That’s all folks? [sì, ve piacerebbe]

Sottotitolo: un giorno qualcuno ci spiegherà perché si continua a considerare forza Italia e berlusconi il centro destra “moderato”.
Ma moderati de che?
I peggiori reazionari, epidermicamente ostili alle regole democratiche sono tutti al fianco di berlusconi che ha riportato fuori dalle fogne la peggior feccia fascista per fare numero, e non si capisce perché si continua a spacciare berlusconi per un politico moderato mentre in realtà è solo uno smodato farabutto.

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Se qualcuno viene minacciato pubblicamente non ha forse il diritto di difendersi pubblicamente? Io dico di sì.
Quindi, tutti quelli che “ancora berlusconi”, a proposito dell’apertura, maestosa, di Michele Santoro ieri sera a Servizio Pubblico farebbero bene a tacere, visto che probabilmente non hanno mai fatto parte delle persone minacciate da berlusconi o da chi per lui, squadracce fasciste comprese.
Travaglio ha spiegato perfettamente che la decadenza politica di berlusconi non coincide con la perdita del potere che lui ha potuto accumulare grazie a chi non ha mai fatto nulla per impedirlo, ovvero la politica cosiddetta di opposizione, le istituzioni che ancora oggi lo ritengono un interlocutore degno di accoglienza e ascolto e il solito giornalismo che “franza o spagna, eccetera eccetera”.
berlusconi ha ancora molte possibilità in questo paese, quindi fa benissimo chi parla di lui non per compatirlo, per descrivere la figura del povero vecchio finito e rincoglionito dai bagordi ma per mettere in guardia chi pensa che lui non abbia più la possibilità di condizionare il consenso verso di lui.
L’eternità a berlusconi non gliel’hanno regalata Santoro e Travaglio, anche basta con questa stronzata immonda, con questa falsità usata da tutti quelli che potevano contrastare berlusconi e il suo potere ma non lo hanno mai fatto per screditare gli unici giornalisti che ce lo hanno sempre mostrato e descritto per come è. 

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Il processo Ruby e la responsabilità civile come arma contundente

In attesa di valutare i paventati e prevedibili effetti concreti della responsabilità di cui la maggioranza va orgogliosa, abbiamo avuto un’anticipazione dell’uso intimidatorio e ritorsivo della nuova legge a livello politico e mediatico: un messaggio preventivo ai magistrati.

E questo scatenamento di minacce e di anatemi  solo perché nella fisiologia dei tre gradi di giudizio e soprattutto grazie al provvidenziale intervento in itinere della riforma Severino la Cassazione ha confermato un’assoluzione dopo una condanna in primo grado.

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Il “sistema prostitutivo” messo in piedi da berlusconi non è un teorema inventato dai suoi oppositori politici –  semmai ce ne fosse rimasto ancora qualcuno – né da magistrati che non hanno niente di meglio da fare che indagare su un personaggio di cui altrove non si parlerebbe più da almeno quindici anni. Come ha ben detto Santoro ieri sera a Servizio Pubblico il fatto che non si sia potuta confermare  la concussione nell’appello definitivo grazie al ritocchino in corsa della legge Severino, concussione che invece c’è stata nella telefonata di b a Ostuni come ci fu quando bastarono quattro parole di berlusconi in una conferenza stampa all’estero per licenziare Biagi, Luttazzi e lo stesso Santoro dalla Rai sono parte di un enorme vuoto legislativo, sono la dimostrazione che il potere politico tracima laddove non dovrebbe. 

In un altro paese, dove i giudici non sono costretti a considerare continuamente il clima politico né il consenso del politico che sono chiamati a giudicare, cosa accaduta nella concessione dei servizi sociali che non spettavano al frodatore mai pentito in quanto privo dei requisiti minimi non sarebbe andata a finire così. La Cassazione è frutto di nomine politiche, della stessa politica che fa le leggi che i magistrati poi devono rispettare, e finché a fare le leggi saranno anche quelli che poi entrano nei tribunali da imputati la situazione sarà sempre quella di uno stato fin troppo rigoroso coi ladri di polli ma molto poco intransigente col potente delinquente, verso il quale la legge viene applicata  sempre al ribasso.

Come dice spesso  il giudice Davigo se i politici indagati, sotto processo per reati che non hanno niente a che fare con l’esercizio della politica si facessero da parte, fossero costretti a farlo dai loro pari, possibilmente senza una legge che stabilisca se un politico indagato si deve o no allontanare dalla scena politica, i giudici si troverebbero davanti un cittadino come un altro, non dovrebbero subire pressioni di alcun tipo e certi processi si potrebbero svolgere in un clima più disteso, lontano dai riflettori e dal voyeurismo da talk show. E probabilmente avrebbero tutt’altri esiti.  Al di là di ogni sentenza ufficiale restano i fatti stabiliti proprio nel processo che ha assolto berlusconi, che da presidente del consiglio ha telefonato in una questura per sollecitare un favore personale, che c’è stata la prostituzione e ci sarebbe stato  anche l’abuso di potere se  qualcuno non lo avesse cancellato.

That’s all folks.

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Per me Ilda Boccassini è e resterà una gran donna, l’eccellente Magistrato che coraggiosamente ha sfidato il sistema marcio e criminale di questo paese che premia i delinquenti, i furbi, gl’incompetenti grazie al familismo, al clientelismo, alle raccomandazioni, ai ricatti politici, all’opportunismo, relega gli onesti, anche quelli che avrebbero titoli e meriti per stare al posto dei vari manovratori nelle stanze del potere nel limbo di chi non ha diritti, nemmeno di poter dimostrare quanto vale.
La ringrazio per aver tolto anche l’ultimo velo dal mantello di ipocrisia con cui è stato ricoperto e protetto un personaggio squallido, disonesto da sempre, uno di cui si dovrebbero vergognare anche i figli che è stato trasformato in un politico rispettabile malgrado e nonostante non sia mai stato l’uno né l’altro da un certo giornalismo, dalla politica e dalle istituzioni alte e altissime.
Uno che senza il castello di menzogne e coperture che è stato costruito intorno a lui, senza la politica che lo ha lasciato fare e in molti casi lo ha aiutato a fare, si è nascosta dietro la sua ingombrante presenza per sembrare migliore di lui, per elevarsi dalla sua pochezza, senza l’esercito di manipolatori a libro paga di cui si è servito per portare a termine l’unico suo progetto, quell’impunità eterna che gli interessava avere dal primo giorno in cui da abusivo e impostore si è presentato in società, non avrebbe mai avuto nessuna possibilità.

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Non chiedo scusa a berlusconi – Michele Santoro a Servizio Pubblico

Non chiedo scusa a Berlusconi, ha mentito agli italiani, ha detto “Ad Arcore si tenevano cene eleganti, qualche volta si ballava, ma io non partecipavo al ballo per un fioretto fatto in gioventù; più spesso si parlava di politica, di gossip, io confezionavo battute e cantavo i pezzi di Apicella. Mai si sono svolte scene di valenza sessuale”. La sentenza che lo assolve in appello, che lo fa giustamente gioire perché confermata in cassazione dice invece testualmente: “Le serate di Arcore erano caratterizzate da atti sessuali pubblici per stimolare la libidine del padrone di casa”. È normale che un imputato a sua difesa dica qualsiasi cosa, ma un Presidente del Consiglio, in un paese serio, non può permettersi di prendere per i fondelli gli elettori senza conseguenze.

 Non chiedo scusa a Rubi, che ha raccontato la favola che ha frequentato Berlusconi solo per chiedergli di aiutarla a sottrarsi all’abbraccio di uomini cattivi che la spingevano a prostituirsi, mentre i giudici che assolvono Berlusconi scrivono: “Fra Berlusconi e Rubi c’è stato un effettivo svolgimento di atti di natura sessuale certamente retribuiti”. E l’avvocato Coppi, difensore vittorioso, prima di Andreotti, adesso di Berlusconi,  aggiunge “Va bene, ad Arcore si sono svolte cene e prostituzione a pagamento, ma non c’è prova alcuna né che Berlusconi conoscesse la vera età di Rubi, né che abbia indotto i funzionari di polizia ad agire contrariamente al loro dovere. Ha fatto solo una telefonata, informando che c’era una consigliera regionale pronta a prendere in consegna la minore, Nicole Minetti, che poi si rivelerà” – dice proprio Coppi, attenzione – “quella che è”. Il presidente e la malafemmina.

Non chiedo scusa agli italiani, che troppo consegnano alle sentenze la selezione della classe dirigente del loro paese e, tanto meno, chiedo scusa a chi oggi crocifigge la Bocassini, perché prima dovrebbe spiegare a quelli che li ascoltano, che se una minore viene fermata per furto e racconta di prostituirsi a pagamento in un giro che coinvolge il Presidente del Consiglio i magistrati dovrebbero far finta di non sentire e girarsi dall’altra parte.
Non chiedo scusa al dottor Ostuni, capo gabinetto del questore di Milano, che la sentenza di assoluzione dice chiaramente non è stato né costretto né concusso né indotto ad agire in quel modo. Ma alla Repubblica Anna Maria Fiorillo, il magistrato che aveva deciso di avviare Rubi in comunità spiega: “Io impartisco una disposizione, ma la funzionaria di polizia la disattende”. Perché la disattende? Perché glielo chiede il suo capo, Ostuni, e perché glielo chiede? Perché riceve la telefonata di Berlusconi.
E qui che sta l’abuso. Il Presidente del Consiglio, scrive, proprio così, la sentenza che lo assolve, agisce, non per altruismo, ma nel suo personale interesse: alza il telefono per impedire uno scandalo che potrebbe nuocergli. Allo stesso modo, lo stesso Presidente del Consiglio, ha potuto alzare il telefono per chiedere ad altre autorità, che dovrebbero essere indipendenti, di chiudere i programmi a lui sgraditi.
Non si è verificato un reato né nel primo caso, né nel secondo caso. Io questa la considero una enormità, un vuoto della legge, un vuoto del diritto, anche se noi viviamo in un paese in cui il candidato governatore del PD in Campania definisce l’abuso di ufficio una sciocchezza.
Dunque, chiedo scusa, ma solo a voi spettatori, non per aver detto cose false, visto che abbiamo sempre detto cose che si sono confermate come vere, ma per il disturbo che certe trasmissioni hanno provocato.

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Gli olgettini – Marco Travaglio, 13 marzo

Ricordate il processo Mills? Nel 2005 si scoprì che B. aveva pagato 600 mila dollari all’avvocato inglese, creatore di decine di società offshore nei paradisi fiscali per schermare le sue frodi fiscali e i suoi fondi neri, perché non raccontasse nulla nei due processi dov’era testimone: quello per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e quello per la mazzettona da 21 miliardi di lire a Craxi dai conti All Iberian. Mills testimoniò il falso, o meglio disse poco o nulla di ciò che sapeva, poi riferì al suo commercialista “ho tenuto Mr B. fuori da un mare di guai”, e B. la fece franca: condannato e poi prescritto nel 1999 su All Iberian, condannato e poi assolto in Cassazione nel 2001 sulla Gdf per insufficienza di prove.

 Quelle prove che Mills, se non fosse stato pagato, avrebbe portato in aula, dimostrando il movente delle tangenti ai finanzieri: l’interesse personale di B. ad addomesticare le verifiche per evitare che il sistema All Iberian affiorasse già a fine anni 80.   Mills fu poi condannato in primo e secondo grado, poi prescritto in Cassazione (ma sicuro colpevole, infatti dovette risarcire il ministero della Giustizia). B., a furia di allungare il brodo fra leggi e lodi ad personam, arraffò la prescrizione già in primo grado. Così la sfangò sia nel processo a monte (Gdf) sia in quello a valle (Mills). Se non avesse corrotto Mills, nel 2001 anziché assolto sarebbe stato condannato e, da pregiudicato, sarebbe finito subito in galera anziché a Palazzo Chigi, senza uscirne più. E di lì si sarebbe visto negare le attenuanti generiche che gli regalarono la prescrizione in cinque successivi processi, accumulando altrettante condanne. Ma, siccome la corruzione di Mills fu scoperta dopo la conclusione del processo Guardia di Finanza, questo ormai era impossibile da riaprire, in virtù del ne bis in idem. Conclusione: corrompere i testimoni conviene. Ora, mentre si chiude per sempre il processo Ruby-1, sta per aprirsi il processo Ruby-3: B., tanto per cambiare, è accusato di aver corrotto una cinquantina di testimoni, fra cui Ruby e un esercito di olgettine, perché dicessero il falso o tacessero il vero nel Ruby-1. Che le abbia pagate, non c’è dubbio: milioni all’ex minorenne, centinaia di migliaia di euro alle maggiorenni. Resta da dimostrare la causale dei versamenti: se fosse il silenzio e/o la menzogna delle destinatarie, verrebbe condannato per corruzione in atti giudiziari e non ci sarebbe prescrizione che tenga, visto che il reato continua tuttora. A quel punto, però, gli sarebbe comunque convenuto corrompere.

Grazie al silenzio o alle bugie delle testimoni, l’ha fatta franca nel Ruby-1. E, quanto al Ruby-3, campa cavallo: fra primo, secondo e terzo grado, ci si rivede fra 7-8 anni: quando B. ne avrà 86-87 e forse, chissà, sarà politicamente fuori gioco. A quel punto qualcuno potrebbe ricordarsi della sentenza di martedì sera: quella che l’ha assolto dall’induzione perché la Severino l’ha di fatto resa impunibile, e dalla prostituzione minorile perché le prove sulla sua consapevolezza della minore età di Ruby sono insufficienti. Chi avrebbe potuto fornirle, quelle prove? Ruby e le olgettine, che però – sempreché l’ipotesi accusatoria regga al vaglio processuale – sono state corrotte. Il processo Ruby-1 non si potrà rifare (ne bis in idem), ma almeno sarà legittimo ritenerel’assoluzioneinappelloe inCassazioneunerroregiudiziario, e rivalutare – almeno sulla prostituzione minorile – la condanna in Tribunale. Questa, naturalmente, è un’ipotetica del terzo tipo, almeno in Italia, dove il panorama mediatico è dominato da giornalisti e commentatori stipendiati da B. I quali, senza un filo d’imbarazzo per il loro conflitto d’interessi di impiegati dell’imputato, continuano a pontificare sui processi al principale tirandosela da osservatori super partes. Montano in cattedra e chiamano sul banco degli imputati chi ha sempre scritto la verità, intimandogli di discolparsi, pentirsi, scusarsi col puttaniere. I più spudorati fanno a gara a inventarsi costi immaginari di un processo costato 65 mila euro (Il Tempo li calcola in “mezzo milione”, Salvini in “qualche milione”, Libero in “500 miliardi”: chi offre di più?). I più impermeabili al ridicolo, tipo quello con le mèches, scrivono che “l’Italia aveva già capito tutto” e “la gente aveva emesso già da tempo la sua sentenza”: infatti, dopo Ruby, il padrone ha perso appena 6,5 milioni di voti. I più commoventi sono gli Stanlio e Ollio del Foglio. Stanlio, il direttore Cerasa che si ostina a scrivere di giustizia senza distinguere un codice da un paracarro, vaneggia di un presunto “reato di cena elegante”, come se nel Codice penale non esistessero la concussione, l’induzione e la prostituzione minorile e, anziché farsi qualche domanda su chi gli paga lo stipendio, emette la sua personale condanna contro i veri “colpevoli”: “i professionisti del moralismo, i campioni del porno-giornalismo”. Ollio, l’ex direttore Ferrara, rivendica orgoglioso la manifestazione autobiografica “Siamo tutti puttane” da lui promossa per difendere quello che da vent’anni e più gli passa la mesata: l’amichetto della nipote di Mubarak (una “storiella alla Totò” che “chi non possiede il sense of humour” non può cogliere). Sempre Il Foglio ricorda che pure i processi per le tangenti Fininvest ai giudici romani, svelati da Stefania Ariosto, “finirono tra proscioglimenti e miserie personali della supertestimone”: tipo le condanne di Previti, Metta, Pacifico e Acampora a 7 anni e mezzo per Mondadori e Imi-Sir.   In qualunque paese la parola di questi gazzettieri olgettini varrebbe una cicca. In Italia, oro colato. È ora di riabilitare Ruby e le altre olgettine: anche loro raccontano un sacco di balle, ma almeno si fanno pagare meglio.

Assolto per aver commesso il fatto

 

 La norma sulla concussione inserita nella legge Severino è stata modificata durante il processo di berlusconi.
E certe assoluzioni si possono dare solo quando a fare le leggi che poi i magistrati sono obbligati a prendere in considerazione nei processi e le relative sentenze sono gli stessi imputati nei processi, o chi per loro.
In questo paese da vent’anni collaborano alla stesura delle leggi persone a cui non si darebbe un cane da portare ai giardinetti.
C’è poco da cantar vittoria, quindi, la verità processuale non sempre corrisponde a quella reale.
E non è detto che chi ha l’ultima parola abbia poi automaticamente anche ragione.

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Processo Ruby, ecco perché Silvio Berlusconi è stato assolto

Sottotitolo: non c’erano le prove per condannare berlusconi nel secondo appello ma nel primo ce n’erano da giustificare una richiesta di condanna a sette anni e i giudici avevano ritenuto berlusconi un socialmente pericoloso. Anche nel ribaltamento di una sentenza ci vorrebbe come dire, un senso della misura che faccia poi ritenere credibili i giudici che assolvono. Perché se è vero che le sentenze si devono – purtroppo –  rispettare si possono però ancora commentare. I cosiddetti “principi del foro” hanno legittimato gli uomini potenti, hanno creato un precedente che li potrà assolvere dall’accusa di approfittare di ragazzine minorenni, anche quelle che si svendono consapevolmente,  ai quali basterà dire che non erano a conoscenza dell’età delle “vergini” che si offrono ai draghi e agli imperatori.

Un bel passo avanti in fatto di civiltà giuridica, non c’è che dire.

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Le prime intercettazioni sulle abitudini di b risalgono al 1986, al capodanno in cui si lamentava che le ragazze del Drive in non si erano rese disponibili a festeggiare con lui ed i suoi “illustri ospiti”. Latitanti, mafiosi, le compagnie preferite dello statista più amato dagli italiani degli ultimi 153 anni e più sostenuto e riparato dalle istituzioni e dalla politica negli ultimi venti.
Poi c’è stata tangentopoli e, chissà perché la politica pensò che b fosse quello adatto a ridare all’Italia una parvenza di decenza nonostante e malgrado non avesse nemmeno i requisiti legittimi, costituzionali per accedere alla politica, nella vita di b fra l’altro era già entrato l’eroe mangano, lo stalliere condannato a vari ergastoli per mafia.
Poi c’è stata Noemi, il ripudio di Veronica e tutto il resto.
Ma alla maggior parte della gente questo non interessa.
Non è interessato alla politica che in tutti questi anni non ha mai voluto arginare lo strapotere di berlusconi: una semplicissima legge contro il conflitto di interessi, la legge che a danni ormai fatti doveva essere la madre di tutte le leggi non l’ha mai voluta fare nessuno. E questo è sintomatico di quanto berlusconi si sia servito della politica ma sia anche servito alla politica che dietro alle sue malefatte ha nascosto quelle di altri. Il conflitto di interessi non è solo quello di berlusconi.
Tanto meno è interessato a Renzi che si è seduto al tavolo con uno così per rovesciare quel poco di stato di diritto che avevamo ancora a disposizione in Italia.
Ecco perché per me sono tutti responsabili alla stessa maniera nella costruzione e nel mantenimento in essere di questo personaggio che ha reso l’Italia e gli italiani onesti, gli uomini che non avrebbero mai voluto essere lui e le donne che non avrebbero mai voluto essere loro, le sciagurate che si facevano pagare per fare pompini a statuette di marmo e rendersi ridicole a beneficio del divertimento di un erotomane impenitente e delinquente, lo zimbello del mondo.

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Per par condicio verranno assolti anche tutti quelli che sono stati condannati per prostituzione minorile da sfruttatori o da clienti? Se basta dire di non sapere l’età, di non essersi accorti dell’età, che una di quindici anni ne dimostra diciannove come ha fatto il marito della mussolini perché non possono approfittare anche altri della disponibilità consapevole delle minorenni? In fin dei conti l’unica cosa giusta di questa assoluzione è che berlusconi non ha violentato nessuna, non c’è stata nessuna costrizione, che “le vergini che si sono consegnate all’imperatore” [Veronica dixit], lo hanno fatto consapevoli che berlusconi avrebbe potuto cambiare in meglio la loro vita, e, a vedere come vive oggi Ruby, la piccola e povera fiammiferaia aiutata dal satrapo filantropo è esattamente quello che è successo.
Chissà che è successo in camera di consiglio fra “processo da rifare” e “assoluzione”.
Comunque stiano sereni i forzaitalioti, i berlusclowns come la santanchè che vuole le scuse da Ilda Boccassini e Brunetta che parla di Italia paese migliore grazie all’assoluzione del puttaniere perché la Cassazione ha, come è capitato spesso, rovesciato una sentenza che riguarda il ricco, il potente solo perché, e ormai è certezza, berlusconi non si può condannare “più di così” ma non ha affatto detto che berlusconi non si è fatto rallegrare le serate da donnine, fra cui delle minorenni, a pagamento.
La realtà dei fatti è che questo paese è stato messo nelle mani di uno squallido, disonesto personaggio ripudiato e, mai parola potrebbe essere più appropriata, sputtanato pubblicamente dalla moglie proprio perché il vizietto delle donnine a pagamento lo ha sempre avuto.
La realtà è quella di Noemi che berlusconi conosceva e frequentava prima che la figlia del “papy” compisse diciotto anni nella famosa festa a cui partecipò b e che solo qualche giorno fa ha festeggiato in quel di Arcore il battesimo del suo secondo figlio a cui proprio berlusconi ha fatto da padrino.
La realtà è quella della nipote dello zio che berlusconi si vantò di aver aiutato in un impeto di filantropia, di aver pagato “perché non si prostituisse”, una borderline, oggi ha elevato di molto il suo stile di vita, si gode i soldi che berlusconi le aveva promesso “se avesse fatto la pazza” così come le altre fortunate invitate al bunga bunga delle debuttanti ma i giudici non hanno fatto 2+2. Evidentemente non l’hanno potuto fare.
La realtà è quella delle intercettazioni in cui la Minetti, un’altra favorita dell’harem definisce quello che era il presidente del consiglio “un uomo di merda”, uno col “culo flaccido” che con i suoi comportamenti e le sue frequentazioni ha prima di tutto ridicolizzato l’Italia agli occhi del mondo e in secondo luogo si è reso facilmente ricattabile da chi con la minaccia di rivelare ciò che sapeva e che vedeva ha potuto facilmente ottenere delle cose da lui. E questo a mio avviso è accaduto anche più di una volta.
La realtà è quella delle toghe rosse, dei giudici matti, antropologicamente diversi dalla razza umana ma che sono stati proprio quelli che hanno tentato in tutti i modi di restituire una dignità a berlusconi grazie a leggi inefficaci fatte dalla politica ma da loro opportunamente interpretate come è stato per la condanna sulla frode che un altro cittadino non avrebbe scontato passeggiando al centro anziani.
E last but not least, la realtà purtroppo incontrovertibile è che finché a fare le leggi saranno quelli che le accomodano a loro immagine e somiglianza questo paese non potrà uscire dalla melma e dalla vergogna in cui la politica di questi ultimi vent’anni ha fatto sprofondare l’Italia.

Miche’, che fai, lo cacci?

 

Se b ha affidato Ruby alla Minetti sapeva che fosse minorenne, altrimenti non sarebbe stato necessario nessun affidamento, quando la portava alle cene eleganti no? Quella sentenza è una vergogna, altroché le sentenze che si rispettano.

In un paese dove nemmeno i reati e le relative condanne, anche definitive riescono a mettere fuori gioco i delinquenti della politica c’era giusto da declassare l’abuso, neutralizzarlo, renderlo un non reato per scagionare il solito criminale dalle sue responsabilità.

Ha fatto benissimo il giudice Tranfa ad abbandonare la Magistratura dopo l’assurda sentenza che ha assolto berlusconi dall’accusa di essere uno sfruttatore di ragazzine.
Questo è dimostrare di avere una coscienza civile.
La giusta risposta ad uno stato che non sa, perché non può, far uscire definitivamente dalla scena pubblica e politica un delinquente abituale che dello stato si è fatto beffe violando tutte le leggi che regolano la civile convivenza, lo ha derubato, lo ha rinnegato quando ha scelto di avere protezione per sé e per i suoi figli da quell’antistato che si chiama mafia ma continua ad avere tutela, riconoscimento anche politico e protezione, che ad altri cittadini nella sua stessa condizione di pregiudicati e traditori dello stato sono negati, proprio dallo stato.

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Per essere sicura di aver capito la dinamica dei fatti mi sono riguardata il delizioso siparietto altre due volte oltre la diretta. Ma conoscendo i precedenti di Santoro, il suo carattere, l’aver fatto il professorino permaloso già con altri suoi collaboratori e colleghi i dubbi si sono sciolti come neve al sole. Di Travaglio si può dire tutto ma è innegabile che sia il giornalista più insultato d’Italia. A me il tutti contro uno, lo squadrismo di chi si coalizza contro qualcuno sulla base della persona e non delle cose che dice e scrive come sarebbe giusto fare riguardo ad un giornalista non è mai piaciuto, forse perché spesso l’ho subito e non è una sensazione piacevole.

Spero che Marco Travaglio, anche se ci credo poco, non torni più a Servizio Pubblico, troppo libero per la figura di maniera che si è ritagliato Santoro in questo ultimo periodo solo perché deve – in ogni trasmissione – infilare il contenzioso con Grillo che ha inserito pure lui nella sua lista dei giornalisti canaglia.

Anche se Travaglio avesse avuto torto marcio Santoro non lo doveva zittire, chiedere a qualcuno in malo modo di tacere è cattiva educazione e pessimo stile.

Specialmente se si fa in pubblico, che sia uno studio televisivo o davanti ad una pizza con gli amici.

Le ragioni di quello che è successo a Servizio Pubblico fra Marco Travaglio e Michele Santoro non sono però nella trasmissione di ieri sera.
E’ una storia che parte da lontano, da quando Santoro dopo essere stato cacciato dalla Rai per i motivi che ormai tutti conoscono ha deciso di sdoganare televisivamente Marco Travaglio e metterselo al fianco ANCHE per dare un segnale a chi lo aveva fatto cacciare dalla Rai.
La leggenda di Santoro e Travaglio, i giornalisti più invisi e odiati da berlusconi che hanno ridato ossigeno a berlusconi nella famosa puntata di Servizio Pubblico è, appunto, una leggenda.
Una favoletta che si raccontano quelli che delle dinamiche da talk sanno poco e niente e spesso si riducono a guardarne gli stralci in Rete anziché seguire tutta la puntata.
Quella fra Santoro e Travaglio è una questione caratteriale, quei due non si prendono proprio, troppo diverso il modo di fare giornalismo e troppo dirompenti entrambe le personalità.
Travaglio è uno che entra nel dettaglio delle cose, Santoro è uno a cui piace interrompere chi sta cercando di spiegare.
E allora finché Travaglio si limitava ai suoi dieci minuti di lettura lasciando poi che si scannassero gli altri presenti in studio è andato tutto bene.
Da quando, invece, Marco Travaglio partecipa anche al dibattito sono uscite fuori man mano tutte le problematiche di convivenza fra i due.
E ha fatto benissimo Travaglio, cinquant’anni compiuti qualche giorno fa, non i dieci o dodici più adatti per la cazziata, la ramanzina, in pubblico poi, che dopo essere stato interrotto milioni di volte da Santoro a proposito della qualunque e di fronte a chiunque, aver sempre pazientato per professionalità ieri sera al rimprovero si è alzato e se ne è andato.
Ha fatto benissimo Marco Travaglio a lasciare lo studio del conduttore Santoro che, per proteggere il politico Burlando in evidenti difficoltà nel rapportarsi con la signora in collegamento da Genova come sempre accade ai politici quando si trovano davanti i cittadini senza filtri – Burlando che, insieme al sindaco Doria è stato giudicato persona non gradita al funerale del poveretto morto nell’alluvione al quale i familiari hanno preferito che non partecipassero, anziché tenere botta e sostenere il collega nella tesi descritta benissimo da Marco Travaglio sulle responsabilità politiche delle alluvioni di Genova, ha pensato che fosse più opportuno prendersela col collega.
La questione è più o meno la stessa di quando qualche imbecille viene a fare le scenate nelle bacheche di facebook: le persone civili, educate, quelle che hanno realmente l’intenzione di confrontarsi, di chiedere qualcosa a qualcuno quando hanno qualche problema scrivono in privato, non rovesciano idiozie che le persone non si meritano in piazza per farsi notare e per far parlare di loro.
Michele Santoro è stato scortese, maleducato, ha messo Marco Travaglio in una condizione di inferiorità senza motivo perché lui non aveva offeso proprio nessuno, lo ha zittito, e nel luogo democratico che è Servizio Pubblico di cui si vanta Santoro nel quale hanno parlato tutti: cani, porci e perfino la santanchè, non si zittisce nessuno.

silvio come Heidi, gli hanno sorriso i Monti

Un pensiero a Paolo Borsellino, Partigiano della veritá e per questo morto ammazzato insieme alla sua scorta nel paese in cui la veritá è di troppo, disturba i manovratori del potere costruito sulle menzogne e la disonestá.

B assolto, Pd blinda il patto del Nazareno
Serracchiani: ‘Ci dà più garanzie che M5S’

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Non c’è bisogno di restituire a berlusconi nessuna reputazione ritrovata, in queste poche ore ci hanno già pensato i consueti funzionari appositi, ad esempio Massimo Franco sul Corriere della sera che parla di “vittoria” di berlusconi dopo l’assoluzione di ieri. Ci sarebbe da chiedere a Franco che vittoria è quella di uno che viene mandato a processo per quei motivi e quei reati, e che la scampa solo grazie al solito aggiustamento in corsa di una legge che se fosse rimasta com’era l’avrebbe condannato eccome. La legge che ha consentito a berlusconi di essere assolto in appello è stata pensata e realizzata dall’esecutivo di Mario Monti e dei sobri tecnici, che erano stati chiamati da Napolitano a risollevare il paese dall’imminente catastrofe, mentre ad occhio, l’unico che Monti ha salvato dalla catastrofe è stato il solito noto, l’amico di qualcuno e alleato politico di tutti. Letta jr disse un paio d’anni fa che avrebbe preferito berlusconi ai 5stelle, oggi la Serracchiani ha ribadito che berlusconi dà al pd più garanzie di quanto possa e sappia fare il movimento:  Letta e la Serracchiani, malgrado la loro giovane età [anche se non sembra] non sono nati con Renzi, sono un prodotto della vecchia politica, quella che Renzi avrebbe dovuto rottamare. Si sbaglia a focalizzare l’attenzione solo sul patto del Nazareno, quello fra berlusconi e  Renzi, il sostegno della politica, tutta, di destra di centro e della cosiddetta sinistra viene da lontano. La politica ha speso gli ultimi vent’anni di storia di questo paese ad occuparsi delle faccende di berlusconi, dei guai giudiziari di berlusconi, ha concentrato tempo, energie a spese di noi cittadini  per pensare continuamente all’ultimo escamotage che salvasse berlusconi dalla giusta condanna di un tribunale e del popolo italiano. Questo paese da due decenni abbondanti  è vittima e ostaggio dello strapotere concesso dalla politica a berlusconi. Gli elettori vengono dopo la sua legittimazione che non avrebbe mai dovuto esserci, se questo fosse stato e fosse un paese normale. La responsabilità di questo ventennio e di quello che ci aspetterà con Renzi – un prodotto mediatico che è stato costruito sulla scia della subcultura berlusconiana –  è soprattutto dell”informazione che ha preferito piegarsi anziché svolgere il ruolo di opposizione non solo a berlusconi ma anche a chi di diritto ma soprattutto di rovescio lo ha sempre sostenuto e tirato fuori dai guai, questo nella politica, nell’informazione invece  fabbricando di continuo la propaganda che nel tempo ha impedito la formazione di quelle opinioni sane che avrebbero permesso alla gente di avere un’idea precisa su berlusconi ma anche su chi non ha eseguito il volere dei suoi elettori. Chi votava a sinistra lo faceva perché i referenti politici dei partiti di sinistra promettevano che avrebbero liberato il paese dal monopolio mediatico e subculturale di berlusconi. Non lo hanno fatto perché non è convenuto. berlusconi, nel “bene” ma soprattutto nel male è stato e continua ad essere la prima pedina del domino. Se cade lui crolla tutto.

Ecco perché da ieri è tutto un’affannarsi a ricostruire una verginità a berlusconi come se l’assoluzione fosse la dimostrazione che lui non ha fatto quello che gli veniva contestato, ma lui quelle cose le ha fatte eccome.

Le ha fatte quando era presidente del consiglio e non solo sono state la causa del giusto discredito della stampa internazionale nei confronti di un paese fatto di gente stordita, ignorante e complice che ha tenuto vent’anni al comando un ladro puttaniere e amico dei mafiosi, ma avrebbero potuto essere la causa di gravi rischi per noi tutti perché lo rendevano ricattabile grazie alle signorinelle che avevano libero accesso giorno e notte nelle residenze di berlusconi rese sedi istituzionali in funzione del suo ruolo politico.

Non serviva la sentenza di ieri per inquadrare silvio berlusconi, servirebbe però un’informazione meno disonesta che ricordasse alla gente che silvio berlusconi è sempre quello che si teneva l’ergastolano mafioso in casa, è sempre quello che ha rubato una casa editrice per mezzo di giudici comprati un tanto al chilo e scippato una casa ad una minorenne orfana servendosi di quel cesare previti che ha pagato con una condanna e l’interdizione perpetua la sua compiacenza verso l’amico potente e delinquente; berlusconi è sempre quello che con dell’utri, condannato poi per associazione mafiosa ha costruito quel partito politico col quale ha indebitamente, perché non gli spettava per legge, avviato la sua carriera “politica” per mezzo della quale ha stravolto, deformato e rovinato la vita ad almeno due generazioni e della quale si è servito per accrescere il suo patrimonio rubando allo stato e sottraendo risorse ai cittadini.

Per giudicare silvio berlusconi, per tenersi alla larga da una persona così, priva di qualsiasi principio sano, valore positivo, di qualsiasi idea di onestà non serve un tribunale; uno così non lo perdonerebbe nemmeno Dio se ci fosse. Napolitano e Renzi però sì, non solo lo hanno perdonato ma lo accolgono a palazzo e gli hanno costruito ponti d’oro nella politica anche da condannato alla galera.

Ruby, cambiare la legge con il Pd e farsi assolvere. Il delitto perfetto di Berlusconi –

Peter Gomez – Il Fatto Quotidiano 

L’avevano votata per questo e alla fine per questo è servita. Silvio Berlusconi strappa un’assoluzione in secondo grado per il caso Ruby grazie alla legge Severino: il sedicente articolato anti-corruzione approvato nel 2012 da Pd e Pdl che, dopo aver permesso alle Coop di uscire prescrizione dall’inchiesta sulla sulla Tangentopoli di Sesto San Giovanni e a Filippo Penati di veder eliminate parte delle sue accuse, svolge ora egregiamente la sua funzione anche nei confronti dell’ex Cavaliere e neo Padre della Patria.

Spacchettare, mentre il processo Ruby era già in corso, il reato di concussione in due, stabilendo pene e fattispecie diverse per la concussione per costrizione e quella per induzione, ha significato spalancare la strada che ha portato il leader di Forza Italia al verdetto di secondo grado.

 

Niente di sorprendente, a dire il vero. Nel 2012, durante la discussione della legge, votata in nome delle larghe intese, più osservatori, compreso chi scrive, avevano fatto notare gli effetti deleteri delle nuove norme. E l’anno successivo, dopo aver visto finire nel caos decine di processi, anche l’ex procuratore antimafia e attuale presidente del Senato, Piero Grasso, aveva lanciato l’allarme. La nuova legge, secondo lui, andava subito modificata.

Stavano saltando dibattimenti su dibattimenti e, per Grasso, anche il processo Ruby sarebbe finito in niente. “Mi pare”, aveva detto Grasso, “ che con questo nuovo reato non sia più punibile l’induzione in errore o per frode (la telefonata in questura in cui Berlusconi sosteneva che Ruby fosse la nipote di Mubarak ndr). Il comportamento prevaricatore potrebbe essere punito come truffa, ma nel caso di Berlusconi non c’è nessun aspetto patrimoniale”.

Traduzione: con la vecchia norma l’ex Cavaliere sarebbe stato condannato di sicuro. Con la nuova no. Anche perché, come non ha mancato di far notare l’abile difensore di Berlusconi, l’avvocato Franco Coppi, le sezioni unite della Cassazione hanno alla fine stabilito che la nuova concussione per costrizione scatta quando non si può resistere in alcun modo alle pressioni. E che quella per induzione può invece essere punita solo quando chi riceve “pressioni non irresistibili” (in questo caso il funzionario della questura, Pietro Ostuni) gode anche di “un indebito vantaggio”.

Tutto insomma si tiene. Bisogna prendere atto che secondo la corte di appello non è possibile dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che Berlusconi conoscesse la minore età di Ruby (andare a prostitute maggiorenni non è reato). E che secondo la nuova legge fare pressioni in questura senza far balenare nulla in cambio lo è ancor meno.

Il sistema regge, si evolve e vince. Di nuovo Berlusconi la fa franca perché le regole del gioco sono mutate durante partita. Era accaduto nel 2001 quando grazie l’abolizione, di fatto, del falso in bilancio era finito in niente il processo All Iberian sui fondi neri della Fininvest. Era successo di nuovo con il caso della corruzione dell’avvocato David Mills, quando tutto si era prescritto a causa dell’approvazione della legge ex Cirielli che aveva dimezzato i termini oltre i quali i reati vengono eliminati dal colpo di spugna del tempo.

E avviene adesso, grazie a una norma su misura che, a differenza del passato più recente, è stata approvata pure con i voti del centro-sinistra. Segno che l’interesse non era ad personam, ma un po’ più generale. Quasi ad Castam così come era accaduto nel 1997 quando la riforma dell’abuso di ufficio, votata dal Polo e dall’Ulivo, aveva provocato assoluzioni a raffica tra politici di tutti gli schieramenti.

Così in questo clima che sa di antico si aspetta solo la chiusura stagione delle controriforme istituzionali: più firme per i referendum, più firme per le leggi di iniziativa popolare, parlamentari sempre nominati e consiglieri regionali e sindaci coperti da immunità solo perché scelti per sedere al Senato. Poi il presidente di turno, questo o il prossimo, concederà al leader di Forza Italia la grazia. Come negare un atto di clemenza a un Padre della Patria? In quel momento, e solo in quel momento, il delitto sarà davvero perfetto.

Innocente a sua insaputa – Marco Travaglio

 

Ormai è un giochino un po’ frusto, ma ben si attaglia al nostro caso: Silvio Berlusconi è innocente a sua insaputa. Da settimane sia lui sia i suoi legali davano per scontata una condanna anche in appello, almeno per le telefonate intimidatorie alla Questura di Milano per far affidare Ruby al duo Minetti-Conceicao, ed escludevano dal novero delle cose possibili la sconcertante assoluzione plenaria che invece è arrivata ieri. Speravano in uno sconto di pena per la concussione; e confidavano nella vecchia insufficienza di prove per la prostituzione minorile. Non era scaramanzia, la loro. E neppure sfiducia congenita nelle “toghe rosse”, nel “rito ambrosiano” e nei giudici “appiattiti” sui pm: questa è propaganda da dare in pasto agli elettori-tifosi più decerebrati. Ma B. e i suoi avvocati sanno benissimo che ogni collegio giudicante fa storia a sé, come dimostrano i tanti verdetti favorevoli al Caimano proprio a Milano (molte prescrizioni, anche grazie a generose attenuanti generiche, e poche assoluzioni).

Perché allora l’avvocato Coppi confessa, in un lampo di sincerità, che l’assoluzione va al di là delle sue più rosee aspettative? Perché sa bene che il primo dei due capi di imputazione, quello sulle ripetute telefonate di B. dal vertice internazionale di Parigi ai vertici della Questura, è un fatto documentato e pacificamente ammesso da tutti: ed è impossibile negare che, quando un capo di governo chiede insistentemente un favore a un pubblico funzionario, lo mette in stato di soggezione o almeno di timore reverenziale. Che, nel diritto penale, si chiama concussione. Magari non per costrizione (come invece ritenne il Tribunale), ma per induzione (come sostennero la Procura e, nel nostro piccolo, anche noi con l’articolo di Marco Lillo di qualche giorno fa). Se il processo si fosse concluso entro il 2012, entrambe le fattispecie di concussione sarebbero rientrate nello stesso reato, con pene graduate. Il 30 dicembre 2012, invece, il governo Monti e la maggioranza di larghe intese Pd-Pdl varò la legge Severino che scorporava l’ipotesi dell’induzione, trasformandola in un reato minore, di cui rispondono anche le ex-vittime trasformate in complici (ma la Procura di Bruti Liberati, testardamente, ha sempre difeso i vertici della Questura, insistendo a considerarli vittime). In pratica, nel bel mezzo della partita, si modificò la regola del fuorigioco, alterando il risultato finale. Cambiata la legge, salvato il Caimano. Ora vedremo dalle motivazioni della sentenza in che misura quella scriteriata “riforma”–fatta apposta per salvare Penati e B., nella migliore tradizione dell’“una mano lava l’altra”, anzi le sporca entrambe – ha inciso sul verdetto di ieri. Ma il sospetto è forte, anche perché – come osserva lo stesso Coppi – “i giudici non potevano derubricare il reato” dalla concussione per costrizione al nuovo reato di induzione: le sezioni unite della Cassazione, infatti, hanno già stabilito che l’induzione deve portare un “indebito vantaggio” a chi la subisce. E i vertici della Questura non ebbero alcun vantaggio indebito, affidando Ruby a Minetti&Conceicao: al massimo evitarono lo svantaggio indebito di essere trasferiti sul Gennargentu. Dunque pare proprio che la sentenza di ieri, più che Tranfa (il presidente della II Corte d’appello), si chiami Severino. Vedremo se reggerà davanti alla Cassazione. Che potrà confermarla, chiudendo definitivamente il caso; oppure annullarla per motivi di illegittimità, ordinando un nuovo processo di appello e precisando esattamente i confini della costrizione e dell’induzione. E non osiamo immaginare che accadrà se nel processo Ruby-ter si accerterà che le Olgettine, principali testimoni del bunga-bunga, sono state corrotte dall’imputato del Ruby-uno per mentire ai giudici: ce ne sarebbe abbastanza per una revisione del processo principale, inficiato dalle eventuali false testimonianze di chi avrebbe potuto provare ciò che, a causa delle loro menzogne, non fu ritenuto provato. Nell’attesa, alcuni punti fermi si possono già fissare. 1) Chi sostiene che questo processo non avrebbe mai dovuto iniziare non sa quel che dice. Il giro di prostituzione, anche minorile, nella villa di Arcore, così come le telefonate di B. alla Questura, sono fatti assolutamente accertati, dunque meritevoli di una verifica dibattimentale (doverosa, non facoltativa) in base a due leggi del governo B. (Prestigiacomo e Carfagna sulla prostituzione minorile) e a una terza votata anche dal Pdl (Severino). Tantopiù che la Corte d’appello, se giudica insussistente il fatto (cioè il reato) della concussione/ induzione, ritiene che invece il fatto degli atti sessuali a pagamento con Ruby sussista eccome, ma non costituisca reato (forse per mancanza di dolo o “elemento soggettivo”: cioè perché non è provato che B. sapesse della minore età di Ruby). 2) L’assoluzione in appello non significa che la Procura che ha condotto le indagini e il Tribunale che ha condannato B. abbiano sbagliato per dolo e colpa grave e vadano dunque puniti in base alla tanto strombazzata “responsabilità civile”: sia perché gli errori giudiziari non sono soltanto le condanne degli innocenti, ma anche le assoluzioni dei colpevoli, sia perché tutti i magistrati hanno deciso in base al proprio libero convincimento sulla base di un materiale probatorio che, dal punto di vista fattuale, è indiscutibile (i soli dubbi riguardavano se B. avesse consumato atti sessuali con Ruby e se fosse consapevole dell’età della ragazza, che indubitabilmente si prostituiva lautamente pagata). 3) Il discredito nazionale e internazionale per B. non è dipeso dalla condanna di primo grado (giunta soltanto un anno fa, dopo la sconfitta elettorale), ma dai fatti emersi dalle indagini con assoluta certezza: il giro di prostituzione nelle sue ville, l’abuso di potere delle telefonate alla Questura, i milioni di euro alle Olgettine dopo l’esplodere dello scandalo e le tragicomiche giustificazioni (“nipote di Mubarak”, “cene eleganti” e simili) sfoderate dal protagonista su quelle condotte indecenti. Indecenti in sé: lo erano ieri e lo sono anche oggi. A prescindere dalla loro rilevanza penale, visto che nessuna sentenza di assoluzione potrà mai dire che quei fatti non siano avvenuti. 4) Sarebbe puerile collegare la sentenza di ieri con l’atteggiamento remissivo di B. sulle “riforme” e sul governo Renzi: se il Caimano s’è trasformato in agnellino, anzi in zerbino del Pd, è perché spera sempre nella grazia da Napolitano o da chi verrà dopo (che lui confida di concorrere a eleggere con la stessa maggioranza delle “riforme”). Non certo perché i giudici, giusti o sbagliati che siano i loro verdetti, prendano ordini dal governo o dal Pd. Altrimenti non si spiegherebbero le tre condanne in primo grado che B. si beccò fra il 1997 e il ’98, nel bel mezzo dell’altro inciucio: quello della Bicamerale D’Alema. 5)Nessuna sentenza d’appello può più “r i abilitare” B.: né per i fatti oggetto del processo Ruby, che sono in gran parte assodati; né per quelli precedenti, che appartengono ormai alla storia, anzi alla cronaca, e nera. Ieri si è deciso in secondo grado sulle telefonate alla Questura e sulla prostituzione minorile di Ruby, non si è condonata una lunga e inquietante carriera criminale. Quale reputazione può mai invocare un pregiudicato per frode fiscale, ora detenuto in affidamento in prova ai servizi sociali, che per giunta si circondava di un complice della mafia come Dell’Utri, attualmente associato al carcere di Parma, e di un corruttore di giudici per comprare sentenze in suo favore come Previti, cacciato dal Parlamento e interdetto in perpetuo dai pubblici uffici? Mentre si discute sul reato o meno di riempirsi la casa di mignotte, e si chiede ai giudici di dirci ciò che sappiamo benissimo da noi, si dimentica che in quella stessa casa soggiornò per due anni il mafioso sanguinario Vittorio Mangano. Nemmeno quello è un reato: ma è un fatto. Molto più grave di tutti i reati mai contestati all’imputato B. Erano i primi anni 70 e Renzi non era ancora nato. Ma è bene ricordarglielo, specialmente ora che il Caimano rialza il capino. Quousque tandem, Matteo, gabellerai l’ex Papi Prostituente per un Padre Costituente?

Assolto [perché i patti, sono patti]

L’assoluzione di oggi non cancella la condanna definitiva per frode.
berlusconi è e resterà per la vita che gli resta un pregiudicato. brunetta che ha già rinnovato la richiesta di grazia per berlusconi di che parla?
La grazia, per essere concessa secondo Costituzione, non – eventualmente – secondo Napolitano o la santanchè e forza Italia, ha bisogno di particolari requisiti che non risultano essere presenti nella situazione giudiziaria che riguarda berlusconi.
Se gli venisse concessa anche questa sarebbe solo la conferma che in questo paese non c’è rimasto proprio niente da salvare.

 

Se l’accordo, anzi, il patto fra berlusconi e Renzi va in porto non ce n’è più per nessuno. Nemmeno  per quegli imbecilli che non hanno ancora capito in che razza di merda schifosa sprofonderà questo paese.

Caso Ruby, Berlusconi assolto  [L’Espresso]

I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto B., imputato per concussione e prostituzione minorile nel processo sulla minorenne di origini marocchine, per entrambi i capi di imputazione. In primo grado l’ex premier era stato condannato a 7 anni. 

Berlusconi assolto in appello.
E’ pieno di giudici comunisti, in Italia.

Ora qualcuno ci venga a raccontare ancora la storiella delle sentenze che vanno rispettate; dovranno essere molto convincenti, però.
Ma va bene, in fin dei conti l’amore vince sempre sull’odio, l’ha detto silvio perciò è vero.
[Mandate via i figli da qui, salvateli se potete]

 

E’ stato tutto uno scherzo.
Falcone e Borsellino non furono uccisi 20 anni fa.
Non ci fu trattativa tra Stato e mafia.
Berlusconi non fece mai sesso nelle cene eleganti.
Ruby era una dolce fanciulla in fiore maggiorenne e nipote di zio Mubarak.
E’ stato uno scherzo il patto del Nazareno ed è uno scherzo che Renzi voglia chiudere il Senato.
Il mondo intero ci guarda e noi sappiamo come farlo ridere.

[Libertà e Giustizia]

 

Non c’è stata concussione né sfruttamento di minori a sfondo sessuale, da oggi in poi se un settantenne vuole portarsi a letto previo pagamento una ragazzina di diciassette lo potrà fare senza che questo costituisca reato. 
Del resto è quello che molti auspicavano, compresi berlusconi e ghedini; abbassare l’età della maggiore età affinché i satrapi pervertiti non abbiano di che rischiare e che male c’è. 
Dunque si è trattato di pura filantropia, berlusconi davvero passava cifre sostanziose alla nipotina dello zio – ufficializzata anche dalla magistratura dopo esserlo stata in parlamento –  e alle varie frequentatrici delle cene eleganti col solo scopo [ops…] di fare un’opera di bene.  In questo paese si può morire [per eccesso di stato e anche di botte] dopo essere stati arrestati per un reato stabilito da una legge incostituzionale come è accaduto a Stefano Cucchi che, senza la legge voluta da fini e giovanardi ma approvata dal parlamento tutto intero, probabilmente ma anche certamente oggi sarebbe ancora vivo e si può essere assolti semplicemente trasformando in non reati quelli che invece sono sempre stati reati anche per la Costituzione: questo però solo se ci si chiama silvio berlusconi.

I colpi di stato oggi non si fanno più a mano armata, si mascherano dietro ad azioni perfettamente legittime e legittimate da un documento ufficiale, così come può essere la sentenza di oggi che assolve berlusconi da quelli che fino a stamattina erano reati e adesso sono invece discutibili per modalità.
Ovvero: non è concussione abusare del proprio potere per ottenere qualcosa, o per meglio dire lo sarebbe se il concussore in questione non si chiamasse silvio berlusconi e non è sfruttamento della prostituzione minorile se a pagare ragazzine per avere in cambio favori sessuali è silvio berlusconi. 
Dunque, come si può ben capire non servono i carri armati nelle piazze per sovvertire le regole che lo stato stesso si è dato. 
Perché in questo paese è sempre andata così: lo stato, per mezzo dei suoi governi, prima fa le leggi e poi le applica a discrezione. 
Se al posto di berlusconi ci fosse stato un signor Nessuno qualunque le cose sarebbero andate molto diversamente: questa non è un’ipotesi ma una certezza.
La questione comunque va oltre la sentenza, qualsiasi sentenza: i giudici devono accertare semplicemente la rilevanza penale di un fatto, ma in un qualunque paese normale silvio berlusconi sarebbe fuori dalla politica soltanto per la sua condotta pubblica e privata. 
E ad oggi nessuno vorrebbe avere a che fare con lui: eccetto Renzi.

Di mostri, sciacalli e iene: reali e virtuali

Ottimo Mentana che per criticare lo sciacallaggio mediatico sul caso di Brembate ha ritenuto di doverne aggiungere un altro po’ anche lui: un rinforzino. Ieri sera  Bersaglio mobile sembrava la dependance di Porta a Porta: mancavano solo il plastico e il criminologo. La potenza dei media e della Rete è  far diventare il peggio anche peggio di quello che già è.  Se i media evitassero di dare tanta enfasi ai fatti di cronaca più cruenti forse si eviterebbe di dare la stura a tutto quel che avviene dopo: compresi i commenti idioti degli imbecilli necrofili  da web. In un mondo normale, fatto di gente normale e non di voyeurs malati,  con l’occhio sempre nei buchi delle serrature a guardare le vite altrui per non pensare alla loro di merda,  si limiterebbero a dare la notizia di un fatto e della sua conclusione. Non ci sarebbe il “mentre” che contiene tutto l’orribile che non si può evitare nemmeno a volerlo.

Pensiamo alla nostra giornata di ieri, alle cose che abbiamo fatto e immaginiamo, a chiusura di quella giornata i carabinieri a casa nostra per arrestarci con l’accusa di omicidio. Immaginiamo la nostra vita stravolta nel giro di poche ore, i nostri figli che leggono di un padre violento, un assassino solo sulla base di una prova, quella del dna, che in America è costata la vita a decine di innocenti finiti con un’iniezione letale o sulla sedia elettrica perché quella prova è stata poi ritenuta inaffidabile. Immaginiamo una donna, una madre che deve giustificare non al padre dei suoi figli, quello che li ha cresciuti ma al mondo, un “peccato” di gioventù, un particolare privato della sua vita non perché lo abbia deciso lei ma perché la sua vita privata è andata in pasto ai lupi famelici di un’informazione criminale.

 

I mostri, servono.

Perché mentre noi ci distraiamo, ci trasformiamo in psicologi, giudici, analisti del crimine l’anziano proprietario del paese continua ad agitare lo scettro e l’informazione ben felice che il popolo abbia di che occuparsi evita di mettere sull’avviso.
Mentre il nuovo pentito della camorra racconta che con 250.000 euro in questo paese è possibile modificare, anzi cancellare sentenze [omicidio] e, considerato il paese niente può far dubitare che non sia vero che ci siano giudici facilmente corruttibili, ai piani alti si continuano a fare accordi politici con un corruttore frodatore, più che probabile prossimo condannato anche per concussione per costrizione e sfruttamento della prostituzione minorile, or ora incriminato anche per oltraggio, l’ennesimo, alla magistratura, permettendogli addirittura di poter fare conferenze stampa alla camera dei deputati e di riscrivere la Costituzione.
Come se fosse tutto normale.
Nel paese dilaniato dalla corruzione ovunque si mettono in mano le riforme politiche ad uno che con la corruzione ci ha tirato su un impero coi risultati che sappiamo, e che subiamo.
Perché al gioco della politica  di Renzi partecipa chi c’è, non chi se lo merita.

 

facebook è diventato un rischio per chiunque abbia la sventura di andare a finire sui giornali per motivi seri o gravi.
Si dovrebbe intervenire, e anche in modo tempestivo, negli account delle persone coinvolte nei fatti di cronaca, impedire alla moltitudine di imbecilli, i soliti, quelli che se non vomitano la razione quotidiana di insulti su qualcuno non sanno dare un senso al loro tempo passato nei social di poterlo fare, solo per il gusto di potersene poi vantare con altri imbecilli come e peggio di loro.
Le maestranze  della piattaforma di solito  così solerti nel bloccare profili di gente colpevole di niente, così attente a far rispettare la policy della community salvo poi lasciare pagine che fanno chiare apologie di tutti i tipi perché quelle non violano, si vede,   possibile che non abbiano pensato a mettere in sicurezza le pagine di chi è impossibilitato a gestirle? 

Gestire la vita “virtuale” è diventato un problema, un pensiero in più. A leggere quello che sono stati capaci di scrivere questi idioti che non avendo un cazzo di meglio da fare in Rete si divertono così verrebbe da augurarsi che capitasse qualcosa di serio anche a loro, in modo tale che i loro familiari possano godere dello stesso trattamento riservato da loro a chi non c’entra, visto che i diretti interessati non possono leggere né rispondere. Un dolore finché non diventa proprio non si capisce, non si riesce a sentirselo addosso. Se i figli del presunto assassino della ragazzina di Brembate hanno letto le cose che sono state scritte sul padre avranno sicuramente subito un trauma dal quale non guariranno più.

Incredibile quanta malvagità abbiamo intorno e ce ne accorgiamo solo quando la vediamo.

Per non parlare poi di quelli del “se capitasse a te”. Cervelli a brandelli che non riescono a capire che tutti saremmo capaci di qualsiasi vendetta nei confronti di chi facesse male ai nostri figli, alle persone che amiamo; mettersi nel dolore degli altri non significa interpretarlo in modo vendicativo ma educativo, affinché si riesca a trasmettere l’idea che la violenza è sempre sbagliata. Se si fosse fatto sempre questo, se gli stessi stati che dovrebbero applicare la legge, una legge giusta, severa ma giusta e rispettosa degli stessi principi che che le leggi obbligano, uno su tutti: “non uccidere” e non avessero invece esercitato la violenza della pena di morte forse questo sarebbe un mondo migliore. A nessuno oggi verrebbe in mente di intasare il web con le sue idiozie criminali.

E sarebbe bene che tutti prendessero atto, anche gli stupiti dell’ultimo momento, quelli che ogni volta cascano dal pero come se “prima” non fosse mai successo niente, non una ragazzina che ammazza madre e fratello, non una madre che spacca la testa di suo figlio a martellate – di esempi come questi se ne potrebbero fare centomila –  che la violenza cesserà di esistere solo quando non ci saranno più donne né uomini sulla faccia della terra.

Cronaca nera: oggi le indagini (e i processi) si fanno sui social network

Maurizio Di Fazio

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Delitti e commenti sul web: il peggio degli italiani –  

Delitti. L’Italia peggiore , l’Italia del dalli all’untore. Quella che spia dalle finestre. Dai buchi della serratura. Che magari se sente un grido d’aiuto arrivare dalla strada alza il volume della televisione per non ascoltare o si volta dall’altra parte per non guardare. Quella dei vicini di casa che sanno ma non dicono. Del pettegolezzo, della noia, della pavidità, della paura. Quella che sprofonda ogni sera davanti alla tv. Che si perde dietro storie d’amore inventate da autori sapienti. O annega persa dietro a casi di cronaca nera in cui a perdere la vita sono reali creature innocenti e non attori da telefilm che interpretano questo o quel personaggio.

Quella che, puntuale come un orologio svizzero, arriva a far finta di indignarsi e che adesso usa la rete per dar spazio alle sue repressioni più perverse.  Basta dare uno sguardo ai profili Facebook di Carlo Lissi, l’assassino che ha sterminato la moglie e i due figlioletti o a quello di Massimo Bossetti, accusato di aver ammazzato Yara Gambirasio.  Sono tantissimi i mitomani che vogliono lasciare una firma. Apparire. Per regalarsi un secondo di notorietà alla faccia dei morti e dei vivi (i tre figli di Bossetti, ad esempio, quali colpe hanno da espiare?).

“Cosa ti farei, non in isolamento, in mano agli altri carcerati”, scrive Elena dopo aver condiviso sul proprio profilo la foto di Lissi, dopo aver quindi condotto nella propria dimora virtuale il volto di un assassino. E ancora, prosegue David: “Pregherei per averti sotto alle unghie, e tu pregheresti per crepare in fretta”. Insiste Remigio: “Sai quanti amanti ti troverai ora in galera, camminerai tante volte zoppo”.

Sarò strano io, ma ho terrore di questi forcaioli improvvisati. Giustizieri della notte davanti a una tastiera oppure aspiranti leoni, ma solo mentre i carabinieri e la polizia scortano via questo o quel criminale ormai inerme.  Mai prima. Mai.

Non me ne vogliano, ma sono una rappresentanza di un Paese marcio, di una comunicazione malata, come più volte teorizzato da Chomsky così come i giornalisti sciacalli dell’orrore, quelli che improvvisano servizi lacrimevoli per fare un po’ di ascolti, gli stessi che si vantano degli ascolti boom per le edizioni straordinarie targate terremoto o vanno in giro a chiedere agli sfollati come mai dormano in macchina (sapendo bene che una casa non ce l’hanno più).

Sciacalli. Sciacalli di emozioni. Incapaci ormai di viverne sulla propria pelle. Di sorprendersi, innamorarsi. Arrabbiarsi. Provano un brivido solo col telecomando o la tastiera tra le mani. Concentrati su un caso, finché ne parlano i giornali.

Fino al prossimo reality dell’orrore. Fino a quando la morbosa attenzione del guardone andrà a scomparire. E tutto finirà, come nel Truman Show, con un “Cambia canale, guarda cos’altro danno”.

L’Italia è una penisola bagnata da due mari: “Fatti” e “Licazzitua” [Razzi docet]

Relazione al tribunale “Servizi sociali, B. assisterà i disabili”

Secondo il quotidiano Avvenire l’Ufficio esecuzione penale esterna avrebbe indicato una struttura nell’hinterland milanese per l’ex premier; l’impegno sarebbe di un giorno a settimana. Ma il leader di Forza Italia ha ancora una serie di scogli da affrontare: il primo dei quali è l’appello del processo in cui è imputato di concussione e prostituzione minorile. [Il Fatto Quotidiano]

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Mezza giornata a settimana grazie al 3X2 discount Italia e SECONDO LA DISPONIBILITA’ DEL CONDANNATO a fare visita agli anziani disabili. Questa la proposta per il servizio sociale a cui affidare berlusconi, – provvedimento che berlusconi non merita non avendo manifestato nessun pentimento né l’accettazione della sentenza – condannato a quattro anni di galera per frode fiscale, non per aver rubato un pezzo di formaggio per fame al supermercato. Credo che ci debba essere un limite anche all’indecenza: lo stato italiano deve smetterla di offendere i cittadini onesti e poi fare pure la parte della vittima cianciando di populismi per bocca delle sue “alte discariche” [cit.Travaglio]. L’Italia è un paese che fa pena, pietà e misericordia, non certo per la sua gente ma per chi ha fatto in modo che su sessanta milioni ed oltre di cittadini solo uno abbia acquisito per diritto divino la concessione di rubare, mafiare, corrompere e continuare a vivere la sua vita come se nulla fosse, come se la questione non lo riguardasse. Verrebbe da pensare che le visite al Quirinale siano state molto proficue, per il pregiudicato berlusconi.  Senza contare che, considerando la quantità di imbecilli che si sono votati al martirio per lui questa cosa potrà tornargli ancora e perfino utile in termini di consenso.  Il suffragio universale in Italia ha provocato solo danni. Negli altri paesi almeno ci provano a cambiare, negli altri paesi il politico che tradisce lo stato chiede scusa, sparisce dalla circolazione, negli altri paesi il politico coinvolto in un procedimento giudiziario non grida al “golp”, si fa da parte e aspetta che la giustizia compia il suo dovere, negli altri paesi il politico che non viene più scelto dagli elettori torna a fare il suo lavoro, quello che faceva prima, non nasce e muore politico, non vive di rendita grazie al mantenimento dei cittadini che pagano le tasse. Negli altri paesi lo stato non favorisce il delinquente a discapito e danno dell’onesto. Cosa devono pensare le famiglie di chi, perseguitato da equitalia si è suicidato per un debito di poche migliaia di euro?  Quello italiano è un circolo vizioso e viziato che non si interromperà senza gesti significativi. Democrazia non è permettere ad un delinquente acclarato e matricolato di avere ancora voce in capitolo nella politica solo perché c’è una pletora di disadattati mentali e sociali che lo ha eletto a suo rappresentante. E se non glielo fa capire lo stato, applicando semplicemente la Costituzione, che un delinquente deve stare coi suoi pari, non a decidere del destino di un paese da persona libera nonostante una condanna  chi dovrebbe farlo?  Solo uno stato vergognoso e complice offre tante garanzie al potente delinquente a dispetto di chi in una galera ci sta e non ci dovrebbe nemmeno stare grazie alle leggi volute dal più delinquente di tutti.

 

Se ci fosse ancora Berlinguer

Sottotitolo: ci vuole solo la gran faccia di culo di questo centrosinistra che ha rinnegato tutto di Berlinguer ad andare in processione blindata a guardare il film su di lui fatto da chi ha finito di spalancare le porte a berlusconi. Quello che in campagna elettorale nemmeno lo nominava, per paura che la gente capisse chi NON doveva votare.
Bravo Uòlter, ipocrita quanto mai. La cosa positiva è che a nessuno – speriamo – verrà mai in mente di fare un film su quando c’erano Veltroni, D’Alema,  Fassino, Letta [jr] e Renzi, in quanto protagonisti di una politica che i posteri seppelliranno non di risate, perché non hanno fatto ridere nessuno, ma con l’opportuno velo pietoso, e anche vergognoso, che si meritano.

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Chissà perché questi nostri statisti democratici i loro bei discorsi sulla pace messa in pericolo da chi si ostina a non voler cedere alle prepotenze della finanza mondiale non li vanno a fare in America, in Cina, in Russia. Lì ci vanno in ginocchio, se ne fottono della pace e del rispetto dei diritti umani, fanno le riverenze ai capi di stato che fanno le guerre, le trascinano per decenni, paesi dove la pena di morte è ancora il sistema per regolare la giustizia. Qui invece, ritrovano tutta la loro verve e una gran voglia di fare chiacchiere che non c’entrano nulla col contesto in cui si trovano.  

E’ vergognoso e intollerabile che nel giorno della commemorazione della strage nazista di Roma si strumentalizzi questa data per fare propaganda a favore di una politica che proprio la pace ha tolto:  quella della sicurezza di un lavoro, di uno stipendio sicuro, di poter essere curate, istruite e di un futuro a svariati milioni di persone.  Roma, medaglia d’oro alla Resistenza ha dato asilo alla feccia fascista e nazista più immonda. E’ questa l’idea di democrazia che piace a molti: una democrazia che prevede il dare ospitalità al gerarca nazista priebke  nella stessa città dove ordinò la strage delle Fosse Ardeatine.
Questo non lo dicono Napolitano né Marino.
Napolitano, invece di scusarsi coi romani e con tutti gli italiani preferisce parlare d’altro, dei rischi dei partiti no euro.

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NAPOLITANO: “UNITA’ DELL’EUROPA ATTACCATA E SCREDITATA”

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La destra in Europa sta facendo quello che la sinistra non vuole più fare. Ovvero, ribellarsi al potere della finanza che schiaccia i lavoratori a beneficio di chi li sfrutta e vuole trarre da loro il massimo vantaggio e guadagno, con la minima spesa. Quel potere economico che è lo stesso che crea le crisi. Perché la crisi non la porta babbo Natale, e non è nemmeno vero che è frutto dello stile di vita dei popoli, la teoria secondo cui la maggior parte della gente ha vissuto al di sopra delle sue possibilità è una leggenda: una menzogna. La crisi economica è il veleno col quale i paesi vengono intossicati scientemente affinché la politica possa prendere quei provvedimenti che in periodi normali sarebbero impossibili perfino da pensare: provvedimenti che servono per dare più potere al potere. E, ogni volta, quei provvedimenti hanno prodotto l’unico risultato possibile che è quello di trascinare i popoli verso l’estremismo di destra. Era successo in Spagna e ora succede in Francia. Ma i segnali c’erano tutti, e le politiche di sinistra e centro sinistra non hanno cercato di essere loro il rifugio e la soluzione, si sono semplicemente adeguate al potere della finanza, hanno partecipato alla messa in pratica dei provvedimenti e del rigore salvo poi accusare di populismo chi a tutto questo si ribella.

Caricare i popoli di un debito che non hanno prodotto dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità. E chiunque agisca in questa direzione meriterebbe il giudizio del popolo.

Il centrosinistra italiano oggi terrorizzato dai venti di destra come mai non ha dimostrato di esserlo anche quando il monarca anziano ha costruito non uno ma tre governi a sua immagine e somiglianza, quelli delle larghe intese che gli piacciono tanto dentro ai quali c’è anche la destra?  In parlamento meglio il pdl dei 5stelle, diceva Letta nipote due estati fa. Della situazione attuale è molto più responsabile una sinistra in Italia sempre precaria ma negli ultimi vent’anni proprio sparita. Non si ricorda una sola iniziativa politica, un progetto di sinistra  vero, significativo e che abbia migliorato le condizioni dei cittadini portato a termine in tutto questo tempo.  Quando la politica dimostra di non volersi riformare anche dal suo interno, perché non bastiamo noi, ci vuole anche la volontà dei professionisti della politica per migliorarsi, ad esempio cacciando i disonesti, gli incapaci, gli indagati, quando i partiti di sinistra e centrosinistra per prendere i voti assumono le sembianze e agiscono come quelli di destra e centrodestra invece di contrastare la politica avversa alle necessità e alle esigenze della gente poi può succedere, succede, anzi, che gli elettori alle imitazioni preferiscano l’originale. 

 

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Ruby, Cassazione assolve pm Fiorillo e condanna il Csm: “Doveva difendersi”

 
 Annullata con rinvio la sanzione inflitta al magistrato minorile. Secondo gli ermellini fu diffamata dell’allora ministro Maroni che dichiarò che era stata lei ad affidare la marocchina alla Minetti
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La Cassazione che ha assolto Anna Maria Fiorillo dall’accusa di “violazione del riserbo” nel merito della vicenda di Ruby ha detto: “la verità mediatica si fissa nella memoria collettiva”, ovvero, quando qualcosa si dice, si ripete, si scrive sui giornali diventa un fatto vero, realmente accaduto. 
La stessa teoria di goebbels, il ministro della propaganda nazista, il quale usava dire che basta ripetere la stessa cosa tante volte affinché diventi la verità. E quando la verità viene negata tutto viene distorto, anche l’immagine della politica agli occhi della gente che va a votare. Quando sono le istituzioni stesse che fanno apparire onesto il delinquente è difficile poi che la gente possa avere un’opinione che rispecchia il più possibile la figura reale del politico.
Se questo fosse un paese normale oggi maroni dovrebbe rispondere di diffamazione aggravata nei confronti della Dottoressa Fiorillo, ma siccome siamo in Italia non succederà, e nessun presidente sempre pronto a bacchettare e fare le ramanzine ai giudici dirà mezza parola di condanna ai diffamatori di giudici.
La vicenda della PM Fiorillo ribadisce e conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno quanto le nostre istituzioni abbiano sempre agito in contrasto a quelli che sono i loro doveri, a favore dei loro pari anche [soprattutto] quando hanno violato la legge e non invece, come dovrebbe essere, della verità.
Il politico indagato non si manda via né si dimette perché come c’insegna anche Maria Elena  Boschi non basta l’avviso di garanzia per chiedergli di farsi da parte [qui, in verità, non basta nemmeno una condanna definitiva ma come dicono quelli bravi, tant’è]. I giudici invece possono essere tranquillamente infamati e diffamati dai politici, anche quelli indagati, inquisiti e condannati, possono essere fatti oggetto di provvedimenti disciplinari ingiusti dai loro superiori per colpa della politica serva, bugiarda, disonesta e dopo non succede niente, nemmeno in quel caso si pretende che il politico che infama e diffama risponda del suo operato così come è toccato al giudice per colpa sua.

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Italia contro resto del mondo
Marco Travaglio, 25 marzo

Ormai è un complotto planetario. Ogni notizia dall’estero sembra fatta apposta per renderci ridicoli, ancor più di quanto già non siamo. Ricordate le geremiadi dei politici italiani e dei giornalisti e commentatori al seguito contro il vizio dei nostri magistrati di intercettarli (peraltro su telefoni di altri, perlopiù delinquenti loro amici) e contro il malvezzo dei giornali di pubblicare le loro conversazioni? “Siamo il paese più intercettato del mondo, l’unico che spia i politici e li sbatte in prima pagina violandone l’immunità e la privacy”. Anche le recenti cronache politico-giudiziarie francesi si incaricano di smentirli: Nicolas Sarkozy è stato intercettato, prima da un collaboratore poi dai magistrati di cui lui tentava di spiare le mosse, e la stampa francese ha pubblicato tutto. E, mentre qui ferve il dibattito sulla candidabilità dell’incandidabile B. e sull’ideona di infilare il suo nome in lista o almeno nel logo di Forza Italia, e ancora si discute sulla legge Severino che l’ha fatto decadere da senatore dopo la condanna per frode fiscale, dall’Inghilterra giunge notizia che la Football League (sorella britannica della Federcalcio) respinge al mittente Massimo Cellino, il presidente del Cagliari che voleva acquistare il Leeds. Motivo: ha una condanna in primo grado per evasione fiscale. Nulla a che vedere con lo sport: l’imprenditore sardo è stato appena giudicato colpevole – non ancora in via definitiva – del mancato pagamento di 400 mila euro di tasse su uno yacht acquistato negli Usa e portato in Italia, e sanzionato con 600 mila euro di multa e con il sequestro dell’imbarcazione. Senza contare le vicende giudiziarie per una vecchia truffa tentata ai danni del ministero dell’Agricoltura; i 15 mesi di pena per il falso in bilancio del Cagliari; e i mesi di carcere per peculato e falso nello scandalo dello stadio Is Arenas. Tutte vicende che, in Italia, fanno curriculum per diventare presidenti di club pallonari (vero Abete, Carraro, Pescante?) e sono ottimi viatici per la carriera imprenditoriale, finanziaria e politica: c’è chi da noi, per molto peggio, è diventato onorevole, ministro, premier. Tanto basta invece, secondo i parametri etici della Federcalcio inglese, per giudicare Cellino “un disonesto” e tenerlo a debita distanza dallo sport. A Londra, anche per acquistare più del 30% di una società di calcio bisogna superare il test di idoneità Fit and proper. Gli stessi parametri hanno indotto il board del Bayern Monaco a chiedere le dimissioni del presidente e campione del mondo Uli Hoeness, che peraltro se n’è andato subito dopo la condanna in primo grado per frode fiscale, rinunciando all’appello e alla presunzione di non colpevolezza. E stiamo parlando di società private. Figurarsi quali standard di moralità e di legalità sono richiesti a un cittadino per ascendere a cariche pubbliche o addirittura elettive o governative. Non è solo una questione di regole: è il comune sentire della stragrande maggioranza della popolazione. Persino i tifosi del Leeds, letto il curriculum penale di Cellino, hanno manifestato la loro contrarietà ad averlo come presidente: il 4 marzo si sono presentati allo stadio londinese Ellan Road travestiti da mafiosi. Perciò all’estero ridono di noi, anche se a rappresentarci c’è il giovane Renzi al posto delle vecchie pantegane. E perciò l’establishment italiota non riesce a capacitarsi di quel discredito, attribuendolo a un inesistente sentimento anti-italiano. Non basta sostituire la faccia del premier, quando poi al governo siedono i soliti indagati e imputati, giustificati con i consueti gargarismi del “garantismo” e della “presunzione di innocenza”. O ci allineiamo agli standard etici d’Europa, colmando il vero spread che ci separa dai partner e piantandola di fare i furbi, o qualunque rappresentante italiano varchi la cinta daziaria, fosse anche il più virtuoso, sarà accolto dai soliti risolini. C’è, naturalmente, anche una terza via: andare in Europa e convincere tutti gli altri che abbiamo ragione noi e ha torto il resto del mondo. Ma – consiglio non richiesto – sarebbe meglio evitare.

 

Una catena degli affetti che né io né voi possiamo spezzare

 

“Il 2 ottobre B. è incazzatissimo: decadenza e arresto s’avvicinano e il Quirinale che –dice lui– gli ha promesso di salvarlo, tace. Quindi sfiducerà il governo. Napolitano da Poggioreale lancia un appello per amnistia e indulto e annuncia un messaggio alle Camere. I 5Stelle dicono che amnistia e indulto servono a salvare il Caimano. Apriti cielo, lesa maestà. Napolitano li invade dalla Polonia: “Se ne fregano del Paese”. Anche Renzi è contrario: cazziatone telefonico anche a lui. Come si permette il futuro segretario Pd di non prendere ordini dal Quirinale? E’ tutta una catena di affetti che né io né lei possiamo spezzare.”

“Poi Letta dice: “Cancellieri c’est moi”, come Madame Bovary. Se il Pd sfiducia la Cancellieri sfiducia Letta. E se sfiducia lui sfiducia Napolitano che ha nominato Letta e Cancellieri. E che dice: “L’Etat c’est moi”, come Re Sole.”Ricapitolando. I Ligresti amano Anna Maria. Anna Maria adora Giorgio che l’ha fatta due volte ministra. Giorgio è affezionato ad Anna Maria, al governo e anche al Pd. Il Pd adora il compagno Enrico. Enrico è attaccatissimo allo zio Gianni che sta con Silvio. Che è legatissimo a Ligresti, dunque ad Anna Maria.
Insomma chi s’è preso Giorgio si prende per forza tutto il blocco. E’ tutta una catena di affetti che né io né voi possiamo spezzare. A meno che qualcuno prima o poi la tiri, la catena.”

[Marco Travaglio]

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Le rivelazioni di Ligresti sulla Cancellieri sono surreali per la Cancellieri, le motivazioni della sentenza di condanna di primo grado del processo Ruby per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile a carico del puttaniere frodatore e sfruttatore latitante sono surreali per il solito Ghedini che almeno è pagato per dire stronzate, la Cancellieri si presume di no.
Quello che svela e potrebbe contribuire a rendere questo un paese solo un po’ normale è surreale, quello che si fa per occultare, per lasciare dov’è tutto lo sporco impossibile non lo è mai: Italia, il paese della sur – realtà.

Mauro Biani

Il partito di Cuperlo è al governo, perché Cuperlo non dice a Letta quello che ha detto ieri sera da Santoro? Sono tutti molto bravi a dire quello che si dovrebbe fare davanti a microfoni e telecamere, difficile, anzi impossibile è metterle in pratica nei e coi fatti. Cuperlo è stato meraviglioso ieri sera a Servizio Pubblico: ha ammesso e criticato gli errori del suo partito, tralasciandone alcuni forse per decenza, come se li avesse fatti qualcun altro. Purtroppo hanno tutti molto da fare, una volta devono salvare alfano, un’altra, anzi due la Cancellieri, tante e svariate postdatare sine die la decadenza del delinquente condannato latitante da 111 giorni e dunque ancora in grado di nuocere alla collettività, mentre si riposano devono comprare gli aereoplanini da guerra, pensare a leggi e leggine indispensabili al mantenimento in buona salute della casta tipo  questa. C’è da capirli, non hanno proprio il tempo per occuparsi di certe bazzecole tipo mettere in sicurezza il territorio, magari evitando di contribuire alla sua distruzione con inutili e dannose “grandi opere” come il TAV ed evitare di far scappare le imprese dall’Italia.

 Renzi, intervistato da radio Capital il giorno prima dello squallido spettacolo di un parlamento che ha ribadito la sua fiducia alla Cancellieri ha detto che per lui la ministra si doveva dimettere ma, sempre per lui, Napolitano interpreta ottimamente la sua funzione di capodistatogarantepadredellapatria. Napolitano, recepito il cordiale messaggio ha immediatamente ricordato a Renzi chi comanda e la camera ha rinnovato la sua fiducia in modalità operazione bis manco fosse il Conad, stavolta senza troppa stima né standing ovation, alla ministra chiacchierona. 

Cuperlo ieri sera a Servizio Pubblico subito dopo Travaglio che ha elencato con la sua solita precisione scientifica – non per sua opinione ma secondo quella Costituzione che Napolitano dovrebbe garantire e Cuperlo e Renzi almeno conoscere – dove Napolitano sbaglia, interferisce, interviene a gamba tesa, ha detto che il presidente ha fatto tutto il possibile per mantenere la barra di questo paese dritta, che meglio di così non poteva fare e che come lui, il Napo Capo, non c’è nessuno.

A sentir parlare questi signori si ha la sensazione che, o loro hanno vissuto in tutti questi anni altrove da qui oppure, cosa più probabile, che gli altrove da loro siamo noi. In tutti questi mesi ci hanno terrorizzato con la litania ripetuta un po’ da tutti in modo ossessivo che se cade il governo sarà miseria, terrore e morte [dove l’abbiamo già sentita questa?] sulla base delle loro ipotesi, ci hanno detto che dobbiamo essere fiduciosi, ogni giorno qualcuno di loro si alza e decide che c’è la ripresa, che la luce in fondo al tunnel si avvicina, nel frattempo però la realtà dice tutt’altro.

E anche questi signori che dovrebbero occuparsi di accelerare la ripresa che non c’è hanno fatto tutt’altro in questi mesi, disonorando quelle promesse di riavvicinamento che avevano fatto in tanti, ignorando quella richiesta espressa in cabina elettorale lo scorso febbraio che era stata abbastanza chiara. E allora io mi chiedo: nel paese normale [che non c’è] come devono fare i cittadini a dire alla politica che non si fidano più della politica?

Napo Orso Capo
Marco Travaglio, 22 novembre

Ogni tanto qualche lettore ci scrive: “Quando la smetterete di criticare Napolitano?”. Risposta ovvia: quando la smetterà di meritarselo. Purtroppo non si riesce più a stargli dietro: ne combina una al giorno. Non bastandogli il superlavoro con straordinari forfettizzati di capo dello Stato, del Csm, del governo, del Parlamento, del Pd, del Nuovo Centrodestra e a tempo perso di molte altre cose, Napo Orso Capo ha deciso di subentrare anche al presidente della Corte d’assise di Palermo, Alfredo Montalto, nel processo sulla trattativa Stato- mafia. I giudici togati e popolari, com’è noto, avevano accolto la richiesta della Procura di ascoltarlo come testimone a domicilio, nel suo ufficio al Quirinale, come prevede il Codice. E lui, dopo vari tentennamenti e avvertimenti ai giudici tramite l’Avvocatura dello Stato e i soliti corazzieri sparsi nei palazzi e nei giornali, si era rassegnato a compiere il suo dovere. Cioè ad abbassarsi, bontà sua, almeno per qualche ora, al rango di un cittadino come gli altri. 

Ma l’illusione è durata poco. Ieri il presidente Montalto ha annunciato il deposito di una lettera del presidente Napolitano, spedita dal Quirinale il 31 ottobre, poi persa per strada dalle efficientissime Poste Italiane e giunta a destinazione il 7 novembre. Una lettera già di per sé piuttosto bizzarra: non s’è mai visto un testimone che scrive al giudice per comunicargli che ha poco da testimoniare. Da un apposito comunicato del Colle, infatti, si era appreso che il capo dello Stato era “ben lieto di dare, ove ne fosse in grado, un utile contributo all’accertamento della verità processuale”, ma precisava “alla Corte i limiti delle sue reali conoscenze in relazione al capitolo di prova”. 

Cioè a un’altra lettera: quella che gli scrisse il 18 giugno 2012 il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, poco prima di morire, per ricordargli di avergli confidato (“lei sa”) i suoi “timori” di essere stato usato come “ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi” fra Stato e mafia nel 1992-’93, quando prestava servizio all’Alto commissariato antimafia e poi al ministero della Giustizia. 

Ora però, dal presidente Montalto, si apprende che il presidente Napolitano non s’è ancora rassegnato all’idea di compiere il suo dovere di teste. È, sì, “disponibile” a farlo. Ma “chiede che si valuti ulteriormente, anche in applicazione della previsione di cui all’art. 495 comma 4 del Codice di procedura penale, l’utilità del reale contributo che tale testimonianza potrebbe dare, tenuto conto delle limitate conoscenze sui fatti di cui al capitolato di prova, che nella medesima lettera vengono dettagliatamente riferite”. Il 495 comma 4 dice che “il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l’ammissione di prove che risultano superflue”.

Cioè Napolitano ritiene, motu proprio, che la sua testimonianza è superflua perché non sa nulla (D’Ambrosio diceva le bugie?). E chiede alla Corte di rimangiarsi l’ordinanza in cui lo citava come teste e di allontanare da lui l’amaro calice. 

Una cosa mai vista in un processo, tant’è che il giudice ha depositato la lettera alle parti, cioè ai pm e agli avvocati dei 10 imputati e delle parti civili, “perché possano pronunciarsi sulla sua acquisizione ed utilizzabilità”. E così una decisione assunta dalla Corte dopo settimane di polemiche torna in dubbio perché il capo dello Stato, che dovrebbe dare il buon esempio a tutti i cittadini, anche a quelli che testimoniano nei processi di mafia rischiando la pelle, fa i capricci e non ne vuol sapere.

Tra l’altro, siccome durante il mandato non può essere processato nemmeno per i reati commessi al di fuori dalle sue funzioni, se rifiutasse di ricevere i giudici al Quirinale, questi non potrebbero mandarlo a prendere dai carabinieri per l’accompagnamento coatto, come fanno con gli altri testimoni reticenti. 

A questo punto il diavoletto che è in noi ripete ossessivamente un ritornello: “Ecco perché s’è fatto rieleggere”. Ed è sempre più arduo scacciarlo e metterlo a tacere.

 

La democrazia delle libertà

Liberi tutti – di Rita Pani – Mai parola più bella – LIBERTA’ – fu tanto abusata. Violentata dal degrado etico e morale di questa miserabile propaganda. Se ne è perso il senso stesso, insegnando molte cose sul significato della parola Libertà, nessuna delle quali capace di conservarne il valore. Libertà cammina al fianco del rispetto, vanno di pari passo. Il rispetto di sé stessi, delle regole, dell’altrui conduce alla Libertà. Non è essa quella parola vergognosa usata per denominare un partito politico, che per libertà intende quella di poter fare “un po’ come cazzo gli pare”; liberi di delinquere, liberi di depredare le casse dello stato, di uccidere la democrazia. Libertà è altro. E calpestando la Libertà, siamo arrivati fino al suo uso ancor più spregevole che va a sostituire l’ennesimo abuso contro i lavoratori, a favore di un padronato sempre più liberò – esso sì – di fare quel che è meglio per il proprio interesse e per il proprio capitale. “Indesit, scatta la messa in libertà per i lavoratori di Fabriano” titola Repubblica, senza vergogna alcuna. L’oltraggio che si aggiunge all’oltraggio dei LICENZIAMENTI per ritorsione, in seguito ai doverosi scioperi indetti il giorno dopo dell’annuncio – nemmeno troppo velato – dell’ennesima delocalizzazione dell’industria, parte in Turchia e parte in Polonia. 500 persone, 500 famiglie messe in libertà. Potranno scegliere come morire senza che giovanardi se ne dispiaccia, o che la Chiesa li condanni, o che le anime pietose di questo paese insensato facciano troppo caso a loro. Le parole sono importanti, ma in pochi ormai ci fermiamo a riflettere sull’uso criminale che la propaganda ne fa. Anzi, si uccide quel poco che resta della scuola e della cultura, in modo che sempre più persone, siano disposte a correggere il loro lessico e annientare ogni forma di pensiero LIBERO e indipendente, così che tutto questo abominio, domani, sia prassi accettata, condivisa, e sia sottomissione. Il momento della LIBERAZIONE è già passato da un pezzo, e che ci piaccia o no, siamo già stati sottomessi e assoggettati. Una vera lotta per la LIBERTA’, non la faremo mai. Mai ci riprenderemo il maltolto. Mai si comprenderà che l’unico modo sarebbe quello di prendere le fabbriche, mettere in libertà i padroni accompagnandoli fuori a calci nel culo. O meglio, mai avremo lo Stato capace di espropriare i beni del padrone, equiparando questi abusi ai reati di mafia, e dandoli in gestione agli operai che sarebbero finalmente sì, LIBERI di vivere. Non possiamo nulla, lo so anche io, ma possiamo fare molto per vigilare. (La vecchia cara Vigilanza Democratica, roba antica ahimè) Vigilare anche in questi casi in cui, un valore racchiuso in una parola, viene violentato e abusato. Ci viene tolto.

Per Repubblica il licenziamento di 500 persone è una restituzione di libertà.
Ecco: mi piacerebbe che lo stesso trattamento fosse riservato a chi ha pensato quella frase e a chi ha permesso che fosse stampata su un quotidiano. Ho sempre detto che la responsabilità di quello che accade, di quello che viene permesso in questo paese non è mai individuale ma che esiste una filiera ben precisa, che ha nomi e cognomi.
E finché quella gente non verrà disonorata come è giusto che sia non ne usciremo.

 

 

Sottotitolo: Anselma Dell’Olio [coniugata Ferrara]: “olgettine? meglio delle sceme di sinistra che scopano gratis”.
Eggià.
Noi abbiamo questo insano vizio.
Ci piace darla per hobby.
Pensare un po’ a chi si porta a letto lei, quello schifo immondo che non troverebbe chi gliela dà nemmeno se la pagasse tanto quanto pesa lui, no?

 Battute  a parte non finirò mai di chiedermi  a che livello infimo si possa scendere per difendere l’imputato pregiudicato condannato.

 

 

 

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berlusconi ha ragione quando dice che “se c’è un settore che deve essere riformato in Italia è quello della giustizia”.

La priorità del pluricondannato B.
“Giustizia da riformare assolutamente”

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Perché se la giustizia avesse funzionato davvero uno come lui sarebbe ospite di una qualsiasi delle patrie galere da vent’anni.

Ma meno male, invece, che abbiamo questo bel governo di necessità, di coesione per la “pacificazione”, che sarebbe questa pessima abitudine che c’è in tutti i paesi civili dove si dà la possibilità ai cittadini e al popolo di scegliersi il modo in cui essere governati e da chi?  dove ci sono le maggioranze E le opposizioni, i partiti conservatori E quelli liberali, i governi democratici E quelli che non lo sono? uno schifo inammissibile, siamo italiani mica per niente, noi.

Meno male che ci è toccato, non una volta sola ma ben due consecutive, mai più senza, questo presidente della repubblica [218 milioni di euro l’anno] di garanzia: di cosa non è dato sapere, non ce lo vogliono dire, vogliono farci la sorpresona finale. Secondo il mio modesto parere di cittadina  Napolitano sta continuando a garantire tutto quello che ha trascinato l’Italia nel baratro. Ma a lui, data la sua età, quello che accadrà fa cinque, dieci, vent’anni non interessa. A noi invece sì, dovrebbe interessare.

Altrimenti non sapremmo come fare senza gli interventi precisi e mirati dei ministri pd e pdl uniti come un sol uomo, senza il grande senso di responsabilità del presidente del consiglio, il nipote dello zio, quello in odor di senatorialità a vita ottenuta per meriti SUL campo dopo la famosa discesa IN campo.

Meno male che paghiamo questo esercito di geniali strateghi della politica per risolvere i problemi degli italiani ma soprattutto di uno: il solito.
Altrimenti, con che faccia potremmo presentarci al mondo?

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Intanto Lele Mora imputato al processo Ruby bis lo scarica: “Abuso di potere e degrado ad Arcore”

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Le confessioni di Lele Mora non fanno parte del gossip e di quell’inutile che la cosiddetta informazione ci propina di cui ci lamentiamo tutti i giorni.

Anche se a molti non sembrerà sono cronaca, di quella più nera che c’è e che serve a capire qual è stato il contesto nel quale agiva, ma forse si può anche evitare di parlare al passato, silvio berlusconi. 

Il mondo di berlusconi è quello di lele mora. E se mora invece di tergiversare, dire e poi smentire dicesse finalmente tutto quello che sa forse è la volta buona che riusciamo a liberarci della metastasi berlusconi e di una politica che non può fare a meno di mettersi in casa la feccia della società.

Solo due mesi fa Napolitano diceva che le campagne moralizzatrici sono la causa della distruzione della politica; ovvero, secondo il presidente della repubblica e non lo scemo del villaggio, per il “bene” della politica tutto può, anzi deve restare così cos’è, compresi i ricatti, le minacce e le pretese del puttaniere incallito e dei suoi sgherri. Tutto questo in assenza di un’opposizione forte in parlamento.

Io penso invece che dovrebbe interessare tutti che la delinquenza abituale abbia avuto le chiavi di casa del potere e che in parte, in larga, larghissima parte [come le intese, per dire], ce le abbia ancora.

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Un ministro da cacciare
Marco Travaglio, 29 giugno

Il governo Letta, in appena due mesi di vita, ha perso per strada prima il sottosegretario (Biancofiore) e poi il ministro (Idem) delle Pari Opportunità. La prima per una scemenza sui gay, la seconda per una serie di pasticci edilizi e fiscali. Ma non è detto che chi resta sia meglio di chi se n’è andato, anzi quando si sente parlare il ministro della Difesa Mario Mauro viene la nostalgia non solo della Idem, ma perfino della Biancofiore. E non solo per le fesserie che continua a dire sugli F-35 (“amare la pace significa armare la pace”). Ma soprattutto quando, non si sa bene a che titolo, parla di giustizia. L’altra sera l’ex berlusconiano ora montiano ma sempre ciellino era ospite di Porta a Porta, comodamente assiso accanto alle neoalleate Paola De Micheli (Pd) e Daniela Santanchè (Pdl: indichiamo i partiti di appartenenza perché ormai è impossibile distinguerli). Il tema erano i processi di B., di cui nessuno degli ospiti sapeva assolutamente nulla, dunque ne parlavano tutti, aiutati da servizi che parevano scritti da Ghedini (uno definiva “mostruoso” il risarcimento inflitto alla Fininvest per avere scippato la Mondadori e confondeva l’attuale valore in Borsa del gruppo di Segrate con quello di un’azienda che da 22 anni dà utili a chi la scippò al legittimo proprietario). Vespa, in pieno conflitto d’interessi in quanto autore Mondadori, sosteneva il suo editore col decisivo argomento che la sentenza sul Lodo — scritta dal giudice Vittorio Metta, corrotto da Previti con soldi Fininvest — è regolare perché gli altri due giudici che non la scrissero non furono corrotti (Previti, si sa, ha il braccino corto e lascia sempre le cose a metà).

Completavano il quadro il solito inutile vendoliano, tale Stefano, che vorrebbe “separare la vicende giudiziarie da quelle politiche” e Massimo Franco del Corriere , “sconcertato perché il risarcimento deciso dal tribunale è diverso da quello deciso in appello e da quello chiesto dal Pg della Cassazione e perché il Tribunale ha
condannato B. nel caso Ruby a una pena superiore a quella chiesta dai pm” (a suo avviso i tre gradi di giudizio servono a fotocopiare tre volte le richieste dei pm, così poi i Franco accusano i magistrati di corporativismo e i giudici di appiattirsi sui pm e chiedono la separazione delle carriere). 

A quel punto toccava al cosiddetto ministro Mauro dare un po’ d’aria alla bocca: “Io non credo al racconto criminale della vita di eminenti uomini politici, da Andreotti a Berlusconi”. Cioè lui non riconosce le sentenze definitive che dichiarano Andreotti mafioso fino al 1980 e B. corruttore di giudici e testimoni, falsificatore di bilanci e frodatore fiscale, nonché falso testimone sulla P2 e finanziatore illegale di Craxi, capo di un’azienda che compra finanzieri e accumula fondi neri, né tantomeno a quelle provvisorie sulla Puttanopoli di Arcore. Poi passava direttamente alle bugie: “Mi chiedo perché tutte le vicende giudiziarie di B. sono nate nel 1994 dopo che entrò in politica”. Naturalmente non è vero niente, anzi è vero l’opposto: già processato per falsa testimonianza nel 1989 e salvato dall’amnistia, B. e il suo gruppo furono oggetto di indagini a Milano fin dal ’92 e proprio per scamparvi (oltreché per salvarsi dai debiti e dal fallimento) il Cavaliere entrò in politica nel ’94. Infine il ministro Mauro impartiva agli astanti un’imperdibile lezione di diritto costituzionale: “Se il problema è l’equilibrio dei poteri, tirar fuori questo Paese dal guado, discutere un diverso modello costituzionale, come possiamo pensare che sia privo di equilibrio sul tema giustizia?”. 

E per lui l’equilibrio fra i poteri si conquista con l'”immunità parlamentare”, che merita “un’appassionata difesa”: infatti ha scoperto che “i padri costituenti diedero la “totale indipendenza alla magistratura perché l’Italia usciva dal fascismo”, ma oggi bisogna “garantire anche la politica”, rendendola immune da indagini. Mauro la chiama “leale collaborazione fra poteri”: o la magistratura collabora insabbiando i reati dei politici, oppure restituiamo ai politici la licenza di delinquere. Altrimenti “facciamo del male al Paese e ogni cittadino, anche il più fragile, urla il suo sdegno perché non si sente certo nelle mani della nostra giustizia”. Senza contare che rischiamo “di non entrare in Europa”: non perché abbiamo il record europeo di corruzione, evasione e mafia, ma perché i magistrati perseguono politici corrotti, evasori e mafiosi.

A quelle parole deliranti c’era magari da attendersi qualche pigolio della De Micheli (che però s’è appena sposata, col paggetto Confalonieri a reggerle il velo). Invece niente, tant’è che Mauro e la Santanchè si felicitavano per la rocciosa “coesione della maggioranza sulla giustizia”.Mauro concludeva che “in questi ultimi anni la giustizia è stata spesso subordinata alla politica”. Amen. Ora, che un vecchio sodale di galantuomini come B e Formigoni la pensi così è più che comprensibile. Ma siccome rappresenta il governo delle due l’una: o il premier Letta (Enrico) condivide i suoi delirii sul ritorno all’immunità, e allora dovrebbe confessare i patti occulti che ancora non ci ha detto, oppure non li condivide, e allora sarebbe cosa buona e giusta se prendesse il suo ministro e lo accompagnasse alla porta.