Baciamo le mani

Preambolo: l’Italia è un paese fantastico: si può commissariare il comune di Roma con la scusa dell’incapacità del sindaco, la presidenza del consiglio piazzando non uno ma tre capi di governo usciti dal cilindro di un presidente della repubblica con velleità da imperatore, il Quirinale rinominando una seconda volta il presidente imperatore come se la prima non fosse bastata ma guai a toccare la FIGC di Carlo Tavecchio.
Il presidente del Coni Malagò si dispiace e si rincresce per le parole inaccettabili di Tavecchio ma la FIGC non si può commissariare.
Tavecchio come Vincenzo De Luca, sgridato da madamigella Boschi per gli insulti a Rosy Bindi ma irremovibile dalla carica per questioni di stima e fiducia che nessuno mette in discussione per qualche sciocchezza, anche se la sciocchezza fosse una condanna in primo grado per abuso d’ufficio.
E questa è la conferma che persone come De Luca e Tavecchio, entrambi impresentabili per motivi diversi ma ugualmente importanti, gravi e che nessun’altra società davvero civile assolverebbe per bocca del ministro, del presidente del consiglio e della massima autorità sportiva sono il meglio che c’è per i loro rispettivi ruoli. Insostituibili entrambi.
Nel paese normale non serve nemmeno la seconda gaffe, alla prima si va a casa, anche quando la gravità di un’affermazione è infinitamente minore di quanto lo sono le cose dette da Tavecchio e De Luca.
Chissà se anche la nomina di Tavecchio è una responsabilità degli italiani.

Sottotitolo: “in epoca fascista i prefetti furono uno degli strumenti di cui si avvalse Mussolini per la politica di centralizzazione e rafforzamento del potere esecutivo. Il ruolo del prefetto fu, quindi, ulteriormente rafforzato e il regime si servì di istituti quali il collocamento a riposo per ragioni di servizio o il collocamento a disposizione allo scopo di allontanare i prefetti sgraditi”. [wikipedia]

Francesco Paolo Tronca, voluto da Renzi per realizzare il suo “dream team” per il giubileo ma soprattutto per sostituire l’indegno, il goffo, l’incapace, il bugiardo, lo spendaccione, il patetico Marino è lo stesso prefetto che a Milano ha nominato un commissario apposito per cancellare il registro sulle coppie di fatto istituito dalla giunta di Pisapia [ma anche da Ignazio Marino a Roma], che si beccò pure una denuncia per questa iniziativa.

Se Renzi può parlare con la solita volgare strafottenza di Marino come di un patetico fallito, un disonesto intellettuale che si è inventato la congiura che invece c’è stata, è anche grazie a chi non ha capito che nelle ore precedenti l’agguato di Renzi, del pd e dei 26 traditori non bisognava difendere Marino ma mettersi  contro la congiura per mezzo della quale Marino è stato cacciato dal Campidoglio: il solito colpetto allo stato per non dire di.
Uno che sta al governo con alfano e Verdini, che ha fatto il patto col primo delinquente d’Italia,  senza il benché minimo senso della moralità, del rispetto, della decenza, un cospiratore col cinismo e la spietatezza del serial killer che toglie di mezzo tutti quelli che non sono funzionali al suo progetto antidemocratico non può dare del disonesto e del patetico a nessuno.

In Italia per non sbagliare è sufficiente sapersi inchinare di fronte all’autorità giusta.

Dalla posizione assunta da Tronca, un po’ troppo oltre il doveroso e rispettoso omaggio che si deve al capo di stato estero, nonché massima autorità della chiesa cattolica è facile immaginare che lui sia una di quelle persone che Francesco non si vergognerebbe di invitare lui.  In ogni caso, la fascia tricolore non spetta al commissario voluto da Renzi  su intercessione del papa ma al sindaco eletto dai cittadini. Chiaro?

L’Inchino  – Marazico – 2015

Nun so se siate bono o autoritario
né quer che avete dentro alla capoccia,
ma avete da sapè, sor commissario,
che a ‘sta città ferita assai je scoccia

che arivi quarcheduno da Milano
cor compito de dije che quer tale
che aveva eletto er popolo romano
è inadeguato e che l’ha scelto male.

Rispetto a quello che v’ha preceduto
avrete meno rogne de sicuro
e ve daranno tutto quell’aiuto
che v’abbisogna pe’ nun sbatte ar muro.

Dovrete da sta’ accorto ai criminali
che stanno dappertutto come blatte.
Chi scippa e ruba? Quelli so’ normali,
i peggio c’hanno rolex e cravatte.

Nun romperanno certo li giornali,
i delinquenti, li palazzinari,
i bibitari in centro e i cardinali.
Quest’ultimi teneteveli cari,

me raccomanno, nun li contristate,
prestate ascolto ad ogni piagnisteo.
Del resto è bene che ve ricordate
che c’è da mette mano ar Giubileo

e che li preti oltre ar sacramento
è chiaro che ce tengono parecchio
che a spenne bene i fondi state attento…
Pe’ er resto, ve lo dico in un orecchio:

sapete qui chi regna pe’ davero
spartennose da secoli er bottino
senza conosce requie? Ladri e Clero.
Che pensa de decide un questurino?

Per cui l’esordio in foto immortalato,
fasciato già da primo cittadino,
è certamente quello più indicato:
un prete ride e voi fate l’inchino.

Di fact checking, inesattezze ma soprattutto di balle [giornalistiche]

Pippo Fava, Palazzolo Acreide 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984 – Riprendo queste righe scelte da Mauro Biani nella sua pagina di facebook perché le trovo perfette da associare alla sua vignetta in ricordo di Pippo Fava. Che Mauro sia bravissimo non è più una sorpresa per me, lo è però la sua capacità di stupirmi ogni volta. Quando ti aspetti che Mauro Biani si esibisca in tutta la sua genialità lui per fortuna lo fa. Questo disegno è magnifico, sensuale, intrigante, riesce quasi a far dimenticare per un attimo l’orrore di una morte ingiusta come quella che è toccata a Pippo, ammazzato dalla mafia, perché aveva il vizio dell’onestà e della verità. [A proposito di balle giornalistiche, ecco] . – “Io sono diventato profondamente catanese, i miei figli sono nati e cresciuti a Catania, qui ho i miei pochissimi amici ed i molti nemici, in questa città ho patito tutti i miei dolori di uomo, le ansie, i dubbi, ed anche goduto la mia parte di felicità umana. Io amo questa città con un rapporto sentimentale preciso: quello che può avere un uomo che si è innamorato perdutamente di una puttana, e non può farci niente, è volgare, sporca, traditrice, si concede per denaro a chicchessia, è oscena, menzognera, volgare, prepotente, e però è anche ridente, allegra, violenta, conosce tutti i trucchi e i vizi dell’amore e glieli fa assaporare, poi scappa subito via con un altro; egli dovrebbe prenderla mille volte a calci in faccia, sputarle addosso “al diavolo, zoccola!”, ma il solo pensiero di abbandonarla gli riempie l’animo di oscurità.” (da “I Siciliani”, 1980)

Anche ieri Michele Serra si è occupato di quel che accade in Rete, come fa ormai abbastanza spesso, nella sua Amaca a proposito delle balle che si scrivono e si dicono dai pulpiti “alti” e delle relative smentite rese più semplici proprio perché c’è la Rete che, è vero, è quell’immenso calderone dove va a finire tutto e che molti ancora non hanno imparato ad usare bene contribuendo alla diffusione delle balle, tipo la non notizia di queste ore circa una corte che avrebbe stabilito che il canone Rai si può non pagare e non succede niente. 

Cosa assolutamente non vera ma che continua ad essere ancora condivisa e accolta con gridolini di approvazione come se lo fosse, semplicemente perché c’è gente troppo pigra per preoccuparsi di andare a vedere se è vero quel che passa davanti ai nostri occhi ogni giorno sulle pagine web di un social network. 

Se tanta gente pensasse che anche condividere un link su twitter e facebook è una piccola responsabilità forse leggeremmo meno stronzate inutili e false, e si eviterebbero un mucchio di discussioni che fanno solo perdere tempo. 

Il problema che affligge Serra però è un altro: a lui dà fastidio che in Rete si aprano dibattiti su argomenti che un tempo erano esclusiva degli addetti ai lavori, giornalisti, opinionisti, intellettuali eccetera, dà fastidio che potrei essere anch’io, una signora nessuno a smascherare la bugia, l’inesattezza che scrive il professionista e ogni tanto, ciclicamente, ci tiene a farcelo sapere senza mai fare però il benché minimo accenno sul fatto che basterebbe evitare di scrivere balle sui giornali per evitarsi poi la critica spalmata ovunque in Rete fatta anche in modo volgare come accade purtroppo spesso. 

Perché il margine di errore nel riportare una notizia, un fatto, una considerazione si alza e si abbassa rispetto alla responsabilità che si ha quando si scrive in pubblico sapendo poi di essere letti da qualcuno. Ed è la quantità di quei qualcuno a stabilire la gravità di quell’errore. 

Io, a differenza di Serra posso anche permettermi l’inesattezza, perché il massimo che può succedere è che me la facciano notare e mi diano quindi la possibilità di rettificare prima che quell’errore diventi materia per fare opinione in quella cerchia di persone che di me si fidano perché sanno che solitamente e abitualmente non sono una che racconta balle. Mentre ai livelli di Serra &Co. il margine di errore e la balla non dovrebbero proprio esistere perché la loro responsabilità nei confronti del pubblico è infinitamente più grande della mia. Se Serra, come molti altri suoi colleghi ha deciso di adeguarsi per motivi suoi personali, di opportunismo, o per quell’idea malsana che fa credere che un’informazione esatta sia controproducente per la famosa stabilità napolitana è un problema suo che però non deve impedire che qualcuno se ne accorga e  risponda come sa,  come può e coi mezzi che ha, anche fossero un blog e una pagina di facebook. Chi si espone sa che correrà dei rischi, esporsi in modo onesto riduce quei rischi.

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L’AMACA, Michele Serra 4 gennaio

Si moltiplica, anche grazie al web, la cultura del “fact checking”, ovvero la verifica dei fatti. Si tratta di vagliare il grado di veridicità delle dichiarazioni pubbliche, con speciale attenzione, come è ovvio, per le affermazioni dei politici. Interessante notare come esista una vera e propria gradazione della veridicità: tra la verità piena e la menzogna conclamata ci sono sfumature intermedie. L’ottimo sito Pagella Politica, per esempio, ha stabilito cinque livelli: 1 vero, 2 c’eri quasi, 3 ni, 4 Pinocchio andante, 5 panzana pazzesca. Non è un approccio del tutto “scientifico”, ma aiuta a ragionare sulla complessità della realtà, nonché sulla fatica di capirla e rispettarla.
Ovverosia: esistono numeri, dati, eventi che sono proprio quelli, e contraffarli, per malafede o per cialtroneria, non è ammissibile. Ma nell’interpretazione di quei numeri, nel “racconto” che si fa della realtà, c’è un margine di errore (da veniale a grave) che fa parte del rischio di esprimersi. E dunque perfino il fact checking, che ha una sua indubbia oggettività d’approccio, sconsiglia una lettura manichea della realtà. Non per caso sono i fanatici a incorrere, più spesso e più gravemente degli altri, nella menzogna totale.

Metodo [ab]boffo

Sottotitolo: buongiorno, sono un peone del Pdl.

Dunque, se resto di qua fra sei mesi rischio che il mio posto in Senato lo prenda Dudù e io non ho ancora finito di pagare l’ultima campagna elettorale.

Se passo di là rischio che sul Giornale salti fuori quella storia di mia figlia che ho fatto assumere alla Asl e magari quella volta che ho inserito nel Milleproroghe un emendamento per l’azienda di un amico che mi manda molti regali.

Capite che col cazzo che stanotte dormo, vero? [Alessandro Gilioli]

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ALFANO AL GIORNALE: “METODO BOFFO CON NOI NON FUNZIONA”. SALLUSTI: “ALLIBITO”

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Lodo Mondadori, Berlusconi al telefono: ‘Napolitano è intervenuto sui giudici’

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Ora Berlusconi accusa Napolitano di complotto
‘Intervento su Cassazione per Lodo Mondadori’
 

Il capo dello Stato: “Una delirante invenzione”

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Quando i grandi amori e le grandi intese finiscono, di solito è tragedia.

Fa piacere constatare che Napolitano abbia usato, nei confronti di berlusconi, parole come “diffamazione” e “delirante”, quando appena pochi mesi fa intimava ai giudici di lasciare tranquillo il delirante diffamatore, nonché delinquente, pregiudicato e condannato affinché potesse partecipare alla delicata fase politica in corso.

Napolitano pensava forse che in caso di difficoltà berlusconi avrebbe rinunciato a prendere il martello per rompere il vetro? che avesse avuto comprensione per il presidente che lo ha così ben garantito in tutti questi anni? pensava di essere esente dal metodo sistematico usato da berlusconi contro tutti quelli che si sono in qualche modo opposti ai suoi progetti delinquenziali? è forse una novità di oggi il berlusconi style?

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Napolitano: “Garantire partecipazione politica a B – 12 marzo 2013

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Report – al posto giusto

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 Solo in questo paese un’inchiesta giornalistica viene considerata al pari di un’aggressione dalla politica. Nei paesi normali, civili, il politico è obbligato a dare risposte al giornalismo.  In America nessuno potrebbe dire ad un giornalista: “ma che domande fate” così come si è permesso di rispondere Letta a Report rifiutando di dare chiarimenti circa gl’incapaci  incompetenti assunti nel bel governo necessario.  In America il giornalista fa la prima domanda ma soprattutto la seconda, se alla prima la risposta non è stata sufficientemente chiara; questa è proprio la regola del giornalismo. E il politico deve rispondere. Perché nei paesi normali e civili il politico non si sceglie il set nel quale apparire, quello dove sa che nessuno lo metterà in difficoltà; qui da noi invece fanno solo e sempre questo. Non sono abituati ad avere a che fare coi giornalisti ma solo e soltanto con gente funzionale a tutti i poteri a cui non importa chi comanda. In nessun paese normale potrebbe esistere una trasmissione come Porta a porta; cinque sere a settimana di propaganda odiosa, di servizi e servizietti al potere, qual che sia, di argomenti insignificanti usati per coprire quelli importanti. E non mi stancherò mai di dire che l’informazione ha delle responsabilità enormi circa lo stato pietoso di questo paese.

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Un rientro in grande stile quello di Report, una puntata azzeccatissima per il periodo. Rivedere il giuramento da ministri, viceministri e sottosegretari dei ciarlatani delle larghe intese non so se è stato più esilarante o più disgustoso, e mai la scelta dell’argomento è stata più azzeccata per il periodo, se l’inchiesta di Iovene è di quattro mesi fa, come ha dovuto precisare Milena Gabanelli per giustificarsi con la miserabile ladra di doppi stipendi che invitava il giornalista a vergognarsi perché chissà come se lo guadagna lui, il suo stipendio.
Quello visto a Report è semplicemente il quadro del sistema politico italiano, il remake del film che si ripete nel parlamento e dintorni da che esiste la repubblica. Gente senza meriti né competenze che è andata e va ad occupare posti di rilievo non capendo un cazzo di quello che deve fare e che c’è da fare limitandosi a fare il compitino assegnatole dai capi partito, ras di quartieri, paesi e città. Il sindaco di un paese di quattrocento persone che si vanta del suo posto da sottosegretario perché dice di averlo meritato grazie al suo mestiere, la biancofiore che dice di essere stata votata da “centinaia di migliaia di persone”. E chissà perché la modifica alla legge elettorale non la vuole nessuno, a destra come a centrosinistra: un mistero, davvero.
E ce l’hanno incartata proprio bene in questi anni, cercando di convincerci che l’antipolitica faceva male alla politica, che non era giusto mettere tutti allo stesso livello, che non erano proprio tutti uguali come sembrava, una cosa che fino a un po’ di tempo fa pensavo anch’io.
Oggi no, non lo penso più, perché se è vero che da berlusconi a scendere è stata involuzione, implosione di una politica che già non si reggeva in piedi dopo i disastri di tangentopoli è anche vero che chi si doveva impegnare per contrastare questa politica, quella dei privilegi, dell’immeritocrazia, del familismo e del clientelismo ci si è invece accomodato dentro facendo finta che tutto andasse bene e, anzi, quando ha potuto si è seduto con piacere a quella tavola dove si mangia tanto e bene, non considerando che prima o poi la bolla sarebbe scoppiata.
E se in questo paese non ci fosse stata quella manciata scarsa di giornalismo vero che in questi vent’anni non ha pensato che tutto andava bene spiegando anche il perché, l’Italia sarebbe perfino peggio del paese che è. 

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Non spingete – Marco Travaglio, 1 ottobre

C’è una gran ressa nell’anticamera del fronte antiberlusconiano, rimasto per vent’anni semideserto. Pare che spingano per entrare anche alcuni gaglioffi che dopo una vita da rospi diventarono principi azzurri grazie al tocco magico del portafogli e delle tv del Cainano, che scattavano sull’attenti a ogni suo fischio, che gli han sempre votato e talora firmato decine di leggi vergogna (vero, Angelino detto Lodo?), che ancora due anni fa approvavano festosi la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, che ancora l’11 marzo marciavano sul Tribunale di Milano, che ancora una settimana fa si rimangiavano il voto sulla Severino trafficando per salvare il pregiudicato dalla decadenza e si facevano esplodere in tutti i talk show spacciando un volgare frodatore fiscale per un perseguitato politico, insultando i giudici e i giornalisti liberi che hanno capito e detto tutto con due decenni d’anticipo. E ora si scoprono “colombe” per arraffare un’altra poltrona ministeriale e garantirsi l’autoriciclaggio al prossimo giro di valzer, subito riverginati dagli house organ dell’inciucio che li beatificano come alfieri di una destra moderna ed europea, mentre quelli fanno gli eroi della resistenza al “metodo Boffo”, a loro tanto caro fino all’altroieri. Diciamo subito, allora, che il metodo Boffo con i cinque ministri e i cicchitti “diversamente berlusconiani” non c’entra nulla. Sull’allora direttore di Avvenire il Giornalescagliò un dossier in parte vero (la sentenza per molestie ai danni di una donna) e in parte falso (un’informativa inesistente della polizia sui suoi gusti sessuali), mentre su di loro Sallusti non ha (ancora) sparso né fango né veleno: ha soltanto scritto che sembrano avviati “sulle orme di quel genio di Fini”. Una critica politica pienamente legittima, giusta o sbagliata che sia. Ci vuol altro per farne dei martiri. Nell’attesa, potrebbero scusarsi con Fini, Granata, Perina, Angela Napoli, Briguglio e gli altri finiani che scaricarono B. magari tardi, ma quando ancora costava caro: e nel 2010 stavano per liberarci definitivamente dal Cainano, se Napolitano non si fosse precipitato in suo soccorso. Ora è tardi per mollarlo, e pure troppo comodo. Tempo scaduto: le iscrizioni all’antiberlusconismo sono chiuse da un pezzo. Anche perché oggi le vere vittime del metodo Boffo sono ben altre: per esempio i 5Stelle che, dati per estinti fino all’altro giorno, si riscoprono forti nei sondaggi e vengono bastonati con ogni sorta di falsità da destra e da sinistra in vista delle possibili elezioni anticipate. Non passa giorno senza che un paio di malpancisti grillini vengano spacciati da giornali e tv come un poderoso esercito di dissidenti pronti a secedere e ansiosi di votare astutamente il prossimo governicchio: quello che ci farà pagare tutte le tasse rinviate da Letta. Ieri sul Giornale il semprelucido Francesco Alberoni, ormai pronto per la legge Bacchelli, scriveva che “il Movimento a Cinque Stelle ha come programma politico quello di annientare il sistema parlamentare e instaurare un regime totalitario. Grillo lo dice nel suo blog, come del resto aveva fatto a suo tempo Hitler nel suo libro Mein Kampf ”. E l’altroieri, nella consueta enciclica domenicale, Eugenio Scalfari tentava di far dimenticare i suoi imbarazzanti peana alle larghe intese Napolitano-Berlusconi-Letta Zio-Letta Nipote e il clamoroso fallimento dopo appena cinque mesi dell’adorato presidente e dall’amato premier (il più ridicolo e inconcludente del dopoguerra). E con chi se la prendeva? Con l’unica forza di opposizione, a cui i fatti si sono incaricati di dare ragione. Al punto da mettere Grillo sullo stesso piano di B. (“Due caimani e due bande di camerieri”): “Grillo vuole le stesse cose di Berlusconi: la caduta del governo, le elezioni anticipate col ‘porcellum’, le dimissioni di Napolitano e un governo di grillini e di chi la pensa come loro (Berlusconi?)”.

Raramente si era letta su un giornale serio come  Repubblica una tale quantità di baggianate. Qui  chi ha patrocinato un governo con B. non è Grillo, è  Scalfari. E, se si andasse subito al voto col Porcellum,  la colpa sarebbe di tutti fuorché di Grillo: i parlamentari  M5S votarono in massa per la mozione Giachetti  che impegnava le Camere a tornare al Mattarellum  in caso di elezioni, mentre tutto il Pd (compreso  Letta) votò contro la proposta del suo stesso  deputato.  Del resto Pd, Pdl e Napolitano avevano già boicottato  il referendum anti-Porcellum, plaudendo quando due  anni fa la Consulta lo bocciò. E in questi cinque mesi  che cos’han fatto per abrogare la porcata? Nulla di  nulla. Hanno perso tempo dietro la compagnia dei  “saggi” della buona morte voluta da Napolitano, trastullandosi  con la controriforma costituzionale e scardinando  l’articolo 138: sapevano bene che l’unico alibi  che tiene insieme il governo con lo sputo è proprio  l’assenza di una nuova legge elettorale.  Quanto alle dimissioni di Napolitano, non è solo Grillo  a chiederle, ma è Napolitano che le ha promesse nel  suo discorso di reinsediamento dinanzi alle Camere  riunite, il 22 aprile scorso: “Ho il dovere di essere  franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come  quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a  trarne le conseguenze dinanzi al Paese”. Non gli bastano  le sordità di questi giorni? O è diventato sordo  anche lui?

Lacreme napulitane

Sottotitolo: “C’è gente che pagherebbe per vendersi” [Victor Hugo]

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Un governo che cade in segno di solidarietà nei confronti di un delinquente. Che bel paese che siamo. Neanche a Gotham City una roba così. [Andrea Scanzi]

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150 giorni dopo – Alessandro Gilioli

Bastava non abboccare 150 giorni fa, caro Enrico, cari dirigenti dell’attuale Pd.
Davvero non sapevate, 150 giorni fa, chi era Berlusconi, dopo che lo abbiamo conosciuto per vent’anni? Lui, i suoi reati, il suo disprezzo per le regole, per il Parlamento, per la Costituzione?
Era un delinquente eversivo, lo sapevamo tutti, perché voi avete finto di non saperlo? Per giocarvi l’ultimo giro di poltrone o perché davvero qualcuno di voi pensava che fosse diventato uomo di moderazione, di responsabilità, di istituzioni?
Non so se è più grave e colpevole la prima o la seconda ipotesi, davvero non so se è peggio l’opportunismo o la stupidità.

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B. apre la crisi. Via i ministri del Pdl
Letta: ‘Gesto folle per coprire i suoi guai’

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L’unico che non ha rovesciato nulla è proprio berlusconi. Lui ha sempre fatto capire molto bene quali erano e sono i suoi interessi, ora come allora sempre i cazzi suoi. Strano che questi magnifici strateghi della politica supportati poi da cosiddetti saggi non lo abbiano capito. Ma secondo me invece hanno capito molto bene. Loro lo fanno per noi, per non farci sapere chi dobbiamo ringraziare, sono discreti, ecco.

Si potrà dire adesso che quelli che li rivoterebbero e li hanno votati per tutto questo tempo sono criminali quanto lui?

Penso di sì.
Sono diciotto anni che aspetto. Ché c’è stato un tempo in cui non si poteva nemmeno dire che erano mentecatti semplici. Quando non si doveva demonizzare l’avversario [cit. l’illuminato statista Veltroni, quello che in campagna elettorale nemmeno lo nominava per paura che la gente capisse contro chi doveva votare].
Perché una cosa è dire che lui in politica non ci doveva entrare, prendersela con d’alema e compagnia inciuciante, che non fa male, non fa male ricordare che senza questa sinistra e questo centrosinistra berlusconi, dopo che qualcuno gli ha aperto la strada nella politica fregandosene della legge e della Costituzione sarebbe durato lo spazio e il tempo necessari a smascherare un eversore, un delinquente, un truffatore corruttore, un’altra la constatazione che che c’è gente a cui la vita non è cambiata di una virgola ma che si porta padre Pio nel portafoglio per chiedergli di aiutare il pregiudicato traditore.

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Uno che ha usato lo stato per vent’anni, lo ha saccheggiato pro domo sua e poi quando lo stato finalmente decide di dire che puó bastare perché mai non dovrebbe vendicarsi? Traditori dello stato. Tutti. Ci vorrebbe la corte marziale per la politica e le istituzioni di questi ultimi vent’anni. Per quelli che avevano giurato che le sentenze di berlusconi non avrebbero avuto conseguenze per la tenuta di questo bellissimo governo delle larghe intese di stampo mafioso e anche per quel giornalismo che ancora oggi non riesce a dire la verità agli italiani per eccesso di servitù.

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Un presidente della repubblica che di fronte all’estorsione, al ricatto, ad un gruppo di parlamentari che si comporta come i complici di quei camorristi che tirano i vasi dai balconi quando la polizia va ad arrestare un criminale parla di amnistia, di indulto, dopo aver chiesto ai giudici e non ad una politica connivente con un criminale di non superare il senso del limite, e ancora prima aver chiesto una riforma della giustizia CINQUE MINUTI DOPO che la giustizia aveva ottenuto un risultato storico come quello di riuscire a condannare un delinquente che sembrava impunibile fa bene a piangere. E lo dovrebbe fare ricordandosi di quando, qualche mese fa, si mise ancora contro i giudici per dare la possibilità al delinquente di “poter partecipare alla delicata fase politica”.

Eccola qui la collaborazione importantissima, questi sono i risultati.
E purtroppo, non basta nemmeno la vergogna per quantificare, dare una dimensione ad un’indecenza che in nessun altrove sarebbe mai potuta accadere.

Se qualcuno in un impeto di follia apre la bombola del gas e fa saltare in aria il palazzo la colpa è di chi ha avuto la sventura di abitare in quel palazzo?
Le persone che si ritrovano senza una casa sono complici del pazzoide o sono le sue vittime? quindi io non voglio più sentir parlare di NOI a proposito del disastro politico italiano;  non voglio più che qualcuno, molti anzi, diano anche a me e a chi come me non c’entra, la responsabilità di questi vent’anni di sciagure italiane. Nessuno che mi dica più che avrei potuto fare qualcosa ma non l’ho voluta fare. Perché tutti sanno che nulla si poteva fare. 
Io berlusconi non l’ho voluto, non l’ho votato, non ne ho sostenuto nemmeno la più pallida delle idee, e  più che votare la parte politica più distante a berlusconi non so che altro avrei potuto fare per restare dentro le regole democratiche. Quelle che proprio la politica e le istituzioni, nella figura del capo dello stato che adesso piange, come se arrivasse da chissà quale altrove e si fosse accorto solo oggi di berlusconi e del manipolo di eversori che si porta dietro nella sua follia delinquenziale, hanno disatteso e tradito quando hanno permesso che si desse residenza al fascismo e alla delinquenza nel parlamento di una repubblica democratica.

Le persone come me sono le vittime del vicino di casa, non i complici. E dovrebbero chiedere un risarcimento, non essere accomunate alla follia di chi fa saltare un palazzo.
Io ho sempre votato quella parte politica che mi prometteva di liberare l’Italia dall’anomalia criminale berlusconi, che mi diceva che avrebbe fatto leggi buone, risolto il conflitto di interessi, che si sarebbe occupata dei miei problemi, non di quelli di un delinquente che per sua stessa ammissione è entrato in politica per risolvere i suoi guai con la legge e non solo glielo hanno lasciato fare ma, quando la legge, la giustizia, dopo un’estenuante lotta impari contro la sua delinquenza e quella della politica sempre complice che lo ha agevolato facendolo entrare in parlamento, facendo leggi a misura di criminale sono riuscite finalmente ad ostacolarlo ancora si presta al suo gioco facendo finta di cadere dalle nuvole. E’ tutto uno stupirsi, un meravigliarsi di un delinquente che, guarda un po’, si comporta da delinquente e non da filantropo che ha a cuore il valore della solidarietà, lo statista che vent’anni fa è sceso in campo per il bene degli italiani e per salvare l’Italia dalla deriva comunista. E ancora ieri il presidente della repubblica ha parlato di urgenze quali l’amnistia e l’indulto invece che di quella che è l’unica vera esigenza di questo paese, ovvero liberarsi di un delinquente, di un impostore, di uno che non esiterebbe a far saltare il palazzo se questo servisse ai suoi sporchi affari, interessi, e di tutti quelli che per vent’anni lo hanno lasciato fare.

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Napolitano: “Valutare amnistia”
M5S: “Prepara il terreno per B.”

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I troppi servi della vergogna
Antonio Padellaro –  29 settembre

Una tale insopportabile vergogna non ha precedenti. Nelle democrazie occidentali ma neppure, a quanto si sa, nei Paesi del Terzo mondo o nei più sperduti Staterelli africani non si è mai visto un condannato per reati gravissimi disporre a suo piacimento di 97 deputati, 91 senatori e cinque ministri imponendo loro le dimissioni del Parlamento e dal governo come si fa con la servitù, anzi peggio visto che i domestici hanno diritto almeno a un preavviso. A parte i tardivi borbottii di qualche Cicchitto e Quagliariello (e il dissenso di Marina B. forse al corrente del fragile equilibrio psichico del padre), i camerieri del pregiudicato hanno prontamente ubbidito, alcuni per la sottomissione scambiata con una poltrona, altri per pura cupidigia di servilismo. È questo il vero cancro che sta divorando la democrazia italiana condizionata da un personaggio che pur di estorcere un qualcosa che possa salvarlo dalla giusta detenzione e dalla giusta decadenza da senatore non esita a mandare a picco il Paese che domani potrebbe essere investito da una nuova tempesta finanziaria. E tutto con la risibile scusa elettorale della contrarietà all’aumento dell’Iva. Come ha potuto Napolitano mettere il governo nella mani di un simile individuo? Come hanno potuto Letta e il Pd accettarlo come alleato?

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VIDEO – PADELLARO: “CIECA OBBEDIENZA A BERLUSCONI TUMORE DELLA DEMOCRAZIA”

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Lacrime di coccodrillo
Marco Travaglio – 29 settembre

Da qualche tempo a questa parte, appena prende la parola, il che gli accade ormai di continuo, in una logorrea esternatoria senza soste, anche due volte al giorno, prima e dopo i pasti, il presidente della Repubblica piange. È una piccola variante sul solito copione: il monito con lacrima. A questo punto mancano soltanto le scuse al popolo italiano, unico abilitato a disperarsi per lo schifo al quale è stato condannato da istituzioni e politici irresponsabili. Cioè responsabili dello schifo. L’altro giorno, mentre Letta Nipote garantiva agli americani che il suo governo era stabile e coeso come non mai e B. raccoglieva le firme dei suoi 188 servi in Parlamento per minacciare di rovesciarlo, Napolitano definiva “inquietante” la pretesa del Caimano di condizionarlo per fargli sciogliere le Camere e interferire nei processi giudiziari. E lo dice a noi? Sono anni e anni che lui, non noi, corre in soccorso dell’Inquietante non appena è in difficoltà. Lo fece nel novembre 2010, quando Fini presentò la mozione di sfiducia al governo B. e lui ne fece rinviare il voto di un mese, dando il tempo all’Inquietante di comprarsi una trentina di deputati. Lo rifece nel novembre 2011, quando B. andò a dimettersi per mancanza di voti alla Camera, e lui gli risparmiò le elezioni anticipate, dando il tempo all’Inquietante di far dimenticare i suoi disastri quando i sondaggi lo davano al 10 per cento. Lo rifece quest’anno, dopo la batosta elettorale di febbraio (6,5 milioni di voti persi in cinque anni): prima mandò all’aria ogni ipotesi di governo diverso dall’inciucio, tappando la bocca ai 5Stelle che chiedevano un premier fuori dai partiti; poi accettò la rielezione al Quirinale, sostenuta fin dal primo giorno proprio da B., quando ancora Bersani s’illudeva di liberarsi della sua tutela; infine impose le larghe intese, in barba alle promesse elettorali di Pd e Pdl, e nominò premier Letta Nipote che, come rivela Renzi nel suo libro, era stato scelto da B. prim’ancora che dal Pd. L’idea di consultare gli elettori gabbati per sapere che ne pensavano (come si appresta a fare l’Spd con un referendum fra i suoi elettori prima di andare a parlare con la Merkel), non sfiorò nessuno. Tanto i giornaloni di destra, centro e sinistra suonavano i violini e le trombette sulla “pacificazione” dopo “vent’anni di guerra civile”. E B., semplicemente, ci credette: convinto che Napolitano e Pd l’avrebbero salvato un’altra volta. Il Fatto titolò: “Napolitano nomina il nipote di Gianni Letta”. Apriti cielo. A Linea notte Pigi Battista tuonò contro quel titolo “totalmente insensato, eccentrico, bizzarro, non certo coraggioso” perché “non riconoscere che Enrico Letta sia una figura di spicco del Pd e scrivere che la sua unica caratteristica è essere nipote di Gianni Letta è una scemenza. Non vorrei che passasse l’idea che ci siano giornali, come il Corriere su cui scrivo, accomodanti e trombettieri, e altri che dicono la verità, sono coraggiosi, stanno all’opposizione”. Ieri il coraggioso Corriere su cui scrive Battista pubblicava le foto di Enrico e Gianni Letta imbalsamati che sfrecciano sulle rispettive auto blu dopo l’incontro al vertice di venerdì, quando “a Palazzo Chigi arriva anche lo zio di Enrico, Gianni Letta. Incontri non risolutori, che preparano il colloquio delle 18 al Quirinale”. C’era da attendersi un puntuto commento del coraggioso Battista per sottolineare quanto fosse insensata, eccentrica, bizzarra questa simpatica riunione di famiglia fra il premier e lo zio, sprovvisto di qualunque carica pubblica, o elettiva, o partitico, che ne giustificasse la presenza a Palazzo Chigi. L’indomani Napolitano lacrimava alla Bocconi perché B. ha “smarrito il rispetto istituzionale”. Perché, quando mai in vent’anni l’ha avuto? Per smarrire qualcosa, bisognerebbe prima possederla. Intanto il ministro Franceschini, in Consiglio dei ministri, si accapigliava con Alfano: “Voi volete solo salvare Berlusconi!”. Ma va? E quando l’ha scoperto? Infine ieri, mentre tutti parlavano di fine del governo e di “punto di non ritorno”, Napolitano dimostrava che il punto di non ritorno non esiste, la trattativa Stato-Mediaset è più che mai aperta: infatti chiedeva, eccezionalmente a ciglio asciutto, “l’indulto e l’amnistia”. Ma sì, abbondiamo. Così sparirebbero per incanto i processi Ruby-1 e Ruby-2, De Gregorio, Tarantini, Lavitola, la sentenza Mediaset e tutti i reati commessi da B. ma non ancora scoperti. I detenuti perbene dovrebbero dissociarsi e rifiutare di diventare gli scudi umani per B.&N., a protezione del sistema più marcio della storia. Essi sì avrebbero diritto a versare qualche lacrimuccia. Invece in Italia lacrimano solo i coccodrilli: chi è causa del nostro mal, piange al posto nostro.

Operazione Casta Concordia

Mauro Biani

PASSA LA LINEA MORBIDA. SCHIFANI: “B. COMANDERA’ LONTANO DAL PARLAMENTO”  – Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano

 Gli arresti domiciliari non sono una specie di convalescenza, di vacanza, di periodo di aspettativa. Sono – appunto – arresti domiciliari durante i quali ai delinquenti comuni viene inibito ogni contatto con l’esterno.
berlusconi politica non l’ha mai fatta nemmeno in parlamento e nei suoi domicili faceva altro, ad esempio le famose cene eleganti; ma basta con queste prese per il culo a getto continuo. Se la linea “morbida” è quella che consente al pregiudicato amico e pagatore di mafiosi di poter mettere ancora bocca e becco nella politica, il modo è ancora tutto da studiare, bisognerà pure inventarsi qualcosa per spiegare agli italiani ma soprattutto a chi dagli arresti domiciliari o comunque in una condizione di persona condannata a quattro anni di galera da scontare in comode rate e in un luogo a scelta del condannato non può e in nessun modo comunicare con l’esterno e figuriamoci con un parlamento della repubblica, non oso immaginare a quale sarebbe stata quella dura.

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Chissà perché a Repubblica e al Corriere della sera non interessa che l’appena nominato alla Consulta Giuliano Amato abbia avuto in passato dei comportamenti che non fanno di lui quell’esempio di moralità e imparzialità indispensabile per far parte, esserne addirittura responsabile, dell’ultimo tribunale, il più alto, la Consulta, quello preposto a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato nel merito di decisioni importantissime che riguardano tutto il paese?

Non dovrebbe essere un dovere del giornalismo “indipendente” quale si vantano di essere i due suddetti quotidiani contribuire ad informare i cittadini?
Nascondere al grande pubblico i fatti che riguardano Giuliano Amato, seri, gravi e che costituiscono molto più di un precedente per fare del dottor Sottile il meno adatto a ricoprire una carica così importante, lasciare che sia il solito Fatto Quotidiano a fare i lavori sporchi, tipo chiedere le dimissioni dell’inadeguato Amato per accusarlo poi di essere il giornale dei giustizialisti, dei manettari non è la più infame e vigliacca delle azioni?

In un paese che cade a pezzi, dove le istituzioni e la politica non trovano, perché non possono e non vogliono, il modo di buttare fuori dal parlamento il pregiudicato delinquente berlusconi e un presidente della repubblica si rende complice di questa oscena operazione di salvataggio a tutti i costi fino a nominare Giuliano Amato alla Consulta, quello stesso Amato che per ben due volte il centro destra di berlusconi avrebbe voluto al Quirinale, la notizia più importante con cui aprire giornali e telegiornali può mai essere lo spostamento della nave incagliata all’isola del Giglio?

Una domanda a questi cosiddetti grandi organi di stampa e informazione: “ma per chi ci avete preso? pensate davvero di poter continuare ancora per molto a rendervi complici di questo scandalo denominato governo delle larghe intese in funzione del quale bisogna tacere su ogni nefandezza per non disturbare il progetto di pacificazione nazionale, ovvero l’annullamento della sentenza che condanna il più delinquente di tutti?”

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Il silenzio che salvò Amato dal crollo di Craxi – Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano

[VIDEO] Giuliano Amato alla vedova del senatore Psi: “Zitta coi giudici, non fare una frittata”

In una chiamata del 1990 l’allora vice del Psi di Craxi, oggi alla Consulta, chiede
alla vedova di un senatore di non parlare dei protagonisti di una mazzetta: “Tirati fuori dalla storia”.

Giuliano Amato alla Consulta, orgasmo da Rotterdam

I consigli di Amato alla vedova di un socialista: “Zitta coi giudici, niente nomi”

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MORRA: “AMATO SI DIMETTA, DA M5S INTERROGAZIONE URGENTE”

E pensare che [se questo fosse un paese normale] queste dimissioni  le avrebbe dovute chiedere il piddì.
E non solo le sue ma anche quelle del cosiddetto garante della Costituzione.
Ma purtroppo è solo l’italietta, della politica e delle istituzioni marce e corrotte, quella della politica bella  degli inciuci, delle pastette sotto e sopra il banco.

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Dimissioni di Amato per non trascinare nel fango Consulta e Quirinale – [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

Giuliano Amato ha un’unica strada per evitare di trascinare in un colpo solo nel fango la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale: rinunciare al suo incarico di giudice della Consulta.

Qualunque persona di buon senso e in buona fede dopo aver ascoltato il nastro del suo colloquio telefonico con la vedova del senatore socialista, Paolo Barsacchi, scovato dal nostro valente collega Emiliano Liuzzi, non può arrivare a conclusioni diverse. Invitare una testimone in un processo per tangenti a non fare nomi per tenere fuori da uno scandalo i vertici del proprio partito è un comportamento incompatibile con la funzione di giudice costituzionale.

L’obiezione secondo cui il colloquio, registrato dalla signora Barsacchi, è molto antico (risale al 1990), non vale. Nella carriera dell’ex vicesegretario del Psi, due presidenze del Consiglio e più volte ministro, ci sono altri episodi del genere. Storie spesso diverse tra loro che dimostrano però come il caso Barsacchi, per Amato, non sia stato un incidente di percorso, ma la regola.

Bettino Craxi, infatti, utilizzò Amato per tutti gli anni ’80 e i primi anni ’90 per tentare di arginare (leggi insabbiare) il crescente numero di inchieste che coinvolgevano gli amministratori del Garofano. Non per niente l’ex sindaco di Torino, Diego Novelli, durante la bufera scatenata dalla scoperta delle mazzette versate nel suo comune a Dc, Psi e Pci, fu rimproverato proprio dal neo giudice costituzionale per aver portato in Procura il faccendiere-testimone d’accusa Adriano Zampini “anziché risolvere politicamente la questione”. E nel 1992, quando il dottor Sottiledivenne per la prima volta premier, fu proprio il suo governo a spingere il Sismi e il Sisde a raccogliere dossier sui magistrati di Mani Pulite che stavano scoperchiando l’enorme rete di corruttele che aveva messo in ginocchio il Paese.

Lo si legge nella relazione del Comitato parlamentare di controllo sui servizi di sicurezzadel 6 marzo del ’96 e lo racconta nel suo libro, Sorci Verdi, l’ex ministro dell’Ambiente del governo Amato, Carlo Ripa di Meana: “Giuliano mi riproverò: disse che l’azione giudiziaria di Mani Pulite – come indicavano i servizi e il capo della Polizia Vincenzo Parisi – era un pericolo per le istituzioni”. Una considerazione significativa che dimostra come nella testa del neo giudice costituzionale alberghi da sempre un singolare ragionamento: il problema in Italia non sono i ladri e le ruberie, ma chi li scopre.

Anche per questo, ma non solo, oggi le istituzioni sono di nuovo in pericolo. Quale fiducia potranno avere d’ora in poi i cittadini nelle decisioni della Consulta, visto che tra loro siede un giudice che giustifica e anzi consiglia ai testimoni di essere reticenti? Cosa penseranno delle scelte del Quirinale gli italiani quando sentiranno Giorgio Napolitano ripetere le parole da lui stesso utilizzate un anno fa, il 25 settembre del 2012: “Chi si preoccupa dell’antipolitica deve risanare la politica” perché “far vincere la legge si può come avvenne contro la mafia, come dimostrano Falcone e Borsellino”?

Domande retoriche. Alle quali in qualsiasi Paese del mondo non si risponde con il silenzio imbarazzato dei partiti delle larghe intese di queste ore, ma con una lettera d’immediate dimissioni. La firmerà Amato? Alla luce dell’esperienza pensiamo di no. Ma per una volta ci piacerebbe essere smentiti. Vedere l’ex vice-segretario Psi picconare con la sua presenza ciò che resta della credibilità di Consulta e Quirinale è un brutto spettacolo.  È una di quelle  scene di cui l’Italia non ha davvero più  bisogno.

Il gioco di prestigio

Il patto – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

Dice Dario Ginefra, parlamentare del Pd, che far cadere il governo in caso di condanna definitiva di Berlusconi sarebbe «venir meno a un patto assunto con il Presidente della Repubblica».

Ginefra, nato in Puglia ma uomo di mondo, ci ha detto insomma pubblicamente quello che tutti già sapevamo ma nessuno aveva il coraggio di ammettere. E cioè che in Italia c’è stato un patto tra il Pd, Berlusconi e Napolitano per arrivare alle ‘larghe intese’ e perpetuarle qualsiasi cosa accada.

Un patto non scritto – certo, ci si vergognerebbe a scriverlo – su cui tuttavia si regge tutto lo status quo. Un patto che trascende da tutto: dalle scelte politiche del governo così come dalle eventuali condanne del Cavaliere.

Un patto siglato in stanze chiuse e, com’è evidente, del tutto extracostituzionale.

Ed è proprio a questo patto che hanno puntato – con successo – i famosi 101.

Ringraziamo Ginefra per il coming out. Sarebbe tuttavia interessante sapere che cosa di questo patto pensa la maggioranza degli italiani – elettori di Ginefra compresi.

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Noi intanto stiamo ancora scontando la nostra condanna, roba che in Italia vent’anni non li danno nemmeno a chi ammazza una persona, per noi non ci sono state nemmeno le attenuanti, un indultino, un’amnistiuccia anche minima. E’ praticamente un fine pena mai quello che stiamo subendo.

Sottotitolo:  il termine “patto” evoca un nonsocché di stampo mafioso.

In politica sarebbe meglio usare il termine “accordo”, così, giusto per dare un diverso garbo semantico a quella che è e resta comunque una porcheria irricevibile, ovvero un paese fatto ostaggio dalla politica circa i reati di berlusconi, i processi di berlusconi, le sentenze che riguardano berlusconi e di berlusconi. E il dramma nel dramma è continuare a sentir dire a tutti che l’eventuale condanna di b non DEVE avere ripercussioni sul governo, e invece dovrebbe, eccome. Se questo fosse un paese normale, posto che in un paese normale non ci sarebbe mai stato un berlusconi in parlamento.

In ogni caso  l’unico patto che la politica è chiamata a rispettare non è quello stretto nelle segrete stanze con “chillo che voi sapete chi è”, l’innominabile grazie al lodo Grasso – Boldrini, ma quello fra la politica e gli elettori.
In un paese normale, in una democrazia parlamentare il pdr non si sceglie il governo a sua immagine e somiglianza, non va a disturbare i Magistrati che, secondo lui non consentono al pregiudicato imputato di non poter partecipare alla vita politica, mentre secondo loro e noi vorrebbero semplicemente applicare quella legge uguale per tutti come la Costituzione che NPLTN dovrebbe proteggere, farsene proprio scudo umano, comanda.

 L’entrata in scena di b dopo i disastri di tangentopoli rievoca un po’ Portella della Ginestra quando, per il timore che in Italia avanzasse un governo di sinistra dopo il ventennio fascista qualcuno, che ha nomi e cognomi: il vaticano, l’America e la mafia [e questa è storia, non la mia opinione, ci sono documenti a conferma di quello che scrivo, basta consultare la Rete] ha pensato ad un’azione, la strage dei braccianti che festeggiavano il 1 maggio dopo la caduta del fascismo,  che servisse a riequilibrare un sistema in cui la sinistra dava fastidio.  Non doveva avere voce in capitolo.

Mentre uno così non avrebbe mai dovuto avere la possibilità di accedere alla politica, perché a nessuno sano di mente, nessuno che avesse davvero a cuore le sorti del paese avrebbe potuto pensare che l’imprenditore che si è fatto da sé, il self made man poteva essere la soluzione, invece qualcuno ci ha pensato, per evidenti questioni di interessi che con una sinistra al governo, e allora una sinistra c’era, sarebbero stati messi in discussione e in pericolo.

E, last but not least ormai tutti dovrebbero aver capito che la politica è servita a berlusconi per sistemare i suoi privatissimi cazzi.

La politica dunque in tutto questo non c’entra nemmeno di striscio. 

E il pd continuerà, in virtù del bene del paese, dunque di berlusconi, delle necessità e priorità del paese, dunque di quelle di berlusconi col quale si vuole addirittura modificare la Costituzione, a governare [parlando con pardon] con un evasore fiscale, con uno che si teneva il boss mafioso in casa a fare  da baby sitter ai suoi figli, con un vecchio satrapo che paga[va] ragazzine per i suoi sollazzi eleganti, il che anche se non fosse il reato che invece e per fortuna è farebbe già abbastanza schifo e dovrebbe essere un motivo più che sufficiente per non voler avere niente a che fare con una persona così, e cioè con berlusconi.

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Comunque vada sarà un insuccesso, l’ennesimo fallimento di una politica che non sa agire senza avere il capobanda di riferimento.
Quello che alla fine mette la sua faccia per tutti; nel bene ma specialmente nel male, quello dietro al quale si sono nascosti tutti quelli che sapevano di agire contro le regole, la legge e lo stato semplicemente appoggiandolo, sostenendo le sue cause, non facendo nulla nel concreto per arginare il suo strapotere.

Trasformare in una questione politica in grado di mettere a rischio e pericolo la tenuta del paese e di un governo per il quale non esistono più definizioni delle sentenze che devono stabilire se è vero o no che un uomo di potere, con un enorme potere, spropositato e mai regolato da una legge sul conflitto di interessi e al quale è stato concesso di entrare in politica nonostante non ne avesse il diritto né i requisiti ha commesso o no dei reati pesantissimi, che nulla hanno a che fare con un’attività politica inesistente come la sua essendo lui il più assente dal parlamento è stato il più grande gioco di prestigio col quale il potere ha incantato gli italiani, che nemmeno il mago più perverso avrebbe potuto immaginare e realizzare, soprattutto.

E per potere intendo anche l’informazione SERVA che si adegua, che non spiega alla gente quello che succede perché deve rispondere sempre all’editore, al politico che spesso sono la stessa persona, sempre quella, e quando no fa lo stesso perché l’editore e il politico hanno [ha] le mani in pasta anche dove non dovrebbe. E quando no no perché come diceva Hugo “c’è gente che pagherebbe per vendersi”, che potrebbe essere il giusto slogan per l’ottanta per cento abbondante dei disinformatori italiani.

Perché che berlusconi parli della Magistratura come di un potere anomalo che vuole sovvertire la volontà popolare ci sta, ma che TUTTA la politica, compreso quello lì che non si deve dire lo abbia seguito in questo delirio è un crimine peggiore della somma dei reati che gli vengono contestati.

Chi se ne frega se il capo dei capi, il boss, continua a ricevere il consenso dei SUOI elettori, se in questo paese c’è così tanta gente che si fa affascinare da uno a cui piacciono i comportamenti borderline, fuorilegge, quelli che non si perdonerebbero al vicino di casa ma a lui sì significa che c’è una parte del paese da rieducare, e cosa c’è di meglio di una sentenza che dica una volta e per tutte che no, di uno così non ci si può fidare, non ci si DEVE fidare? ma di che stabilità cincischiano i lor signori del grande imbroglio? chi consegnerebbe le sue chiavi di casa a chi ha una reputazione dubbia, a chi fa della truffa e della corruzione il suo modus operandi? come dice sempre il giudice Davigo se il nostro vicino di casa è indagato per pedofilia gli affideremmo i nostri figli da portare a scuola e ai giardinetti in nostra assenza? e allora perché si deve accettare in virtù di una pacificazione, di una necessità, di un patto, niente meno, che uno con una dubbia reputazione possa avere voce in capitolo e decidere in materia di leggi, di riforme costituzionali niente meno. Dico: sono impazziti tutti quanti? quanto pensano che si possa ancora credere alla favoletta della stabilità se le fondamenta su cui la vogliono costruire portano anche la firma di silvio berlusconi? solo dei pazzi scriteriati possono pensare una cosa del genere.

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Domani è un altro porno
Marco Travaglio, 31 luglio

Orsù, signori del Pd, non vi agitate. Comunque vada a finire il processo Mediaset in Cassazione, cambia poco o nulla. Siamo in Italia, mica in un Paese serio. Altrimenti oggi si processerebbe un vecchio pensionato della politica, già da tempo allontanato dai suoi compari di partito per questioni di decenza e isolato dalle opposizioni (pare che nei Paesi seri esistano, e si oppongano pure) e dalle massime cariche dello Stato, che rifiuterebbero di stringergli la mano e farsi fotografare con lui per motivi igienici. Ma, appunto, siamo in Italia: dunque non c’è nulla che la Corte possa aggiungere sul conto dell’illustre imputato che già non si sapesse prima. Nulla che possa precludergli ciò che una legge del ’57 e i principi di disciplina e onore fissati dalla Costituzione avrebbero dovuto da sempre impedirgli: fare politica. Se la Corte annulla la sua condanna con rinvio a un nuovo appello, il reato cade in prescrizione (e sarebbe la nona volta). 

Se la Corte annulla la condanna senza rinvio (pare che il giudice relatore sia un annullatore impenitente), B. è salvo per un altro paio d’anni, finché non arriva in Cassazione il processo Ruby. Se la Corte conferma la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti dall’indulto gentilmente offerto dal centrosinistra nel 2006, B. sconterà l’anno residuo agli arresti domiciliari in una delle sue numerose dimore o, se ne farà richiesta, in affidamento in prova al servizio sociale: che, detta così, sembra una gran cosa, in realtà significa libertà assoluta con la finzione di firmare ogni giorno in qualche comunità di recupero, magari per minorenni disadattate da rieducare. Lui dice che vuole andare in galera, tanto sa benissimo (la legge Cirielli l’ha fatta lui) che non ci andrà mai neppure se insiste. Ci sarebbe, è vero, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Ma intanto deve passare dal voto della giunta e dell’aula del Senato, dove col voto segreto può succedere di tutto: anche che il partito unico Pdmenoellepiùelle trascini la cosa alle calende greche sino a fine legislatura (come a fine anni 90 con Dell’Utri) o addirittura respinga la sentenza definitiva innescando un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Consulta dai tempi biblici. 

Ma, anche se B. fosse interdetto col timbro del Senato, continuerebbe a fare politica esattamente come oggi. Come Grillo, mai eletto né candidato. E B., pur eletto, in Parlamento non mette mai piede (ha il record mondiale di assenteismo: 99,84%). In ogni caso, nessuno gli impedirebbe di presentare alle elezioni una lista Pdl o Forza Italia o Forza Gnocca o Forza Frode con su scritto “Berlusconi Presidente” e, in caso di vittoria, intestare il governo al solito prestanome (magari la figlia) in attesa che scada l’interdizione e qualche servo si dimetta per farlo eleggere al suo posto. Dunque, signori del fu Pd, cos’è tutta questa agitazione? Che sia un delinquente lo sappiamo tutti da anni, basta leggere una sola delle sue sentenze di prescrizione o di assoluzione perché si era depenalizzato il reato. L’unico pericolo per il governo sarebbe un vostro colpo di reni: un leader, ad averlo, che si alzasse in piedi e dicesse “con quel delinquente non possiamo restare alleati un minuto di più”. 

Ma avrebbe già potuto-dovuto accadere prima di entrare con lui in Bicamerale 15 anni fa, o nel governo Monti due anni fa, o nel governo Nipote due mesi fa. Ora è tardi. E B. il governo Letta non ve lo fa cadere manco se lo condannano, tanto comanda lui e la faccia la mettete voi. Il peggio che può capitarvi è sputtanarvi un altro po’ con i vostri elettori superstiti, ma anche qui il più è fatto. Dunque state sereni. Fate come lui che la sa lunga: se fa casino è solo per spaventare la Corte, caricandola di responsabilità che toccherebbero ad altri, e per ricattare il Pd e il Colle. Così domani incasserà l’ennesimo premio-fedeltà: tipo un’amnistia o una mezza grazia alla Sallusti che gli commuti la pena cancellando l’interdizione. 
Tranquilli, ragazzi. Domani, comunque vada in Cassazione, è un altro porno.

Scuse un cazzo [tanto per restare al livello intellettuale e morale dei leghisti]

A Taranto si fuma troppo: parola di esperto.

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“Dimissioni Calderoli”. Oltre 25mila firme in poche ore. Petizione su Art.21 e Change.org

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Mauro Biani

Sottotitolo: calderoli, ma generalmente tutti i leghisti e i razzisti si troverebbero perfettamente a loro agio negli States dove ammazzare un nero significa assoluzione certa.

A meno che non ci si chiami O.J.Simpson, nero ma di lusso, nel qual caso si può ammazzare una moglie,  essere assolto per omicidio e finire in galera in un secondo momento per rapina a mano armata.

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 La Carfagna viene insultata, minacciata in Rete e subito la politica insorge e torna a chiedere dei provvedimenti limitativi per la libertà di espressione nel web.

calderoli insulta il ministro Kyenge e lo fa anche da vicepresidente del senato: qualcuno chiederà dei provvedimenti limitativi circa la libertà della politica di mettere fra le istituzioni gente che in un paese normale non sarebbe neanche a pulire i cessi alle stazioni? curiosità da lunedì mattina di mezza estate.

Fra tutti quelli che nelle istituzioni, Napolitano in testa, si sono giustamente indignati per l’insulto al ministro Kyenge e per la minaccia  alla Carfagna,  quanti lo hanno fatto anche per la vicenda del sequestro di madre e figlia kazake? siamo arrivati all’indignazione nazionalpopolare o è sempre la solita e consueta autodifesa di casta? 
La specialista in difesa dei diritti umani promossa alla presidenza della camera ha detto qualcosa? perché insomma, avrebbe dovuto essere la prima a dire qualcosa,  gli ingredienti ci stanno tutti: una donna, la sua bambina e la violazione dei diritti nazionali e internazionali.

Era proprio la sua materia.  Peccato.

Il vicepresidente del senato calderoli ci ha fatto sapere che, quando vede la ministra Kyenge, pensa ad un orango, io invece quando penso a calderoli mi viene in mente solo lui, il che è molto peggio: ogni altra similitudine sarebbe eccessiva, inappropriata, esagerata.

Il ministro Kyenge ha sbagliato ad accettare le scuse di calderoli  spostando la questione dal piano personale a quello istituzionale.Perché le istituzioni, si fa per dire, non se lo porranno mai il problema di non far entrare in parlamento quelli come calderoli, ma anche quelli come cosentino, dell’utri e berlusconi. Non si può sempre sorvolare in virtù di una superiorità intellettuale, morale che quelli come calderoli non comprendono.

Il problema non è che esistano individui ripugnanti come calderoli,  ce ne sono tanti  anche altrove dal paese che non esiste, quella padania di cui vaneggiano i rozzi bifolchi in camicia verde, gente che anche quando non dimostra di essere particolarmente cattiva  non riesce proprio a non essere razzista, a non pensare che ‘quelli che vengono da fuori’ sono un pericolo, uno spreco di risorse per gli italiani, e che insomma, se ognun* restasse al suo paese non sarebbe poi così malaccio.

Il dramma è che a uno così non siano state ancora sbarrate le porte del parlamento.  

Da calderoli ci si aspetta che faccia proprio calderoli. Dagli altri no: calderoli è stato ministro di questa repubblica soprattutto grazie a chi pensa di essere diverso da lui.

calderoli è quello  delle magliette anti islam che provocarono morti e feriti a Bengasi qualche anno fa, le sue NON SONO GAFFES  di un deficiente, sono dichiarazioni pericolose che poi hanno delle conseguenze serie,  gravi e altrettanto pericolose per tutta l’Italia e non solo.

E a uno così il governo delle larghe intese ha affidato niente meno che la vicepresidenza del senato. 

Ecco perché le scuse si potevano e si dovevano rifiutare. Non si scusa chi ti prende a calci in bocca ripetutamente.

E l’unica questione che resta non aperta ma proprio spalancata non è quella dell’offesa, dell’insulto e del razzismo ma quella di un parlamento stracolmo di impresentabili cialtroni, ignoranti, disonesti e delinquenti che si rendono responsabili di fatti molto più gravi di un insulto, benché odioso, ma per quei fatti poi non s’indigna Napolitano che parla di “imbarbarimento” a proposito del razzismo di calderoli ma non trova, evidentemente, abbastanza barbaro e incivile sequestrare  due persone colpevoli di nulla a casa loro; non pensa, altrettanto evidentemente, di dover dire due parole a proposito di una donna e di una bambina di sei anni trattate dallo stato italiano che lui rappresenta come due criminali.

Il vero imbarbarimento sono le continue violazioni ai diritti, alla Costituzione compiute dalle istituzioni stesse che ormai non fanno sussultare più nessuno a parte una minoranza di idealisti  che non si rassegnano  al fatto che il declino di questo paese, economico, sociale, umano, morale, etico, è ormai irreversibile e la responsabilità di tutto questo è principalmente di chi avrebbe dovuto proteggere, tutelare quei valori e principi racchiusi nella Costituzione più bella del mondo.

Un conto è la politica, un altro il pd e il pdl

Sottotitolo: nell’eventualità della conferma della condanna di berlusconi bisognerebbe iniziare a preparare spiritualmente non tanto i fedelissimi di b quanto quelli che avrebbero dovuto fare quell’opposizione che non c’è mai stata. 

Per battere politicamente qualcuno come si sono sempre augurati tutti quelli che, anche a centrosinistra hanno parlato di accanimento giudiziario nei confronti di berlusconi bisognerebbe fare politica, non gli interessi di quel qualcuno, per dire.
Ci resteranno malissimo, tutti questi anni a tirarlo fuori dai guai e poi arriva un giudice che pretende di applicare la legge anche a silvio berlusconi proprio come è scritto nella Costituzione.

Non è bello, non si fa, ecco.

In ogni caso, stando alla scelta di chi dovrà formare la corte che giudicherà se berlusconi è colpevole o innocente credo che possiamo stare tutti tranquilli a goderci l’estate, anche silvio potrà rimandare il suo esilio a data da destinarsi.
Che si rilassino, i suoi aficionados: Sansone non muore, e figuriamoci i filistei.

Questo paese è irrecuperabile anche a causa di chi vede il pericolo in una Magistratura che essendo composta da donne e uomini può sbagliare, certo, ma non lo fa scientemente come chi delinque di proposito per avvantaggiare la propria condizione economica e sociale.
Dopo diciotto anni bisogna ancora leggere chi prende le difese di un individuo che ha fatto strame perfino delle regole più semplici, quelle che s’insegnano ai bambini.
I Magistrati saranno anche una casta privilegiata ma mi pare che spesso e volentieri non esitano a punire chi tra i loro pari si macchia di un reato, i politici no, questo non l’hanno mai fatto, da parte loro nessuna condanna, nemmeno morale, nei confronti di chi pensa di essere più uguale degli altri anche di fronte alla legge. 
Lo stesso Letta ieri sera si è rifiutato di commentare la sentenza che verrà e questo dovrebbe spiegare molte cose.
E nessuno di questi che si chieda ad esempio perché i coinvolti nei reati e processi insieme a berlusconi siano stati sempre condannati mentre lui no, l’ha sempre scampata grazie ai provvidenziali escamotage da lui stesso voluti e ottenuti grazie ad un parlamento complice e connivente.
Non va lontano un paese dove una sostanziosa parte di gente, anche fra le istituzioni, pensa che sia giusto applicare la legge alla criminalità di strada mentre di fronte alla delinquenza e alla criminalità dei palazzi si possa chiudere un occhio, sorvolare, magari in virtù della pacificazione nazionale.

LA CORTE SARA’ SCELTA DAL PRESIDENTE SANTACROCE. FU TESTIMONE NEL CASO PREVITI

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Il Corriere della Sera calcola che Berlusconi, grazie a una parziale prescrizione, potrebbe scampare la temuta interdizione per il processo Mediaset (leggi). E la Corte di Cassazione fissa subito un’udienza per fine mese (leggi). La decisione provoca una reazione furiosa del Pdl, che grida al “colpo di Stato” e reclama la piazza e invoca “azioni forti” (leggi)

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Il piduista cicchitto dopo essersi permesso di correggere niente meno che il papa chiede che venga “affermata una ragionevole, non oltranzista, ma seria e reale autonomia dello Stato dalla Chiesa”. Chissà perché lui o qualcun altro non l’hanno mai chiesta e non la chiedono quando la chiesa s’intromette in faccende che non la riguardano, l’elenco è infinito: sesso, aborto, diritti civili, argomenti che non dovrebbero interessare chi ha scelto di occuparsi di anime e spiritualità. Adesso che un papa prova a cambiare registro, ipocritamente o meno però lo sta facendo, ci prova a sovvertire l’importanza delle cose, a non lanciare anatemi un giorno sì e l’altro pure, a dire cose di buon senso usando toni non sgradevoli apprezzate anche da chi non è cattolico, secondo cicchitto sarebbe opportuno fare il giochino dell’uva; ognuno a casa sua. Ecco perché cicchitto è uno di quelli che meglio rappresenta questa politica miserabile e cialtrona.

Forse  Napolitano dovrebbe spiegare a quelli del pdl che gridano al colpo di stato promettendo rivolte di ogni genere che la sentenza di un tribunale non è un golpe ma lo sarebbe se s’impedisse a quel tribunale di poterla pronunciare.

Letta ieri sera a Ballarò non ha voluto commentare la prossima sentenza di b e l’ha buttata, come si usa dire in caciara cianciando dei problemi della  giustizia civile per non parlare di quella penale semidistrutta dalle leggi ad personam confezionate intorno a berlusconi.
“Non è compito di un presidente del consiglio commentare sentenze e date delle sentenze”.
Invitare a palazzo il condannato, già abusivo della politica secondo il Letta pensiero, e anche quello di Napolitano che lo ha ricevuto al Quirinale come fosse uno statista vero, sì.

Dice brunetta che arrivare ad una sentenza definitiva in nove mesi è qualcosa di pauroso, io penso invece che chi sa di essere innocente se la augura una sentenza in nove mesi, altroché averne paura.
Perché chi sa di essere innocente non vede l’ora di poterlo dimostrare. 
Magari la giustizia fosse sempre così veloce ed efficiente in Italia.

Quello che dovrebbe far paura anche a brunetta e a tutta la teppa di destra che insorge contro la Magistratura non è la conclusione di un processo; dovrebbe essere un ministro degli esteri che rifiuta di dare asilo politico ad un uomo in pericolo rifiutandosi di spiegare il perché della sua scelta. [Bonino, perché non risponde?]
Dovrebbero essere 50 poliziotti che sequestrano una donna e una bambina su ordine di non si sa bene chi ma si sa benissimo per fare un favore a chi e dopo non succede niente, il presidente della repubblica non pensa di dover intervenire in materia di violazione dei diritti circa due persone, una è una bambina di sei anni, che sono state rimandate illegalmente e senza un ragionevole motivo nel paese dove rischiano la tortura e la vita: questa sì che è roba da gestapo, da “banditi di stato” come titola oggi il giornale diretto dal diffamatore seriale sallusti in riferimento alla Magistratura.
Queste non sono cose degne di una democrazia né di un paese civile. [Caso Ablyazonv, liberare Alma e Alua]
L’applicazione della legge e dunque della Costituzione non dovrebbe spaventare nessuno, soprattutto chi sa di essere innocente. 

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La storia di berlusconi descrive perfettamente perché gli italiani non hanno più fiducia nella politica.

Ancora ieri sera Goffredo Bettini [pd] a Linea notte si crucciava perché la sinistra non si è impegnata abbastanza per battere berlusconi sul piano politico. 
E ancora da Floris a Ballarò si parlava del berlusconi statista, quello che in vent’anni ha segnato la vita politica italiana così bene evidentemente che sarebbe molto complicato farne a meno.
Il pensiero di Bettini, che poi è largamente condiviso anche a centrosinistra è alquanto buffo se si pensa che la sinistra prima ha contribuito in larga parte a rendere fattibile, possibile la “discesa in campo” e il centrosinistra dopo a fare in modo che la permanenza nell’agone politico dell’impostore abusivo fosse il più serena possibile.

Perché bisogna capirci una volta e per tutte; berlusconi non l’hanno voluto gli italiani, berlusconi è il prodotto delle solite manovre occulte di palazzo, è il risultato di chi ha pensato che dopo gli scandali di tangentopoli la persona più adatta a ricomporre una classe dirigente semidistrutta potesse essere un imprenditore i cui trascorsi oscuri, certe amicizie e frequentazioni erano già note, basterebbe leggere qualche libro del periodo per saperlo e l’articolo di Gianni Barbacetto sul Fatto di oggi per sapere come sono andate le cose nella loro cronologia.

berlusconi non è l’uomo arrivato dalla fine del mondo come papa Francesco per risolvere i problemi della chiesa, berlusconi è arrivato dal suo mondo, quello dell’imprenditoria per aggiustare i suoi, e intuire che un imprenditore è per natura portato a fare i suoi interessi è una cosa così semplice che dovevano e potevano capire tutti, perfino d’alema.

Una classe politica/dirigente che vuol farsi rispettare propone il meglio per farsi rappresentare, non si va a cercare i suoi referenti in ambiti estranei alla politica, proprio quelli che la politica dovrebbe controllare, e quand’anche facesse un errore così grave come quello di permettere ad un tycoon disonesto l’accesso alla politica cercherebbe di porvi rimedio, non lascerebbe che a farlo sia un altro potere dello stato dopo avergli permesso l’inenarrabile sul quale poi far ricadere la “colpa” di aver applicato la legge anche con  silvio berlusconi così come Costituzione comanda.

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Vent’anni di inciuci per salvare B. 
 Saraceni: “Vent’anni fa un ordine salvò B.”

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Possano avverarsi i tuoi desideri – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital

E alla fine ce ne libereremo per via giudiziaria. Come che decida poi in sentenza, la Cassazione ha fatto capire a Berlusconi che non c’è più trippa per gatti. I giudici non vivono in un altro paese. I sei milioni di voti persi alle politiche, la catastrofe delle amministrative, il conflitto con L’Europa, non sono elementi del processo, ma ne sono la cornice. Oggi il circuito tra il popolo della destra e il suo corpo mistico è in corto, come andò in corto quello della prima repubblica con Craxi o Andreotti . I supremi accelerando il calendario, hanno offerto a Berlusconi l’occasione per un ultimo spettacolo. Coincideranno con lo svanire delle promesse sulle tasse, il pretesto buono, che in autunno non ci sarebbe più stato, per rovesciare il tavolo. Il vecchio titano non avrebbe esitato. Se, stavolta, rinuncerà sarà un rimettersi alla clemenza della corte. Se pigerà l’acceleratore sarà chiaro a tutti che, come sempre, iddu pensa solo a iddu.

La sentenza, in fondo, come ha sempre sperato sarà lui stesso a scriversela.

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La Corte di Cassazione: “Abbiamo obbligo di fissare udienza prima della prescrizione del reato” (leggi)

PRESCRIZIONE ADDIO. “SEGUITA LA LEGGE, COME PER TUTTI” (di M. Lillo e A. Mascali)

Processo Mediaset, udienza il 30 luglio
Pdl contro la Cassazione: ‘Colpo di Stato’

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La congiura degli eguali
Marco Travaglio, 10 luglio

In un paese civile non ci sarebbe nemmeno discussione: un politico che per giunta sostiene il governo dopo averlo presieduto tre volte, imputato per frode fiscale, rinuncerebbe alla prescrizione per essere assolto nel merito, sempreché — si capisce — fosse innocente. Perché, se dovesse mai incassare una prescrizione dopo due condanne, dovrebbe subito dimettersi da ogni incarico pubblico in base all’articolo 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. E, se non gli fossero chiari i concetti di “disciplina e onore”, provvederebbero i compagni di partito e gli alleati di maggioranza, scaricandolo su due piedi per evitare l’imbarazzo di sedergli accanto. E il capo dello Stato rifiuterebbe di riceverlo al Quirinale, per motivi igienici. Ma, siccome siamo in Italia, dov’è reato dire “paese di merda” ma è lecito far di tutto perché i cittadini onesti lo pensino, ecco il coro delle prefiche, dei servi e dei venduti contro la Cassazione che — horribile dictu — tenta di evitare che il processo Mediaset venga ancora falcidiato dall’ennesima prescrizione. I fatti sono chiari: quando i reati — falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita — furono scoperti (era il 2004), la frode ammontava a 368 milioni di dollari di costi gonfiati tramite società offshore per non pagare le tasse (fatti commessi nel 1995-’98, con effetti fiscali fino al 2003). Nel 2005 B. scoprì di essere indagato e impose subito l’ex-Cirielli, che tagliava la prescrizione da 10 anni a 7 e mezzo, e una raffica di condoni e scudi fiscali. Così ogni anno vide evaporare un pezzo del suo monumentale delitto e nel maggio scorso, quando arrivò la condanna d’appello, restavano 4,9 milioni di euro evasi nel 2002 e 2,4 nel 2003. Ma a metà settembre si estingueranno anche quelli del 2002. Dunque, se la Cassazione non sentenzia prima, la pena di 4 anni scenderà, probabilmente sotto i 3, con due conseguenze: il processo tornerà in Corte d’appello per rideterminarla; e sparirà la pena accessoria dell’interdizione di 5 anni dai pubblici uffici, prevista solo per le pene sopra i 3 anni. Insomma B., che già non rischia il carcere perché ha più di 70 anni (grazie al regalo di compleanno contenuto nell’ex Cirielli) e perché 3 dei 4 anni sono coperti da indulto (gentile omaggio del centrosinistra), potrebbe restare tranquillamente in Parlamento. Almeno per un altro anno, fino a quando la Corte d’appello rideterminerà la sua pena. O per sempre, se poi la pena scendesse sotto i 3 anni. Peccato però che la Cassazione abbia l’obbligo di esaminare subito i processi a rischio di prescrizione o di decorrenza dei termini di custodia cautelare. Per evitare che i delitti restino impuniti (con grave danno per le vittime: in questo caso l’Erario) e che soggetti pericolosi escano dal carcere e spariscano dalla circolazione prima della condanna. La Sezione Feriale della Cassazione (che resta aperta durante le ferie estive, da luglio a settembre) è lì apposta: per trattare i processi che, diversamente da quelli normali rinviabili a dopo le vacanze, sono urgenti: quelli con imputati detenuti in scadenza e quelli — vedi decreto del primo presidente Ernesto Lupo del 24-6-2011 — “per i quali la prescrizione maturi durante la sospensione o nei successivi 45 giorni”. Proprio il caso del processo Mediaset, che a metà settembre sarebbe dimezzato dalla prescrizione. Perciò è stato assegnato alla Sezione Feriale per il 30 luglio. E gli alti lai del Pdl & company sulla “fretta sospetta” (figuriamoci: per un processo nato 9 anni fa!) della Cassazione per eliminare B. dalla vita politica sono pura propaganda, e di bassissima lega: come se la prescrizione fosse un diritto dell’imputato, o addirittura il fine ultimo del processo penale. Anche stavolta, la Cassazione ha trattato B. come qualunque imputato nelle sue condizioni, perché la legge è uguale per tutti. Ed è proprio questo lo scandalo.

En_ciclica [mente]

Mauro Biani

“Agire come se tutto dipendesse da noi, ma far credere come se dipendesse da Dio.”

Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, ovvero quei gesuiti che ispirano “il papa arrivato dalla fine del mondo”.

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Sottotitolo:  cambia la pubblicità ma il prodotto è  sempre lo stesso, rifilato in tutte le salse da duemila anni. Ma il papa in presenza di una politica forte può fare e dire quello che vuole, quello che la chiesa fa e dice da più di duemila anni. Il nostro problema infatti non è il papa ma la politica che, a destra come a sinistra [parlando con pardon], non può esimersi dall’accontentare i desiderata degli ospiti d’oltretevere, ché a votare poi ci vanno pure loro e ci mandano un sacco di gente.

Chissà perché i francesi che gli hanno dato il benservito con relativo sfratto sono avanti a noi anni luce in materia di diritti civili.

In un paese normale, una democrazia occidentale sana, due leader di sinistra non citano come punto di riferimento il cardinale e il papa, i loro punti di riferimento dovrebbero essere altrove.

E i media danno alle notizie  che arrivano dal vaticano lo spazio che si meritano,  nella giusta collocazione fra la politica estera, non col consueto sensazionalismo da prima pagina che si riserva qui ad ogni fil di fiato che arriva da piazza San Pietro e dintorni.

E sempre in quel paese occidentale del terzo millennio nessuno rimetterebbe in discussione diritti civili ottenuti con fatica in altre epoche, e nessuno li negherebbe in virtù di una “normalità” imposta da un ordine sociale condizionato proprio dalle gerarchie vaticane e al quale la politica si è sempre sottomessa volentieri.

 

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Fabio Magnasciutti

Mi piacerebbe sapere come è stata commentata all’estero, e che evidenza è stata data alla notizia della prima enciclica papale scritta “per la prima volta a quattro mani” [forse perché per la prima volta nella storia moderna un papa ha chiesto il prepensionamento? po’ esse, ai tempi di Celestino e del suo gran rifiuto non c’erano i giornali e le televisioni].

E mi piacerebbe sapere cosa c’è di rilevante da meritarsi la pole position nei media se non le solite filastrocche che tutti i papi ciclicamente ripetono: ‘n omo, ‘na donna, ‘na donna e ‘n omo [cit. Carlo Verdone].

Per non parlare del decreto firmato da questo papa nuovo di zecca che a fine anno proclamerà santi Giovanni XXIII e Karol Wojtyla dei quali si parla sempre come dei papi buoni. Quindi significa che tutti gli altri non lo sono stati? ri_po’ esse.  Di quanto sia discutibile il concetto di papi “buoni” è meglio sorvolare, giusto per non rovinarsi anche il sabato mattina. Inutile ribadire che il potere cosiddetto “temporale” ha avuto bisogno del sostegno di tutti per mantenersi così longevo. E nessun sostegno è stato mai rifiutato quando si poteva tradurre in soldi.

Qual è stato il grande merito di Giovanni Paolo II, il Grande Comunicatore, quei miracoli riconosciuti da una commissione preposta [un po’ come se dei dipendenti mediaset dovessero decidere sull’onestà di berlusconi] oppure aver contribuito a sconfiggere il pericolo del comunismo? o ancora, poter vantare fra le sue amicizie un tipino come Pinochet? o ancora [e ancora] aver occultato le vicende legate allo IOR, all’omicidio di Sindona? aver impedito con ogni mezzo che si potesse far chiarezza sul perché un boss della malavita abbia potuto trovare residenza da morto in una chiesa in qualità di benefattore? non so, ma “se sbaglio, mi corigerete”.

 

 

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Il vizio della memoria
Marco Travaglio, 6 luglio

Dalla settimana prossima il Fatto pubblicherà ogni giovedì alcune fra le migliori interviste televisive di Enzo Biagi. La cosa non è affatto piaciuta a Pigi Battista e al Giornale di Sallusti, affetti da sindrome di Salieri. Il primo ha scaricato la sua bile contro il curatore dell’iniziativa, Loris Mazzetti, che ha collaborato per anni come regista e capostruttura ai programmi di Biagi Il Fatto (Rai1) e Rt (Rai3) e ha firmato con lui i suoi ultimi libri. “Ma perché — twitta Battista — le figlie di Biagi consentono a uno sfaccendato come Loris Mazzetti di sfruttare così il lavoro di loro (sic, ndr) padre?”. Il Giornale dedica un’intera pagina al “vizio di fare il portavoce dei morti sicuri di non essere smentiti: da Travaglio a Mazzetti, da Ingroia alla Bindi, ecco chi fa carriera grazie ai defunti eccellenti”. Scrive Maurizio Caverzan: “i portavoce dei morti non abbisognano di nomine e documentazione. Basta un pizzico di millanteria, una certa voglia di carriera e si autocertificano secondo la propria indole”. Mazzetti “ventriloquo post mortem di Biagi”, Travaglio “esegeta abusivo di Montanelli”, Ingroia “presuntissimo continuatore di Falcone e Borsellino”. Poi “le vedove inconsolabili di qualche maître à penser scomparso da decenni, da Pasolini a Antonioni, da Bobbio a Galante Garrone al Bachelet ripetutamente citato e rimpianto da Rosy Bindi”. Ecco, il Caverzan non riesce proprio a concepire che chi ha avuto la fortuna di frequentare quei grandi personaggi ne conservi e trasmetta la memoria. O forse li preferirebbe imbalsamati con teca e piedistallo, come si fa con Garibaldi e gli altri padri della patria, buoni per tutte le stagioni. E il Battista trova inaccettabile che qualcuno, diversamente da lui, rimpianga Biagi e prenda a modello il suo giornalismo libero anziché quello servile. Ciò che disturba non sono le appropriazioni indebite, ma quelle debite: Gherardo Colombo direbbe “il vizio della memoria”. Se non fossero esistiti uomini liberi, ancorché diversissimi fra loro come Pasolini, Montanelli, Biagi, Galante Garrone, Bachelet, Falcone e Borsellino, oggi sarebbe ancor più facile essere servi. Chi ricorda certi morti impedisce a certi vivi di farne dei santini bipartisan, di larghe intese. Com’è accaduto al povero De Gasperi, la cui fondazione è passata dalle mani di tal Franco Frattini (autore di una legge sul conflitto d’interessi che avrebbe fatto arrossire un cattolico liberale come l’Alcide) alle grinfie di tal Angelino Alfano: il quale tre anni fa dedicò la sua controriforma della giustizia a Falcone, che l’avrebbe usata per scopi igienici. Ma per queste tragicomiche appropriazioni indebite nessuno s’indigna. Dà noia che chi ha conosciuto quei personaggi li ricordi per quello che erano, pensavano, dicevano e scrivevano: “divisivi”, come si dice oggi nell’orrendo idioma inciucese. Bachelet era un costituzionalista che avrebbe detto e scritto cose terribili sulla deriva presidenzialista di oggi, e la Bindi, sua assistente universitaria che se lo vide ammazzare sotto gli occhi, ha continuato a difendere la Costituzione anche nel suo nome. Lo stesso vale per Falcone e Borsellino che Ingroia, avendo lavorato con entrambi, non si stanca di ricordare per quelli che erano contro ogni abuso postumo. Idem per Montanelli e Biagi, accomunati dal raro privilegio di essere stati cacciati da B.: l’uno dal giornale che aveva fondato 20 anni prima, l’altro dalla Rai che aveva servito per 41 anni. Ricordare gli editti del 1994 e del 2002 significa mettere in imbarazzo chi prese il posto di Enzo e Indro senza batter ciglio. Da un lato una serie di comparse, fra cui il Battista (i cui epici ascolti ricordiamo a imperitura memoria a pag. 7); dall’altro un trenino di berlusconiani che ha in Sallusti l’ultimo vagone. Povero Caverzan, non ha mai avuto la fortuna di lavorare con Montanelli e Biagi, però un giorno potrà raccontare ai suoi nipoti: “Pensate, ragazzi, ho lavorato con zio Tibia”. E non sarà un bel momento.

Italia: un paese a servitù illimitata

Oggi l’America festeggia la sua giornata dell’indipendenza,  noi siamo più fortunati perché possiamo festeggiare e celebrare tutti i giorni dell’anno quella del servilismo tout court.

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Sottotitolo: Giorgio Napolitano, Enrico Letta, Emma Bonino, Angelino Alfano, Fabrizio Saccomanni, Mario Mauro e Flavio Zanonato, più l’ammiraglio Nato Luigi Binelli Mantelli.

No, siccome in queste ore tutti stanno parlando del mitico ‘Consiglio Supremo di difesa’, diamo almeno un nome e un cognome ai signori che attorno a un tavolo del Quirinale hanno proibito al Parlamento di decidere sugli F35.  [Alessandro Gilioli]

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Quando Grillo disse che il parlamento non serve a niente, che “è stato spossessato del suo ruolo di voce dei cittadini” si beccò i soliti strali degli abituée compresa una scandalizzatissima Laura Boldrini che lo accusò di mancare di rispetto alle istituzioni.

Qualche giorno fa l’ha detto anche Gino Strada, ha parlato di un parlamento inutile perché “pieno di papponi, pedofili e condannati” e ha ricevuto l’applauso anche di quelli che Grillo lo contestano ormai per inerzia.

Oggi che Napolitano conferma che è vero, il parlamento non conta niente e potrebbe chiudere anche non domani ma adesso spero che siano tutti d’accordo: quelli che che non erano d’accordo con Grillo ma con Strada sì e anche viceversa.

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Se l’esercito, le forze armate prendono il potere siamo sicuri che la vittoria sia del popolo? io no. 

Leggo tanto entusiasmo nei confronti degli egiziani che si sono liberati del tiranno, tante persone che scrivono “perché noi no”, a loro dico: perché no. 

Perché quando il potere veste una divisa non è mai cosa buona e giusta.

Quando i Partigiani hanno organizzato la Resistenza si sono affidati solo a loro stessi, non avevano i carri armati.

 I militari sono da sempre il braccio armato del potere, di qualsiasi potere. Il fatto che Obama non abbia nemmeno pronunciato la parola ‘golpe’ in riferimento agli eventi egiziani la dice lunga. Nessuno in occidente ha interesse alla liberazione dei paesi orientali, altrimenti da quel dì che avrebbero lavorato per farlo.

L’oriente serve così com’è, pozzo infinito di risorse da svuotare per arricchire i capitalisti d’occidente.

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La nomina di De Gennaro a capo di Finmeccanica spiega benissimo, semmai ce ne sia davvero la necessità, che la competenza è l’ultimo pensiero per questo governo e in generale di tutti.

Ogni persona che viene messa nei posti strategici ci va per altre ragioni che la non condanna di De Gennaro per le sue responsabilità nei massacri di Genova, per aver  «gettato discredito sull’Italia agli occhi del mondo intero» come recita la sentenza della Cassazione, quel  «puro esercizio di violenza da parte della polizia» da lui voluto e ordinato, la sua successiva nomina a sottosegretario per la sicurezza nazionale voluta da Monti, dovrebbero essere chiare anche agli occhi di chi non vede.

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Salvate i soldati della libertà

di Barbara Spinelli
[…] È utile conoscere il tragitto dei moderni whistleblower. Il soldato Manning a un certo punto non ce la fece più, e passò al fondatore di Wikileaks Assange documenti e video su occultati crimini americani: l’attacco aereo del 4 maggio 2009 a Granai in Afghanistan (fra 86 e 147 civili uccisi); il bombardamento del 12 luglio 2007 a Baghdad (11 civili uccisi, tra cui 3 inviati della Reuters. Il video s’intitola Collateral Murder, assassinio collaterale).Accusato di alto tradimento è l’informatore, non i piloti che ridacchiando freddavano iracheni inermi. Arrestato e incarcerato nel maggio 2010, Manning è sotto processo dal 3 giugno scorso. Un “processo-linciaggio”, nota lo scrittore Chris Hedges, visto che l’imputato non può fornire le prove decisive. I documenti che incolpano l’esercito Usa restano confidenziali; e gli è vietato invocare leggi internazionali superiori alla ragione di Stato (princìpi di Norimberga sul diritto a non rispettare gli ordini in presenza di crimini di guerra, Convenzione di Ginevra che proibisce attacchi ai civili).Gli stessi rischi, se catturato, li corre Snowden, ex tecnico del NSA: ne è consapevole, come appunto i rivoluzionari. A differenza delle vecchie gole profonde, i whistleblower militano per un mondo migliore. Sono molto giovani: Snowden ha 30 anni, Manning ne aveva 22 quando mostrò il video a Wikileaks. Sono indifferenti a chi bisbiglia smagato: «Spie ce ne sono state sempre». Non fanno soldi. Alcuni agiscono all’aperto: Snowden ha contattato Greenwald, che da anni scrive sul malefico dualismo libertà-sicurezza. Altri rimangono anonimi finché possono, come Manning. Daniel Ellsberg, il rivelatore dei Pentagon Papers che nel ’71 accelerò la fine dell’aggressione al Vietnam, può essere considerato il capostipite dei whistleblower. Per lui Snowden è un eroe. Quel che ci ha dato è la conoscenza: esiste un’Agenzia, che nel buio sorveglia milioni di cellulari e indirizzi mail in America e nel mondo.[…]

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Vassallate – Massimo Rocca – Il Contropelo, Radio Capital

Oggi servirebbero quattro poltrone. La sentenza della consulta che distrugge la politica anti sindacale di Marchionne. Le due napolitanate di giornata, la marcia indietro sul incredibile rifiuto di ricevere Beppe Grillo, la sconvolgente pretesa del consiglio nazionale di difesa da lui presieduto di esautorare il Parlamento sulla questione degli F35. L’Egitto dove come dicono i statirici statunitensi un esercito equipaggiato dagli americani fa un golpe contro un governo appoggiato dagli americani. Però il fatto del giorno è l’interdizione dello spazio aereo europeo all’aereo di Evo Morales, decisa dai cosiddetti governi democratici occidentali. La perquisizione dell’aereo come fosse quello di un trafficante di coca, alla ricerca di Snowden. Eccoli qui i feudatari, i vassalli che solo il giorno prima facevano finta di indignarsi per le cimici nelle ambasciate, violare tutte le prerogative di un capo di stato, pur di ingraziarsi l’imperatore, benchè scuro di pelle. Schiene di gomma e lingue biforcute.

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L’aula sorda e grigia
Marco Travaglio, 4 luglio

Com’è noto i cacciabombardieri F-35 sono inutili, ma sarebbero uno spreco anche se fossero utili. Pare infatti che queste carcasse volanti cappòttino da ferme. Tant’è che Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Australia e Turchia hanno già rimesso in discussione il progetto. Noi no, anzi. L’8 aprile 2009, due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, mentre si raccoglievano 300 vittime, si soccorrevano migliaia di feriti e il governo Berlusconi faceva passerella sulle macerie senza trovare un euro per ricostruire L’Aquila, le commissioni Difesa di Camera e Senato votavano il via libera per l’acquisto di 131 F-35 (poi ridotti a 90) al modico costo di 15 miliardi. Nessun voto contrario: l’impavido Pd, anziché opporsi, uscì dalla stanza e non partecipò al voto, in linea con il suo programma scritto direttamente da Ponzio Pilato (a parte la senatrice Negri che, in un soprassalto di coraggio, restò dentro e si astenne). Ora però il Parlamento è infestato di marziani, i famigerati grillini, che con Sel fanno quel che il centrosinistra non ha mai fatto: opposizione. E il Pd, non abituato, si barcamena. Memorabile la mozione bipartisan dell’altro giorno per il solito rinvio, che impegna il governo “relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi della legge 244/2012”. Una supercazzola che non vuol dire nulla, vista la maggioranza bulgara del governo che procede per decreti e fiducie. Ma la sola idea che il Parlamento torni a esistere e a dire qualcosa “nel merito”, ha fatto saltare la mosca al naso di Sua Altezza Reale Giorgio Napolitano, descritto dai giornali come “molto irritato” per la lesa maestà commessa dalle Camere nei confronti suoi e della nostra sovranità limitata dagli Usa. 

Così il Re Bizzoso ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa, di cui s’erano perse le tracce da tempo, solitamente dedito a tornei di burraco e canasta fra generali in pensione e signore, con i camerieri in uniforme e mostrine che servono il vermut con l’olivetta, e ha diramato un supermònito categorico e impegnativo per tutti: “la facoltà del Parlamento” riconosciuta dalla legge 244/2012 “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”. Cioè: nel 2012 il Parlamento fa una legge, la 244, promulgata da Napolitano, per raccomandare un risparmio sulle spese militari e stabilire che quelle “straordinarie” devono passare dal Parlamento, così come le ordinarie che completino “programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali”. Non solo: spetta alle Camere l’ultima parola sulle spese militari in base alla situazione internazionale e alle disponibilità finanziarie dello Stato, per evitare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Proprio il caso degli F-35. Ma Napolitano, che si crede il capo del governo, dei giudici e ora pure del Parlamento, fa dire alla legge il contrario di quel che dice e la usa per esautorare le Camere, già peraltro ridotte a fotocopiatrici dei diktat di Palazzo Chigi, cioè del Colle. Ce ne sarebbe abbastanza per un conflitto di attribuzioni fra le Camere e il Quirinale contro questo golpetto senza carri armati. Ma i due camerieri del Colle che le presiedono non alzano neppure un sopracciglio. E Fantozzi-Franceschini ringrazia il Presidente per il “giusto richiamo alla separazione dei poteri”: solennissima vaccata, visto che il Consiglio Supremo di Difesa non è un potere dello Stato, ma un organo consultivo-esecutivo di norme decise da altri (in teoria, dal legislativo). 
Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: visto che ormai il Presidente decide pure il nostro menu al ristorante e il colore dei nostri calzini, per raggiungere l’agognato presidenzialismo che bisogno c’è di riformare la Costituzione? 
Ma soprattutto: quale Costituzione?