Sottotitolo: un giorno qualcuno ci spiegherà perché si continua a considerare forza Italia e berlusconi il centro destra “moderato”.
Ma moderati de che?
I peggiori reazionari, epidermicamente ostili alle regole democratiche sono tutti al fianco di berlusconi che ha riportato fuori dalle fogne la peggior feccia fascista per fare numero, e non si capisce perché si continua a spacciare berlusconi per un politico moderato mentre in realtà è solo uno smodato farabutto.
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Se qualcuno viene minacciato pubblicamente non ha forse il diritto di difendersi pubblicamente? Io dico di sì.
Quindi, tutti quelli che “ancora berlusconi”, a proposito dell’apertura, maestosa, di Michele Santoro ieri sera a Servizio Pubblico farebbero bene a tacere, visto che probabilmente non hanno mai fatto parte delle persone minacciate da berlusconi o da chi per lui, squadracce fasciste comprese.
Travaglio ha spiegato perfettamente che la decadenza politica di berlusconi non coincide con la perdita del potere che lui ha potuto accumulare grazie a chi non ha mai fatto nulla per impedirlo, ovvero la politica cosiddetta di opposizione, le istituzioni che ancora oggi lo ritengono un interlocutore degno di accoglienza e ascolto e il solito giornalismo che “franza o spagna, eccetera eccetera”.
berlusconi ha ancora molte possibilità in questo paese, quindi fa benissimo chi parla di lui non per compatirlo, per descrivere la figura del povero vecchio finito e rincoglionito dai bagordi ma per mettere in guardia chi pensa che lui non abbia più la possibilità di condizionare il consenso verso di lui.
L’eternità a berlusconi non gliel’hanno regalata Santoro e Travaglio, anche basta con questa stronzata immonda, con questa falsità usata da tutti quelli che potevano contrastare berlusconi e il suo potere ma non lo hanno mai fatto per screditare gli unici giornalisti che ce lo hanno sempre mostrato e descritto per come è.
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Il processo Ruby e la responsabilità civile come arma contundente
In attesa di valutare i paventati e prevedibili effetti concreti della responsabilità di cui la maggioranza va orgogliosa, abbiamo avuto un’anticipazione dell’uso intimidatorio e ritorsivo della nuova legge a livello politico e mediatico: un messaggio preventivo ai magistrati.
E questo scatenamento di minacce e di anatemi solo perché nella fisiologia dei tre gradi di giudizio e soprattutto grazie al provvidenziale intervento in itinere della riforma Severino la Cassazione ha confermato un’assoluzione dopo una condanna in primo grado.
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Il “sistema prostitutivo” messo in piedi da berlusconi non è un teorema inventato dai suoi oppositori politici – semmai ce ne fosse rimasto ancora qualcuno – né da magistrati che non hanno niente di meglio da fare che indagare su un personaggio di cui altrove non si parlerebbe più da almeno quindici anni. Come ha ben detto Santoro ieri sera a Servizio Pubblico il fatto che non si sia potuta confermare la concussione nell’appello definitivo grazie al ritocchino in corsa della legge Severino, concussione che invece c’è stata nella telefonata di b a Ostuni come ci fu quando bastarono quattro parole di berlusconi in una conferenza stampa all’estero per licenziare Biagi, Luttazzi e lo stesso Santoro dalla Rai sono parte di un enorme vuoto legislativo, sono la dimostrazione che il potere politico tracima laddove non dovrebbe.
In un altro paese, dove i giudici non sono costretti a considerare continuamente il clima politico né il consenso del politico che sono chiamati a giudicare, cosa accaduta nella concessione dei servizi sociali che non spettavano al frodatore mai pentito in quanto privo dei requisiti minimi non sarebbe andata a finire così. La Cassazione è frutto di nomine politiche, della stessa politica che fa le leggi che i magistrati poi devono rispettare, e finché a fare le leggi saranno anche quelli che poi entrano nei tribunali da imputati la situazione sarà sempre quella di uno stato fin troppo rigoroso coi ladri di polli ma molto poco intransigente col potente delinquente, verso il quale la legge viene applicata sempre al ribasso.
Come dice spesso il giudice Davigo se i politici indagati, sotto processo per reati che non hanno niente a che fare con l’esercizio della politica si facessero da parte, fossero costretti a farlo dai loro pari, possibilmente senza una legge che stabilisca se un politico indagato si deve o no allontanare dalla scena politica, i giudici si troverebbero davanti un cittadino come un altro, non dovrebbero subire pressioni di alcun tipo e certi processi si potrebbero svolgere in un clima più disteso, lontano dai riflettori e dal voyeurismo da talk show. E probabilmente avrebbero tutt’altri esiti. Al di là di ogni sentenza ufficiale restano i fatti stabiliti proprio nel processo che ha assolto berlusconi, che da presidente del consiglio ha telefonato in una questura per sollecitare un favore personale, che c’è stata la prostituzione e ci sarebbe stato anche l’abuso di potere se qualcuno non lo avesse cancellato.
That’s all folks.
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Per me Ilda Boccassini è e resterà una gran donna, l’eccellente Magistrato che coraggiosamente ha sfidato il sistema marcio e criminale di questo paese che premia i delinquenti, i furbi, gl’incompetenti grazie al familismo, al clientelismo, alle raccomandazioni, ai ricatti politici, all’opportunismo, relega gli onesti, anche quelli che avrebbero titoli e meriti per stare al posto dei vari manovratori nelle stanze del potere nel limbo di chi non ha diritti, nemmeno di poter dimostrare quanto vale.
La ringrazio per aver tolto anche l’ultimo velo dal mantello di ipocrisia con cui è stato ricoperto e protetto un personaggio squallido, disonesto da sempre, uno di cui si dovrebbero vergognare anche i figli che è stato trasformato in un politico rispettabile malgrado e nonostante non sia mai stato l’uno né l’altro da un certo giornalismo, dalla politica e dalle istituzioni alte e altissime.
Uno che senza il castello di menzogne e coperture che è stato costruito intorno a lui, senza la politica che lo ha lasciato fare e in molti casi lo ha aiutato a fare, si è nascosta dietro la sua ingombrante presenza per sembrare migliore di lui, per elevarsi dalla sua pochezza, senza l’esercito di manipolatori a libro paga di cui si è servito per portare a termine l’unico suo progetto, quell’impunità eterna che gli interessava avere dal primo giorno in cui da abusivo e impostore si è presentato in società, non avrebbe mai avuto nessuna possibilità.
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Non chiedo scusa a berlusconi – Michele Santoro a Servizio Pubblico
Non chiedo scusa a Berlusconi, ha mentito agli italiani, ha detto “Ad Arcore si tenevano cene eleganti, qualche volta si ballava, ma io non partecipavo al ballo per un fioretto fatto in gioventù; più spesso si parlava di politica, di gossip, io confezionavo battute e cantavo i pezzi di Apicella. Mai si sono svolte scene di valenza sessuale”. La sentenza che lo assolve in appello, che lo fa giustamente gioire perché confermata in cassazione dice invece testualmente: “Le serate di Arcore erano caratterizzate da atti sessuali pubblici per stimolare la libidine del padrone di casa”. È normale che un imputato a sua difesa dica qualsiasi cosa, ma un Presidente del Consiglio, in un paese serio, non può permettersi di prendere per i fondelli gli elettori senza conseguenze.
Non chiedo scusa agli italiani, che troppo consegnano alle sentenze la selezione della classe dirigente del loro paese e, tanto meno, chiedo scusa a chi oggi crocifigge la Bocassini, perché prima dovrebbe spiegare a quelli che li ascoltano, che se una minore viene fermata per furto e racconta di prostituirsi a pagamento in un giro che coinvolge il Presidente del Consiglio i magistrati dovrebbero far finta di non sentire e girarsi dall’altra parte.
Non chiedo scusa al dottor Ostuni, capo gabinetto del questore di Milano, che la sentenza di assoluzione dice chiaramente non è stato né costretto né concusso né indotto ad agire in quel modo. Ma alla Repubblica Anna Maria Fiorillo, il magistrato che aveva deciso di avviare Rubi in comunità spiega: “Io impartisco una disposizione, ma la funzionaria di polizia la disattende”. Perché la disattende? Perché glielo chiede il suo capo, Ostuni, e perché glielo chiede? Perché riceve la telefonata di Berlusconi.
E qui che sta l’abuso. Il Presidente del Consiglio, scrive, proprio così, la sentenza che lo assolve, agisce, non per altruismo, ma nel suo personale interesse: alza il telefono per impedire uno scandalo che potrebbe nuocergli. Allo stesso modo, lo stesso Presidente del Consiglio, ha potuto alzare il telefono per chiedere ad altre autorità, che dovrebbero essere indipendenti, di chiudere i programmi a lui sgraditi.
Non si è verificato un reato né nel primo caso, né nel secondo caso. Io questa la considero una enormità, un vuoto della legge, un vuoto del diritto, anche se noi viviamo in un paese in cui il candidato governatore del PD in Campania definisce l’abuso di ufficio una sciocchezza.
Dunque, chiedo scusa, ma solo a voi spettatori, non per aver detto cose false, visto che abbiamo sempre detto cose che si sono confermate come vere, ma per il disturbo che certe trasmissioni hanno provocato.
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Gli olgettini – Marco Travaglio, 13 marzo
Ricordate il processo Mills? Nel 2005 si scoprì che B. aveva pagato 600 mila dollari all’avvocato inglese, creatore di decine di società offshore nei paradisi fiscali per schermare le sue frodi fiscali e i suoi fondi neri, perché non raccontasse nulla nei due processi dov’era testimone: quello per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e quello per la mazzettona da 21 miliardi di lire a Craxi dai conti All Iberian. Mills testimoniò il falso, o meglio disse poco o nulla di ciò che sapeva, poi riferì al suo commercialista “ho tenuto Mr B. fuori da un mare di guai”, e B. la fece franca: condannato e poi prescritto nel 1999 su All Iberian, condannato e poi assolto in Cassazione nel 2001 sulla Gdf per insufficienza di prove.
Quelle prove che Mills, se non fosse stato pagato, avrebbe portato in aula, dimostrando il movente delle tangenti ai finanzieri: l’interesse personale di B. ad addomesticare le verifiche per evitare che il sistema All Iberian affiorasse già a fine anni 80. Mills fu poi condannato in primo e secondo grado, poi prescritto in Cassazione (ma sicuro colpevole, infatti dovette risarcire il ministero della Giustizia). B., a furia di allungare il brodo fra leggi e lodi ad personam, arraffò la prescrizione già in primo grado. Così la sfangò sia nel processo a monte (Gdf) sia in quello a valle (Mills). Se non avesse corrotto Mills, nel 2001 anziché assolto sarebbe stato condannato e, da pregiudicato, sarebbe finito subito in galera anziché a Palazzo Chigi, senza uscirne più. E di lì si sarebbe visto negare le attenuanti generiche che gli regalarono la prescrizione in cinque successivi processi, accumulando altrettante condanne. Ma, siccome la corruzione di Mills fu scoperta dopo la conclusione del processo Guardia di Finanza, questo ormai era impossibile da riaprire, in virtù del ne bis in idem. Conclusione: corrompere i testimoni conviene. Ora, mentre si chiude per sempre il processo Ruby-1, sta per aprirsi il processo Ruby-3: B., tanto per cambiare, è accusato di aver corrotto una cinquantina di testimoni, fra cui Ruby e un esercito di olgettine, perché dicessero il falso o tacessero il vero nel Ruby-1. Che le abbia pagate, non c’è dubbio: milioni all’ex minorenne, centinaia di migliaia di euro alle maggiorenni. Resta da dimostrare la causale dei versamenti: se fosse il silenzio e/o la menzogna delle destinatarie, verrebbe condannato per corruzione in atti giudiziari e non ci sarebbe prescrizione che tenga, visto che il reato continua tuttora. A quel punto, però, gli sarebbe comunque convenuto corrompere.
Grazie al silenzio o alle bugie delle testimoni, l’ha fatta franca nel Ruby-1. E, quanto al Ruby-3, campa cavallo: fra primo, secondo e terzo grado, ci si rivede fra 7-8 anni: quando B. ne avrà 86-87 e forse, chissà, sarà politicamente fuori gioco. A quel punto qualcuno potrebbe ricordarsi della sentenza di martedì sera: quella che l’ha assolto dall’induzione perché la Severino l’ha di fatto resa impunibile, e dalla prostituzione minorile perché le prove sulla sua consapevolezza della minore età di Ruby sono insufficienti. Chi avrebbe potuto fornirle, quelle prove? Ruby e le olgettine, che però – sempreché l’ipotesi accusatoria regga al vaglio processuale – sono state corrotte. Il processo Ruby-1 non si potrà rifare (ne bis in idem), ma almeno sarà legittimo ritenerel’assoluzioneinappelloe inCassazioneunerroregiudiziario, e rivalutare – almeno sulla prostituzione minorile – la condanna in Tribunale. Questa, naturalmente, è un’ipotetica del terzo tipo, almeno in Italia, dove il panorama mediatico è dominato da giornalisti e commentatori stipendiati da B. I quali, senza un filo d’imbarazzo per il loro conflitto d’interessi di impiegati dell’imputato, continuano a pontificare sui processi al principale tirandosela da osservatori super partes. Montano in cattedra e chiamano sul banco degli imputati chi ha sempre scritto la verità, intimandogli di discolparsi, pentirsi, scusarsi col puttaniere. I più spudorati fanno a gara a inventarsi costi immaginari di un processo costato 65 mila euro (Il Tempo li calcola in “mezzo milione”, Salvini in “qualche milione”, Libero in “500 miliardi”: chi offre di più?). I più impermeabili al ridicolo, tipo quello con le mèches, scrivono che “l’Italia aveva già capito tutto” e “la gente aveva emesso già da tempo la sua sentenza”: infatti, dopo Ruby, il padrone ha perso appena 6,5 milioni di voti. I più commoventi sono gli Stanlio e Ollio del Foglio. Stanlio, il direttore Cerasa che si ostina a scrivere di giustizia senza distinguere un codice da un paracarro, vaneggia di un presunto “reato di cena elegante”, come se nel Codice penale non esistessero la concussione, l’induzione e la prostituzione minorile e, anziché farsi qualche domanda su chi gli paga lo stipendio, emette la sua personale condanna contro i veri “colpevoli”: “i professionisti del moralismo, i campioni del porno-giornalismo”. Ollio, l’ex direttore Ferrara, rivendica orgoglioso la manifestazione autobiografica “Siamo tutti puttane” da lui promossa per difendere quello che da vent’anni e più gli passa la mesata: l’amichetto della nipote di Mubarak (una “storiella alla Totò” che “chi non possiede il sense of humour” non può cogliere). Sempre Il Foglio ricorda che pure i processi per le tangenti Fininvest ai giudici romani, svelati da Stefania Ariosto, “finirono tra proscioglimenti e miserie personali della supertestimone”: tipo le condanne di Previti, Metta, Pacifico e Acampora a 7 anni e mezzo per Mondadori e Imi-Sir. In qualunque paese la parola di questi gazzettieri olgettini varrebbe una cicca. In Italia, oro colato. È ora di riabilitare Ruby e le altre olgettine: anche loro raccontano un sacco di balle, ma almeno si fanno pagare meglio.