbliche e dunque ineleggibile in base alla legge 361/1957. In tutte le votazioni il Pd è decisivo: alla Camera, perché con Sel ha la maggioranza assoluta grazie al premio-Porcellum; al Senato, perché è il gruppo più rappresentato e, pur non arrivando alla maggioranza, può ampiamente superarla con i 5Stelle, che han già annunciato il loro voto per l’ineleggibilità di B. Dunque, entro una decina di giorni, se il Pd farà ciò che si aspettano i suoi elettori, il Parlamento darà il via libera ad altri quattro processi a B. e lo caccerà dal Parlamento dove siede abusivamente da vent’anni. Non si tratta di atti ostili o eversivi, ma semplicemente di applicare le leggi dello Stato: l’insindacabilità parlamentare vale per i voti dati e le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, non per gli insulti e le diffamazioni sparsi in giro per l’Italia (la Consulta l’ha stabilito un’infinità di volte); e l’ineleggibilità non è un’opinione, ma una condizione oggettiva fissata da una legge di 56 anni fa, quando B. andava all’università (e studiava legge!). Eppure si apprende dai giornali che, nell’un caso e nell’altro, il Pd potrebbe votare a favore di B. e contro la legge. Urge un chiarimento netto dal neosegretario Epifani, ma anche dal premier Letta a proposito degli “accordi di governo” evocati a ogni pie’ sospinto dal Pdl e ignoti agli elettori. Sarebbe ben strano se vi fossero comprese questioni di legalità e democrazia, di esclusiva competenza parlamentare. Ma se qualcuno, confondendo i ruoli, ha preso impegni in tal senso farebbe bene a mettere tutte le carte in tavola. Onde evitare che gli elettori ne scoprano via via una al giorno: oggi l’impegno a votare l’imputato Formigoni a presidente della commissione Agricoltura; ora la promessa di mandare Nitto Palma al vertice della commissione Giustizia (con la furbata di chiedere a Monti di votarlo insieme al Pdl, per potersi astenere e fingere dinanzi agli elettori di aver fatto di tutto per impedirlo). Il Pd ha promesso a B. di bloccare i suoi processi per diffamazione e le sue cause civili per danni? Il Pd ha promesso di dichiararlo eleggibile anche se tutti sanno e dicono (D’Alema, Bersani, Zanda e Migliavacca) che non lo è? Se sì, lo dica e spieghi perché. Gli elettori se ne faranno una ragione e decideranno di conseguenza alle prossime elezioni. Ciò che è intollerabile è il balletto delle bugie e delle ipocrisie. Zanda che ribadisce l’ineleggibilità di B., ma “a titolo personale” (è capogruppo al Senato!), anche perché “io in giunta non ci sono”. Il tartufo Fioroni che filosofeggia: “L’ineleggibilità non è nel programma approvato dalle Camere” (già: da quelle Camere formate anche da eletti ineleggibili, visto che la giunta per le elezioni è bloccata da tre mesi; e poi che c’entra il governo col voto del Parlamento sulla legalità della sua composizione?). Il direttore dell’Unità Claudio Sardo che scrive, restando serio: “Restiamo convinti che la legge 361/1957 escluda l’eleggibilità del proprietario di un’azienda concessionaria dello Stato. Ma è evidente che una maggioranza politica non potrebbe oggi, senza esercitare violenza ai danni di tanti elettori, ribaltare il giudizio già espresso in sei legislature consecutive”. Come dire che, siccome un serial killer ha ucciso sei persone e l’ha fatta franca, se ne ammazza una settima non si può arrestarlo: sarebbe una violenza ai danni dei suoi complici.

Il remake

Sottotitolo:

Gli scorpioni e lo stupore scemo – di Alessandro Gilioli

Ma perché mai Alfano, che un paio di mesi fa guidava l’occupazione del Palazzo di Giustizia di Milano, non sarebbe dovuto andare al comizio contro la magistratura di Brescia? Qualcuno in giro aveva davvero creduto che nel giro di poche settimane l’uomo che ha dato il suo nome al Lodo salva-Silvio fosse diventato un Norberto Bobbio redivivo? O qualcuno poteva pensare che la nuova carica istituzionale rendesse “responsabili” gli eversivi del Cavaliere che da vent’anni ci dimostrano di anteporre proprio il Cavaliere alle istituzioni, anzi di usare semplicemente le seconde per gli interessi del primo?

Ma davvero in giro ci sono idioti così, convinti che bastava abbracciare gli scorpioni nell’aula della Camera per togliere loro il veleno?

Mio padre rispettava i giudici e si è sempre presentato in tribunale.

 L’esecutivo appena nato a Brescia rischia il crac  di Eugenio Scalfari

L’angoscioso dramma domenicale di Scalfari non è come salvare l’Italia da berlusconi ma il pd da berlusconi.
Tutto ciò che preoccupa l’esimio fondatore di largo Fochetti è la tenuta di un governo di servi, di venduti, di gente senza dignità che si è consegnata a berlusconi dietro il paravento della necessità delle larghe alleanze, come se noi fossimo la Francia, la Germania o qualsiasi altro paese civile, come se in qualunque altro paese democratico fosse normale che dei ministri, un vicepresidente del consiglio scendano in piazza a manifestare contro un potere dello stato per sostenere chi di quello stato, delle sue regole e leggi si è fatto e si fa beffe.

Come se in un paese normale e civile si permettesse a un berlusconi di salire ai piani alti della politica.
Ma, e molti lo sapevano prima, altri spero che lo abbiano capito adesso, anche l’ultimo romantico che pensava davvero al governo di necessità, quello formato per risolvere i guai degli italiani, quelle larghe intese sono solo l’ultimo espediente offerto a berlusconi, il regalo ultimo per sottrarlo alle sue responsabilità penali.
Solo un idiota senza memoria fa poteva pensare che la teppa del pdl potesse cambiare pelle, dimostrare davvero il senso di responsabilità necessario a questo paese senza una guida, senza un punto di riferimento, senza un presidente della repubblica, che ieri ha taciuto di fronte allo scempio, richiamato di corsa perché lui e solo lui poteva evitare la catastrofe, e invece l’ha praticamente costruita mettendo un paese in mano a degli sciagurati traditori della Costituzione sulla quale hanno giurato solo pochi giorni fa: il remake di un film già visto e del quale si conosceva già il finale. 
Ma nemmeno questo è servito a scoraggiare i sostenitori di un obbrobrio qual è questo governo, nemmeno la certezza scientifica che alla prima occasione i cosiddetti responsabili non avrebbero avuto nessuna difficoltà a vestire i panni consueti, quelli degli eversori anti stato al servizio del boss.
Ecco perché io, a differenza di Scalfari,  auguro a questo governo e a chi lo compone la fine ingloriosa che si merita chi tradisce la Costituzione e lo stato.

La voce del ladrone
Marco Travaglio, 12 maggio

Bella l’idea del pellegrinaggio nella sua Medjugorje privata, Brescia, dove da vent’anni sogna di traslocare i processi da Milano. Purtroppo per lui, anziché dai giudici amici, il Cainano ha trovato ad accoglierlo migliaia di contestatori col dito medio alzato, cori “In galera” e cartelli con scritto “Hai le orge contate”. Il pretesto della scampagnata era sostenere un tal Adriano Paroli, il solito ciellino candidato a sindaco. Il quale, a cose fatte, è salito sul palco affiancato – per peggiorare la sua già penosa condizione – dalla Gelmini. E si è scusato di esistere: “Non era previsto un mio saluto…”. Intanto il Popolo delle Libertà – qualche migliaio di poveretti – sfollava rapidamente la piazza, come alla fine dei concerti quando arrivano gli elettricisti e i facchini a portar via gli strumenti. Il meglio era accaduto prima, quando l’anziano delinquente (parola del Tribunale e della Corte d’appello), aveva intrattenuto i complici sull’imprescindibile tema dei cazzi suoi.Raramente s’erano viste scene più paradossali (a parte il silenzio di Pd, Letta e Napolitano, troppo impegnati contro i 5Stelle per accorgersi di quanto accade a Brescia). Un vecchietto di 77 anni coi capelli bicolori – gialli sulla calotta asfaltata, neri ai lati –, gli occhi che non si aprono più, la dentiera che fischia e una preoccupante emiparesi al labbro superiore, annuncia un piano ventennale per salvare l’Italia da lui governata per 10 anni su 12 (un premier con qualche potere in più di Mussolini, un Parlamento ridotto a bivacco di manipoli, una Consulta e una Giustizia a sua immagine e somiglianza). Un monumentale evasore promette a quelli che pagano le tasse al posto suo di ridurgliele, dopo averle votate (così come Equitalia). Il politico più ricco del mondo lacrima il suo “struggimento per chi ha perso il lavoro” a causa dei suoi governi. Un imputato recidivo che da vent’anni si trincera dietro l’immunità e le leggi ad personam suam per non farsi processare, si paragona a Tortora che rinunciò all’immunità per farsi processare. Il leader del terzo partito dà ordini al primo, da vero padrone del governo Letta (“ci ho lavorato a lungo, l’ho voluto io, è un fatto storico, epocale”). E quando gli iloti sotto il palco urlano “chi non salta comunista è”, ridacchia: “Io non posso saltare perché coi comunisti ci governo insieme!”. Il vicepremier e ministro dell’Interno Alfano, col ministro Lupi, noti moderati non divisivi e fautori della pacificazione, sfilano contro un altro potere dello Stato. Molto applaudite le parole dello spirito di mamma Rosa: “Mi diceva che sono troppo buono per far politica: da bambino mi impediva di legarmi campanelli alle caviglie per avvertire le formichine del mio passaggio e non schiacciarle”. Due sole volte il Cainano perde il buonumore. Quando evoca Grillo, la mascella si contrae, gli occhi a fessura saettano, la gente tumultua. Quando cita “gli eventi drammatici di questi giorni” si pensa alle donne uccise o sfigurate con l’acido, ai morti di Genova, alla guerra in Siria. Invece lui parla della sua condanna, “me lo chiedono tutti”. Segue la solita sbobba piduista sulla responsabilità civile dei giudici (che c’è già dal 1988), la separazione delle carriere, i pm ridotti ad “avvocati dell’accusa che vanno dai giudici col cappello in mano” (come Previti quando andava da Squillante col cappello pieno di banconote), le intercettazioni (non gli piacciono, a parte quella Consorte-Fassino), la carcerazione preventiva (non si arresta uno prima del processo: se scappa o delinque ancora, tanto meglio). Poi viene finalmente al punto: “Le carceri sono un inferno”. Lo sanno bene i suoi guardagingilli Castelli, Alfano e Palma, che le hanno ridotte così. Prossima mossa: una bella amnistia. Così escono un po’ di delinquenti e soprattutto non ne entrano altri, tipo lui. Ma questo non lo dice, non è ancora il momento: “Mi fermo qui, sono sopraffatto dalla commozione”. Appena pensa alla sua cella, gli vien da piangere.

Laura Boldrini, le leggi speciali, e quella irresistibile voglia di censura

Sottotitolo: «la persona che utilizza Internet ha la facoltà di scelta. Che Internet diventi materiale per la felicità o per la sofferenza dipende dalla mente. La mente viene prima dell’oggetto esterno» [I monaci del Monastero Namgyal, monastero personale del Dalai Lama].

Se la mente è bacata si può mettere tutto in mano al suo proprietario, e ne farà sempre un uso sbagliato.

Che sia un’automobile, un utensile da cucina, un martello per piantare chiodi se ad usare queste cose sono cervelli bolliti tutto diventa una potenziale arma, anche per uccidere e uccidersi.  Se il limite di velocità in autostrada è di 100, 120 Km l’ora, perché si continuano a fabbricare automobili che raggiungono i duecento, duecentocinquanta? smettessero allora di fabbricare macchine che superano i limiti consentiti dalla legge, oppure armi fatte apposta per uccidere.

Preambolo: Laura Boldrini si è espressa dietro la spinta di un problema personale, che, sebbene sia diffuso come lo è la molestia e la minaccia  virtuale non riguarda tutti e non riguarda solo le donne.

E non c’entra nulla soprattutto la violenza sulle donne.  

Nessun problema è stato mai risolto con la censura e il proibizionismo. 

Anche questo è un passaggio culturale al quale devono contribuire tutti, gestori, responsabili di siti, piattaforme e social network, utenti semplici.

 Sono anni che mi batto per il diritto al rispetto in Rete, per un uso consapevole del web che si potrà raggiungere solo il giorno in cui tutti applicheranno anche qui le norme, elementari, di buona educazione come si fa abitualmente nel posto di lavoro, in famiglia e con gli amici.

Nessuno potrebbe minacciare e insultare qualcuno ‘de visu’ e pensare di farla franca, qui sì, succede,  e invece non deve.

 Il dramma invece è che in Italia  non vengono rispettate le regole e le leggi nel virtuale ma nemmeno nel reale, l’apologia del fascismo è un reato solo sulla carta, di fatto non vengono mai sanzionati tutti quelli che virtualmente o realmente ripropongono i teatrini in stile ventennio.

L’odio non è di per sé un reato, è un sentimento, proprio come l’amore. Sono le manifestazioni ispirate dall’odio ad essere punibili quando sfociano nella violenza, chi l’ha detto che io non posso odiare chi mi pare se ne ho voglia?

il reato è l’istigazione alla violenza, al razzismo, alla xenofobia e omofobia, l’apologia del fascismo, non l’odio.

Allora facciamo rispettare le leggi che ci sono, quelle che qualcuno più lungimirante dei nuovi padri della patria avevano previsto, invece di pensare ad una legge speciale, ad personam, salvaboldrini.

Fa notare  Alessandro Gilioli  sulla sua pagina di facebook che per Boldrini la procura si è mossa con encomiabile tempestività mentre il sito che pubblica le mail private dei parlamentari grillini è on line senza soluzione di continuità di dieci giorni –  giusto ieri ne ha spiattellate altre dozzine, e che in Italia se sei una donna e sei oggetto di insulti sessisti e minacce via Internet, i casi sono due: se sei una studentessa, una casalinga, un’impiegata o una commessa, fai la coda alla polizia postale e non ne saprai più niente per il resto dei tuoi giorni – o magari finché qualcuno non ti ammazza, se sei il presidente della Camera, fai una bella intervista a Repubblica e immediatamente la Procura apre un’inchiesta.

Boldrini e il controllo

web. Ma la legge c’è

Web e anarchia, lettera aperta a Laura Boldrini

Quando qualche giorno fa un’amica mi aveva mandato in via privata su facebook  un link ad un sito di controinformazione pensavo che fosse l’ennesima bufala circolante in Rete, una di quelle che basta che la condividano in due o tre, perlopiù senza nemmeno verificarne contenuto e credibilità che subito viene ripresa da decine di utenti. 
E invece era tutto vero.

Neli link si riportava la notizia di pattuglie di polizia inviate – senza nessun mandato specifico, alla stessa stregua del blitz a sorpresa per catturare il superlatitante mafioso – per conto della presidente della camera nella casa privata di un cittadino colpevole di aver divulgato per primo il fotomontaggio della falsa Boldrini nuda su una spiaggia.

Al tempo, quando quella foto girava tranquillamente in tante bacheche  avevo scritto che non mi piaceva e continua a non piacermi l’idea che tanta gente non capisce che bisogna distinguere il pubblico dal privato che riguarda un personaggio politico, che c’è un privato che quando non nuoce a nessuno deve essere protetto e tutelato, dunque anche il diritto di una signora, se lo desidera e le piace, di potersi mostrare nuda su una spiaggia, il che non sottintende certamente che della sua voglia di esibizionismo debba poi goderne tutto il pianeta.

I giornali di ieri riportano la notizia secondo cui lo scorso 14 aprile, quando Laura Boldrini aveva scoperto il fotomontaggio su facebook in cui compariva una donna nuda spacciata per lei la polizia postale ha disposto il sequestro delle foto diffuse in Rete e la rimozione della fotografia, dunque nello spazio di poche ore è stata aperta un’indagine, le forze dell’ordine hanno provveduto al sequestro del materiale direttamente dal computer in casa dello sventurato manco si fosse trattato di materiale pedopornografico. 

Naturalmente dallo staff della Boldrini hanno smentito qualsiasi interesse “personale”: pare che a far partire la denuncia sia stato il personale di polizia di Montecitorio senza alcun intervento diretto della presidenza. 

E mi piacerebbe sapere sulla scorta di quale sentimento o richiesta di intervento la polizia interviene anche senza previa denuncia che richieda quell’intervento, Boldrini avrebbe potuto anche avere in mente di lasciar correre e attendere che la questione si spegnesse così come tutto in Rete perde di interesse nello spazio di qualche ora o al massimo qualche giorno. 
La Rete conserva ma molti dei suoi fruitori dimenticano in fretta di tutto.

Ma Laura Boldrini non si è limitata a questo, ha chiesto e ottenuto – pare che sia per ora solo un’ipotesi ancora allo studio – la concessione di una squadra di sette agenti preposti unicamente a monitorare i contenuti web che riguardano solo lei, quindi distratti da altre indagini che riguardano i cittadini comuni che non sono affatto esenti da minacce e offese in Rete, anzi.

Tutto questo inserito in un decreto d’urgenza firmato da Luca Palamara, l’ex presidente dell’ANM. 

Il decreto prevede anche il sequestro preventivo tramite oscuramento di tutte le pagine web in cui sono inseriti riferimenti su di lei. 

Naturalmente tutti i cittadini in presenza di qualcosa che ritengono offensivo, pericoloso per la loro incolumità, sicurezza, hanno il diritto di rivolgersi alle forze dell’ordine chiedendo tutela per sé e per le persone care, nella fattispecie figli ancora minorenni che potrebbero subire un danno psicologico nel vedere immagini cruente o volgari delle loro mamme anche se ricavate da fotomontaggi.

Di tutta questa storia stupisce però la sveltezza con cui questa pratica è stata avviata e il sostegno immediato di Pietro Grasso, che da ex magistrato dovrebbe sapere benissimo che non c’è bisogno di nessuna legge speciale visto che ce ne sono moltissime, normali, già sufficienti alla tutela delle persone.

E, a margine di questo penso che anche i figli della mussolini debbano essere tutelati dalla visione di foto volgari che riguardano il passato della loro madre ma che invece alla prima occasione vengono riproposte in Rete, e preservati dalla lettura degli insulti rivolti alla loro madre, che potrebbe essere la donna peggiore del mondo ma è appunto, la loro madre.

Così come questo diritto ce l’ha il figlio della santanché e generalmente ce l’hanno tutte quelle persone che vengono insultate, dileggiate, spesso fatte oggetto di minacce vere e proprie e non invece, semplicemente criticate per l’incapacità politica e professionale, per la loro disonestà politica e non ma per un “altro” che nulla c’entra né dovrebbe entrare con il loro ruolo pubblico e politico.

Laura Boldrini non è la più bella del reame e non può pretendere attorno a sé lo stato di polizia, la censura preventiva né nessuna legge “speciale”.

Se la politica di tre quarti del pianeta ha una paura fottuta della Rete un motivo, anche più d’uno,  ci sarà, se i regimi e le dittature ne inibiscono l’uso significa che tanto inutile non è, è pericolosa casomai per chi vuole impedire la libera diffusione/circolazione delle idee e di quelle notizie che “sfuggono” ai media tradizionali, quelli abituati a dover servire un padrone, anzi, IL padrone, se parliamo di Italia.

E se la politica spesso si scaglia contro la Rete ritenendola responsabile della qualunque, solo questa è  già un’ottima ragione per difenderla e continuare ad usarla.

Due righe di Civiltà

 

Dal Blog di Alessandro Gilioli:

Mamma Aldrovandi e mamma Cancellieri

Davvero torneranno in servizio gli agenti di polizia condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi?

Oggi a Radio24 ho sentito che lo davano per certo e la mamma di Federico esprimeva ovviamente tutto il suo sconforto.

Scartabellando un po’ in giro pare però che la decisione non sia ancora stata presa e che spetti ai i consigli provinciali di disciplina delle questure dove i quattro sono in servizio stabilire se non fargli nulla, sospenderli o radiarli.

Conosco poco le regole della Polizia di Stato – e non so quale grado di autonomia abbiano questi consigli – ma sono abbastanza certo che un segnale forte del Viminale in questo senso sarebbe molto opportuno.

Forza, ministro Cancellieri, faccia vedere che dietro quella bella faccia bonaria da mamma e da nonna di Paese non si nasconde una potente che protegge degli assassini in divisa:  scrivialministro@interno.it

Io ho scritto, aggiungendo a cose  già dette ma purtroppo sono quelle,  qualche pensiero e concetto nuovo nel merito di ciò che penso di questa assurda vicenda.

“Sono una mamma, una mamma qualunque che come tante altre madri e tanti padri non riesce a darsi pace per il lutto che ha colpito altri genitori, la signora Patrizia Moretti e suo marito. 
Per questo non ho mai smesso di seguire le vicende processuali relative all’omicidio di Federico Aldrovandi, e penso che sette anni non sono serviti a nulla né, tanto meno, a rendere giustizia a due genitori, ad una famiglia a cui è stato strappato un figlio, un fratello, in un modo assurdo, ingiusto, violento, ingiustificabile.
Perché se quattro poliziotti fra cui una donna, la qual cosa non mi sembra irrilevante – noi donne siamo fatte per dare la vita e non per toglierla ai figli di altre donne – ammazzano di botte un ragazzino, vengono condannati a tre anni e sei mesi per omicidio colposo ma tre anni sono stati già condonati dall’indulto non se la dovrebbero poter cavare con la solita e insopportabile difesa di casta come quella che si è permesso di fare il segretario generale del Coisp, sindacato della Polizia di Stato che ha definito la sentenza “funzionale al bisogno di vendetta” perché “spesso in carcere non ci vanno mafiosi e criminali”: non è colpa di Federico se la giustizia in Italia viene applicata in modo come dire? creativo, e non avrebbe dovuto dirlo specialmente alla luce di tutto quello che è accaduto nel frattempo, gli insulti ad una madre colpevole di “aver allevato un maiale”, la denuncia per diffamazione che ha dovuto subire e che, a differenza di un’altra recente e analoga circostanza non ha trovato l’appoggio, il sostegno e il perdono di nessuno, né gratis né a pagamento.
E gli insulti a Federico che, se non fosse stato per la tenacia di sua madre sarebbe morto per atti di autolesionismo; un povero drogato che si è suicidato spaccandosi la testa da solo.
Quanto vale la vita di un ragazzino, ministro Cancellieri? meno di un furgoncino scassato dei carabinieri, meno di una vetrina spaccata e di un bancomat divelto dai “disordinatori” [su commissione] di piazza? io, ripeto, non sono la madre di Federico, penso che non avrei avuto la sua stessa forza e resistenza se mai si fosse trattato di mio figlio, penso che il mio cuore si sarebbe spaccato come il suo ma dal dolore, però sono convinta che tante altre madri e tanti padri una risposta la meritino, per capire, sapere cosa può succedere ad un figlio quando esce di pomeriggio, di sera, quand’anche facesse qualche stupidaggine di quelle che quasi tutti i ragazzi fanno. 
Vorremmo sapere quale metodo usano i tutori dell’ordine quando hanno di fronte una persona, un ragazzo, una ragazza che magari ha bevuto una birra di troppo, o ha esagerato con la marijuana. Càpita. Si chiamano ragazzate per questo; che sistemi usano le forze dell’ordine per chi ha, eventualmente, un momentaneo disagio psichico, emozionale, forse gli stessi che si usano nei sotterranei delle carceri e che producono gli stessi effetti collaterali come è accaduto per Stefano Cucchi? o quelli utilizzati quasi sistematicamente in tutte le questure d’Italia da Bolzano a Palermo quale messaggio di benvenuto da parte dello Stato a quei cittadini che hanno la sventura di trovarsi ad avere a che fare con le “poche” mele marce, le schegge impazzite?
Noi dobbiamo sapere fino a che punto il nostro è uno stato civile, di diritto, vogliamo sapere in quale stato civile e di diritto possono capitare tragedie non colpose ma intenzionali – [saltare sul torace di una persona, di un ragazzino fino a spaccargli la cassa toracica e il cuore non può essere derubricato a reato colposo] – come quella che ha riguardato Federico Aldrovandi, morto per un “eccesso colposo in omicidio colposo”, un reato che non esisteva, confezionato frettolosamente proprio in seguito all’omicidio di Federico per poterlo inserire nel processo che lo riguarda, un reato che non ha capo né coda inventato alla bisogna per giustificare e diminuire la bestialità di quattro cosiddette “mele marce”, quelle “schegge impazzite” verso le quali c’è l’assoluta necessità di un atto di responsabilità da parte dello Stato che anche lei si è onorata di rappresentare, di controlli da parte di specialisti, medici, psicologi che certifichino la loro idoneità psicofisica e di conseguenza il loro essere degni della divisa che indossano.
E, quando è il caso di punizioni adeguate quando chi dovrebbe servire lo Stato con onore e rispetto lo tradisce abusando del suo ruolo.
Affinché quello che è successo a Federico, a Stefano, ai tanti morti per niente ma per mano di funzionari dello Stato non debba ripetersi mai più.

L’arroganza al potere

Se fossi la figlia di Monti, della Fornero o della Cancellieri, tutto farei meno che cercarmi un lavoro per restare vicino a mamma e papà: deve essere terribile esser stati generati da persone così. Il cinismo e l’arroganza a me fanno paura.

“Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà”. (Il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri)

«Le frasi della Cancellieri sono equiparabili ad una battuta da bar, sulla quale si potrebbe anche costruire una piacevole conversazione, se non fosse che a pronunciarla è il ministro dell’Interno». In serata la polemica sbarca sul web, dove il Popolo Viola prende di mezzo il figlio del ministro: «Anche lui, Piergiorgio Peluso, ha il posto fisso vicino alla mamma come direttore generale di Fondiaria Sai»

Fornero come Monti
“Il posto fisso è un’illusione”

LA FIGLIA DEL MINISTRO? DI POSTI NE HA DUE

Liberisti col culo degli altri

Ci sta: dopo il viceministro col nome da coiffeur e la figlia di cotanta madre (che di posti fissi ne ha addirittura due e guardacaso nella stessa Università dove insegnano e fanno ricerca mamma e papà) la lista si allunga.
C’è da dire che le facce toste sono tutt’altro che sobrie, anzi, fanno abbastanza incazzare.
Perché ovviamente chi parla così lo fa pensando che i suoi figli (e loro stessi) si sono meritati tutto, sono stati bravi, più di tutti: quelli del popolo no, devono inventarsi la vita, un mestiere, rinunciare all’idea non di un noiosissimo posto ‘fisso’ ma di uno stipendio sicuro (che non è affatto la stessa cosa), e devono capire che “il mondo sta cambiando (cit. Elsa Fornero)”.  Effettivamente sì: il mondo sta cambiando, come ci fanno sapere le sorelle Nete delle istituzioni, peccato però che il cosiddetto cambiamento abbia prodotto in Italia l’effetto contrario, e cioè che anziché avanzare questo paese sia invece pericolosamente indietreggiato, peccato che lassù, nelle loro belle, eleganti ma sobrie torri d’avorio la notizia non le abbia mai raggiunte.
Chi parla è gente che ha avuto tutto – probabilmente e sicuramente anche per meriti –  compresi quei diritti che ora sta scippando  non solo alle nuove generazioni,  ma evidentemente  non essendo ancora soddisfatta si diverte a perculare e irridere un giorno sì e l’altro pure tutti quelli che perché non sono stati bravi come loro e i loro figli, non sono stati fortunati a nascere Michel Martone, ma soprattutto perché  più semplicemente non sono  figli di…hanno sempre meno ragioni per sperare grazie a chi gliele sta togliendo tutte. Cioè sempre loro.
La Cancellieri (si potrà dire “la” alla Cancellieri o s’incazza pure lei?) ha chiesto poi  scusa per l’infelice esternazione circa i giovani che vogliono (tutti? non credo proprio) il posto fisso e possibilmente vicino a mamma e papà.
Quando berlusconi diceva cazzate (praticamente una ogni tre minuti: cosa che continua a fare senz’alcun pudore, le ultime, sulle quali è meglio stendere un velo pietoso sono giusto di ieri) la considerazione che  in molti facevamo era: “ma questo non ha mai nessuno che gli dia una gomitata, un calcio sotto il tavolo, un’occhiata di traverso per evitargli figure di merda a getto continuo?” Beh, siccome io non mi sono mai iscritta al partito dei “menopeggisti”, continuo a fare la stessa considerazione e mi chiedo: dopo gli sfigati di Michel, dopo le uscite di Monti e quelle di Nostra Signora dalla lacrima facile era così difficile comprendere che forse certi toni non sono proprio quelli giusti da usare? e inoltre: le scuse della ministra Cancellieri non hanno proprio niente a che fare con la diffusione delle notizie a proposito di suo figlio che perché è bravo (e lo deve essere molto), il posto fisso ( e che posto!) vicino a mamma e papà ce l’ha da un sacco di tempo? se quello che distingueva il governo di berlusconi era la totale insipienza, la cialtroneria e la disonestà, questi signori non fanno una miglior figura mostrando e dimostrando arroganza e incapacità di capire quali sono i problemi della gente e come rivolgersi alla gente che vive tra mille difficoltà.

Ieri la Cancellieri ha detto ad Alemanno di stare zitto per evitare inutili polemiche e lavorare, ecco: se anche lei e i suoi colleghi facessero lo stesso non sarebbe male.

Avanti, non c’è posto, di Massimo Rocca per Radio Capital

Cosa ci stanno davvero dicendo i governanti che ogni giorno martellano sull’inesistenza del posto fisso, sullo spalmamento delle tutele, sui bamboccioni e gli sfigati? Escludendo che siano stupidi e che non si rendano conto che al massimo stanno declamando tautologie invece che governare i processi, credo stiano lavorando su due livelli di comunicazione subliminale. Il primo a breve termine. Il lavoro adesso non c’è, bisognerà accettarne di ancor meno pregiato di quello precario e intermittente che ci è stato servito come grande innovazione negli ultimi 15 anni. Obiettivo, deflazionare drasticamente i salari, unico modo per una economia che non può più svalutare per tornare ad essere competitivi. Con sobri guanti bianchi è la stessa lezione che si sta applicando con pugno di ferro alla Grecia. Il secondo, temo, è a lungo termine. La piena occupazione salariata dai 20 ai 60 anni per uomini e donne, fenomeno mai verificatosi nella storia prima dei magici decenni dalla metà dello scorso secolo, potrebbe non essere il futuro neppure per quell’occidente che è stato il solo a sperimentarla.

Che due palle, il lavoro!

“Che monotonia il posto fisso” dice Monti e il pensiero corre subito agli “sfigati” del vice ministro Michel Martone, ai “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, lo stesso che disse che “le tasse sono bellissime”, a Brunetta con i precari che lo contestavano: “Siete la peggiore Italia” li apostrofò, a “sposi mio figlio” di Berlusconi.
L’ultima parola spetta al Papa. Intervenuto sul tema nel maggio 2010, ha voluto rivolgere un pensiero ai precari. “Il posto fisso non è tutto”,  li ha rassicurati.
TUTTA GENTE COL POSTO FISSO… TUTTA GENTE CHE GUADAGNA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO AL MESE E DICE ALLA GENTE DA 800 EURO CHE DEVE FARE SACRIFICI PER SALVARE L’ITALIA…
C’è da riflettere…
o no? (Aldo Vincent)

 

Sottotitolo: in un paese normale un primo ministro (specie se sobrio) parlerebbe con cognizione di causa, e in un momento così difficile starebbe molto attento a pesare le sue parole, userebbe una discrezione elegante (proprio perché è sobrio) e non direbbe niente di più di quanto sia in realtà necessario. Perché che avere la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio siano per lui cose monotone e noiose (e lo capiamo, uno che ne ha più di una di quelle occupazioni deve essersi ben rotto i coglioni di accumulare stipendi milionari in ogni dove) può essere oggettivamente una sua legittima opinione. Ma non può mai essere quella del presidente del consiglio italiano. Monti invece parla come se non sapesse quale paese sta governando: qualcuno gli dica che questa è l’Italia, non l’Olanda, il Belgio, la Germania o l’Inghilterra.
Se poi  a dire certe cose è uno a cui il posto fisso ‘a vita’ lo hanno regalato, quello di senatore, si capisce meglio perché è impossibile da sopportare.

Monti: “Posto fisso? E’ monotono”
“E lo spread scenderà ancora”

Napolitano ha chiamato Monti per far calare lo spread, e in effetti lo spread cala.
Rendere precario e “flessibile” mezzo paese, tagliare e togliere tutto all’altrà metà fa calare lo spread: non ci volevano i professori per una manovra così “azzardata”.
Si chiama liberismo, praticamente lo stesso ideale e lo stesso obiettivo di quello che c’era prima, quello col quale Monti si vanta di aver mantenuto una “significativa collaborazione”. (Noi speravamo di no ma ormai siamo abituati ai calci in bocca quotidiani, non fanno più nemmeno tanto male, vero?). Quando poi la metà della gente sarà praticamente e letteralmente morta di fame e l’altra metà costretta a lavorare in condizioni di schiavitù lo spread sarà sceso ormai sotto lo zero come le temperature di questi giorni.
E tutto questo senz’aver avuto neanche il tempo di annoiarsi.
Beato chi ci arriverà, a potersi togliere lo sfizio di annoiarsi.

Fare questi discorsi mentre ci sono aziende che delocalizzano non perché in difficoltà ma per l’odiosa logica dei profitti del padrone, che non esitano a mettere centinaia di persone per strada io credo che sia perfino pericoloso. Questo è un paese dove non ci si può permettere di oltraggiare più di così il mondo del lavoro.

Una cosa è accettare una sfida, un’altra non avere nemmeno la possibilità di provarci, dall’alto di certe posizioni è molto facile dispensare perle di ‘saggezza’, in un paese poi dove tre ragazzi su cinque non hanno proprio un lavoro, e figuriamoci se possono sperare nel posto fisso. Ma chi glielo dà un posto fisso a ‘sti figli, oggi? manco si chiamassero Michel Martone, vah. Io dico che PER FORTUNA c’è ancora chi ha la possibilità di annoiarsi col posto fisso, altrimenti chi ci penserebbe ai figli che non ce l’hanno? il welfare dei figli siamo noi genitori che mettiamo toppe ovunque, anche quando i figli escono di casa,  lo facciamo per loro e per i loro figli, e lo facciamo perfino con gioia. Ma questi sono problemi distanti anni luce dalla meravigliosa sobrietà dei professori in loden e delle professoresse dalla lacrima facile col tacco 5.
La verità è che chi fa discorsi sulla flessibilità, mobilità, chi ventila una maggiore facilità di poter licenziare (perché l’articolo 18 non è un totem né un tabù) è tutta gente che chissà come mai guadagna migliaia di euro moltiplicati per vari stipendi ed è incollata ad una o più poltrone da decenni, ed è anche grazie a gente così che questo paese è ridotto così male, grazie agl’inamovibili delle carriere che non liberano mai un posto per gli altri e non offrono mai la possibilità a nessun altro di dimostrare che è meglio di loro, di chi si è accaparrato i posti migliori nei modi che sappiamo, tipo Martone, per dire.
Salvo poi fare le pulci e non solo a chi è costretto a fare qualche ora di lavoro extra per non morire di fame.
Idealizzare la precarietà, predicare a mò di mantra che solo coi licenziamenti si può risolvere la crisi (mentre tutti sanno che è vero il contrario)  dopo aver sistemato se stessi e almeno le prossime due o tre generazioni significa avere solo una grandissima, sesquipedale faccia come il CULO, se almeno tacessero non farebbero un soldo di danno.

Così, giusto per non aggiungere anche le beffe.  E non sarebbe disdicevole ammettere di aver detto una cazzata, anche se ci si chiama Mario Monti, e magari  chiedere scusa alla gente in difficoltà che è molta più di quella che a suo dire, si annoierebbe. Anche sobriamente, s’intende.

Che due palle, il lavoro!

Ieri notte, leggendo i lanci di agenzia, ho trovato la dichiarazione del Professor Monti, e aggiornando il mio status su Facebook, ho ceduto al turpiloquio. Ora davvero vorrei scusarmi, ma non posso. Ho scritto “Monti: “Che monotonia il posto fisso I giovani si abituino a cambiare” … [Così, va … nemmeno più un poco di pudore. Brutto figlio di troia!]”
Credo, in fondo, che il nostro cedere al turpiloquio sia ancora la salvezza per gente così. Ci accontentiamo di augurare male, di mandarli là dove dovrebbero andare, e a volte quando ci assiste la fantasia, riusciamo ad immaginare scenari più apocalittici, vederli arrancare nella vita, tali e quali a noi. È la loro fortuna, perché una parolaccia non li ammazzerà.
Oggi mi scrivono che è vilipendio, che non devo permettermi, che comunque è meglio di quell’altro tizio, e che almeno il rispetto è dovuto alle istituzioni. Rispetto? Nemmeno un po’.
È sì vilipendio, ma vilipendio al cittadino. Al lavoratore, a chi fatica, al giovane a cui è impedito di sognarsi una vita possibile. Con Monti non si tratta più di arroganza del potere, ma di semplice fantascienza, una sorta di delirio di onnipotenza, di chi sa di avere carta bianca, di poter fare esattamente qualunque esperimento sulla pelle di cavie innocenti – e le cavie siamo noi. Testano il sistema, spingendosi fino al limite, stando in attesa di vedere la corda spezzarsi, e anche quel giorno sperimenteranno ancora, magari la repressione, l’esercito, gli arresti di massa. E in effetti lo stanno facendo già.

Il nonno bonario si affaccia alla televisione per annunciare uno dei suoi già famigerati slogan: salva Italia, cresci Italia e ora la “monotonia del posto fisso”. E sai che palle avere un lavoro di routine, che ti devi alzare la mattina per andare a lavorare, e che poi a fine mese ti danno uno stipendio col quale puoi addirittura pagarti l’affitto e il riscaldamento, il canone della RAI, e le sigarette. Che due palle, sapere che lavorerai ogni giorno della tua vita, fino ad arrivare alla pensione! Meglio cambiare in nome della mobilità tutta italiana: lavori tre mesi al calla center e poi ti licenziano, fingono di far fallire la ditta e ti riassumono il giorno dopo sempre per tre mesi ma con un contratto sempre più sfavorevole, con la nuova formula contrattuale che recita: “se ti va è così o sennò pigliatela in culo, che tanto fuori di morti di fame come te, c’è una fila.”

La politica non politica ora siede in Parlamento, fortemente voluta da tutti i partiti italiani – anche quelli come la lega che hanno fatto finta di fare opposizione – per fare il lavoro sporco, quello che tutti si son guardati dal fare, dire e persino pensare. Il nonno non politico, il professore che sembra essersi laureato da Vanna Marchi, coadiuvato dai suoi maghi Do Nascimento sputano in faccia al volgo, certi di restare impuniti, perché appunto, oltre che mandarli a fare in culo, che si fa?
Non mi stancherò mai di dire che la vera Rivoluzione Italiana, sarebbe quella di prenderli uno per uno e condannarli a finire i loro giorno vivendo. Vivendo la vita che loro hanno destinato a noi, di fame e precariato, di pensioni minime che ti obbligano all’assistenza della Caritas, di denti che cadono senza poter essere rimessi in bocca, di calzini bucati e scarpe consumate. E per le signore l’eleganza a cinque euro comprata dai cinesi, le borse di Dolce e Poiana comprate dal negretto al mercato dopo lunga contrattazione. Poco pane e poca pasta, e non perché sei a dieta, ma perché di più non ne puoi comprare.
Gente così, mi vilipende ogni volta che respira. E ribadisco: gli fosse rimasto almeno il pudore. Dovrebbero andare in televisione con un paio di mutande sulla testa, per poter parlare con me.

Rita Pani (APOLIDE)