Fannullona sarà lei. Anzi, voi

Tutte le persone che si sono alternate nei governi, li hanno affiancati in qualità di consulenti ufficialmente per migliorare le condizioni di vita, dal lavoro alla salute passando per la scuola non l’hanno mai fatto da persone informate sui fatti. La vita reale non è quella delle lauree, le specializzazioni, i master e il 110 e lode. Non capisce la vita chi gode di una condizione di privilegio, la Fornero come Mieli ma anche la Madia, raccomandata di ferro che ha scoperto di essere stata nominata ministro mentre guardava Peppa Pig che si permette di parlare di aria fritta, aprendo di fatto una polemica utile solo per sviare come al solito l’attenzione dai fatti importanti sapendo che è una polemica che produrrà il solito inutile dibattito e  molti consensi. Il primo quello di Squinzi, presidente di Confindustria. 

Chi dà ragione alla Madia è gente che non sa nulla di quello che avviene nella pubblica amministrazione dove le sanzioni si applicano eccome, così come i provvedimenti disciplinari: allontanamenti, trasferimenti di sede e anche il licenziamento per casi molto meno gravi di quelli che vedono coinvolti  onorevoli e senatori che restano al proprio posto con avvisi di garanzia, rinvii a giudizio e anche condanne: per informazioni chiedere a Denis Verdini, neo padrino costituente, Vincenzo De Luca l’intoccabile e Antonio Azzollini, riparato dalla galera col voto “di coscienza” proprio da quelli che vogliono licenziare gli incensurati. Ma le parole magiche in Italia sono “dipendenti pubblici”, meglio se associate a termini come “fannulloni” e “licenziamento”.  Se il rigore che si pretende dai lavoratori a mille euro al mese e col contratto bloccato da otto anni fosse lo stesso che si chiede alla politica oggi Marianna Madia non sarebbe nemmeno un ministro della repubblica.

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Qualche cenno storico su Marianna Madia

Esodati, Mieli: “Sfortuna che capita, povera Fornero”. E sul M5S: “Loro ricette? Fesserie”

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Secondo Paolo Mieli gli esodati creati dal talento tecnico ma sobrio di Elsa Fornero sono un incidente di percorso, cose che capitano, la poverina è lei che da quando ha messo la sua firma su una legge liberticida, una fucina di miseria e nuove povertà è dovuta emigrare per non essere molestata dalle migliaia di persone che ha fatto incazzare. 

Un po’ come dire che non è colpa dell’ingegnere se i ponti, le strade e i palazzi costruiti secondo il suo progetto crollano: povero ingegnere; oppure non è colpa del medico che sbaglia la cura e la terapia se il paziente muore: povero dottore.
Quando mio figlio a tre anni ha dovuto subire un piccolo intervento chirurgico purtroppo non riuscito bene, al pronto soccorso dove l’ho dovuto riportare d’urgenza una domenica mattina qualcuno mi disse che “non tutte le ciambelle riescono col buco”, come se avessi riportato un capo di abbigliamento fallato a chi me lo aveva venduto.
Ma magari scherzava e io non ho capito.
Lo spirito che anima la dichiarazione di Mieli è lo stesso del papa che si “amareggia”: per Bertone, l’attico, i 200.000 euro sottratti alla beneficenza, tutta la corte ingioiellata che abita al vaticano?
Certo che no, Francesco, il papa “laico” secondo Scalfari e rivoluzionario secondo quasi tutti si amareggia per la fuga di notizie: il problema non sono i comportamenti, le azioni ma come sempre chi porta alla luce contraddizioni, errori e talvolta reati le cui conseguenze poi ricadono negativamente e dannosamente sulla collettività.
Il papa, quello laico e rivoluzionario, invece di dare il benservito a calci in culo ai ladri e bugiardi che si ritrova in casa si addolora per chi fa la spia e in qualche modo cerca di salvare il salvabile com’era già successo col “corvo” di papa Ratzy.
Nella multinazionale della truffa e dell’inganno millenari denominata chiesa cattolica il pericolo arriva da chi denuncia i pericoli, un po’ come nella società reale, nell’Italia sempre ai primi posti nelle classifiche internazionali che la fanno arrivare ultima per decenza, civiltà e correttezza della classe dirigente il pericolo che destabilizza non è la classe dirigente quando fa affari con la criminalità e le mafie, quella che parte per il week end di mercoledì ma poi dà la colpa al senato se le leggi non si riescono a fare e quella che quando fa le leggi è per impoverire, tagliare i diritti, perfino quello alla salute dopo decenni in cui le casse dello stato sono state usate come bancomat dai ladri e truffatori di stato: sono i dipendenti fannulloni da mille euro al mese, un argomento sempre buono per soddisfare la voglia di vendetta dei benaltristi al contrario, quelli convinti che l’opera di moralizzazione debba partire dal basso anche se chi sta in alto è gente che dà tutt’altro che il buon esempio.

Per fortuna dopo l’otto arriva sempre il nove. Anche a marzo

L’otto marzo è maschio e nessuno ha ancora fatto niente per ovviare a questa insopportabile diseguaglianza di genere di un calendario i cui mesi finiscono a maggioranza di “O” e a minoranza di “E”?
Laura Boldrini non ha un calendario sulla sua scrivania?
Basta con la supremazia maschile nei mesi dell’anno, maschio pure lui.
Deve fini’ ‘sta storia.

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Il 97% dei morti sul lavoro sono uomini perché naturalmente la parità sì e ad ogni costo ma sul ponteggio al decimo piano spesso senza le misure necessarie e obbligatorie di sicurezza continuano ad andarci gli uomini; la parità sì, e a tutti i costi ma poi a respirare i veleni nell’acciaieria ci vanno sempre gli uomini.  La parità sì, sempre e comunque ma poi le leggi in materia di separazioni e divorzi continuano a favorire le donne.
Vogliamo le quote rosa non per merito ma per ristabilire la percentuale “tanti uomini tante donne” perché “donna è bello ed è sempre meglio” poi chi se ne frega se tutto quello che porta in dote la ministrA raccomandata è la sua inesperienza e se ne vanta pure.
Continuiamo a farci confondere dalla propaganda femminista sulle “tre donne al giorno che muoiono per mano dell’uomo”, da statistiche gonfiate, pompate per costruire un’emergenza sociale che nei fatti non c’è.
Nelle statistiche sulla cosiddetta violenza di genere viene infilato tutto per poi ottenere la stracitata cifra delle “tre donne al giorno che muoiono per mano di un uomo”. Poi poco importa se quell’uomo è un figlio, un padre, un nipote o il fratello che commette violenze, omicidi per motivi che non hanno niente a che fare col “delitto passionale”.
Oggi la ‘ndrangheta, la mafia più pericolosa e diffusa non solo in Italia ma nel mondo è comandata anche da donne che ordinano omicidi, controllano la spaccio di droga, le donne, quelle angelicate che le religioni hanno relegato a ruoli di second’ordine che trafficano in armi, decidono la vita ma soprattutto la morte anche dei loro amanti quando non servono più ma si continua a diffondere il dogma indiscutibile dell’uomo sempre carnefice e la donna sempre la sua vittima.
Vogliamo il rispetto per le scelte libere ma poi sono proprio certe femministe ad essere contrarie ad un riconoscimento economico per le donne che scelgono di stare a casa, e che saranno poi quelle più a rischio povertà e indigenza in vecchiaia.
Una donna che sta a casa fa risparmiare lo stato, non esige per sé e per i figli quei servizi necessari alle donne che lavorano fuori, i lavori di casa non sono meno usuranti e meno rischiosi di molti che si svolgono fuori, le responsabilità non sono meno onerose, e a “fine carriera” qualcosa le si potrebbe restituire, magari al posto dei noiosissimi discorsi da otto marzo dei presidenti della repubblica, naturalmente uomini.
Ci sono donne che vivono benissimo la loro condizione di manager di se stesse libere di fare, di non fare, di quando e come fare, a differenza della maggior parte degli uomini che non hanno la stessa libertà. Il vero obiettivo condiviso dovrebbe essere finalmente il riconoscimento da parte dello stato e della società che ogni scelta di una donna quando è libera va rispettata e riconosciuta come il proprio impegno sociale anche quando non è condivisa, che una donna che fa solo la moglie, la madre non vale meno della ricercatrice scientifica costretta ad emigrare all’estero perché qui nessuno se la fila o dell’operatrice del call center, dell’operaia della cooperativa purtroppo costrette a svendere il loro tempo tolto alle famiglie per pochi euro l’ora perché questo è tutto ciò che è alla loro portata o che è stato messo loro a disposizione; non tutte abbiamo avuto la costanza e la bravura di Samantha Cristoforetti capace di coronare il suo sogno di bambina che voleva volare fra le stelle e c’è riuscita, la capacità di Rita Levi Montalcini che allo studio e all’impegno ha sacrificato tutta la sua vita, non si è mai lamentata di aver dovuto scegliere se fare la moglie, la madre o la scienziata di eccellenza mondiale, quasi cento anni fa, non ieri o l’altro ieri.

Non si capisce fra l’altro perché molte delle donne sempre in prima linea per il riconoscimento ufficiale della prostituzione quale professione, mestiere, con tanto di contributi e pensione, non mettano poi la stessa energia nella richiesta di un sostegno anche per quelle donne che non hanno messo la carriera e il lavoro in cima alle loro priorità. Valgono forse meno quelle donne che per un lungo periodo della loro vita vanno a letto con un uomo solo?

Ma questo nel paese atrofizzato dall’ignoranza e dalla propaganda non si può dire perché altrimenti si vanificherebbe tutto l’edificio femminista costruito intorno alle donne SEMPRE vittime dei maschi cattivi: perché l’uomo quando è cattivo diventa chissà perché maschio ma la donna è sempre donna: quando è brava e competente, cattiva o un’incapace raccomandata o quando è vittima della società ingiusta che proprio non vuole riconoscere alle donne non la parità ma la superiorità di genere, non COME gli uomini ma MEGLIO degli uomini, DI PIU’ degli uomini. Questo chiedono infatti le famigerate “quote rosa” che non guardano alla competenza e al merito ma ai numeri che poi fanno la percentuale, proprio come ha fatto il giovine podestà in parlamento. 50 e 50, di che, non è dato sapere.

Non si può dire per non smentire tutto ciò che viene propagandato per veicolare la figura e l’immagine della donna sempre indietro, salvo poi fare finta che non esistano quelle donne che una volta raggiunte posizioni di comando si comportano come e peggio dei peggiori uomini. O che non esistano le donne come la Madia che è potuta diventare ministrA senza una sola competenza né un merito ma solo perché indecentemente raccomandata e appoggiata da uomini potenti.
Dove sono le donne che si potrebbero organizzare in un partito, un’azienda, un’impresa a maggioranza femminile visto che numericamente siamo di più, magari al posto di continuare a farsi scegliere da uomini e rivendicare come qualcosa di importantissimo da fare scemenze come la declinazione degli aggettivi al femminile? Le femministe di una volta si battevano per i diritti importanti, quelli che ad averceli cambiavano la vita, non la grammatica e la sintassi.
Ecco perché penso che per tutto questo e per molto altro il mondo sarà un po’ migliore di come è quando non servirà un giorno dedicato per regalare un fiore, una cravatta nuova, per riflettere sulle cose importanti e per chiedere tutto ciò che dovrebbe essere normale avere non “in quanto donne” visto che nascere femmine non è un merito personale né può mai diventare privilegio, ma in quanto persone.
E il primo rispetto le donne dovrebbero avercelo verso di loro, evitare di farsi coinvolgere in campagne artificiali, fatte da chi ci guadagna visibilità, credibilità mediatica e anche soldi.

Illegalità made in Italy

 

Mauro Biani

Chi parla di regolamentare l’immigrazione per evitare che chi viene qui venga ridotto in condizioni di schiavitù passa per razzista. Da dove arrivano questi cinesi? Chi li fa entrare? Dei morti di Prato non si conoscono nemmeno i nomi. Questo di quale progetto di integrazione fa parte? La ministra Kyenge oltre a twittare la sua indignazione per “la dignità violata” che pensa di fare lei che per prima sponsorizza l’immigrazione tout court?  Integrazione non vuol dire che chi viene qui da paesi dove i diritti vengono ignorati e calpestati pensando ad un altro stile di vita possa continuare a vivere e ad agire nello stesso modo in cui lo faceva in quella realtà che ha abbandonato per disperazione. Dovrebbe significare altro che una politica, un governo e uno stato serio devono garantire per tutelare chi arriva ma anche chi c’era già. La quasi totalità dei cinesi che arrivano in Italia non sono nemmeno censiti, nessuno sa chi sono ma tutti sanno che arrivano qui per  contribuire alla concorrenza sleale, a svolgere attività senza la benché minima regola, in condizioni da quarto mondo ma soprattutto senza uno stato che quel rispetto delle regole dovrebbe pretendere così come fa con tutti gli altri.

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“Tutto quello che esiste passa di qui. Qui dal porto di Napoli. Non v’è manufatto, stoffa, pezzo di plastica, giocattolo, martello, scarpa, cacciavite, bullone, videogioco, giacca, pantalone, trapano, orologio che non passi per il porto. Il porto di Napoli è una ferita. Larga. Punto finale dei viaggi delle merci. Le navi arrivano, si immettono nel golfo, avvicinandosi alla darsena come cuccioli a mammelle, solo che loro non devono succhiare, ma al contrario essere munte. Il porto di Napoli è il buco nel mappamondo da dove esce quello che si produce in Cina”. [Gomorra, Roberto Saviano]

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Costituzione della Repubblica italiana. Art. 41: L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
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Non compro robaccia fabbricata da gente che lavora in condizioni di schiavitù, realizzata con materiali scadenti, tossici, pericolosi per abbatterne i costi. Piuttosto faccio a meno, o aspetto un momento migliore per poter comprare cose di una qualità migliore. Questa mania di comprare, mangiare dal cinese perché si spende poco pensando che sia conveniente diventa complicità, se si pensa al sottobosco di orrori e illegalità che circonda il mercato cinese.

Nei capannoni industriali fuori legge viene fabbricato di tutto, non solo merce dozzinale  da vendere ai mercati ma anche capi di abbigliamento, pelletteria dei grandi stilisti che sfruttano la manodopera a basso costo, questo made in Italy che fa tanto orgoglio nazionale non esiste più da tempo. Quindi se non si può avere la sicurezza di non sovvenzionare berlusconi anche comprando carta igienica in virtù del conflitto di interessi si può evitare almeno in presenza dell’evidenza.  Se entro da Louis Vuitton non mi aspetto che la borsa da seicento euro l’abbia fabbricata il cinese di notte, ma se compro la cianfrusaglia da cinque euro sono sicura che è così. Ad esempio i giocattoli: quanta gente c’è che per risparmiare compra cose da poco di cui non sa la provenienza? il prezzo non sempre garantisce la qualità, ma nella maggior parte dei casi sì.


Ogni volta che succede qualcosa di grave o di gravissimo chissà perché qualcuno chiede delle leggi “speciali”. Stavolta lo fa l’assessore “alla sicurezza” [ma che roba è?] di Prato riguardo alla tragedia degli schiavi cinesi morti bruciati nel capannone adibito a fabbrica dormitorio clandestino come ce ne sono in ogni angolo d’Italia.

Dell’esistenza di questi obbrobri dove si sfrutta manodopera clandestina lo sanno tutti, anche quelli chiamati a far rispettare le leggi normali che, se applicate sarebbero bastate e dovrebbero bastare a prevenire e ad evitare tragedie come questa. Ma qui ovviamente no, non bastano le leggi normali, c’è sempre qualcuno a cui non bastano trecentomila leggi ma ne vuole ancora e ancora per ribadire l’ovvio già formulato in quelle che c’erano.

Santoro anni fa fece un’inchiesta proprio sui capannoni della zona di Prato, una realtà drammatica di gente costretta a lavorare giorno e notte senza nessun diritto che tutti conoscono ma che nessuno controlla perché fa comodo così, perché basta pagare per far girare da un’altra parte la testa ai controllori che però, di fronte ad altre situazioni sono sempre molto presenti e attivi per sanzionare commercianti, esercenti e piccoli imprenditori – quelli regolari – per qualsiasi tipo di violazione, fosse anche il tavolino del bar che occupa un centimetro in più di suolo pubblico. 

Ma stranamente di questi capannoni a cielo aperto fuori legge gestiti da criminali che fanno lavorare gente in condizioni di schiavitù ne viene chiuso uno ogni tanto e ci vuole sempre la tragedia per ricordarsi della loro esistenza. 

Nel caso dei lavoratori schiavi cinesi poi – chissà perché – scompare anche ogni tipo di solerzia da parte delle forze dell’ordine, della guardia di finanza che va a fare i blitz nelle località alla moda, quelli che rendono mediaticamente, terrorizza i venditori ambulanti pakistani, senegalesi, maghrebini sulle spiagge d’estate ma poi davanti all’illegalità con gli occhi a mandorla si distrae. 

Ecco perché non servono leggi speciali ma servirebbe solo gente seria che facesse rispettare quelle che ci sono e che c’erano, gente non corrotta né corruttibile che non lascia correre per non disturbare gli ottimi rapporti fra l’Italia e la Cina dove di diritti civili, ma anche di quelli umani, è vietato perfino parlare.

La modica quantità Massimo Rocca – Il Contropelo di Radio Capital

C’è davvero tutta la tragedia del nostro tempo in quella riga della lettera di Giorgio Napolitano, la tragedia che lega Prato all’Ilva, la Thyssen alla terra dei fuochi. “Far emergere le realtà produttive da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento senza porle irrimediabilmente in crisi”. La legge e i diritti si, ma nella modica quantità necessarie perchè reggano alla competizione selvaggia, a qualsiasi livello, dalle onnipotenti multinazionali al più scalcinato laboratorio di clandestini. Perché è vero, come dice splendidamente Toni Servillo di fronte alle pesche puzzolenti di Gomorra, che scaricare i fanghi tossici nella terra di tutti serve alle aziende del nord per contenere i costi. Così come servono i loculi premortuari di Prato, o i parchi minerali di Taranto. Altrimenti si va fuori mercato, si va irrimediabilmente in crisi. Si perde quel lavoro indispensabile anche se assomiglia alla schiavitù o se ti mangia la salute. Ce la raccontano così. Una equazione in cui la variabile indipendente è il profitto di pochissimi, e il lavoro e l’’illegalità e lo sfruttamento di tutti devono trovare l’equilibrio residuo. E noi ci stiamo. La Cina è vicina.

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Prato, quei sette cinesi morti per soldi. I loro e i nostri – Mario Portanova, Il Fatto Quotidiano

I forzati del pronto moda producono capi che vengono acquistati da aziende italiane (o tedesche, o francesi..) che poi li rivendono non soltanto agli ambulanti dei mercati, ma anche alle catene della grande distribuzione che in questi giorni stanno agghindando le vetrine dei loro negozi per Natale. Una catena alla fine della quale ci siamo noi che ci portiamo a casa magliette e vestiti per pochi euro. 

Con la collega Lidia Casti siamo stati in un laboratorio tessile cinese a Milano e abbiamo girato in lungo e in largo per il Macrolotto di Prato, dove è successa la tragedia, per lavorare al libro Chi ha paura dei cinesi (Rizzoli-Bur 2008). Abbiamo parlato (in cinese, grazie a Lidia) con gli imprenditori e gli operai e molte delle cose che ci dicevano sono risultate spiazzanti rispetto alla retorica della schiavitù e dello sfruttamento emersa in seguito al fatto di cronaca. Nel laboratorio di Milano gli operai lavoravano a cottimo: ogni pantalone cucito fruttava 1,20 euro, che andavano per metà all’imprenditore e per metà al lavoratore (nel caso di Prato pare che agli operai andassero 0,40 euro a capo). Quando siamo arrivati, otto lavoratori stavano smaltendo un ordine di 600 pantaloni e 400 gonne da consegnare in due giorni. Tempi e compensi non erano stabiliti dall’imprenditore cinese cattivo stile Oliver Twist, ma da una importante catena della grande distribuzione italiana che fa la pubblicità in tv e ha punti vendita nelle vie centrali di molte città (non la nomino per non rompere il patto con chi ci ha concesso fiducia).

“Stay hungry, stay choosy”

Sottotitolo: ci sono cose che molta gente non potrà mai arrivare a capire, non si può capire la vita reale vivendone una sempre in un attico al settecentesimo piano del cielo.
Quello che succede nelle cantine, lo sanno solo i topi. Non sarà mai abbastanza ripetere che la distanza fra gli amministratori e gli amministrati non si può misurare in anni luce.

Le persone come la Fornero bisognerebbe condannarle alla vita, quella di chi se ne deve inventare una tutti i giorni.  

Quanti figli di operai, impiegati, precari, cassintegrati e disoccupati pur avendo intelligenza e voglia di applicarsi quante ne ha avute la sua possono permettersi di andare a studiare ad Harvard e trovarsi il posticino bell’e pronto nell’università dove, guarda caso, lavorano mamma e papà? risponda a questa domanda, invece di dire sempre le solite cazzate e per giunta offensive per un’intera generazione che è in condizioni disperate anche, anzi soprattutto perché prima c’è stata quella della Fornero e di quell* come lei.
E’ con queste premesse che la ministra vuole andare in piazza?

Ai partiti che, secondo loro e l’ottimo Napolitano che ne fa l’elogio tutti i giorni ricordandoci quanto siano pericolosi i populismi e la demagogia noi dovremmo votare, pd compreso che si vanta ogni giorno di aver sostenuto e di sostenere questo governo tutto questo va bene? linguaggio compreso?

Bene, poi non si lamentassero se la gente sceglie “il buffone qualunquista”.

A me dispiace citare spesso, anzi sempre i paesi normali; è diventata una nenia insopportabile ma purtroppo per il nostro, esistono: normale non significa perfetto; anche in tempi di crisi profonda ci sono paesi in cui il rispetto per il ruolo che si rappresenta non è stato dimenticato, paesi in cui chi ha un incarico pubblico non c’è bisogno che conti fino a dieci prima di dire qualcosa, paesi in cui un politico, che sia un presidente del consiglio, un ministro, l’equivalente di un presidente di regione e di un prefetto se e quando sbagliano non c’è bisogno che qualcuno dica loro:”hai esagerato”, lo sanno da soli, errare è umano, ma dovrebbe esserlo anche prendersi la responsabilità dei propri errori, dopo, dunque si prende atto con onestà di aver fatto qualcosa che non si addice alla buona politica, che non rientra nelle funzioni di chi è chiamato ad occuparsi delle cose degli altri con rispetto e si fa l’unica cosa che deve fare un politico quando si dimostra inadeguato: chiedere scusa ai cittadini e dimettersi.

Ci lamentavamo che berlusconi non avesse nessuno pronto a dargli il colpetto sulla spalla, il calcio sotto al tavolo ogni volta che apriva bocca per esternare, offendere, raccontare la barzelletta sconcia, ma per offendere non servono l’insulto e la barzelletta, basta anche ricordare di continuo la distanza siderale fra chi amministra e chi deve subire l’amministrazione anche suo malgrado. 

Perché per carità, signora Fornero, nessuno vuole insinuare che sua figlia e quelli dei suoi pari rango non abbiano avuto anche dei meriti se ora non devono porsi neanche il problema se essere o meno “choosy”, ma sarà d’accordo con me che una strada libera, asfaltata e con una “lieve” discesa che ne facilita il percorso sia meglio di una intasata. 
Perché vede, non so se gliel’hanno detto, se se ne è accorta da sola ma qui, dalle nostre parti, c’è sempre un traffico della madonna.
Ma basta, ma basta! – Massimo Rocca, Il contropelo di Radio Capital

Pijura nen, come si dice dalle parti mie e sue, oppure don’t cry.

Un giorno si farà una fenomenologia di Elsa Fornero, così come si è fatta quella di Mike Bongiorno. Per capire la psicologia di questo strano ministro sempre pronto ad irridere dall’alto di un esibito self comfort e così poco pronto a mantenere il self control. Ma benedetta donna, come pensi di essere accolta in giro per l’Italia, tu che hai inventato gli esodati e adesso che dici che i giovani devono essere meno choosy, meno schizzinosi nel cercarsi il lavoro. Nello stesso giorno in cui le statistiche europee dicono che ci sono 15 milioni di ragazzi in che non lavorano, non studiano, non si formano, sapendo che in Spagna e Grecia i disoccupati giovani toccano il 50%, sapendo quale abisso di disperazione c’è da noi nelle vane ricerche di lavoro di laureati spesso super formati, una dice “choosy”.
E poi piange anche per i fischi.

Il lavoro non è un diritto e trattare con la mafia non è reato

Se trattare non è reato allora di che parliamo? è tutto a posto, mi pare, c’è chi si paga la vigilanza privata per tutelare la sua proprietà e chi il pizzo alla mafia.

O chi promette alla mafia di non essere troppo severo onde evitare pericolose ribellioni.

Non risulta che la mafia usi sistemi di persuasione diversi dalle minacce.
La storia di berlusconi non la sa soltanto chi non si è mai interessato di sapere chi è berlusconi.

Se fossi un magistrato non concederei mai  un’intervista ad uno dei giornali  di proprietà di chi insulta i magistrati tutti i giorni da decenni perché evidentemente li ritiene più pericolosi della mafia sulla quale non ha mai detto, invece,  una parola di condanna.

Insomma, ma che dice pure Ingroia, berlusconi vittima della mafia? berlusconi paragonato al piccolo imprenditore, al negoziante che si umilia per paura che la mafia tolga l’unico sostentamento sul quale può contare? Ingroia forse ha caldo, e dimentica che la mafia per la famiglia berlusconi è un vizio di famiglia, una tara che si eredita di padre in figlio. Che suo padre, assunto da impiegato alla banca Rasini, la banca di Totò Riina, di Bernardo Provenzano, di Vittorio – l’eroe – Mangano e di Pippo Calò ne uscì da direttore. E chissà perché fu premiato con l’avanzamento di carriera: forse perché in questo paese il merito viene sempre prima di tutto?
La vogliono smettere questi funzionari dell’antimafia di contestualizzare, chiedere premi per berlusconi per la sua lotta antimafia come ha fatto nientemeno che il procuratore nazionale Grasso? ma perché non se ne stanno TUTTI un po’ più zitti che tanto quando parlano, dalla fornero a Grasso passando per Ingroia, fanno SOLO danni? Per non essere sottoposti alle pressioni della mafia basterebbe denunciare, lo ha fatto gente molto meno potente di berlusconi che, non risulta abbia mai rinnegato le sue amicizie personali, fra le quali anche quella con dell’utri.

Trattativa, Ingroia: “Trattare non è reato. Perseguiamo chi la impose con le minacce”

Il magistrato di Palermo in una intervista a “Libero riflette: “Noi accertiamo i reati, la verità storica non tocca a noi… Come cittadino e come magistrato auspico che faccia gli accertamenti necessari senza scaricare tutto sui pubblici ministeri. Gli italiani hanno diritto alla verità giudiziaria, ma anche a quella storica”

«L’ho scritto nella mia requisitoria. Non ricordo se usai il termine vittima consapevole o compiacente. Comunque vittima che, sottoposta a queste pressioni, com’è spesso abitudine italica, preferì trovare un accordo con i boss anziché rivolgersi alle autorità». Il ruolo di Berlusconi si esaurisce lì, per quanto riguarda i rapporti con la mafia? «Qui entriamo nel merito dell’indagine in corso e preferisco non parlare. Però posso dire che accanto all’estorsione di cui abbiamo parlato, ci sarebbe stato un altro tentativo di “estorsione” politica, quando Berlusconi era già presidente del Consiglio. Dell’Utri si fece portatore di questa minaccia e per questo è indagato».

E’ Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, a spiegare in una intervista  perché pezzi delle istituzioni sono sotto inchiesta.

Fornero: il lavoro non è un diritto?

“A job isn’t something you obtain by right but something you conquer”. (Mrs Elsa Fornero per il Wall Street Journal)

[più o meno: il lavoro non è un diritto ma va conquistato]

Peccato per la fornero ma per fortuna per noi il diritto al lavoro è sancito dalla Costituzione che, sempre per fortuna è nata prima della fornero e dell’esercito dei guastatori che stanno facendo tabula rasa dei diritti in questo paese. E ripropongo le domande di ieri, magari qualche giornalista coraggioso che le faccia alla fornero lo troviamo pure in Italia: così, per curiosità, che ne pensa la fornero dei redditi superiori ai 70.000 euro (che è già una cifra scandalosa per un paese in recessione)? e che ne pensa della spending review che salva le pensioni d’oro ma riduce di due miserabili euro i buoni pasto dei lavoratori? e inoltre cosa pensa del salvataggio del monte dei paschi di siena, una banca PRIVATA a cui sono stati concessi 4 miliardi di soldi pubblici? e che ne pensa che chi ha causato il tracollo di MPS invece di andare in galera per i prossimi 350 anni come accade nei paesi normalmente civili tipo l’Islanda sia stato promosso invece presidente dell’ABI?

  Come bisogna rispondere a questi oltraggi reiterati? ma soprattutto, CHI risponderà in un paese in cui non c’è più nessuno a difendere i diritti della gente?

La parola all’esperto, Marco Travaglio – 28 giugno

Pensavamo di aver visto tutto, sulla trattativa Stato-mafia: politici che trattano con Cosa Nostra facendo ammazzare Borsellino per salvarsi la pelle; carabinieri che negoziano con i mafiosi invece di arrestarli; politici che ritrovano la memoria vent’anni dopo perché costretti dal figlio di un mafioso; un magistrato consigliere del Quirinale e lo stesso capo dello Stato che s’immischiano nelle indagini per darla vinta a un ex ministro a sua insaputa che non riconosceva nemmeno Borsellino; intellettuali e giuristi sempre pronti a denunciare le interferenze politiche nelle indagini che tacciono o financo le legittimano; commentatori “p rogressisti” che negano la trattativa o addirittura la giustificano. Invece mancava qualcosa: Paolo Cirino Pomicino che spiega la vera storia della trattativa sul Foglio di Giuliano Ferrara. Essa – rivela il Cirino – non iniziò, come ingenuamente si pensava, nel 1992, quando politici e carabinieri si affidano a Ciancimino perché li metta in contatto con Riina. Bensì nel ’93, quando governa l’unico premier della storia colluso con la mafia: Ciampi, “un signore garante di quella borghesia azionista che ideò e spalleggiò la destabilizzazione degli assetti democratici dal ’91 al ’93 con la doppia tenaglia della criminalizzazione dei finanziamenti elettorali non dichiarati (la criminalizzazione di un reato, roba da matti eh?, ndr) e delle presunte contiguità mafiose”. Quel Ciampi che era pure colluso col “Pci di Occhetto”, “vero azionista” del suo governo e fautore della “scorciatoia giudiziaria”. Prima e dopo Ciampi, invece, l’Italia fu governata da fieri avversari della mafia, tipo Andreotti e Berlusconi, naturalmente estranei a qualsivoglia trattativa. Il Cirino, per chi non lo ricordasse, era il capocorrente di Andreotti in Campania ed è ora un pregiudicato per corruzione e finanziamento illecito dei partiti per le mazzette incassate dall’Eni e dalla Montedison. Parte della mazzetta Enimont la girò lui stesso a Salvo Lima, mafioso e capocorrente di Andreotti in Sicilia. Andreotti è stato giudicato colpevole di mafia fino al 1980, ma prescritto, dalla Cassazione. Manca lo spazio per enumerare tutte le balle che il Pomicino riesce a infilare in una pagina del Foglio , con una densità sconosciuta persino agli standard pur ragguardevoli di quel giornale. Pochi esempi. “Un terribile fuoco di sbarramento della sinistra politica e giudiziaria impedì a Falcone di assumere la guida della Direzione nazionale antimafia” (falso: il primo ad assumerne la guida fu Bruno Siclari nell’ottobre ’92, quando Falcone e Borsellino erano già morti). “Il 41-bis fu esteso ai mafiosi dal governo Andreotti nel giugno ’92 subito dopo la strage di Capaci” (falso: il decreto Scotti-Martelli sul 41-bis, varato dopo Capaci, non fu convertito in legge dalla maggioranza che sosteneva il governo, Pomicino incluso: dovette morire Borsellino perché diventasse legge). “Nel novembre ’93 Conso libera dal carcere duro 300 mafiosi e s’intensificano i benefìci della legislazione premiale sui pentiti che nei 10 anni successivi metteranno fuori 4000 criminali fra cui gli assassini di Falcone e Borsellino… il più grande servizio alla mafia” (la revoca dei 41-bis fu un tradimento delle leggi antimafia volute da Falcone e Borsellino; i benefìci ai mafiosi pentiti furono il risultato della legge sui pentiti voluta da Falcone e Borsellino, e non c’entrano nulla con la trattativa, anzi: nel “papello” di Riina si chiedeva di abrogare proprio quella legge). “Il Pci di Occhetto vero azionista e architrave del governo Ciampi” (falso: il Pci, anzi il Pds, ritirò subito i suoi ministri per la mancata autorizzazione a procedere contro Craxi, mentre ne facevano parte la Dc di Pomicino, il Psi, il Psdi, il Pri, il Pli). “A proposito: ma perché indaga Palermo e non Roma, visto che la trattativa si condusse nella Capitale?”. Pur comprendendo le ragioni che rendono preferibile, per Cirino, la Procura di Roma a quella di Palermo, siamo spiacenti di informarlo che la trattativa si condusse a Palermo, non a Roma. O Pomicino sa qualcosa che noi non sappiamo?

Per cominciare…

Volevo augurare un’ottima giornata al funzionario o impiegato non lo so  dell’Autorità garante nelle comunicazioni, più semplicemente detta AgCom che, non avendo nulla di meglio da fare né, evidentemente da controllare trova il tempo per venire a leggere un piccolo blog di periferia andando perfino a spulciare nell’archivio.

 

Sottotitolo: Quelli a cui i Monti sorridono. ” In Italia i dieci più facoltosi hanno quanto i 3 milioni più poveri.
Sono in dieci, si contano sulle dita delle due mani, ma da soli possiedono beni e capitali per circa 50 miliardi di euro, tanto quanto i tre milioni di italiani più poveri. Lo scalino sociale che divide il Paese non si abbassa, anzi la crisi in atto potrebbe rialzarlo: lo fa notare uno studio di Giovanni D´Alessio (Ricchezza e diseguaglianza in Italia) pubblicato dalla Banca d´Italia.”  (Luisa Grion – la Repubblica, 2 aprile)

www.ilfattoquotidiano.it

“Disoccupazione
giovanile al 31,9%
Record dal 2004”

Già: pare che nel fine settimana nessuno si sia dato fuoco né impiccato o altro, niente, è stato un week end all’insegna della noia, questo.

Quindi tutti gli anatemi circa il baratro sono tutte balle, le solite balle. C’è da dire che almeno a quelle di berlusconi eravamo preparati e anche rassegnati, erano cose che ascoltavamo talvolta con umana compassione. Queste no, queste fanno solo incazzare.

Scrive Enrico Bertolino sulla sua pagina di Facebook:  “in Italia i 10 più ricchi come 3 milioni di poveri. Ed ora occhio che i 3 milioni non trovino l’indirizzo dei 10, altrimenti la patrimoniale poi gliela  chiedono a modo loro. Avesse avuto gli stessi dati anche Robespierre forse la rivoluzione francese sarebbe iniziata prima.”

Essì, bei tempi quelli in cui al re cattivo si tagliava la testa, tolto il male, il pericolo, la tirannia, un popolo aveva la possibilità di tornare anche e solo semplicemente a sperare,  oggi no. Oggi la Rivoluzione si fa via web.

Ecco i 10 paperoni d’Italia che posseggono
quanto i tre milioni più poveri

Scommesse, arrestato Masiello
Nove partite nel mirino dei pm

Come scrivevo a proposito di De Pedis e cioè che se un assassino sepolto in una chiesa (e che nessuno riesce a togliere da lì) sarebbe (è) un buon motivo per disertare in massa chiese e religione cattolica anche queste faccende odiose che si ripetono a ritmi costanti lo sarebbero per disertare i campi di calcio e per smettere di arricchire le pay tv una volta e per tutte, giusto per dare un segnale di civiltà, ecco.
Il calcio è davvero un’ottima metafora della politica, in Italia: corrotti in ogni dove, gente che guadagna cifre astronomiche ma non si accontenta e vuole sempre di più, e per ottenerlo ruba, corrompe e si fa corrompere, vive oltre la legge finché può ma anche dopo, nonostante e malgrado i suoi reati (per informazioni citofonare Moggi).
Nel calcio, a differenza della politica semidittatoriale e che ci viene praticamente imposta così come i suoi referenti  la gente un po’ di voce in capitolo  ce l’ha, se non la sfrutta significa che va bene così, che le piace così.

 

Le lacrime di coccodrillo del ministro Fornero

Sottotitolo:

La Cina è vicina – Massimo Rocca per Radio Capital

Dunque la mela non era caramellata. Somigliava assai più a quella avvelenata di Touring, forse origine del marchio di Cupertino. Diciamo che sembra quasi una barzelletta l’idea che la ditta del santo subito in maglietta nera violasse le leggi sul lavoro cinesi. Un po’ come scandalizzare qualcuno in un bordello.  Ne avevamo già parlato di cosa sia il capitalismo da esportazione, dell’altra faccia della globalizzazione, quella che dicono positiva perchè sottrae milioni di persone alla povertà, ma, soprattutto, produce tanta ricchezza per tanto pochi. Ma l’immagine dell’uomo bianco in tuta gialla in mezzo agli uomini gialli in tuta bianca che ammette le sue colpe e promette di non trattarli più come schiavi non poteva arrivare in un momento migliore. Ci ricorda quello di cui dovremmo essere orgogliosi, quello che dovremmo esportare a testa alta. Che la dignità dell’uomo è una variabile indipendente dal profitto. Dovremmo esportare Landini in Cina invece di importare, come sta accadendo, i roghi dei bonzi.

Susanna Camusso dice che la Fornero piange ‘lacrime di coccodrillo’. Ma se la Fornero è un coccodrillo deve essere un coccodrillo un po’ strano  perché di solito i coccodrilli piangono dopo aver mangiato mentre lei piange prima. Il giorno del pianto della Fornero era il 5 dicembre, il governo Monti si stava presentando con la sua manovra finanziaria. Due settimane prima, il 17 novembre, Monti aveva  ottenuto la fiducia in Senato, facendo varie promesse e su quello gli avevano dato i voti. Compresa questa: non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabiliti in essere. (Marco Travaglio, Servizio Pubblico, 29 marzo)

Ospite di Vespa, la Fornero ha detto di non aver mai pensato nulla a proposito dell’articolo 18, di non averlo in mente, e ha aggiunto:
«Sono stata ingenua. I giornalisti sono bravissimi a tendere trappole e io ci sono caduta. Il mio era solo un invito a parlare di un problema in maniera piena. Ho riletto l’intervista e mi sembrava che l’elemento dominante fosse il dialogo. Non mi aspettavo che il solo menzionare l’articolo 18 potesse scatenare tutto questo».
(Elsa Fornero, 22 dicembre 2011)

I sacrifici si impongono o per stretta necessità o per sadismo. Ecco, la Fornero ogni volta che apre bocca ricorda un po’ Pulp Fiction, fa pensare alla seconda possibilità: “mi chiamo Elsa, risolvo problemi.”
(Marco Travaglio)

Se ero precario con berlusconi e lo sono ancora con Monti significa che non è cambiato niente.
In un anno e mezzo Marchionne è stato condannato cinque volte per comportamento antisindacale, cosa deve succedere ancora perché il parlamento intervenga?  (Maurizio Landini)

“La questione dell’articolo 18 non mi sembra affatto una questione tecnica ma una battaglia politica perchè ha una maggioranza politica senza precedenti!”

“In questa riforma si promette ma nella pratica si tagliano i diritti dei lavoratori. Io credo che il mandato del governo Monti sia il mandato delle banche europee”. (Luigi De Magistris)

Gli italiani hanno capito – Rita Pani

E gli italiani hanno capito che vale la pena di affrontare sacrifici rilevanti, purché equamente distribuiti.”  Mario Monti

 

No Professore, gli italiani non lo hanno capito, e in realtà non hanno ben chiaro neppure il resto della vostra meritoria opera da sicari. Nulla vi separa dai vostri predecessori, se non il coraggio di esservi assunto il compito ultimo, di svendere il Paese.

 

Non sono un’economista, ma sono una persona che si riconosce un buon margine di razionalità, e che a volte riesce a sentire tutto ciò che c’è di inespresso nei vostri monologhi grotteschi, come per esempio l’ultima sua lettera al Corriere della Sera, a metà tra il delirio e la menzognera propaganda.

 

Bisognerebbe partire dalla fine, da quell’articolo 18 di fatto in disuso da anni in Italia, sbandierato dagli operai alla stregua dell’ultimo baluardo da difendere, e utilizzato dagli imprenditori come alibi estremo in difesa della categoria. L’articolo 18 è come un vetro rotto su una casa in vendita, che fa scendere di troppo il prezzo pattuito. Avete l’obbligo di eliminarlo per far sì che si apra la strada al miglior offerente, al neo colonizzatore.

 

Non state ristrutturando casa per viverci meglio e in salute, lo state facendo solo per poter aumentare il prezzo della vendita. L’economia italiana è in mano a un grumo di potere che se la rimbalza di mano in mano, connivente di uno stato mafioso che spartisce con pochi il bottino miliardario.

 

Faremo la fine di quei paesi dell’est, dove i nostri antenati andavano con le borse piene di collant per poter adescare le ragazze. Chi verrà a investire in Italia, quando avrete abolito ogni diritto, non sarà certo lo svedese, lo svizzero o l’americano, né potrà essere un imprenditore che vive in un paese dove ci sono le leggi e son cose serie. Potremo finire in mano ai neo-russi, o perché no ai colombiani che di corruzione ne sanno almeno quanto noi, e lasciare che le briciole ricadano sempre sugli stessi piatti, di quelli che fino a qualche mese fa, ancora banchettavano sulle nostre vite.

 

Perché per rimettere in piedi questo stato, qualora l’intento fosse stato reale, prima di tutto doveva garantirsi il lavoro, e non far sì che diventasse una sorta di premio della lotteria nazionale. Come potete, in coscienza, usare termini come equità in un paese che per campare deve aumentare il costo della benzina e delle sigarette? Dove sta l’equità tra l’operaio costretto a rifornire di carburante la sua auto, perché da pendolare è impossibilitato a usare i mezzi pubblici che non funzionano o nemmeno esistono, e quello che – fanculo la crisi – si compra un’auto ancora più potente, che tanto ha i buoni benzina a carico dell’azienda? Esempio banale, lo so, ma pregno della vostra idiozia.

 

C’è di che essere contenti nel leggere il riconoscimento dei meriti ai partiti e la maturità del paese. Ma manca il complimento più importante, quello rivolto alle banche (le vostre). Così attente e capaci che di fronte al sospetto che possa sorgere un qualunque tipo di ripensamento da parte vostra – sicariato di governo – spruzzano in aria un po’ di spread. Solo per farvi paura, e per ricordarvi che voi, al pari di quello che governava prima, non siete che marionette in mano loro.

 

Mafia, criminalità o banche, in fondo, è tutta la stessa cosa. Tutta la stessa montagna di merda.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Se permette, ministro, del suo rammarico non ce ne importa nulla

Perché della cinquantina di morti suicidi solo in questi ultimi tre mesi, padri di famiglia che non ce l’hanno fatta a mettere sulla strada altri padri di famiglia e restare vivi  perché non c’è nessuna equitalia che va ad imporre allo stato di pagare i suoi debiti magari estorcendoli allegramente così come fa con noi cittadini quando una multa non pagata può significare il pignoramento della casa, possiamo tranquillamente chiudere gli occhi, i suicidi fanno parte della statistica, esattamente come i licenziamenti, vero? io mi chiedo: ma quanti saranno mai ‘sti fannulloni che non si riescono proprio a mandare via tanto che c’è bisogno di smantellare un intero sistema di assistenza sociale per far contenti questi poveri grandi imprenditori – quelli che nessuno troverà mai impiccati ad una trave delle proprie aziende –  che vogliono salvare non i loro patrimoni sparsi per il pianeta, non la robba ma proprio, solo e davvero questo paese sciagurato (pare vero)? siamo proprio degli ingrati, noi, pensiamo sempre male ma ci sembrava di ricordare che fra le prime parole pronunciate da questo team di salvatori della patria ma più che altro delle banche ci fosse EQUITA’.

E dov’è andata a finire quella equità di cui,  cari e sobrii signori tecnici, avete blaterato per settimane se gli unici interventi sono stati quelli CONTRO i lavoratori a  salario e a stipendio, CONTRO i deboli a oltranza, CONTRO chi non aveva certamente bisogno di questa ulteriore spinta verso il baratro dell’incertezza? tutto questo mentre nulla si è fatto per abolire i vostri privilegi, quelli di chi sta ancora occupando il parlamento e nonostante da cinque mesi  sia occupato a fare nulla percepisce ancora stipendi milionari? dov’è l’equità, la giustizia sociale  applicate ai conflitti di interesse, alla corruzione, alla grande evasione che hanno letteralmente spolpato questo paese?
Le imprese non lasciano l’Italia perché c’è l’articolo 18 ma perché i suoi amici  politici, trasversalmente parlando, caro ministro Fornero, hanno ridotto ogni speranza/certezza  di avere giustizia. 

Lo stato,  le regioni,  le provincie,  i comuni pretendono dai cittadini interessi  che prima dell’intervento del corruttore coi tacchi autoprestatosi alla politica erano considerati estorsione,  ma poi quando è lo stato ad essere debitore ci vogliono secoli prima di farsi restituire il maltolto.

La gente scappa da questo paese perché in Germania un operaio guadagna tre volte di più di un italiano e i politici tre volte meno ma rendono infinitamente di più. 

Le imprese vanno via perché solo in questo paese per aprire una attività bisogna annegare nel mare di una burocrazia infinita che serve solo da mangiatoia alle migliaia di persone che su questa ci campano di rendita.

Solo in questo paese si danno buone uscite milionarie a quei manager che hanno distrutto le aziende, che le hanno trasformate come Finmeccanica, nella mecca delle tangenti.

Dove sarebbe il cambiamento epocale che dovrebbe avvenire grazie alla sua riforma,  ministro Fornero, nella possibilità di licenziare il ragionier Fantozzi?

La maledetta maglietta

LA SIGNORA DELLA T-SHIRT PAOLA FRANCIONI: «Piango per quella maledetta scritta»

«A Fornero ho scritto 3 mail di scuse E mi dispiace anche per Diliberto»

Basta! Vi prego, fate pace col cervello. Piangere per una scritta ironica e satirica su una maglietta? Non so chi sia questa signora Francioni, ma le sue lacrime mi fanno schifo al pari di quelle che versò il ministro alla sua prima uscita pubblica, con quel suo sorriso da iena sulla faccia, con quello sguardo che da umile è diventato strafottente, appena imparato il meccanismo e odorato il potere.

 

Piangere per la “maledetta scritta?” Fa il paio col tirare la pietra e nascondere la mano, fa il paio con il poco coraggio che la gente dimostra. Fa il paio con la codardia dilagante, di quest’epoca in cui i deboli devono chinare la testa, o offrire il viso allo sputo dei potenti.

 

È inutile, non c’è più il coraggio delle proprie azioni, non c’è più il coraggio delle parole e soprattutto si continua a prestare il fianco al regime che impone dispute insulse, dibattiti sul nulla. Tutto ciò che arriva a far tacere sul resto è bene accetto. Piangere per quella maglietta giustifica tutto il peggio che subiamo ogni giorno, quando per esempio, per cancellare le nostre preoccupazioni, arriva il saltimbanco di turno ad offrirci diversivi intelligenti, come i gay che si possono curare, i gay che non si possono sposare, le donne da liberare dal burqa, gli zingari che rubano i bambini, i romeni che violentano le donne, i feti abortiti da seppellire.

 

Il politicamente corretto più scorretto che c’è, è oggi il nuovo strumento di distrazione di massa, che finisce sempre per far diventare vittime i carnefici.

 

Pianga per i morti già fatti e per i morti che si faranno, signora Francioni, pianga per tutti coloro che da domani si ritroveranno disperati in mezzo a una strada. Pianga per coloro che stanno perdendo la casa dopo aver perso il lavoro, per le famiglie che non sanno come far progredire i propri figli. Pianga per chiunque domani si ritroverà sotto il sole con un piatto di spaghetti al pomodoro tra le mani, offerto da una mensa della Caritas. Pianga per l’ultimo impiccato, vittima di questo Regime, dal quale io, o lei, a nome di tutti, avrebbe dovuto esigere le scuse.

 

Rita Pani (APOLIDE)

 

Liber* tutt*

La mia solidarietà totale ad Alberto Musy, consigliere comunale di Torino dell’Udc ferito in un agguato.

Sottotitolo: Noi abbiamo deciso di introdurre il contratto universalistico.
Se non vi piace, potete sempre cambiare pianeta.
Non è un accordo sociale, qui di sociale non c’è niente.
Pensate che le banconote abbiano un anima?
Se ci stai sul cazzo perché pensi che il lavoro sia un diritto
pagheremo la tua emarginazione.
Se credi che sul posto di lavoro
si mangia, si va al bagno, si parla di politica
non la si dà al capo e si vorrebbe anche l’aumento
e magari anche il riposo la domenica,
forse non hai letto la scritta
sul cancello della tua fabbrica:
ARBEIT MACHT FREI.

(NOI)

IL LAVORO RENDE LIBERI. CAPITO?

MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”

FORNERO: “E’ UNA BUONA RIFORMA”

Finalmente in Italia i lavoratori potranno essere licenziati arbitrariamente, ma con molta sobrietà ed eleganza, il che è tutta un’altra cosa.

Ci si sente meglio se a dircelo è una distinta signora ben vestita, col tacco 5 e la parure adatta ad ogni occasione.
C’è qualcuno, oltre ai padroni, ai tecnici (sobrii) che si stanno occupando del salvataggio della ‘robba’ e di chi se la divide da sempre in questo sciagurato paese, e al presidente della repubblica,  qualcuno che può ancora dire che si tratta di un fatto di civiltà, che è giusto passare con un caterpillar sulla pelle dei lavoratori perché ce lo chiede l’Europa (che ci chiederebbe anche altro come faceva notare ieri su La Stampa quel sovversivo qualunquista di Zagrebelsky ma di questo altro politici, sindacati e tecnici se ne fregano alla grandissima)? Almeno il 90% della gente che vive in Italia  non capisce nulla di quel che le accade attorno,  non si informa, ha altro da fare e altro a cui pensare,   perché se lo facesse avrebbe capito subito che la crisi non è un dramma per la popolazione ma un efficacissimo strumento creato e favorito dal potere per realizzare rapidamente cose che in una situazione normale e realmente democratica non si possono fare. Fa parte della dottrina di  Milton Friedman,  con la quale Monti si è nutrito.

Ora se invece di parlare tutti di liberismo,  di Friedman o di crisi si andasse a leggere davvero non ci sarebbe nessuna sorpresa nello scoprire lo smantellamento del welfare, la riduzione in schiavitù economica – la riduzione del lavoro al solo fine del sostentamento e dell’indebitamento da estendere a più generazioni.

Quindi tutti, ma proprio tutti, perfino berlusconi c’è riuscito, possono far bere quel cazzo che vogliono a tutti facendolo passare per priorità, urgenza, impegni inderogabili e necessari.

Anche quando è tutt’altro da ciò.

Il finto tonto

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 21 marzo

Ma davvero il presidente della Repubblica ha il potere di intimare alle parti sociali di rinunciare a “qualsiasi interesse o calcolo particolare”, cioè di non rappresentare più le categorie che dovrebbero rappresentare, per inchinarsi alla cosiddetta riforma dell’articolo 18 unilateralmente imposta dal governo del prof. Monti e della sig.ra Fornero con l’inedita formula del “prendere o prendere”? Ma dove sta scritto che quella cosiddetta riforma è buona? Ma chi l’ha stabilito che risolverà “i problemi del mondo del lavoro e dei nostri giovani”? Ma chi l’ha detto che “sarebbe grave la mancanza di un accordo con le parti sociali”? Ma, se “sarebbe grave la mancanza di
un accordo”, perché il capo dello Stato non dice al governo di ritirare la sua proposta che non trova l’accordo delle parti sociali, anziché dire alle parti sociali di appecoronarsi alla proposta del governo in nome di un accordo purchessia? E che c’entra la commemorazione del prof. Biagi con l’art. 18? Non si era detto che la flessibilità avrebbe moltiplicato i posti di lavoro? Ora che ha sortito l’effetto opposto, anziché ridurla, si vuole aumentarla? E perché mai un lavoratore licenziato senza giusta causa dovrebbe rinunciare ad appellarsi al giudice perché valuti la discriminatorietà del suo licenziamento? E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere, come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati?
Per tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché
nessuno sia più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più facile uscirne? E chi l’ha stabilito che la trattativa deve chiudersi il 22 marzo, non un giorno di più? E che libera trattativa è quella in cui il capo dello Stato getta la sua spada su uno dei piatti della bilancia, quello del governo, per farlo prevalere sull’altro? E che senso ha la frase della sig.ra Fornero: “Non si può discutere all’infinito, indietro non si torna”? Infinito in che senso, dopo un solo mese di negoziati? Indietro rispetto a cosa? E il Parlamento? Esiste ancora un Parlamento libero di approvare o bocciare le proposte del governo, o è stato abolito a nostra insaputa?
E perché mai il Parlamento ha potuto svuotare a suon di emendamenti il decreto liberalizzazioni, snaturarne un altro con l’emendamento Pini contro i magistrati, mentre l’abolizione dell’art. 18 sarebbe sacra e inviolabile? È per caso un dogma di fede? Siamo proprio sicuri che l’insistenza del governo e del Quirinale sull’art. 18 risponda a motivazioni economiche e non al progetto tutto politico di isolare le voci stonate dal pensiero unico, tipo Fiom, Idv, Sel e movimenti della società civile e di cementare l’inciucio Pdl-Pd-Terzo Polo? Se il governo gode nei sondaggi della fiducia del 60% degli italiani e tutti se ne felicitano, perché ignorare il fatto che lo stesso 60% degli italiani è contro qualunque “riforma” dell’art. 18?
È proprio ininfluente la maggioranza degl’italiani sulla scelta di un governo che nessuno ha eletto, anzi di cui nessuno, alle ultime elezioni, sospettava la nascita? E perché mai gli unici che devono rinunciare a rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono all’asta perchè B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione apparsa ieri sul Foglio , secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della “stabilità del governo”?
Ma, se il Parlamento deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?


Una “paccata” di vaffanculi, tanto per cominciare

Sottotitolo: Fornero: «Se uno dice no perché dovremmo mettere lì una paccata di miliardi ?»
Perché prima, vedere cammello. Abbella, ti piace vincere facile, eh?

Sottitolo bis: Dopo aver visto Ballarò ieri sera mi sono intristita, specie quando ho visto minuscole case al mare rimesse in vendita da chi se le era comprate sicuramente dopo una vita di sacrificio (altrimenti si sarebbe comprato il villone sull’Appia e lo avrebbe intestato a società fittizie, oppure cheneso, cinque baite per ospitarci ‘sto cazzo) senz’averci nemmeno dormito una notte. Anni fa ebbi una discussione piuttosto accesa con un amico in un forum perché lui sosteneva che una pizza al sabato sera non può essere un diritto di chi lavora e si sbatte fra mille sacrifici e altre privazioni.
Io invece dicevo, e lo sostengo ancora, di no, che una vita fatta solo di lavoro, privazioni, sacrifici non è più tale, e che un’esistenza per essere definita almeno degna ha bisogno anche di una pizza al sabato sera, di un cinema, di una serata a teatro. Oggi che leggo, vedo persone che devono rinunciare, insieme a molto altro anche all’acquisto di un libro e un giornale in più mi piacerebbe sapere se l’amico forumista pensa ancora quelle cose e se, invece, non pensa che quando la sperequazione fra ricchezze e povertà è così violenta, quando lo spread fra chi può permettersi tutto e chi niente è così insolente e insopportabile non sia il caso di avere, almeno nei confronti del diritto di tutti a poter vivere e non sopravvivere come accade ora e accadrà sempre più di frequente grazie all’opera Pija dei sobri tecnici, un’opinione meno rigida e ideologica.

Fornero: “No a una paccata di miliardi
se i sindacati non accettano la riforma”

Privacy, il garante attacca
i controlli antievasione

Francesco Pizzetti si scaglia contro il nuovo corso delle verifiche fiscali incrociate e della trasparenza. “Sono strappi allo Stato di diritto, controllo sociale spaventoso”

CORTE CONTI: “CARICO FISCALE ECCESSIVO PER ONESTI”

Ora, oggi, mi piacerebbe sapere qual è il pensiero di chi ha fatto i salti  di gioia quando berlusconi ha ceduto il passo – ma non le intenzioni che erano e sono le stesse di entrambi,  l’unica differenza è che Monti ci ha accollato anche il costo della vaselina, prima si faceva tutto nature – al sobrio governo dei tecnici, se tutta quella gente  che accusava chi, me compresa, non si è lasciata sedurre dal manierismo  di facciata, durato peraltro appena il tempo di mettersi comodi sulle  loro poltrone, di questi killer della giustizia sociale pronti a  difendere soldi, privilegi e patrimoni dei loro pari rango con tutti i mezzi che hanno a disposizione. Se a tutta quella gente che accusava di  rimpiangere berlusconi soltanto perché in tanti non ci siamo fidati e non ci fidiamo di un governo imposto – e con viva e vibrante soddisfazione – sembra normale che in un paese che muore economicamente di mafia e corruzione (con una legge EUROPEA contro la corruzione – che dovremmo ratificare OBBLIGATORIAMENTE come hanno fatto gli altri paesi –   chiusa da dieci anni in un cassetto che né destra né sinistra né ‘tecnici’ hanno l’intenzione di aprire) si minaccino continuamente i precari, i disoccupati, i lavoratori a stipendio fisso e fesso, se è normale che di mafia e corruzione non si parli mai quanto invece lo si fa per quel che riguarda diritti che in un paese civile non si dovrebbero nemmeno più  discutere.

Se è normale che un governo faccia la voce grossa coi cittadini onesti, e se è normale imporre ai cittadini di dimostrare ad libitum la propria innocenza utilizzando sistemi fascisti, da comunismo sovietico facendo leva sulla debolezza dell’italiano piccino che è
ancora convinto che combattere l’evasione significhi andare a  controllare e sanzionare il barista che non rilascia lo scontrino del caffè perché, poverino, non sa o fa finta di non sapere che i grandi evasori hanno sistemato i loro patrimoni in altre sedi altrove da qui  e che nessun governo italiano di nessun colore li andrà mai a controllare, disturbare né tanto meno, intimorire.