Che due palle, il lavoro!

“Che monotonia il posto fisso” dice Monti e il pensiero corre subito agli “sfigati” del vice ministro Michel Martone, ai “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, lo stesso che disse che “le tasse sono bellissime”, a Brunetta con i precari che lo contestavano: “Siete la peggiore Italia” li apostrofò, a “sposi mio figlio” di Berlusconi.
L’ultima parola spetta al Papa. Intervenuto sul tema nel maggio 2010, ha voluto rivolgere un pensiero ai precari. “Il posto fisso non è tutto”,  li ha rassicurati.
TUTTA GENTE COL POSTO FISSO… TUTTA GENTE CHE GUADAGNA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO AL MESE E DICE ALLA GENTE DA 800 EURO CHE DEVE FARE SACRIFICI PER SALVARE L’ITALIA…
C’è da riflettere…
o no? (Aldo Vincent)

 

Sottotitolo: in un paese normale un primo ministro (specie se sobrio) parlerebbe con cognizione di causa, e in un momento così difficile starebbe molto attento a pesare le sue parole, userebbe una discrezione elegante (proprio perché è sobrio) e non direbbe niente di più di quanto sia in realtà necessario. Perché che avere la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio siano per lui cose monotone e noiose (e lo capiamo, uno che ne ha più di una di quelle occupazioni deve essersi ben rotto i coglioni di accumulare stipendi milionari in ogni dove) può essere oggettivamente una sua legittima opinione. Ma non può mai essere quella del presidente del consiglio italiano. Monti invece parla come se non sapesse quale paese sta governando: qualcuno gli dica che questa è l’Italia, non l’Olanda, il Belgio, la Germania o l’Inghilterra.
Se poi  a dire certe cose è uno a cui il posto fisso ‘a vita’ lo hanno regalato, quello di senatore, si capisce meglio perché è impossibile da sopportare.

Monti: “Posto fisso? E’ monotono”
“E lo spread scenderà ancora”

Napolitano ha chiamato Monti per far calare lo spread, e in effetti lo spread cala.
Rendere precario e “flessibile” mezzo paese, tagliare e togliere tutto all’altrà metà fa calare lo spread: non ci volevano i professori per una manovra così “azzardata”.
Si chiama liberismo, praticamente lo stesso ideale e lo stesso obiettivo di quello che c’era prima, quello col quale Monti si vanta di aver mantenuto una “significativa collaborazione”. (Noi speravamo di no ma ormai siamo abituati ai calci in bocca quotidiani, non fanno più nemmeno tanto male, vero?). Quando poi la metà della gente sarà praticamente e letteralmente morta di fame e l’altra metà costretta a lavorare in condizioni di schiavitù lo spread sarà sceso ormai sotto lo zero come le temperature di questi giorni.
E tutto questo senz’aver avuto neanche il tempo di annoiarsi.
Beato chi ci arriverà, a potersi togliere lo sfizio di annoiarsi.

Fare questi discorsi mentre ci sono aziende che delocalizzano non perché in difficoltà ma per l’odiosa logica dei profitti del padrone, che non esitano a mettere centinaia di persone per strada io credo che sia perfino pericoloso. Questo è un paese dove non ci si può permettere di oltraggiare più di così il mondo del lavoro.

Una cosa è accettare una sfida, un’altra non avere nemmeno la possibilità di provarci, dall’alto di certe posizioni è molto facile dispensare perle di ‘saggezza’, in un paese poi dove tre ragazzi su cinque non hanno proprio un lavoro, e figuriamoci se possono sperare nel posto fisso. Ma chi glielo dà un posto fisso a ‘sti figli, oggi? manco si chiamassero Michel Martone, vah. Io dico che PER FORTUNA c’è ancora chi ha la possibilità di annoiarsi col posto fisso, altrimenti chi ci penserebbe ai figli che non ce l’hanno? il welfare dei figli siamo noi genitori che mettiamo toppe ovunque, anche quando i figli escono di casa,  lo facciamo per loro e per i loro figli, e lo facciamo perfino con gioia. Ma questi sono problemi distanti anni luce dalla meravigliosa sobrietà dei professori in loden e delle professoresse dalla lacrima facile col tacco 5.
La verità è che chi fa discorsi sulla flessibilità, mobilità, chi ventila una maggiore facilità di poter licenziare (perché l’articolo 18 non è un totem né un tabù) è tutta gente che chissà come mai guadagna migliaia di euro moltiplicati per vari stipendi ed è incollata ad una o più poltrone da decenni, ed è anche grazie a gente così che questo paese è ridotto così male, grazie agl’inamovibili delle carriere che non liberano mai un posto per gli altri e non offrono mai la possibilità a nessun altro di dimostrare che è meglio di loro, di chi si è accaparrato i posti migliori nei modi che sappiamo, tipo Martone, per dire.
Salvo poi fare le pulci e non solo a chi è costretto a fare qualche ora di lavoro extra per non morire di fame.
Idealizzare la precarietà, predicare a mò di mantra che solo coi licenziamenti si può risolvere la crisi (mentre tutti sanno che è vero il contrario)  dopo aver sistemato se stessi e almeno le prossime due o tre generazioni significa avere solo una grandissima, sesquipedale faccia come il CULO, se almeno tacessero non farebbero un soldo di danno.

Così, giusto per non aggiungere anche le beffe.  E non sarebbe disdicevole ammettere di aver detto una cazzata, anche se ci si chiama Mario Monti, e magari  chiedere scusa alla gente in difficoltà che è molta più di quella che a suo dire, si annoierebbe. Anche sobriamente, s’intende.

Che due palle, il lavoro!

Ieri notte, leggendo i lanci di agenzia, ho trovato la dichiarazione del Professor Monti, e aggiornando il mio status su Facebook, ho ceduto al turpiloquio. Ora davvero vorrei scusarmi, ma non posso. Ho scritto “Monti: “Che monotonia il posto fisso I giovani si abituino a cambiare” … [Così, va … nemmeno più un poco di pudore. Brutto figlio di troia!]”
Credo, in fondo, che il nostro cedere al turpiloquio sia ancora la salvezza per gente così. Ci accontentiamo di augurare male, di mandarli là dove dovrebbero andare, e a volte quando ci assiste la fantasia, riusciamo ad immaginare scenari più apocalittici, vederli arrancare nella vita, tali e quali a noi. È la loro fortuna, perché una parolaccia non li ammazzerà.
Oggi mi scrivono che è vilipendio, che non devo permettermi, che comunque è meglio di quell’altro tizio, e che almeno il rispetto è dovuto alle istituzioni. Rispetto? Nemmeno un po’.
È sì vilipendio, ma vilipendio al cittadino. Al lavoratore, a chi fatica, al giovane a cui è impedito di sognarsi una vita possibile. Con Monti non si tratta più di arroganza del potere, ma di semplice fantascienza, una sorta di delirio di onnipotenza, di chi sa di avere carta bianca, di poter fare esattamente qualunque esperimento sulla pelle di cavie innocenti – e le cavie siamo noi. Testano il sistema, spingendosi fino al limite, stando in attesa di vedere la corda spezzarsi, e anche quel giorno sperimenteranno ancora, magari la repressione, l’esercito, gli arresti di massa. E in effetti lo stanno facendo già.

Il nonno bonario si affaccia alla televisione per annunciare uno dei suoi già famigerati slogan: salva Italia, cresci Italia e ora la “monotonia del posto fisso”. E sai che palle avere un lavoro di routine, che ti devi alzare la mattina per andare a lavorare, e che poi a fine mese ti danno uno stipendio col quale puoi addirittura pagarti l’affitto e il riscaldamento, il canone della RAI, e le sigarette. Che due palle, sapere che lavorerai ogni giorno della tua vita, fino ad arrivare alla pensione! Meglio cambiare in nome della mobilità tutta italiana: lavori tre mesi al calla center e poi ti licenziano, fingono di far fallire la ditta e ti riassumono il giorno dopo sempre per tre mesi ma con un contratto sempre più sfavorevole, con la nuova formula contrattuale che recita: “se ti va è così o sennò pigliatela in culo, che tanto fuori di morti di fame come te, c’è una fila.”

La politica non politica ora siede in Parlamento, fortemente voluta da tutti i partiti italiani – anche quelli come la lega che hanno fatto finta di fare opposizione – per fare il lavoro sporco, quello che tutti si son guardati dal fare, dire e persino pensare. Il nonno non politico, il professore che sembra essersi laureato da Vanna Marchi, coadiuvato dai suoi maghi Do Nascimento sputano in faccia al volgo, certi di restare impuniti, perché appunto, oltre che mandarli a fare in culo, che si fa?
Non mi stancherò mai di dire che la vera Rivoluzione Italiana, sarebbe quella di prenderli uno per uno e condannarli a finire i loro giorno vivendo. Vivendo la vita che loro hanno destinato a noi, di fame e precariato, di pensioni minime che ti obbligano all’assistenza della Caritas, di denti che cadono senza poter essere rimessi in bocca, di calzini bucati e scarpe consumate. E per le signore l’eleganza a cinque euro comprata dai cinesi, le borse di Dolce e Poiana comprate dal negretto al mercato dopo lunga contrattazione. Poco pane e poca pasta, e non perché sei a dieta, ma perché di più non ne puoi comprare.
Gente così, mi vilipende ogni volta che respira. E ribadisco: gli fosse rimasto almeno il pudore. Dovrebbero andare in televisione con un paio di mutande sulla testa, per poter parlare con me.

Rita Pani (APOLIDE)