Riformatori_o

“Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito”.
[Benito Mussolini, 23 marzo 1919: dal discorso sulla fondazione dei Fasci di Combattimento]

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La Finocchiaro che da Floris esulta alle riforme di Renzi è il simbolo del fallimento della politica di un ventennio.
L’ammissione dell’incapacità della classe dirigente di cui lei fa parte da una trentina d’anni.
Invece di chiedere scusa per il suo non aver fatto nulla di politicamente rilevante, la Finocchiaro si vanta di aver partecipato alla realizzazione dello scempio chiamato riforme costituzionali che portano, oltre alla sua firma anche quella di un cinque volte rinviato a giudizio per reati contro lo stato.
La Finocchiaro esulta perché Renzi “ha fatto le riforme”:  giuste o sbagliate ‘sti cazzi ma le ha fatte, lo stesso Renzi che lei definì un miserabile quando lui la definì inadeguata per il Quirinale dopo che sui giornali uscirono le famose foto che immortalavano la Madame Angot de’ noantri che si faceva accompagnare all’Ikea non da una né da due ma da ben tre guardie del corpo che trascinavano il carrello della spesa al posto suo.
L’inadeguata e il miserabile si sono però ritrovati perfettamente d’accordo su delle riforme ri_costituzionali che sopprimono il senato come piaceva a mussolini e Gelli e tutto il mainstream della peggior propaganda di regime proprio dai tempi di mussolini, esulta insieme a loro.

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Almeno berlusconi si poteva vantare, purtroppo a ragione anche analizzando il modo col quale lo ha ottenuto, di avere il consenso del popolo e in virtù di questo confezionava giorno dopo giorno la sua azione “politica”, legittimava ogni provvedimento dei suoi vari governi col solito ritornello: lui scelto dal popolo quindi col pieno diritto di fare e disfare, di essere perfino al di sopra della legge quando parlava della magistratura che, indagando su di lui, voleva sovvertire la volontà del popolo che lo aveva eletto rendendolo una specie di divinità intoccabile. 

La concezione di paese e della politica come cose proprie con le quali fare quello che si vuole è abbastanza normale per uno che di mestiere fa l’imprenditore, attività che nei paesi civili rende inadatte le persone che la praticano a gestire le cose degli altri, ne preclude la carriera politica proprio perché ritenute più portate a occuparsi delle proprie e a curare i propri interessi che potrebbero [possono] essere facilmente in contrasto con quelli pubblici che la politica ha il dovere di mettere davanti e sopra a tutto.
Esattamente quello che si sarebbe dovuto impedire a berlusconi il quale, invece, grazie alla politica che glielo ha permesso ha potuto continuare ad accrescere il suo patrimonio personale.
Ma Renzi quale consenso ha?
Quando farnetica degli italiani che hanno chiesto al suo governo le riforme, di sfasciare la Costituzione, demolire l’istituto del senato di quali italiani parla, del famoso 40,8% della metà?
E sarebbe popolo, quello?

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Vado a mediaset – Sabina Guzzanti

Se mi assumete, se Berlusconi conta ancora qualcosa lì dentro, vengo a Mediaset a fare la campagna per il No.
(per quelli che vivono sulla luna: Berlusconi ha dato ordine di votare contro la riforma, ma i suoi se li erano tutti già comprati seguendo il suo insegnamento)

Faccio le imitazioni, racconto le barzellette zozze o faccio peggio, dico solo la lettera iniziale della parolaccia e poi puntini ammicco, quello che volete. giuro che lo farei.

La Boschi si dice serena che per il referendum gli italiani sapranno scegliere se votare a favore della riforma costituzionale di merda dopo la riforma della rai di merda.
Insieme alla riforma elettorale di merda, tutti i poteri sono in mano a chi governa, che vince le elezioni grazie al controllo dei media (aspettiamo ansiosi il bombardamento di rai tre promesso dal renziano Anzaldi), grazie al controllo dei posti di lavoro, e con la riforma elettorale ha una maggioranza spropositata alla camera mentre il senato conta poco o nulla ed è formato prevalentemente dai ladri che di solito governano le nostre regioni.

Siano maledetti i senatori venduti e che Grasso possa avere dalla vita tutto quello che si merita, tutto insieme.

Viva la costituzione quella vera, scritta dai partigiani.

Questa costituzione scritta da venduti e traditori non sarà mai la nostra.

Tutt’al più un open space

Se Renzi è convinto che il senato‬ non serve a niente, cosa che pensava anche mussolini fra l’altro, abbia il coraggio di chiuderlo davvero e del tutto, non lo trasformi nella camera iperbarica di fancazzisti che dovremo continuare a strapagare.
Mandi a casa i fancazzisti, o, finalmente, a trovarsi un lavoro vero esente da benefit e privilegi fra i quali quell’immunità tanto cara a tutti.

Renzi non ha mai detto di voler fare del parlamento un’aula sorda e grig…ah no, era quell’altro.
Renzi non ha mai detto di voler fare del senato un museo: al massimo ci fa un open space.

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“Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito.”
[Benito Mussolini, 23 marzo 1919: dal discorso sulla fondazione dei Fasci di Combattimento]

Quando berlusconi minacciava, ricattava, si comprava i senatori un tanto al chilo lo faceva per i suoi interessi [lo diceva anche Zucconi] perché la permanenza in parlamento gli consentiva di curare quelli economici ma, soprattutto, di ordine giudiziario: il parlamento usato come refugium peccatorum e ultimo approdo per evitare la giustizia “uguale” per tutti fa comodo non a tutti ma a molti, guardate Azzollini quant’è carino che in parlamento ci dorme pure.
Ora che Renzi fa le stesse cose, ci sono tanti modi per comprare il sostegno dei parlamentari che servono ad approvare leggi e “riforme”, ora che anche Renzi minaccia, sfida il presidente del senato, si permette di dire che “o si vota o tutti a casa” in nome di quali interessi lo fa, degli italiani?
Il tre per cento scarso dei cittadini sa in che consiste la cosiddetta riforma del senato, lo sa perché fa parte di quello zero virgola di gente che pensa sia un dovere dare un’occhiata a quello che fa la politica perché ai cittadini comuni, quelli che hanno come unico interesse quello di vivere fra una sopravvivenza e un’altra non sarà la riforma del senato a migliorare la vita, quindi è facile intuire che la percentuale di chi la considera davvero necessaria sarà ancora più scarsa.
Il restante novantasette per cento non ritiene evidentemente così necessario nemmeno addentrarsi in questioni meramente politiche che riguardano la logistica interna e non la messa in opera.
E allora [signori miei… ], a quali italiani risponde l’esigenza di Renzi, forse solo quelli che poi potranno usufruire del senato riformato_rio per continuare ad approfittare di laute prebende e privilegi fra i quali quello di evitare la legge “uguale” per tutti? Se Licio Gelli voleva i diritti d’autore per l’Italia di berlusconi, dopo le “riforme” di Renzi e della Boschi toccherà fargli il monumento, a imperitura memoria di chi ha fatto l’Italia.
Garibaldi je spiccia casa.

La riform’attrice

Le due camere sono un grave problema: impediscono alle leggi di poter essere discusse e approvate in tempi brevi, forse è per questo che per approvare la riforma Fornero ci hanno messo meno di due settimane e non sono bastati ventuno anni per scrivere una legge decente sul conflitto di interessi.
Essì, la riforma costituzionale è proprio il primo problema degli italiani che tutte le mattine si svegliano col pensiero fisso sull’annosa questione e riflettono tristemente mentre si fanno il caffè: ” la Boschi, riuscirà o no a farsi mettere nei libri di storia in qualità di madrina costituente?

La Boschi che “aspetta da settanta anni la riforma del bicameralismo paritario” di una repubblica che di anni non ne ha ancora sessantotto.

Una volta bastava dire “sì, perché sta scritto sulla Costituzione” o “no, perché lo vieta la Costituzione” per essere sicuri che dietro a quel sì e quel no ci fosse l’esclusivo interesse del popolo al quale la Costituzione è stata dedicata.

Ora molti di quei sì diventeranno no e viceversa grazie ad un manipolo di irresponsabili incapaci arrivisti ai quali del bene dell’Italia e degli italiani non interessa niente: Renzi farebbe il monumento a Marchionne, tanto basta a demolire definitivamente la balla del presidente del consiglio che brucia duecentomila euro per andare a vantarsi dell’Italia in quel di New York che, diretti e orchestrati da un vecchio mestierante della politica che ha detto sì e no un po’ a tutti a cominciare dal fascismo e il comunismo: il primo abbandonato, l’altro rinnegato e con l’assistenza della pletora dei servi del regime, quelli che dovrebbero vigilare sulla politica mentre ne nascondono tutta l’inconsistenza, spesso anche la delinquenza che li guarda amorevolmente con una certa soddisfazione e senza nessun permesso del popolo sovrano hanno deciso che quella Costituzione non va più bene.
Che bisogna farne una più bella, più moderna, più efficiente perché così hanno deciso il vecchio mestierante, un delinquente seriale e uno che si crede Napoleone.
Un governo di nominati e non di eletti frutto del voto di un parlamento formato da una legge anticostituzionale sta sfasciando l’ultimo baluardo di quel residuo di democrazia sul quale si poteva ancora fare affidamento.
E allora no.
Questa non è la mia repubblica né lo stato in cui mi riconosco.
Non mi riconosco in uno stato dove comanda chi alza la voce in forza di un potere che non ha ricevuto dal popolo ma lo può fare grazie al maquillage col quale si è voluta coprire la nefandezza di un presidente della repubblica con velleità da monarca che ha disegnato l’Italia a sua immagine e somiglianza: quella di un vecchio di oltre novant’anni che non avrà nemmeno il piacere e il gusto di potersela godere.

Un saluto affettuoso e un arrivederci a mai più alla Costituzione “più bella del mondo” scritta fra gli altri da Teresa Mattei, Umberto Terracini, Piero Calamandrei, Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro, riveduta e tragicamente corretta, fra gli altri, da Maria Elena Boschi, Denis Verdini, Roberto Calderoli, Anna Finocchiaro e in precedenza, fra gli altri, anche da D’Alema e berlusconi. Per chi lo avesse dimenticato la guest star, l’ideatore e il regista della cosiddetta riforma necessaria e urgente di cui gli italiani non possono fare a meno è sempre lui e ancora lui: sua altezza emerita Giorgio Napolitano.

Spiace per il presidente Grasso il cui ruolo gli impone di mantenere un certo ordine anche nel linguaggio istituzionale ma le uniche parole appropriate, consone, adeguate alla situazione ieri in quell’aula erano proprio “FATE SCHIFO”.

Fanno schifo, ed è drammatico che ci sia chi non se ne accorge, pensa di ridurre tutto ad questione di linguaggio.
La “signorilità” né purtroppo l’ipocrisia ci salveranno da uno che si crede il Re Sole e pensa di poter fare carta straccia delle istituzioni dello stato, della repubblica previste dalla lungimiranza dei Padri Costituenti che hanno voluto il bicameralismo perfetto proprio per evitare il rischio dell’uomo solo che fa, decide, pone e dispone e non vuole ostacoli.
Questo film in Italia l’abbiamo già visto e non ci è piaciuto.
Renzi vuole fare del lavoro di statisti veri una grande e indecente intesa a senso unico con personaggi del calibro di Alfano, Verdini, Calderoli e Gasparri, farci mettere la firma alla Boschi e non si può nemmeno dire che tutto questo “fa schifo?”

La coscienza del PD [ma il problema è la ‘monnezza’ di Roma]

Preambolo: sesso con prostitute, cocaina e un video diffuso dal Sun, il vice speaker della Camera dei Lord già ex ministro del partito laburista nonché “garante delle norme di comportamento dei colleghi” ma evidentemente non del suo si dimette e chiede scusa per i suoi passatempi privati subito dopo che Cameron ne aveva chiesto la destituzione.
Nei paesi normali il primo ministro non assicura l’impunità ai suoi subalterni usando l’alibi del garantismo, del “che je fa” o del così fan tutti e che male c’è.
Dopodiché il pover’uomo non ha strepitato contro la stampa brutta e cattiva che non si è fatta i fatti suoi e gli ha violato la privacy, non ha detto che il suo comportamento privato non è penalmente rilevante né il parlamento si è attivato per fare una legge che impedisca ai giornali e giornalisti di informare: si è dimesso con disonore e ha chiesto scusa.
E il comportamento “non penalmente rilevante” gli costerà anche un’inchiesta di Scotland Yard, l’espulsione dal parlamento e dal partito.
Il sense of humour gli inglesi sono abituati a metterlo dove si può.

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Azzollini, niente arresto grazie ai voti di metà Pd
E ora Serracchiani dice: “Abbiamo sbagliato”

Che differenza c’è fra quelli che tirano i vasi dai balconi, si mettono di traverso davanti alle forze dell’ordine per impedire l’arresto dei delinquenti nelle zone malfamate delle periferie e che fanno tanto indignare la cosiddetta società civile, la stessa che magari vota il PD, e il senato che nel segreto dell’urna impedisce l’arresto dei delinquenti? Ad occhio, nessuna. 

La richiesta di arresto della procura di Trani per Azzollini‬ salvato soprattutto dal PD era per bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere.
Dov’è finito il daspo per i politici corrotti di cui vaneggiava il cazzaro?

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Uno che per dodici anni è stato presidente della commissione bilancio quanti favori deve riavere indietro da tutta la politica?
Un direttore di banca viene spostato di sede dopo un periodo piuttosto breve anche per evitare che si venga a creare un rapporto troppo confidenziale coi clienti.
Un mandato politico che dura dodici anni è un abominio, un crimine scientifico.

Quelli che si lamentano del PD ma poi restano nel PD possono evitare la fatica di lamentarsi e di citare la questione morale a proposito del PD che la moralità l’ha persa per strada da un pezzo.
Quando un partito non rispecchia più la politica in cui si crede e non porta più avanti le istanze dei cittadini ma si occupa e si preoccupa di tutt’altro c’è solo un modo per rendere credibili le proprie dichiarazioni: andarsene da quel partito.
Caro Felice Casson, tu non puoi uscirtene così oggi come un pisello dal baccello e dire che il PD salvando Azzollini‬ ha salvato uno della casta, perché il PD è lì per salvare tutti quelli della casta che hanno bisogno di essere salvati. 
Oggi un Azzollini a me e domani un Verdini a te: il teorema della politica è sempre stato questo, basta sostituire i nomi. Il patto del Nazareno non nasce con Renzi e berlusconi ma arriva da lontano ed è sempre in mode on.
Fra l’altro Casson è un magistrato, uno a cui dovrebbe venire la pelle d’oca solo a sentir parlare di una legge che vuole impedire ai cittadini almeno di sapere chi sono i delinquenti che poi il parlamento si fa premura di tutelare, proteggere e lasciare al loro posto.

Nella stessa giornata in cui il senato della repubblica diceva no all’arresto di Azzollini la guardia di finanza è andata a prendere Mauro Balini, un noto imprenditore del litorale romano presidente del porto turistico di Ostia ora sotto sequestro, i reati a lui contestati sono l’associazione a delinquere e la bancarotta fraudolenta: gli stessi di‪ Azzollini‬. Ovviamente Balini non essendo un senatore che può contare sulle coscienze altrui è già in carcere.

La giornata parlamentare di oggi e l’ottimo risultato ottenuto dalla Banda Larga che ha evitato non la galera ma i domiciliari in villa ad Azzollini‬ vorrei dedicarla a tutti i meravigliati e indignati dall’iniziativa del Fatto Quotidiano per la riduzione della custodia cautelare a Fabrizio Corona, l’unico essere spregevole che in questo paese doveva marcire in galera per quasi 14 anni.
Per tutti gli altri più o meno spregevoli e delinquenti c’è la comprensione, la pietà, la prescrizione, l’indulto, le amnistie, i servizi sociali con annessa attività politica e la coscienza piddina.

Quello che mi fa imbestialire di più rispetto a certe faccende non è tanto il fatto in sé, ormai tutti sappiamo che la politica è quella che è, che non c’era e non c’è affatto l’intenzione di avvicinarsi alla gente di cui blateravano Napolitano e la Boldrini all’inizio della magnifica saga delle larghe intese quando concionavano di populismi e demagogie senza vergognarsi nemmeno un po’ .
Quelli non ci vogliono mandare più nemmeno a votare quindi figuriamoci quanto gli interessa la nostra vicinanza.
No: non è questo, confido nella storia che presto, tardi e troppo tardi i malnati li ha sempre puniti; quando sarà il momento della brutta fine che auguro a chi ha distrutto anche il benché minimo significato di democrazia e di stato spero che i responsabili siano almeno lontani dalla politica, in maniera tale che quaggiù fra noi plebei ne giunga solo una minima eco.
Io ora immagino i cosiddetti guardiani della democrazia, il giornalismo più che complice della costruzione di questo scempio a getto continuo, quelli che riceveranno l’ordine di minimizzare un fatto gravissimo come la richiesta di arresto negata di Azzollini‬.
Li immagino davanti ai loro monitor compiaciuti che anche stavolta il governo di Renzi, ma si potrebbe andare indietro all’infinito per tutti i governi compresi quelli di berlusconi, è riuscito a fregare, umiliare e offendere gli italiani grazie al sistema “democratico” che premia i delinquenti, ma solo se sono onorevoli, deputati e senatori.

La mia, non l’avrete mai [Di fiducia e altre storie]

Stato-mafia, la Corte dice no ai boss
Non parteciperanno a udienza Napolitano

A quanto pare lo stato si fa eccome intimorire se, in barba al codice di procedura penale che lo prevede, si impedisce a degli imputati di poter assistere alle dichiarazioni che farà l’eccellente teste al processo sulla trattativa stato mafia. Quello che di bello c’è in questa storia è che adesso gli avvocati degli imputati potranno chiedere la revisione e anche l’annullamento del processo che non gli si potrà negare, se questo è ancora, nonostante e malgrado tutto uno stato di diritto.
E qualcuno ha ancora il coraggio di anteporre la parola “presunta” a “trattativa”.

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Sono riusciti a sputtanare anche una parola bella come “fiducia”.
Per fare i loro sporchi comodi si sono inventati nientemeno che la fiducia “sfiduciata” e quella “critica”. E le dimissioni post fiducia.
Ma la fiducia è una, ed è definitiva: significa dire a qualcuno “qualsiasi cosa tu faccia è come se l’avessi fatta io”.
Perché vuol dire ritenere quel qualcuno all’altezza di un compito importantissimo, ovvero prendersi la responsabilità di azioni che riguardano tante persone ma che può fare per ruolo e mestiere solo qualcuno. La fiducia è quella che si accorda ad un medico che salva le vite, all’insegnante a cui si affidano i nostri figli.
Alla politica chiamata a fare cose che servono a migliorare lo stile di vita e la vita stessa dei cittadini, non sempre e solo quello di chi la rappresenta.
E la fiducia non si estorce: si ottiene dopo aver dimostrato di meritarla, non può decidere uno solo di chi si deve fidare un paese intero. E men che meno può decidere chi, quando è chiamato a prendersi le sue responsabilità di cittadino uguale a tutti e uguale davanti alla legge cerca tutti i modi e il pretesto per sottrarsene.
E il dramma è che viene accontentato.

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Votare la fiducia a una porcheria che non si condivide e poi dimettersi [forse, non è detto] è come ammazzare qualcuno e poi chiedergli scusa, che non era quella l’intenzione. 

Ma chi impugna un’arma e preme il grilletto sa benissimo quali sono le sue intenzioni. Poche storie.

Se la fiducia su riforme così importanti, fatta poi da un governo così pasticciato, senza nessuna autorizzazione del popolo [ex] sovrano, una fiducia che questi abusivi, impostori eletti da nessuno sono disposti a dare su qualcosa che nemmeno conoscono l’avesse chiesta berlusconi sarebbe venuto giù il paese.
E il prossimo che dirà che gli stadi sono posti violenti frequentati da gentaccia abbia almeno la decenza di farlo ricordandosi in cosa è stato trasformato il parlamento di questo paese e dov’è la vera violenza.

A questi del diritto e del bene del paese non gliene fotte niente.
Il presidente del consiglio che per estendere i diritti a chi non ce l’ha li vuole togliere a chi ce l’ha, alfano, ancora incredibilmente ministro dell’interno di questo paese che per dare un senso alla sua esistenza chiede che vengano annullati dei diritti che le persone sono andate a prendersi altrove dall’Italia perché qui non glieli danno. Nel paese civile un ministro si attiverebbe per sollecitare quella legge per legalizzare le coppie di fatto come prevede l’ordinamento europeo. O le alleanze vanno bene solo per dissanguare la gente, andare a bombardare mezzo pianeta in nome dell’unità? Se alfano vuole fare qualcosa che non ha ancora fatto renzi invece di piagnucolare che lo trattano male si accomodi; c’è l’imbarazzo della scelta.

E bravo Walter Tocci, che lo dico a fare del pd, che voterà la fiducia alla porcheria di Renzi, già concessa al senato stanotte, per poi dimettersi da senatore, invece di farlo prima senza votarla.
E questo sarebbe un atto di coraggio: le dimissioni con vitalizio incorporato, premiato a vita per aver contribuito col suo partito a devastare le fondamenta del paese, la democrazia.
Mi chiedo quanto deve essere grande il ricatto a cui si è sottomesso il pd, quanti interessi occulti e sicuramente sporchi, considerato chi è uno dei contraenti, nasconda quel patto del Nazareno che i cittadini irresponsabili che hanno votato Renzi hanno legittimato rendendosi complici di questo disastro, di un crimine.
E mi chiedo anche a quale ricatto risponda quell’informazione che ha ancora il coraggio di parlare dell’operato di Renzi come di un atto di responsabilità verso il paese, invece di dire alla gente che nessuno aveva chiesto a Renzi di fare strame dell’Italia a sua immagine e quella di un delinquente.
Il tutto sotto la supervisione del cosiddetto garante, l’estremo difensore sì ma della casta, che ha messo la firma sul più grande abuso fatto subire, imposto con la violenza ai cittadini, della storia di questa repubblica.

L’allegra estate di Matteo Renzi

I piddini saranno contenti che con la riforma testè approvata Maria Elena Boschi si è aggiudicata il titolo di statista a tutti gli effetti.
Che grande cosa avete fatto, votando Renzi.
Nemmeno Dio vi perdonerà.

E il premier dice ‘in vacanza belli allegri’

berlusconi vuole riavere l’agibilità politica.
Perché, fino ad ora che è stato, l’apericena?
 Quanto diventano piccole, quasi spariscono figure come quelle di Tavecchio, Corona dei quali si sta parlando molto in questi giorni, perfino quella di Schettino seppure col suo bagaglio di morte.
Questo è un paese da buttare, non c’è da salvare nulla in un posto dove un delinquente di quella portata ad un anno da una condanna definitiva per un reato grave quanto ignobile come il furto allo stato invece di essere dimenticato da tutti può permettersi di tenere tutti ancora sotto scacco, essere considerato dalla politica e dalle istituzioni, presentarsi davanti ai giornalisti, essere addirittura cercato e inseguito da loro grazie ad un irresponsabile egocentrico che in uno così si rivede e si riconosce così tanto da volerlo imitare in pensieri, parole ed opere.

B: “Ora voglio riavere l’agibilità politica”

 

Democrazia è, tradotta in cifre, una decina di milioni di teste di cazzo italiane che si sono fatte abbindolare dal Rottam’attore e che per mezzo del loro voto ad elezioni europee, manco nazionali, impongono agli altri cinquanta milioni e rotti statiste del calibro di Marianna Madia, nel cui curriculum la nota più significativa è che è stata la nuora mancata di Napolitano e Maria Elena Boschi che da piccola faceva la Madonna nel presepio. Ma come dice il bugiardo 2.0: allegria, stiamo sereni, il meglio deve ancora arrivare. 

Che si tengano pure stretta la loro statista Maria Elena Boschi.
Io mi considero da oggi ufficialmente prigioniera politica.
Di una politica che non ho scelto ma mi è stata imposta da chi avrebbe dovuto garantire il popolo sovrano e la Costituzione, non il solito manipolo di privilegiati, incapaci e spesso disonesti che si sono alternati in parlamento in questi ultimi tre anni, che quella Costituzione vogliono smantellare perché intralcia i loro progetti criminali di devastare questo paese fin dalle sue fondamenta, nate sul sangue di chi per questo paese immondo e sciagurato, è morto.

Come ho già scritto nei giorni scorsi una maggioranza come quella di Renzi non potrebbe decidere nemmeno il colore delle tende da sole in un condominio, e invece le si permette di scardinare la Costituzione e la legge. Lo stato.
Basta così. Il mio voto non può valere quanto quello di chi dà il suo a scilipoti perché il suo partito poi gli garantisce assistenza a livello comunale e regionale col clientelismo e la mazzetta. E nemmeno quanto quello di chi ha votato Renzi dietro la spinta di una propaganda da regime non democratico. No, il suffragio universale è stato un danno, dare la possibilità di scegliere i governanti a chi non sa mettere due parole in fila né articolare una riflessione, un ragionamento sulla politica e non conosce nemmeno dieci articoli della Costituzione è tutto quello che ci ha portato fino a qui. Io considero gli elettori di scilipoti, di berlusconi e di Renzi, miei nemici, punto e basta. Dieci milioni di persone, molte delle quali pensanti per conto terzi, cioè della propaganda di tutti questi mesi non possono decidere per gli altri cinquanta. Non possono.

 Ci  vorrebbe un bel modo per ringraziare tutti quelli che si sono attivati, che hanno messo tutto quello che avevano per rendere facile l’ascesa al governo del bugiardo seriale 2.0.
Quelli che da tanti mesi e ancora e tutt’ora cercano in tutti i modi di far credere agli italiani che quello che abbiamo in parlamento è il meglio a cui si poteva ambire.
Quelli che ripetono “o così o la catastrofe” da più di tre anni, dall’avvento del signore in loden e delle signore tacco 5.
Quelli che ringraziano Napolitano, autore e sceneggiatore di questo orrore a ciclo continuo che vedrà il suo coronamento nella cessione definitiva del nostro paese a quelli che hanno i soldi per comprarsi il paese e dunque noi. Cosa che non preoccuperà certamente chi ha contribuito a scarnificare l’Italia fino ad arrivare all’osso.
Quelli che fino a qualche anno fa erano in prima linea ad opporsi ad un criminale che faceva strame di un paese per aggiustarselo a sua immagine e somiglianza ma oggi sono tutti lì a guardare con tenerezza il suo figlioccio naturale che ci fa lingua in bocca dopo averne dette di ogni su di lui,  su quelli che il signorotto toscano aveva promesso di togliere di mezzo con quella leggendaria rottamazione che ha sedotto e abbindolato chi gli ha dato fiducia prima alle primarie e poi alle elezioni europee ma davanti ai quali s’inchina per opportunismo politico.
Ringrazio Repubblica trasformatasi nel tempo nel più pericoloso veicolo di propaganda governativa: ad Eugenio Scalfari, Ezio Mauro e trombettieri al seguito in quel di Largo Fochetti sono andati bene tutti, prima Monti poi Letta e adesso Renzi.
Nemmeno l’ombra di quello che dicevano e scrivevano su berlusconi; l’Unità che per lo stesso motivo, ovvero rinunciare ad essere un giornale di e per tutti ma scegliendo di essere l’organo ufficiale dell’eterno inciucio fra la cosiddetta sinistra e berlusconi ha preferito arrivare al fallimento salvo poi accusare fantomatici colpevoli di non aver fatto nulla per evitarlo. 

E naturalmente, pur non votando i 5S ringrazio particolarmente tutti quelli che hanno costruito il duce del terzo millennio facendo credere che le parolacce, quella forma sì, spesso sbagliata, fossero i veri pericoli per questo paese, mentre il pericolo, quello vero, veniva riconfermato al suo posto con giubilo bipartisan.

 

Non perdonerò mai i responsabili di queste infamità a getto continuo.

Politici, giornalisti, gente che va in televisione a rincoglionire altra gente che poi va a votare come se andasse a scegliersi un vestito nuovo: nessuno.
I miei genitori sono morti portandosi dentro il sogno, la speranza che berlusconi se ne andasse, almeno dalla politica, prima di loro.
E questo io non lo dimenticherò mai, mai dimenticherò mia madre che quando lo vedeva in televisione cambiava canale.
Assassini di sogni, ecco che sono, dell’idea di un paese appena un po’ normale dove i padri e le madri non muoiono pensando che lasciano figli e nipoti in balia di un delinquente e dei suoi complici.

Riforme, via libera al Senato dei nominati
Dissidenti Pd e Fi non votano, M5S fuori

Palazzo Madama approva in prima lettura il ddl Boschi. Tiene asse con Forza Italia, ma i dem perdono
pezzi. Lega e Sel non partecipano. Renzi assente dice: “Nessuno può più fermare il cambiamento”.

Un giorno di ordinaria Italia
Marco Travaglio
L’altroieri, mercoledì 6 agosto, pareva una giornata come tante altre. Il Senato era impegnatissimo a votare a tappe forzate, h24, la propria trasformazione in bocciofila per consiglieri regionali e sindaci inquisiti. Il presidente del Consiglio si godeva le reazioni alla sua intervista settimanale a Repubblica contro i terribili gufi e intanto twittava a tutta randa contro i terribili gufi. Il sinistro dell’Interno Angelino Jolie tentava di provare la sua esistenza in vita espellendo il pericolosissimo imam di San Donà de Piave. Il Corriere della sera pubblicava un editoriale di Aldo Cazzullo dall’azzeccatissimo titolo “Come disperdere un patrimonio” che faceva pensare a una sacrosanta reprimenda a Renzi per i 7 miliardi buttati nel cesso per comprarsi milioni di voti a 80 euro l’uno: ma poi si scopriva che il ragazzo tornato dal Brasile, smaltiti il jet lag e la saudade, ce l’aveva con Grillo e i 5Stelle, senza i quali l’Italia sarebbe la locomotiva d’Europa, ma che dico d’Europa?, del mondo. Giornali e tg erano tutti intenti a illustrare le idee delle ministre Boschi e Madia, doppio ossimoro.

E menavano scandalo perché in Germania Bernie Ecclestone l’ha fatta franca in un processo per corruzione pagando la modica cifra di 100 milioni di euro, tacendo il fatto che in Italia corrotti e corruttori la fanno franca senza sborsare un euro. Gettonatissimo il nuovo gioco dell’estate, destinato a soppiantare l’hula-hoop e il cubo di Rubik: la Riforma della Giustizia del ministro Orlando.

Poi, nell’arco di alcune ore mattutine, sono giunte tre notizie all’apparenza sganciate fra loro.

1) Il vertice di 3 ore a Palazzo Chigi fra il giovane premier e un anziano pregiudicato ai servizi sociali per discutere di Costituzione, legge elettorale col contorno di soglie e preferenze, ma anche di come rimettere in ordine i conti pubblici e rilanciare l’economia, ma anche di giustizia, ma anche di quella culona della Merkel colpevole di tutto, ma anche di Milan e Fiorentina.

2) Il seminario tenuto un mese fa all’università La Sapienza di Roma da Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, imputato per l’omicidio di 33 persone e dunque invitato dalla cattedra di Psicopatologia forense a illustrare le più avanzate tecniche di “gestione del panico”.

3)Il rapporto Istat sull’Italia in recessione, con il Pil a -0,1% nel primo trimestre e a -0,2 nel secondo (quello dei balsamici 80 euro), e l’immediato crollo della Borsa.

Conseguenze della notizia n.1: nessuno stupore, nessuna indignazione per la lectio magistralis del condannato per frode fiscale e imputato per corruzione al premier che dovrebbe combattere le frodi fiscali e la corruzione e riformare la giustizia. Anzi, giusto così.

Conseguenze della notizia n.2: unanime sdegno per la lectio magistralis dell’ex comandante Schettino, al momento solo imputato e non ancora condannato.

Conseguenze della notizia n. 3: il premier Renzi dice “me l’aspettavo”. Era tutto astutamente calcolato.

Quando annunciava che gli 80 euro avrebbero dato “uno choc ai consumi” e gonfiato prodigiosamente il Pil fino all’1% o quasi, scherzava: lui l’aveva fatto apposta per portare il Pd al massimo storico e l’economia italiana al minimo storico degli ultimi 14 anni, così i gufi imparano. Intanto il ministro dell’Economia dice “spendete gli 80 euro” ai fortunati vincitori, e riesce persino a restare serio. L’agenda non cambia: il governo ha sempre ragione, è l’economia gufa che non capisce le slide. E niente panico, come direbbe Schettino. Anzi “avanti così più in fretta”: il Parlamento resterà intasato per altri mesi per abolire l’elezione dei senatori e far nominare i deputati dai partiti, perché ce lo chiede il Pil, e naturalmente l’Europa. Casomai servisse, il pregiudicato che per 11 anni su 20 ha fatto di tutto per affondare la nave e alla fine c’è quasi riuscito promette al premier che a un cenno convenuto tornerà a bordo e gli darà una mano a completare l’opera. Renzi ringrazia, ma confida di riuscirci da solo. Intanto, fa l’inchino.

Vergogna, manco a parlarne

Sottotitolo extrapost: fra tutti quelli che sono insorti per l’uno due di minchiate di Tavecchio ce ne fosse stato uno che abbia ribadito l’inadeguatezza del bifolco cialtrone per il motivo più importante, ovvero le sue cinque condanne penali per reati di ordine fiscale e tributario.
Di quelle non si parla, perché poi diventerebbe difficile spiegare come è potuto succedere che uno così abbia potuto fare – oltre agli altri e importanti incarichi che gli sono stati affidati [ad uno così] – anche il consulente del ministero dell’economia.

Matteo Renzi il 14 febbraio 2013 disse: “tecnicamente tutto è possibile, ma l’immunità sarebbe un errore clamoroso. Non abbiamo bisogno di dare qualche garanzia in più ai parlamentari, ma di farli diventare sempre più normali”. Andando a ritroso di due anni, sempre a febbraio, si vede che è un mese che ispira,  troviamo un’altra dichiarazione del Matt’attore,  22 febbraio 2011: “l’immunità parlamentare è una barzelletta, sono contrario. Reintrodurla sarebbe un errore clamoroso”.

Lo “strumento pensato dai costituenti”, ovvero l’immunità secondo il piddino Zanda, non era stato pensato per immunizzare ladri, mafiosi, corruttori e delinquenti  che commettono reati di criminalità comune.
I padri costituenti nella loro lungimiranza infinita pensarono che fosse opportuno riparare il parlamento principalmente dal rischio del reato di opinione così come è ben specificato nell’articolo 68, ovvero che nessuno dei parlamentari dovesse mai rischiare di venire incriminato per aver detto qualcosa nell’esercizio delle sue funzioni.

Giustificare questa porcheria con l’alibi della Costituzione significa essere disonesti e bugiardi non solo nel metodo e nel merito ma anche storicamente, sminuire l’importanza e il valore della Costituzione.
Significa rendere invisa la Costituzione facendo credere che sia l’ombrello per riparare la delinquenza comune a chi pensa che ladri, corruttori e criminali comuni non debbano stare in parlamento ma in una galera come tutti quelli che relativamente ad altri ambiti e altre categorie sociali e lavorative, commettono dei reati.

SI TENGONO L’IMMUNITÀ (Wanda Marra)

A PALAZZO MADAMA LA RELATRICE FINOCCHIARO DIFENDE LO SCUDO. IL MINISTRO BOSCHI (CHE AVEVA DETTO DI VOLERLO TOGLIERLO) NON FIATA.

 

 I lor signori, ma anche le signore ché si sa, le donne lo fanno meglio e Anna Finocchiaro in questa ed altre occasioni ha fatto in modo che il concetto si capisse bene,  vogliono l’immunità nel parlamento ma poi non sono capaci di cacciare dai partiti gli elementi di disturbo come consigliava anche Paolo Borsellino, ricordato con ipocrisia e finta commozione ogni 19 luglio anche da chi sta permettendo che si faccia strame delle regole fondamentali di una democrazia, ovvero quel capo dello stato che dovrebbe essere il garante della Costituzione, non il primo ispiratore della sua devastazione.
Invece i partiti se li tengono tutti, indagati, inquisiti, imputati e anche condannati perché, ça va sans dire, questo è il paese del garantismo tout court. Nessuno è colpevole fino al terzo grado e in qualche caso, uno nella fattispecie, nemmeno dopo quello.

Il 23 giugno scorso nessuno, specialmente la ministra Boschi che dà dei bugiardi agli altri, a chi almeno ci prova ad opporsi alle schifezze a ciclo continuo proposte e purtroppo realizzate dal governo degli abusivi si voleva assumere la responsabilità di aver rimesso l’immunità in agenda, come se da questa dipendesse il miglioramento delle condizioni di un paese disastrato,  mentre nessuna delle cosiddette riforme di Renzi avrà poi qualche ricaduta positiva fra le cose che contano: una su tutte quella crisi del lavoro che ha impoverito i tre quarti d’Italia a cui non frega un beneamato cazzo della riorganizzazione della casta visto che non sarà questa a restituire dignità e la sicurezza del pranzo e la cena nella stessa giornata, possibilmente.

E, mentre si votano l’autoautorizzazione a delinquere depotenziano l’azione della magistratura con quella responsabilità civile che significherà sanzioni pesanti per i giudici che sbagliano, un provvedimento che però chissà perché  non è mai stato pensato per i politici che hanno devastato questo paese. 

L’unica cosa veramente rottamata, e definitivamente demolita da Renzi è quella fiducia che Napolitano e Laura Boldrini avevano promesso di restituire agli italiani per evitare il rischio della deriva populista. Sono dei bugiardi, tutti, né più né meno della feccia dei delinquenti,  fascista e razzista con cui il pregiudicato  ri-costituente ha riempito nel tempo  il parlamento.
Vergogna, manco a parlarne.

La Repubblica e la Gazzetta dello Sport aumentano di dieci centesimi, ce ne vorranno addirittura venti in più per ambire alla lettura dei pregiatissimi buongiorni gramellineschi su La Stampa e per Il Secolo XIX le cui quote di maggioranza se le è aggiudicate quel che resta della famiglia Agnelli nella persona di John Elkann, che in una spericolata operazione di inchiostro fuso ha gemellato la testata torinese e quella genovese. Repubblica giustifica l’aumento quale “misura indispensabile per la qualità dell’informazione”. Nell’euro e trenta la qualità evidentemente non ci stava.

Guapparia
Marco Travaglio
Pur con i metodi spicci che abbiamo descritto, Renzi ha stravinto in pochi giorni la prima battaglia contro l’opposizione sulla cosiddetta riforma del Senato. Ora, per vincere la guerra, deve sperare che la sua legge costituzionale passi senza modifiche alla Camera e poi, dopo tre mesi di pausa, di nuovo al Senato e alla Camera. Dopodiché, se non avrà raggiunto i due terzi, i cittadini voteranno nel referendum confermativo (che non è, come credono lui e la Boschi, una gentile concessione del governo, ma un diritto previsto da quel che resta della Costituzione). La “riforma” – stando ai sondaggi – interessa non al 40,8%, ma al 3% degli italiani e in venti giorni ha raccolto il No di 210mila amici del Fatto. Ma, come si dice, contento lui… In politica però non basta vincere. Bisogna saper vincere, impresa ancor più ardua del saper perdere. E Renzi, con l’intervista di ieri a Repubblica, dimostra di non saper vincere.

Anziché riconoscere cavallerescamente l’onore delle armi ai suoi avversari, fra i quali militano alcuni fra i migliori intellettuali e costituzionalisti, ha seguitato a insultarli con un linguaggio guappesco a metà strada fra il bar sport e la curva sud (“gufi professori, gufi brontoloni, gufi indovini”). E pure minaccioso: “Parte dell’establishment che non sopporta il mio stile. Ma verrà il giorno in cui si potrà finalmente parlare delle responsabilità delle élite culturali nella crisi italiana: professori, editorialisti, opinionisti”. Stile? Quale stile? E cosa gli impedisce oggi di denunciare le responsabilità delle élite culturali, visto che le insolentisce da mesi a ogni pallida critica. Il bello è che il bullo si dipinge come un premier assediato, solo contro tutti, mentre è il più omaggiato e leccato dai poteri forti e dalla stampa al seguito che si sia mai visto: nemmeno il suo socio B. aveva goduto di consensi così oceanici nell’Italia che conta, oltreché in Parlamento. Il sopravvivere di alcuni pensatori critici è un’anomalia solo per il fatto che essi siano così pochi. Le responsabilità dell’intellighenzia nella crisi italiana esistono, e sono gravi, ma esattamente opposte a quelle indicate da lui: il guaio in Italia non è l’eccesso, ma il deficit di controcultura rispetto al potere. Il fatto che non lo capisca o finga di non capirlo è allarmante, perché la democrazia è anzitutto rispetto e tutela delle minoranze. Che significa “verrà il giorno”? Cosa intende fare quel giorno ai dissenzienti? Fustigarli sulla pubblica piazza? Metterli alla gogna? Ripristinare l’Indice dei libri proibiti? La Guapparia alla fiorentina dilaga per li rami dal Capo ai suoi sottopancia, con episodi di bullismo ancor più tragicomici dei suoi. L’altro giorno Benedetta Tobagi ha osato aderire all’appello del Fatto contro la svolta autoritaria. E subito tal Lorenza Bonaccorsi, membro della Vigilanza per il Pd, le ha inviato un pizzino degno di Gasparri: “La consigliera trova il tempo di attaccare la maggioranza di governo, anziché occuparsi di quanto accade in Rai. Altro che aderire a campagne politiche di parte che nulla hanno a che vedere col ruolo affidatole dal Parlamento”. Capito il messaggio? Cara Tobagi, siccome il Pd ti ha messa nel Cda, smetti di pensare con la tua testa e pensa invece a turibolare il partito e il governo come tutti gli altri. Miglior conferma della svolta autoritaria non poteva arrivare. Intanto Sabina Guzzanti anticipava il suo film La Trattativa, in programma al Festival del Cinema di Venezia. Nuovo pizzino pidino, firmato dalla stessa Bonaccorsi e dai suoi sodali Gelli (ma sì), Magorno, Oliverio e Anzaldi (quello che protestò perché Virginia Raffaele osava imitare Monna Boschi). “Il film della Guzzanti appare decisamente irrispettoso del simbolo della Repubblica, con al centro un uomo con coppola e lupara: un modo per accomunare l’intero Paese alla cupola mafiosa che offende e appare decisamente fuori luogo”. Se Renzi non richiama subito i rottweiler, qualcuno si chiederà: a quando il ripristino del Minculpop? Ma poi si morderà la lingua, perché al confronto di questi bulletti il Minculpop era roba seria.

 

Gufi, canguri e conigli

 

Un paese in balia di una banda di ricattati e ricattatori che votano o non votano in base alle promesse che si fanno, a quello che possono guadagnare da qualcuno o togliere a qualcuno votando in un modo o in un altro.
Un governo che alla prova del voto segreto rivela tutta la sua consistenza di cartapesta.
Un presidente del senato che vista la malparata scappa. I temi etici affidati ad un emendamento della lega razzista e xenofoba.
Ma dove andiamo con questi?

Voto segreto al Senato, maggioranza sotto
Riforme, Pd: “La ricarica dei 101 traditori”

Passa un emendamento della Lega Nord sulla competenza sui temi etici delle Camere. M5S: “Ora Palazzo Madama dovrà essere elettivo”. Con il voto palese bocciata riduzione del numero dei deputati.

 

La domanda è pertinente, solo, ci vorrebbe un giornalista che gliela formulasse: Renzi chiarisca perché vuole un senato composto da persone non scelte dal popolo ma nominate dalla casta che poi non avranno nessuna facoltà di modificare il percorso delle leggi, correggerle, così come serve adesso a lui che ha detto di voler affidare proprio al senato che vuole abolire perché inutile [secondo lui]  l’ultima rilettura della porcata remix che ha concordato col delinquente condannato. 

 Perché la sensazione è che Renzi non voglia abolire il senato ma trasformarlo nella camera di sicurezza di indagati e imputati dei quali la politica non vuole, ma più che altro non può liberarsi. La riforma, cosiddetta, del senato non avrà nessuna ricaduta positiva sull’economia disastrata di questo paese, non creerà lavoro né occupazione, non farà aumentare di un euro il PIL.  In un  paese in stato comatoso  grazie a politiche criminali spacciate per il giusto rimedio alla crisi – pena la miseria, il terrore, la morte e il pianto di Gesù –  dove è stato devastato lo stato sociale, quello dei diritti, del lavoro, della casa, dell’istruzione, della sanità,  dove la pressione fiscale ha raggiunto e sfondato il muro di ogni suono rendendo impossibile ai cittadini che hanno ancora la fortuna di avere un lavoro di essere semplicemente onesti, la priorità di un governo che è lì perché avrebbe dovuto occuparsi di risolvere le emergenze,  non certo di demolire la Costituzione a immagine e somiglianza di un delinquente e di uno sbruffone miracolato,  non può e non deve essere la riorganizzazione della casta. Per le riforme che piacciono a  Napolitano, Renzi e al delinquente seriale  ci vuole un parlamento eletto dalla gente. Diversamente, nessuno dovrebbe azzardarsi a toccare la Costituzione senza l’autorizzazione del popolo che, se non ricordo male, in Italia dovrebbe essere sovrano, non schiavo o suddito. In un paese normale una maggioranza come quella di Renzi, non potrebbe decidere nemmeno il colore delle tende dei terrazzi di un condominio. Ma questo, la cosiddetta informazione si guarda bene dal raccontarlo agli italiani.

Rodotà: «Renzi aizza tutti contro le camere»

Riepilogando: un parlamento di eletti da nessuno, presenti in sede grazie ad una legge illegittima a cui la Corte, quando ha proclamato l’incostituzionalità della legge elettorale ha consentito di farsi carico unicamente della tenuta dello stato, non del suo stravolgimento, si autoproclama avente diritto alle riforme della Costituzione, l’ombrello grazie al quale questo paese poteva ripararsi proprio e soprattutto dal rischio dell’uomo al comando.

La Costituzione è nata per questo, per evitare a questo paese di poter rischiare di nuovo un regime autoritario e ancorché sanguinario qual è stato quello fascista.
E il garante della Costituzione che fa? Invece di riparare la Scrittura si mette dalla parte di chi la vuole demolire che a sua volta, per la buona riuscita dell’impresa, ha chiesto la collaborazione di un plurindagato e un pregiudicato.

Il tutto facendosi scudo col mantra ripetuto compulsivamente da Matteo Renzi e la sua corte al seguito che questo è ciò che gli hanno chiesto gli italiani, cosa assolutamente non vera.
Perché gli italiani non hanno votato nessuno a cui affidare la loro sorte.
Renzi non è lì per una scelta popolare ma per una manovra di palazzo che ha fatto diventare vincitore di checazzoneso uno che aveva vinto solo le primarie del suo partito e fatto diventare maggioranza di governo il partito che solo in seguito ha vinto delle elezioni, ma europee, non nazionali.

Il governo di Renzi – caravanserraglio di larghe intese con dentro loschi figuri come un ministro dell’interno che ha consentito e organizzato due sequestri di persona ma nessuno gli chiede di lasciare il suo posto – non ha nessuna autorità conferitagli dal popolo che gli consenta di mettere le mani sulla Costituzione, unica garanzia rimasta per i cittadini che può evitare a questo paese il tracollo definitivo.

Tutto il potere che il governo di Renzi si vanta di avere non l’ha avuto tramite elezioni regolari ma per volere di Napolitano che sarà nominato Re quando eventualmente tornerà la monarchia, per il momento la repubblica italiana è ancora in mano ai cittadini, non ad un club privé di scambisti di poltrone.

Smacchiare il canguro
Marco Travaglio

Il guaio, per Renzi e l’allegra compagnia di ventura che sta cercando di scassare il Parlamento per scassinare la Costituzione, è che sopravvivono in Italia alcuni putribondi figuri che la Costituzione l’hanno letta, e persino capita. Giuristi, intellettuali disorganici, artisti, semplici cittadini che stanno contribuendo al successo dell’appello del Fatto, giunto a 200mila firme in due settimane. L’altroieri ha aderito Gherardo Colombo, ex pm, ora presidente della Garzanti e membro indipendente del Cda Rai, impegnato da anni in un giro delle scuole e dei teatri per spiegare la Costituzione. Nell’intervista a Silvia Truzzi, Colombo si è permesso – con il suo ragionare pacato, rispettoso e argomentato – di appellarsi al presidente della Repubblica, che ha giurato non una, ma due volte sulla Costituzione: quella del 1948, non un’altra. E ha osato ricordare il percorso ideologico di Giorgio Napolitano, che fino ai 20 anni fu fascista, poi comunista dal novembre ‘45 (quando fu proprio sicuro che Mussolini fosse morto), stalinista e filosovietico nel ‘56 con l’imbarazzante elogio dei carri armati dell’Armata rossa che schiacciavano nel sangue la rivolta d’Ugheria, ma anche nel 1964 quando esaltò l’espulsione e l’esilio di Solgenitsin e nel 1969 quando partecipò all’espulsione dei compagni del Manifesto che osavano criticare Mosca per la repressione della Primavera di Praga, e infine divenne filocraxiano nei primi anni 80, attaccando frontalmente Berlinguer, reo di insistere troppo sulla “questione morale”. Colombo ricorda le radici del “centralismo democratico” e del “primato della politica” (cioè del partito e poi dei partiti), per spiegare l’appoggio del Colle al disegno antidemocratico Senato & Italicum e alle tagliole & canguri antidemocratici imposti da Grasso al Senato. E le reazioni da destra, centro e sinistra è un piccolo trattato su com’è ridotta la democrazia in Italia: la miglior conferma alle tesi di Colombo. Sul Corriere, il corazziere Paolo Franchi freme di sdegno perché Colombo “da magistrato ai tempi di Mani Pulite proponeva a se stesso e ai suoi col- leghi di ‘rovesciare l’Italia come un calzino’. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.
Forse confonde Colombo con Davigo, che peraltro non propose mai di “rovesciare l’Italia come un calzino”: fu accusato di volerlo fare da Giuliano Ferrara. Il fatto poi che la corruzione sia sopravvissuta all’inchiesta su Tangentopoli non è certo colpa del pool di Milano (“i risultati sotto gli occhi di tutti”): a meno che Franchi non ritenga che la sopravvivenza della mafia sia colpa del pool di Falcone e Borsellino. Non contento, Franchi si avventura poi nella difesa del passato più indifendibile di Napolitano, dando a Colombo del “cocomeraio” che fa “un’immangiabile marmellata di marcia su Roma, Stalin, Ungheria” e accusando Silvia Truzzi di non avergli domandato che c’entri tutto ciò con la riforma costituzionale. Se sapesse leggere, il corazziere scoprirebbe che la nostra giornalista quella domanda l’ha fatta, e Colombo ha risposto. Se poi a Franchi la risposta non garba, affari suoi. Ma non si comprende cosa voglia, anzi lo si comprende benissimo: vorrebbe che ci allineassimo al giornalismo italiota, che censura i fatti per non disturbare il manovratore. Come Massimo Bordin del Foglio, che dipinge Colombo come un rampollo dell’“élite milanese che negli anni 60-70 trovava posto dietro i ritratti di Stalin portati in processione da Capanna”: forse lo confonde col suo direttore Ferrara, lui sì ex comunista togliattiano. Il meglio però lo dà il fu Giornale, che registra una ridicola nota del Quirinale: “La storia del presidente parla da sola” (appunto). E riprende le tragicomiche difese d’ufficio dei pidini, letteralmente sgomenti dalla comparsa di un uomo libero. Miguel Gotor invita Colombo a “rileggersi la biografia di Napolitano” (riappunto). E tale Stella Bianchi trova “impossibile che quelle frasi inaccettabili vengano da un uomo delle istituzioni”. Giusto: un uomo delle istituzioni dovrebbe usare la propria libertà di parola solo per incensare chi comanda. Resta da capire la differenza fra le istituzioni e Cosa Nostra.

Fermiamo i ladri della democrazia

E’ vero che Renzi non viene disturbato dall’informazione mainstream abituata alla posizione a 90 di fronte a qualsiasi potere tenga aperti i rubinetti dei vari finanziamenti, ma è anche vero che nemmeno la societá civile riunita sotto gli ombrelli delle associazioni fa un plissè. Il popolo viola come le “senonoraquandiste” evidentemente soddisfatte di avere la loro bandiera seduta alla Camera e la giusta percentuale di quote rosa al governo. 
Quindi non serve più chiamare la piazza per difendere il paese dall’immoralitá criminale di berlusconi. Non fa paura nello stesso modo Renzi che sta cazzeggiando con la democrazia con l’intenzione di violare la Costituzione insieme ad un pregiudicato e ad un imputato molto più di quanto sia riuscito a fare berlusconi stesso.

***

 

Le controriforme dell’Italicum e del Senato, concordate dal governo con il pregiudicato Berlusconi e il plurimputato Verdini consentono a un pugno di capi-partito di continuare a nominarsi i deputati, aboliscono l’elezione dei senatori ed espropriano i cittadini della democrazia diretta: i referendum (non più 500mila, ma 800mila firme) e le leggi di iniziativa popolare (non più 50mila, ma 250mila firme). Chiediamo ai presidenti Napolitano, Grasso, Boldrini e Renzi di sostenere solo riforme che rispettino lo spirito dei Costituenti, per una vera democrazia partecipata
Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez e la redazione del Fatto Quotidiano

NO AI LADRI DI DEMOCRAZIA – FIRMA
In un’ora già oltre cinquemila adesioni

Patto del Nazareno e Senato dei nominati: piduisti a loro insaputa – Marco Travaglio

 

Contro i nominati in Parlamento e referendum limitati: petizione per riforme dalla parte dei cittadini
10 IDEE PER ISTITUZIONI DAVVERO PARTECIPATE – DI’ LA TUA SULLE PROPOSTE DEL FATTO

“Nei confronti del mondo politico occorre… usare gli strumenti finanziari… per l’immediata nascita di due movimenti: l’uno sulla sinistra… e l’altro sulla destra… fondati da altrettanti clubs promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile. Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà e tendenzialmente disponibili per un’azione politica pragmatistica, con rinuncia alle consuete e fruste chiavi ideologiche”. Così scriveva Licio Gelli nel Piano di Rinascita Democratica, elaborato intorno al 1976 con l’aiuto di alcuni “saggi” e sequestrato nell’82 a Fiumicino nel doppiofondo della valigia della figlia Maria Grazia.

Quanto al Parlamento, il capo della P2 sfoderava una gamma di proposte davvero profetiche. “Ripartizione di competenze fra le due Camere” con due “nuove leggi elettorali diverse: per la Camera di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco)”; e – udite udite – “per il Senato di rappresentanza di 2° grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali”. Uno spettacolare caso di telepatia vuole che proprio questo sia il “Senato delle Autonomie” inventato da Renzi & B: Camera elettiva, ma fino a un certo punto (l’Italicum, con le liste bloccate dei deputati nominati, rende il Piano di Gelli un tantino troppo democratico); e Senato con elezione di “secondo grado”, cioè con i consigli regionali che nominano senatori 95 fra consiglieri e sindaci. Il Maestro Venerabile meriterebbe almeno il copyright. Anche per l’idea di espropriare il Senato del voto di fiducia: “Modifica della Costituzione per stabilire che il Presidente del Consiglio è eletto dalla Camera” e “per dare alla Camera preminenza politica (nomina del Primo Ministro) e al Senato preponderanza economica (esame del bilancio)”. Qui però i venerabili allievi Matteo e Silvio vanno addirittura oltre: la Camera vota in esclusiva la fiducia al governo del premier-padrone della maggioranza, e il Senato non vota più neppure il bilancio.

Poi accolgono in toto un’altra geniale intuizione gelliana: “Stabilire che i decreti-legge sono inemendabili”. Fatto: inserendo in Costituzione la ghigliottina, sperimentata da Laura Boldrini contro l’ostruzionismo 5Stelle sul decreto Bankitalia che regalava 4,5 miliardi alle banche, i decreti del governo andranno obbligatoriamente approvati entro 60 giorni, con tanti saluti agli emendamenti e all’ostruzionismo dell’opposizione, relegata a un ruolo di pura testimonianza. Il tutto – come auspicava il profeta Licio – con l’apposita “modifica (già in corso) dei Regolamenti per ridare forza al principio del rapporto maggioranza-Governo, da un lato, e opposizione, dall’altro, in luogo dell’attuale tendenza assemblearistica”.

Nel lontano 1976, prima del boom delle tv locali, Gelli anticipava di un paio d’anni la nascita della tv via cavo Telemilano, poi ribattezzata Canale5 e seguita da Italia1 e Rete4 (“impiantare tv via cavo a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese”). E proponeva di “acquisire alcuni settimanali di battaglia”: cosa che il confratello B., tessera P2 n. 1816, fece nel ’90 comprandosi la sentenza che ribaltava il lodo Mondadori e gli regalava Epoca e Panorama. Quanto all’idea di “dissolvere la Rai-tv in nome della libertà di antenna”, è solo questione di tempo: dopo la rapina renziana di 150 milioni, la crisi di Viale Mazzini non può che peggiorare. 
Per mettere in riga le toghe, Gelli auspicava “la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati”: che arrivò con la legge Vassalli del 1988, dopo il referendum craxiano; ma ora si prepara un nuovo giro di vite.

Meno male che il berlusconismo era finito nel 2011. Dopo vent’anni di piduisti doc, ora abbiamo i piduisti a loro insaputa.

Impuniti e impunibili, per legge

La Finocchiaro non si vergogna a mettere la sua faccia e il suo nome accanto a quelli di calderoli, più noto come autore del porcellum, la legge elettorale giudicata successivamente e a danni fatti  incostituzionale che solo per il nome attribuitole dallo stesso autore ha fatto sganasciare il mondo e ridotto questo paese ad una landa ingovernabile; calderoli, quello della maglietta anti islam costata la vita a undici persone durante la protesta e gli scontri davanti all’ambasciata italiana a Bengasi e che è ancora e incredibilmente in parlamento.
La Finocchiaro non si vergogna a mettersi sottobraccio a calderoli della lega ladra, razzista, fascista, omofoba per confezionare l’ennesimo provvedimento salvachiappe eccellenti e delinquenti dei politici italiani.
La Finocchiaro non prova nessun imbarazzo ad accostare le sue generalità a quelle di calderoli che insieme alla lega solo qualche giorno fa ha presentato in parlamento l’emendamento per la responsabilità civile dei giudici, il vero problema di questo paese, non i politici delinquenti che anche il pd si tiene e si è tenuto volentieri in casa.
Il partito democratico, quello dei vorrei ma non posso; che voleva Rodotà al Quirinale ma poi ci ha rimesso Napolitano, che è contro la guerra ma poi compra gli F35, il partito del bene comune ma che poi quando vota in parlamento lo fa per il bene di qualcuno, ad esempio le banche.
Il partito democratico, quello dell’opposizione rigida a berlusconi ma poi se lo tiene caro anche da pregiudicato perché come c’insegna Maria Elena forza Italia ha milioni di elettori.
Il partito democratico, quello di Renzi, del daspo ai politici che rubano e corrompono ma poi non trova niente di strano e di sbagliato nel far sedere al tavolo della politica il più ladro e corruttore di tutti.
Anna Finocchiaro, ex magistrato, che non trova niente di strano e di sbagliato, né pensa che sia il caso di vergognarsene nel mettere la firma ad una legge che vuole trasformare in innocenti e impunibili più di quanto lo siano già anche i colpevoli in spregio e sfregio dell’articolo 3 della Costituzione.

Anna Finocchiaro: quella del bacio e dei complimenti a schifani, e forse di lei bastava scrivere solo questo.

 

Immunità Senato, a pensar male si fa peccato

berlusconi continua a dettare l’agenda politica al capitolo che più gli interessa, ovvero la giustizia, e a Renzi questo va benissimo perché con l’appoggio di b. potrà fare le riforme , compresa quell’immunità che non interessa solo al partito del delinquente incallito ma un po’ a tutti, considerati i recenti fatti di tangenti e corruzione al pd un po’ tanto.
Un bel modo di fare politica, mai visto peraltro, non c’è che dire.
E meno male che Renzi è il nuovo che avanza.

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Anna Finocchiaro smentisce il governo
“Su immunità sapeva ed era d’accordo”

Il tentativo di rendere impunibili i reati dei politici che nella totalità dei casi attuali non sono reati attinenti al ruolo, l’articolo 68 era stato pensato per questo, non certo per proteggere il politico connivente con mafie e criminalità, quello che corrompe giudici per appropriarsi di una casa editrice [uno a caso: il solito] è il paletto che inchioda il parlamento da una ventina d’anni, anche qualcosina di più.
Tentativi che si sono ripetuti non solo coi governi di berlusconi che è stato il diretto interessato più interessato di tutti ma anche col sobrio governo dei tecnici eleganti che, per mezzo dell’ex ministra Severino che di mestiere fa l’avvocato e che si è onorata di difendere quei galantuomini dei Riva proprietari del velenificio autorizzato dallo stato che è l’Ilva, confezionò una ridicola legge anticorruzione perché ce lo chiedeva l’Europa, che però chiedeva una legge seria e che scoraggiasse davvero il reato che, insieme all’evasione è quello che più di tutti danneggia la collettività. Perché se dove devono guadagnare in due poi si deve trovare il modo di far guadagnare più gente, quella che “agevola”, è chiaro che nella sfera del pubblico chi ci rimette poi sono i soliti stronzi, ovvero noi.
Arrivare all’oggi, al governo del globetrotter toscano, quello che aveva promesso di sbaragliare tutte le vecchie abitudine della politica, perlopiù le pessime e rendersi conto che l’autosalvataggio della casta è ancora il primo problema della politica significa una cosa semplicissima; che ai piani alti non interessa rinnovare per cambiare ma solo per continuare e perpetuare il sistema che ha ridotto l’Italia a brandelli.
E il fatto che la ministra Boschi ci tenga così tanto a ribadire che la vera alleanza del partito democratico è quella con forza Italia perché berlusconi porta i voti, come se la politica fosse una questione di alleanze e non di serietà, di rinnovamento vero, di restituire fiducia alla gente evitando di mischiarla con la solita delinquenza, quella di prima, quella di sempre, sempre quella, è solo una conferma in più delle cose che in tanti abbiamo scritto in questi mesi.
Mentre il papa scomunica i mafiosi, in parlamento si fanno alleanze con l’amico dei mafiosi.
E nessuno, a parte le solite eccezioni, fa un fiato.

Il Patto di San Vittore – Marco Travaglio, 22 giugno

Finalmente se ne sono accorti. Pidini, forzisti e leghisti, curvi da mesi sul sacro incunabolo della cosiddetta riforma del Senato, si erano dimenticati di dare l’immunità ai nuovi senatori. Ora hanno provveduto: anche i nuovi inquilini di Palazzo Madama, pur non essendo più eletti, non potranno essere né arrestati né perquisiti né intercettati senza il loro assenso preventivo. È l’unica novità di rilievo dell’ultimo testo partorito dal trust di cervelli formato Boschi-Romani-Calderoli, oltre alla riduzione dei senatori da 148 a 100 (5 nominati dal Quirinale e 95 dalle Regioni, di cui 74 fra i consiglieri regionali e 21 fra i sindaci). Restano le assurdità più assurde: saranno abolite le elezioni; i senatori non conteranno nulla nella formazione delle leggi e non voteranno la fiducia al governo (infatti lavoreranno gratis); dovranno dividersi fra le amministrazioni locali e l’impegno romano (un dopolavoro non pagato, ma ben spesato); e dureranno in carica quanto le giunte regionali e comunali di provenienza (dove si vota in ordine sparso, così ogni anno qualche senatore perderà il posto e il Senato diventerà un albergo a ore, con maggioranze e minoranze affidate al caso, anzi al caos).

Finora l’immunità-impunità veniva giustificata in due modi: il Parlamento è lo specchio del Paese che lo esprime, dunque gli italiani, se non vogliono un inquisito a rappresentarli, possono non votare per lui o per il partito che l’ha candidato; il plenum dell’aula non può essere intaccato da un giudice che nessuno ha eletto. Ora anche il senatore sarà un tizio che nessuno avrà eletto (o meglio, sarà eletto per fare il sindaco o il consigliere regionale, non per fare il senatore). E il plenum del Senato sarà continuamente intaccato dalla caduta di questa o quella giunta comunale o regionale. Dunque, in linea di principio, non si vede perché un sindaco o un consigliere regionale eletto senza alcuna immunità debba riceverla in dono soltanto perchè il suo consiglio regionale l’ha promosso a senatore. Ma, nel paese dei ladri, si comprano e si vendono anche i princìpi. Specie se chi, come Renzi, proclama ai quattro venti di voler cacciare i ladri si ostina a riformare la Costituzione con il partito dei ladri (che però – osserva l’astuta Boschi – “rappresenta milioni di cittadini”). 

   Attualmente 17 giunte regionali su 20 sono sotto inchiesta o già sotto processo per le ruberie sui rimborsi pubblici, per un totale di 300 consiglieri inquisiti. E i sindaci indagati non si contano. Se fosse già in vigore la riforma del Senato, anche se volessero, i consigli regionali non riuscirebbero a nominare 95 consiglieri e sindaci intonsi da accuse penali. Ma lo capiscono tutti che la prospettiva di agguantare l’immunità sarà talmente allettante da diventare l’unico criterio di selezione per la carica gratuita di senatore: non appena un consigliere regionale o un sindaco avrà la sventura di finire nei guai con la giustizia, i colleghi – che poi sovente sono i suoi complici – lo spediranno in Senato per salvarlo dalla galera, dalle intercettazioni e dalle perquisizioni. Se no poi magari parla o si fa beccare con il sorcio in bocca. E la cosiddetta Camera Alta del Parlamento diventerà, ancor più di oggi, quel che erano i conventi e le chiese nel Medioevo: un rifugio per manigoldi. Se Giorgio Orsoni, per dire, non avesse commesso l’imprudenza di confessare, accusare il Pd, patteggiare e farsi scaricare da Renzi, ma avesse continuato a negare tutto in attesa del processo, sarebbe ancora sindaco di Venezia, con ottime speranze di farsi nominare senatore dal nuovo consiglio regionale a maggioranza Pd in cambio del suo silenzio.

   Ora però, prima del voto di luglio, alla Grande Riforma mancano alcuni dettagli da concordare con Forza Italia. E B. rischia l’arresto per gli ultimi delirii in tribunale. Sarebbe davvero seccante se Renzi, per rinnovare il patto del Nazareno, dovesse raggiungerlo nel parlatorio di San Vittore e comunicare con il detenuto costituente al citofono, attraverso il vetro antiproiettile, come Genny e donna Imma con don Pietro Savastano. Non c’è un minuto da perdere.