Sottotitolo: il partito dell’amore, fondato da un mafioso, guidato da un delinquente abituale e votato da masse di imbelli e mentecatti che secondo qualcuno meritano rispetto e una loro rappresentanza politica. Per questo dobbiamo sopportare un presidente della repubblica e uno del consiglio che trattano, concedono udienza, riconoscendo dunque una dignità politica che non merita più, semmai l’abbia mai meritata, ad un interdetto e giudicato decaduto da senatore qual è l’amico fraterno, inseparabile di un mafioso condannato per frode allo stato. Uno che non può nemmeno votare.
Una catena di affetti che non si può interrompere.
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Vittorio Mangano, l’eroe di berlusconi e di dell’utri perché capace di tenere la bocca chiusa, era già un mafioso quando venne assunto da berlusconi su suggerimento di dell’utri in qualità di stalliere. In quel periodo, molto prima della famosa discesa in campo, aveva già collezionato tre arresti, denunce, condanne e una diffida con segnalazione di “persona pericolosa”. Ma nonostante questo sia berlusconi che dell’utri hanno sempre detto di non essere a conoscenza delle sue attività delinquenziali. Dichiarazioni smentite dal tribunale di Palermo che affermò che dell’utri non poteva non conoscere lo “spessore delinquenziale” di Mangano, e anzi, lo avrebbe scelto proprio per le sue referenze quale angelo custode dei figli di berlusconi dopo esplicite minacce di morte ricevute nel caso in cui non avesse ubbidito alle richieste della mafia. I rapporti di dell’utri con la mafia formano una relazione stabile da almeno trent’anni, e una sentenza gli ha riconosciuto il ruolo di intermediario fra berlusconi e cosa nostra, anzi, loro. Uno come dell’utri, coi suoi precedenti, con le sue conoscenze, con le sue frequentazioni, è proprio necessario vederlo con la lupara in mano per considerarlo persona inaffidabile? Eppure, berlusconi con uno così ha fondato Forza Italia, lo stesso partito con cui oggi, anno del signore 2014, Matteo Renzi si siede al tavolo della discussione politica.
Sono tre anni che sopportiamo ministri abusivi di governi abusivi che fanno cazzate a raffica e che non si possono dimettere perché sennò cade il governo, piange Gesù e anche Napolitano.
Beh, chi se ne frega dei governi – abusivi – che cadono.
Se Renzi non prende provvedimenti con Alfano, se Alfano resta ministro dell’interno nonostante non abbia saputo prendere le opportune misure per evitare la fuga del numero 2 di forza Italia, il mafioso mentore del criminale numero 1 non vale niente il governo e non vale niente nemmeno Renzi.
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La memoria è importantissima.
Così come è importantissimo ricordare le cose. Anche se “sono sempre le stesse” e c’è chi si annoia a sentirsele ripetere. Perché le cose saranno sempre le stesse finché non verranno sostituite da altre cose. Finché quelle cose “stesse” non verranno risolte, finché non lasceranno spazio all’ipotesi che anche l’Italia un giorno che verrà potrà diventare un paese [un po’ più] normale [un po’ più] civile [un po’ più] sano. Finché nella mentalità generale di chi abita questo sciagurato paese non si accenderà quella luce che illumina il pensiero. Il lavoro di Marco Travaglio è un gigantesco esercizio di memoria quotidiano, e per fortuna che che lo fa, per fortuna non si stanca di ripetere le cose “stesse”, per fortuna anche stamattina ci ricorda l’assurdo teorema di berlusconi che andava battuto politicamente col quale si è fatta scudo una politica vigliacca, disonesta, che prima ha costruito il mostro e poi non se ne è voluta [potuta] liberare.
Noi invece dovremo raccontare ai nostri figli e nipoti, e lo dobbiamo fare facendo nomi e cognomi, che in Italia c’è stato chi, da onesto come si definiva, ha considerato dei mafiosi, delinquenti comuni, criminali seriali persone politicamente affidabili [vale la pena ricordare la “profonda sintonia” di Renzi con berlusconi col quale parla ormai come un vecchio amico] nascondendo questo scempio dietro l’alibi di un consenso popolare che contrariamente a quel che molti pensano non è un’autorizzazione a delinquere. I due fondatori di Forza Italia pregiudicati, delinquenti conclamati e condannati e l’attuale governo con un partito così pensa di farci le riforme, di fargli avere voce in capitolo per modificare niente meno che la Costituzione sotto gli occhi compiaciuti del giornalismo servo e complice e del presidente della repubblica orgoglioso di aver edificato questa mostruosità e che su una simile empietà non trovano niente di strano, di anormale e di malato ma anzi continuano a suggerire di andare avanti che meglio di così non si potrebbe.
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Romanzo criminale – Andrea Colombo, Il Manifesto
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L’evaso e l’evasore – Marco Travaglio, 12 aprile
Non c’era miglior modo di celebrare il ventennale di Forza Italia dell’arresto dei due padrini fondatori. Il primo, SB detto l’Evasore, è ufficialmente detenuto ma resta a piede libero e non al gabbio, ma solo a patto che non parli male dei giudici e non frequenti pregiudicati: cioè che smetta di vivere (non può vedere Previti, né Dell’Utri, ma nemmeno il fratello Paolo e neppure i direttori dei suoi giornali). Il secondo, MDU detto l’Evaso, dovrebbe essere in galera (dove già soggiornò per un breve periodo nel 1995) da qualche giorno, ma si è dato latitante: chi dice in Libano, chi a Santo Domingo, chi in Guinea-Bissau. E solo grazie alla provvidenziale benevolenza della Corte d’appello di Palermo, che ha respinto un anno fa una richiesta della Procura generale di arrestarlo e poi due istanze per vietargli almeno l’espatrio, firmando il mandato di cattura soltanto il 7 aprile, una settimana prima della sentenza definitiva del suo processo per mafia, quando il galeotto era già uccel di bosco.
Vengono così smentite tre leggende metropolitane che hanno dominato il dibattito politico nell’ultimo ventennio: che quella di Forza Italia sia una storia politica e non criminale; che B.&C non andassero combattuti “per via giudiziaria”; e che la giustizia italiana sia affetta da “manette facili” per i potenti. Ora i nodi vengono al pettine tutti insieme: quella di Forza Italia è una storia criminale (non bastando i due fondatori, spiccano Cosentino e Matacena, leader del partito in Campania e in Calabria, entrambi detenuti); senza la “via giudiziaria” B.&C sarebbero ancora al governo; le manette per i potenti non sono facili né difficili, sono impossibili. Nella sua lunga vita B. ha cambiato due mogli quasi tre, centinaia di donne, vari mestieri e stallieri, due squadre di calcio (da giovane era interista), diversi amici degli amici, ville, pelli e capelli, ma Marcello non si cambia: un Dell’Utri è per sempre. Malgrado le differenze anagrafiche (uno nato a Milano nel 1936, l’altro a Palermo nel 1941), i due sono legati indissolubilmente finché morte non li separi, nei secoli fedeli e soprattutto zitti, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Malattia che ora si manifesta in simultanea, come nelle coppie così affiatate da diventare una cosa sola, in singolare coincidenza con l’approssimarsi della galera: ginocchio infiammato per l’uno, guai cardiaci per l’altro. A volte si sono separati, come fra il 1978 e il 1982 quando Marcello lasciò la Fininvest per lavorare con un altro amico dei boss (Rapisarda), o come nel 1999 quando con prodigiosa precocità staccò Silvio e tutta la Banda B. patteggiando in Cassazione la sua prima condanna definitiva a 2 anni e 3 mesi, mentre gli altri, trafelati, erano ancora imputati in tribunale. “Per loro – disse Luttazzi – il codice penale è un catalogo di opzioni”. Marcello si specializzò in concorso esterno, estorsione, false fatture, abusivismo edilizio (per una casetta su un albero), minaccia a corpo politico, loggia P3, corruzione. Silvio rispose da par suo con corruzioni di giudici e di testimoni, finanziamenti illeciti ai partiti, falsi in bilancio, falsa testimonianza, prostituzione minorile, concussione e naturalmente frode fiscale: la specialità della casa che alfine li affratella in un solo destino. Marcello lasciò il Parlamento l’anno scorso. Silvio lo seguì a stretto giro: ricandidato, rieletto, ma quasi subito decaduto e ineleggibile. Ora l’uno rieducherà un gruppo di incolpevoli anziani e/o disabili, che andranno poi rieducati una seconda volta dalla sua rieducazione; intanto riforma la Costituzione col premier Renzi, noto rottamatore; e, da detenuto, fa campagna elettorale entro e non oltre le ore 23. L’altro peregrinerà ramingo per il Terzo mondo, senza peraltro notarvi soverchie differenze con l’Italia. Sempre-ché non lo acciuffino. Ma è altamente improbabile: le ricerche sono affidate al ministro dell’Interno Alfano, imbattibile nella cattura di donne e bambine kazake, ma piuttosto digiuno in fatto di siciliani.