Ma davvero serviva il libro di Friedman?

 Ieri sera Friedman  ha spiegato meglio che significa “conflitto di interessi”, quelle tre brutte parole che la politica ormai non pronuncia neanche più. Un conflitto di interessi che non riguarda solo silvio berlusconi. Ha spiegato meglio il perché non si può essere giornalisti indipendenti quando l’editore non è a sua volta indipendente. E che o si fa politica o il manager d’azienda, in special modo quando quell’azienda si occupa di gestione dei media. Questo non diventerà mai un paese normale finché esisteranno i conflitti di interesse che sono il primo problema, ecco perché la politica di tutti i colori non ci mette le mani.

Come tutti i giornalisti indipendenti Friedman pensa che il suo dovere sia quello di informare. Perché col metro del nostro giornalismo non ci sarebbe stato nessuno scandalo Watergate che ha costretto un presidente americano alle dimissioni, ad esempio. Perché qui l’unico giornale che dà le notizie è considerato un covo di manettari giustizialisti faziosi. Gli italiani non sono abituati ad essere informati, ecco perché non pretendono una corretta informazione.

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Friedman racconta le manovre per portare il Professore a Palazzo Chigi già nel giugno 2011 (leggi)

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Friedman gela Vittorio Zucconi: ”siamo amici ma devo darti una lezione di giornalismo in diretta. Forse ti dà fastidio che lo scoop uscito dalla bocca del tuo padrone De Benedetti sia finito sul Corriere della Sera. Tu pensi che un giornalista debba schierarsi politicamente. Ma al contrario un giornalista deve scoprire, indagare, documentare e dopo pubblicare. E quello che accade dopo non è un mio problema”.

“E quello che accade dopo non è un mio problema”.
 Questo è proprio l’ABC del giornalismo.

Per la nostra magnifica informazione da regimi e regimetti invece quello è il primo problema: tutti si preoccupano degli eventuali turbamenti e giocano d’anticipo per evitare dispiaceri all'”eccellenza” di turno. Altrimenti l’Italia non sarebbe al 57° posto NEL MONDO per libertà di stampa e informazione.

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Alan Friedman ricostruisce in “Ammazziamo il Gattopardo” i mesi frenetici che portarono il capo dello Stato a nominare il 9 novembre Mario Monti senatore a vita e ad affidargli il compito di formare l’esecutivo dopo le dimissioni di B. Una manovra iniziata in giugno, prima della grande crisi dello spread. Il presidente della Repubblica risponde all’anticipazione del Corriere della Sera e respinge l’ipotesi di atti irregolari (leggi)

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L’ANALISI – 2011, LA MOSSA DEL COLLE CHE RESUSCITO’ BERLUSCONI (di S. Nicoli)

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“Articolo 59 della Costituzione Italiana

È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.

“Chi è stato”, non chi sarà. Ci sarebbe dunque da chiedersi perché Ciampi invece nominò Napolitano senatore a vita ante Quirinale e perché Napolitano a sua volta nominò Monti [uno a caso] che casualmente dopo qualche giorno avrebbe ricevuto l’incarico di formare il governo “tecnico”. 
Quali sono stati questi altissimi meriti di Napolitano prima e di Monti dopo che hanno permesso che entrambi fossero nominati senatori a vita addirittura in violazione della Costituzione che mette apposta i paletti affinché queste nomine siano destinate a chi se le merita davvero. 

Qui le uniche vittime di un complotto siamo noi, un complotto che dura da vent’anni, iniziato con un mezzo colpo di stato che ha permesso ad un abusivo impostore estraneo alla politica con svariati precedenti soprattutto penali di entrare in parlamento, anche lui in violazione della legge che lo impediva, reiterato e continuato in tutti questi anni. 

Un complotto contro gli italiani ordito da politica e istituzioni che man mano che berlusconi si presentava in tutto il suo splendore confermando che la sua discesa in campo era avvenuta unicamente per risolversi i suoi guai non hanno fatto niente per fermarlo, nascondendosi dietro la balla gigantesca della sua legittimità perché “la gente lo votava”. 

Per far dimettere berlusconi due anni fa, dopo avergli garantito il salvataggio della “robba” ci sono voluti lo spread e la crisi, non gli avvisi di garanzia, i processi, le accuse, le prescrizioni, il bunga bunga, la conferma per sentenza delle sue vicinanze mafiose. E tutto quello che è accaduto dopo, dal 2011 ad oggi, prima col governo tecnico e dopo con quello delle larghe intese voluti e imposti entrambi da un uomo solo e non dal popolo come si fa nelle democrazie è qualcosa di perfino più grave di un complotto. 
Quando si impedisce ai cittadini di poter scegliere i propri rappresentanti in parlamento attraverso libere elezioni, quando per svariate legislature si fanno votare quei cittadini con una legge incostituzionale, quando un uomo solo decide lui da chi deve essere formato il parlamento, quando quell’uomo minaccia e  terrorizza un paese che “o così o la fine del mondo” non è moral suasion, non è pensare al bene del paese, non è garantire la stabilità del paese come dicono e scrivono quelli bravi o quelli molto creduloni: è solo il proseguimento del colpetto di stato avvenuto vent’anni fa. E che farà ora Napolitano, andrà a disturbare anche l’ambasciata americana come già fatto con quella francese per lamentarsi del libro di Alan Friedman, cittadino scrittore e giornalista statunitense? 

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Riccardo Mannelli

IL RE BADANTE – Marco Travaglio, 11 febbraio

Soltanto chi si ostina, a dispetto dell’evidenza dei fatti, a ritenere Giorgio Napolitano un presidente super partes devoto alla Costituzione può meravigliarsi per le rivelazioni del nuovo libro di Alan Friedman Ammazziamo il Gattopardo. E cioè del fatto, suffragato da numerose testimonianze, che Sua Maestà contattò Mario Monti per rimpiazzare Berlusconi a Palazzo Chigi fin dal giugno 2011, ben prima dell’impennata estiva dello spread e della conseguente fuga di parlamentari della maggioranza, che l’8 novembre si ritrovò minoranza alla Camera; l’indomani il Professore bocconiano fu nominato senatore a vita e il giorno 13, subito dopo le dimissioni del Cavaliere, fu incaricato di formare il nuovo governo. I lettori del Fatto sanno bene di che cosa è stato capace Napolitano in questi quasi otto anni di presidenza, dunque sono immuni almeno dallo stupore. Autoinvestitosi della missione di salvatore della Patria e autoassolvendosi di volta in volta in nome di “emergenze” reali o inventate, il capo dello stato di necessità non ha mai esitato a travolgere le regole costituzionali per il nostro bene, o almeno per quello che lui pensava esserlo e invece non lo era. Convinto che l’elettorato sia un bambino immaturo e un po’ scemo da rieducare e accompagnare per mano dove vuole lui, s’è autonominato Badante della Nazione e ha perseguito scientificamente il suo disegno politico a prescindere dal voto degli italiani, e sovente addirittura contro di esso. Ma gli alti lai che ora levano i berluscones suonano stonati e infondati: il bilancio delle interferenze e forzature presidenziali è largamente a loro vantaggio, non certo a loro discapito. Per diversi motivi.

1) La prima vittima dei traffici di Napolitano è il secondo governo Prodi, nato nel 2006 con una maggioranza risicatissima al Senato dalle prime elezioni del Porcellum. Il 21 febbraio 2007, dopo meno di un anno di vita, l’Unione di centrosinistra è già in crisi: bocciata in Senato una risoluzione sulla politica estera con appena 158 Sì (su un quorum di 160), 136 No e 24 astenuti. Prodi sale al Colle per dimettersi. Napolitano – come annota il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa nel suo diario, che il sottoscritto ha potuto consultare per il libro Viva il Re! – chiede al premier “numeri certi” al Senato, lasciando intendere che non può far conto sui voti dei senatori a vita. Poi respinge le dimissioni di Prodi e lo rinvia alle Camere per la fiducia, non prima di avergli confidato che sta lavorando con “esplorazioni” sue personali – non si sa a che titolo – a una “maggioranza diversa” da quella uscita dalle urne. Una maggioranza di “larghe intese” con la destra sconfitta. Padoa Schioppa parla di manovre “inquietanti”. Invece B. – che non sopporta di restare fuori dalla stanza dei bottoni, continua a gridare ai brogli e tenta di comprare altri senatori (dopo il già acquistato Sergio De Gregorio) per dare la “spallata” al governo – è entusiasta. “Napolitano detesta il bipolarismo e persegue il suo disegno politico”, annota il ministro dell’Economia, descrivendo il Presidente come un sabotatore del governo Prodi, “pompiere incendiario” che “soffia sul fuoco anziché spegnerlo” e vorrebbe tornare a un sistema malato da Unione sovietica o da partitocrazia modello Prima Repubblica, dove “il governo lo sceglie il partito (o i partiti) e non il popolo”. Un anno dopo, gennaio 2008, Prodi cade per l’uscita di Mastella. Ma, anziché sciogliere le Camere, Napolitano tenta un governo Marini, ovviamente di larghe intese. E solo quando fallisce anche quello si rassegna a sciogliere le Camere.

2) Dopo aver firmato tutte le leggi vergogna del terzo governo B., dallo scudo fiscale al lodo Alfano al legittimo impedimento, nel novembre 2010 Napolitano salva il Cavaliere da sicura débâcle. I finiani di FeL presentano una mozione di sfiducia in aggiunta a quelle delle altre opposizioni. La maggioranza non c’è più. Ma il capo dello Stato convince i presidenti delle Camere Fini e Schifani a rinviare il voto a dopo la Finanziaria: così regala al Caimano un mese di tempo per comprarsi una dozzina deputati: quanti bastano per strappare la fiducia il 15 dicembre.

3) Nell’estate 2011, quando Napolitano inizia a sondare Monti, il governo B. è già alla frutta ancor prima del boom dello spread, che ne è una delle conseguenze: B. e Brunetta vogliono tagliare le tasse, Tremonti – conti alla mano – si oppone, e fra Palazzo Chigi e l’Economia si scatena una guerra che prosegue per tutta l’estate, con gli appelli dell’Europa per una drastica manovra correttiva. Il 5 agosto B. annuncia che gliel’ha imposta la Bce con una lettera firmata da Trichet e Draghi: in realtà – si scoprirà più avanti – la missiva l’ha sollecitata lui stesso per salvare la cadrega. Ma sia lui sia Bossi si oppongono al taglio delle pensioni chiesto dalla Bce e la manovra, riscritta quattro volte, è una burletta. Il 23 ottobre Merkel e Sarkozy lo seppelliscono con la celebre risata di Bruxelles. Il 3-4 novembre, al G20 di Cannes, B. e Tremonti si presentano in ordine sparso, senza neppure parlarsi. Ma il Caimano suonato dice che va tutto bene, “siamo un Paese benestante, i ristoranti sono pieni e si fatica a prenotare un posto in aereo”. Inizia il fuggifuggi dal Pdl e l’8 novembre, al voto alla Camera sul rendiconto dello Stato, la maggioranza si ferma a 308 voti su un quorum di 316. Dunque il governo cade e arriva il Prof, coronando il vecchio pallino di Napolitano: le larghe intese.

È vero che il Presidente tiene nella manica l’asso di Monti già da cinque mesi, ma B. fa tutto da solo: sarebbe caduto lo stesso, anche senza aiuti dall’alto. Il che non significa che Napolitano avesse il diritto di preparare un governo e una maggioranza alternativi 150 giorni prima (e chi ci dice che, nelle telefonate intercettate a novembre-dicembre con Mancino, non parlasse anche di quelle manovre e non le abbia fatte distruggere proprio per questo?). Però B. dovrebbe ringraziarlo: il governo Monti al posto delle elezioni fu per lui manna dal cielo: se si fosse votato allora, visti i sondaggi che lo davano intorno al 10%, ne sarebbe uscito asfaltato per sempre. Invece la politica dei tecnici – tasse, lacrime e sangue per i soliti noti – gli consentirà di risorgere nel giro di un anno. E di risultare decisivo alle elezioni di un anno fa, quando gli italiani votano in massa contro le larghe intese e poi, con i soliti traffici di Napolitano (rielezione compresa), se le ritrovano tali e quali con Letta Nipote: lo schema fisso del Presidente. È semplicemente comico che ora, a lamentarsene, non siano Prodi, Rodotà, gli elettori affezionati al bipolarismo, ma proprio l’utilizzatore finale di tutti quei traffici.

Ecco, a ben guardare il peccato più imperdonabile di Napolitano è proprio questo: essere riuscito – prima con i minuetti sulla grazia e ora con l’emergere delle manovre del 2011 – nell’ardua impresa di far passare dalla parte della ragione un figuro che, da quando è nato, è sempre stato da quella del torto.

Ps. Nella lettera di precisazioni al Corriere che nulla precisa, Napolitano si fa scudo della sentenza n. 1/2013 della Consulta per invocare “riservatezza assoluta” sulle sue “attività formali” e “informali”. Ma non sa quel che dice: quella sentenza, peraltro incredibile e tragicomica, si riferisce alle sue telefonate con Mancino e proibisce di intercettare, anche indirettamente, The Voice. Non gli permette di fare quel che gli pare al riparo dalla libera stampa. Né vieta le inchieste e le domande giornalistiche sull’attività del Presidente nella formazione dei governi. Né lo esime dal risponderne all’opinione pubblica. A meno che, si capisce, non si creda un dittatore o un monarca assoluto. Nel qual caso l’impeachment sarebbe uno strumento persino un po’ riduttivo per mandarlo a casa in tempo utile: prima che trascini davanti alla Consulta pure gli autori di libri non autorizzati da lui, per far bruciare anche quelli.

 

 

Patrimoniale una cippa

Tutti e due si sono sacrificati oltremodo per andare a occuparsi di politica; tutti e due hanno eserciti di gente che li rincorrono per strada implorandoli di “andare avanti”, di pensare al bene dell’Italia. Cioè il loro.
Tutti e due, è evidente, hanno il vizio della bugia unito ad un’incommensurabile faccia come il culo.

Nichi, adesso che profumo senti?

Il Piantagrane wordpress.com

Bersani cambia idea: no a patrimoniale
‘Non sono Robespierre. Rimodulare Imu’

Alla P di patrimoniale saltano tutti dalle sedie come se avessero incassato il peggiore degl’insulti.

Ora che lo facciano quelli che con una patrimoniale ben fatta ci rimetterebbero sicuramente qualcosa, altrimenti non sarebbero di centrodestra e non avrebbero sostenuto un malfattore per una ventina d’anni è anche comprensibile, che lo faccia il segretario del partitone del 40%, quello de’ sinistra, quello che in caso di vittoria alle elezioni andrà a fare nientemenoché il capo del governo non solo è preoccupante ma mi sembra anche una specie di promessa disattesa.

Sappiamo benissimo che Bersani in fatto di politica economica ha idee tutt’altro che morbide e di sinistra, detto questo si può almeno auspicare che metta almeno in pratica quell’uguaglianza, quell’equità e quella giustizia sociale di cui tanto abbiamo sentito parlare e niente più? voglio dire: se i super ricchi non li disturba nemmeno il centrosinistra chi lo dovrebbe fare?

Quella di tassare di più chi ha di più è una cosa talmente ovvia su cui non si dovrebbe nemmeno più discutere.

Ma che vuol dire la patrimoniale c’è già e si chiama IMU, che, come al solito a pagare siamo sempre i soliti stronzi, i soliti noi? ad uno che c’ha un reddito a sei zeri se gli togli qualche migliaio di euro l’anno non gli hai fatto niente, a chi ha di fronte a sé 20, 25 anni di mutuo il danno glielo fanno anche trecento euro in meno, per dire. 

Non l’ho mica scritta io la favoletta che il 10% degli italiani possiede più del 60% di un patrimonio che si potrebbe riequilibrare senza danneggiare chi, grazie a questo bel paese e alle leggi inique che nessun governo ha mai avuto il coraggio di eliminare ha avuto la possibilità di arricchirsi oltremodo. Bersani ha detto che non è Robespierre [e nemmeno Che Guevara e ci mancherebbe].

Si può almeno pretendere un comportamento e una politica in linea  con quelli di altri capi di stato e di governi europei, internazionali che pur non essendo Robespierre e Che Guevara hanno pensato che certi provvedimenti non fossero poi letti come una vendetta ispirata dall’invidia sociale ma semplicemente utili, necessari, in un momento così difficile per la maggior parte della gente?

Diciamo che una patrimoniale in un momento drammatico per tanta gente che non ha in mente di acquistare uno dei circa 700 superyacht che verranno venduti entro quest’anno sarebbe un bel modo di dimostrare un po’ di riconoscenza, ecco.

Sono pragmaticamente d’accordo con la Littizzetto

Sottotitolo: su una cosa berlusconi ha ragione; a noi dello spread non doveva interessare niente.
I cittadini normali di un paese normale di un mondo normale non sono obbligati a doversi intendere e interessare di economia. Non sono obbligati a dover seguire le notizie che arrivano dalle borse di tutto il mondo, a seguire le oscillazioni delle monete, a sapere quali azioni e di chi sono in attivo e in positivo e quali invece seguono l’andamento della politica quando questa fallisce il suo compito. Non dovevano essere costretti ad imparare un linguaggio sconosciuto, complicato, da addetti ai lavori. Tutto questo era e doveva restare un dovere della politica, visto che è la politica che ha scelto di sottostare al cosiddetto mercato invece del contrario, di essere il controllore, di quel mercato.

Littizzetto, l’ultima notizia prima delle televendite

Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano

La televisione è il contraccettivo preferito del Cavaliere per oscurare la realtà e mostrarsi sempre con il sorriso fintamente giovane. La televisione è il cerone che sovrappone le due maschere e può alimentare la rincorsa elettorale: il mezzo è un palco, il messaggio è un comizio. Presto vedrete carovane di Santanché, Ravetto, Gasparri e Cicchitto invadere le trasmissioni, diventare arredamento di salotti e rumore di sottofondo. A quel punto, e forse la Littizzetto vuole metterci in guardia, un commentino così leggero non lo sentirete più. Qualcosa che suona come “Berlusconi ci hai rotto il cazzo”.

Genitori, politici, dirigenti rai, movimenti, che lo dico a fare? cattolici, anche parte della società civile, gente di sinistra e perfino Polito, noto giornalista super partes,  di una partes qualsiasi,  s’indignano: tutti contro la Littizzetto colpevole di aver fatto una battuta.
Come se il problema fosse pronunciare la parola “cazzo” in prima serata tv.
Come se fosse vero il teorema che parlare “male” di b significa aumentare il suo potere e non invece che quel potere lui lo abbia ottenuto grazie alla mancanza di una vera azione di contrasto.  Il consenso non gli è arrivato certo dai comici che facevano battute su di lui, quello che gli ha permesso di arrivare fino ad oggi è stata un’opposizione inesistente e assente, molto spesso, connivente. La satira smetterà di occuparsi di b quando lo faranno tutti quelli che ancora oggi lo considerano un interlocutore in grado di ricattare, di avere voce in capitolo, di poter dire oggi alla luce di tutti i danni che ha prodotto che i suoi governi sono stati i migliori senza che nessuno abbia il coraggio di dirgli che non è vero.
Il compito della satira è quello di ridicolizzare il potere, è stato sempre così da che esiste la satira: con berlusconi ci vanno a nozze. Anche la stampa estera lo ha esaltato raccontandoci le sue gesta in tutti questi anni e mettendolo ieri dentro un water? chi voleva capire cosa succedeva esattamente in  questo paese negli ultimi tre anni, almeno, i più significativi a descriverci la statura morale e civile di b, doveva andare a leggersi le rassegne stampa dei paesi liberi, quelli che a differenza del nostro non temono di dare importanza a uno dicendo e scrivendo che è inadatto alla politica non per colpa della politica ma della sua.
Cosa che qui, a parte le solite rare eccezioni “populiste” non ha fatto nessuno, nemmeno Polito che in questo squallido ancien régime si è sempre accomodato alla perfezione.
Mi piacerebbe sapere dov’era tutta questa indignazione quando tutti i talk show portavano in prima serata un delinquente diffamatore recidivo, chiedo alle associazioni cattoliche e a quelle dei genitori: è più diseducativa la parola “cazzo” o il fatto che ad un condannato alla galera per un reato odioso come la diffamazione si concedano pubbliche tribune nella televisione pagata coi soldi di tutti per difendere se stesso e screditare i Magistrati? per non parlare di tutte le oscenità vere che passano continuamente nelle televisioni e a tutte le ore.
Dei veri messaggi distorti, volgari e violenti a cui però nessuno dà la minima importanza.
E’ in queste occasioni che viene fuori tutta la piccineria di gente che non si sente toccata minimamente dai veri problemi di questo paese: c’è gente a cui non fa né caldo né freddo il fatto che un abusivo, impostore e disonesto abbia avuto  così  voce in capitolo nella società italiana al punto tale da stravolgerla a sua immagine e somiglianza, uno che da diciannove anni fa il bello ma soprattutto il cattivo tempo nella politica e lo ha potuto fare col benestare di tutti, di quella politica che avrebbe dovuto impedirglielo, della chiesa che tutto gli ha perdonato e contestualizzato.  berlusconi è indagato in un processo per sfruttamento della prostituzione minorile,  è stato condannato per frode fiscale ma a proposito di questi argomenti  non si è levata nessuna voce dalle associazioni cattoliche, anzi monsignor Fisichella ha ritenuto opportuno “contestualizzare” quella bestemmia che pronunciò pubblicamente e da presidente del consiglio  che in fin dei conti era solo una battuta.

Quella di un comico invece  no, per la nostra bella società di irriducibili ipocriti e bigotti è irricevibile:  lo scandalo è la parola “cazzo”, e sarà la stessa gente che non s’indignerà pubblicamente e non farà un plissè quando fra poco berlusconi tornerà ad occupare manu militari le tv , le sue e la nostra per la sua campagna elettorale.
Quando a nessuno sarà più data – per la gioia della massa ipocrita che popola questo sciagurato paese – la possibilità di poter dire con parole semplici quello che tanti italiani e non solo – basta leggere le rassegne stampa estere per saperlo – pensano ma non hanno una ribalta visibile da cui poterlo dire.

Le retour de la momie

“E’ tornato incazzato come un puma con Passera. Perché ha detto che non sarebbe un bene il suo ritorno in politica: una cosa che avrebbero detto tutti, Obama, la Merkel, perfino Al Qaeda. 
E’ che è più forte di lui. Quando vede che il paese ce la fa lui non resiste, deve tornare. Monti ci ha messo tutte ‘ste supposte una per una come le cartucce di una cerbottana, adesso torna berlu e sale lo spread, io, non dico il pudore che è un sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di aver rotto il cazzo, no?”.

Sole 24 Ore: Piazza Affari crolla in apertura [-2,30%], lo spread schizza a 350 punti, giù i bancari. Tra i pochi titoli a resistere Campari, Luxottica Snam, e guarda caso, Mediaset.

La Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti e venduti quotidiani tedeschi, posizione liberal, “racconta” così il ritorno di Silvio Berlusconi.

Di nuovo in alto“, sempre per quella storia dell’autorevolezza.

Financial Times: “se B. avesse un po’ di pudore la smetterebbe di giocare con il presente del proprio Paese”.

El Pais: “B. è disposto a morire uccidendo”.

Oscar Giannino a Radio 24: “Berlusconi e il pdl casi clinici: il fascismo ha avuto una fine più dignitosa”.

Sottotitolo: ma se quella di Schicchi [pace all’anima sua che almeno ha contribuito a rasserenare un sacco di gente] era pornografia, quello che si fa in altri ambiti, ad esempio nella politica, cos’è? la fornero che ieri sera  a Report difendeva il suo disastro chiamato riforma permettendosi anche di fare dell’ironia col giornalista che la stava intervistando  è molto più oscena di mille inquadrature hard.  Almeno la pornografia – come tutte le arti – non toglie nulla ma al contrario restituisce in termini di serenità, sebbene temporanea ed effimera: di questi tempi, un lusso.

La prima pagina dell’edizione di oggi del quotidiano francese: ovvero il prestigio internazionale di cui gode berlusconi e che ha sempre fatto fare all’Italia la sua porca figura.

Gianfranco Fini a Che tempo che fa: “berlusconi ha una concezione della dialettica politica un po’ padronale”.
Lui e casini sembrano due estranei, due che hanno fatto solo finta di sostenere i governi dell’irresponsabile delinquente.

Buoni a nulla che hanno rinunciato per opportunismo politico e convenienza personale a costruire una destra liberale e non fascista come ce n’è  in tante democrazie europee.

Berlusconi: “Il tempo dei tecnici è finito”
E ora punta a due ore di show su Raiuno

Ma da uno che prima di dare delle dimissioni virtuali, che non hanno spostato di una virgola la possibilità di avere ancora voce in capitolo, di poter condizionare, naturalmente sempre in negativo, l’andamento politico, uno che mentre l’Italia precipitava ha pensato che la cosa più urgente da fare fosse riunirsi coi figli, il socio in malaffari, il fido mavalà per mettere al sicuro la sua roba – cosa che ha continuato imperterrito a fare anche in questi dodici mesi perché questo è il motivo, l’essenza della sua famosa  “discesa in campo” –  cosa ci si poteva aspettare? la colpa è di chi poi vota uno così o di chi lo ha legittimato fino ad ora? Napolitano gliele ha concesse tutte, Napolitano, il cosiddetto garante della Costituzione e di tutti gli italiani, non di una parte di loro è stato il presidente della repubblica che più di tutti lo ha fatto non mettendosi mai di traverso; è il presidente dalla firma facile e che ancora oggi accoglie a braccia e sorrisi aperti Gianni Letta, l’uomo che ha materialmente creato il politico berlusconi, quello che ha scritto la sua agenda in tutti questi anni; il deus ex machina di tutta l’azione che ha portato alla demolizione, alla distruzione economica, morale ed etica di un paese intero compiuta da  uno che dalla politica doveva stare lontano miliardi di chilometri ma al quale invece TUTTI hanno offerto una prima, una seconda, una terza, una quarta, una quinta e oggi financo una sesta possibilità.

Questo significa solo una cosa, che la strategia politica di chi avrebbe dovuto impedire o perlomeno – a giochi purtroppo fatti – contrastare l’ascesa politica di berlusconi è stata fallimentare; significa non aver capito che non è berlusconi il pericolo ma tutto il sistema che gli ha permesso di arrivare fino ad oggi.

Significa non aver capito che sono stati tutti complici.

I finti Monti – Marco Travaglio, 10 dicembre

Ora che Monti cade, la tentazione è ripubblicare quello che noi del Fatto, in beatissima solitudine, scrivemmo 13 mesi fa quando Monti nacque. Purtroppo, non c’è da cambiare una virgola: nel prologo era già scritto l’epilogo. E oggi l’unica cosa che stupisce è lo stupore di Napolitano e Monti, che Ferruccio de Bortoli descrive “sbalorditi” e “indignati”, il primo che “non si persuade” e il secondo che “non si capacita”. Ma solo chi, dopo 19 anni, non ha ancora capito niente di B. può meravigliarsi di quel che accade: quelli che s’illudevano che il Caimano si fosse ritirato per il suo alto senso delle istituzioni, rassegnato a un dorato pensionamento in cambio della prescrizione sul caso Mills, della condanna annullata a Dell’Utri e del congelamento dell’asta sulle frequenze tv, e ora vibrano di stupefatto sdegno perchè, al momento buono, ririririridiscende in campo e manda il governo e l’Italia a gambe all’aria. Ma con chi credevano di avere a che fare: con uno statista? Quel che accade è la naturale conseguenza della scelta sciagurata compiuta un anno fa da Napolitano, Bersani e Casini di non andare subito alle urne, cioè di cambiare il governo senza cambiare il Parlamento, consegnando i tecnici a una maggioranza-ammucchiata controllata, anzi ricattata da chi aveva condotto il Paese nel baratro. Il nemico –insegna Machiavelli– va eliminato subito, possibilmente la prima notte. Votando un anno fa, B. sarebbe stato asfaltato dagli elettori. I partiti di opposizione (Pd, Fli, Udc, Pd, Idv), che avevano osteggiato le ultime leggi vergogna e la mozione su Ruby nipote di Mubarak, avrebbero potuto assecondare i mercati e l’Europa indicando Monti come premier di una maggioranza di salute pubblica che in due anni risanasse i conti dello Stato e poi restituisse la parola agli elettori per ripristinare la normale dialettica democratica fra un centrodestra e un centrosinistra finalmente ripuliti e rinnovati. Lo spread si sarebbe placato, B. sarebbe tramontato e un Monti legittimato dal voto popolare e sostenuto da una maggioranza politica avrebbe avuto le mani libere per accollare i costi della crisi a chi ha di più anziché ai soliti noti: draconiana lotta agli evasori, serie leggi anticorruzione, antimafia e anticasta, patrimoniale, liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli netti a spese folli e inutili come il Tav, gli F-35 e i 40 miliardi l’anno di incentivi alle imprese. Invece i “professionisti della politica”, quelli che si credono molto furbi e giocano a Risiko con la democrazia, han pensato di salvare un’altra volta B. mettendogli in mano le chiavi della maggioranza. Lui li ha lasciati fare. Ha profittato dalla quiete sui mercati per risollevare i titoli boccheggianti delle sue aziende, ha incassato tutto l’incassabile su giustizia e tv, ha avuto il tempo di far dimenticare a mezza Italia i disastri e le vergogne dei suoi governi. Ogni due per tre Monti gli lisciava il pelo, dandogli dello “statista”, bloccando l’asta tv, scrivendo finte leggi su corruzione e incandidabilità, esaltando le virtù civiche di quell’altro galantuomo di Letta, sempre incensato pure da King George. Ora Napolitano e i suoi giornaloni cadono dal pero e scoprono che B. antepone i suoi affari alle istituzioni. E Monti confida a de Bortoli le “pressioni sulla giustizia” che lo statista di Milanello gli ha inflitto per mesi (grazie, ma si notavano a occhio nudo dalla politica giudiziaria e televisiva del suo governo). Ma tu guarda:
lo statista bada ai suoi porci comodi, chi l’avrebbe mai detto. Davvero questi finti tonti pensavano che B. si sarebbe accomodato buono buono su una panchina dei giardinetti, mentre sistemavano sulle poltrone che contano Monti, Bersani, Montezemolo, Passera, Casini e Fini, senza dimenticare uno strapuntino per Vendola e uno per Alfano e/o Frattini? La verità è che lui non si accontenta mai: come dice Cecchi Gori, che ci è già passato, “gli dai un dito e lui ti prende il culo”. Deve ancora nascere chi lo mette nel sacco: Bersani, Casini e Fini dovranno difendersi per tutta la campagna elettorale dall’accusa di aver riempito l’Italia di nuove tasse, mentre lui che le ha votate tutte fingerà di essersi opposto da sempre; e avrà buon gioco a gabellare Monti per un criptocomunista, come nel ’95 fece con Dini, affossandone la figura super partes e impallinandolo nella corsa al Quirinale, dove King George l’aveva già destinato in barba agli elettori.
Sono vent’anni che chi pensa di fregarlo col “dialogo” finisce fregato: per informazioni, citofonare D’Alema e Veltroni. E, da ieri, anche Napolitano e Monti. Ben arrivati nel CVB, Club Vittime di Berlusconi

Ve lo meritate, Alberto Sordi

 

Un paese intero ostaggio di due che da mesi giocano a chi ce l’ha più lungo e a chi l’ha fatto alzare di più [lo spread, naturalmente]. 
Tutti e due per motivi diversi, completamente estranei al concetto di democrazia – e infatti l’ascesa politica di entrambi è stata tutto fuorché il frutto di azioni democratiche – ma tutti e due considerati “istituzione”.
Poi arriva Grillo e lo trattano,  lo considerano come un terrorista in grado di sovvertire le regole democratiche, il pericoloso nemico da abbattere, il duce del terzo millennio, e allora aveva ragione Nanni Moretti: “ve lo meritate, Alberto Sordi”.

Facciamo finta
Marco Travaglio, 8 agosto

Facciamo finta che B. avesse coronato il suo sogno e il nostro incubo: diventare presidente della Repubblica. E si fosse messo subito all’opera, trascinando la Procura di Palermo che indaga sulla trattativa stato mafia dinanzi alla Corte costituzionale con un conflitto di attribuzioni mai visto, dopo aver tentato invano di depotenziare l’indagine su richiesta di un politico coinvolto. E che subito dopo, per fare cosa gradita, il Csm avesse avviato una pratica per trasferire il Pg di Caltanissetta, reo di aver puntato il dito in via D’Amelio, commemorando Borsellino, contro i politici che trattarono con la mafia. E che, animata dallo stesso trasporto, la Procura generale della Cassazione avesse avviato un’azione disciplinare contro il procuratore di Palermo e contro uno dei pm titolari dell’inchiesta, colpevole di aver rilasciato addirittura un’intervista per spiegare le scelte giuridiche della sua Procura. Oggi, nonostante la canicola, avremmo le piazze giustamente piene di gente che grida all’allarme democratico, scandendo slogan tipo “giù le mani dalla Procura di Palermo”, “la legge è uguale per tutti”, “con la mafia non si tratta”, “processo alla trattativa, se non ora quando?”, col contorno di titoloni sulla stampa progressista e sul Tg3, appelli, manifesti, petizioni, raccolte di firme, catene umane, allarmi di gruppi, associazioni, comitati, movimenti, intellettuali, giuristi e costituzionalisti democratici, Anm, reduci della guerra partigiana, sindacalisti e naturalmente politici di centrosinistra schierati come un sol uomo dalla parte dei pm attaccati concentricamente da Quirinale, Governo, Consulta, Csm, Procura della Cassazione e Avvocatura dello Stato. Invece niente: al Quirinale c’è un altro, dunque tutto tace. L’ordine regna a Varsavia, anzi a Roma. Facciamo finta che B. fosse ancora al governo e se ne andasse in gita in Germania a lagnarsi dell’esistenza dei parlamenti nelle democrazie parlamentari, inutili impacci che impediscono ai governi di fare come pare a loro. E che giustamente venisse criticato da giornali tedeschi, politici tedeschi e infine dalla cancelliera tedesca. Oltre alle piazze piene eccetera, dal Quirinale partirebbe un vibrante e sacrosanto monito terra-aria sui valori della Costituzione, l’importanza del Parlamento e la divisione dei poteri, mentre l’incauto premier verrebbe crocifisso da giuristi, costituzionalisti, sindacalisti, intellettuali, partigiani e politici di centrosinistra che gli insegnerebbero i fondamentali della democrazia parlamentare. Invece niente: a Palazzo Chigi c’è un altro, dunque tutto tace. Anzi, Bersani e Letta jr. attaccano i tedeschi che osano criticare il Caro Premier, amorevolmente assistiti sulla fu Unità dal vignettista Staino (“La stampa tedesca contro l’antidemocratico Monti”. “E chi si credono di essere, Idv e Lega?”). L’ordine regna a Varsavia, anzi a Roma. Dal Colle intanto partono bordate contro Di Pietro, che s’è azzardato a rammentare ciò che di Napolitano disse Craxi al processo Cusani: “Nuovi artifizi provocatori in un crescendo aggressivo”. Ohibò, ma non fu proprio Napolitano, due anni fa, a riabilitare Craxi con una lacrimevole lettera alla vedova, in cui lamentava che l’esule-martire fu trattato dai giudici “con una durezza senza eguali”? Vuole forse l’esclusiva? O la sua era una riabilitazione selettiva? Facciamo poi finta che il governo B., tuttora imperversante, si schierasse con gli avvelenatori assassini dell’Ilva, spalleggiandoli nella guerra al gip che ha sequestrato gli impianti inquinanti e nelle pressioni ricattatorie (e per fortuna vane) sui giudici del Riesame perché annullino l’ordine del gip. Avremmo piazze piene e moniti à gogò. Invece l’unica piazza piena è quella di Taranto, gremita di lavoratori costretti da un governo regionale e nazionale imbelli e complici a scegliere fra la vita e il lavoro. Per il resto, siccome al governo non c’è B. e nemmeno al Quirinale, tutto tace. E la chiamano ancora democrazia.

Foreign affairs (e non solo)

 

Son proprio forti gli americani…spostano l’Air Force One per una gitarella di tre ore.

Obama promette giustizia ai familiari delle vittime di Denver.

Però la legge sul possesso scellerato e indiscriminato di armi no, quella non si cambia. Nel frattempo le stesse persone che non vogliono l’abolizione di quell’abominio sono le stesse che poi organizzano fiaccolate di cordoglio ad ogni strage “della follia”. L’apoteosi dell’ipocrisia.

Come dice il mio amico Gianni, un paese che organizza party alle esecuzioni capitali, spara a chi getta una cicca, cura solo i ricchi non lo fa solo per selvaggi spiriti giovanili.
E se i 2/3 della popolazione americana non vogliono l’abolizione del permesso di uccidere allora ci facessero la cortesia di ammazzarsi quanto e quando vogliono ma in silenzio, possibilmente.

Ibrahimovich, a quanto pare, guadagnerà 90 volte di più del presidente Hollande e 1000 più di un lavoratore a stipendio/salario normale. Possibile che il calcio rincoglionisca così tanto un po’ ovunque? L’Europa qui non dice niente, chessò, una regoletta, un tetto, niente?
I soldi sono dello sceicco? non importa, lo sceicco si adegui alle regole di un occidente in crisi economica se vuole, altrimenti restasse a fare lo spiritoso a casa sua.  Certi compensi sono eticamente immorali, di questi tempi.

  Io sono sempre favorevole ad un tariffario: quanto guadagna un professionista, medico, avvocato eccetera? ecco, lo stipendio base deve essere quello anche per un calciatore, poi se va a guadagnarsi altro coi marchi, la pubblicità sono fatti suoi, se ci paga le tasse,  fermo restando che il calciatore, l’attricetta, il bonazzo  fanno lievitare i costi dei prodotti che reclamizzano  e dunque alla fine hanno un costo che ricade sulla collettività.

TUTTO ha dei costi che ricadono sulla collettività.

berlusconi disse, a proposito di Nesta, che era immorale spendere tanti soldi per un calciatore solo però, lo disse quando l’aveva già comprato.

Spero che tutti si ricordino del caso Lentini, quello fu il principio della fine del calcio.
Lo sceicco si adegua alle regole europee e noi qui potremmo impedire con leggi serie – tipo quella sul conflitto di interessi – che un presidente del consiglio sia anche il proprietario di squadre di calcio.
Ma più che altro viceversa in  modo tale che una cosa non interferisca con altre che non c’entrano niente.
Leggevo che lo stesso sceicco ha acquistato l’intera ‘maison’ di Valentino per la modica cifra di 700 (settecento) milioni di euro. L’alta moda  di Valentino non è alla portata di tutti, ma chi ha tanti soldi da buttare in abiti che costano anche qualche migliaio di euro forse li investirebbe più volentieri per acquistare prodotti prestigiosi italiani piuttosto che per far  arricchire lo sceicco del Qatar.

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Le sentenze del G8 e di Federico hanno fatto scuola, sono state educative per tutti: maroni si è subito preoccupato di consigliare il governo di avere la mano più dura coi manifestanti NOTAV, lui se non ci scappa il morto non si diverte.

Da Aldrovandi alla Diaz: una firma contro la tortura

 

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I dispetti alla Merkel glieli sappiamo fare solo in uno stadio e su un circuito di Formula uno…peccato che in altre e ben più importanti sedi non ci riesce nessuno, nemmeno Cybermario.

Un paese dove i lavoratori dipendenti, quelli che le tasse le pagano tutte e in anticipo, visto che gli vengono sottratte direttamente in busta paga e che in dodici anni hanno ricevuto, udite udite, ben 29 euro di aumenti complessivi è un paese morto.

Nel 2000 gli operai stavano meglio di oggi.

Questo dovrebbe significare qualcosa;  gli adeguamenti ci sono stati solo sulle grandi cifre, e cioè un parlamentare che prima guadagnava 16 milioni al mese (di base) oggi guadagna 16.000 euro e non è la stessa cosa, un operaio e un impiegato che guadagnavano un milione e duecentomila lire al mese oggi NON guadagnano 2400 euro ma 1200 euro, e non è la stessa cosa.

Hollande attua politiche di sinistra, al confronto di Bersani pare Che Guevara e lo spread scende, qui con le famose politiche del rigore e dei sacrifici (a senso unico, quello dei lavoratori) lo spread è tornato ai bei tempi di quando c’era lui, e allora a cosa è servito il massacro sociale non lo sappiamo, e nessuno ce lo spiega.
Finché non si capirà che la ripresa può avvenire soltanto attuando una politica di redistribuzione delle risorse non ne usciamo.

Gli imprenditori vogliono il rinforzino dallo stato ma poi se quello che producono la gente non lo può comprare a che serve dare sempre e tutto a loro e niente a noi?

Qual è il senso  di impoverire chi già faceva fatica prima, sempre,  e lasciare tutto in mano ai pochi e ignobili soliti noti?

E Monti ha pure il coraggio di citare De Gasperi, lui che ha già annullato anche le generazioni che devono ancora nascere?

 

Che due palle, il lavoro!

“Che monotonia il posto fisso” dice Monti e il pensiero corre subito agli “sfigati” del vice ministro Michel Martone, ai “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, lo stesso che disse che “le tasse sono bellissime”, a Brunetta con i precari che lo contestavano: “Siete la peggiore Italia” li apostrofò, a “sposi mio figlio” di Berlusconi.
L’ultima parola spetta al Papa. Intervenuto sul tema nel maggio 2010, ha voluto rivolgere un pensiero ai precari. “Il posto fisso non è tutto”,  li ha rassicurati.
TUTTA GENTE COL POSTO FISSO… TUTTA GENTE CHE GUADAGNA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO AL MESE E DICE ALLA GENTE DA 800 EURO CHE DEVE FARE SACRIFICI PER SALVARE L’ITALIA…
C’è da riflettere…
o no? (Aldo Vincent)

 

Sottotitolo: in un paese normale un primo ministro (specie se sobrio) parlerebbe con cognizione di causa, e in un momento così difficile starebbe molto attento a pesare le sue parole, userebbe una discrezione elegante (proprio perché è sobrio) e non direbbe niente di più di quanto sia in realtà necessario. Perché che avere la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio siano per lui cose monotone e noiose (e lo capiamo, uno che ne ha più di una di quelle occupazioni deve essersi ben rotto i coglioni di accumulare stipendi milionari in ogni dove) può essere oggettivamente una sua legittima opinione. Ma non può mai essere quella del presidente del consiglio italiano. Monti invece parla come se non sapesse quale paese sta governando: qualcuno gli dica che questa è l’Italia, non l’Olanda, il Belgio, la Germania o l’Inghilterra.
Se poi  a dire certe cose è uno a cui il posto fisso ‘a vita’ lo hanno regalato, quello di senatore, si capisce meglio perché è impossibile da sopportare.

Monti: “Posto fisso? E’ monotono”
“E lo spread scenderà ancora”

Napolitano ha chiamato Monti per far calare lo spread, e in effetti lo spread cala.
Rendere precario e “flessibile” mezzo paese, tagliare e togliere tutto all’altrà metà fa calare lo spread: non ci volevano i professori per una manovra così “azzardata”.
Si chiama liberismo, praticamente lo stesso ideale e lo stesso obiettivo di quello che c’era prima, quello col quale Monti si vanta di aver mantenuto una “significativa collaborazione”. (Noi speravamo di no ma ormai siamo abituati ai calci in bocca quotidiani, non fanno più nemmeno tanto male, vero?). Quando poi la metà della gente sarà praticamente e letteralmente morta di fame e l’altra metà costretta a lavorare in condizioni di schiavitù lo spread sarà sceso ormai sotto lo zero come le temperature di questi giorni.
E tutto questo senz’aver avuto neanche il tempo di annoiarsi.
Beato chi ci arriverà, a potersi togliere lo sfizio di annoiarsi.

Fare questi discorsi mentre ci sono aziende che delocalizzano non perché in difficoltà ma per l’odiosa logica dei profitti del padrone, che non esitano a mettere centinaia di persone per strada io credo che sia perfino pericoloso. Questo è un paese dove non ci si può permettere di oltraggiare più di così il mondo del lavoro.

Una cosa è accettare una sfida, un’altra non avere nemmeno la possibilità di provarci, dall’alto di certe posizioni è molto facile dispensare perle di ‘saggezza’, in un paese poi dove tre ragazzi su cinque non hanno proprio un lavoro, e figuriamoci se possono sperare nel posto fisso. Ma chi glielo dà un posto fisso a ‘sti figli, oggi? manco si chiamassero Michel Martone, vah. Io dico che PER FORTUNA c’è ancora chi ha la possibilità di annoiarsi col posto fisso, altrimenti chi ci penserebbe ai figli che non ce l’hanno? il welfare dei figli siamo noi genitori che mettiamo toppe ovunque, anche quando i figli escono di casa,  lo facciamo per loro e per i loro figli, e lo facciamo perfino con gioia. Ma questi sono problemi distanti anni luce dalla meravigliosa sobrietà dei professori in loden e delle professoresse dalla lacrima facile col tacco 5.
La verità è che chi fa discorsi sulla flessibilità, mobilità, chi ventila una maggiore facilità di poter licenziare (perché l’articolo 18 non è un totem né un tabù) è tutta gente che chissà come mai guadagna migliaia di euro moltiplicati per vari stipendi ed è incollata ad una o più poltrone da decenni, ed è anche grazie a gente così che questo paese è ridotto così male, grazie agl’inamovibili delle carriere che non liberano mai un posto per gli altri e non offrono mai la possibilità a nessun altro di dimostrare che è meglio di loro, di chi si è accaparrato i posti migliori nei modi che sappiamo, tipo Martone, per dire.
Salvo poi fare le pulci e non solo a chi è costretto a fare qualche ora di lavoro extra per non morire di fame.
Idealizzare la precarietà, predicare a mò di mantra che solo coi licenziamenti si può risolvere la crisi (mentre tutti sanno che è vero il contrario)  dopo aver sistemato se stessi e almeno le prossime due o tre generazioni significa avere solo una grandissima, sesquipedale faccia come il CULO, se almeno tacessero non farebbero un soldo di danno.

Così, giusto per non aggiungere anche le beffe.  E non sarebbe disdicevole ammettere di aver detto una cazzata, anche se ci si chiama Mario Monti, e magari  chiedere scusa alla gente in difficoltà che è molta più di quella che a suo dire, si annoierebbe. Anche sobriamente, s’intende.

Che due palle, il lavoro!

Ieri notte, leggendo i lanci di agenzia, ho trovato la dichiarazione del Professor Monti, e aggiornando il mio status su Facebook, ho ceduto al turpiloquio. Ora davvero vorrei scusarmi, ma non posso. Ho scritto “Monti: “Che monotonia il posto fisso I giovani si abituino a cambiare” … [Così, va … nemmeno più un poco di pudore. Brutto figlio di troia!]”
Credo, in fondo, che il nostro cedere al turpiloquio sia ancora la salvezza per gente così. Ci accontentiamo di augurare male, di mandarli là dove dovrebbero andare, e a volte quando ci assiste la fantasia, riusciamo ad immaginare scenari più apocalittici, vederli arrancare nella vita, tali e quali a noi. È la loro fortuna, perché una parolaccia non li ammazzerà.
Oggi mi scrivono che è vilipendio, che non devo permettermi, che comunque è meglio di quell’altro tizio, e che almeno il rispetto è dovuto alle istituzioni. Rispetto? Nemmeno un po’.
È sì vilipendio, ma vilipendio al cittadino. Al lavoratore, a chi fatica, al giovane a cui è impedito di sognarsi una vita possibile. Con Monti non si tratta più di arroganza del potere, ma di semplice fantascienza, una sorta di delirio di onnipotenza, di chi sa di avere carta bianca, di poter fare esattamente qualunque esperimento sulla pelle di cavie innocenti – e le cavie siamo noi. Testano il sistema, spingendosi fino al limite, stando in attesa di vedere la corda spezzarsi, e anche quel giorno sperimenteranno ancora, magari la repressione, l’esercito, gli arresti di massa. E in effetti lo stanno facendo già.

Il nonno bonario si affaccia alla televisione per annunciare uno dei suoi già famigerati slogan: salva Italia, cresci Italia e ora la “monotonia del posto fisso”. E sai che palle avere un lavoro di routine, che ti devi alzare la mattina per andare a lavorare, e che poi a fine mese ti danno uno stipendio col quale puoi addirittura pagarti l’affitto e il riscaldamento, il canone della RAI, e le sigarette. Che due palle, sapere che lavorerai ogni giorno della tua vita, fino ad arrivare alla pensione! Meglio cambiare in nome della mobilità tutta italiana: lavori tre mesi al calla center e poi ti licenziano, fingono di far fallire la ditta e ti riassumono il giorno dopo sempre per tre mesi ma con un contratto sempre più sfavorevole, con la nuova formula contrattuale che recita: “se ti va è così o sennò pigliatela in culo, che tanto fuori di morti di fame come te, c’è una fila.”

La politica non politica ora siede in Parlamento, fortemente voluta da tutti i partiti italiani – anche quelli come la lega che hanno fatto finta di fare opposizione – per fare il lavoro sporco, quello che tutti si son guardati dal fare, dire e persino pensare. Il nonno non politico, il professore che sembra essersi laureato da Vanna Marchi, coadiuvato dai suoi maghi Do Nascimento sputano in faccia al volgo, certi di restare impuniti, perché appunto, oltre che mandarli a fare in culo, che si fa?
Non mi stancherò mai di dire che la vera Rivoluzione Italiana, sarebbe quella di prenderli uno per uno e condannarli a finire i loro giorno vivendo. Vivendo la vita che loro hanno destinato a noi, di fame e precariato, di pensioni minime che ti obbligano all’assistenza della Caritas, di denti che cadono senza poter essere rimessi in bocca, di calzini bucati e scarpe consumate. E per le signore l’eleganza a cinque euro comprata dai cinesi, le borse di Dolce e Poiana comprate dal negretto al mercato dopo lunga contrattazione. Poco pane e poca pasta, e non perché sei a dieta, ma perché di più non ne puoi comprare.
Gente così, mi vilipende ogni volta che respira. E ribadisco: gli fosse rimasto almeno il pudore. Dovrebbero andare in televisione con un paio di mutande sulla testa, per poter parlare con me.

Rita Pani (APOLIDE)

Italici orgoglioni

Forse se la si smettesse di pensare sempre a chi c’era prima per fare il confronto con Monti, si dimostrerebbe anche una maggiore maturità. Possibile che basta così poco, o che ci voglia uno come Monti per sentirsi “orgogliosi di essere italiani”? L’avevo già scritto ieri sera nella mia pagina di Facebook dopo la puntata di ‘Che tempo che fa’: qualcuno dovrebbe dire a Monti che gli italiani non hanno accettato “responsabilmente” proprio niente.
Gli italiani, dopo essere stati terrorizzati perbenino dallo spread che saliva e scendeva (cosa che continua imperterrito a fare nonostante l’eccellenza: è proprio stronzo, ‘sto spread) hanno dovuto subire le scelte di questo signore al quale un altro signore aveva affidato le sorti del paese consultando nient’altro che stesso. E questo, in un momento di ‘emergenza’ ci starebbe pure, quello che non ci sta sono le conseguenze di questo agire. Perché a me sentire gente che dice cinguettando di essere tornata ad essere orgogliosa di essere italiana perché al posto di berlusconi c’è Monti (quindi si può immaginare facilmente che molti si fossero sentiti così quando al posto di Prodi c’è andato berlusconi: siamo italiani mica per niente) fa capire per l’ennesima volta che agli italiani il manganello piace, sia che si tratti dell’oggetto in sé o di altri modi per sedurre e convincere, che siano l’infatuazione mediatica o il creare un esagerato allarme per ottenere consenso e credibilità fa davvero poca differenza.
Piccola considerazione: si sente molto parlare di evasione, di lotta all’evasione, il blitz a Cortina ha eccitato gli italiani più di un film porno: e la corruzione? come mai di corruzione non si parla mai, è stata già liberalizzata a nostra insaputa?


Esportatori di buoni esempi

Si sente ripetere come una sorta di mantra, che ora l’Italia non deve più vergognarsi, e anche che gli altri paesi europei, da noi, dovrebbero prendere esempio. Io resto un po’ così, stupita e dubbiosa. Certo, se consideriamo il nonno che mandiamo in giro a rappresentarci, ora va meglio di prima, almeno dal Professore nessuno si aspetterebbe che possa scorreggiare a tavola, o toccare il culo alla Regina Elisabetta, ma per il resto, davvero, di cosa dovremmo andare fieri ed orgogliosi, e cosa mai potremmo insegnare ad un’altra nazione mediamente civile?

Quale sarebbe l’esempio? Il moltiplicarsi di tasse e balzelli che continuano ad istigare il popolo al suicidio? La desolazione dei negozi che chiudono perché è sempre più difficile trovare soldi da spendere? I vecchi che rovistano nei cassonetti?

C’è di più. Ci sono le nuove vergogne, quelle che provo quando penso all’arroganza tutta italiana che può spingere un tale a veri e propri deliri di propaganda: chiedere alla Merkel di prendere esempio … Quale?

Da giorni, se non da settimane ci sono troupe televisive impegnate in ore e ore di inchieste sugli scontrini a Cortina. Inviati speciali per raccontare ad un popolo che sta esalando l’ultimo respiro, col telecomando sempre in mano, come fosse una Bibbia, gli inghippi, le ripercussioni, le tragedie di una località turistica colpita dalla Guardia di Finanza. Non so, ma non riesco a immaginare la Germania immersa nella stesso scandalo: l’ignominiosa pretesa di emettere scontrino fiscale.

Potremmo forse insegnare – e gli altri stati dovrebbero prendere esempio – a pagare a peso d’oro vecchie glorie del calcio gonfie di vita debosciata, attorucoli in disarmo o ex partecipanti a cene eleganti, per la partecipazione ad una trasmissione televisiva, mentre chi guarda la Bibbia forse non sa che anche non pagare l’aumento del canone della RAI potrebbe far incazzare Equitalia.

Cosa, di grazia, dovrebbe renderci fieri di questo stato? Abbiamo fatto arte della corruzione tanto da essere in grado di far arrossire la Colombia. La gente si ammazza per strada come nel far west, e per la prima volta la politica s’indigna: “Troppe pistole”. Forse dovremmo dare l’esempio agli stati civili, perché come siamo capaci noi a dimenticare, non è capace nessuno. Alemanno, potrebbe insegnare come fare per avere un’amnesia, una selettiva. Anni e anni di battaglie sulla sicurezza, ragazze stuprate per propaganda elettorale, campi rom incendiati in nome della sicurezza, hanno portato alla semplificazione delle pratiche per chiedere ed ottenere il porto d’arma, e ora? Troppe pistole. (Lo ha detto davvero)

L’aumento dell’occupazione in Germania, gli investimenti per la creazione reale di posti di lavoro, la tutela dei salari tedeschi dovrebbero forse insegnare qualcosa al Professore, visto che in tempi non sospetti non ha insegnato nulla al suo predecessore, troppo impegnato a far sì che le puttane non si prostituissero per strada, (in effetti favorendo l’ occupazione femminile). Oggi scopriamo che la situazione del lavoro femminile, in Italia, è assai peggio della Grecia. Non ci dobbiamo più vergognare.

Quindi quale sarebbe l’esempio da esportare? Essere riusciti laddove tutti gli altri hanno fallito: l’Italia è l’unico paese in Europa ad essere riuscita a cedere direttamente “il popolo” alle banche. Che il paese, già lo avevano.
Trovassero la dignità del silenzio, sarebbe più elegante anche la sodomia.

Rita Pani (APOLIDE)

Equi_Taglia

            Tolgono ai più poveri e lo spread cala. Devono togliere ancora ai poveri?

Basta far salire lo spread, farlo diventare la prima preoccupazione del parco bovino e macellare i capi in basso, quelli più vicini al tritacarne. E ancora, e ancora, e ancora.
Ha ragione Ascanio Celestini quando dice che un popolo spaventato è come un bambino minacciato: ubbidisce subito.
A me non importa nulla se c’è gente – in Italia tanta – visto che il 10% della popolazione possiede più della metà della ricchezza totale, che sta meglio di me e della percentuale restante dei cittadini. Quello che m’importa, eccome, è sapere se quella gente sta meglio perché se lo è meritato davvero. Io non ho la sindrome della cosiddetta invidia sociale, se uno nella sua vita ha studiato di più, si è impegnato di più, ha lavorato di più, ha rischiato di più è assolutamente giusto che abbia uno stile di vita diverso dallo scansafatiche, io non sono per l’uguaglianza a tutti i costi perché non siamo tutti uguali e tutti meritevoli tout court: nella vita ognuno deve metterci del suo e deve sempre lavorare per migliorarsi senz’aspettarsi la manna dal cielo. Il problema è che in Italia nella maggior parte dei casi chi diventa un cittadino “più” lo fa a discapito della collettività altrimenti questo paese non sarebbe ridotto così male indipendentemente dalla crisi globale. Ieri sentivo feltri dalla Gruber dire che non sarebbe giusto adesso alzare la percentuale dei capitali scudati, che quando lo stato fa un patto coi cittadini poi non può rimangiarsi la parola, come se portarsi i soldi all’estero e non pagarci su le tasse fosse un atto di nobiltà da premiare con lo sconto invece di un reato da punire. Io non ho e non do cifre, però penso che in uno stato di diritto, in una società civile, il minimo dei diritti debba essere garantito, e se in un momento di grave difficoltà chi ha accumulato denaro sufficiente per potersi garantire cheneso, la berlina da 100.000 euro, l’attico in città, il casale in campagna, la barchetta a porto Cervo e l’appartamentino in montagna, chi può spendere per un capo d’abbigliamento quanto una famiglia spende in un mese per mangiare, dovrebbe contribuire (molto) di più rispetto a chi tutte quelle cose non le ha potute avere non per incapacità ma perché magari, è stato solo meno fortunato e meno furbo.
Quando sento dire che in questo paese si è vissuto al di sopra delle possibilità rabbrividisco. Perché so che un sacco di gente il mazzo se lo è fatto, non ha avuto niente di regalato, ora ci chiedono l’ICI sulla prima e unica casa: c’è chi andava a lavorare anche di domenica per pagare il mutuo e per anni ha fatto a meno di tutto per raggiungere quel piccolo obiettivo, e nel frattempo si cresceva anche i figli. Però ci dicono che una casa di proprietà fa reddito ed è giusto pagarci una tassa ignorando che il mantenimento di una casa di proprietà è a carico di chi se l’è comprata, se si rompe la caldaia non si va dall’amministratore di condominio a reclamare, bisogna trovare i soldi per aggiustarla o comprarne una nuova, così per tutte le altre cose.
Mantenere una casa di proprietà è già una tassa di per sé.
E io la voglio anche pagare questa tassa se poi mi torna sottoforma di servizi e strutture, ma so già che non sarà così. Io voglio continuare a pagare tutte le mie tasse, continuare a stare dentro questo stato, ma non voglio essere costretta a mettere mano al portafoglio perché per fare una mammografia in questo paese si devono aspettare anche nove mesi. Dov’è la giustizia sociale, l’EQUITA’,  in un paese dove bisogna rinunciare a curarsi, ad andare dal dentista perché anche curarsi e avere un bel sorriso è diventato qualcosa alla portata di una piccola élite di ricchi e arricchiti?
Il problema non è tanto il fatto, gravissimo, che in questo paese non potremo mai ambire ad una vera equità, ad una lotta seria contro i grandi evasori che qui vengono premiati con lo scudo e i condoni anziché accompagnati nelle patrie galere come avviene nei paesi civili e a una distribuzione giusta delle ricchezze, quella che faccia in modo che non esista un divario così gigantesco fra chi nonostante la crisi continua ad accumulare e ad arricchirsi e chi invece non può garantirsi nemmeno il necessario. Il dramma è che questa concezione è entrata nel comune sentire, ieri da qualche parte ho letto che, “sì vabbè, la manovra è severa ma tanto in questo paese sarà sempre così e più di questo non possiamo pretendere”.
E allora penso che noi italiani siamo ormai avvezzi alla bastonatura perpetua. Questo il potere l’ha capito e si comporta di conseguenza, altrove i banchieri disonesti sono dovuti andare sotto processo, qui i banchieri e basta li hanno messi a governare.

Ma, ha un senso parlare di tutto questo in un paese dove esiste un sistema intero che vive alle spalle degli altri ed è stato tutelato dagli scudi e dai condoni, in un paese dove “il nero” supera il consentito e invece di riportare il maltolto a galla si va a infierire sui pensionati?


NON CE NE LIBEREREMO MAI (Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)

Un mese fa i titoli in Borsa delle sue aziende colavano a picco peggio degli ascolti di Minzolingua. Il suo governo, dopo due manovre estive totalmente inutili perché subito bruciate dai crolli quotidiani di Piazza Affari, sfiorava il consenso zero e rischiava di finire sottozero dovendone fare una terza. Gli altri capi di Stato e di governo, appena lo vedevano, scappavano. E, appena lo nominavano, sghignazzavano. In tribunale, poi, un disastro via l’altro, con i giudici che tagliavano i testimoni inutili della difesa per scongiurare la prescrizione. E in Parlamento nessuno, nemmeno la Carlucci e Stracquadanio, era più disposto a votargli quelle sei o sette leggine ad personam che gli occorrevano per scampare a sicura condanna. Un disastro totale: politico, finanziario, aziendale, processuale, sessuale, planetario.

Ora, soltanto un mese dopo, è tutto un paradiso. Del lavoro sporco, tipo piangere in diretta e far piangere gli italiani onesti, s’incarica Monti, avendo cura di non uscire dalla road map indicata dal Cainano: niente patrimoniale, niente Ici alla Chiesa e manco a parlarne di far pagare a Mediaset le nuove frequenze tv. Del resto, il nome di chi ci ha trascinati al fallimento dopo tre anni di sgoverno rimane un mistero doloroso: Monti continua a inchinarsi dinanzi a Letta e a B. (“ringrazio il mio predecessore che sono lieto di salutare in quest’aula”). E così, mentre gli altri piangono, lui fotte. Le aziende risalgono in Borsa. E lui risale nei sondaggi grazie alla proverbiale smemoratezza degl’italiani. Prepara la campagna elettorale travestito da “padre nobile” del Pdl, seminascosto dietro Angelino Jolie, pronto a levarselo dai piedi non appena i consensi faranno ben sperare. Intanto manda in fumo i suoi processi con manovre dilatorie che gridano vendetta, anzi la griderebbero se qualcuno le raccontasse. Invece, siccome dice “non conto più nulla” e tutti ci credono, le cronache dei processi Mills e Mediaset sono relegate in trafiletti da microscopio elettronico.

Abbiamo un governo

Se dobbiamo essere contente, da donne, perché ci sono tre donne nell’esecutivo, nessuno contasse su di me.
Nessuna sorellanza d’accatto.
Mai più per la politica.

Abbiamo un governo.
Quello appena formato è un governo, è il governo che ci meritiamo non essendo stati in grado, da cittadini, di cacciare via noi il male a beneficio del giusto, un governo formato da gente seria che spero farà dimenticare l’immondo bordello che il più amato, quello che si è sacrificato per il bene di tutti e cioè il suo è stato capace di trascinare in parlamento.
Ma per far approvare le leggi servirà ancora il voto di quel parlamento occupato ancora da chi lo ha svilito e svillaneggiato per tutti questi anni. E, quello che in pochi sottolineano e ricordano è che al senato silvio ha ancora la maggioranza. Ecco perché secondo me bisognerebbe rimandare i festeggiamenti a tempi migliori, e cioè quelli in cui avremo un vero governo fatto di gente voluta e scelta dalla gente con elezioni regolari supportate da una legge civile.

 

Meno male che Uolter c’è

In realtà quando sugli schermi delle televisioni italiane è rispuntato Uolter, il tizio non si era ancora dimesso, e stava là sulla soglia di Palazzo Chigi, a dire: “Vado, non vado!” Poi, ieri, eccolo di nuovo Uolter, ospite di spicco a Ballarò. Ho spento.
La sua riesumazione, da anni, rappresenta il salvagente da lanciare al tizio che affonda. Lo fece anche illo tempore, quando da sindaco di Roma esautorò il Presidente Prodi assumendosi il ruolo di mediatore per la riforma della legge elettorale, la porcata diabolica che segnò la cessazione della democrazia, con la negazione della volontà popolare. Mi ricordo bene, perché era stato quel momento in cui Fini, in un rigurgito di “dignità” tentò di far le scarpe al tizio, e Uolter, pronto, avvisò la nazione che nessuna riforma sarebbe stata fatta senza la partecipazione del “primo partito d’opposizione”. Il resto è storia, una storia che incessante si ripete.
Oggi è il giorno del governo della Rinascita, del “Paese che ce la farà” senza lacrime e sangue ma con i sacrifici. Il giorno della contro propaganda più spinta capace di calmare gli animi della gente che non sa più, nemmeno, di essere spaventata.
Son quasi contenta, oggi, di avere la nausea per motivi di salute; è come se potesse sostituire quella che mi verrebbe da sé leggendo i giornali, che ancora raccontano un mondo che non c’è. È come se perseverassero nell’illusione che si sia tutti cretini, tutti proni, tutti disposti a prendere il cetriolone che arriverà. Ma è anche vero che pronti o non pronti lo prenderemo, come sempre e zitti.
C’era urgenza di approvare il piano di stabilità, e quindi i giornali non si soffermarono troppo sul contenuto. A noi doveva bastare il fatto che fosse stato approvato in tutta fretta, liberandoci dal tiranno debosciato, e donandoci l’ultima speranza di non finire come la Grecia o peggio l’Argentina. Ora, a piccole dosi, iniziano ad emergere le decisioni assunte con quella legge che doveva essere capace di risollevare le banche più che l’economia, dando segnali all’Europa e alle Borse più che a noi.
Non importa che da Gennaio o Febbraio, spariranno dalla nostra vita altri servizi minimi nella sanità o nei trasporti; non è nemmeno importante che un altro picco di disoccupazione renderà in povertà migliaia di cittadini. Non è importante che qualche ministro incarognito sia riuscito ad infilare nel mezzo qualche vendetta, che si siano regalati gli ultimi spiccioli agli amici degli amici, alle lobbie o alla mafia. Tanto c’è Monti che è serio, pettinato, va in chiesa e piace al mondo intero.
Forse è proprio per questo che è rispuntato Uolter. Il pupazzo rassicurante, più buono e paziente di Kermit il ranocchio. Forse è solo perché quel che differenzia il PD dal PDL, oltre che la “L” è il dilettantismo del facciadiculismo. Nel PD non sono così esperti e spregiudicati quanto nell’altro partito, e probabilmente Bersani non sarebbe riuscito a recitare il mantra del Rinnovamento e del Rinascimento, facendo credere ai suoi elettori che davvero Monti potrà passare alla storia come l’eroe salvatore della Patria.
Ma questi son pensieri difficili da fare, meglio incazzarsi ancora per qualcosa di più semplice, per esempio i presunti 800 mila euro promessi a Bobo Vieri, per ballare in TV, o la base d’asta di 250 mila euro con la quale, sempre la TV, cerca di accaparrarsi Cassano per un’ospitata dopo il suo intervento chirurgico.
Ma che c’è di strano? In fondo la consuetudine è tranquillizzante: la fiction da anni ci aiuta a sopportare la realtà, ignorandola. Proprio come i Uolter.

Rita Pani (e resto APOLIDE)