“Renziano lo dice a sua sorella”. E piddino anche a suo nonno

Questo paese è una vergogna, non c’è un angolo in cui rifugiarsi per poter trovare un po’ di pace, un punto da guardare per ritrovare non dico un ottimismo ma almeno il minimo di quella spinta che sappia dare un senso a quello che si fa, alle giornate, una motivazione nobile per alzarsi ogni giorno dal letto. Un paese dove si brucia un bambino di tre anni e il presidente della repubblica non dice una parola e non la dicono i presidenti di senato e camera solitamente loquaci rispetto ad altre situazioni anche meno importanti e gravi non se lo merita un futuro. In Italia l’adozione ai gay no ma l’affido al nonno ‘ndranghetista sì. Nessuno ha pensato che fosse una persona inadatta e inadeguata ad occuparsi di un bambino. Miserabili, che siano stramaledetti in questa e nelle loro prossime vite  tutti quelli che hanno ridotto l’Italia in macerie.

Il ministro che non c’è – Massimo Gramellini, La Stampa

Ma l’Italia ce l’ha un ministro dell’Interno? si chiede Antonio Barone nel suo blog sull’Huffington Post. A scandalizzarlo, a scandalizzarci, è il silenzio di Alfano intorno al rogo di Cocò, il bambino di tre anni ucciso e bruciato dalla ’ndrangheta. Quel gesto disumano, che ha cancellato definitivamente l’epica dei cosiddetti «uomini d’onore», scosso le coscienze e ispirato parole infuocate a Claudio Magris, è planato sulle spalle larghe del ministro senza lasciare traccia. In cinque giorni neppure una dichiarazione o un gesto che dessero la sensazione di uno Stato presente e, se non responsabile, almeno consapevole. Evidentemente Alfano considera ordinaria amministrazione che sul territorio italiano si consumino non solo i rapimenti dei familiari di un oppositore kazako, ma anche le mattanze infantili.  La storia di Cocò è ancora più complessa e avvilente per le strutture dello Stato: c’è di mezzo una mamma in galera con cui il piccolo ha convissuto dietro le sbarre, prima di essere affidato da una decisione demenziale al nonno pregiudicato. Ma neanche su questo Alfano ha trovato il tempo di dire qualcosa. Comprendiamo che i tormenti della legge elettorale ingombrino una parte imponente della sua pur vasta intelligenza. E siamo certi che abbia presieduto vertici su vertici per mettere nel sacco gli assassini di Cocò. Ma la politica è comunicazione. Un ministro che parla di listini bloccati e non di un fatto di sangue che ha sconvolto il mondo intero farebbe meglio a presentare le dimissioni. Pubblicamente, però. Altrimenti non se ne accorgerebbe nessuno.  

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“Renziano lo dice a sua sorella” è da Oscar. Questi lorsignori permalosi devono smetterla. I giornalisti fanno i giornalisti, non i piccoli e grandi fans dei politici.

Il rapporto fra quel giornalismo che informa e la politica non è alla pari: perché il giornalismo ha il dovere di raccontare i fatti, anche quando sono spiacevoli per la politica, e il politico non deve e nemmeno per sogno rispondere con altrettante critiche, giudizi o rilasciando  patenti  di appartenenza ma con i fatti e le azioni che possono confutare e smentire ciò che dice il giornalismo. Qui invece i politici sono disabituati a trovarsi di fronte i giornalisti,  soprattutto sono disabituati alle critiche, non le vogliono, gli danno noia, scoprono altarini,  permettono di ricordare episodi che non sono affatto parte del passato, demagogia e retorica qualunquista ma le fondamenta di questo presente. E siccome il passato non lo possiamo cambiare, conoscerlo dovrebbe servire a non ripetere gli stessi errori. Dovrebbe: appunto.

 

“Mediaset è stata una delle società con il maggior rialzo in Borsa nel 2013, + 122%, e in un giorno solo il 19 dicembre +16,4%”.

Se malgrado le vicissitudini giudiziarie di un imprenditore in odor di mafia, quello entrato in politica appositamente per il salvataggio di se stesso dalla galera e delle sue imprese dal fallimento, quello che non pare ma è stato condannato alla galera per frode fiscale [capisco che l’argomento può annoiare ma anche a me irrita oltremodo che un delinquente processato e condannato in via definitiva possa ancora agire e muoversi da cittadino libero e onesto]: il reato che gli ha permesso di accrescere in maniera esponenziale il suo patrimonio le sue aziende continuano a guadagnare e crescere, nonostante e malgrado una crisi che sta uccidendo tutte le altre, significa che lo stato è un complice, altroché quel socio occulto che pretende la marchetta senza farti nemmeno godere che si portano dietro i cittadini italiani, quelli che se violano la legge lo stato non li manda per premio a fare le leggi ma che in galera ci vanno e ci restano.

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LA BANDA DEI DISONESTI – Marco Travaglio, 24 gennaio 2014

Ricapitolando: siccome ogni detenuto sigillato al 41-bis ha diritto di trascorrere le ore di “socialità” con un suo simile per scambiare quattro parole, il Dap e la Dna designano per far compagnia a Totò Riina il capomafia pugliese Alberto Lorusso. La scelta, a posteriori, si rivela infelice perché Lorusso è uno specialista in linguaggi cifrati, con cui riesce a trasmettere fuori dal carcere i suoi messaggi criminali, seguitando a gestire le estorsioni nella sua zona fra Taranto e Brindisi. In ogni caso la Procura di Palermo non viene consultata e decide autonomamente di intercettare Riina, che s’è appena confidato con un agente sulla trattativa con lo Stato: insomma sembra in vena di parlare. Infatti le intercettazioni si rivelano proficue: il boss non parla nella saletta ricreativa del carcere di Opera, temendola imbottita di cimici; invece esterna a ruota libera nel cortiletto esterno, non sospettando di essere ascoltato anche lì, e svela retroscena interessanti e in parte inediti delle stragi e delle trattative con la politica, naturalmente tutti da verificare. Già che c’è, si scaglia con rabbia inestinguibile contro il pm Nino Di Matteo, ordinando di ammazzarlo in una strage modello 1992-’93.

È bene o è male che i magistrati vengano a sapere ciò che dice, auspica e progetta un boss irriducibile che ha sempre rifiutato di collaborare? Ovviamente è bene: le intercettazioni si fanno apposta. Se Riina progetta attentati, lo Stato può far di tutto per sventarli proteggendo le vittime designate. Se dice cose vere e verificabili, aiuta involontariamente la ricerca della verità. Se mente per depistare, i giudici possono scoprire perché lo fa e comportarsi di conseguenza. Chi può mai aver paura delle parole del boss? Nessuno, a parte chi ha la coscienza sporca e i suoi manutengoli.

Infatti Giuliano Ferrara, sul Foglio di casa B., parte subito lancia in resta, anche se non si capisce bene con chi ce l’ha e che diavolo vuole. Non l’ha capito neanche lui, infatti – nell’attesa di capirlo – invoca una commissione parlamentare d’inchiesta: che è comunque il sistema migliore per fare casino e buttare tutto in politica, cioè in caciara. Ieri sul Foglio un tal Merlo domandava pensoso “quale magistrato ha autorizzato le intercettazioni dei colloqui di Riina?”. La risposta – il pm Di Matteo e i suoi colleghi che indagano sulla trattativa – la sanno tutti quelli che seguono anche distrattamente la vicenda, dunque non Merlo. Altra domandona: “Qualcuno ha imbeccato Lorusso per pilotare le risposte di Riina?”. Basta leggere quei dialoghi per accorgersi che Lorusso si limita a chiedere e Riina risponde quel che gli pare. Terza domanda a cazzo: “Possibile che nessuno si attivi per difendere la presidenza della Repubblica mostrificata nelle parole del capomafia?”. Di grazia, chi dovrebbe difendere il Quirinale? E come? E da chi? Boh. “Il ministero della Giustizia tace”. E che potere ha il ministero di impicciarsi in un’indagine in corso? Le risposte sono affidate a un tal Buemi del Pd, quello che si opponeva alla decadenza di B. e che ora delira di un imprecisato “clima di linciaggio nei confronti delle istituzioni”.

In realtà Riina non lincia affatto Napolitano, anzi lo elogia, lo esorta a non testimoniare sulla trattativa e invita i suoi corazzieri ad assestare altre “mazzate nelle corna a questo pm di Palermo”. Dunque di che linciaggio parla questo tizio? Da parte di chi? In che senso? Boh. Sempre sul Foglio interviene Massimo Bordin convinto che, se Riina dice a Lorusso che bisogna ammazzare Di Matteo, allora Di Matteo è “beneficiario dell’operato” di Lorusso e Riina “supporta” il pm che vuole far saltare in aria. Bordin naturalmente raccomanda una scrupolosa verifica delle fonti e delle date. Infatti chiama Lorusso “Lo Verso”. Come Totò che, ne La banda degli onesti, chiama l’amico Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) Lo Turzo, Lo Curto, Turchesi, Turchetti, Lo Tripoli, Gianturco, Lo Struzzo, Lo Sturzo, Lo Crucco e Lo Truzzo. E questi sono gli esperti. Poi ci sono anche gli ignoranti.

La libertà non si dice: si fa. Come la verità

Ci sarebbe da chiedersi chi ha interesse che vengano diffusi i messaggi di un mafioso assassino che dovrebbe vivere in una condizione di isolamento totale ma che invece può dare direttive su chi deve vivere o morire secondo i suoi desiderata. 
Per quale motivo possono [devono?] uscire dal carcere le minacce di morte di Riina, condannato al 41 bis espresse durante l’ora d’aria mentre conversava amabilmente col collega della sacra corona unita, a Nino Di Matteo.
In queste situazioni la mente vacilla: non riesco più ad essere così convinta che il diritto, quello vero e puro debba essere applicato anche a gente come Riina.

Nuove minacce di Riina a Di Matteo

Mafia, Totò Riina minaccia di nuovo pm Nino Di Matteo

“Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica”. Così il 14 novembre il boss si è rivolto così a un uomo d’onore della Sacra Corona Unita con cui condivide l’ora d’aria. [Il Fatto Quotidiano]

Morto Mandela, l’eroe del Sudafrica
‘Ha vissuto per un ideale e l’ha reso reale’ 

PRIGIONIA, LIBERAZIONE E RINASCITA DEL PAESE – STORIA DI MADIBA (di Andrea Pira)

Nelson Mandela, una vita passata ad insegnare l’amore

Se tutti quelli che hanno detto e che diranno [purtroppo] di aver preso esempio da lui lo avessero fatto davvero, questo sarebbe il migliore dei mondi possibili. Il fatto che invece non lo sia nonostante un uomo come lui, che avrebbe dovuto essere un esempio nei fatti e non nelle tante belle e vuote parole significa che la libertà alla fine non è quel bene assoluto per il quale ognuno di noi si dovrebbe impegnare ogni giorno. 
Vuol dire che anche la libertà si può negoziare, sacrificare a beneficio e vantaggio di qualcos’altro. 
Lui non lo ha fatto, e per un’idea di libertà vera ha preferito sacrificare se stesso e ventisette anni della sua vita che nessuno gli ha mai più restituito. 

E’ tutto infinitamente più piccolo e più misero oggi. Come ogni volta che se ne va qualcuno che non verrà sostituito da nessuno. Perché il dramma non è la morte, è che la società attuale non ha prodotto gli eredi di un Gigante dell’umanità qual è stato Nelson Mandela.

Unico, magnifico Nelson Mandela: nessuno come lui.

 

“Vi vergognerete tutta la vita di avermi cacciato”. E per avercelo tenuto, chi si deve vergognare?

Se berlusconi può ancora vaneggiare a reti unificate di una sua onestà, così elevata al punto tale da fargli dire che Napolitano DEVE dargli la grazia anche senza che lui la chieda perché la sua dignità glielo impedisce, perché lui non ha fatto niente di male e niente di cui doversi pentire, quindi figuriamoci se un tribunale può condannarlo alla galera così come si fa con tutti i cittadini che commettono reati, è perché nessuno ha mai detto che il vero colpo di stato e allo stato di questo paese si chiama silvio berlusconi. Chi lo ha accolto a braccia aperte nonostante la legge e la Costituzione dicono di no, che uno così alla politica non si sarebbe dovuto accostare nemmeno per sbaglio  dovrebbe chiedere scusa agli italiani e sparire dalla circolazione, altroché la rottamazione di Renzi e i vaffanculi di Grillo. Il pd si accorge adesso dell'”orgia di affermazioni eversive” del delinquente? berlusconi non ha fatto nient’altro da vent’anni e ci vuole solo la gran faccia di culo di d’alema per riproporsi alla politica di oggi, perché lui dovrebbe essere proprio  il primo della lista di quelli che dovrebbero chiedere scusa e sparire. Che il finale sarebbe stato molto peggio di quello del Caimano di Moretti io lo dico da anni. Troppo spazio si è dato a questo spregevole individuo. L’informazione ha una grande responsabilità nel percorso di berlusconi di tutti questi anni. In un paese informato la gente sbaglia di meno. E non saremmo mai arrivati fino ad oggi.  La Rai, la televisione pubblica pagata coi soldi di tutti che dà tutto quello spazio ai deliri farneticanti di un condannato alla galera di chi fa il gioco? lo chiedo a tutti quelli che “Santoro e Travaglio hanno fatto un favore a b.” nella famosa puntata di Servizio Pubblico.

B: “Voto sulla decadenza è colpo di Stato
Napolitano mi dia grazia senza richiesta”

B. prepara discorso in stile Craxi: “Vi vergognerete”.

Marco Travaglio è una cura per la memoria di questo paese disgraziato e presuntuoso fatto anche di gente che dice di sapere tutto mentre, e invece, non sa nulla e quel poco che sa lo mette da parte, lo dimentica. E quando qualcuno osa ricordarglielo viene trattato molto italianamente a pesci in faccia. I suoi due ultimi articoli, quello di ieri e di oggi sono da incorniciare più di altri non solo per la loro consueta precisione e dovizia di particolari scritti col suo solito linguaggio magistralmente ironico, in grado di arrivare ovunque e a tutti quelli che vogliono capire ma perché denotano un suo scoramento personale. E se anche un guerriero come lui si fa fregare significa che la situazione è più grave di quello che appare.

Mentre il giornalismo considerato autorevole, quello del Corriere della sera ad esempio che tramite Polito ci racconta che la politica può essere immorale sì ma fino a un certo punto, disonesta sì purché non lo sia in modo troppo sfacciato, ma anche di Repubblica che tramite il suo fondatore ci sta raccontando da mesi tutta la magnificenza della grande opera di Giorgio Napolitano, quel governo che non può cadere perché chissà che succederebbe dopo, come se non fosse già sufficiente conoscere quel che sta succedendo mentre, di un’irriconoscibile e inguardabile Unità che ha scelto da tempo di dimenticare che si può morire anche per difendere un’idea di libertà come è accaduto ad Antonio Gramsci che quel giornale ha costruito,  mentre il caterpillar dell’informazione di regime travolge  tutti quelli che si permettono di disturbare questa splendida armonia delle larghe e oscene intese Travaglio ci ricorda tutti i giorni che da qualche parte c’è chi lotta e s’impegna per combattere sul serio – non con le chiacchiere enunciate urbi orbi et sordi scritte nelle segreterie dei partiti, di palazzo Chigi e del Quirinale – il vero cancro di questo paese che non è l’antipolitica, il populismo, la demagogia tanto declamati con disprezzo, come se fossero nati dal nulla, nei discorsetti ufficiali delle varie rappresentanze dello stato ma è, è stato e sarà finché a questa lotta non si uniranno davvero e sul serio la politica e le istituzioni, la pericolosa vicinanza fra lo stato e quella criminalità mafiosa di cui la politica e le istituzioni non hanno la capacità, forse perché non possono, di liberarsi e liberare così anche questo paese e noi.

In un paese dove la politica e le istituzioni non avessero avuto niente da nascondere, nulla da cui doversi riparare coi silenzi, le omissioni e i segreti di stato uno come berlusconi non avrebbe mai potuto trovare tanto consenso, non gli sarebbe mai stato permesso di stravolgere un paese a sua immagine e somiglianza, non sarebbe mai stato considerato l’interlocutore da far sedere nelle stanze del potere.

In un paese libero dai ricatti il presidente della repubblica, del senato e della camera, il presidente fantoccio di un consiglio ridicolo oggi sarebbero al fianco della magistratura siciliana minacciata di morte, non sarebbero in silenzio a fare le controfigure di chi comanda davvero, non parlerebbero d’altro e molto spesso di niente di fronte alla tragedia di un’Italia martoriata dalla criminalità a tutti i livelli in grado di condizionare, minacciare, ricattare, impedendo quindi un normale decorso il più possibile democratico in questo paese.
Quindi io ringrazio e ringrazierò sempre Marco Travaglio e chi come lui mette la sua faccia davanti a parole pesantissime ma che descrivono, raccontano e spiegano perfettamente il perché questo paese è potuto cadere così in basso.

Alte discariche dello Stato – Marco Travaglio, 24 novembre

Perché Totò Riina è così inferocito contro Nino Di Matteo e gli altri pm del processo alla trattativa Stato-mafia? Secondo alcuni detrattori di quel processo, Riina dovrebbe esser grato ai pm per avere spostato l’attenzione dalle responsabilità di Cosa Nostra a quelle dello Stato. E allora perché l’ex (?) capo dei capi vuole ucciderli “come tonni”? Le possibili spiegazioni sono due. La prima: per ogni boss, il prestigio e la credibilità personali sono parte integrante del potere. La storia della trattativa dipinge invece un Riina feroce, ma anche – per così dire – ingenuo: mandato avanti a fare le stragi da chi – come disse Provenzano a Vito Ciancimino – “gli ha promesso qualcosa di veramente grosso”, poi coinvolto nella trattativa, poi indotto a eliminare Borsellino che la ostacolava e infine intrappolato dagli stessi Ros con cui aveva trattato, forse con la collaborazione di Provenzano. Non proprio una bella figura. La seconda spiegazione, peraltro sovrapponibile alla prima, riguarda l’oggi: finchè la trattativa fu una voce di pentiti perlopiù ignorata dalla grande stampa e dunque dai cittadini, lo scambio di favori fra Stato e mafia poteva continuare indisturbato. E infatti continuò fino a tre-quattro anni fa (il terzo “scudo fiscale” per il rimpatrio anonimo e quasi gratuito dei capitali sporchi è del 2009). Ma ora, complice la vasta eco suscitata dalle telefonate Mancino-Quirinale e dalla citazione di Napolitano come testimone, la trattativa è all’attenzione di tutti. Dunque è più difficile per la classe politica elargire altri regali alle mafie senza dare nell’occhio. Il che fa letteralmente impazzire i boss, specie quei pochi che marciscono al 41-bis da vent’anni, comprensibilmente stufi dei politici che li hanno usati “come merce di scambio” senza mantenere le promesse, non tutte almeno (lo ricordò Leoluca Bagarella nel 2002 dalla gabbia di un processo, leggendo un comunicato “a nome dei detenuti al 41-bis”, manco fosse un sindacalista). La revoca dei 41-bis a 334 mafiosi nel ’93, la legge “manette difficili” del ’95, la chiusura delle super carceri di Pianosa e Asinara nel ’97, l’abolizione dell’ergastolo (poi ritirata) nel ’99, la legge ammazza-pentiti Napolitano-Fassino del 2001 e i tre scudi fiscali dal 2001 al 2009 sono regali graditissimi. Ma l’aspettativa, nel ’92, era ben più pretenziosa: la posta in palio erano anche e soprattutto la revisione del maxiprocesso, il“fine pena forse”, la “dissociazione” a costo zero al posto del devastante pentitismo. Nonostante i generosi sforzi di destra e sinistra, questi obiettivi non sono stati raggiunti. B. pensava, sì, agli amici degli amici, ma soprattutto a se stesso. E oggi qualunque cedimento, anche se ammantato come sempre di “garantismo”, farebbe gridare alla nuova Trattativa, dunque viene stoppato sul nascere. Il tutto mentre la Seconda Repubblica sta declinando per cedere il passo alla cosiddetta Terza. Parte di Cosa Nostra vorrebbe infilarvisi alla solita maniera, quella delle stragi: ma il fatto stesso che le minacce si susseguano, finora fortunatamente a vuoto, indica che il fronte è spaccato: fra la vecchia guardia (alla Riina) che sa parlare solo con le bombe e quella nuova che (sulla scia di Provenzano) sa parlare anche altri linguaggi. Tra quell’incudine e quel martello, si muove Di Matteo con i suoi colleghi, in un processo che forse neppure lui immaginava così scomodo: non solo per lo Stato, ma anche per la mafia. Infatti, mentre la mafia lo minaccia, lo Stato lo processa davanti al Csm. Si dice sempre che un messaggio delle alte cariche dello Stato è come la sigaretta per il condannato a morte: non si nega mai a nessuno. Ma non è più così: in tanti mesi di minacce di morte, Di Matteo non ha mai ricevuto una riga di solidarietà, né pubblica né privata, da Napolitano (si chiama Di Matteo, mica Mancino), da Grasso, dalla Boldrini, dalla Cancellieri (si chiama Di Matteo, mica Ligresti). Silenzio di tomba. Almeno le urla belluine di Riina hanno il merito di farlo sentire un po’ meno solo.

…se cade il governo, piange anche Gesù [prima o poi diranno anche questo]

Giorni fa avevo scritto sulla mia pagina di facebook che bisognerebbe smetterla in caso di capricci reiterati di sgridare i bambini usando la minaccia di personaggi e situazioni di fantasia tendenti all’orribile e dunque diseducativi come “l’uomo nero” e “gli zingari che rubano i bambini” come si fa ancora in tante famiglie, anche in quelle apparentemente perbene.

Dicevo che si potrebbe ammansirli usando i politici che sono assai più temibili dell’uomo nero e degli zingari che rubano i bambini proprio perché esistono davvero.

E siccome la realtà è molto più pregna di persone, personaggi e situazioni inquietanti di quanto lo sia invece la fantasia, anche quella tramandata per ignoranza e razzismo, al “se non ti lavi i denti lo dico a giovanardi”, “se non fai i compiti chiamo d’alema”, “dai subito un bacio a nonna altrimenti viene la santanchè e ti porta via”, oppure, “se non ti sbrighi a riordinare la cameretta  berlusconi ti ruba la play station”; all’elenco infinito di minacce “pedagogiche”, quelle necessarie per farsi ascoltare da piccoli e medi tiranni che si possono abbinare al politico cialtrone e disonesto si può aggiungere “cade il governo” relativo a qualsiasi richiesta disattesa.

Per esempio: “se non metti i panni sporchi in lavatrice, cade il governo”.
Sì, dovrebbe funzionare.

E Letta avverte: “Se cade governo l’Imu si paga”

***

Chissà che altro s’inventerà per minacciare, il nipote dello zio “se cade il governo”.
Dunque da una parte abbiamo il noto pregiudicato delinquente che minaccia di far cadere il governo solo se si dovesse applicare una legge per disabili della democrazia che è stata fatta specificamente per il fatto che il parlamento italiano è diventato da tempo l’ultimo rifugio per delinquenti abituali, un contentino per far credere agli elettori che grazie alla legge Severino l’onestà prenderà possesso di un parlamento che ospita indagati, inquisiti, condannati e pregiudicati e fa di tutto per tenerseli.

Dall’altra un presidentino del consiglino che mette la sua faccia ma il resto lo fanno altri, uno su tutti Napolitano su varie e molteplici richieste europee – soprattutto quelle finalizzate a spolpare inermi cittadini onesti ma mai, per carità, quelle che hanno come obiettivo l’estensione dei diritti civili quali ad esempio, la legge sulle torture e le unioni regolarizzate per gli omosessuali, anche queste chieste da tempo dall’Europa che però in questi casi si può benissimo ignorare –  che minaccia che “se cade il governo” la catastrofe travolgerà regioni, paesi e città.

Mentre invece la cosa più rassicurante per noi cittadini, quella migliore che possa accadere è proprio che questo governo di manipolatori della realtà, di distruttori di quel che resta che abbia un sapore vagamente democratico vada a casa insieme al suo fondatore/creatore.

La relatività, a volte…

***

Il Piano Napolinano
Marco Travaglio, 15 settembre

Ancora una volta, nessuno dice la verità.
Non la dice il Pd quando proclama che B. è
finito e nessuna trattativa è possibile per salvarlo.
Non la dice il Pdl, quando minaccia di
rovesciare il governo ritirando i ministri subito
dopo il voto in giunta sulla decadenza di B., o
addirittura dopo la bocciatura della relazione
Augello che vorrebbe lasciare B. in Senato in
barba alla condanna e alla legge Severino. Il Pd
infatti sta trattando con i suoi vari Violante, e
soprattutto sta trattando Napolitano con i vari
Letta Zio e Confalonieri. 

E il Pdl sa benissimo di
poter contare, tra le file del Pd, di 120 franchi
traditori che nel segreto dell’urna (bastano 20
senatori per ottenerlo) hanno già dispiegato la
loro geometrica potenza impallinando Prodi
sulla via del Quirinale. Perché lo fecero? Non
certo per antipatia personale: perché sapevano
benissimo che, con Prodi al Quirinale, sarebbe
nato un governo senza (cioè contro) B., mandando
a monte i piani di Napolitano e dei retrostanti
poteri finanziari italiani ed europei
che spingevano per il reinciucio. I 120 vermi
lavoravano e ancora lavorano per B. con la casacca
del Pd. A spanne, sono 80 alla Camera e 40
in Senato: quanti ne bastano per salvare B. dalla
decadenza, senza contare l’ala destra del Centro
montian-casinista, pronta a corrergli in soccorso.
Per questo Enrico Letta, che come tutti i
capicorrente del Pd conosce benissimo gran
parte dei franchi traditori, ostenta tanta fiducia
sulla sopravvivenza del suo governicchio. 

L’Operazione Salvataggio è già in gran parte scritta
nelle date e nei numeri (con buona pace di qualche
anima bella grillina, che ancora si arrovella
sul dialogo col Pd che nessuno ha chiesto
né mai chiederà). Salvo sorprese, sempre possibili
in un mondo politico di nani e incapaci, il
percorso è questo. Mercoledì, nella giunta del
Senato, il fronte Pd-M5S-Sel respinge la relazione
Augello, che si dimette e cede il passo a un
nuovo relatore. Il Pdl, per certificare la propria
esistenza in vita, ritira i ministri dal governo
Letta (che non li sostituisce, in attesa degli eventi),
ma si guarda bene dal votargli la sfiducia, per
tenerlo sotto ricatto ed evitare di spaccarsi tra
falchi e colombe.

Il nuovo relatore Pd presenta una nuova relazione
favorevole alla decadenza di B. Il quale
s’inventerà di tutto (dopo le Corti europee e la
Consulta, ora si parla di Tar, Consiglio di Stato
e chissà cos’altro: mancano solo i caschi blu
dell’Onu) per allungare il brodo. Di certo c’è
solo il calendario giudiziario: entro il 15 ottobre
B. deve scegliere fra i domiciliari e i servizi sociali
e il 19 ottobre la Corte d’appello si riunisce
per fissare la durata dell’interdizione dai pubblici
uffici, da uno a tre anni. Tra un mese, dunque,
B. inizia a scontare la pena. 

A quel punto uno dei suoi chiede la grazia o la commutazione
della pena da detentiva a pecuniaria.

E Napolitano
potrebbe concederla, come da precise
istruzioni da lui stesso impartite nel monito di
agosto. Intanto i difensori di B. ricorrono contro
l’interdizione in Cassazione, che non può
occuparsene prima del nuovo anno. 
Un giorno o l’altro, siccome si vota a volto scoperto, la
giunta approva la nuova relazione e la trasmette
all’aula. 

Che la vota chissà quando, probabilmente
a scrutinio segreto. Lì può accadere di
tutto. Se B. ha speranze di essere salvato dai
franchi traditori, attende l’esito del voto; altrimenti
si dimette da senatore e seguita a comandare
da fuori, usando i suoi parlamentari
per paralizzare il governo e ricattarlo sui temi
che gl’interessano per la campagna elettorale.
Che non potrà essere nel 2014 (il 1° luglio inizia
il semestre di presidenza italiana dell’Ue). Ma
solo nel 2015. Così il piano Napolitano-Berlusconi-
Letta (zio e nipote) sarà compiuto. E
l’Italia sarà l’unico Paese al mondo tenuto in
ostaggio per anni da un noto pregiudicato per
frode fiscale con la complicità dei suoi presunti
avversari.

Fantapolitica?Lo speriamo davvero,ma non ci scommetterremmo un euro.

Aspettando la caduta: di silvio o del governo

Purtroppo non c’è molto da dire in questi giorni, siamo tutti in attesa del rush, o per meglio dire, e speriamo in entrambi i casi [o di silvio o del governo], crash finale.

Ce la farà il ricattatore a spuntarla e il pd a non smentirsi quale migliore ancora di salvataggio per il delinquente impunibile? lo sapremo solo fra cinque giorni.

Nel frattempo mi chiedevo: il presidente condiviso, il garante delle larghe intese che dice a proposito delle minacce del diversamente incensurato? ce l’avrà qualche senso di colpa per aver permesso al delinquente qualche mese fa di poter partecipare alla delicata fase politica? e non sarebbe il caso di far valere quell’autorità di e da capo di stato, battere che ne so, un pugno sul tavolo al grido di “mò avete rotto i coglioni?”
Non è previsto dalla democrazia, sulla Costituzione non c’è scritto?
Invece che un pregiudicato condannato possa ricattare il parlamento e tenere in ostaggio 60 milioni di persone, sì?

E  schifani da quale pulpito minaccia la caduta del governo [e che noia, se lo dovete fare fatelo e non rompeteci più i coglioni con questa guerra fra bande] e si permette di chiedere la sostituzione di quei membri della giunta che hanno detto l’unica cosa che si poteva dire e cioè che il pregiudicato deve abbandonare la casa? qualcuno potrebbe ricordare al grande pubblico che renato schifani è un indagato per mafia e che le sue referenze non gli danno l’autorità per pretendere un bel niente? ma perché si permette ancora a questi individui loschi  che in un paese e in una società  normali sarebbero già ai margini, ignorati ed evitati da tutti, di poter intimidire, minacciare, opinare urbi et orbi?

L’attentatuni, ovvero, il grande attentato

Se berlusconi pensa che lo vogliano privare ingiustamente della sua libertà, se la riprendesse da se medesimo assumendosene la responsabilità senza mettere in mezzo lo stato, le istituzioni e noi cittadini.

Faccia preparare uno qualsiasi dei suoi potenti mezzi di aria, di terra e di mare e si dia alla latitanza, che poi è l’unico modo per un delinquente, uno che ha violato le leggi del suo stato, di poterla riottenere, come già fatto in precedenza da bettino craxi.

Bondi avverte: “Rischio guerra civile”
Pressing del Pdl sul Colle per salvare B. 

B. può finire in carcere. E sfida Napolitano: “In piazza lo stesso”.

Bondi paragona la condanna alla “guerra civile”. Il Quirinale tuona: “Irresponsabile”. Il corteo Pdl di oggi diventa un sit-in a Palazzo Grazioli, senza ministri. Letta: “Ricatto”. Pd: “Eversori”.

***

 Manifestare contro lo stato e i suoi poteri è terrorismo, non un esercizio democratico del libero pensiero.

 Non si può chiedere al presidente della repubblica di graziare un delinquente condannato, sapendo che quella grazia non gli è dovuta minacciando la guerra civile e la Magistratura. 

Uno che pensa di aver subito delle ingiustizie ma col minimo sindacale di quel senso dello stato per il quale dice da vent’anni di essersi immolato avrebbe già bloccato l’orda dei barbari incivili che parla e agisce in sua difesa.  Quello che sta accadendo in queste ore è un attentato contro lo stato.

Invece tutti sappiamo che il promotore dell’eversione è lui, ecco perché penso che non sia il caso di farci su dell’ironia, di pensare che quelle che stanno accadendo sono cose da liquidare con qualche barzelletta di mezz’estate. 

Già qualche anno fa si mormorava che Napolitano firmasse tutto quello che gli mettevano sulla scrivania perché qualcuno minacciava azioni contro lo stato.

I tempi moderni non richiedono i carri armati nelle piazze, oggi i i colpi di stato si fanno su carta intestata.

 Il primo grado della sentenza Ruby descrive berlusconi come uno con una naturale propensione a delinquere.

berlusconi sta allo stato come Riina all’antimafia, come le religioni ad una visione moderna e civile delle società e come il pd ad un’idea di sinistra.

Tutto quello che ha a che fare con lo stato non interessa a berlusconi se non può usare lo stato per i suoi interessi, l’unica cosa che ha fatto fino ad ora, quella che lo ha portato a scendere in campo per il bene del paese e dunque il suo.

berlusconi ha già creato il precedente.

Da lui in poi tutti quelli che verranno, che avranno la possibilità di intraprendere una carriera politica, o quelli che sono già nella politica potranno, potrebbero e possono fare quello che ha fatto lui, chiedere allo stato le garanzie ricevute da lui e pretendere di averle come le ha avute lui finché gli è riuscito.

E la richiesta di grazia pretesa dai sovversivi sostenitori di berlusconi usando la minaccia, l’ultimatum, l’intimidazione di stampo mafioso  non arriva dal nulla ma anche da un certo sentire comune di tanta gente che in tutti questi anni avrebbe preferito liberare lui da ogni incombenza giudiziaria pur di non dover più parlare di lui, credendo così di liberare il paese e la gente dall’anomalia berlusconi.

Ma un paese non si libera concedendo sconti, tutele che ad altri sarebbero negate, possibilità che non è giusto offrire perché mancano i requisiti per poterle avere, leggi fatte apposta per andare oltre la legge.

Non c’è nessuna libertà né un’ipotesi di libertà nel concedere diritti extra in un paese che sulla Costituzione ha scritto e a chiare lettere che i cittadini sono tutti uguali e che la legge è uguale per tutti.

L’errore più grave che si possa fare è ritenere queste manifestazioni patetiche, o al più ridicole.
Non lo sono.
E fa malissimo a non preoccuparsi chi invece dovrebbe.
Questa manifestazioni vanno impedite perché sono contro lo stato, contro la legge, contro quel potere dello stato, la Magistratura, che è rimasto l’unico a ricordarci che abbiamo una Costituzione che va rispettata e che lavora in quella direzione, non va per le strade dell’intesa, dell’accordo e dei patti occulti coi delinquenti.

Bondi non facesse troppo lo spiritoso, perché c’è gente che all’invito alla guerra civile si farebbe trovare pronta.

In questi due decenni di scempio politico concordato reazioni popolari eclatanti non ce ne sono state. 

In altri periodi, invece, c’è stata gente che non restava a casa a guardare la televisione.

E se proprio dobbiamo parlare di guerra civile facciamolo nel caso in cui Napolitano decidesse di concedere il perdono dello stato, magari infilato in qualche riforma della giustizia sottoforma di amnistia al delinquente condannato, che mi sembra un motivo molto più serio.  

berlusconi non è nelle condizioni di poter chiedere né ricevere alcuna grazia, perché oltre alla condanna ha vari procedimenti penali ancora in corso e altri che potrebbero includerne la figura.

 Nota a margine: mi piacerebbe sapere dove si nascondono le forze dell’ordine quando persone che fanno parte dell’apparato dello stato si esprimono e agiscono da eversori terroristi.

Dove sono quelli che prendono a manganellate, a botte e a calci i no tav, gli studenti, chi manifesta per difendere il posto di lavoro ma se ne stanno  tranquilli a guardare  ministri, un vicepresidente del consiglio che vanno davanti e dentro ai tribunali per mettersi contro un potere dello stato, dicono pubblicamente cose di una gravità inaudita che a dei cittadini normali e comuni non sarebbe permesso dire senza rischiare l’arresto.

***

 

Aveva questo in pancia, non lo sapevate? Alessandro Gilioli – Piovono rane

Eccola, la pacificazione.
Le minacce di guerra civile, la violazione assoluta della separazione dei poteri, il trattamento Mesiano per il giudice Esposito. E tutto il resto, da vomito.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, non lo sapevate? 
No, dico, quando ci dicevate che le “larghe intese” erano una scelta responsabile, anzi l’unica scelta responsabile in nome del ‘bene del Paese’, quando ci spiegavate che l’alleanza con il Pdl era come la ‘grosse koalition tedesca, né più né meno?
Chissà se quando lo dicevate eravate in buona fede, se pensavate davvero a Berlusconi come a un un normale leader di centrodestra europeo, chissà se scambiavate una speranza per una convinzione, oppure se mentivate anche a voi stessi.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, non ci voleva molto per saperlo, bastava aver vissuto in Italia negli ultimi vent’anni.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, e voi ci dicevate ‘estremisti’ mentre vi lasciavate accompagnare nell’abisso da un criminale eversore, e mi verrebbe da ridere se non ci fosse davvero da piangere.

Il self made man con la naturale propensione a delinquere

A proposito di clima d’odio: mandano dei proiettili ad un pm che guardacaso si sta occupando di un processo che vede imputato silvio berlusconi forse, e anche, perché dei politici fra cui il ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio vanno, nel giro di due mesi due volte, a manifestare contro la Magistratura?  non dico il pd che ormai non dà più segni di vita propria ma almeno Napolitano, da bravo capo del CSM avrà da dire qualcosa o starà zitto in nome della pacificazione nazionale e dell’abbassamento dei toni?
Sono preoccupata. E non certo per quel clima d’odio di cui vaneggiano i politici e i giornalisti servi al seguito.
Sono preoccupata perché i veri produttori di odio hanno le mani libere.
Ecco perché ho scelto di non condividere la critica tout court nel merito della frase sulla furbizia orientale pronunciata da Ilda Boccassini.

Ci sono persone che vanno tutelate e protette anche da un loro errore.
Ricamare intorno alla Boccassini una polemica durata giorni su una cretinata come quella, a cui hanno partecipato anche autorevoli intellighenzie di sinistra è uno sbaglio da non fare mai.
Perché significa prestare il fianco a chi poi la “critica” per mezzo della minaccia mafiosa.

BERLUSCONI VERTICE DELL’ILLECITO

Nelle motivazioni della sentenza di Appello del processo Mediaset che ha confermato la condanna a
4 anni si legge di “un sistema portato avanti per molti anni” e “proseguito nonostante i ruoli pubblici”
LA CASSAZIONE SU RICHIESTA SPOSTAMENTO PROCESSI: “PURA DILAZIONE DEI TEMPI”

La Cassazione sul processo Ruby: “da Berlusconi accuse infamanti alle toghe di Milano”.

In Italia non c’è più un solo fatto legato alla criminalità pesante e alle mafie che non sia passato per la strada di silvio berlusconi.
Di diritto, di rovescio, di traverso e di nascosto lui c’è sempre.
Per liberarsi di lui c’è rimasta solo l’Alta Corte per i diritti dell’uomo; le vie legali, normali, democratiche sono finite, anzi, non sono mai nemmeno cominciate.

Il superprotetto dalle istituzioni e dalla politica; quello che, ad estrometterlo dalla politica per legge, come avrebbe dovuto essere da subito e da sempre, ci si fa una brutta figura, anzi, una figura ridicola, come c’insegna il bravo professor Monti.

E vediamo se anche dopo aver letto le motivazioni circa il processo mediaset qualche altro illustre luminare, qualche altra eccellenza bigia e grigia avrà il coraggio di dire che l’ineleggibilità di berlusconi è inopportuna perché la gente lo vota, no?
Servi: solo servi a disposizione di un delinquente.
Parassiti strapagati, gente che ha prodotto solo danni irreparabili e che ha la pretesa di ammantarsi con aggettivi pomposi: onorevoli, senatori, presidenti.

“Loro non cambiano”; aveva ragione Rosaria Schifani al funerale di Giovanni Falcone e della sua scorta fra cui il marito maciullati dal tritolo mafioso a Capaci.

Nessuno si è inginocchiato e nemmeno è cambiato, anzi sono tutti perfino peggiorati, se possibile.Questo è uno stato che abbandona gli onesti a vantaggio della protezione dei delinquenti; soprattutto uno.

Mandate via i figli, ve lo chiedo io in ginocchio.


Di minacce, molestie, del reale e del virtuale

 

Cara Boldrini, c’è una legge sullo stalking
eppure le donne continuano a morire

“C’è un vecchio detto, quello che è illegale offline è illegale online. La Rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare” [Stefano Rodotà].

Per accorgersi del disagio sociale c’è voluto lo ‘squilibrato’ con una pistola in mano, e perché qualcuno finalmente dicesse che le molestie e le minacce via web sono un problema tutt’altro che virtuale ci sono volute le molestie e le minacce all’eccellenza di turno.

Fino a due, tre giorni fa tutto andava benissimo com’era, centinaia, migliaia di persone subiscono quotidianamente fastidi di ogni genere in Rete, non solo le donne, ma nessuno si è mai posto il problema di pensare che forse i responsabili dei siti, dei portali e dei social network potrebbero e dovrebbero, anzi devono attivarsi affinché questo fenomeno venga ridimensionato e magari risolto. 

Insistere ancora sull’urgenza di nuovi provvedimenti e di nuove leggi oltreché fuori luogo sta diventando anche di cattivo gusto.
In Italia non c’è nessuna emergenza da contenere per mezzo di leggi speciali né di task force apposite, ci sarebbe solo l’impellente necessità di avere persone serie alle istituzioni che facessero rispettare finalmente quelle esistenti, che ci sono.

Adesso che c’è di mezzo la signora presidente della Camera il tema delle molestie virtuali è diventato materia di dibattito serio, il fior fiore dei giornalisti e dei sociologi si produce nel suo meglio, ovvero scrivere fiumi di parole utili solo a distrarre e a buttare un po’ di fumo negli occhi alla gente per quello che fino a due giorni fa era un argomento da pour parler. 

L’unico che ha detto e scritto cose serie e importanti, il professor Rodotà, non viene proprio considerato.

Quando, una decina d’anni fa ho iniziato ad occuparmi del problema e già allora scrivevo che a nessuno deve essere consentito oltrepassare i limiti nemmeno qui un sacco di gente mi diceva che sbagliavo, perché in fin dei conti quello che si fa per mezzo di un pc poi deve restare confinato in quell’ambito. 

Spento il pc risolti i problemi.

Mentre non è affatto così, non lo è nel male ma nemmeno nel bene: non siamo automi programmati per fare, dare e ricevere e poi dimenticarcene, le parole sono importanti, sempre, perché se è vero che non ammazzano possono però essere la causa di sofferenza e illusione.

Quando scrivevo che non mi sembrava corretto che qualcuno approfittando dell’anonimato avesse la possibilità di offendere gente nel suo personale più stretto, la famiglia, i figli, gettare discredito sulla sua persona mi consideravano un’aliena sul genere di “ma che vuole questa che pretende rispetto anche in un ambiente effimero, falso come il web?”

Mentre tutte le persone che sono qui dentro sanno benissimo che non c’è proprio niente di effimero e nemmeno di falso: le minacce, i ricatti, gente che approfitta di una confidenza fatta in un momento di debolezza per mettere qualcuno alla berlina e costringere una persona a nascondersi più del dovuto fino a sparire, il web è anche questo, sono una realtà vista e vissuta da tantissime persone, me compresa. 

Chi mi molestava e mi perseguitava [e non è ancora finita, c’è sempre qualcuno che lascia tracce di sé sulle strade virtuali percorse da me] non lo faceva perché sono una donna, non era una questione di genere, ma proprio perché sono io,  lo faceva per le mie idee, per il mio modo di esporle, per la mia capacità di saper catturare attenzione, quindi nulla a che fare con la persona virtuale ma proprio e solo con la mia persona.

Quando, grazie all’abominio delle segnalazioni anonime, l’unica cosa che dovrebbe essere abolita ma che invece viene utilizzata come mezzo di contrasto all’abuso fino ad essere diventata proprio l’abuso – bastano quattro o cinque persone che si organizzano e può succedere di tutto – mi è stato tolto un blog che piaceva l’intenzione non è stata quella di far sparire semplicemente quel blog ma proprio me. 

Quindi quelle cinquecento persone al giorno che entravano anche e solo per leggermi hanno dovuto accettare la sua sparizione perché quattro, cinque, dieci persone avevano decretato la fine di quel blog.

Ma tutto questo e molto altro di quel che può accadere ad una persona in Rete non è mai stato un problema, non lo è stato per le varie associazioni di tutela dei consumatori alle quali mi sono rivolta invano per riavere quel blog i cui materiali inediti e personali non mi sono mai stati restituiti in base ad un regolamento che non saprei come definire, e nemmeno per la legge: invito e sfido chiunque a provare a fare una denuncia regolare per stalking virtuale per vedere che succede: niente, praticamente, esattamente come per quello reale.

E non era un problema nemmeno per i responsabili di quella piattaforma dove avevo il blog che non hanno mai ritenuto opportuno tutelare uno dei suoi “prodotti” migliori impedendo le molestie ma trasformandole anzi in un’occasione da share, le cose che più fruttano nel web sono il pianto e la chiacchiera, e nessuno ha mai pensato che quel che accade nel virtuale è qualcosa che si deve risolvere nel reale finché in questo troiaio non è andata a finire Laura Boldrini.
E questa è solo l’ennesima conferma della miseria di questo paese, dove anche essere tutelati legalmente per essere rispettati in quanto persone è un privilegio invece di un diritto.

 

La sensazione, forte, è che Laura Boldrini sia una donna confusa. Che sia stata inghiottita dal vortice di controindicazioni naturali e innaturali, lecite e illecite, sgradevoli o schifose che un incarico pubblico e la conseguente popolarità si portano dietro. E che la poca lucidità del momento, le impedisca di distinguere il becero dal pericoloso. Non è quindi un caso, il fatto che non riesca mai a dare il famoso nome giusto alle cose, ma che le cose, le marchi puntualmente col timbro sbagliato o le infiocchetti con un’enfasi inappropriata e l’immancabile spruzzata di retorica abbinata alla faccia contrita e la voce sofferente che la rendono pericolosamente somigliante alla goffa Charlotte di Sex and the city. Intendiamoci. Stimo la Boldrini, ammiro il suo percorso e le sue battaglie (e del resto ha un medagliere che neanche Yuri Chechi) , ma l’impressione è che gestisca il tutto con il terrore maldestro di chi la sera, nel silenzio della sua camera, recita ancora il mantra “Napolitano, Napolitano, Rodotà, Napolitano” per riuscire a prendere sonno. I primi nomi sbagliati alle cose li ha dati con Preiti. Va bene l’empatia col paese, va bene l’umanità, la solidarietà con la classe debole e sfiduciata, va bene pure la demagogia low cost da cui i politici attingono che neppure i Baci perugina da Paolo Coelho e viceversa, ma scomodare i concetti di “emergenza sociale” e “vittime che diventano carnefici”, per confezionare un movente sociale a un delinquente più preoccupato delle risposte di un videopoker che di quelle dello Stato, mi è parsa una forzatura retorica e involontariamente ingiusta. Ingiusta nei confronti dei tanti italiani inginocchiati dalla crisi che non giocano al tiro al piccione, ma vivono di umiliazioni e sacrifici silenziosi o rabbiosi ma pacifici, perché l’orrore della disperazione è una cosa ben diversa dell’orrore vile di un gesto criminale senza neppure la dignità di un movente. Apprezziamo lo sforzo perfino rivoluzionario di responsabilizzare lo Stato dopo secoli di deresponsabilizzazione compulsiva, ma non vorrei che ora la Boldrini si accollasse anche le colpe dell’infortunio di Zanetti e della rottura tra Biagi e la Pedron. Ma il presidente della Camera, sbaglia ancora di più a dare il nome alle cose, nella questione che riguarda il web. Quello che le capita (gli insulti, le minacce, il fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista) non le capita perché, come da lei dichiarato “Quando una donna riveste incarichi pubblici si scatena contro di lei l’aggressione sessista e che sia semplice innocua , gossip o violenta, assume sempre la forma di minaccia sessuale”. Le capita perché il web è il far west e il fatto che lei lo scopra oggi, solo per questioni che la toccano da vicino, è abbastanza sconcertante. Chiunque abbia una minima confidenza con social, forum, blog e qualsiasi spazio virtuale in cui anche l’ultimo dei subumani ha diritto di parola, sa bene che minacce, insulti, turpiloquio, ferocia verbale e imbecillità varie ed assortite sono il pane quotidiano. Sa bene che non è un problema di sessismo. (e qui la Boldrini sbaglia ancora parola) E’ un problema più irrimediabilmente cosmico, trasversale e universale : si chiama ignoranza. E tutto lo schifo che nel mondo virtuale trova ospitalità, dal fotomontaggio della Boldrini stuprata da un nero a Berlusconi impiccato a un albero, dalle minacce di morte a Alessia Marcuzzi per il Grande fratello a quelle per cui Rudy Zerbi per Amici, è riconducibile sempre e solo a quella parola: ignoranza. Alimentata da frustrazioni varie, invidia sociale, megalomania da anonimato, odio classista, imbecillità pura e distillata. La Boldrini dovrebbe farsi un bel giro su Internet e leggere i commenti su tanti colleghi maschi. Scoprirebbe un mondo. E probabilmente dovrebbe cominciare a parlare pure di maschicidio, oltre che di femmicidio (che è una piaga, ma la cui linfa non è il web, mi creda signora Boldrini) Ma soprattutto, mi chiedo dove fosse la Boldrini, una donna abituata a pensare alla comunità, ai deboli, agli invisibili, quando la ferocia del web e dei commenti spietati su facebook spingevano al suicidio la quindicenne di Novara o il ragazzino gay di Roma. Sono cose che si dovrebbero sapere, che si rivestano o no incarichi pubblici. Mi chiedo come mai si renda conto solo oggi, di cosa sia il web. Di quanto possa essere uno strumento meraviglioso, ma anche barbaro e incivile. E mi chiedo ora se gli inquirenti e la polizia postale che hanno provveduto a rimuovere le minacce, gli insulti e i fotomontaggi a lei dedicati, saranno altrettanto solerti e rapidi nell’agire per difendere serenità, moralità e dignità degli altri milioni di italiani e italiane in balia del web. Perché le leggi esistono. Esistevano pure prima. Il problema è che se io o l’ultimo degli utenti proviamo a sporgere denuncia per un insulto o una minaccia su facebook, è piuttosto improbabile che il giorno dopo la polizia trovi il mittente e faccia irruzione a casa sua come fosse una cellula di Al Qaeda. E poi siamo onesti. La faccenda del fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista racconta più di ogni altra cosa la totale impreparazione di questa donna di fronte agli eventi che le stanno capitando. Li’ il sessismo non c’entrava un bel niente, e lo dico da donna continuamente bersagliata sul web da insulti beceri di maschi repressi e femmine sceme. Ci sono fotomontaggi di mille politici uomini sul corpo di Siffredi, la faccia di Berlusconi è stata incollata al corpo di chiunque, da quella di Schwarzenegger a quella dell’orango tango e nessuno ha mai mandato le forze dell’ordine a mo’ di teste di cuoio a casa del killer del photoshop, come ha fatto lei col povero giornalista reo di aver pubblicato il suo ritratto versione milf nudista. Che poi diciamolo: non era neppure così male, in quella versione, la Boldrini. Io fossi stata al posto suo, avrei lasciato il dubbio. Non per niente, qualche giorno prima lo stesso scherzetto l’avevano fatto alla Merkel (la sua faccia sul corpo giovane di una bagnante nuda) e Angela s’era ben guardata dallo smentire, figuriamoci dal mandare la polizia a casa di qualcuno. E dopo che abbiamo visto le sue foto a mollo nelle terme di Ischia abbiamo anche capito il perché. Sempre più furbi di noi, i tedeschi. P.s. battuta un po’ sessista Boldrini, ne convengo. Ora però non mi mandi le teste di cuoio a casa che ho appena lucidato il parquet, grazie.

Selvaggia Lucarelli

Laura Boldrini, le leggi speciali, e quella irresistibile voglia di censura

Sottotitolo: «la persona che utilizza Internet ha la facoltà di scelta. Che Internet diventi materiale per la felicità o per la sofferenza dipende dalla mente. La mente viene prima dell’oggetto esterno» [I monaci del Monastero Namgyal, monastero personale del Dalai Lama].

Se la mente è bacata si può mettere tutto in mano al suo proprietario, e ne farà sempre un uso sbagliato.

Che sia un’automobile, un utensile da cucina, un martello per piantare chiodi se ad usare queste cose sono cervelli bolliti tutto diventa una potenziale arma, anche per uccidere e uccidersi.  Se il limite di velocità in autostrada è di 100, 120 Km l’ora, perché si continuano a fabbricare automobili che raggiungono i duecento, duecentocinquanta? smettessero allora di fabbricare macchine che superano i limiti consentiti dalla legge, oppure armi fatte apposta per uccidere.

Preambolo: Laura Boldrini si è espressa dietro la spinta di un problema personale, che, sebbene sia diffuso come lo è la molestia e la minaccia  virtuale non riguarda tutti e non riguarda solo le donne.

E non c’entra nulla soprattutto la violenza sulle donne.  

Nessun problema è stato mai risolto con la censura e il proibizionismo. 

Anche questo è un passaggio culturale al quale devono contribuire tutti, gestori, responsabili di siti, piattaforme e social network, utenti semplici.

 Sono anni che mi batto per il diritto al rispetto in Rete, per un uso consapevole del web che si potrà raggiungere solo il giorno in cui tutti applicheranno anche qui le norme, elementari, di buona educazione come si fa abitualmente nel posto di lavoro, in famiglia e con gli amici.

Nessuno potrebbe minacciare e insultare qualcuno ‘de visu’ e pensare di farla franca, qui sì, succede,  e invece non deve.

 Il dramma invece è che in Italia  non vengono rispettate le regole e le leggi nel virtuale ma nemmeno nel reale, l’apologia del fascismo è un reato solo sulla carta, di fatto non vengono mai sanzionati tutti quelli che virtualmente o realmente ripropongono i teatrini in stile ventennio.

L’odio non è di per sé un reato, è un sentimento, proprio come l’amore. Sono le manifestazioni ispirate dall’odio ad essere punibili quando sfociano nella violenza, chi l’ha detto che io non posso odiare chi mi pare se ne ho voglia?

il reato è l’istigazione alla violenza, al razzismo, alla xenofobia e omofobia, l’apologia del fascismo, non l’odio.

Allora facciamo rispettare le leggi che ci sono, quelle che qualcuno più lungimirante dei nuovi padri della patria avevano previsto, invece di pensare ad una legge speciale, ad personam, salvaboldrini.

Fa notare  Alessandro Gilioli  sulla sua pagina di facebook che per Boldrini la procura si è mossa con encomiabile tempestività mentre il sito che pubblica le mail private dei parlamentari grillini è on line senza soluzione di continuità di dieci giorni –  giusto ieri ne ha spiattellate altre dozzine, e che in Italia se sei una donna e sei oggetto di insulti sessisti e minacce via Internet, i casi sono due: se sei una studentessa, una casalinga, un’impiegata o una commessa, fai la coda alla polizia postale e non ne saprai più niente per il resto dei tuoi giorni – o magari finché qualcuno non ti ammazza, se sei il presidente della Camera, fai una bella intervista a Repubblica e immediatamente la Procura apre un’inchiesta.

Boldrini e il controllo

web. Ma la legge c’è

Web e anarchia, lettera aperta a Laura Boldrini

Quando qualche giorno fa un’amica mi aveva mandato in via privata su facebook  un link ad un sito di controinformazione pensavo che fosse l’ennesima bufala circolante in Rete, una di quelle che basta che la condividano in due o tre, perlopiù senza nemmeno verificarne contenuto e credibilità che subito viene ripresa da decine di utenti. 
E invece era tutto vero.

Neli link si riportava la notizia di pattuglie di polizia inviate – senza nessun mandato specifico, alla stessa stregua del blitz a sorpresa per catturare il superlatitante mafioso – per conto della presidente della camera nella casa privata di un cittadino colpevole di aver divulgato per primo il fotomontaggio della falsa Boldrini nuda su una spiaggia.

Al tempo, quando quella foto girava tranquillamente in tante bacheche  avevo scritto che non mi piaceva e continua a non piacermi l’idea che tanta gente non capisce che bisogna distinguere il pubblico dal privato che riguarda un personaggio politico, che c’è un privato che quando non nuoce a nessuno deve essere protetto e tutelato, dunque anche il diritto di una signora, se lo desidera e le piace, di potersi mostrare nuda su una spiaggia, il che non sottintende certamente che della sua voglia di esibizionismo debba poi goderne tutto il pianeta.

I giornali di ieri riportano la notizia secondo cui lo scorso 14 aprile, quando Laura Boldrini aveva scoperto il fotomontaggio su facebook in cui compariva una donna nuda spacciata per lei la polizia postale ha disposto il sequestro delle foto diffuse in Rete e la rimozione della fotografia, dunque nello spazio di poche ore è stata aperta un’indagine, le forze dell’ordine hanno provveduto al sequestro del materiale direttamente dal computer in casa dello sventurato manco si fosse trattato di materiale pedopornografico. 

Naturalmente dallo staff della Boldrini hanno smentito qualsiasi interesse “personale”: pare che a far partire la denuncia sia stato il personale di polizia di Montecitorio senza alcun intervento diretto della presidenza. 

E mi piacerebbe sapere sulla scorta di quale sentimento o richiesta di intervento la polizia interviene anche senza previa denuncia che richieda quell’intervento, Boldrini avrebbe potuto anche avere in mente di lasciar correre e attendere che la questione si spegnesse così come tutto in Rete perde di interesse nello spazio di qualche ora o al massimo qualche giorno. 
La Rete conserva ma molti dei suoi fruitori dimenticano in fretta di tutto.

Ma Laura Boldrini non si è limitata a questo, ha chiesto e ottenuto – pare che sia per ora solo un’ipotesi ancora allo studio – la concessione di una squadra di sette agenti preposti unicamente a monitorare i contenuti web che riguardano solo lei, quindi distratti da altre indagini che riguardano i cittadini comuni che non sono affatto esenti da minacce e offese in Rete, anzi.

Tutto questo inserito in un decreto d’urgenza firmato da Luca Palamara, l’ex presidente dell’ANM. 

Il decreto prevede anche il sequestro preventivo tramite oscuramento di tutte le pagine web in cui sono inseriti riferimenti su di lei. 

Naturalmente tutti i cittadini in presenza di qualcosa che ritengono offensivo, pericoloso per la loro incolumità, sicurezza, hanno il diritto di rivolgersi alle forze dell’ordine chiedendo tutela per sé e per le persone care, nella fattispecie figli ancora minorenni che potrebbero subire un danno psicologico nel vedere immagini cruente o volgari delle loro mamme anche se ricavate da fotomontaggi.

Di tutta questa storia stupisce però la sveltezza con cui questa pratica è stata avviata e il sostegno immediato di Pietro Grasso, che da ex magistrato dovrebbe sapere benissimo che non c’è bisogno di nessuna legge speciale visto che ce ne sono moltissime, normali, già sufficienti alla tutela delle persone.

E, a margine di questo penso che anche i figli della mussolini debbano essere tutelati dalla visione di foto volgari che riguardano il passato della loro madre ma che invece alla prima occasione vengono riproposte in Rete, e preservati dalla lettura degli insulti rivolti alla loro madre, che potrebbe essere la donna peggiore del mondo ma è appunto, la loro madre.

Così come questo diritto ce l’ha il figlio della santanché e generalmente ce l’hanno tutte quelle persone che vengono insultate, dileggiate, spesso fatte oggetto di minacce vere e proprie e non invece, semplicemente criticate per l’incapacità politica e professionale, per la loro disonestà politica e non ma per un “altro” che nulla c’entra né dovrebbe entrare con il loro ruolo pubblico e politico.

Laura Boldrini non è la più bella del reame e non può pretendere attorno a sé lo stato di polizia, la censura preventiva né nessuna legge “speciale”.

Se la politica di tre quarti del pianeta ha una paura fottuta della Rete un motivo, anche più d’uno,  ci sarà, se i regimi e le dittature ne inibiscono l’uso significa che tanto inutile non è, è pericolosa casomai per chi vuole impedire la libera diffusione/circolazione delle idee e di quelle notizie che “sfuggono” ai media tradizionali, quelli abituati a dover servire un padrone, anzi, IL padrone, se parliamo di Italia.

E se la politica spesso si scaglia contro la Rete ritenendola responsabile della qualunque, solo questa è  già un’ottima ragione per difenderla e continuare ad usarla.