Baciamo le mani

Preambolo: l’Italia è un paese fantastico: si può commissariare il comune di Roma con la scusa dell’incapacità del sindaco, la presidenza del consiglio piazzando non uno ma tre capi di governo usciti dal cilindro di un presidente della repubblica con velleità da imperatore, il Quirinale rinominando una seconda volta il presidente imperatore come se la prima non fosse bastata ma guai a toccare la FIGC di Carlo Tavecchio.
Il presidente del Coni Malagò si dispiace e si rincresce per le parole inaccettabili di Tavecchio ma la FIGC non si può commissariare.
Tavecchio come Vincenzo De Luca, sgridato da madamigella Boschi per gli insulti a Rosy Bindi ma irremovibile dalla carica per questioni di stima e fiducia che nessuno mette in discussione per qualche sciocchezza, anche se la sciocchezza fosse una condanna in primo grado per abuso d’ufficio.
E questa è la conferma che persone come De Luca e Tavecchio, entrambi impresentabili per motivi diversi ma ugualmente importanti, gravi e che nessun’altra società davvero civile assolverebbe per bocca del ministro, del presidente del consiglio e della massima autorità sportiva sono il meglio che c’è per i loro rispettivi ruoli. Insostituibili entrambi.
Nel paese normale non serve nemmeno la seconda gaffe, alla prima si va a casa, anche quando la gravità di un’affermazione è infinitamente minore di quanto lo sono le cose dette da Tavecchio e De Luca.
Chissà se anche la nomina di Tavecchio è una responsabilità degli italiani.

Sottotitolo: “in epoca fascista i prefetti furono uno degli strumenti di cui si avvalse Mussolini per la politica di centralizzazione e rafforzamento del potere esecutivo. Il ruolo del prefetto fu, quindi, ulteriormente rafforzato e il regime si servì di istituti quali il collocamento a riposo per ragioni di servizio o il collocamento a disposizione allo scopo di allontanare i prefetti sgraditi”. [wikipedia]

Francesco Paolo Tronca, voluto da Renzi per realizzare il suo “dream team” per il giubileo ma soprattutto per sostituire l’indegno, il goffo, l’incapace, il bugiardo, lo spendaccione, il patetico Marino è lo stesso prefetto che a Milano ha nominato un commissario apposito per cancellare il registro sulle coppie di fatto istituito dalla giunta di Pisapia [ma anche da Ignazio Marino a Roma], che si beccò pure una denuncia per questa iniziativa.

Se Renzi può parlare con la solita volgare strafottenza di Marino come di un patetico fallito, un disonesto intellettuale che si è inventato la congiura che invece c’è stata, è anche grazie a chi non ha capito che nelle ore precedenti l’agguato di Renzi, del pd e dei 26 traditori non bisognava difendere Marino ma mettersi  contro la congiura per mezzo della quale Marino è stato cacciato dal Campidoglio: il solito colpetto allo stato per non dire di.
Uno che sta al governo con alfano e Verdini, che ha fatto il patto col primo delinquente d’Italia,  senza il benché minimo senso della moralità, del rispetto, della decenza, un cospiratore col cinismo e la spietatezza del serial killer che toglie di mezzo tutti quelli che non sono funzionali al suo progetto antidemocratico non può dare del disonesto e del patetico a nessuno.

In Italia per non sbagliare è sufficiente sapersi inchinare di fronte all’autorità giusta.

Dalla posizione assunta da Tronca, un po’ troppo oltre il doveroso e rispettoso omaggio che si deve al capo di stato estero, nonché massima autorità della chiesa cattolica è facile immaginare che lui sia una di quelle persone che Francesco non si vergognerebbe di invitare lui.  In ogni caso, la fascia tricolore non spetta al commissario voluto da Renzi  su intercessione del papa ma al sindaco eletto dai cittadini. Chiaro?

L’Inchino  – Marazico – 2015

Nun so se siate bono o autoritario
né quer che avete dentro alla capoccia,
ma avete da sapè, sor commissario,
che a ‘sta città ferita assai je scoccia

che arivi quarcheduno da Milano
cor compito de dije che quer tale
che aveva eletto er popolo romano
è inadeguato e che l’ha scelto male.

Rispetto a quello che v’ha preceduto
avrete meno rogne de sicuro
e ve daranno tutto quell’aiuto
che v’abbisogna pe’ nun sbatte ar muro.

Dovrete da sta’ accorto ai criminali
che stanno dappertutto come blatte.
Chi scippa e ruba? Quelli so’ normali,
i peggio c’hanno rolex e cravatte.

Nun romperanno certo li giornali,
i delinquenti, li palazzinari,
i bibitari in centro e i cardinali.
Quest’ultimi teneteveli cari,

me raccomanno, nun li contristate,
prestate ascolto ad ogni piagnisteo.
Del resto è bene che ve ricordate
che c’è da mette mano ar Giubileo

e che li preti oltre ar sacramento
è chiaro che ce tengono parecchio
che a spenne bene i fondi state attento…
Pe’ er resto, ve lo dico in un orecchio:

sapete qui chi regna pe’ davero
spartennose da secoli er bottino
senza conosce requie? Ladri e Clero.
Che pensa de decide un questurino?

Per cui l’esordio in foto immortalato,
fasciato già da primo cittadino,
è certamente quello più indicato:
un prete ride e voi fate l’inchino.

Salvini: il nomade coi soldi degli altri

Sottotitolo:  la lega nord, nata con intenti secessionisti e quindi contrari alla nostra Costituzione che ha previsto e ordinato che l’Italia fosse un paese unito e indivisibile andava messa fuori legge dal suo esordio. E’ ora di finirla di invocare la democrazia rispetto alla lega che ha in sé tutto ciò che va contro l’idea di paese civile e democratico.

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Nella “concezione rapinatoria della vita” tipica degli italiani, citata nel mini-monito di Mattarella due giorni fa ci sono anche i 120.000 euro al mese che pagano gli italiani per mandare in giro un razzista provocatore che in due mesi e mezzo ha impegnato più di ottomila agenti di polizia? Se salvini vuole fare campagna elettorale da leader politico si dimetta da parlamentare europeo, rinunci all’odiosissimo stipendio in euro che gli paga la comunità, lui come berlusconi che preferiva l’assistenza di cosa nostra sputa sullo stato e poi cerca il sostegno e le garanzie dello stato a spese degli italiani. E’ un vigliacco, e vigliacchi sono tutti quei giornalisti che in questi mesi lo hanno materialmente costruito, legittimato, elevato al ruolo di leader, che gli hanno permesso di diffondere il pensiero violento e razzista.

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Se in Italia c’è ancora spazio per associazioni che si ispirano al fascismo come casapound, alleata di salvini, a maggior ragione lo spazio ci deve essere per i centri sociali che non fanno nessuna apologia.
salvini che lamenta l’assenza di democrazia e poi chiede ad alfano di chiudere i centri sociali, e noi dobbiamo pagare milioni la sicurezza di uno che ha una concezione simile della democrazia, la pretende per sé ma la vuole togliere agli altri. 120.000 euro al mese, ottomilacinquecento uomini dello stato, dieci automobili di servizio ad ogni uscita per permettere ad un provocatore di andare in giro a propalare odio sono un insulto alle necessità primarie di migliaia di famiglie italiane in difficoltà anche per colpa della lega che, forse qualcuno lo ha dimenticato, ha governato per svariate legislature con berlusconi e anche con alfano, ridicolizzato da salvini un giorno sì e l’altro pure.

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C’è Salvini, scontri e due feriti a Massa

Ormai il leader leghista provoca disordini ovunque. Calci e pugni alla sua macchina. A Viareggio schiva un sasso. La solidarietà di Renzi.

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Complimenti a tutto il giornalismo italico che in questi mesi ha legittimato, ospitato, fatto parlare ogni giorno e ovunque il provocatore salvini ben sapendo quali risultati avrebbe prodotto la diffusione del pensiero violento e razzista.

Irresponsabili cialtroni che si nascondono dietro il diritto di parola di chiunque, che solo rarissime volte hanno contrapposto a salvini un contraddittorio serio e che fosse in grado di far perdere consistenza alle scemenze razziste del repertorio di salvini.
E se oggi quel pensiero si traduce in violenza fisica la responsabilità è di chi non ha fatto nulla per evitarlo ma, al contrario ha partecipato in solido alla costruzione del salvini “leader” legittimandone il pensiero violento.

Basterebbe tornare indietro di qualche mese nelle cronache politiche per capire a chi serve il “fenomeno” salvini.
Chi è che ha gonfiato questo sacco di ignoranza razzista, questo parassita elevandolo a uomo politico il cui “pensiero” si doveva, si deve non solo ascoltare ma analizzare fino al parossismo mediatico.
L’establishment che conta, opinionisti, giornalisti, tutti quelli che si sono coalizzati contro i 5stelle favorendo sfacciatamente l’ascesa politica di questa nullità ignorante e violenta,  loro i veri colpevoli, i costruttori della trasformazione in leader del provocatore razzista salvini dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, sempreché la trovino da qualche parte e ripensare a quello che scrivevano quando sui palchi delle piazze al posto di casa pound, della sorellastra d’Italia c’erano persone come Dario Fo, Salvatore Borsellino, il giudice Imposimato.
Se Renzi ha la possibilità di ridersela e di campare politicamente tutto il tempo che vuole è soprattutto grazie alla servitù di regime che crea i mostri e poi non se ne sa liberare ma anzi permette loro di crescere e moltiplicarsi. 

Più del 60% degli italiani si informa solo attraverso la televisione generalista, e se la televisione generalista porta in televisione ogni giorno salvini è facile fare due più due. Senza Ballarò non sarebbe mai esistita la polverini, idem per la Gualmini, la Todini, “autorevoli” sconosciute che hanno potuto accedere alla politica, nei Cda delle aziende pubbliche grazie alle ospitate nei talk show che le hanno fatte conoscere al grande pubblico dei telerincoglioniti d’Italia.

Se il giornalismo, l’opinionismo sempre presente in televisione si fossero contrapposti a salvini quanto lo hanno fatto con Grillo oggi la situazione sarebbe diversa.

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Senza la Resistenza che ha messo a tacere la violenza della dittatura fascista adottando l’extrema ratio della lotta armata oggi salvini e quelli come lui non potrebbero andare in giro per l’Italia dispensando odio contro chi ha fatto il lavoro sporco anche per loro, dunque anche quei comunisti, le “zecche rosse” che hanno collaborato alla stesura della Costituzione “più bella del mondo” e che per questo non piace ai cialtroni, ai disonesti di oggi, non solo nella politica ma anche in quell’informazione sempre pronta a sdraiarsi davanti al potente prepotente di turno, in quella cosiddetta “intellighenzia” sempre presente nelle varie tribune che vuole convincerci a tutti i costi che il meglio è nemico del bene e per questo bisogna accontentarsi di quello che passa il convento, fosse anche il manovratore abusivo salito al potere senza il permesso di nessuno.
Per ricostituire quel partito fascista che la nostra Storia ha messo fuori legge non c’è bisogno di scrivere su un cartello, un manifesto, una lista elettorale “partito fascista”, perché il fascismo non è solo un’ideologia, è prima di tutto un modo di essere, di considerare le persone, è un’idea di società contraria a qualsiasi civiltà, giustizia, uguaglianza, umanità, solidarietà, proprio quello che anima la lega di salvini.
La società civile, quel che ne resta almeno, non prenda lezioni da questi guastatori incivili in camicia verde ma dall’anima nera che andavano messi fuori legge da subito, da chi vaneggia di negazione della democrazia rispetto a chi si oppone al pensiero violento, razzista e fascista di chi semina odio spacciandolo per pensiero illuminato e che per questo ha il diritto di essere espresso.

L’informazione del paese normale, sano, deve aiutare i cittadini a formarsi delle opinioni il più possibile collegate alla realtà.
Mandare in giro uno che ripete ossessivamente urbi et orbi ogni giorno che il problema italiano è una percentuale di problemi da zero virgola quasi niente, che agli extracomunitari paghiamo l’hotel a cinque stelle con vasca idromassaggio e aria condizionata, che una comunità di duecentomila persone su sessanta milioni, i Rom,  è il problema dei problemi e dopo che per vent’anni la lega ne ha dette di ogni su Roma ladrona e poi rubavano loro, ha vomitato ogni sconcezza sui meridionali  significa rendersi complici di quello che sta succedendo: è consapevole delinquenza.
Ormai salvini trova accoglienza solo ai talk show, l’Italia reale lo rifiuta, e sarebbe opportuno che l’informazione ne prendesse atto, prima che sia troppo tardi.
Perché si deve dare tutto questo spazio mediatico  a salvini?
A chi conviene salvini, solo allo share?
La funzione del talk show è di far guadagnare gli sponsor che investono sul razzismo e sul fascismo di salvini?
E di fronte a questo scempio c’è pure chi ha il coraggio di invocare la democrazia che deve lasciar parlare pure salvini?

Di bambini “sintetici”, di libertà di espressione and so on

Sottotitolo: “bambini sintetici, semi scelti da un catalogo”, chissà dov’è l’opinione in questa schifezza che rimanda all’eugenetica nazista degli esperimenti di Mengele.

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La mia generazione è quella dei figli di madri che rimanevano incinte la prima notte di nozze: posso immaginare il grado di responsabilità col quale al tempo si decideva di diventare genitori, di mettere al mondo persone nuove. Oggi che per fortuna una relazione di coppia si vive senza l’angoscia della maternità quale trofeo da mostrare ad amici e parenti, che quasi tutti hanno preso atto che i rapporti sessuali non sono finalizzati solo alla procreazione che è solo uno dei vari motivi per cui si fa sesso bisognava trovare un’altra scusa per favorire lo scontro su quella che è e dovrebbe restare una scelta personale. 

Gli uteri in affitto non li ha inventati Elton John, da che esiste il mondo ci sono sempre  state donne che hanno partorito figli per poi darli in adozione, dentro ma soprattutto fuori dalla legalità; madri che hanno prestato i loro organi riproduttivi a figlie sterili: un gesto d’amore più grande, di altruismo disinteressato è difficile anche da immaginare.

Se la natura [Dio] ha previsto che non si possano avere figli col metodo tradizionale, se un figlio non è un diritto quando si desidera e se dipendesse dagli oltranzisti del no a tutto quello che non piace a loro non sarebbe un diritto della donna nemmeno poter decidere di interrompere una gravidanza: chi si oppone alle tecniche scientifiche di riproduzione sono gli stessi che dicono no anche all’aborto sempre per la solita questione dell’etica personale, allora non deve essere un diritto nemmeno farsi curare le malattie, visto che la natura [Dio] ha previsto anche quelle. 

Però la scienza ci piace quando fa progressi per i nostri interessi personali, quando ci viene incontro per farci stare meglio, bene; quando trova nuovi strumenti e metodi di cure, cento anni fa si moriva di broncopolmonite, oggi si può guarire perfino dal cancro.

  Quando si concepiscono dei figli col metodo naturale si tiene forse conto della loro volontà di persone, adulti futuri? Noi mettiamo al mondo dei figli perché lo decidiamo ispirati dai nostri desideri, non quelli di chi verrà, quali diritti ha a disposizione una “non persona” che potrebbe anche maledire tutti i giorni della sua vita il giorno che è stata concepita?
I figli voluti sono solo il frutto degli egoismi degli adulti, dei desideri di proiezione nel futuro di persone perfettamente in grado di scegliere se averli o non averli, e lo sono sempre, non solo quando per averli si usufruisce della scienza.
Il bambino che nasce non sa in che modo è stato concepito, quando vengono al mondo lo fanno nello stesso modo sia i figli concepiti con l’atto sessuale che con la tecnica della fecondazione, il problema è a monte, ovvero se quei figli sono entrambi voluti e desiderati per amore. Cosa molto più probabile che accada al figlio cercato anche per mezzo della scienza anziché a quello che “può capitare” magari perché ha fallito l’anticoncezionale.
Un bambino non ha mai la possibilità di scegliere dove nascere e chi saranno i suoi genitori. Due adulti però hanno la possibilità di cercare di avere dei figli solo se li vogliono davvero.

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buonanno, ha potuto dire, da parlamentare tutelato più del normale cittadino anche se dice cazzate che i Rom sono la feccia dell’umanità: “ha avuto il coraggio” di dire quello che la maggior parte degli italiani pensa. 

La metà di D&G “ha avuto coraggio” perché ha espresso, da omosessuale miliardario e privilegiato, il sentire di una gran parte degli italiani contrari ad un’idea di felicità personale e che ritengono un’onta imperdonabile la scelta di avere dei figli fatta da persone, non solo omosessuali, impossibilitate ad averne col metodo naturale.
Si può quindi tranquillamente dire che c’è una gran parte di italiani che ha un concetto semplicemente aberrante del coraggio che, storicamente, non è mai servito a promuovere discriminazioni e razzismi: chi ha dimostrato nei fatti di averlo e l’ha messo a disposizione del bene comune ha sempre combattuto per sconfiggerli.

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Forza nuova manda due tessere ai filosofi della mutanda in evidenza per complimentarsi del coraggio avuto nel sostenere la famiglia tradizionale.E questo chiude qualsiasi discorso sul fascismo/totalitarismo del pensiero,  accusa mossa a chi come me non pensa che tutto ciò che si pensa possa e debba essere candeggiato dietro il diritto alla libera espressione, alla libertà di discriminare e offendere persone che fanno delle scelte che non danneggiano nessuno e che non tolgono a nessuno la possibilità di comportarsi come vogliono. Perché quando un pensiero è approvato e premiato da forza nuova non dovrebbe essere condiviso da nessuno di quelli che hanno a cuore la vera libertà, non solo quella del pensiero, che non dovrebbero avere niente in comune con le ideologie di forza nuova.

Il pensiero discriminante, omofobo, razzista non fa parte di nessuna libertà di opinione/espressione/pensiero ma, soprattutto poterlo esprimere non rientra affatto in quel diritto inalienabile, intoccabile col quale va protetta la vera libertà di espressione: quella che non discrimina e non offende chi fa semplicemente delle scelte diverse da quelle di altri. Maggiore è il pubblico a cui ci si rivolge e maggiore è la responsabilità di misurare quello che si dice in previsione dell’impatto che avrà in chi ascolta e legge. Questo nascondere ogni sconcezza, istigazione, apologia dietro la libertà di opinione è sintomatico della consapevolezza che hanno tutti quelli che sanno perfettamente che non tutto è opinione, pensiero libero da accogliere con rispetto.   

I morti di Charlie non ci ricordano la difesa della libertà totale di parola ma la difesa del diritto di poter smontare, semplicemente ridicolizzandole, teorie basate sulla suggestione e la seduzione che poi diventano un intralcio e un pericolo al vivere civile.

I liberi pensatori non hanno mai difeso la libertà di oltraggio e ingiuria, Giordano Bruno non è andato a finire sul rogo per difendere la libertà di dire scemenze offensive, menzogne, falsità ma proprio per il motivo contrario: per impedire che si continuassero a dire. Il signor Barilla ha dovuto chiedere scusa e fare un’opportuna quanto salutare marcia indietro per il bene della ditta quando disse che mai avrebbe permesso a degli omosessuali di interpretare gli spot dei suoi prodotti. Taormina, l’avvocato delle cause perse è stato addirittura condannato da un tribunale per aver affermato che non avrebbe mai assunto degli omosessuali a lavorare con lui. Quindi è evidente che fra la chiacchiera dei quattro amici al bar e la dichiarazione pubblica di personaggi famosi, in grado di fare tendenza nell’opinione pubblica qualche differenza c’è. Se Dolce come Taormina avessero detto quelle cose mentre erano a cena con gli amici nessuno avrebbe montato la polemica né ci sarebbe stato l’intervento di un giudice. Il problema quindi non è tanto quello che si dice ma in quale contesto lo si dice.  Io sono contraria ad una discreta quantità di cose che però nella società vanno accettate, anche obtorto collo, perché non danneggiano nessuno, il signor Dolce avrebbe potuto semplicemente dire che lui non farebbe, non avrebbe fatto quello che invece fanno altri. E allora sì, sarebbe stata libertà di pensiero. Lui invece ha giudicato e con disprezzo, tant’è che la sua dichiarazione è stata premiata da forza nuova.

A me preoccupa molto di più la vita di bambini fatti e finiti col metodo tradizionale, non la tecnica con cui si permette a chi non può di avere dei figli. Bambini soldato, che muoiono di fame e di stenti, di malattie curabili se il mondo fosse più giusto per tutt*, bambini  sfruttati anche sessualmente, e di cosa ci dovremmo preoccupare? Di ciò che la legge, evidentemente, ha permesso di fare a Elton John e a suo marito alla luce del sole: avere dei figli, non far mancare loro nulla e potergli garantire un futuro senza problemi.  

Il sogno di tutti i genitori, praticamente.

Dolce e Gabbana e la finta famiglia naturale di Chiara Lalli, bioeticista

[…] 

Il secondo passaggio degno di nota è quello in risposta alla domanda “Avreste voluto essere padri?”. Ecco di nuovo Dolce: “Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia”.

“Se non c’è vuol dire che non ci deve essere”: immagino che valga anche per la salute o per la vista. I due stilisti portano entrambi gli occhiali: se uno non ci vede bene vuol dire che non ci deve vedere, perché questa hybris dell’indossare un paio di occhiali? E se vi rompete una gamba? O se vi viene qualche naturalissima malattia? Ognuno si priva di quello che vuole, ma sarebbe apprezzabile evitare queste fallacie grossolane. La natura, poi, andrebbe rispettata sempre, non solo quando fa comodo. Buttate gli occhiali, sputate le aspirine, e pure quel computer non va tanto bene. Per non parlare dei vestiti dorati. Tutte cose innaturali! Tornate nelle caverne, in quell’arcadia allucinata e piena di parassiti e bestie feroci. Non pretendete però di portarci lì insieme a voi. Preferiamo la chimica – o almeno preferiamo avere la possibilità di scegliere se e quando farvi ricorso – e i divani imbottiti.

Liberté, égalité, fraternité e laïcité

 

Mercoledì 14 gennaio il nuovo numero di Charlie Hebdo sarà in tutte le edicole italiane in allegato a il Fatto Quotidiano. È il nostro modo di essere vicini e di esprimere solidarietà alla redazione del settimanale francese sanguinosamente colpito dalla strage di Parigi e di testimoniare tutto il nostro amore per la libertà di espressione e dunque di satira. Ringraziamo gli amici di Charlie Hebdo, e quelli di Libération che li ospitano nella loro sede, per avere subito accolto con gioia la nostra proposta, così come quelle del New York Times per gli Stati Uniti e di alcuni altri quotidiani europei. Dal ricavato dell’iniziativa “il Fatto quotidiano – Charlie Hebdo” (in edicola al prezzo di 2 euro) trarremo una donazione per le famiglie dei colleghi giornalisti e vignettisti uccisi.

Mi fanno molto ridere quelli che condannano la violenza ma non la libertà di potersene fregare allegramente del rispetto per la religione imposto con la legge, o sotto la minaccia del terrore e iniziano e finiscono i loro bei discorsetti con la frasetta di circostanza: “lo dico da ateo, o atea”.
Provate a sostituire l’aggettivo “ateo” con “laico”, perché la libertà che si difende non è atea e non è religiosa ma è laica, ovvero di tutti: degli atei e dei religiosi.
La laicità è una cosa meravigliosa proprio perché garantisce la libertà di tutti, non solo di qualcuno o di nessuno. La laicità è quella cosa che ci permette di prendere le distanze dal fanatismo, dal simbolo sotto il quale si sono sempre riparati tutti quelli che credendo nel loro Dio pensano di avere dei diritti in più di chi non crede – perfino delle leggi speciali a tutela della creduloneria popolare – ma è comunque costretto a sottostare, subire non solo la visione di quei simboli in luoghi dove non devono stare ma anche la negazione dei diritti civili in virtù dell’ingerenza religiosa nella politica che per non offendere i cattolici più integralisti,  ma soprattutto per non perdere i loro voti,  non permette che i cittadini possano avere a disposizione la possibilità di vivere una vita più libera e più garantita nel rispetto di quelle che sono scelte personali che uno stato civile ha il dovere di riconoscere rispettandole. La laicità serve ad abbattere il falso mito di una spiritualità malata, viziata dalla suggestione e dalla soggezione, dall’ipocrisia di morali doppie e triple: basta vedere l’atteggiamento della chiesa verso i potenti anche quando sono delinquenti, tiranni, dittatori sanguinari. Serve a smontare la grande menzogna della vita bella nell’altro mondo che nessuno ci ha mai potuto raccontare  su cui si fondano le religioni: quel regno dei cieli per i cattolici,  le 72 vergini che spetterebbero di diritto al “martire” disposto a morire per difendere il Profeta. In un mondo a misura di lacità nessuno penserebbe di ammazzare gente per affermare la superiorità della sua religione sulle altre perché, come dice Gérard Biard, caporedattore di Charlie Hebdo  scampato alla strage, “sono tutte cretine allo stesso modo”.  E nel mondo normale si deve poter dire anche che le religioni, basate su delle idee e non sulle persone sono cretine senza rischiare la vita.

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Dio è incompatibile
con la democrazia
 – Angelo Cannatà per Micromega

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Quello che molti non hanno capito è che Charlie Hebdo sfotte e irride le idee, non le persone.
Che non è colpa di Charlie, di nessuna satira, letteratura né di qualsiasi arte sia stata prodotta nei secoli per far aprire la mente alla gente se a certe idee si è voluta dare la forma, la figura di divinità che non ci hanno mai fatto la cortesia di mostrarsi ma sono state create – al solo scopo di sedurre – ad immagine, somiglianza e fantasia di chi ha realizzato le religioni: la forma più violenta di controllo e sottomissione dei popoli. Ed è lì che la satira agisce, su quella forma di controllo e oppressione rappresentata non dalle figure delle varie rappresentazioni di Dio ma sulle idee, quella parola di Dio per mezzo della quale quell’oppressione e quel controllo hanno avuto, hanno ancora una ricaduta nella sfera civile, privata dei cittadini e politica delle società.
La laicità, tanto invisa a chi soprattutto in politica che nella religione trova un grande alleato e ha tutto l’interesse che si mantengano vive ed attive tutte le forme di controllo sui popoli, ha proprio la funzione di smontare la veridicità di teorie che non hanno nessun fondamento né riscontro nella vita reale, di conseguenza non permettere che abbiano la possibilità di essere usate per controllare ed opprimere, ordinare, modificare, obbligare, imporre uno stile di vita basato su un senso etico e moralisteggiante tipico delle religioni che vorrebbero imporre un senso uguale per tutt*. Teorie che non hanno, invece, nessun diritto di invadere la vita reale fatta di persone diverse che il senso alla loro vita lo danno nel modo che vogliono: ognun* il suo.
Il laico non dice di non credere in Dio, dice: credi pure nel tuo Dio ma fai in modo che resti una cosa tua, un sentimento di fede privato che non deve interferire nella vita di tutti del mondo reale condizionandola.
Cosa che invece le religioni fanno in assoluta libertà sostenute proprio dalle politiche che dovrebbero mettere una diga fra le faccende di stato e quelle inerenti la religione. La responsabilità dei cosiddetti scontri di civiltà che non si limitano alla messa in discussione delle idee ma provocano violenza e morte è quindi soprattutto politica, di gente irresponsabile che per opportunismi e interessi politici, economici invece di chiudere la diga l’ha spalancata senza curarsi delle conseguenze.

Nota a margine: dare ad una persona esistente le fattezze fisiche di una scimmia come ha fatto l’imbecille leghista con l’ex ministro Kyenge non è satira, è razzismo becero, perché nel momento in cui si paragona la persona alla scimmia non si sta contestando il suo pensiero ma si vuole offendere e denigrare proprio la persona mettendola ad un livello inferiore, quello di un animale.
E chiunque abbia bene chiaro in mente cosa significano la discussione, il dibattito, la critica sa benissimo che tutto questo non può e non deve mai riguardare la persona ma solo e soltanto il suo pensiero.
Non esiste il diritto al rispetto per le idee, un’idea diventa rispettabile quando trova appunto riscontro nel concreto, quando costruisce, quando è finalizzata al bene, esiste però quello per le persone ed è inalienabile, ecco perché viene garantito e tutelato dalla legge.

Napoli -1 – stato italiano 0

Sottotitolo: nella “policy” del sito del @fattoquotidiano non è specificato che replicare a qualcuno “stai zitta” [e magari fosse solo questo] è offensivo ma in compenso si può scrivere, in assoluta serenità accumulando anche un discreto numero di likes, che la morte di una persona è da derubricare alla “selezione naturale”, perché tanto se Davide non era ancora un delinquente lo sarebbe diventato di sicuro.
Il metodo Lombroso applicato alla conversazione via web e anche al pensiero della feccia immonda che straripa in quel sito e che viene lasciata libera di insultare i vivi e i morti.

Nella vita tutto può succedere, trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, fare la cazzata, incontrare il pazzoide che ti ammazza con un machete, che su questa terra siamo troppi ce lo ricordano tutti i giorni i fatti di cronaca. 

A stare stretti poi si deve sgomitare per farsi spazio, altroché le campagne per incentivare la natalità.
Quello che però mi colpisce sempre, mi rattrista e mi preoccupa sono le reazioni qui alle cose che succedono.
Più i fatti sono seri e andrebbero sollevati col dovuto rispetto specialmente quando si tratta di vita e di morte e più tanta gente si scatena sfoderando tutto il suo becerume, la vigliaccheria spicciola da web.
Per strada non c’è la violenza che si legge qui, io con la gente ci parlo.
Qui è tutto esasperato, elevato al massimo del peggio.
A me questo non piace, non mi adeguo e non mi abituo. Ho letto delle cose che non si dovrebbero far passare come semplici opinioni. Il pensiero violento non è mai opinione. E se non si combatte la violenza nel pensiero è inutile fare tutto il resto per cercare di trasformare questo in un paese un po’ meno malato, di cattiveria, ignoranza, egoismi e malvagità.

 

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 Massimo rispetto per chi nelle forze dell’ordine e i carabinieri si impegna tutti i giorni sul territorio per garantire la sicurezza, esercitare davvero la tutela dei cittadini, e lo fa in condizioni/situazioni impossibili grazie a questo stato che spreca soldi per comprare aeroplanini da guerra, per costruire inutili e devastanti opere, pubbliche solo per chi paga ma poi privatissime per chi ci guadagna e poi taglia sulle necessità primarie dei cittadini e di chi deve garantire i servizi. Ma questo è anche il paese dove le forze dell’ordine hanno abusato spesso del loro ruolo, basta pensare al G8 di Genova, a Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e a tutti i morti di stato. Ecco perché parlare di rispetto delle regole diventa difficile se si pensa che gli autori, i responsabili e i mandanti di massacri e morte, in divisa e in giacca e cravatta non hanno mai ricevuto un’adeguata sanzione.

Mi chiedo, mentre in queste ore centinaia di persone in giro per la Rete si congratulano e si complimentano col carabiniere che ha ucciso, che razza di paese sia diventato questo, a quale livello di devastazione morale si può essere arrivati per applaudire un carabiniere che spara per ammazzare invece di pretendere, tutti insieme, di vivere in un paese dove nessuno muore per l’eccesso di zelo di un tutore dell’ordine.

E’ troppo pretendere di vivere in un paese dove non si rischia di essere ammazzati in modo accidentale?
E il pericolo sarebbero i migranti, la tbc e l’ebola?

Pietà.

Altroché la Grande Guerra, “prima me spari e poi dici chi va là”.

Qui per soddisfare la sete di giustizia, applicata solo al pianterreno perché per l’attico e il mezzanino si chiude un occhio e pure tutti e due, arriveremo agli squadroni della morte applauditi dalle folle festanti. 

La criminalità è insita nel fattore umano, appunto le società hanno previsto che la si dovesse contrastare usando l’arma del diritto, non ammazzando gente a casaccio sparando con un’arma vera.
Fra chi ha un’arma e chi non ce l’ha il torto e la ragione non sono mai divisi equamente. Mai.
Tutti bravi ad applaudire le forze dell’ordine quando ci liberano da pericolosissimi delinquenti in motorino che non si fermano all’alt, ad invocare ed esaltare il rispetto della legge, chissà poi se le stesse cose le pensano anche quando vanno a votare gente che non spara ma deruba diritti e soldi anche a chi si ferma agli stop.
Ammazzare ragazzini disarmati, per quanto possano essere indisciplinati e irrispettosi delle regole significa contrastare la delinquenza? 

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Rabbia a Napoli, un carabiniere ha ucciso un diciassettenne

E’ accaduto nella notte. Andavano in tre sul motorino, la gazzella li avrebbe speronati. Lo sparo, dice la prima versione, sarebbe partito accidentalmente. Le manette dopo lo sparo.

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Come fu per le notizie che riguardavano l’alleanza europea tra i 5stelle e Farage Il Fatto Quotidiano ha abilmente glissato sulla polemica circa l’allarme tbc lanciato dal blog di Grillo, nonostante nel frattempo siano arrivate diverse smentite da ambienti molto più autorevoli, ad esempio il sito di MSF Italia.
Non intendo riaprire il dibattito e la polemica sulle dichiarazioni fatte nel blog perché sono abbastanza nauseata da chi non si arrende nemmeno di fronte alle evidenze, da chi non sa e non vuole ammettere che una cazzata resta tale indipendentemente da chi la fa o la dice e che giustificare le cazzate o, peggio ancora volerle tradurre in qualcosa di buono non produce nulla di utile.
Sulla qualità dell’informazione cosiddetta indipendente del Fatto però sì: voglio polemizzare. Perché io Il Fatto lo compro, ho iniziato a comprarlo e leggerlo da quando è nato proprio perché mi aveva promesso di voler essere e restare indipendente: da tutti.
Ed essere indipendente da tutti non significa poi fare delle critiche all’acqua di rose, in salsa un calcio al cerchio e uno alla botte solo quando non se ne può fare a meno. I titoloni cubitali nel sito che poi raccolgono migliaia di commenti bisogna farli anche quando si deve andare un po’ contro le proprie simpatie.
Quindi, cari direttori #Gomez, #Padellaro e #Travaglio, siccome ci aspetta un periodo faticoso e un inverno più freddo del solito, capiamoci: un giornale indipendente è quello che dice, non quello che manda in seconda e in terza quello che dà fastidio ai supporters cinque stelle.

Non è una questione affatto marginale quella di Grillo e degli extracomunitari, migranti o chiunque arrivi qui da paesi in cui è impossibile vivere. Non è affatto una casualità che Grillo ogni tanto si lanci in voli pindarici pericolosi straparlando di immigrazione, sulla quale il movimento 5stelle non ha mai preso una posizione che sia davvero politica, che unisca la logistica al fattore umano, visto che si parla di persone e non di alberi di mele.
Perché lui lo sa bene che la questione immigrazione è uno dei tasti dolenti di questo paese, quello che riscuote sempre un certo successo, se se ne parla in forma negativa facendo credere che il pericolo, la malattia, la criminalità arrivano da lontano, da fuori.
Ammettendo anche che il problema sia quello che riporta Grillo, che ci sia davvero un pericolo di epidemia, una persona che fa politica anche se non è un politico di professione e che ha un seguito di gente che gli crede e che ha riposto fiducia in lui non ha forse il dovere di affrontare un problema in maniera diversa dalle annunciazioni urbi et orbi che poi scatenano l’inevitabile e infinito dibattito fra chi gli dà torto e chi si sente in dovere di giustificarlo perché, poverino, lui che di comunicazione non sa niente, sbaglia sempre la forma?
Non avrebbe dovuto consultare lui degli specialisti, esperti del settore dai quali farsi affiancare per poi informare la gente nel modo giusto?
Sarà mai possibile in questo paese uscire dalla logica del sensazionalismo da prima pagina e anche da quella patetica del “che faresti tu” e del “se capitasse a te”, visto che la maggior parte di noi fa un altro mestiere e non ha scelto di occuparsi della risoluzione dei problemi della politica, direttamente, da professionista?
Il razzismo è legato a doppio filo alla questione dei diritti: umani e civili, e il rispetto dei diritti [umani e civili] è più importante di qualsiasi altra questione, perfino dell’economia.
Chi non lo capisce, non capisce niente, ha qualcosa in meno, anzi molto meno rispetto a chi razzista non è, non solo sul piano intellettuale e culturale ma proprio umano.
Ognuno ha il diritto di avere le sue antipatie, di non sopportare qualcuno in particolare ma il razzismo è qualcosa di peggio, significa voler negare a quel qualcuno anche la possibilità di esistere. Significa individuare il pericolo solo nel “diverso” da sé, per orientamento sessuale, nazionalità, etnia eccetera, mentre nella maggior parte dei casi i pericoli li costruiscono proprio quelli uguali a noi.

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Dalla soave boccuccia di Marianna Madia, in riferimento al blocco degli stipendi degli statali, apprendiamo che chi guadagna 26.000 euro l’anno [lordi, in ogni senso] è da collocare nella categoria dei più fortunati. 26.000 diviso dodici fa poco più di 2.100 euro al mese che non è affatto lo stipendio base di uno statale.
Perché un dipendente statale da quadro ordinario a duemila euro non ci arriva nemmeno se rimane chiuso al ministero anche di notte.
Quindi sarebbe il caso che chi 26.000 euro li porta a casa immeritatamente in un mese evitasse di offendere chi paga a lei e agli incapaci come lei stipendi, che non vengono mai ridotti né bloccati, in cambio della fortuna e del privilegio di poter ancora mettere a tavola il pranzo e la cena nella stessa giornata.

Immagino che saranno molto soddisfatti i dipendenti della pubblica amministrazione che hanno votato Renzi perché gli ha messo la mancetta in busta paga e che adesso per bocca della Madia gli fa sapere che non ci sono i soldi per l’adeguamento dei loro stipendi che è fermo al 2010. Renzi poco più di due settimane fa, dopo averlo anticipato già lo scorso aprile, diceva che “il blocco salariale per i dipendenti pubblici è solo una chiacchiera estiva”.
Se Sciascia fosse ancora vivo probabilmente aumenterebbe di qualche unità le categorie in cui ha diviso l’umanità: ai mezz’uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà aggiungerebbe senz’altro i cazzari, i bugiardi per mestiere e tutti quelli che ancora oggi, in tempi ben lontani da quel giorno della civetta, si fanno fregare da persone come Renzi.
Quelli che dopo vent’anni di berlusconi non hanno saputo fiutare e intuire l’inganno e la truffa e prendere le opportune distanze dai bugiardi e cazzari per mestiere.

Dall’omofobia si può guarire, volendo

Che strana malattia l’omofobia: quando un ragazzo o una ragazza decidono di fare «coming out», molti lo emarginano, amici e famiglia compresi. Come se prima del dichiararsi i ragazzi in questione non fossero «già» omosessuali o lesbiche. E allora? Prima del «coming out» siete stati «contagiati»? No, perché non è una malattia. Una piaga si è abbattuta su di voi? No, perché non è un peccato. Siete stati aggrediti sessualmente? No, perché non è violenza (anzi, la maggior parte delle violenze avviene tra le mura di casa, nelle cosiddette «famiglie tradizionali»). L’unico problema – mettetevelo in testa – siete voi.  Che strana malattia l’omofobia: ascoltate i Queen? Be’, sappiate che Freddie Mercury era omosessuale. Venerate Ricky Martin? Lo è anche lui. Usate prodotti Apple? Tim Cook è gay. E vogliamo parlare di Tiziano Ferro, Oscar Wilde, Michelangelo Buonarroti (perché la Chiesa non rinuncia ai suoi affreschi nella Cappella Sistina)? I «froci» vi fanno schifo? Cancellatevi da Facebook, visto che il co-fondatore Chris Huges è omosessuale. Eppure queste persone non sono le stesse che vi emozionano con i loro film, con i loro versi d’amore, con le loro poesie, con le loro invenzioni?
L’omofobia finirà quando la domanda «sei gay?» (come se a un etero si chiedesse: «Sei etero?»), una delle più grandi violenze che si possa fare a una persona omosessuale, non verrà più pronunciata; quando il «coming out» non avrà più motivo d’esistere; quando «l’amore che non osa pronunciare il proprio nome» potrà essere liberamente pronunciato.
Rendiamo inutile la Giornata Internazionale contro l’omofobia. Tutti insieme, ognuno con la sua «diversità» che lo caratterizza nella sua singolarità irripetibile. «Diversi», ma belli e imprescindibili. Come i colori dell’arcobaleno.  
[Pasquale Videtta]

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Ognuno guardasse alle sue miserie, prima di pensare a quello che dovrebbero fare gli altri secondo – appunto – miserabili “opinioni”.
L’omofobia, i razzismi, non sono opinioni: nei paesi civili, dove i giornalisti non corrono dietro ai giovanardi ma li evitano in quanto dannosi per la cultura e il progresso della civiltà sono reati.
Quindi, al solito, anche, soprattutto, chi si occupa di fare informazione si facesse un esame di coscienza, perché molte delle brutture e dei drammi relativi all’omofobia e ai razzismi sono incentivati da un’informazione malata. I malati non sono gli omosessuali ma chi pensa che all’Italia debbano interessare i pensieri omofobi, violenti e razzisti di giovanardi e di quelli come lui.

 

Il diritto non è una concessione: è, appunto, diritto, e quando lo è deve essere di tutti, altrimenti è privilegio. E nel diritto ad essere omosessuali, seguire ognun* la propria natura che proprio perché è tale non può mai essere “contro” esiste anche quello di vedersi riconosciuto il proprio orientamento sessuale comprensivo dei diritti che ha già chi non lo è, così come si dovrebbe fare per la propria etnia, nazionalità e colore della pelle.
La religione è una cosa a parte, perché non viene stabilita dalla natura ma fa parte della scelta personale degli individui.
Si può scegliere a un certo punto della vita di non voler essere più condizionati da un Dio e passare tranquillamente alla condizione di atei, oppure si può decidere di seguire un’altra religione e non quella che viene imposta alla nascita ormai più per tradizione che per fede vera e credo sincero.
In questo paese nessuno viene discriminato perché cattolico, anzi, è talmente radicata la convinzione che un cittadino lo è di più se è anche cattolico da renderlo perfino un privilegio.
I cattolici, in quanto seguaci di quel Dio buono e giusto che tutto ha fatto e tutto mantiene si ritengono intoccabili, e ritengono che siano intoccabili i simboli che segnano la loro religione. Guai a parlare di laicità senza che arrivi la solita sfilza di buoni motivi sul perché “laico è brutto”, mentre laico è bello, e giusto, perché garantisce tutti, religiosi, credenti, osservanti e chi pensa di non aver bisogno di speciali tutele dall’alto.
E nello stesso modo equiparare i diritti degli eterosessuali a quelli degli omosessuali diventerebbe una garanzia per tutti, per chi già li aveva prima e ne poteva usufruire e per tutti coloro che, finalmente, possono vivere la loro natura che gli e le viene riconosciuta anche come cittadini.
E nessuno si sentirebbe privato di niente. Nessuno toglierebbe niente a nessun altro. 

Molta gente è cattiva, incapace di accettare quello che non comprende, e non vuole che le persone possano essere semplicemente felici nel modo che preferiscono, seguendo la loro natura. Perché la normalità non la decidono le apologie contro. Perché chi oggi è omofobo e razzista dimostra di non avere il diritto di vivere in questo tempo. Non c’è nessuna regola scritta che imponga una unione finalizzata al proseguimento della specie, si sta insieme per mille motivi più uno che è quell’amore di cui non si capacita chi non capisce che l’amore prescinde da tutto, anche dal sesso di appartenenza. E quando non si fa del male a nessuno si ha il diritto di viversi quell’amore alla luce del sole.

Tra lo Stato e l’Italia c’è sempre stato un gigantesco «’sti cazzi»

Sottotitolo: “se Luigi Cesaro, detto “Giggino ‘a Purpetta” (l’autista di Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata) è un parlamentare della Repubblica (si siede a 12 metri da noi) è ovvio che Gennaro De Tommaso, detto Genny “a carogna” possa decidere quando giocare la finale di Coppa Italia. Mi sembra coerente con la linea politica scelta dai partiti in tutti questi anni. Nulla di nuovo quindi.
Quel che è accaduto ieri all’Olimpico è uno dei tanti esempi (un altro è Francantonio Genovese, deputato PD renziano – lui si siede a 30 metri da noi – per il quale i giudici hanno chiesto l’arresto, arresto che deve essere votato dalla Camera ma la Boldrini ancora non ci fa votare) dell’assenza dello Stato. Lo Stato non esiste, o ce lo riprendiamo noi cittadini o prima o poi Genny “a carogna” verrà convocato da Renzi per riformare la Costituzione. In fondo perché Berlusconi e Verdini sì e lui no? Ah, forse perché è meno pericoloso.”
[Alessandro Di Battista – parlamentare 5stelle]

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Chissá cos’è peggio fra lo stadio frequentato anche dai delinquenti come il bar e il ristorante e uno studio televisivo del servizio pubblico – pagato coi soldi di tutti – che ospita invece, oltre alla conduttrice, SOLO un criminale.

Non si violerebbe nessuna regola evitando l’ospitata a berlusconi. Anzi, parrà strano ma sarebbe proprio l’apoteosi del rispetto della legge. 

La verità è che nessuno rinuncia ad ospitare lui per far parlare di sé. 

Proprio come l’Annunziata oggi e tutti quelli che da qui alla fine della campagna elettorale faranno credere agli italiani che berlusconi ha il diritto di essere invitato e intervistato nelle televisioni, di avere uno spazio mediatico da interdetto e condannato.
Mentre questo diritto lui non ce l’ha. Lo sa l’Annunziata e lo sanno tutti quelli che pagherebbero per avercelo seduto di fronte ma continuano a fottersene in allegria.
Naturalmente non è vero che nel 2011 fu Napolitano a chiedergli di dimettersi, lo fece, su consiglio di Confalonieri e Ghedini, quando lo spread iniziò a danneggiare anche le sue aziende; quando, tanto per non cambiare e per onorare il suo altissimo senso dello stato pensò a salvarsi la “robba”, ché a salvare l’Italia ormai non si faceva più in tempo.
Quindi non solo si dà la possibilità a un pregiudicato di invadere la televisione di stato ma gli si permette anche di continuare a mentire alla gente, di praticare l’attività a lui più congeniale, quella che gli è riuscita meglio e per mezzo della quale riesce ancora a convincere gli irriducibili estimatori di un criminale: quella del chiagni e fotti. Ancora e tutt’ora.

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Allo stadio Olimpico c’erano il presidente del consiglio e quello del senato, ex procuratore antimafia, uno che di criminalità se ne intende. Due persone che rappresentano le istituzioni più alte e che avrebbero potuto, se avessero voluto, mettere una pietra tombale sulla partita e sulla trattativa fra il capetto malavitoso e la questura evitando all’Italia tutta l’ennesima figura di merda planetaria.
Non lo hanno fatto.
E questo è quanto. Tutto il resto – razzismo verso Napoli e i napoletani in testa, è noia, e di quella più pesante fra l’altro.

Solo per ricordare agli imbecilli che in queste ore si sono espressi col loro peggio, quelli che “non sono io che sono razzista ma sono loro che sono napoletani” che la politica è in grado di regolare ogni ambito della società: stadi compresi, ma non lo fa perché da sempre le curve degli stadi, quelle brutte, cattive e violente sono un’ottima fonte da cui attingere voti. 
E allora la politica si guarda bene dall’infastidire un ambiente dove succedono cose che servono poi anche a far aprire molte bocche senza che prima siano state collegate con altrettanti cervelli che pensano. 

Non c’entrava niente la partita, lo stadio né i tifosi sabato sera a Roma, ma la tentazione del giudizio morale sul tifoso di calcio da evitare come un appestato e dell’offesa razzista verso i napoletani per molti è irresistibile, anche per quelli che poi, rispetto ad altri razzismi espressi si indignano o fanno finta di…

La violenza, gli spari non sono un’esclusiva napoletana, ma è un’esclusiva piuttosto italiana quella di definire e catalogare i napoletani come una razza a parte da emarginare con disprezzo. Nessuno si sognerebbe mai di dire che tutti i brianzoli sono ladri, corruttori, amici della mafia e sfruttatori di prostitute ragazzine solo perché berlusconi è nato in quella zona della Lombardia.  Si vergogni, e molto, chi associa il male, la criminalità e il malaffare ad una sola città nel paese dove le mafie governano da Bolzano a Palermo in una trattativa continua, che dura da 150 anni, nell’assoluta indifferenza dello stato.

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Genny ‘a Carogna merita di diventare prefetto – Arnaldo Capezzuto – Il Fatto Quotidiano

Appello al premier Matteo Renzi: nomini Prefetto Genny ‘a Carogna. E’ un atto dovuto e di serietà. Ieri sera, allo stadio Olimpico di Roma alla presenza in tribuna dello stesso presidente del Consiglio, del presidente del Senato Pietro Grasso, del presidente della Commissione AntimafiaRosy Bindi e i vertici del calcio nazionale abbiamo dovuto attendere e ringraziare Gennaro De Tommaso, alias Genny ‘a Carogna, capo degli ultras partenopei del gruppo Mastiffs e dell’interacurva A dello stadio San Paolo per aver dato l’ok all’incontro di finale di Coppa italia Napoli -Fiorentina.

Ecco: il giovanotto ha gestito magistralmente l’ordine pubblico e salvato moltissime poltrone istituzionali. Penso e credo che meriti come minimo una nomina a Prefetto della Repubblica. Seduto su una grata della curva Nord, il capo ultrà ha partecipato alla convulsa trattativa che ha ritardato di 45′ il match poi vinto dalla squadra azzurra. Certo ‘a Carogna non è uno stinco di santo. E’ giàdestinatario di Daspo ha alle spalle vari precedenti giudiziari (fu arrestato per droga).

Vabbè che c’entra? Ci sono vertici del nostro Stato che con ostinazione da oltre 20 anni negano o non ricordano che è avvenuta una trattativa con la mafia altri che nonostante i massacri del G8 di Genova sono stati promossi. A chi però storce il naso per via della maglietta nera che indossava ‘a Carogna con la scritta gialla : “Speziale libero” possiamo dire con serenità che è solo marketing da duro. Occorre solo ammirare il carisma e la bravura del tatuato Genny ‘a Carogna che dopo aver parlato a lungo col capitano del Napoli Hamsik e i vertici della Questura della Capitale e i rappresentanti del Prefetto ha autorizzato la disputa della finale.

Lo Stato deve ringraziare (Silvio Berlusconi per anni ha usufruito del titolo di cavaliere) attribuendo un’onorificenza a Genny ‘a Carogna se la partita non si è trasformata in tragedia. Non scherzo quando sostengo che il premier dovrebbe nominare per le attitudini dimostrate e senso dello Stato Genny ‘a Carogna, Prefetto. Le immagini in diretta tv hanno fatto il giro del Paese e d’Europa e dimostrano e provano la serietà, il carisma, l’attitudine al comando della Carogna. Tra l’altro Genny ha referenze importantissime, c’è il collaboratore di giustizia Emilio Zapata Misso che spiega:“Gli equilibri fra i gruppi di tifosi e quelli fra clan camorristici si influenzano gli uni con gli altri (…) Il capo dei “Mastiffs” è De Tommaso Gennaro, detto “Genny ‘a carogna”, figlio di Ciro De Tommasocamorrista affiliato al clan Misso (…) Così come il gruppo “Rione Sanità” è comandato da Gianluca De Marino, fratello di Ciro, componente del gruppo di fuoco del clan Misso”.

Ancora di più, ci sono anche inchieste della Digos di Napoli e della magistratura che illustrano come i componenti del gruppo organizzato dei tifosi dei “Mastiffs” sono stati più volte coinvolti in indagini giudiziarie insieme all’altro gruppo della torcida azzurra i Fedayn per tifo violento con arresti e perquisizioni. A rafforzare il quadro delle benemerenze del capo dei Mastiffs c’è anche il racconto diSalvatore Russomagno, pentito del clan Mazzarella che spiega : “Dell’esistenza di azioni punitive che avvengono quando un calciatore gioca male oppure non si presenta alle riunioni presso i circoli sportivi, ovvero parla male dei tifosi e in particolare dei Mastiffs. I Mastiffs sono violenti e non gradiscono le dichiarazioni dei calciatori contro la violenza degli stadi, talvolta gli orologi rapinati ai calciatori sono stati anche restituiti, così a Cavani e alla moglie di Hamsik, non so chi le commise ma sono stati i Mastiffs a fare avere indietro gli orologi”.

Alla fine il presidente Aurelio De Laurentiis a Coppa Italia conquistata nel corso di un’intervista lo riconosce : “A Napoli è tutto diverso”. Caro presidente non solo a Napoli ma in generale è tutto diverso in Italia. Nel paese al contrario forse il Prefetto e il Questore di Roma dovrebbero essere rimossi invece è più giusto che Genny ‘a Carogna abbia un riconoscimento istituzionale.  

 

Paura, eh?

“Una società senza paura è come una casa senza fondamenta e, seguendo correttamente questo stato d’animo, io aiuto il mondo a mantenere ordine…” [Antonio Albanese, ministro della Paura]

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Che bella civiltà, l’etnicizzazione dei titoli, vero? Chissà, magari erano pure musulmani, e avrebbero potuto titolare: “Derubato da una banda di islamici”. Oppure cattolici: “Derubato da una banda di cristiani”. O forse erano rom comunitari: “Derubato da una banda di europei”. La teoria degli insiemi, applicata a informazione e politica, per smascherare il sonno della Ragione. [Daniele Sensi]

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Se il giornalismo vuole fare davvero un servizio utile potrebbe fare delle ricerche serie e informare su quanti sono proprio nei numeri esatti i rom che svaligiano gli appartamenti, quanti i romeni che rapinano i bancomat, quanti i maghrebini che spacciano rispetto agli italiani che commettono gli stessi reati. Chissà, si potrebbe perfino scoprire che gli unici da temere sono proprio e solo i nostri connazionali così come è stato scoperto che non  è la maggioranza degli stranieri a maltrattare, violentare e stuprare donne italiane ma sono proprio e solo i loro italianissimi  fidanzati o ex, mariti o ex, compagni o ex.  Ma non lo fa, paura, eh? 
 Se a gente che non apre un libro e un giornale decente – e purtroppo il razzismo è sempre sintomo di profonda ignoranza – si dice che gli stranieri cattivi,  mica i francesi, gli americani, e nemmeno guardaunpo’ i cinesi ma sempre e solo un certo tipo di stranieri, quelli con la pelle scura,  ci portano via il lavoro, la casa, i mariti, le mogli, rubano stuprano ammazzano e adesso, notizia di queste ore ci vogliono pure contagiare con l’ebola senza fare chiarezza, senza dire ad esempio e fino alla noia che non è la “razza” a fare di una persona un delinquente o una persona onesta e che certi contagi seri di malattie gravi si possono rischiare anche andando, per esempio, a fare viaggetti in oriente per stuprare i ragazzini, attività in cui gli italiani eccellono, quella gente ci crede.

Sessanta milioni – pure qualcosina in più – di persone vengono private sistematicamente da sempre del loro diritto ad essere informate correttamente e onestamente ma nessuno si sognerebbe mai di dire o scrivere che “bande di giornalisti armate del loro servilismo sfrenato derubano gli italiani dell’informazione”. Si può al massimo dire, o scrivere, che ci sono tanti non professionisti del settore a cui piace mestare nel torbido ogni volta che, rispetto alla notizia di un furto, una rapina et similia pensano che sia utile sottolineare la nazionalità, l’etnia del delinquente. Così come pensano che sia una notizia degna delle cronache dei quotidiani nazionali un furto, una rapina come ne succedono ogni microsecondo in tutto l’orbe terracqueo. Ovviamente tutte le persone dotate del minimo sindacale di capacità di comprensione sanno che nessuna delle due cose rientra nella sfera dell’informazione corretta, utile e necessaria a formare un’opinione o a mettere al corrente la gente di fatti particolarmente gravi, importanti e significativi – sarebbe questo il compito del giornalismo – e che, star sempre lì a scrivere che a rubare, spacciare, rapinare è stato il rom, il romeno, il maghrebino e via a seguire l’unico effetto che produce, che ha prodotto nel tempo è stato aumentare il senso di insicurezza degli italiani rispetto allo straniero, lo “zingaro” e il relativo razzismo espresso nei loro confronti.
Ma questo evidentemente non preoccupa, mentre invece, dovrebbe.
Perché non la piantano, un po’ tutti, di alimentare il razzismo?
Quando mi hanno svaligiato l’appartamento l’ultima mia preoccupazione era conoscere la nazionalità dei ladri, non ci ho nemmeno pensato; un danno e il relativo dispiacere non aumentano o diminuiscono di importanza se a causarli è l’italiano o lo straniero, hanno lo stesso identico peso, e sarebbe il caso che lo imparassero anche nelle redazioni dei giornali.

Una macchia di sangue sulla nostra umanità

“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”.

“Dal che si potrebbe concludere che più un bugiardo ha successo, più gente riesce a convincere, più è probabile che finirà anche lui per credere alle proprie bugie”.

[Hannah Arendt – La banalità del male]

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Le giornate della Memoria sono una sconfitta per la società civile, moderna, quella che avrebbe dovuto emanciparsi da ogni forma di schiavitù, in special modo quella del pensiero quando è sbagliato, quando è finalizzato alla separazione, all’esclusione, al non riconoscimento dei diritti di tutti.
Perché dai pensieri sbagliati possono scaturire solo cose sbagliate.
Finché ci sarà bisogno di queste giornate vuol dire che l’origine, quel che ha generato la necessità di ricordare non è stato elaborato con giustezza e non ne sono state neutralizzate le ragioni, e che quindi c’è il reale pericolo che ogni cosa che si ricorda si possa ripetere. 
Le giornate della Memoria sono lì a ricordarci i fallimenti del nostro essere sì esseri umani ma di saperci comportare, con una certa frequenza anche, in maniera disumana, incivile.
Il 27 gennaio serve.
Serve a tutti.

Ebrei, prigionieri politici, criminali comuni, immigrati e apolidi, testimoni di geova, omosessuali, “asociali”, rom e sinti. Questa è la Giornata della Memoria.

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Dove ci sono ingiustizie, discriminazioni, razzismo non ci sono amore né rispetto. E dove non ci sono amore e rispetto è più facile che accadano le tragedie. Oggi come ieri c’è qualcuno che dietro le quinte [ma anche davanti]  della politica nel mondo lavora per separare e non per unire. E quando l’obiettivo è quello di disunire, di far credere che ci siano persone con più diritti di altre, che esista ancora, nel terzo millennio, una “razza padrona” e c’è gente che a questo ci crede tutto può succedere ancora e ancora. 
In questo 27 gennaio faccio mie queste belle parole del mio amico Andrea Marinucci Foa  che in poche righe è riuscito a riassumere tutto quello che è stato, che è e che non basta dire “mai più” ma bisogna fare in modo che lo sia davvero. Questa, in mezzo alle centinaia di giornate per ricordare qualcosa è l’unica davvero importante. Perché è l’unica che sbatte in faccia agl’imbecilli, ai razzisti, agli omofobi, ai fascisti dell’ultima e penultima generazione, quelli che non sanno, quelli che vanno a scrivere nei social network che ai rom bisognerebbe dargli fuoco, che gli extracomunitari rubano case e lavoro, che il paese è mio e quindi vengo prima, io qual è il prodotto della melma che cervelli malati prima dei loro ma uguali ai loro, hanno causato.

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Immagino già i discorsi di questo 27, giorno della memoria. Gli ebrei parlano. Ci si aspetta che parlino. Lo farò anche io. E’ quasi un dovere, anche se poi il giorno della memoria serve a chi ha bisogno di ricordare quei cancelli e quello che veniva fatto al di là di essi, e noi persone per bene, qualsiasi sia la nostra origine, non possiamo dimenticare. C’è come un nodo sul fazzoletto nella mente, un nodo che non si può sciogliere finché esisterà una discriminazione delle persone per origine geografica, colore della pelle, preferenze sessuali, fede o assenza di fede religiosa. Fin quando certe piccole particolarità verranno utilizzate per giudicare a priori una persona, quello che domani ricorderemo “ufficialmente” resterà fisso in primo piano, una macchia di sangue sulla nostra umanità. Non è retorica. Il sangue è fisso lì perché scorre ancora, continua a scorrere. Nei pestaggi degli omosessuali, nelle pulizie etniche, nel razzismo. E non si fermerà finché non diremo “basta”, e impediremo le deportazioni dei nomadi e quelle dei profughi, e butteremo nel cesso le assurde proibizioni alle coppie omosessuali, e promuoveremo il dialogo, il disarmo e la pace nelle zone “calde”. 
Visto che è il giorno della memoria, ricordiamo. Ricordiamo ai razzisti e agli omofobi che non hanno cittadinanza su questa terra, non come razzisti e omofobi perché la loro non è opinione ma violenza omicida.

Andrea Marinucci Foa  

“Ausmerzen” è la strage nazista dei disabili, bambini, donne, uomini ritenuti inutili, un peso per la società solo perché malati. Gente che mangiava a sbafo, che bisognava curare e mantenere negli ospedali, gente che non produceva, quindi un costo per la società che dopo la crisi mondiale del ’29 faticava. Oggi si tagliano le necessità, quelli del “progetto Aktion T4″ tagliavano direttamente le persone. 300.000 persone – di cui più di 5000 erano bambini – gasate, avvelenate e passate per i forni crematori in modo scientifico nella più completa indifferenza della gente con la collaborazione di funzionari di stato e medici di famiglia. Erano tedeschi, non stranieri, gente della stessa gente.

Il vizio della memoria

Sottotitolo: che destino può avere un paese dove si bluffa, si improvvisa perfino sulle previsioni del tempo? Secondo gli illustri previsori preventivi, quelli che non prevedono ma ormai sono costretti ad ipotizzare per rispondere alla richiesta di un’utenza sempre più numerosa, quella  che non si accontenta di sapere che tempo farà domani ma vuole sapere se fra due settimane dovrà uscire con l’ombrello o lo spolverino, oggi a Roma sarebbe dovuto nevicare, mentre la temperatura esterna alle otto di stamattina era di dodici gradi. Le previsioni possono intercettare le perturbazioni e avere quindi un’attendibilità attendibile al massimo nei due, tre giorni prossimi venturi, oltre questo periodo è fantasiosa creatività. La realtà è che ci trattano come vogliamo essere trattati, in politica come in tutti gli ambiti. Perché non ce ne dovrebbe fregare nulla di che tempo farà fra dieci giorni, anche se abbiamo programmato una cosa particolare e importante. Perché nulla si può fare per impedire l’evento inevitabile.Nella politica però non esiste l’inevitabile: tutto si sarebbe potuto, e dovuto evitare. Anche berlusconi.

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Come faceva giustamente notare Oliviero Beha l’altra sera da Paragone, la vergogna non passa per le sentenze di un tribunale.
Così come non dovrebbero passarci la dignità e il senso personale della decenza. Paolo Borsellino diceva che conoscere persone disoneste, ancorché mafiose non costituisce di per sé un reato, ma se a conoscerle, frequentarle, avere rapporti stretti con loro, farci affari insieme e magari anche un partito politico, mettersele in casa in qualità di “stallieri eroi” è un politico dovrebbe essere un motivo più che sufficiente a rendere quel politico non solo inaffidabile “professionalmente” ma proprio umanamente. Nel paese del garantismo tout court, invece, quello dove non si è colpevoli nemmeno dopo un terzo grado di giudizio che non c’è in nessun altro paese al mondo, dove il desiderio di uguaglianza e di una giustizia uguale per tutti viene definito giustizialismo, essere stati raccomandati e accompagnati nella carriera politica dal frequentatore di mafiosi fa curriculum. E il risultato sono le persone come la De Girolamo che, invece di incassare il suo fallimento cerca un’assoluzione per un comportamento che non costituisce di per sé un reato ma che la rende di sicuro inaffidabile.

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Mauro Biani - The great biutifullLe larghe intese che Renzi rinfaccia oggi al pd che gli rinfaccia di andare a parlare con l'”evasore fiscale” berlusconi che poi è un frodatore, reato ben più grave dell’evasione, piacevano anche a Renzi, anzi, le auspicava.
Questo è un paese senza memoria, ecco perché vincono i berlusconi e i Renzi.
“Matteo Renzi, ospite di Ballarò, ammette che secondo lui in un altro paese che non sia l’Italia, PD e PDL avrebbero già trovato un accordo per governare.” [5 marzo 2013]

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La cosa importante che va ribadita e ripetuta è che l’indignazione del pd, nemmeno tutto verso Renzi che va a parlare con berlusconi è una paraculata ipocrita per prendere in giro i loro elettori che adesso vedono quelli che s’indignano ma non si ricordano, per amnesia vera o per opportunismo, del passato, quello meno recente e quello più attuale. 
Ha ragione Travaglio sulla memoria dei pesci rossi. 
Sembrano tutti i nati ieri che si stupiscono, si meravigliano e poi votano Renzi dopo vent’anni di berlusconi: come se non fosse stato sufficiente il sopportato subito e i pazzi, gli antipolitici siamo noi che invece abbiamo il vizio della memoria.

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Il ruolo dell’intellettuale, del filosofo, della persona in possesso di una cultura superiore all’interno delle società è sempre stato quello di indurre al ragionamento, alla riflessione profonda, di spiegare attraverso il suo grado di conoscenza quello che accade, i cambiamenti, aiutare la gente semplice, quella che non “ci arriva” per una cultura insufficiente o quella che si arrocca sulle sue certezze pensando che non esista un diverso modo di vedere, quindi di comprendere le cose. 

Più o meno la stessa funzione che hanno i libri, la letteratura, che hanno la capacità di aprirci la mente verso nuovi orizzonti, spiegandoci che non ci si deve fermare all’evidenza ma andare sempre oltre, perfino oltre quel che si vede e si legge. 

Solo in questo modo si può sviluppare quel senso critico che non si ferma al semplice giudizio sommario ma che si fonda su delle argomentazioni solide.

Cacciari, che viene invitato ovunque proprio in virtù del suo ruolo di filosofo ieri sera da Santoro, davanti a Salvini, ha detto che la lega non è razzista, che si muove e agisce secondo quello spirito che ha sempre animato quel movimento, dunque è legittimo pensare che faccia parte di quello spirito non violento, secondo il Cacciari pensiero, anche lo stalking reiterato, gli insulti, aver paragonato ad un orango il ministro Kyenge, averle lanciato banane su un palco. 
Episodi, ormai praticamente quotidiani, che non dovrebbero far preoccupare nessuno. 
Cacciari, da filosofo, divulgatore delle belle teorie, quelle che dovrebbero aiutare nella comprensione, invece di contrastare il pensiero leghista mettendo in evidenza lo spirito della lega, quello violento e discriminante gli riconosce una sua dignità e da oggi in poi Salvini e tutti quelli come lui potranno avvalersi, oltre che del loro spirito “animato” anche dell’autorevole parere di Cacciari – il filosofo intellettuale – per giustificare tutte le loro porcherie razziste.

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LA VOGLIA D’INCIUCIO (Curzio Maltese)

La parte del Pd che ha governato per due anni e fino all’altro giorno con Berlusconi si scandalizza se il nuovo segretario Matteo Renzi vuole discutere con il capo della destra la legge elettorale. All’improvviso i bersaniani, i dalemiani e altri correntisti del Pd hanno scoperto dopo vent’anni che Berlusconi è inaffidabile, ha un sacco di problemi con la giustizia, processi in corso, condanne, e insomma non è una persona con cui trattare. Cristianamente, si dovrebbe festeggiare questo ritorno a casa dei figlioli prodighi uccidendo il vitello grasso. È dai tempi della Bicamerale che scriviamo questo su Repubblica, spesso accusati dai vertici del centrosinistra di antiberlusconismo viscerale, estremismo ideologico e impolitico. Ora si sono convinti: evviva. Ma sui pentiti della sinistra è lecito avere qualche sospetto.

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LA RESURREZIONE DI LAZZARO – Marco Travaglio, 17 gennaio

Per la serie “senti chi parla”, ovvero “il bue che dà del cornuto all’asino”, va in scena la pantomima della sinistra Pd che chiede a Renzi di non incontrare B. “perché è un evasore fiscale”. A parte il fatto che è molto peggio di un evasore (la condanna è per frode fiscale), il nostro ometto ha una sfilza di sentenze di prescrizione e amnistia che lo dichiarano corruttore di giudici, pagatore occulto di politici, falsificatore di bilanci, testimone mendace e così via. Eppure questi sepolcri imbiancati, pur conoscendone il curriculum penale, o forse proprio per questo, ci han fatto insieme una Bicamerale, vari inciuci su tv, giustizia e conflitto d’interessi, un governo tecnico (Monti) e un governo politico (Letta), dopo avergli servito sul piatto d’argento le teste mozzate di Prodi e Rodotà, fatto scegliere il “nuovo” presidente della Repubblica (Napolitano) e il nuovo premier (il nipote di zio Gianni) in nome della “pacificazione” dopo la “guerra civile dei 20 anni”, tentato di “riformare” con lui la giustizia e la Costituzione.

Se le ultime porcate non sono andate in porto non è merito del Pd, che ci ha provato fino all’ultimo, tentando per mesi di trattenere B.. È merito (involontario, si capisce) di B., che s’è divincolato dai loro appiccicosi abbracci e li ha mollati perché non hanno mantenuto le promesse di pacificazione e, incalzati dagli elettori inferociti e dai 5Stelle, non gli hanno garantito il salvacondotto nonostante i generosi tentativi di Violante & C. Se alla sinistra Pd faceva schifo il pregiudicato, il 1° agosto – giorno della condanna – poteva cacciarlo. Invece i ministri bersaniani e dalemiani sono rimasti a pie’ fermo sulle poltrone di combattimento, del governo e della maggioranza, fino a due mesi fa quando, fuggito e decaduto il Cainano, hanno preso a fingere di non averlo mai conosciuto. E subito han digerito, senza l’ombra di un ruttino, la compagnia dei poltronisti dell’Ncd, da Alfano a Schifani, da Cicchitto a Quagliariello, da Formigoni a Lupi, da De Girolamo ad Azzollini, da Bonsignore a D’Alì, che avevano sempre difeso il condannato e continuano a difenderlo, anche perché vantano una percentuale di inquisiti da far impallidire Forza Italia.

E ora questi stomaci di ghisa e queste facce di bronzo intimano a Renzi di non parlare con B. di legge elettorale e l’accusano di resuscitarlo, sfoderando una questione morale messa sotto i tacchi per vent’anni? Sentite Danilo Leva, il geniale responsabile Giustizia di Bersani che fino a due mesi fa voleva riformare la giustizia col pregiudicato: “Un conto è Forza Italia, un conto è Berlusconi condannato in via definitiva. Non vorrei una sua riabilitazione attraverso gratuiti atti simbolici”. Sentite il capogruppo bersaniano Roberto Speranza, che dirigeva alla Camera la truppa alleata di B. fino a due mesi fa: “È poco opportuno il confronto con un condannato in terzo grado”.

Se questi tartufi avessero davvero a cuore la questione morale, si potrebbe almeno starli a sentire. Invece è chiarissimo quel che temono, in sintonia con l’impiccione del Colle: che Renzi trovi i numeri per cambiare la legge elettorale con una maggioranza diversa da quella di governo, mettendo ai margini i partitucoli e in crisi il Napoletta. Ma una legge elettorale decente non potrà mai nascere accontentando alfanidi, montiani e casinisti, noti frequentatori di se stessi. Per farla occorre un accordo fra il Pd e uno dei due partiti maggiori: o M5S o FI. Renzi s’è rivolto anzitutto a Grillo, che però s’è chiamato fuori, rinunciando a influenzare la riforma elettorale e rinviando tutto al web-referendum di fine febbraio, troppo tardi. A questo punto a Renzi non resta che FI, talmente mal messa da accettare qualunque diktat pur di rientrare in gioco. Se però B. tornerà in partita, la colpa andrà attribuita a chi ci ha sprofondati in questo incubo. Non l’altroieri: l’anno scorso, quando i pidini che ora gridano alla resurrezione di Lazzaro seppellirono Prodi e Rodotà e riesumarono la salma di B. dalle urne. Anzi, dall’urna.