Chi insulta ha sempre torto

Mauro Biani

“Tra l’avallare l’operato di una presidente della camera e augurarle uno stupro di massa, ci sono diverse sfumature, anche più di cinquanta, financo per coloro che hanno le suddette sfumature come unica lettura nell’ultima decade, e parlo della copertina, ovviamente.” Fabio

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Che in Rete si debba dare la parola a tutti e che non si possa togliere a chi ne fa un uso improprio, sconsiderato e violento è una leggenda metropolitana. Perché in Rete valgono le stesse regole del quotidiano reale, come ha spiegato benissimo il professor Rodotà. E a nessuno penso fa piacere essere preso a sberle e sputi in faccia appena apre la porta di casa per uscire. Perché la sensazione che vive sulla pelle, e in modo nient’affatto virtuale l’insultat* sistematicamente, puntualmente, quello che io chiamo il bersaglio grosso è esattamente questa. A Grillo nessuno augura che sua moglie venga stuprata e che i suoi figli vengano picchiati, gli si muovono critiche sull’operato spesso sbagliato, su un linguaggio spesso esagerato, e su questi temi si dovrebbe limitare la critica, la replica. Non andare oltre diventando poi più grave e pesante di quello che si vuole sottolineare ed evidenziare. Oggi esistono tutti i mezzi e i sistemi per tutelare i propri spazi web, strano che chi ha fatto di un blog il centro nevralgico della sua azione politica non ne abbia trovato nemmeno uno.

Rispetto all’imbecillità  di chi pensa che si possano portare avanti delle istanze serie riempiendo pagine web e social network di insulti, molti dei quali pesantissimi, a carattere sessista, minacciosi, coi quali si augura la morte violenta a qualcuno, si  riempie di parole indecenti una donna che avrà pure tanti difetti ma insomma, non è che si possono ammazzare tutti quelli antipatici o che agiscono in contrasto al nostro sentire, non basta il rimprovero bonario, la dissociazione o, come si fa coi bambini estorcere la promessa di non farlo più. E invece di stare ore a ripetere i ritornelli difensivi su chi c’entra e chi non c’entra, perché qualcuno c’entra ed è proprio Grillo che ha sciolto i cani e non ha nessuna intenzione di rimetterli a cuccia, sarebbe meglio per chi sta dentro il movimento, impegnarsi da dentro. Il mio obiettivo è e resta quello di far capire che, sebbene con modalità diverse tollerare, appropriarsi di un’inciviltà anche verbale significa non lottare ma mettersi al fianco di chi più o meno direttamente ha motivato certe reazioni. E in momenti come questi bisogna usare tutto il nostro equilibrio. Non pensare che in fin dei conti la parola è poca cosa rispetto all’affronto. Sono la prima a riconoscere che fra un gesto violento e la parolaccia c’è una differenza, ma questo non vuol dire approvare chi fa un uso sbagliato, pessimo delle parole.

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Nella mia bacheca di facebook ogni giorno discuto con qualcuno di quelli della critica tout court ai 5stelle, perché la critica pubblica, quali che siano le ragioni e il contesto in cui si fa bisogna che abbia delle basi concrete, altrimenti quelle critiche appaiono, come spesso sono, solo il pretesto per aprire polemiche, per rovesciare altri insulti, altre parole sbagliate, esagerate nella pubblica piazza della Rete. E siccome a me più della politica, di chi ha torto o ragione interessano le questioni di principio, che quando sono giuste devono valere anche per il mio peggior nemico, vorrei poter continuare a sostenere le cose che ritengo importanti senza dovermi sentire una complice di chi avalla e minimizza gli imbecilli che insultano e minacciano. Vorrei non dovermi pentire di essermi impegnata a restare coerente con le mie idee e non prendere mai le parti di nessuno ma di aver criticato solo quello che bisognava criticare. Di non aver interpretato come una mission contro questo o contro quello la mia presenza nei social network e nella Rete tutta.

Perché non è sbagliato dire che nei confronti dei 5stelle c’è stato un attacco arrivato da più fronti, soprattutto dall’informazione cosiddetta ufficiale, quella che dovrebbe permettere alla gente di potersi formare un’opinione il più possibile sana e riferita a fatti realmente accaduti ma che invece, data la sua non indipendenza dalla politica non può assolvere alla sua funzione ma deve, come si usa dire “attaccare l’asino dove vuole il padrone”.

Alla politica nel suo momento peggiore fa paura un movimento di gente estranea alla politica ma che finalmente parla con un linguaggio comprensibile e molte delle iniziative che si propone di rendere concrete sono quelle che la politica non ha mai affrontato. E siccome molte delle iniziative che i parlamentari 5stelle portano avanti sono giuste, una su tutte denunciare pubblicamente ciò che avviene in parlamento, sarebbe opportuno che si dissociassero dagli imbecilli anche quei sostenitori/elettori che coi delinquenti da tastiera non hanno niente a che fare. Che si emarginasse chi usa la Rete come un cesso pubblico.

E nemmeno è sbagliato dire che non sono stati Grillo e i 5stelle il motivo dell’innalzamento dei toni ma una situazione/condizione diventata nel tempo insostenibile, soprattutto per colpa di una politica scellerata che non ha mai risposto alle esigenze dei cittadini ma si è trasformata in quella macchina del potere citata da Enrico Berlinguer nella ormai leggendaria e purtroppo dimenticata intervista sulla questione morale. E lo ha fatto senza distinzioni fra destra, sinistra e centro.

Tutti i partiti, con modalità differenti ma uniti dal comune denominatore del mantenimento e della crescita del potere hanno fatto cose che noi cittadini non abbiamo gradito per il semplice motivo che ci hanno danneggiato. E non è sbagliato dire che in presenza di un’altra politica, seria e composta di gente seria in questo paese non ci sarebbero stati berlusconi [che non poteva proprio starci: per legge] né il movimento 5stelle in parlamento.

E non è sbagliato ricordare ciclicamente quali sono stati gli errori della politica.

MA

Tutto questo non giustifica nulla di quello che è avvenuto e avviene tutti i giorni fra le pagine di social media, siti on line dei quotidiani dove, in virtù di una presunta libertà di espressione c’è una stragrande quantità di persone che pensa che sia lecito trasformare la sua rabbia in violenza verso chi ritiene sia il responsabile del suo disagio, pensa che sia più costruttivo l’insulto che un’argomentazione pensata. Si convince, perché spalleggiata da altra gente, che l’insulto sistematico sia utile, che possa produrre chissà quale risultato positivo.

E non mi unisco al coro di chi pensa che  non si debba dare troppa importanza a quello che si scrive in Rete, che in fin dei conti che sarà mai, son parole e nei social network non bisogna prendersi troppo sul serio.

Io prendo TUTTO sul serio invece, a maggior ragione quando so di avere una responsabilità PROPRIO perché so che quello che scrivo sarà poi letto da altra gente che si farà poi un giudizio su di me prim’ancora che sulle cose che scrivo.

E a me non va  di essere accomunata all’imbecillità dilagante, quella che viene poi descritta da “autorevoli” opinionisti/giornalisti che criticano una cosa dimenticandosene altre diecimila, oppure quella che presta il fianco alla politica quando ogni tanto, ciclicamente s’inventa l’idea di di regole nuove che vogliono limitare la libertà di esprimersi nel web.

Perché poi in mezzo alla melma poi ci andiamo a finire tutti. Quando poi i giornaloni e le televisioni riportano le dichiarazioni indignate di quelli lì che fanno accordi col delinquente ma poi vengono a farci la morale e ce la impongono per legge non fanno il distinguo.

Parlano dei social network pieni solo di gente ignorante e pericolosa. Gente da fermare e impedire, e io non voglio essere impedita né fermata da questi imbecilli che pensano di essere bravi perché vengono a postare insulti in Rete. E gente più imbecille di loro pensa davvero che lo siano. Non mi va di essere associata a quelli che ritengo dei veri criminali che ogni giorno si connettono alla Rete scegliendosi il proprio bersaglio e su quello rovesciano la loro subumanità, inciviltà, andando a impiastrare pagine dove il fine non è discutere ma esclusivamente quello di unirsi in un’orda di barbari incivili che sono tutto il giorno e tutti i giorni a prendere di mira qualcuno, soprattutto una, in modo volgare, al limite – ma spesso anche oltre – della denuncia penale [che in qualche caso, anzi molti, sarebbe bene che arrivasse almeno qualcuno la pianta], pensando di fare qualcosa di utile o, peggio ancora divertente.

Perché questa non è più libertà: è violenza. 

 

Ercole e le stalle di Augia

Sottotitolo: “Si può – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital”

Allora si può.

Dopo Zagrebelsky, Barbara Spinelli e soprattutto Fausto Bertinotti che riscatta una carriera politica disastrosa prendendo il coraggio a due mani e affrontando la crisi dal suo vertice. Si può sfidare il Colle a giustificare il proprio comportamento inchiodandolo alle radici ideologiche della crisi economica. Ella come scrive Bertinotti può definire insostituibile questo governo solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell’Europa reale, le politiche di austerità. Eccola finalmente, squadernata, la verità indicibile. Che parte da Napolitano e scende per i rami dei vari Monti, Letta, Renzi, . La verità che non ha risposte nella replica del presidente se non la reiterazione ho il dovere di mettere in guardia il Paese e le forze politiche rispetto ai rischi e contraccolpi. Che vuol dire guardarsi indietro e non vedere i contraccolpi, la disoccupazione, il debito, i fallimenti, i suicidi, la svendita delle aziende sane, di quelle politiche. Talmente enormi che non vederli può solo voler dire che li si condivide.

Certo che si può, anzi, bisognava farlo prima, e lo dovevano fare anche quegli organi di stampa che quando si tratta di Napolitano sussurrano senza disturbare e quando si tratta di altri, uno a caso Grillo, strepitano che il buffone è un destabilizzatore di democrazia, mentre gli unici destabilizzatori di democrazia si chiamano pd, pdl e quella cosa insignificante che risponde al nome di scelta civica che li appoggia nel progetto criminale di ridurre l’italia da democrazia parziale a dittatura totale, però soft, così, sul lusco e brusco così la gente non se ne accorge, vede Napolitano, pensa che sia il presidente della repubblica e invece no, qualcuno, nei sotterranei dei palazzi del potere lo ha incoronato re ma, come va di moda adesso, a nostra insaputa.

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Ammazza-internet: in galera per le opinioni altrui

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Da cinque anni i governi di tutti i colori, lo ha fatto perfino quello cosiddetto tecnico stanno provando a legiferare per stringere sulla libertà di espressione/informazione in Rete.

Da una ventina, invece, nessun governo, di nessun colore, ha pensato fosse utile una legge seria sul conflitto di interessi dopo che la politica stessa ha consentito la partecipazione all’agorà della res pubblica di un abusivo, impostore e delinquente, che casualmente possiede la quasi totalità dei mezzi di comunicazione italiana suddivisi fra televisioni, giornali, case editrici e ha la possibilità di controllare di traverso anche quelli che non sono ufficialmente suoi.

Compreso il cosiddetto servizio pubblico.

Il vero problema per un potere che può godere di un esercito di yesmen che si credono giornalisti, sempre pronti a riverire ed esaltare qualsiasi cosa, soprattutto il nulla prodotto dalla politica e a nascondere quello che invece la gente è giusto che debba sapere a proposito della politica ma soprattutto di chi la rappresenta, spesso indegnamente, è la constatazione che dei comuni cittadini li possano smentire e ridicolizzare pubblicamente  in qualsiasi momento e a proposito di tutto.

Noi che facciamo blog e scriviamo sulle pagine dei social network al contrario di quei “giornalisti” pagati per scrivere falsità, cazzate e diffamare gente perbene non traiamo nessun profitto dalla nostra attività, scriviamo per il gusto di farlo, gratis. 
E ci vogliono punire per questo?

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Lo status quo obbligatorio –   Alessandro Gilioli

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“Le elezioni anticipate sono una grave patologia italiana”, dice Napolitano.

E naturalmente la terapia consiste nei governi imposti  da lui e da lui resi intoccabili con viva e vibrante soddisfazione. 

Non la corruzione, la politica, ladra, collusa con le mafie, non un delinquente e la sua teppa di venduti, fascisti, immorali disonesti che viene ospitato in parlamento come uno statista con tutto il suo corredo di imputazioni, reati, condanne: non una politica che ha distrutto l’etica, la struttura portante di civiltà e democrazia.

Non un paese impoverito, stremato, dalle privazioni che la politica impone per consentirsi la sua sopravvivenza a scapito della nostra.

La patologia non è avere gente in parlamento da trenta, quaranta, sessant’anni che sulla politica, ovvero sui cittadini che pagano tutto, anche il superfluo, ci ha campato di rendita senza dare un contributo anche minimo al miglioramento di un paese: sono le elezioni, ma pensa…siamo proprio degl’ingrati, ecco.

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Boldrini contro Grillo: “Insulta e distrugge. Rispetti le Camere”.

Grillo: ‘L’Italia una stalla da ripulire’
Boldrini: ‘Insulta e distrugge istituzioni’

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Boldrini se la prende di nuovo con Grillo esigendo più rispetto per il parlamento, quello della politica.

Vediamo: più rispetto per chi? per un parlamento che dopo aver mentito e tradito lo stato una prima volta, quando Ruby era la nipote di Mubarak ci ha rifatto un’altra volta votando la fiducia all’indegno vicepresidente del consiglio che agevola a sua insaputa, il che se fosse vero sarebbe pure peggio, la deportazione di una donna e di sua figlia di sei anni in una dittatura?  rispetto per un ministro dell’interno che va a manifestare davanti e dentro ai tribunali per sostenere la causa di un imputato sotto processo che il centrosinistra si è premurato di non sfiduciare in quel parlamento per non mettere in pericolo il bel governo del fare un cazzo?

Quale parlamento bisogna rispettare, quello che da diciotto anni non riesce a liberarsi della banda del bassetto e del bassetto stesso perché, per convenienza o perché gli interessi in comune sono molteplici ed esulano anche dalla politica ci si è aggrappato come la cozza agli scogli?

E, insisto, quale parlamento bisogna rispettare, quello che non vuole fare quelle leggi in materia di diritti perché non reputa necessario che in questo paese gli omosessuali, le lesbiche e i transessuali ricevano un trattamento da cittadini e non da borderline mendicanti anche del diritto di esistere?

Ad occhio, cara signora,  pare che alla camera, al senato, nel parlamento tutto intero e da un bel po’ anche al quirinale siano seduti e molto comodi financo, proprio quelli che più di tutti hanno disonorato il paese, in pensieri, parole, azioni ma soprattutto omissioni.
Altroché Grillo.

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Laide intese
Marco Travaglio, 25 luglio

Tutto si può dire dei fautori delle larghe intese, tranne che difettino di sense of humour. Anzi, sono spiritosissimi. Hanno riportato al potere B., l’hanno trasformato da sconfitto alle elezioni a padrone del governo e padre ri-costituente, e ora pretendono di combattere con lui la mafia, la corruzione, l’evasione, il falso in bilancio, il voto di scambio, il riciclaggio, le prescrizioni, l’omofobia, il Porcellum e persino il Kazakistan (già che ci siamo, perché non la prostituzione minorile?). 

Come portare al governo Rocco Siffredi e fargli scrivere la legge contro la pornografia. In qualità di esperto, di tecnico. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da ridere. Un anno fa la maggioranza centro-destra-sinistra approvava tra rulli di tamburi e squilli di tromba la mitica legge anticorruzione Severino che ora la stessa maggioranza centro-destra-sinistra vuole rifare da cima a fondo perché s’è accorta che l’altra non puniva il falso in bilancio, l’autoriciclaggio, depotenziava la concussione e non bloccava la prescrizione.

Ma già si sa che la nuova non passerà, perché la maggioranza è la stessa della vecchia. 

E qualcuno si meraviglia pure. L’ultimo stupore dei tartufi riguarda la legge sul voto di scambio. Oggi il politico che baratta voti con la mafia in cambio di favori, appalti, assunzioni, fondi pubblici agli amici degli amici non commette reato. Perché questo scatti, occorre che i voti li paghi in denaro, cash : cosa che naturalmente non fa nessuno (l’unico precedente, secondo gli inquirenti, riguarda quel gran genio di Vittorio Cecchi Gori). I mafiosi sono ricchi, ma abbisognano di “altre utilità” (proprio quelle che una manina cancellò all’ultimo momento dal testo del ’92).

Ora le “altre utilità” vengono inserite nella riforma frutto del compromesso Pd-Pdl-montiani sotto l’alto patrocinio del presidente ridens del Senato, Piero Grasso. Ma naturalmente è tutto finto. 

Fatto l’inganno, trovata la legge. L’escamotage che salverà gli scambisti ruota intorno ad altre tre soavi paroline: “consapevolmente”, “procacciamento” ed “erogazione”. 

La prima pretende che il giudice processi le prave intenzioni del politico votato dai mafiosi: il che, nel paese dell'”a mia insaputa”, è impossibile. Diranno tutti che non se n’erano accorti, o che la mafia li votava per simpatia. La seconda e la terza rendono insufficiente la promessa di voti dal mafioso al politico: bisognerà dimostrare che questi sono davvero arrivati (e come si fa? Si nascondono telecamere nei seggi?). 

Casomai, in queste strettoie, si riuscisse a far passare qualche politico colluso, ecco la soluzione finale: il riferimento al 416-bis, l’associazione mafiosa, per le modalità di procacciamento: non basta che il mafioso porti voti, occorre pure provare che l’ha fatto con metodi violenti e intimidatori. Se invece è stato gentile, con un’occhiata delle sue o un riferimento ai bei bambini dell’elettore, è tutto lecito. 

Cose che accadono quando si affida la legge sul voto di scambio ai politici che lo praticano da sempre o hanno addirittura fondato un partito col sostegno di Cosa Nostra. Ma in fondo è meglio così. In un paese dove a ogni indagine o arresto o processo su un qualunque politico delinquente scatta la rivolta dell’intero Parlamento e del 99 per cento della stampa contro la persecuzione, l’accanimento e i teoremi ai danni del Tortora reincarnato, inventare nuovi reati per i politici delinquenti non è solo difficile: è inutile. 

E dannoso. Costringe i magistrati e la polizia giudiziaria a spendere un sacco di tempo e soldi per incriminare altri politici delinquenti che poi, anche se condannati, verranno beatificati dai loro compari. Meglio depenalizzare anche i pochi reati dei colletti bianchi ancora previsti dal Codice penale, e saltare almeno un passaggio della costosa trafila. Oggi è più o meno questa: indagato, imputato, condannato, candidato (e spesso condonato).
Meglio semplificare: indagato, rinviato a giudizio, candidato, santo subito.

Di vilipendi, insulti, volgarità e, more solito, di bavagli

LEGGE BAVAGLIO, IL PDL CI RIPROVA
Ripresentato alla Camera il ddl Alfano

Ecco le telefonate che non leggeremmo

Depositate proposte di legge su intercettazioni, diffamazione a mezzo stampa e pene alternative
Fnsi: “Non staremo a guardare”. Epifani: “Tema non è priorità, centrodestra non alzi tensione”
INSULTI ALLE TOGHE, CSM: “INTERVENGA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CANCELLIERI”

[Il Fatto Quotidiano]

Beh, sì, effettivamente questa è una priorità di un governo di responsabilità, di scopo, in tutte le democrazie civili l’obiettivo, il primo punto delle coalizioni, delle larghe intese che si formano nei momenti peggiori della politica e di una crisi, talvolta di entrambe messe insieme, sono le leggi che hanno a che fare con la limitazione della libertà di informazione.

Napolitano senza commenti

22 persone sono indagate per “Offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica” dalla Procura di Nocera Inferiore. In sostanza sotto indagine per “vilipendio“, un termine che può racchiudere qualunque opinione, giudizio, valutazione ritenute offensive. Chi può essere al sicuro di un’eventuale denuncia per una critica al Presidente della Repubblica? Allora, per difendersi, l’unico mezzo è non scrivere più nulla. Bocche cucite. Dita bloccate sulla tastiera. Commenti oscurati.
Questo post, per evitare denunce a chicchessia sarà, per la prima volta nella storia del blog, senza possibilità di commento. In futuro, magari, diventerà la regola per tutta la Rete in Italia. [dal blog di Beppe Grillo]

Se brunetta attacca volgarmente  Laura  Boldrini  accusandola di cose che non ha detto né fatto e lo fa  in parlamento, nella sede preposta per eccellenza al rispetto delle istituzioni tutto va bene,  rientra nel normale esercizio della dialettica politica e del dissenso democratico, sepperò su un blog o in una pagina di un social network si fa qualcosa che potrebbe sì turbare ma che non è propriamente da derubricare a reato si rischia di ritrovarsi la Digos in casa in meno di 24 ore.

Un fotomontaggio, sebbene volgare è qualcosa che in moltissimi realizzano e pubblicano in Rete senz’aver mai rischiato e subito perquisizioni, sequestri degli hard disk  e denunce.

Chi ha diffuso la  foto osé  oggetto dello “scandalo” non è la stessa persona responsabile delle minacce violente  dedicate e recapitate  alla presidente della camera.

E, a proposito di diffamazioni: il sindaco di Salerno definì il vicedirettore del Fatto Quotidiano “grandissimo sfessato” e disse di “aspettare di incontrarlo per strada al buio”, durante un comizio organizzato dal Partito democratico nel 2010.

Travaglio, De Luca condannato per diffamazione. Dovrà pagare mille euro

 I mille euro sono la sanzione, il risarcimento dovrà essere quantificato in un secondo momento.

 Si è formata, nelle ultime settimane, una scuola di cascatori dal pero, come se prima le volgarità, gl’insulti e le molestie via web facessero parte di un altro mondo. Ho scritto fiumi di parole nel merito e le ho scritte da persona informata dei e sui fatti, avendo subito molestie e offese per anni, delle quali non è fregato niente a nessuno, nemmeno alle autorità.

Forse perché non mi chiamo Laura Boldrini? ma Rodotà è stato chiarissimo:”quello che è ILLEGALE off line deve esserlo anche on line”. 

 Illegale non vuol dire di cattivo gusto, ecco.

E se adesso nel paese dei balocchi sono entrate anche le eccellenze pazienza, decideranno come abbiamo deciso noi quali posti frequentare e quali  evitare per non essere il bersaglio di nessuno. E fra l’altro frequentare siti on line e social network non lo prescrive nessun medico.

Non mi sembra proprio che il blog di Grillo possa vantare l’esclusiva dei disturbatori cibernetici.

Come al solito l’obiettivo è tentare di imporre l’ennesima legge censoria  contra personam, ovvero contro chi vorrebbe ancora poter continuare a dissentire, perché poi nella rete tesa alla Rete e all’informazione in generale, specialmente a quella esercitata da  chi  ancora cerca di tenere la schiena dritta  ci andiamo a finire tutti, mica solo quelli che insultano e diffamano davvero.

E, per non dimenticare, Napolitano in persona  ha graziato sallusti oltre tutte le regole costituzionali che prevedono che il graziato abbia scontato almeno una parte di pena,  sallusti, recidivo, sette volte denunciato per diffamazione, l’ultima quella famosa circa la responsabilità oggettiva dopo quello che aveva pubblicato sul giornale del padrone scritto da farina, a sua volta radiato dall’albo.

Il PM Cocilovo subì delle minacce di morte in seguito a quegli articoli, e per ben sei anni, non 24 ore ha aspettato delle scuse, una rettifica che non sono mai arrivate.

Ma come si fa ad essere così ipocriti?  è così che si garantisce l’uguaglianza e si rispetta la Costituzione?

Il concetto di amore per la bandiera e lo stato è strettamente connesso a chi rappresenta quella bandiera e  lo stato da istituzione.
E finché a rappresentare quella bandiera sarà gente del calibro di quella che è toccata a questo sfortunato paese non ci si può meravigliare se qualcuno poi non riesce proprio ad essere rispettoso coi simboli della repubblica italiana.
L’ultimo mio pensiero è difendere un nazionalismo di facciata; un paese, lo stato si difendono prima di tutto rispettando la Costituzione e la legge, ma se i primi a non farlo sono proprio quei rappresentanti delle istituzioni come si fa poi ad essere severi con chi si adegua e pensa che, tutto sommato, se un presidente della repubblica se ne può fregare di tante cose che riguardano lo stato e la sua difesa semplicemente ignorandole, facendo finta che non siano accadute tipo l’orrenda performance del pdl  di Brescia contro la Magistratura chi siamo noi per doverci comportare meglio di chi dovrebbe dare l’esempio, un buon esempio? cos’è vilipendio, dire o scrivere una parolaccia su un blog oppure consentire a un delinquente per sentenze di tenere un paese sotto scacco per vent’anni con la complicità della politica e delle istituzioni?
Perché la domanda è questa, è solo questa.

Per me il reato di vilipendio può continuare ad esistere, abbiamo  ancora leggi che s’ispirano al regio decreto fascista figurarsi che fastidio dà un articolo di meno o di più, quello che non va bene è che venga poi considerato a discrezione. Nessuno ha incriminato gli esponenti della lega quando, anche da ministri andavano nelle piazze a saltellare al ritmo di “chi non salta italiano è” e quando in più di un’occasione hanno oltraggiato lo stato.

Adesso si vuole dare la responsabilità di tutto a Grillo, perché fa comodo così, perché è l’uno contro i tutti che lo vogliono abbattere.

E non parlo da elettrice 5s ma semplicemente da cittadina che osserva quello che è impossibile non vedere.

Se dovessimo denunciare noi cittadini ogni volta che veniamo insultati, oltraggiati dai politici, ogni volta che il presidente della repubblica agisce in modo non proprio corretto e non dimostrando di essere quel garante super partes che dovrebbe essere saremmo ogni giorno in qualche procura a fare la fila.

Nota a margine: sul sito di Repubblica l’arresto del presidente della provincia di Taranto viene dopo tutto, ma dopo dopo, perfino dopo quello delle maestre che maltrattavano i bambini; non che questa sia una notizia che non merita attenzione ma insomma esiste, o almeno dovrebbe, una gerarchia d’importanza anche nell’esposizione delle notizie su un sito on line.
Evidentemente Repubblica ritiene poco importante, una notizia di secondo e terzo piano se un presidente di una provincia commette un reato come la concussione per favorire chi avvelena l’aria e fa morire la gente di tumore.
Ma io penso che, come sempre, le cose siano molto più semplici di quel che sembrano: Repubblica da molti mesi evita accuratamente di informare circa gli svarioni, gli errori, le sesquipedali stronzate dette e fatte da quelli del partito che non c’è più come fece con la dichiarazione di Letta jr circa la sua preferenza per b rispetto ai 5s rivelatasi poi più che un’opinione personale  una previsione in piena regola che si è perfino avverata.
La qual cosa si può anche fare, solo però si dovrebbe abbandonare la presunzione di essere un giornale di e per tutti.

ArrestyPd 
Marco Travaglio, 16 maggio

Mettendo insieme tutti i “casi isolati” di esponenti del Pd nei guai con la giustizia, tutti i “compagni che sbagliano” beccati negli ultimi mesi viene fuori un quadro spaventoso. Che però spiega benissimo perché il vertice del partito non ha fatto alcuna fatica ad andare (anzi, a tornare) al governo con Berlusconi, dopo aver espulso dalla coalizione Di Pietro e tenuto a debita distanza Ingroia. Mentre la base e gli elettori vomitano, i massimi dirigenti hanno l’aria estasiata di chi assapora la Sacher Torte. Ora, per qualche ora, si parlerà della questione morale nel Pd di Taranto dopo l’arresto dell’ennesimo esponente al servizio dei Riva, il presidente della Provincia Giovanni Florido. Poi si dirà che in fondo l’han solo messo al gabbio, c’è la presunzione d’innocenza, aspettiamo fiduciosi la Cassazione fra una dozzina d’anni. Anzi, come fa notare a Ballarò parlando del processo Ruby il capogruppo Roberto Speranza, ultimo pollo di batteria uscito dalle serre bersaniane, bisogna separare la politica dalla giustizia, e poi sono altri i veri problemi degli italiani (già, peccato che da vent’anni i governi e i parlamenti non possano occuparsi mai dei veri problemi degli italiani perché sono appesi alle mazzette e al pisello del Cainano). L’espressione “questione morale” suona ormai vuota: non basta più a descrivere la devastazione culturale, politica, etica, perfino semantica di un partito che non ha mai nulla di suo da dire su nulla, e dunque prende a prestito le parole del presunto avversario. È uno sterminio di pensieri e linguaggi che non riguarda solo il vecchio e bollito politburo che è riuscito a perdere le ultime elezioni già vinte, a fumarsi il padre fondatore Prodi, a lasciarsi scappare il treno di Rodotà, a tradire gl’impegni elettorali, a rispedire al Quirinale un signore di 88 anni che le dà sempre vinte a B. e dai tempi di Craxi si diverte a demolire ciò che resta del suo partito, infine a infilarsi nella trappola del governo Letta comandato a bacchetta da B. Ma investe, quello sterminio, anche il cosiddetto rottamatore Renzi, delle cui intenzioni nulla s’è capito durante le presidenziali e le consultazioni per il governo. Avete mai sentito qualcuno dei vecchi o dei nuovi, da Renzi a Barca, dire qualcosa sulla qualità deprimente della classe dirigente al Sud, dove – a parte il pozzo nero di Taranto e dintorni– regnano ras screditati come il governatore lucano De Filippo (mezza giunta arrestata) e il suo degno predecessore Bubbico (appena promosso ministro), il sindaco di Salerno De Luca (appena promosso viceministro), il capataz di Enna Crisafulli (escluso dalle liste solo grazie alla battaglia del Fatto , e fra le proteste dello stato maggiore del Pd siciliano)? E, per salire al Nord, qualcuno dice qualcosa sui pizzini di Penati, ex capo della segreteria di Bersani, ora che si apre il suo processo per tangenti? Passano i segretari e le glaciazioni, ma ancora tocca leggere Violante, che nel giorno della requisitoria Ruby non trova di meglio che annunciare ad Avvenire “la riforma della giustizia”, anzi dei giudici: non dice una parola sui tempi biblici e sulla piaga delle prescrizioni, ma vuole “studiare i sistemi con la discrezionalità dell’azione penale come quello francese” (dove i pm dipendono dal governo) e soprattutto far giudicare i magistrati in appello da una corte disciplinare formata per due terzi da politici. Poi aggiunge che le sentenze non devono “ostacolare il governo” e “l’alleanza non può dipendere dalle sentenze”. Cioè, se una sentenza stabilisce che B. è un “delinquente” specializzato in frodi fiscali, un partito che si rispetta che fa? Se lo tiene al governo e gliene lascia pure le chiavi. E l’interdizione dai pubblici uffici? “Se il problema si porrà, in quel momento potrà essere esaminata la situazione”. E, di grazia, come si “esamina” un’interdizione? La si ignora per “non ostacolare il governo”? Idea per il movimento OccupyPd: occupy pure Violante.

En passant

Libertà di stampa, l’Italia precipita al 61° posto.

La classifica di Reporter sans frontier: nel 2010 era al 50°.
Anche gli Usa perdono terreno: dal 20° al 47°.


Reporter Senza Frontiere
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Grillo: “70 giornali a rischio chiusura
Una buona notizia. Raccontano balle”

Se non possiamo ambire ad una libertà di informazione totale ma, stando ai dati circa la libertà di informazione in Italia che ci mettono insieme o addirittura sotto a paesi da cui dovremmo stare invece lontani anni luce nemmeno parziale dunque assolutamente insufficiente, perché dobbiamo continuare a pagarla come se fosse buona? tutti quelli che oggi strillano contro il fascista Grillo il quale esulta se chiudono testate che nessuno compra e legge ma che servono soltanto a spillare soldi dei contribuenti  hanno soldi da buttare? beati loro. 

Di conflitto di interessi nessuno parla più, questo paese è potuto sprofondare anche, soprattutto anzi, grazie alla mancanza di una vera sentinella del potere quale dovrebbe essere il giornalismo, la maggior parte del quale ha invece deciso scientemente di servire il proprio padrone di riferimento e oggi bisogna leggere che Grillo è fascista perché esulta se chiudono giornali pagati anche coi miei soldi che nessuno compra e legge? se i signori editori non vogliono correre il rischio di chiudere bottega imparassero a stare sul mercato offrendo un servizio migliore, decente, non asservito, e a chiedere insieme alla società civile che il conflitto di interessi venga rimesso sul tavolo della discussione politica e risolto, invece, per esempio, di sprecare energie per difendere diffamatori recidivi.
In un paese dove si taglia su sanità e istruzione, dunque sul necessario è semplicemente ridicolo che si continuino a buttare milioni di euro per finanziare il superfluo dunque il nulla.
O i lavitola.

Il problema non è analizzare quello che Grillo dice e trovare altri spunti per attaccarlo.
Esiste o no un problema legato all’informazione? esiste o no un gigantesco e insopportabile conflitto di interessi mai voluto risolvere da nessun governo?
L’informazione non è in pericolo se chiudono dispense sull’equitazione o su quant’è bello giocare a boccette da Canicattì a Bolzano.
L’informazione continua ad essere un pericolo per com’è gestita ad alti livelli, diventa un problema quando non informa ma si trasforma in cavalier servente del potente e pre-potente.
Quando non fa servizio pubblico pur essendo pagata dal pubblico, e sono queste cose che poi spingono la gente lontano dalla politica cosiddetta tradizionale.
Qualcuno dovrà rispondere in un tribunale o davanti alla storia sul perché non è stato voluto risolvere il conflitto di interessi, sul perché un paese come l’Italia, democrazia occidentale abbia potuto occupare posizioni in fatto di libertà di stampa pari o addirittura inferiori a paesi che almeno non si ammantano di aggettivi pomposi come “democrazia”.

Compleanno

Sottotitolo: la mia stella continua ad essere rossa. Ed è dentro di me, non ho bisogno che qualcuno me ne dia una scolorita su una pagina web per potermene vantare con degli sconosciuti.

Oggi è l’anniversario del mio ban da quella ridicola piattaforma che si fa chiamare Libero.

Un anno fa più o meno a quest’ora entravo nel blog per rispondere ad un commento e sorpresa delle sorprese, il blog non c’era più.
La Locanda Almayer, di cui si parla ancora in Rete dopo un anno dalla chiusura forzata che ha dovuto subire non è stato chiuso perché violasse davvero le regole ma semplicemente  perché un gruppuscolo di decerebrati si era organizzato per segnalarlo ad oltranza.  Una brutta storia di squadrismo virtuale avvenuta in un posto chiamato LIBERO. Un blog dove si fa qualcosa di serio, piacevole e intelligente  non può essere ospitato dove la serietà non è prevista; dove le linee editoriali le dettano il gossip, i glitter,  tette e culi, argomentoni come la cellulite delle attricette o l’ultima storia di corna che riguarda l’ambiente cosiddetto ‘vip’.
Il blog dove è stato organizzato il tutto è ancora on line proprio in quella  piattaforma.

Centinaia di persone si erano accorte di tutto meno i preposti al controllo, dunque dopo tre anni di molestie, stalking, persecuzioni ai miei danni e a quelli dei miei ex ospiti, tre anni di imitazioni di nick che si ripropongono come le peperonate della sera prima e che continuano ad inseguire gente di dove in dove il premio per chi subisce è il ban anziché le scuse di uno staff di incapaci che non sa riconoscere la vittima dai carnefici a dispetto di quell’uso civile di uno spazio pubblico  dietro al quale la signora responsabile dello staff degl’incapaci di cui sopra  ha dovuto nascondere l’enorme vigliaccata che ho dovuto subire, l’alibi per giustificarsi con chi giustamente per settimane, mesi, ha chiesto spiegazioni sul perché un blog ben fatto, letto e seguito, frequentato da gente perbene fosse sparito così da un minuto all’altro mentre  altri blog che davvero violano regole e decenza, blog dove si fanno apologie di fascismi e razzismi, continuano ad essere ben presenti e visibili in quella piattaforma. 

E insieme al mio ne sono spariti almeno altri quattro colpevoli di aver dimostrato solidarietà,  visto che in un posto chiamato scherzosamente Libero gli utenti non hanno neanche la possibilità di informare i loro conoscenti del perché un blog  all’improvviso non sia più visibile e leggibile. E per tacere anche degl’innumerevoli [decine e decine in giro per altri blog] post fatti sparire prudentemente affinché nessuno potesse ricostruire la storia dell’infamità più disgustosa che sia mai avvenuta in una piattaforma virtuale compiuta da gentaglia che  mentre io mi occupavo dei fatti miei,  ero in vacanza in Costa Smeralda era davanti ad un computer a trafficare con un tasto abuse giorno e notte per settimane.

Malati mentali, rifiuti subumani che non dovrebbero trovare residenza in nessun contesto, figuriamoci in un contesto “Libero” e civile.

 Gente cattiva, arida, miserabile che accusa gli altri di non avere una vita fuori di qui e poi sta in Rete giorno e notte, per anni, a controllare la vita degli altri, cosa fanno, cosa scrivono, come.

E invece di imparare da chi sa fare qualcosa meglio di loro si ammalano e fanno azioni di questo tipo. 

 Ma il tempo è galantuomo, anche in Rete, uscire da lì è stata una liberazione, c’è voluto un po’ per capirlo ma quando accade è meraviglioso pensare di non avere più niente a che fare con gente del genere.

Bavaglio tecnico, che idea

In un paese democratico definito “parzialmente libero”  dalle classifiche internazionali (l’ultima di Reporter Sans Frontières ci piazza al 61° posto  dopo Cile e Corea del Sud, per dire)   per quanto riguarda la libertà di informazione il ministro Severino intravvede il pericolo nei blog.
E riesce perfino a dirlo restando seria.

“Per Severino quello dei blog è «un fenomeno certamente positivo per certi aspetti, ma nel quale si possono annidare anche cose negative, può essere un punto criminogeno. Questo mondo va regolamentato e pur nella spontaneità che ne rappresenta la caratteristica non può trasformarsi in arbitrio»”.

Lettera 43 allarga il tiro. I blog rappresentano un fenomeno pericoloso. Almeno così la pensa il ministro della Giustizia, Paola Severino, secondo cui bisognerebbe «reprimerne l’abuso». Intervenendo a Perugia a un dibattito su etica e giornalismo, il Guardasigilli ha spiegato: «Il giornale ha una sua consistenza cartacea. Il giornalista e l’editore sono individuabili ed è dunque possibile intervenire. Il blog ha invece una diffusione assolutamente non controllata e non controllabile. È in grado di provocare dei danni estremamente più diffusi. Ecco perché bisogna vederne anche la parte oscura».

[Nella ricerca presentata da Enrico Finzi si sostiene che internet è la fonte più attendibile mentre i giornalisti sono considerati scarsamente attendibili.]

Questa è la considerazione che ha la politica (anche quella sobria) dei cittadini: una massa di idioti che non sanno distinguere il buono dal cattivo e ai quali serve sempre la manina per attraversare la strada. Dove per ‘manina’ s’intende ovviamente censura. Che poi l’Italia sia già un paese da sempre considerato e classificato parzialmente libero in fatto di libertà di informazione  ed è l’unico paese democratico in cui al possessore di almeno l’ottanta per cento dei media suddiviso fra giornali, televisioni private, controllo diretto su quella pubblica, case editrici eccetera sia stata consentita l’ascesa politica è solo un dettaglio che, evidentemente alla Severino (e non solo a lei, purtroppo), deve essere sfuggito. Così come deve esserle sfuggito che in Italia non c’è una legge che regolamenta il gigantesco conflitto di interessi che, grazie a berlusconi e alla politica che non lo considera un problema non è mai stato affrontato come invece sarebbe stato opportuno fare.

Così come si fa in tutti i paesi normalmente civili dove O fai l’imprenditore, l’editore,  O fai il politico.

Dove la stessa persona non può fare il controllore e il controllato.
Tutte le piattaforme hanno gli strumenti per impedire che vengano veicolati messaggi inneggianti ad odii di vario genere, istigazioni e apologie. La tutela legale esiste già. Basta ricorrere al giudice.
Il tema che il centrodestra (governo compreso)  e di una politica letteralmente terrorizzata dalla potenza dei social network, dei blog e di chiunque esprima pubblicamente un dissenso, stanno cercando di far passare è che chiunque possa pretendere la censura senza bisogno di ricorrere al giudice.

Il che significa non poter pubblicare più niente su  niente e nessuno.

Pensare che debba essere la censura preventiva ad impedire gli abusi è una solenne STRONZATA.
Oggi, inoltre, basta venire a conoscenza del codice IP di un utente per mettere in moto la giustizia, sporgere regolari denunce.
Internet non va “normalizzato”, controllato, censurato, si dovrebbe semplicemente incentivare un buon uso della Rete, ma questo come sempre è solo un fatto culturale che non va risolto con la censura ma con l’educazione.

Bavaglio tecnico, che idea
 Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 27 aprile

Ideona: una legge bavaglio sulle intercettazioni. Siccome non l’aveva ancora avuta nessuno, se ne sentiva proprio la mancanza. Ieri ci ha pensato la ministra della Giustizia Paola Severino, al Festival del giornalismo. Lì la Guardasigilli ha detto anche cose pregevoli: la cronaca giudiziaria deve riportare “non solo le voci dei magistrati, ma anche quelle della difesa”; e i danni subiti dall’accusato poi assolto sono ingigantiti dalla lunghezza dei processi, che allontana a dismisura il momento del giudizio definitivo. Purtroppo, come tutti i suoi predecessori, la Severino non fa nulla né spiega come intende abbreviare i tempi. Eppure le soluzioni sono semplici: ridurre il contenzioso (Davigo e Sisti, in Processo all’Italiana edito da Laterza, spiegano come si fa) e le fasi del giudizio, che in Italia sono almeno cinque: indagini preliminari, deposito atti, udienza preliminare, primo grado, appello e Cassazione. Basta abolire il deposito atti e l’appello (fuorché in presenza di prove nuove) e rendere convenienti i riti alternativi (patteggiamento e abbreviato) bloccando la prescrizione al rinvio a giudizio, per dimezzare i tempi della giustizia e liberare enormi risorse finanziarie e umane. Sulla cronaca giudiziaria e sulla pubblicazione di atti d’indagine e intercettazioni, la Severino una soluzione la indica: ma è quella sbagliata. La stessa già battuta (fortunatamente con scarso successo) dal centrosinistra col ddl Mastella e dal centrodestra col ddl Alfano: “Filtrare ” e “limitare ” le notizie pubblicabili durante l’inchiesta perché “è nelle fasi interlocutorie delle indagini che più di frequente avviene la diffusione della notizia”. Dunque il pm o il gip dovrebbero “escludere le notizie che non sono rilevanti e attengono esclusivamente alla sfera personale delle persone interessate dal provvedimento, anche quando il provvedimento viene consegnato alle parti”, cioè non è più segreto. Nel 2012, in piena comunicazione globale, siamo ancora lì a spaccare il capello in quattro per distinguere fra notizie pubbliche e pubblicabili, e fra giornali e blog (che, per la Severino, “fanno più danni dei giornali”). Una follia e una sciocchezza. Una follia perché, una volta notificati gli atti (si spera completi) agli avvocati, questi non hanno alcun dovere di mantenere il segreto, nemmeno sulle notizie non penalmente rilevanti, anzi hanno spesso l’interesse a farle trapelare.
Una sciocchezza perché ciò che non è rilevante per il pm o per il gip può esserlo, e molto, per il giornalista e per i lettori, cioè per i cittadini elettori. Al magistrato interessano i reati, al cittadino (e dunque al cronista che ha il dovere di informarlo) anche le questioni etiche, deontologiche, politiche e persino personali, se si parla di un personaggio pubblico che magari predica bene e razzola male. Altro che “secretare informazioni che metterebbero in crisi le indagini” e “intercettazioni non rilevanti per il procedimento” per “salvaguardare la sfera personale”. La secretazione delle notizie a fini investigativi è già prevista dal Codice. Quanto alla sfera personale dell’indagato o, ancor di più, del non indagato, è già protetta dalla legge sulla privacy, che prevede sanzioni penali.
Esempio: Bossi non è indagato, ma se il suo tesoriere tiene la sua famiglia allargata a libro paga coi “rimborsi elettorali”, gli elettori lo devono sapere. E devono sapere se Formigoni, non indagato, si fa pagare le vacanze da un faccendiere che ingrassa grazie all’amicizia con lui nella sanità convenzionata. La ricetta per garantire una cronaca equilibrata non è dunque filtrare e secretare, ma al contrario fornire ai cronisti tutte le carte dell’inchiesta non coperte da segreto, e anche delle indagini difensive. Intercettazioni comprese. Spetta poi al cronista pubblicare quelle di interesse pubblico e lasciar perdere le altre. Se sbaglia o diffama o viola la privacy, paga. Ma almeno ha il quadro completo dei fatti.
 E, se qualcuno ha paura dei fatti, sono affari suoi: male non fare, paura non avere.

Splinder, chiude, avanti il prossimo

Preambolo: di preoccupazioni è pieno il reale. Rivendicare, come ho sempre fatto io, il diritto di avere intorno anche qui persone che non dimentichino di essere tali anche in quest’altra parte di vita significa farlo fino in fondo, significa allontanare tutto, ma soprattutto TUTTI quelli che  procurano, provocano preoccupazioni, malesseri e malumore, e per riuscirci l’unico modo è non farsi condizionare da essi. Quindi chi se ne frega di chi va, viene, entra ed esce dalla vita della gente con la stessa disinvoltura con cui si cambia d’abito. Se c’è gente che pensa che basta sparire, cancellare un account per stare meglio, se qualcuno pensa che la causa dei suoi problemi sia avere o non avere un profilo in un sito o l’account su Facebook e che, tolto il dente tolto il dolore, il problema non riguarda più me ma chi, da persona adulta quale dice di essere, si comporta in questo modo.

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Sottotitolo: Splinder chiude. Affidare i propri contenuti a piattaforme che non ne consentano l’esportazione è un suicidio. Staccano la spina quando vogliono, ma almeno gli splinderiani masticano html e saranno capaci di copiare in locale e trasferire a mano. Quando il fattaccio accadrà ALTROVE (ed accadrà) al più si strapperanno i glitter per la disperazione e non gli resterà neanche il ricordo dei lati b sbandierati in home page.

http://blog.tagliaerbe.com/2011/11/splinder-chiude.html   (Ross)

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Certo che accadrà, io sono sulla riva del fiume e aspetto, e quando le esimie testoline di cazzo (ops! è più forte di me, ma un’altra definizione non renderebbe l’idea della miseria di certa gente) residenti in quell’altrove, quelle che si fanno i fatti propri, quelle a cui non interessa quello che succede attorno ai loro glitter, bacettini, gattini, buongiornini, a tutti i loro argomentoni quali il gossip, tetteeculi, esiste l’amicizia fra uomo e donna? eccetera ( tutto questo a cinquant’anni, non a quindici, per dire) da un giorno all’altro si ritroveranno senza la loro bella casetta virtuale, non capiranno nemmeno quello che è successo, quello che succedeva intorno a loro mentre erano tutti occupatissimi a pubblicare post a raffica per non perdere il posticino in classifica. Ma io e tutte le persone che hanno almeno provato a spiegare come funzionano le dinamiche all’interno di queste piattaforme che tutto sono meno che spazi gratuiti dove si obbligano gli utenti a comportarsi da ospiti, anziché considerarli le vere colonne portanti di un portale che, in assenza di utenti non avrebbe ragione di esistere, tutte le persone che hanno provato a chiedere che si rivedessero certe politiche insulse quanto certi regolamenti che obbligano a quell’uso civile di uno spazio pubblico che nei fatti nessuno si è mai sognato di fare, lo sappiamo benissimo.

Mi dispiacerà soltanto per tutti quelli che come me e pochi altri hanno sempre cercato di dare un senso anche alla loro identità virtuale non sciupando uno strumento importante come la Rete come invece fa chi lo ha  trasformato nel cortile del proprio condominio, nel cesso di casa vomitandoci dentro tutto l’inutile, il futile, il volgare e che ogni giorno sprecano uno spazio che diventa sempre più utile e fondamentale per le giuste cause per farci un tutt’altro che nulla c’entra con un uso consapevole del web, che non significa affatto noia e seriosità ma proprio quel tutt’altro che le testoline di cui sopra non capiranno mai.

E’ inutile insegnare ai lombrichi a volare: non hanno le ali

Ed è quindi altrettanto inutile tentare di spiegare a chi non può capire, perché sprovvisto della materia prima per effettuare questa operazione, che chi scrive per il piacere di farlo cercando di dare un senso e una qualche utilità a quello che mette a disposizione degli altri non lo fa per il successo, per andare a finire in una squallida pagina web che sembra ormai la copia malriuscita del peggior giornaletto di gossip che persino l’edicolante che lo deve vendere si vergogna  di esporre. I post io li scrivo, non li copio, giusto per rispondere a quella piccola cricca di patetiche teste di cazzo che si riuniscono come i massoni sparlandosi fra loro. Io non vivo di vite altrui, mi basta e avanza la mia. (Chi vi guarda e riferisce non lo fa per interesse ma per aggiungere dettagli al dossier che vi riguarda: sarà molto divertente poi, stabilire nelle opportune sedi chi aveva ragione e chi no, chi è stato abusato e chi invece ha abusato, con una denuncia penale si può perdere qualcosa di più di un blog, specialmente se ingiurie e diffamazioni partono da pc  destinati ad altro uso,  si trovano sulle scrivanie di palazzi istituzionali come ad esempio un ministero,  oggi un posto fisso non si trova così facilmente, chi ce l’ha se lo dovrebbe tenere da conto, specialmente ad una certa età, non metterlo a rischio per accontentare i capricci di qualche donzella delusa e troppo vanitosa.)

E’ inutile spiegare che quel successo di cui molti si vantano solo perché si vedono su una pagina web, non dipende dalla loro bravura né dalla loro capacità di catturare l’attenzione e ottenere consensi ma è frutto di un sistema creato ad arte da poche persone che decidono cosa e chi deve essere visto perché il padrone vuole così, perché quel padrone desidera che anche i contenuti di una piattaforma virtuale siano funzionali allo stesso regime di cui questo paese è ostaggio da diciotto anni. E che essi stessi quindi sono ostaggi di quel sistema.
Un regime che qualcuno ha potuto organizzare e rendere effettivo  soprattutto grazie ad un certo uso (il peggiore) dei mezzi di comunicazione gestiti da chi ha saputo approfittare di un popolo debole, di gente che pensa che non sia necessario né utile pensare alle cose importanti, ché dei problemi, delle difficoltà, dei drammi è meglio non parlarne, meglio non far vedere e sapere. E che un blog serve per ridere e non pensare.
Meglio nascondere le brutture dietro l’ultima storia di corna fra coppie vip, meglio nascondere il dolore  e l’angoscia di chi ha la consapevolezza di non poter più ambire ad un futuro dietro il culo e la cellulite dell’attricetta o ai chili in più della cantante, meglio oscurare il fallimento di un governo di delinquenti dietro “notizie” che non troverebbero posto neanche nel quotidiano più scadente ma, caso strano in quelle pagine trovano sempre, sistematicamente e puntualmente l’onore della ribalta.
Ma per capire tutte queste cose bisogna che succeda qualcosa che faccia ben capire quanto sia ridicolmente fittizia la “libertà” della quale ci si vanta a partire già dal nome. Bisogna rendersi conto in prima persona di quel che può succedere a chi ha tentato di contribuire al miglioramento, a chi ha cercato in tutti i modi di tenersi ben distante dal ciarpame dilagante, a chi ha portato in quelle pagine web sempre e solo se stessa e i suoi pensieri con lealtà e onestà pensando fosse normale comportarsi qui nello stesso modo in cui lo si fa nella propria vita di sempre, mentre invece secondo il parere dei “giusti”, quelli che decidono chi deve essere vist*, lett* e degn* di poter partecipare a quella mensa non lo era.
Chi invece lo è continua ad essere presente e ben visibile, soprattutto in quella prima pagina che nella sua vita non ha mai saputo scrivere,  ed ecco perché si deve accontentare di offrire la sua immagine ad uno specchio virtuale dietro il quale si nascondono malvagità, bugie, finzioni e ipocrisia che qualcuno si onora di chiamare “community”.

Gratuità fittizie

Ricomincia l’opera di seduzione con la distribuzione forsennata di stelle. Sono tanti gli utenti che in questi giorni stanno ricevendo la proposta di diventare “gold user”, così come è già accaduto in occasione dell’aggregazione con Facebook quando la gente scappava in massa perché non voleva, giustamente, subire un’imposizione, qualcosa di cui non si poteva nemmeno discutere ma solo accettare in virtù di quella gratuità fittizia di cui parlo qui sotto.  A chi mi ha chiesto consiglio ho risposto di rifiutare. Ci sono altri modi per convincere la gente (anche quella che sta scappando di nuovo a causa dei fatti recenti )  a rimanere, ad esempio, non cacciandola in malo modo, non cacciando e censurando  chi si macchia della colpa orribile di esprimere  solidarietà di fronte ad un’ingiustizia subita oppure semplicemente  trattarla come merita e non come, invece, viene trattata da chi è chiamato a far sì che si faccia “un uso civile di uno spazio pubblico”. A chiacchiere, ma non nei fatti.

L’accusa che viene rivolta molto spesso agli utenti delle piattaforme che ospitano spazi come i blog quando si viene cacciati (senz’avviso e senz’appello) è che quello spazio che viene offerto è gratuito e che quindi chi amministra il portale può arrogarsi il diritto di sospendere la “collaborazione reciproca” quando e come vuole.
Niente di più falso, quella è una trappola intimidatoria nella quale cadono i deboli, le persone che hanno paura che quello spazio possa venir loro sottratto da un momento all’altro e senza ragioni serie (succede, eh?) e allora si convincono che tutto sommato valga la pena abbassare la testa e continuare a fare il gioco di chi non mette a disposizione uno spazio per dare la possibilità alla libertà di esprimersi ma esclusivamente perché chi riempie quello spazio riempie, di conseguenza, anche i conti in banca dei signori e padroni di spazi virtuali.
Perché, come spiega benissimo Massimiliano Dona che di mestiere fa il segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori e quindi di leggi e regole se ne intende forse di più di chi ha come unico punto di riferimento delle discutibilissime faq di una piattaforma: “la libertà sulla quale poggia Internet è anche artificiosa, potremmo parlare di «libertà virtuale». A ben vedere, infatti, la Rete, e tutto ciò che su di essa accade, è controllato e condizionato da pochi grandi potentati spesso facenti capo a gruppi economici, collegati a volte da intese commerciali. Questi soggetti imprenditoriali decidono ciò che ciascuno di noi può o non può fare sulla Rete; spesso, in nome di una gratuità fittizia, si appropriano dei nostri dati, dei nostri gusti, delle nostre idee, consentendoci di divulgare le nostre opinioni, ma solo fino a quando lo vorranno. Sul web nessun contraddittorio è dato all’utente, le decisioni sono inappellabili come neppure nel più autoritario dei regimi. Spesso dietro la maschera dell’esigenza tecnologica, dell’automatismo che consegue a un impulso informatico, si nasconde l’arida prepotenza del più forte.”

Perché la Legge, quella vera, dice altro. Dice ad esempio che non si possono sottrarre materiali privati, personali se non in presenza di motivi gravissimi e che per chiudere uno spazio personale ci vuole qualcosa di più di un vaffanculo o di una testa di cazzo. Un blog può venire chiuso d’autorità quando si veicolano e si diffondono apologie, quando i suoi contenuti sono di carattere pedopornografico, quando in quel blog si istiga a violenze di vario genere.
Quando, insomma, in uno spazio personale ma che è però di pubblico dominio perché visibile e leggibile da tutti si commettono dei reati che sono puniti nello stesso modo in cui si sanzionano quelli compiuti da persone fisiche.
Anche la diffamazione è un reato, forse nella piattaforma cosiddetta libera questo non lo sanno visto che continuano ad ospitare chi commette quel reato tutti i giorni senza per questo veder sparire degli spazi aperti unicamente per quello scopo. Ma chi di Legge se ne intende questo lo sa, lo ha visto e poi lo giudicherà.