Italia: un paese allergico all’uguaglianza

Lo stato biscazziere che con una mano dà e con l’altra toglie: mentre si inaspriscono leggi che trasformano tutti gli uomini in ipotetici mostri violentatori, assassini, meritevoli di un marchio perenne di disdoro sociale, si approva il decreto svuotacarceri per liberare chi delinquente lo è stato davvero e probabilmente tornerà a svolgere le sue attività consuete. C’è sempre un buon motivo per dispiacersi di essere nati in questo paese ridicolo e pietoso che è l’Italia.

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Prevenire è rieducare, Concita De Gregorio –  La Repubblica

Questa non è una legge per prevenire né per educare ma per reprimere.

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Il decreto (“sicurezza”) repressivo su femminicidi e #NoTav

Mauro Biani

In questo paese c’è chi vuole, pretende ed esige una legge  che  dica che uccidere una donna deve essere più grave  più grave di farlo ad un uomo. 

Che pretende ed esige un diverso trattamento per lo stesso reato in base al sesso del colpevole.

Mentre non deve essere il genere della vittima a stabilire la gravità del reato ma il reato. E uno o mille non fa differenza.

Nei numeri, che vengono diffusi dalla malainformazione italiana a proposito di “femminicidio”,  lo si è detto tante volte, viene inserito tutto, anche il figlio che ammazza la madre perché non gli dà i soldi per drogarsi: è “femminicidio”? no, però aumenta il bottino e viene usato anche quello per strumentalizzare l’emergenza che non c’è.

 Questo è il risultato dell’aver insistito per pretendere una legge “ad donnam” di cui un paese normalmente civile non ha bisogno. 

Le leggi contro violenze e omicidi [omicidi, non femminicidi] ci sono, bastava farle rispettare;  il risultato dell’aver manipolato e orientato l’opinione pubblica diffondendo dati allarmistici in merito ad un’emergenza che stando ai numeri, alle statistiche europee e internazionali non è mai esistita.

In Italia dopo le donne ma per altri motivi, legati alla posizione sociale prima di tutto,  gli omosessuali a cui si negano diritti normalissimi che tutti i paesi civili concedono si discrimineranno  anche i morti ammazzati.

Sarà felicissima anche Laura  Boldrini che si è fatta promotrice della norma contro il cyberbullismo, sacrosanto contrastare e punire con la legge  le minacce e lo stalking via web ma chissà perché finché le minacciate, molestate e perseguitate eravamo noi utentesse semplici di questo fenomeno non è mai fregato niente a nessuno e men che meno alla legge.

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Meno male che abbiamo questo bel governo delle larghe intese che pensa al nostro bene.
Come avremmo potuto fare senza una legge contro la violenza sulle donne con dentro, infilata un po’ come si fa con le cosiddette milleproroghe dove si può trovare l’incredibile, impossibile e inenarrabile, una norma che estenda il divieto di maltrattare e ammazzare le donne nei cantieri e allo stadio? questo, non sembra, ma è un governo all’avanguardia, previdente. 

Le donne devono smettere di farsi picchiare e ammazzare da sconosciuti carpentieri, manovali, ultrà e continuare a farselo fare nel comodo e nell’agio delle proprie case da mariti, compagni e fidanzati professionisti.

Le leggi speciali sono leggi fasciste: un paese che ha una Costituzione che pone i cittadini allo stesso livello, che siano bambini, donne, uomini, omosessuali, lesbiche e trans e che specifica che la legge è uguale per tutti non ha bisogno di leggi pro o contro una fascia particolare di persone come in questo caso.

Questa legge fa schifo, è anticostituzionale perché discriminatoria, non tiene conto della volontà delle donne, le mette in una condizione di minorate incapaci di intendere e di decidere  da sole, pone gli uomini a rischio denuncia anche per una banale lite come se ne fanno tante. 

Una donna che ha vecchi rancori e contenziosi da risolvere con il marito/compagno può inventarsi la violenza e il maltrattamento, succede tutti i giorni, e adesso sbatterlo anche  fuori casa [“alle forze di polizia viene data la facoltà di buttare fuori di casa il coniuge violento, se c’è un rischio per l’integrità fisica della donna”].
Oppure, qualora la donna decidesse di ritirare la denuncia non lo può fare; un uomo resta marchiato a vita come col peccato originale.

Naturalmente quando si parla di “coniuge violento” è scontato che sia il marito perché noi donne no, non siamo capaci di violenze.

Questa è una legge infame concepita da vigliacchi che hanno voluto inserire in un contesto dell’altro che non c’entra niente come l’inasprimento delle norme contro gli attivisti No tav e sfido chiunque, anche la femminista più vetero a trovare un’attinenza tra il fenomeno della violenza sulle donne che comunque, vale la pena ripeterlo non costituisce nessuna emergenza sociale e le proteste di chi da anni sta solo difendendo il suo territorio da un abuso gigantesco, inutile e che serve solo a far arricchire i soliti delinquenti amici dello stato.

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E, a proposito di disuguaglianze:

Malcostume, mezzo gaudio
Marco Travaglio, 9 agosto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Caro Presidente Napolitano, sono un barista di Capri multato e denunciato dall’Agenzia delle Entrate per qualche scontrino non battuto nell’ultimo blitz del 2 agosto. Mentre gli agenti del fisco irrompevano nel mio locale, stavo leggendo le cronache sulla condanna di Silvio Berlusconi per una frode fiscale da 7 milioni di euro, residuo di un’evasione da 360 milioni di dollari falcidiata dalla prescrizione. 

E ci sono rimasto male, per la condanna ma soprattutto per la denuncia: gli avvocati del condannato e alcuni ministri del governo che ha disposto il blitz sostenevano che non si condanna chi ha versato all’erario miliardi, al cui confronto i 7 milioni dimenticati sono bruscolini, dunque B. è innocente. Ho provato a difendermi allo stesso modo, rammentando agli agenti del fisco che nella mia vita ho battuto migliaia di scontrini, al cui confronto quei 10 o 12 dimenticati sono quisquilie, dunque sono innocente. Ma non hanno sentito ragioni. 

Uno ha pure fatto lo spiritoso: “Guardi che la modica quantità per uso personale vale
solo per l’hashish e la marijuana, non per le tasse”. 

Però ho ripreso fiducia quando ho letto che Lei, appena condannato B., ha subito chiesto la riforma della giustizia (giusto: è scandaloso che qualche processo non vada in prescrizione). E che, appena Schifani e Brunetta sono saliti sul Colle a perorare l'”agibilità” del loro capo, s’è impegnato a “valutare e riflettere attentamente” come evitare che i gendarmi raggiungano pure lui per arrestarlo. Io sono un vecchio garantista e auguro al collega evasore tutto il bene possibile: se va bene a lui, buona evasione a tutti. 

Malcostume mezzo gaudio, diceva il nostro Totò. Però un filo di risentimento verso chi evade e poi manda i blitz ai colleghi confesso di nutrirlo: sono cose che non si fanno, dài. Non vorrei che alla fine l’unico evasore beccato con le mani nel sacco (e che sacco!) a farla franca fosse proprio lui. 

A quel punto m’incazzerei di brutto. Io non conosco Schifani e Brunetta e francamente non saprei chi mandarLe a perorare la mia agibilità. Posso chiedere a mio cognato di fare un salto al Quirinale. In alternativa Lei potrebbe passarmi il numero verde dell’Sos Colle per le vittime della malagiustizia: quello di Mancino, per capirci. 

L’importante è che Lei “valuti e rifletta attentamente” anche sulla condizione mia e di quanti, come me, evadono e vengono beccati. Perché, come dice il viceministro Fassina, lo faccio per sopravvivere; e soprattutto, come direbbero Scajola e Ghedini, a mia insaputa. Non le dico la faccia che han fatto gl’ispettori quando ho provato a convincerli che mi stavano denunciando in base al teorema del “non poteva non sapere” che tanto male ha fatto all’Italia con Mani Pulite cancellando un’intera classe politica. Ho buttato lì anche il caso Tortora, che si porta su tutto. 

E ho aggiunto che B. avrà pure avuto milioni di voti, ma anch’io mi sono candidato a presidente dell’assemblea del mio condominio e mi han votato tutti. 

Apriti cielo! 

C’è mancato poco che mi arrestassero: se non son finito subito al gabbio è solo perché li ho convinti — citando Corriere , Sole- 24ore e alcuni dirigenti Pd– che non è sportivo eliminare gli evasori per via giudiziaria: meglio batterli nelle urne. Infatti ho deciso di scendere in campo: tanto la legge Severino sull’ineleggibilità dei condannati era uno scherzo, vero? Non vorrei imbattermi in giudici come quell’Esposito che prima condanna Wanna Marchi e poi Berlusconi, dunque è prevenuto contro noi truffatori. Quello che legge il Fatto e Repubblica , e per giunta confessa di condannare i colpevoli: dove andremo a finire, roba da ricusazione immediata. 

Confido molto nel ritorno all’immunità parlamentare, voluta dai nostri padri costituenti per proteggere dallo strapotere delle toghe chi froda il fisco e si rifugia in Parlamento. Ora La saluto, perché qualche scontrino devo pur batterlo, ogni tanto. 

Ci vediamo alla Camera o al Senato: mi dicono che è pieno di colleghi.

Di minacce, molestie, del reale e del virtuale

 

Cara Boldrini, c’è una legge sullo stalking
eppure le donne continuano a morire

“C’è un vecchio detto, quello che è illegale offline è illegale online. La Rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare” [Stefano Rodotà].

Per accorgersi del disagio sociale c’è voluto lo ‘squilibrato’ con una pistola in mano, e perché qualcuno finalmente dicesse che le molestie e le minacce via web sono un problema tutt’altro che virtuale ci sono volute le molestie e le minacce all’eccellenza di turno.

Fino a due, tre giorni fa tutto andava benissimo com’era, centinaia, migliaia di persone subiscono quotidianamente fastidi di ogni genere in Rete, non solo le donne, ma nessuno si è mai posto il problema di pensare che forse i responsabili dei siti, dei portali e dei social network potrebbero e dovrebbero, anzi devono attivarsi affinché questo fenomeno venga ridimensionato e magari risolto. 

Insistere ancora sull’urgenza di nuovi provvedimenti e di nuove leggi oltreché fuori luogo sta diventando anche di cattivo gusto.
In Italia non c’è nessuna emergenza da contenere per mezzo di leggi speciali né di task force apposite, ci sarebbe solo l’impellente necessità di avere persone serie alle istituzioni che facessero rispettare finalmente quelle esistenti, che ci sono.

Adesso che c’è di mezzo la signora presidente della Camera il tema delle molestie virtuali è diventato materia di dibattito serio, il fior fiore dei giornalisti e dei sociologi si produce nel suo meglio, ovvero scrivere fiumi di parole utili solo a distrarre e a buttare un po’ di fumo negli occhi alla gente per quello che fino a due giorni fa era un argomento da pour parler. 

L’unico che ha detto e scritto cose serie e importanti, il professor Rodotà, non viene proprio considerato.

Quando, una decina d’anni fa ho iniziato ad occuparmi del problema e già allora scrivevo che a nessuno deve essere consentito oltrepassare i limiti nemmeno qui un sacco di gente mi diceva che sbagliavo, perché in fin dei conti quello che si fa per mezzo di un pc poi deve restare confinato in quell’ambito. 

Spento il pc risolti i problemi.

Mentre non è affatto così, non lo è nel male ma nemmeno nel bene: non siamo automi programmati per fare, dare e ricevere e poi dimenticarcene, le parole sono importanti, sempre, perché se è vero che non ammazzano possono però essere la causa di sofferenza e illusione.

Quando scrivevo che non mi sembrava corretto che qualcuno approfittando dell’anonimato avesse la possibilità di offendere gente nel suo personale più stretto, la famiglia, i figli, gettare discredito sulla sua persona mi consideravano un’aliena sul genere di “ma che vuole questa che pretende rispetto anche in un ambiente effimero, falso come il web?”

Mentre tutte le persone che sono qui dentro sanno benissimo che non c’è proprio niente di effimero e nemmeno di falso: le minacce, i ricatti, gente che approfitta di una confidenza fatta in un momento di debolezza per mettere qualcuno alla berlina e costringere una persona a nascondersi più del dovuto fino a sparire, il web è anche questo, sono una realtà vista e vissuta da tantissime persone, me compresa. 

Chi mi molestava e mi perseguitava [e non è ancora finita, c’è sempre qualcuno che lascia tracce di sé sulle strade virtuali percorse da me] non lo faceva perché sono una donna, non era una questione di genere, ma proprio perché sono io,  lo faceva per le mie idee, per il mio modo di esporle, per la mia capacità di saper catturare attenzione, quindi nulla a che fare con la persona virtuale ma proprio e solo con la mia persona.

Quando, grazie all’abominio delle segnalazioni anonime, l’unica cosa che dovrebbe essere abolita ma che invece viene utilizzata come mezzo di contrasto all’abuso fino ad essere diventata proprio l’abuso – bastano quattro o cinque persone che si organizzano e può succedere di tutto – mi è stato tolto un blog che piaceva l’intenzione non è stata quella di far sparire semplicemente quel blog ma proprio me. 

Quindi quelle cinquecento persone al giorno che entravano anche e solo per leggermi hanno dovuto accettare la sua sparizione perché quattro, cinque, dieci persone avevano decretato la fine di quel blog.

Ma tutto questo e molto altro di quel che può accadere ad una persona in Rete non è mai stato un problema, non lo è stato per le varie associazioni di tutela dei consumatori alle quali mi sono rivolta invano per riavere quel blog i cui materiali inediti e personali non mi sono mai stati restituiti in base ad un regolamento che non saprei come definire, e nemmeno per la legge: invito e sfido chiunque a provare a fare una denuncia regolare per stalking virtuale per vedere che succede: niente, praticamente, esattamente come per quello reale.

E non era un problema nemmeno per i responsabili di quella piattaforma dove avevo il blog che non hanno mai ritenuto opportuno tutelare uno dei suoi “prodotti” migliori impedendo le molestie ma trasformandole anzi in un’occasione da share, le cose che più fruttano nel web sono il pianto e la chiacchiera, e nessuno ha mai pensato che quel che accade nel virtuale è qualcosa che si deve risolvere nel reale finché in questo troiaio non è andata a finire Laura Boldrini.
E questa è solo l’ennesima conferma della miseria di questo paese, dove anche essere tutelati legalmente per essere rispettati in quanto persone è un privilegio invece di un diritto.

 

La sensazione, forte, è che Laura Boldrini sia una donna confusa. Che sia stata inghiottita dal vortice di controindicazioni naturali e innaturali, lecite e illecite, sgradevoli o schifose che un incarico pubblico e la conseguente popolarità si portano dietro. E che la poca lucidità del momento, le impedisca di distinguere il becero dal pericoloso. Non è quindi un caso, il fatto che non riesca mai a dare il famoso nome giusto alle cose, ma che le cose, le marchi puntualmente col timbro sbagliato o le infiocchetti con un’enfasi inappropriata e l’immancabile spruzzata di retorica abbinata alla faccia contrita e la voce sofferente che la rendono pericolosamente somigliante alla goffa Charlotte di Sex and the city. Intendiamoci. Stimo la Boldrini, ammiro il suo percorso e le sue battaglie (e del resto ha un medagliere che neanche Yuri Chechi) , ma l’impressione è che gestisca il tutto con il terrore maldestro di chi la sera, nel silenzio della sua camera, recita ancora il mantra “Napolitano, Napolitano, Rodotà, Napolitano” per riuscire a prendere sonno. I primi nomi sbagliati alle cose li ha dati con Preiti. Va bene l’empatia col paese, va bene l’umanità, la solidarietà con la classe debole e sfiduciata, va bene pure la demagogia low cost da cui i politici attingono che neppure i Baci perugina da Paolo Coelho e viceversa, ma scomodare i concetti di “emergenza sociale” e “vittime che diventano carnefici”, per confezionare un movente sociale a un delinquente più preoccupato delle risposte di un videopoker che di quelle dello Stato, mi è parsa una forzatura retorica e involontariamente ingiusta. Ingiusta nei confronti dei tanti italiani inginocchiati dalla crisi che non giocano al tiro al piccione, ma vivono di umiliazioni e sacrifici silenziosi o rabbiosi ma pacifici, perché l’orrore della disperazione è una cosa ben diversa dell’orrore vile di un gesto criminale senza neppure la dignità di un movente. Apprezziamo lo sforzo perfino rivoluzionario di responsabilizzare lo Stato dopo secoli di deresponsabilizzazione compulsiva, ma non vorrei che ora la Boldrini si accollasse anche le colpe dell’infortunio di Zanetti e della rottura tra Biagi e la Pedron. Ma il presidente della Camera, sbaglia ancora di più a dare il nome alle cose, nella questione che riguarda il web. Quello che le capita (gli insulti, le minacce, il fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista) non le capita perché, come da lei dichiarato “Quando una donna riveste incarichi pubblici si scatena contro di lei l’aggressione sessista e che sia semplice innocua , gossip o violenta, assume sempre la forma di minaccia sessuale”. Le capita perché il web è il far west e il fatto che lei lo scopra oggi, solo per questioni che la toccano da vicino, è abbastanza sconcertante. Chiunque abbia una minima confidenza con social, forum, blog e qualsiasi spazio virtuale in cui anche l’ultimo dei subumani ha diritto di parola, sa bene che minacce, insulti, turpiloquio, ferocia verbale e imbecillità varie ed assortite sono il pane quotidiano. Sa bene che non è un problema di sessismo. (e qui la Boldrini sbaglia ancora parola) E’ un problema più irrimediabilmente cosmico, trasversale e universale : si chiama ignoranza. E tutto lo schifo che nel mondo virtuale trova ospitalità, dal fotomontaggio della Boldrini stuprata da un nero a Berlusconi impiccato a un albero, dalle minacce di morte a Alessia Marcuzzi per il Grande fratello a quelle per cui Rudy Zerbi per Amici, è riconducibile sempre e solo a quella parola: ignoranza. Alimentata da frustrazioni varie, invidia sociale, megalomania da anonimato, odio classista, imbecillità pura e distillata. La Boldrini dovrebbe farsi un bel giro su Internet e leggere i commenti su tanti colleghi maschi. Scoprirebbe un mondo. E probabilmente dovrebbe cominciare a parlare pure di maschicidio, oltre che di femmicidio (che è una piaga, ma la cui linfa non è il web, mi creda signora Boldrini) Ma soprattutto, mi chiedo dove fosse la Boldrini, una donna abituata a pensare alla comunità, ai deboli, agli invisibili, quando la ferocia del web e dei commenti spietati su facebook spingevano al suicidio la quindicenne di Novara o il ragazzino gay di Roma. Sono cose che si dovrebbero sapere, che si rivestano o no incarichi pubblici. Mi chiedo come mai si renda conto solo oggi, di cosa sia il web. Di quanto possa essere uno strumento meraviglioso, ma anche barbaro e incivile. E mi chiedo ora se gli inquirenti e la polizia postale che hanno provveduto a rimuovere le minacce, gli insulti e i fotomontaggi a lei dedicati, saranno altrettanto solerti e rapidi nell’agire per difendere serenità, moralità e dignità degli altri milioni di italiani e italiane in balia del web. Perché le leggi esistono. Esistevano pure prima. Il problema è che se io o l’ultimo degli utenti proviamo a sporgere denuncia per un insulto o una minaccia su facebook, è piuttosto improbabile che il giorno dopo la polizia trovi il mittente e faccia irruzione a casa sua come fosse una cellula di Al Qaeda. E poi siamo onesti. La faccenda del fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista racconta più di ogni altra cosa la totale impreparazione di questa donna di fronte agli eventi che le stanno capitando. Li’ il sessismo non c’entrava un bel niente, e lo dico da donna continuamente bersagliata sul web da insulti beceri di maschi repressi e femmine sceme. Ci sono fotomontaggi di mille politici uomini sul corpo di Siffredi, la faccia di Berlusconi è stata incollata al corpo di chiunque, da quella di Schwarzenegger a quella dell’orango tango e nessuno ha mai mandato le forze dell’ordine a mo’ di teste di cuoio a casa del killer del photoshop, come ha fatto lei col povero giornalista reo di aver pubblicato il suo ritratto versione milf nudista. Che poi diciamolo: non era neppure così male, in quella versione, la Boldrini. Io fossi stata al posto suo, avrei lasciato il dubbio. Non per niente, qualche giorno prima lo stesso scherzetto l’avevano fatto alla Merkel (la sua faccia sul corpo giovane di una bagnante nuda) e Angela s’era ben guardata dallo smentire, figuriamoci dal mandare la polizia a casa di qualcuno. E dopo che abbiamo visto le sue foto a mollo nelle terme di Ischia abbiamo anche capito il perché. Sempre più furbi di noi, i tedeschi. P.s. battuta un po’ sessista Boldrini, ne convengo. Ora però non mi mandi le teste di cuoio a casa che ho appena lucidato il parquet, grazie.

Selvaggia Lucarelli

Laura Boldrini, le leggi speciali, e quella irresistibile voglia di censura

Sottotitolo: «la persona che utilizza Internet ha la facoltà di scelta. Che Internet diventi materiale per la felicità o per la sofferenza dipende dalla mente. La mente viene prima dell’oggetto esterno» [I monaci del Monastero Namgyal, monastero personale del Dalai Lama].

Se la mente è bacata si può mettere tutto in mano al suo proprietario, e ne farà sempre un uso sbagliato.

Che sia un’automobile, un utensile da cucina, un martello per piantare chiodi se ad usare queste cose sono cervelli bolliti tutto diventa una potenziale arma, anche per uccidere e uccidersi.  Se il limite di velocità in autostrada è di 100, 120 Km l’ora, perché si continuano a fabbricare automobili che raggiungono i duecento, duecentocinquanta? smettessero allora di fabbricare macchine che superano i limiti consentiti dalla legge, oppure armi fatte apposta per uccidere.

Preambolo: Laura Boldrini si è espressa dietro la spinta di un problema personale, che, sebbene sia diffuso come lo è la molestia e la minaccia  virtuale non riguarda tutti e non riguarda solo le donne.

E non c’entra nulla soprattutto la violenza sulle donne.  

Nessun problema è stato mai risolto con la censura e il proibizionismo. 

Anche questo è un passaggio culturale al quale devono contribuire tutti, gestori, responsabili di siti, piattaforme e social network, utenti semplici.

 Sono anni che mi batto per il diritto al rispetto in Rete, per un uso consapevole del web che si potrà raggiungere solo il giorno in cui tutti applicheranno anche qui le norme, elementari, di buona educazione come si fa abitualmente nel posto di lavoro, in famiglia e con gli amici.

Nessuno potrebbe minacciare e insultare qualcuno ‘de visu’ e pensare di farla franca, qui sì, succede,  e invece non deve.

 Il dramma invece è che in Italia  non vengono rispettate le regole e le leggi nel virtuale ma nemmeno nel reale, l’apologia del fascismo è un reato solo sulla carta, di fatto non vengono mai sanzionati tutti quelli che virtualmente o realmente ripropongono i teatrini in stile ventennio.

L’odio non è di per sé un reato, è un sentimento, proprio come l’amore. Sono le manifestazioni ispirate dall’odio ad essere punibili quando sfociano nella violenza, chi l’ha detto che io non posso odiare chi mi pare se ne ho voglia?

il reato è l’istigazione alla violenza, al razzismo, alla xenofobia e omofobia, l’apologia del fascismo, non l’odio.

Allora facciamo rispettare le leggi che ci sono, quelle che qualcuno più lungimirante dei nuovi padri della patria avevano previsto, invece di pensare ad una legge speciale, ad personam, salvaboldrini.

Fa notare  Alessandro Gilioli  sulla sua pagina di facebook che per Boldrini la procura si è mossa con encomiabile tempestività mentre il sito che pubblica le mail private dei parlamentari grillini è on line senza soluzione di continuità di dieci giorni –  giusto ieri ne ha spiattellate altre dozzine, e che in Italia se sei una donna e sei oggetto di insulti sessisti e minacce via Internet, i casi sono due: se sei una studentessa, una casalinga, un’impiegata o una commessa, fai la coda alla polizia postale e non ne saprai più niente per il resto dei tuoi giorni – o magari finché qualcuno non ti ammazza, se sei il presidente della Camera, fai una bella intervista a Repubblica e immediatamente la Procura apre un’inchiesta.

Boldrini e il controllo

web. Ma la legge c’è

Web e anarchia, lettera aperta a Laura Boldrini

Quando qualche giorno fa un’amica mi aveva mandato in via privata su facebook  un link ad un sito di controinformazione pensavo che fosse l’ennesima bufala circolante in Rete, una di quelle che basta che la condividano in due o tre, perlopiù senza nemmeno verificarne contenuto e credibilità che subito viene ripresa da decine di utenti. 
E invece era tutto vero.

Neli link si riportava la notizia di pattuglie di polizia inviate – senza nessun mandato specifico, alla stessa stregua del blitz a sorpresa per catturare il superlatitante mafioso – per conto della presidente della camera nella casa privata di un cittadino colpevole di aver divulgato per primo il fotomontaggio della falsa Boldrini nuda su una spiaggia.

Al tempo, quando quella foto girava tranquillamente in tante bacheche  avevo scritto che non mi piaceva e continua a non piacermi l’idea che tanta gente non capisce che bisogna distinguere il pubblico dal privato che riguarda un personaggio politico, che c’è un privato che quando non nuoce a nessuno deve essere protetto e tutelato, dunque anche il diritto di una signora, se lo desidera e le piace, di potersi mostrare nuda su una spiaggia, il che non sottintende certamente che della sua voglia di esibizionismo debba poi goderne tutto il pianeta.

I giornali di ieri riportano la notizia secondo cui lo scorso 14 aprile, quando Laura Boldrini aveva scoperto il fotomontaggio su facebook in cui compariva una donna nuda spacciata per lei la polizia postale ha disposto il sequestro delle foto diffuse in Rete e la rimozione della fotografia, dunque nello spazio di poche ore è stata aperta un’indagine, le forze dell’ordine hanno provveduto al sequestro del materiale direttamente dal computer in casa dello sventurato manco si fosse trattato di materiale pedopornografico. 

Naturalmente dallo staff della Boldrini hanno smentito qualsiasi interesse “personale”: pare che a far partire la denuncia sia stato il personale di polizia di Montecitorio senza alcun intervento diretto della presidenza. 

E mi piacerebbe sapere sulla scorta di quale sentimento o richiesta di intervento la polizia interviene anche senza previa denuncia che richieda quell’intervento, Boldrini avrebbe potuto anche avere in mente di lasciar correre e attendere che la questione si spegnesse così come tutto in Rete perde di interesse nello spazio di qualche ora o al massimo qualche giorno. 
La Rete conserva ma molti dei suoi fruitori dimenticano in fretta di tutto.

Ma Laura Boldrini non si è limitata a questo, ha chiesto e ottenuto – pare che sia per ora solo un’ipotesi ancora allo studio – la concessione di una squadra di sette agenti preposti unicamente a monitorare i contenuti web che riguardano solo lei, quindi distratti da altre indagini che riguardano i cittadini comuni che non sono affatto esenti da minacce e offese in Rete, anzi.

Tutto questo inserito in un decreto d’urgenza firmato da Luca Palamara, l’ex presidente dell’ANM. 

Il decreto prevede anche il sequestro preventivo tramite oscuramento di tutte le pagine web in cui sono inseriti riferimenti su di lei. 

Naturalmente tutti i cittadini in presenza di qualcosa che ritengono offensivo, pericoloso per la loro incolumità, sicurezza, hanno il diritto di rivolgersi alle forze dell’ordine chiedendo tutela per sé e per le persone care, nella fattispecie figli ancora minorenni che potrebbero subire un danno psicologico nel vedere immagini cruente o volgari delle loro mamme anche se ricavate da fotomontaggi.

Di tutta questa storia stupisce però la sveltezza con cui questa pratica è stata avviata e il sostegno immediato di Pietro Grasso, che da ex magistrato dovrebbe sapere benissimo che non c’è bisogno di nessuna legge speciale visto che ce ne sono moltissime, normali, già sufficienti alla tutela delle persone.

E, a margine di questo penso che anche i figli della mussolini debbano essere tutelati dalla visione di foto volgari che riguardano il passato della loro madre ma che invece alla prima occasione vengono riproposte in Rete, e preservati dalla lettura degli insulti rivolti alla loro madre, che potrebbe essere la donna peggiore del mondo ma è appunto, la loro madre.

Così come questo diritto ce l’ha il figlio della santanché e generalmente ce l’hanno tutte quelle persone che vengono insultate, dileggiate, spesso fatte oggetto di minacce vere e proprie e non invece, semplicemente criticate per l’incapacità politica e professionale, per la loro disonestà politica e non ma per un “altro” che nulla c’entra né dovrebbe entrare con il loro ruolo pubblico e politico.

Laura Boldrini non è la più bella del reame e non può pretendere attorno a sé lo stato di polizia, la censura preventiva né nessuna legge “speciale”.

Se la politica di tre quarti del pianeta ha una paura fottuta della Rete un motivo, anche più d’uno,  ci sarà, se i regimi e le dittature ne inibiscono l’uso significa che tanto inutile non è, è pericolosa casomai per chi vuole impedire la libera diffusione/circolazione delle idee e di quelle notizie che “sfuggono” ai media tradizionali, quelli abituati a dover servire un padrone, anzi, IL padrone, se parliamo di Italia.

E se la politica spesso si scaglia contro la Rete ritenendola responsabile della qualunque, solo questa è  già un’ottima ragione per difenderla e continuare ad usarla.

Di molestie virtuali, trollismo e cose così


Fenomenologia di un troll

(Federico Mello – Il Fatto Quotidiano)

Quello delle molestie via web è un problema da sempre sottovalutato.
Perché per molti la Rete è una sorta di zona franca dove tutto deve essere concesso in virtù della libera espressione/diffusione dei pensieri che secondo il parere di tanti qui non deve subire nessun tipo di controllo perché altrimenti sarebbe censura.
Invece non è affatto così, perché il confine che separa il consentito dalla diffamazione e dall’ingiuria è molto labile.
Io, da donna che si espone ho subìto spesso attacchi volgari dei quali non mi sono preoccupata finché non si sono trasformati in stalking vero e proprio.
Come ho scritto varie volte ormai,  avevo un blog molto letto, apprezzato e seguito su una piattaforma definita scherzosamente libera, la cosa suscitava parecchie invidie in un portale che fa la lista dei bravi e dei meno bravi e dove i bravi ci vanno a finire anche loro malgrado, anche quando il loro unico interesse è scrivere e non far parte della gabbia di uno zoo,  per mezzo di algoritmi che fanno salire e scendere la classifica anche se  un blog viene usato per scriverci buongiorno, buonasera e buonanotte a ripetizione.
C’è gente che per “vedersi” su una pagina web sarebbe disposta a vendersi madri e figli.
Dopo tre anni, tremila post (la maggior parte dei quali miei, non scopiazzature di altri né copiaincolla di gossip e amenità superficialmente inutili come spesso si usa fare nei blog personali), i responsabili di quel portale anziché agire, come sarebbe stato giusto fare contro chi molestava, perseguitava, insultava e minacciava hanno  pensato bene di risolvere il problema alla radice cacciando me.
Oltre il danno la beffa: ci ho messo mesi per metabolizzare quella porcata, una vigliaccata simile sarebbe stata impossibile perfino da immaginare e invece è accaduta davvero.
Ero assolutamente tranquilla perché pensavo che in una piattaforma che vive anche di visibilità ottenuta grazie alla sua community (in realtà un covo di serpi), nessuno avrebbe mai pensato di perdere uno dei suoi ‘prodotti’ migliori. E invece li avevo sopravvalutati, gente incapace che non ha nessuna capacità manageriale e che si affida allo strumento della delazione trasformando gli utenti in spie.
E in questo ambiente non è difficile trovare gente frustrata che si presta al gioco, anzi, che si fa usare prestandosi ad operazioni disgustose come lo  strumento obbrobrioso della segnalazione anonima, bastano tre o quattro persone alle quali si è antipatici per vari motivi [diversità di opinioni, capacità di catturare consenso e apprezzamento, insomma tutta quella serie di cose positive che in un ambito come quello della piattaforma in questione non fanno pendant con tutto il resto],  che si organizzano per segnalare a oltranza e il ban scatta d’ufficio senza una verifica attenta, senza dare  la possibilità di rimuovere eventualmente  solo i materiali “incriminati” e salvare tutto il resto: nessuno mi ha mai più restituito niente.

In Rete purtroppo ogni argomento può essere usato contro chi lo tratta, se scrivi di politica e sei donna ma soprattutto se lo sai fare in modo intelligente, ironico il massimo del complimento che può arrivare è il solito consiglio a fare più sesso, anzi, a farselo fare.
 Se racconti di un tuo disagio, e sei donna, specialmente una donna adulta il massimo della considerazione che la gente può avere di te è che sei una che fa poco sesso, una frigida, un’insoddisfatta.
Comunque una che per risolvere i problemi deve fare più sesso.
Insomma, il quoziente intellettivo di certuni che è pari a quello di una tartaruga in letargo non offre molte alternative.
Sono malati mentali, gente che non troverebbe residenza in nessun contesto civile. Invidiosi solo del fatto che una persona sa vivere anche i suoi spazi virtuali senza incarnare il ruolo dello sfigato, di quello che sta qui per colmare solitudini eccetera.

C’è gente che vive nell’ossessione di altra gente.
Di me sono arrivati perfino a mettere in dubbio la località delle mie vacanze dopo che avevo inserito nel blog alcune foto dal posto in cui ero.
Si chiamano fake, persone che s’identificano in altre e siccome non lo sono tentano di esaltarne solo il lato negativo allo scopo di diminuirne prestigio, valore e farle scadere quindi agli occhi della gente.
Questi sono fatti piuttosto frequenti in quei portali dove esiste una qualsivoglia ‘comunità’, dove ci sono persone costrette, bene o male ad incrociarsi tutti i giorni, e quando la vita non è così cortese con qualcuno è facile poi che venga bersagliata quella di chi decide per scelta personale di portare in rete il suo meglio, lasciando da parte drammi personali, sconfitte amorose, quelle cose che nelle blogosfere fanno audience.
Se una persona dimostra di essere “normale” a molti questo non va giù, non può esistere qualcuno che sa vivere uno spazio virtuale serenamente, che ogni giorno sa trovare un argomento coinvolgente del quale tante persone vogliono parlare.
E quella persona deve sparire, per farne apparire altre, on line c’è ancora il blog dove si è organizzato il complotto ai miei danni  e dove ci si è vantati della missione compiuta, tutti lo hanno visto, centinaia di persone avrebbero potuto testimoniarlo, molte lo hanno fatto, meno però i cosiddetti responsabili, quelli che avrebbero dovuto evitare che una schifezza simile potesse avvenire in casa loro.

 Il problema è che ci sono affermazioni che non possono essere considerate libera espressione del proprio pensiero.
 E allora no, io difenderò sempre il diritto ad una libera espressione del pensiero quando viene esposta civilmente, anche in modo duro, ironico,  ma mai quello che molti pensano sia un loro diritto e cioè insultare, dileggiare, offendere e diffamare chi scrive.
Perché la diffamazione è ancora e per fortuna un reato.
Ecco perché penso che delle regole anche minime devono esserci, non basta la netiquette né delle faq molto spesso insufficienti e ridicole: bisogna tutelare chi fa del web un uso consono, chi non dimentica neanche qui il rispetto e l’educazione.
Un conto è la critica anche dura, vivace nei confronti della politica, di quei fatti che inevitabilmente suscitano sdegno, indignazione e rabbia, e un altro è la diffamazione, il discredito gettati sulle persone  che la esprimono da altre persone che possono farlo perché sanno di non rischiare praticamente  nulla.

Così non funziona, non può funzionare.

La domanda unica da farsi e alla quale qualche autorità dovrebbe dare una risposta è solo una: può una persona essere lasciata tranquilla quando i suoi comportamenti non nuocciono? perché io devo fare a meno di un blog, della mia partecipazione ad un social network se so di fare un buon uso dell’uno e dell’altro? perché è questo alla fine che conta, il poter vivere ognuno i propri spazi – che siano reali o virtuali – come e quanto vogliamo, se sappiamo di farlo bene, di non violare nessuna regola.

Facebook, timeline e la privacy “violata”.

Cito da “Repubblica.it”: Il nuovo volto di Facebook, ecco “Diario”.

Quando si dice che Fb raccoglie la vita online degli utenti non si esagera: e l’azienda fondata da Mark Zuckerberg prende questa missione molto sul serio. Da oggi sarà disponibile per tutti gli utenti del social network la nuova interfaccia pubblica, chiamata Timeline (e tradotto Diario in italiano). Una nuova grafica per il profilo – ovvero come gli altri utenti visualizzano i dati su di voi – completamente rivoluzionata, che per i primi sette giorni sarà ‘privata’ prima di diventare di pubblico dominio

             Il metodo per evitare guai o cose spiacevoli in Rete è abbastanza semplice: mai scrivere su Facebook qualcosa che non vorremmo vedere pubblicato sui quotidiani. E inoltre, bisognerebbe capire e abituarsi al fatto che, a tutti i livelli, la comunicazione digitale porta più trasparenza e di conseguenza più tranquillità.
Sono una fan della trasparenza in Rete.
Sono stata vittima di cyberstalking e, in misura minore rispetto a quando avevo il blog sulla piattaforma cosiddetta ‘libera’ lo sono ancora.

So che c’è sempre qualcuno che mi osserva da lontano e non certo perché sia interessato alle cose che scrivo.

Bisogna passarci nelle cose per capire che significa essere osservati giorno e notte, seguiti di dove in dove, molestati e minacciati di continuo in una messaggeria e in un blog, non avere nessun modo per tutelarsi e nessuna tutela da chi gestisce piattaforme dove si autorizza, si incentiva e si promuove il tentativo di distruzione morale delle persone permettendo che si diffami pubblicamente chi non ha mai avuto problemi a mettere la sua faccia davanti e insieme alle cose che scriveva lì dentro.

Ecco perché penso che non avrei nessun problema a fornire i miei dati personali in cambio di una maggior tutela in Rete.

Dati che ovviamente devono restare protetti dai gestori delle varie piattaforme.

Perché bisogna capire che l’anonimato totale non garantisce la gente perbene che si comporta qui così come fa nella sua vita di sempre quanto invece lo fa per i tanti criminali, malati mentali, che circolano nel web.

Obbligare invece la gente a fornire quel tanto che basta per essere rintracciabili in qualsiasi momento io lo trovo giusto.

Chi non fa nulla di male non ha niente da temere. Nemmeno qui.
Passare alla versione Timeline di Facebook non modifica di una virgola le funzioni impostate. Quel che si vuole mantenere privato resta privato. Internet e privacy sono già un ossimoro di per sé, è impossibile non lasciare tracce quando si naviga, dal primo momento che ci si avventura in Rete, solo mandando una mail o rispondendo ad un commento su un sito qualunque si viene “tracciati”.

E che dire delle carte di credito, di una sim del cellulare, delle carte fedeltà raccoglipunti del supermercato? sono tutti strumenti di controllo coi quali si scoprono cose molto più private di quanto lo sia invece condividere notizie, video musicali, mettere un ‘mi piace’ al commento dell’amico.

E’ però possibile non divulgare cose di sé che rendano vulnerabili. Chi ha tutta questa paura di essere violato nel suo privato, nell’intimo della sua vita reale dovrebbe semplicemente evitare di raccontare qui particolari della sua vita che potrebbero metterl* in difficoltà. Voglio dire, non è necessario scrivere in Rete e su un SN quanto si guadagna e con chi si fa all’amore.

Se siamo qui è più che evidente che ci piace essere guardati, letti e guardare e leggere gli altri.

E la gente questo fa: guarda e legge quello che noi le mettiamo a disposizione, niente di più e niente di meno.