L’otto marzo è maschio e nessuno ha ancora fatto niente per ovviare a questa insopportabile diseguaglianza di genere di un calendario i cui mesi finiscono a maggioranza di “O” e a minoranza di “E”?
Laura Boldrini non ha un calendario sulla sua scrivania?
Basta con la supremazia maschile nei mesi dell’anno, maschio pure lui.
Deve fini’ ‘sta storia.
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Il 97% dei morti sul lavoro sono uomini perché naturalmente la parità sì e ad ogni costo ma sul ponteggio al decimo piano spesso senza le misure necessarie e obbligatorie di sicurezza continuano ad andarci gli uomini; la parità sì, e a tutti i costi ma poi a respirare i veleni nell’acciaieria ci vanno sempre gli uomini. La parità sì, sempre e comunque ma poi le leggi in materia di separazioni e divorzi continuano a favorire le donne.
Vogliamo le quote rosa non per merito ma per ristabilire la percentuale “tanti uomini tante donne” perché “donna è bello ed è sempre meglio” poi chi se ne frega se tutto quello che porta in dote la ministrA raccomandata è la sua inesperienza e se ne vanta pure.
Continuiamo a farci confondere dalla propaganda femminista sulle “tre donne al giorno che muoiono per mano dell’uomo”, da statistiche gonfiate, pompate per costruire un’emergenza sociale che nei fatti non c’è.
Nelle statistiche sulla cosiddetta violenza di genere viene infilato tutto per poi ottenere la stracitata cifra delle “tre donne al giorno che muoiono per mano di un uomo”. Poi poco importa se quell’uomo è un figlio, un padre, un nipote o il fratello che commette violenze, omicidi per motivi che non hanno niente a che fare col “delitto passionale”.
Oggi la ‘ndrangheta, la mafia più pericolosa e diffusa non solo in Italia ma nel mondo è comandata anche da donne che ordinano omicidi, controllano la spaccio di droga, le donne, quelle angelicate che le religioni hanno relegato a ruoli di second’ordine che trafficano in armi, decidono la vita ma soprattutto la morte anche dei loro amanti quando non servono più ma si continua a diffondere il dogma indiscutibile dell’uomo sempre carnefice e la donna sempre la sua vittima.
Vogliamo il rispetto per le scelte libere ma poi sono proprio certe femministe ad essere contrarie ad un riconoscimento economico per le donne che scelgono di stare a casa, e che saranno poi quelle più a rischio povertà e indigenza in vecchiaia.
Una donna che sta a casa fa risparmiare lo stato, non esige per sé e per i figli quei servizi necessari alle donne che lavorano fuori, i lavori di casa non sono meno usuranti e meno rischiosi di molti che si svolgono fuori, le responsabilità non sono meno onerose, e a “fine carriera” qualcosa le si potrebbe restituire, magari al posto dei noiosissimi discorsi da otto marzo dei presidenti della repubblica, naturalmente uomini.
Ci sono donne che vivono benissimo la loro condizione di manager di se stesse libere di fare, di non fare, di quando e come fare, a differenza della maggior parte degli uomini che non hanno la stessa libertà. Il vero obiettivo condiviso dovrebbe essere finalmente il riconoscimento da parte dello stato e della società che ogni scelta di una donna quando è libera va rispettata e riconosciuta come il proprio impegno sociale anche quando non è condivisa, che una donna che fa solo la moglie, la madre non vale meno della ricercatrice scientifica costretta ad emigrare all’estero perché qui nessuno se la fila o dell’operatrice del call center, dell’operaia della cooperativa purtroppo costrette a svendere il loro tempo tolto alle famiglie per pochi euro l’ora perché questo è tutto ciò che è alla loro portata o che è stato messo loro a disposizione; non tutte abbiamo avuto la costanza e la bravura di Samantha Cristoforetti capace di coronare il suo sogno di bambina che voleva volare fra le stelle e c’è riuscita, la capacità di Rita Levi Montalcini che allo studio e all’impegno ha sacrificato tutta la sua vita, non si è mai lamentata di aver dovuto scegliere se fare la moglie, la madre o la scienziata di eccellenza mondiale, quasi cento anni fa, non ieri o l’altro ieri.
Non si capisce fra l’altro perché molte delle donne sempre in prima linea per il riconoscimento ufficiale della prostituzione quale professione, mestiere, con tanto di contributi e pensione, non mettano poi la stessa energia nella richiesta di un sostegno anche per quelle donne che non hanno messo la carriera e il lavoro in cima alle loro priorità. Valgono forse meno quelle donne che per un lungo periodo della loro vita vanno a letto con un uomo solo?
Ma questo nel paese atrofizzato dall’ignoranza e dalla propaganda non si può dire perché altrimenti si vanificherebbe tutto l’edificio femminista costruito intorno alle donne SEMPRE vittime dei maschi cattivi: perché l’uomo quando è cattivo diventa chissà perché maschio ma la donna è sempre donna: quando è brava e competente, cattiva o un’incapace raccomandata o quando è vittima della società ingiusta che proprio non vuole riconoscere alle donne non la parità ma la superiorità di genere, non COME gli uomini ma MEGLIO degli uomini, DI PIU’ degli uomini. Questo chiedono infatti le famigerate “quote rosa” che non guardano alla competenza e al merito ma ai numeri che poi fanno la percentuale, proprio come ha fatto il giovine podestà in parlamento. 50 e 50, di che, non è dato sapere.
Non si può dire per non smentire tutto ciò che viene propagandato per veicolare la figura e l’immagine della donna sempre indietro, salvo poi fare finta che non esistano quelle donne che una volta raggiunte posizioni di comando si comportano come e peggio dei peggiori uomini. O che non esistano le donne come la Madia che è potuta diventare ministrA senza una sola competenza né un merito ma solo perché indecentemente raccomandata e appoggiata da uomini potenti.
Dove sono le donne che si potrebbero organizzare in un partito, un’azienda, un’impresa a maggioranza femminile visto che numericamente siamo di più, magari al posto di continuare a farsi scegliere da uomini e rivendicare come qualcosa di importantissimo da fare scemenze come la declinazione degli aggettivi al femminile? Le femministe di una volta si battevano per i diritti importanti, quelli che ad averceli cambiavano la vita, non la grammatica e la sintassi.
Ecco perché penso che per tutto questo e per molto altro il mondo sarà un po’ migliore di come è quando non servirà un giorno dedicato per regalare un fiore, una cravatta nuova, per riflettere sulle cose importanti e per chiedere tutto ciò che dovrebbe essere normale avere non “in quanto donne” visto che nascere femmine non è un merito personale né può mai diventare privilegio, ma in quanto persone.
E il primo rispetto le donne dovrebbero avercelo verso di loro, evitare di farsi coinvolgere in campagne artificiali, fatte da chi ci guadagna visibilità, credibilità mediatica e anche soldi.