La coda del serpente

E’ surreale la richiesta all’islam moderato di dissociarsi dal fondamentalismo. 

Ogni volta che succede qualcosa in casa nostra, mai nella loro arriva, puntuale la richiesta della presa di distanza, come se qualcuno l’avesse chiesta ai cattolici che sostengono una fede che è nata, si è sviluppata dilagando proprio con la violenza.
E’ stato mai chiesto ai cattolici di dissociarsi dalle crociate, dalla santa inquisizione, dallo sterminio, le torture fatte subire a chiunque abbia provato nel tempo a contrastare la seduzione religiosa usando la semplice arma dell’intelligenza e della razionalità?
Qualcuno ha forse chiesto a noi di prendere le distanze dalla mafia, dagli attentati di Capaci e via D’Amelio?
E’ stata mai pretesa la presa di distanza degli antifascisti dalle stragi fasciste rimaste senza colpevoli in rispetto della “ragion di stato”?
Per chiedere scusa a Galileo scampato al rogo per un soffio la chiesa ha impiegato quattro secoli.
Altrettanti ce ne sono voluti per restituire alle donne l’anima che spettava loro quanto agli uomini.
Roba vecchia eh? Già, ma intanto nel ventunesimo secolo due giornalisti italiani vengono indagati perché accusati di aver violato il codice sacro, non quello dello stato laico dell’articolo 21.
Due giorni fa 50 mussulmani sono morti a Beirut colpiti da altri mussulmani.
Dov’erano i capi di stato europei e internazionali che oggi si stracciano le vesti, gli opinionisti che piangono l’attacco alla civiltà e i morti solo quando sono nostri, occidentali?
Quanta gente innocente è morta in Iraq, Iran, in Afghanistan, quanti sono stati e sono gli “effetti collaterali” del bombardamento democratico occidentale? Chi vende le armi agli “straccioni integralisti?” Bush padre dichiarò guerra al’Iraq perché “glielo aveva detto Dio”. Tutti i peggiori dittatori sanguinari dicevano e dicono di agire ognuno nel nome del loro Dio, non solo quelli islamici.
Negli attentati compiuti dall’integralismo islamico muoiono più mussulmani che occidentali: le vere vittime sono loro e lo sono due volte, sia quando vengono colpiti dal fondamentalismo sia quando l’occidente santo e democratico esporta un po’ di civiltà nell’unico modo che conosce: con le bombe.
Il terrorismo è la coda del serpente: la testa è altrove, dove le guerre vengono decise in nome del denaro: l’unico dio che regola l’universo.

E’ la guerra, bellezza

Sottotitolo, dedicato specialmente ai vagabondi che credono di essere anonimi: il furto di identità è ancora un reato perseguibile dalla giustizia reale. Renzi non l’ha ancora depenalizzato, ecco.

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Anche bombardare paesi è un atto di guerra.
Costringere la gente a scappare dalla sua terra senza sapere dove andare, abbandonarla ad un destino infame, è un atto di guerra.
Chissà come mai gli atti di guerra vengono considerati tali solo quando colpiscono l’obiettivo occidentale, mentre in tutti gli altri casi sono “esportazione di democrazia” o “difesa dei valori”.

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Ben svegliati a tutti quelli che scoprono solo oggi che le guerre sono divisive, che nessun atto di prevaricazione violenta ha in sé alcuna finalità positiva e figuriamoci democratica.
Se il momento non fosse tragico sentire Obama che parla degli attentati di Parigi definendoli “un oltraggio ai nostri valori”, quelli che tutti abbiamo imparato nel tempo a conoscere, farebbe sganasciare dalle risate.
Ci volevano terrorizzati, impauriti, spaventati e chiusi nei nostri piccoli recinti di “libertà”, ecco: ci sono riusciti.

Se l’Italia fin’ora si è salvata dagli attacchi del fondamentalismo nonostante la santanchè, salvini, gasparri, ferrara, i quotidiani di berlusconi, la scelleratezza delinquenziale di chi continua ad offrire la ribalta mediatica ai seminatori di odio razzisti e fascisti spacciati per leader ‘moderati’ non è perché abbia qualche merito particolare o una politica autorevole che sa garantire la sicurezza nazionale, è semplicemente perché proprio grazie alle sue politiche è stata sempre il paese più servo di tutti, il più capace di tutti a trattare con tutti per vigliaccheria e impossibilità di tenere la testa alta davanti ai poteri di ogni ordine e grado.
Un paese ininfluente a livello internazionale che si piega ad ogni desiderata che arriva dai piani alti, che non incute timore a nessuno.
Uno stato gestito da gente responsabile non avrebbe mai assecondato  un papa che pensa che sia questo il momento più adatto per far entrare qualche milione di persone in Italia a celebrare il suo anno santo e misericordioso.

Quindi, mai

Fra una certa incapacità a sapersi destreggiare nella politica, in special modo la politica nemica delle giuste cause qual è quella del pd di Renzi e la disonestà, non solo del pensiero ma anche nelle azioni un po’ di differenza c’è. Ed è quella che dovrebbe distinguere anche la motivazione della battaglia politica.
Quando quella differenza si annulla e la battaglia diventa l’occasione per il tutti contro uno, per quel tutti intendo anche chi, a parole, dice di pensare a delle politiche diverse, di avere idee diverse ma poi era al Campidoglio insieme a chi faceva i saluti romani e sventolava le bandiere di forza nuova e casa pound, ha festeggiato intorno alla carcassa del sindaco di Roma partecipando al regolamento di conti tutto interno al partito di Renzi e di Marino quella non è più politica ma, come nella migliore tradizione italiana è preparare il terreno alla spartizione di un potere che fa gola.
Chi si proclama diverso e migliore deve poi esserlo nei fatti e non a parole, ad esempio evitando di condividere la piazza coi fascisti: per non dare adito, mica per niente.
Il trattamento diffamante e violento riservato a Marino, non solo quello della piazza ma soprattutto di quei media che ora fanno finta di analizzare il risultato della massiccia campagna denigratoria contro il sindaco di Roma fatta da loro: Il Fatto Quotidiano come Repubblica, Formigli come Paragone è stato unico nella storia della politica di questi ultimi vent’anni, una cosa mai vista nemmeno nei riguardi dei delinquenti veri, certificati da sentenze e condanne.

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Il vicario del papa: “a Roma serve una nuova classe dirigente”.Ma come si permette?
I cittadini romani, italiani, hanno forse voce in capitolo nell’elezione del papa e nella scelta delle alte gerarchie vaticane?
Seriamente: qualcuno dica a ‘sta gente di tacere, ché di danni ne ha fatti abbastanza. Non serve riconoscere altra autorevolezza al vaticano, ne ha giá troppa che nemmeno gli spetta.
Il papa fa il papa e la chiesa, la chiesa: da duemila e più anni.
E, se piacciono tanto alla cosiddetta “sinistra” e agli insospettabili laici, quelli che “io non sono cattolico, ma questo papa…”  c’è qualcosa che non quadra. Qualcosa di anormale e di malato che bisognerebbe curare.
I punti di riferimento della politica progressista dovrebbero stare altrove da san Pietro.

In quale altra democrazia sana, compiuta ed evoluta è possibile che il vicario del papa possa imporre precise indicazioni su quello che deve fare la politica e la conferenza episcopale metta sistematicamente bocca circa il progetto di leggi che hanno a che fare con la vita civile dei cittadini fino ad arrivare all’annullamento di un referendum?
Naturalmente solo in questa che non è sana né compiuta né evoluta,  dove la politica non riesce proprio a fare a meno dell’assistenza del vaticano che, invece di essere grato della considerazione parossistica delle istituzioni della repubblica avanza pretese in continuazione, viene ospitato sul suolo italiano praticamente a costo zero perché al mantenimento dello stato nello stato contribuiscono anche i cittadini che vivono benissimo senza i riferimenti mistici, che sanno attraversare la strada della vita senza l’aiutino degli amici immaginari.
Questo sarà un paese appena un po’ civile il giorno in cui un politico qualsiasi di fronte all’ennesima esternazione degli uomini di chiesa, papa compreso sui temi che non riguardano la chiesa ma lo stato, risponderà semplicemente “grazie, eminenza, ma possiamo farcela da soli”.
Quindi mai.

Ormai non c’è storia, notizia, situazione riportata dai media in cui il commentatore, conduttore, giornalista non faccia la precisazione: “l’ha detto anche il papa”. Come se tutto quello che dice il papa si debba necessariamente vestire di giustezza inconfutabile.
Ci sarebbe da chiedere, da chiedersi dove fosse questo papa mentre intorno a lui accadevano le stesse cose che oggi lui commenta “da papa” con toni accorati, dispiaciuti, talvolta arrabbiati, dov’erano nascoste le sue velleità “rivoluzionarie” mentre si facevano le guerre, la chiesa si macchiava di scandali inenarrabili e appoggiava le peggiori politiche non solo in Italia ma in tutto il pianeta.
Ma capisco che sarebbe troppo pretendere che i giornalisti facciano domande giuste al papa, visto che come ci insegna Fabio Fazio non le fanno nemmeno a Renzi.
Dunque, stabilito che il papa, “questo papa”, parla di tutto, anche di quello che non dovrebbe si potrebbe così, giusto per cortesia, evitare di ammantare il tutto e l’oltre col riferimento agli interessi e alle opinioni del papa, che non sono di rilevanza nazionale, mondiale e non risolvono nessuno dei problemi e dei drammi reali che gran parte dell’umanità è costretta a subire e sopportare anche in virtù della millenaria complicità omertosa della chiesa con chi li costruiva.

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Sottotitolo: visto che bravo il papa?
Basta aspettare, trecento, quattrocento anni e poi le scuse della chiesa arrivano.
Prima o poi chiederà scusa anche per aver lobotomizzato i tre quarti del pianeta con la balla del “regno dei cieli”. Peccato non poter assistere all’evento storico.

‘Abusi sessuali pesano sulla Chiesa’
Il Papa si scusa per i preti pedofili

Il problema è che adesso TUTTI enfatizzeranno le scuse del papa [a cui si poteva aggiungere la cacciata dell’indegno parroco calabrese, se proprio si voleva dare un segno di credibilità] e NESSUNO metterà invece l’accento su Padoan che ha riconfermato per il vaticano gli sconti comitiva sulle tasse.Mentre le famiglie continuano ad essere strangolate dallo stato, alla chiesa si continuano a concedere i bonus, ma siccome il papa è taaanto buono, basterà che si affacci un’altra volta dalla finestra per dire che la pace è “beela”, la povertà brutta e la guerra ‘nze pò guardà e tutti saranno felici, contenti e coglionati. Come al solito. Chiedere scusa è la cosa più facile da fare. Forse perché è anche una delle più inutili.
Funzionano forse per la forma, ma non per la sostanza, che resta invariata come era prima che arrivassero.

“Scusa” va bene quando qualcuno mi pesta un piede, perché se mi tamponano la macchina già non basta più chiedere scusa: ci vuole una denuncia.
Ovvero, un fatto, un documento che attesti una colpa e che chieda ufficialmente di assumersi la responsabilità del danno.
Le scuse applicate alle grandi colpe poi hanno anche un vago retrogusto di presa in giro.
C’è un sacco di gente che pensa di poter risolvere tutto semplicemente chiedendo scusa.
Ma chi ha avuto la vita rovinata, danneggiata per sempre non ci fa niente con le scuse.
Ci sarebbero i dovuti modi e le giuste maniere per restituire almeno una parte di giustizia a quelle vite, ma tra il dire e il fare non c’è di mezzo solo il mare.

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E’ stato molto più contrastato berlusconi che in una cosa ha ragione e bisogna riconoscergliela:  lui è stato l’ultimo presidente del consiglio scelto per mezzo del voto, poi va bene ci sarebbe ancora da parlare  all’infinito di come, grazie al suo gigantesco conflitto di interessi, sia stato molto facile ottenere ma soprattutto mantenere il suo consenso anche in virtù di quegli italiani così facilmente seducibili.

 Renzi invece non fa così paura, ha la faccia rassicurante del vicino di casa, dell’amico di famiglia, del quarto alla partita di briscola e dunque ha trovato immense praterie su cui poter scorrazzare come gli pare, un posto dove non esistono obblighi né confini. Tutto è concesso e dovuto al globetrotter toscano, e per quello che ancora non ha si sta organizzando per benino. Ma in una democrazia non funziona così, una repubblica democratica non è il frigo bar che tutti possono aprire e prendersi quello che vogliono. Ci sono delle regole che TUTTI sono obbligati a rispettare, in primis quel giuramento che i ministri fanno al momento di accettare il loro incarico che è quello di servire lo stato e i cittadini, non di servirsene per gli affaracci loro: i soliti, legati al mantenimento del potere e dello status quo. E il presidente della repubblica invece di fare il ventriloquo, il suggeritore, dovrebbe ricordarsi che il suo ruolo principale è, sarebbe, quello di farsi garante delle regole democratiche che non prevedono colpetti di stato a ciclo continuo mascherati da legittime azioni democratiche. Colpetti di stato mascherati che sono iniziati una ventina d’anni fa quando all’indegno abusivo, all’impostore elevato poi a delinquente a tutti gli effetti è stato concesso quello che la legge non permetteva ma che a lui, essendo nato più uguale degli altri ma anche molto peggio dei tutti è stato invece concesso. Colpetti di stato che si sono ripetuti con una certa frequenza anche in questi ultimi anni, dal governo di Monti, nominato in fretta e furia senatore da Napolitano,  in barba all’articolo 59 della Costituzione che pretende che i senatori a vita abbiano delle caratteristiche precise che Monti non aveva ancora fatto in tempo a maturare.  Ma Monti  serviva, altrimenti il terrore, la miseria e la morte per tutti, altroché il pelo. Colpetti di stato – ma democratici, s’intende – che si sono ripetuti con la nomina del bel governo delle larghe intese – napolitane –  perché o si faceva così oppure il paese sarebbe andato a finire nel baratro dell’ingovernabilità [ah ah].  Nel mentre, quella legge che ha riempito in questi anni il parlamento, la cosiddetta legge porcellum così definita da colui che l’ha fatta e che di porcate se ne intende, veniva giudicata incostituzionale.  Colpetti di stato a getto continuo che ci hanno portato ai giorni nostri dove a palazzo Chigi siede un signore i cui unici meriti sono stati aver governato una città da sindaco ed aver vinto le primarie del suo partito che però, tutti sanno, o almeno dovrebbero sapere,  non hanno nessuna valenza istituzionale, non riconoscono nessuna autorità a livello nazionale. Altrimenti sarebbe come se un amministratore di condominio potesse andare, in forza di chi l’ha votato, a fare il presidente della repubblica di un paese intero: parrà strano ma il paragone è pertinente. E comunque un suffragio elevato, il fatto che un politico possa ottenere un alto consenso di popolo non lo autorizza ad usarlo quale arma per fare quello che gli pare. Anche se Renzi fosse stato votato in regolari elezioni POLITICHE ottenendo la maggioranza bulgara, e non, invece, salito a palazzo per le solite manovre di palazzo, sarebbe sempre tenuto a rispettare i codici di quella democrazia che ha consentito anche a lui e ad un avanzo di galera di poter mettere piede in parlamento. Mentre, e invece, lui vuole chiudersi nel fortino e far saltare in aria la strada che ce lo ha portato. No, non si può fare. Un paese normale non può ridursi all’ultima spiaggia che si paventa e si minaccia da almeno tre anni per bocca del presidente della repubblica, non dello scemo del villaggio. Un paese, le cui istituzioni non hanno saputo rinnovarsi nemmeno sul piano della decenza ma il cui unico interesse è stato tramandarsela, quell’indecenza, basterebbe andarsi a guardare chi sono uno per uno questi cosiddetti “riformatori”, andrebbe abbattuto come un ecomostro.

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Ognuno si sceglie i suoi. Libertà e Giustizia non riconoscerà mai a Berlusconi Silvio (condannato in via definitiva per frode fiscale), Verdini Denis (indagato per false fatture, mendacio bancario, appalti G8 L’Aquila, associazione a delinquere e abuso d’ufficio), Letta Gianni (indagato dal 2008 per reati di abuso d’ufficio, turbativa d’asta e truffa aggravata, inchiesta poi archiviata nel 2011) il diritto di mettere le loro mani sulla Costituzione nata dalla Resistenza.
Saremo pochi? Saremo gufi? Saremo professoroni e parrucconi? Sempre meglio che complici di questa congrega. [Libertà e Giustizia]

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Quando mussolini andò al potere da dittatore fascista soltanto dodici professori universitari su milleduecentocinquanta [in tutta Italia] rifiutarono di aderire al regime, non giurarono fedeltà al duce perdendo così la loro cattedra.

Forse è la paura di perdere la cattedra che fa tacere molti dei “professori” attuali, quelli che quando era berlusconi a proporre riforme pericolose per la democrazia [ma vantaggiosissime per lui che non si è mai riconosciuto nella democrazia e nella Costituzione però vuole riformare sia l’una che l’altra e qualcuno glielo sta permettendo] lo scrivevano su tutti i muri delle scuole del regno, mentre oggi preferiscono tacere e non disturbare il Grande Progetto di Napolitano e Renzi, con la supervisione del condannato alla galera berlusconi di riportare un po’ di regime in Italia.

Ovvio che parlare di regime senza le squadracce per strada che minacciano risulta esagerato, tutti siamo ancora liberi di poter gestire il nostro tempo, le nostre attività, nessuna “libertà” viene minacciata in solido, ma le dinamiche che poi portano un paese ad essere sottomesso ad una democrazia “autoritaria” sono le stesse con le quali è stato possibile instaurare il regime di mussolini.

In epoche moderne non servono i carri armati nelle piazze per far capire alla gente che qualcosa è cambiato; i cambiamenti si fanno assimilare per mezzo di altri strumenti, più pericolosi in quanto subdoli, che a occhio nudo non si vedono.

Quando non si ascoltano più le voci contrarie, quando la maggior parte della stampa e dell’informazione fa passare per buono, per ottimo tutto quello che si decide nelle segrete stanze, per tacere di quanto ci abbiano terrorizzati tutti quanti sull”ipotesi che l’uomo solo poteva essere Grillo. Evidentemente solo la solitudine di Grillo è fascista, quella di Renzi no, lui è felicemente accompagnato e si vede.

Quando per mesi si continua a ripetere che l’opzione berlusconi era necessaria perché berlusconi è il capo di un partito che porta i voti, mentre in nessuna parte del mondo civile la politica seria prende in considerazione le opinioni [e figuriamoci se gli dà modo e maniera di influire sulle leggi dello stato] di un uomo finito dal punto di vista dei diritti civili, finito per sua scelta, non perché qualcuno gli abbia negato, tolto quei diritti con la violenza. 
Per fare un piccolo esempio pratico, Bossetti, l’uomo accusato di aver ucciso Yara può ancora esercitare il diritto di voto, berlusconi no: però qualcuno, Matteo Renzi col placet di Napolitano ha messo in mano la Costituzione da riformare anche a lui.

Quando un presidente della repubblica da anni [anni!] continua a ripetere la solita filastrocca che “o così o il diluvio”, ritornello applicato prima a Monti, poi a Letta e adesso a Renzi non c’è da stare tranquilli, anche se in molti, naturalmente quelli che stanno collaborando alla “stretta” sulla democrazia applicata alle regole, si affannano a ripeterci tutti i giorni che non c’è nulla da temere.  Come dice  – e dice bene – Antonio Padellaro, “ci stanno fregando”, e se non ce ne accorgiamo nemmeno stavolta significa che questo paese una libertà vera non la merita.

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DIALOGO TRA UN GUFO E IL 40,8% (Antonio Padellaro)

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LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA (Marco Travaglio)

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O no? – Alessandro Gilioli – Piovono rane

Immaginate il governo dei vostri sogni. Quello che secondo voi sarebbe perfetto. Ok?

Immaginate quindi che il capo di questo governo abbia un indice di gradimento popolare altissimo, l’endorsement unisono di tutti i media, l’appoggio entusiasta dei poteri economici e finanziari, un’opposizione in buona parte farlocca e nessuna possibile alternativa di governo alle viste.

Sicché il capo di governo in questione può permettersi di fare il cacchio che vuole senza rispondere a nessuno, perché il Paese si è trasformato in un gregge di belanti yesmen.

Ecco: a fronte di uno scenario del genere – e fermo restando che quello è il governo dei vostri sogni – sareste capaci di vedere che la situazione è patologica, drammaticamente patologica, perché una democrazia sana ha invece bisogno di dialettica, di conflitto, di contrappesi, di un’alternativa sempre possibile?

O no?

(sia chiaro: il riferimento non è solo ai renziani – e quindi la domanda non è posta solo a loro. Vale invece per ciascuno di noi, quale che sia il suo governo ideale; perché oggi Renzi, domani un altro: è più o meno lo stesso, in termini di cultura democratica).

Moniti e distintivo – Marco Travaglio

L’ha fatto ancora. Dopo qualche settimana di astinenza, Napolitano ha monitato di nuovo. E, siccome gli scappava da un bel po’, ha espettorato ben tre moniti in un giorno. Credendosi il re d’Italia, è andato a Redipuglia. E di lì, a 100 anni dalla grande guerra, ha tuonato contro “le guerre e i nazionalismi” (brutti) e a favore dell’“integrazione europea” (bella). Concetti forti, soprattutto nuovi. Poi s’è spostato a Monfalcone e, sempre in marcia verso la scoperta dell’acqua calda, ha rimonitato per strada: “Se non trovano lavoro i giovani, l’Italia è finita”. Perbacco, che originalità. Verrebbe da domandargli dove sia stato lui negli ultimi decenni, essendo entrato in Parlamento appena nel 1953, mentre i governi italiani facevano di tutto per desertificare i posti di lavoro.

O se il Napolitano che firmò ed esaltò la controriforma Fornero che manda gli italiani in pensione a 70 anni, tagliando fuori i giovani dal mercato del lavoro, fosse un suo omonimo. Del resto, c’è un Napolitano che tuona contro le guerre e uno che difende a spada tratta l’acquisto degli F-35 (che notoriamente sganciano mazzi di rose), anche dai cattivoni del Pentagono che osano lasciarli a terra per precauzione. Un Napolitano che “quando il Parlamento delibera, il Presidente tace”. E un Napolitano che ieri – terzo monito – s’impiccia nei tempi (dunque nei modi) della controriforma del Senato . Ma questo è ormai la politica italiana: una supercazzola 24 ore su 24 senz’alcun rapporto con la realtà, con la coerenza, con la decenza. Con B. credevamo di avere raggiunto il record mondiale della balla, ma non avevamo ancora visto all’opera Napo & Renzi: al confronto il Cainano è un dilettante. Tre anni fa giunse la famigerata lettera della Bce che commissariava definitivamente l’Italia, imponendoci inutili sacrifici per decine di miliardi, oltre all’anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013. Fu allora che un certo Matteo Renzi, ancora soltanto sindaco di Firenze, il 26 ottobre 2011 dichiarò all’Ansa: “Mi ritrovo nella lettera della Bce. E non condivido l’atteggiamento prevalente del Pd che invoca l’Europa quando conviene e ne prende le distanze se propone riforme scomode. Rabbrividisco a sentire certe posizioni contro la lettera della Bce lanciate da chi non prenderebbe voti nemmeno nel suo condominio”. Chissà se è lo stesso Renzi che ora, divenuto segretario del Pd e presidente del Consiglio, fa il figo contro “l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri”, contro il rigore in nome della flessibilità e della crescita.

   C’è il Renzi che fa lo splendido con le 12 linee-guida sulla Giustizia e bacchetta il Csm: “Chi nomina non giudica e chi giudica non nomina”. E c’è il Renzi che si tiene come sottosegretario alla Giustizia il magistrato Cosimo Ferri che fa propaganda elettorale via sms per mandare i suoi amichetti nel nuovo Csm (chi governa elegge e chi elegge governa). C’è il Renzi che trasforma il Senato in dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali perché quello attuale fa perder tempo (falso: approva le leggi in una media di 2 mesi). E c’è il Renzi che, come i predecessori, si scorda i regolamenti attuativi delle sue (pochissime) riforme, che languono nei ministeri come lettera morta. C’è il Renzi che dai 5Stelle pretende lo streaming e le risposte scritte in carta bollata, però B. & Verdini li vede di nascosto e a carte coperte, infatti il Patto del Nazareno rimane segreto di Stato. Viene in mente quel che disse Fabrizio Barca a un imitatore di Vendola che il 17 febbraio lo chiamò dalla Zanzara: “Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo! Siamo agli slogan: questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo, vedo uno sfarinamento veramente impressionante”. Poi rivelò di aver rifiutato l’offerta di fare il ministro che gli giungeva da improbabili intermediari del premier, legati al quotidiano la Repubblica: “Sono colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione!… Sono fuori di testa!”. Pareva uno scherzo telefonico: era il migliore ritratto del renzismo reale, tutto chiacchiere e distintivo.

 

La Chiesa che condanna le mafie

Di quale chiesa parliamo, quella che ha seppellito un boss criminale in una chiesa che per toglierlo da lì ci sono voluti vent’anni durante i quali è stato impossibile indagare sul perché un criminale avesse potuto trovare spazio in una basilica al pari di papi e santi?

E di quale stato parliamo, quello che fa fare le leggi per gli onesti ad un delinquente amico stretto della mafia criminale, quella che fa saltare autostrade e palazzi e scioglie bambini e donne nell’acido? 

 

CASELLI: “IL PAPA È IL NEMICO” 

Già procuratore capo di Palermo e numero uno del Dap il magistrato ritiene che sia “importante che la Chiesa non ceda, che non faccia passi indietro” rispetto al gesto dei mafiosi di non partecipare alla messa. “La coraggiosa denuncia del Papa non deve restare isolata, va sostenuta da tutta la Chiesa. Altrimenti rischia di essere occasionale e quindi sterile. Guai se l’inchino fosse accettato. E se il vescovo Francesco Milito ha già detto che prenderà provvedimenti, auspico che faccia la stessa cosa lo Stato”.

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Se dei carabinieri, forse per la prima volta nella storia di questo paese, compiono il gesto palese, evidente ma non sufficiente  perché TUTTI i cittadini onesti avrebbero dovuto girare le spalle al solito gesto di riverenza al padrino mafioso,  di abbandonare una processione religiosa dove si è ripetuto l’atto, che ormai, salvo rare eccezioni coraggiose, è diventato anch’esso parte del folklore di far fare l’inchino al mafioso ad una statua che può rappresentare un santo o una delle figure della sacra famiglia i provvedimenti seri non li deve prendere il vescovo ma lo stato.
Perché questa è una questione di stato, non religiosa.
E’ un’abitudine che si è incistata nella subcultura popolare dove tutto si mescola, anche la criminalità sanguinaria alla religione.
E alla criminalità mafiosa ci deve pensare lo stato non chi, anche dalla parte della chiesa, ha sempre guardato con indifferenza e ancorché riverenza, rendendolo qualcosa di normale, l’atto di fedeltà della religione alla criminalità mafiosa.

MA

In fin dei conti è giusto, ognuno si sceglie i suoi rappresentanti, e quello che si fa fare ad un pezzo di gesso è semplicemente quello che ha sempre fatto la maggior parte della gente: inchinarsi davanti alla delinquenza e alla criminalità. Per paura, convenienza, perché qualcuno lo ha fatto prima e qualcun altro ha pensato di dover portare avanti questa tradizione. Perché se la maggior parte della gente avesse alzato la testa invece di chinarla in segno di rispetto forse qualcosa di questo paese si potrebbe ancora salvare. E invece non si salva niente nel paese dove anche lo stato si è inchinato davanti alla mafia quando, per mezzo di certi suoi rappresentanti alti e altissimi, ha pensato che fosse più proficuo trattare con la criminalità mafiosa, piuttosto di combatterla sul serio. E non si salva niente dove ad un amico della mafia si chiede di collaborare alla stesura delle leggi, alla riforma di quella Costituzione dove nessuno aveva previsto che bisognasse stringere accordi, e la mano, ai referenti della mafia.

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Oppido, parroco: “Cacciate cronista del Fatto”
Solidarietà Cei – E la Dda apre un’inchiesta
Figlia boss: “Orgogliosa di mio padre” (video)

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LA FEDE CRIMINALE – Roberto Saviano

Gli affiliati alle ‘ndrine rinchiusi nel carcere di Larino hanno deciso di non partecipare più alla messa. Da settimane attuano una sorta di sciopero religioso.

DOPO la scomunica pronunciata da Papa Francesco per i detenuti è inutile — hanno detto al cappellano don Marco — andare a messa — È inutile quando si è stati esclusi dai sacramenti. L’anatema di Bergoglio è giunto potente e inaspettato nelle carceri che ospitano gli uomini di ‘ndrangheta. Gran parte del mondo ha interpretato la scomunica come una mossa teologica, un’operazione morale fatta più per principio che per reale contrasto alle organizzazioni criminali. Un gesto morale considerato importante per dare una nuova direzione alla Chiesa ma che difficilmente avrebbe potuto incidere nei comportamenti dei padrini, degli affiliati, dalla manovalanza mafiosa. Quale danno avrebbe mai recato ad un boss una condanna metafisica che non ha manette, non ha sequestri di beni, non ha ergastoli ma che semplicemente esclude spiritualmente dalla comunità cristiana e dai suoi sacramenti?
Da queste domande era nata la diffidenza di molti che temevano che la presa di posizione del Papa contro i clan fosse inutile. Un gesto bello, nobile, ma innocuo. Ma non è così e la “protesta” dei duecento detenuti affiliati lo dimostra. Intanto è una prima volta, un unico nella storia criminale e non è affatto quello che potrebbe sembrare ad una prima lettura: ossia una semplice conseguenza della scomunica. Quando si tratta di organizzazioni mafiose ogni azione, ogni parola, ogni gesto non può esser letto nel suo significato più semplice e elementare. Dev’essere inserito nella complessa grammatica simbolica che è la comunicazione dei clan.
Questo sciopero della messa non parla ai preti, non parla alla direttrice del carcere, non parla nemmeno al Papa. Questo sciopero non dice: «Il Papa ci ha tolto la patente di cristiani, non possiamo più battere le strade della messa e della comunione ». Perché questo è falso. Papa Francesco nel suo viaggio in Calabria ha fatto un gesto comunicativamente geniale, è andato a trovare i detenuti nel carcere di Castrovillari e ha detto loro «anche io sbaglio, anche io ho bisogno di perdono»: è in questa frase la vera forza della sua dichiarazione di scomunica. Non è contro l’uomo che in carcere appartiene all’organizzazione ma contro l’organizzazione. La scomunica non è all’assassino, all’estorsore, all’affiliato, al sindaco corrotto, al giudice compromesso, al boss, la scomunica è contro chi continua a sostenere l’organizzazione. La scomunica è all’assassinio, all’estorsione, alla tangente, alla corruzione quindi alla prassi mafiosa.
Quella degli affiliati non è quindi una sorta di protesta contro una Chiesa che ha abbandonato in contraddizione con il vangelo («ero carcerato e siete venuti a trovarmi») il conforto ai detenuti. È un manifesto. È una dichiarazione di obbedienza alla ‘ndrangheta, la riconferma del giuramento di fedeltà alla Santa. Questo sciopero è un gesto che deve arrivare all’organizzazione stessa. La scelta di andare a messa nonostante la scomunica avrebbe potuto far apparire gli affiliati sulla strada del tradimento, alla ricerca di quel nuovo percorso di pentimento che Francesco gli ha indicato.
Sottolineano: siamo scomunicati perché ‘ndranghetisti, e nessuna occasione simbolica è lasciata sfuggire dagli uomini dei clan per ribadire soprattutto dalle segrete di un carcere la loro fedeltà. Si sciopera contro la messa in questo caso per dichiararsi ancora uomini d’onore e non lasciare alcun sospetto di allontanamento dalle regole dell’Onorata Società. Quando ci si affilia la “santina” di San Michele Arcangelo viene fatta bruciare tra le mani unite e aperte a forma coppa e le parole pronunciate sono definitive: «In nome di nostro Signore Gesù Cristo giuro dinanzi a questa società di essere fedele con i miei compagni e di rinnegare padre, madre, sorelle e fratelli e se necessario, anche il mio stesso sangue».
La scomunica di Papa Francesco sta diventando un meccanismo in grado di alzare come un grimaldello le inaccessibili blindate che isolano i codici mafiosi dal resto della società civile. Bisogna insistere e agire, isolare quelle parti di chiesa saldate alla cultura mafiosa che ancora resistono, come dimostra quel che è accaduto sempre ieri a Oppido Mamertina, in Calabria, dove la processione ha reso l’omaggio alla casa di don Giuseppe Mazzagatti. Un “inchino” dovuto per non alterare un vecchio boss che ancora tiene (rispetto alle giovani generazioni) al vecchio rito e che — come in molti hanno lasciato trapelare — da decenni finanzia feste patronali e iniziative religiose nel suo territorio.
Nell’Italia della crisi i simboli contano come reale e spessa sostanza, non sono un orpello di facciata. Alla scomunica religiosa deve seguire una scomunica civile assoluta, che permetta l’esclusione del meccanismo mafioso dalle dinamiche quotidiane, economiche, sociali. Un’esclusione vera, radicale, definitiva.

Da La Repubblica del 07/07/2014.

 

 

E’ cambiato il piazzista ma la merce è sempre la stessa

Il papa ci dica che ne pensa di uno stato che butta via due milioni di euro in un paio d’ore per celebrare se stesso.
Due milioni di euro chissà quanto avrebbero potuto rendere migliore la vita di bambini già nati.
Per esempio.

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Il 2 giugno è la “Festa della Repubblica che ripudia la guerra”

I movimenti per la Pace e il Disarmo lanciano una proposta di legge per istituire la difesa civile, non armata e nonviolenta.
La madre è la Resistenza antifascista, il padre è il Referendum democratico: la Repubblica italiana è nata in un’urna il 2 giugno del 1946.  Perché, per festeggiare il suo compleanno, lo Stato organizza la parata militare delle Forze Armate? E’ una contraddizione ormai insopportabile. 
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“Chi sono io per giudicare un gay?”
Così a luglio dello scorso anno si era espresso il papa che qualcuno ha già santificato da vivo, ma che però di fronte all’ipotesi che la famiglia mondiale possa diventare meno numerosa  – un’ipotesi terrificante per la chiesa  perché verrebbe a mancare la materia prima che ne giustifichi l’esistenza ma che soprattutto la mantenga –  ieri ci ha fatto capire che a lui giudicare piace, eccome.La chiesa per bocca del papa definisce egoista chi per scelta, per mancanza di vocazione alla genitorialità decide che può vivere bene lo stesso senza mettere al mondo appendici di se stess* ma poi fa altrettanto nei confronti di chi un figlio lo vuole ma per motivi naturali non lo può avere.

In quel caso il desiderio di un figlio diventa pretesa, qualcosa di contro natura perché la natura, ovvero Dio, ha deciso che se è così, così deve essere e che volere un figlio a tutti i costi per mezzo della scienza è egoismo perché i figli “non sono un diritto”.

I diritti dei bambini prima di tutto ma poi si ignora che fra quei diritti ci sono anche quelli che attengono al semplice mantenimento in essere della persona a cui non deve mancare nulla, nemmeno di quel materiale tanto inviso ma, purtroppo per le anime belle, quelle che “dove si mangia in due si mangia anche in tre” [e non è vero], necessario.

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L’appello del Papa a fare figli «Sbagliato preferire cani e gatti»

Durante una messa celebrata per gli sposi il Pontefice accusa di egoismo le famiglie sterili per scelta: «Passeranno la vecchiaia in solitudine»

Secondo Bergoglio gli sposi devono essere fecondi. «Ci sono cose che a Gesù non piacciono – avverte il Papa – i matrimoni sterili per scelta, che non vogliono i figli, che vogliono rimanere senza fecondità. Francesco accusa «questa cultura del benessere di dieci anni fa, che ci ha convinto che è meglio non avere i figli, così tu puoi andare a conoscere il mondo, in vacanza, puoi avere una villa in campagna. Così tu stai tranquillo…».

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Qualcuno dica a Francesco, il papaprogressistaanzichéno che è rimasto un po’ indietro, e che i motivi per cui non si fanno figli non hanno niente a che vedere con una scelta di benessere ma spesso obbligata dal motivo contrario: i figli, COSTANO, e  scegliere di non avere figli  non è frutto di velleità animaliste che fanno preferire il cane e il gatto a uno o più bambini.
E, se anche fosse così, se anche fosse che due persone pensano di essere inadeguate ad avere, allevare ed educare dei figli o semplicemente NON VOGLIONO dei figli, avendo tutto il diritto di non averli, ma sentono di avere più trasporto ad accudire animali domestici prima di tutto chi se ne frega di quel Gesù che si dispiace, visto che non tutti hanno un Gesù di riferimento, in secondo luogo non sono affari del papa sponsor della famiglia nel paese in cui se c’è un ambito ignorato e maltrattato dallo stato è proprio quella famiglia tanto nominata ma niente affatto rispettata, e in ultimo è molto meglio che vadano a prendersi un cane al canile – che è molto più facile di adottare un bambino per chi non può averne uno suo – facendo anche un’opera buona piuttosto che mettere al mondo dei figli che poi non saranno in grado di trasformare in persone fatte e finite.

Al papa qualcuno dica anche che stamattina a vedere il saggio di musica di mio nipote all’asilo c’erano solo due zie e una nonna, perché né suo padre né sua madre potevano, possono chiedere due ore di permesso dal lavoro per andarsi a guardare un bambino di quattro anni che canta, balla e fa suonare il diapason. 
E che i genitori di mio nipote saranno costretti a guardarsi il figlio da una clip su un cellulare.
E che quel Gesù che piange perché non nascono più bambini forse non si limiterebbe a piangere se sapesse che in Italia i figli non si fanno perché i bambini che nasceranno saranno già orfani di genitori che non possono nemmeno andarsi a guardare un saggio e una recita di fine anno scolastico dei loro figli.
E che sarebbe meglio che tutti, papa compreso, parlassero di cose che conoscono, e la smettessero di offendere chi ha problemi molto più seri e nessun tempo per impicciarsi dei fatti degli altri. 

Col 46% di disoccupazione in questo paese,  che coinvolge e travolge soprattutto i giovani, trovo non solo offensivo ma addirittura blasfemo che un papa dica che non si fanno figli perché la gente è impegnata a viaggiare e godersi la vita coccolando cani e gatti.

Non tutti abbiamo avuto la possibilità di vivere in un appartamento di 700 metri quadri al centro di Roma con  vista panoramica mozzafiato comprensivo di  tutti i lussi e i comfort come la loro eminenza cardinal Bertone, che di figli suoi non ne mantiene nemmeno uno.

Abu_Santi

Quanti di quelli che oggi hanno partecipato al rito di san Pietro, che hanno viaggiato di notte, dormito per terra e per strada, che hanno trascinato in questo delirio anche figli bambini, sarebbero disposti a farlo anche per difendere i loro diritti in una manifestazione civile e senz’altro più utile per tutti? Domanda retorica.

I conduttori dei vari telegiornali potevano almeno risparmiarci l’espressione ebete dei rapiti dalla fede, cercando di alleviare la pesantezza delle cose che hanno raccontato e presentato con una seria professionalitá. Il tg3 di Roma e del Lazio delle 14 ha dato SOLO la notizia della santitá elargita. Altro non è successo. Ha ragione Odifreddi, e modestamente anch’io che lo scrivevo due giorni fa, per trovare un barlume di onestà informativa bisogna attraversare l’oceano dove se ne fottono allegramente di dare la precedenza a questi gran visir della menzogna.

 

 

L’unica certezza reale di questa magnifica giornata che ha rimesso Roma [che sta ancora pagando i danni del giubileo] al centro del mondo, è che la vera santificazione è stata  ancora una volta quella dell’esaltazione massima della menzogna, della creduloneria popolare, gli ingredienti di base, fondamentali, senza i quali la struttura millenaria della chiesa non avrebbe avuto modo di esistere e di resistere da così tanto tempo. Qualcuno ha detto “beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”. Ecco, altrettanto si può dire a proposito dei santi,  e beati quei popoli che sanno coltivare la propria fede senza che questa diventi motivo di divisioni, di affermazioni di superiorità, senza questi riti che riportano indietro nel tempo il mondo e senza, soprattutto, coinvolgere chi ha deciso che si può vivere benissimo lo stesso senza avere la necessità di affidare la propria esistenza ad un Dio qualsiasi.  La fede è un fatto privato  che riguarda solo le persone che credono, non va imposta a tutti né soprattutto vanno addebitati ai tutti i costi di questi riti sfarzosi, faraonici, fuori dal tempo e sicuramente anche dalla grazia di quel Dio al quale si fanno dire cose ma poi se ne fanno sempre altre.

Questa mania di ammantare di santità persone che in vita hanno avuto una reputazione tutt’altro che meritevole di aureola è rivoltante. Cirillo fu colui che ordinò la lapidazione di Ipazia d’Alessandria, Roberto Bellarmino è stato il cardinale che ordinò le torture e l’uccisione sul rogo, previo inchiodamento della mandibola, di Giordano Bruno. E si potrebbe continuare in un elenco infinito fatto di gente che ha usato la coercizione, la violenza, la tortura, l’eliminazione fisica per imporre la sua religione, che ha sempre osteggiato con la violenza chi metteva in dubbio, un dubbio più che legittimo peraltro visto che nessuno può dire di averlo conosciuto, visto, sentito parlare, l’esistenza di Dio. Su quali basi la chiesa possa aver deciso la santità di simili mostri nessuno ce lo ha mai spiegato.

L’unico modo per salvarsi dalla canonizzazione dei papi oggi è tenere spente radio e televisione, e forse anche internet. Non voglio ignorare l’impatto storico dell’evento così come avevo fatto riguardo le dimissioni di Ratzinger, però ugualmente penso che sia profondamente ingiusto e incivile far subire questa no stop mediatica iniziata da giorni e che si concluderà solo dopo altri e tanti giorni di un evento che servirà a riempire palinsesti televisivi e pagine di giornale ma che – parrà strano – non è di interesse nazional mondiale.
Nel mondo ci sono, e per fortuna, diversi miliardi di persone a cui la notizia di due papi che diventeranno santi non provoca il benché minimo sussulto.
E non vedo perché bisogna istigarli, indurli a quel sussulto.
In un paese civile si dedicherebbe un canale alla celebrazione e chi vuole se l’andrebbe a vedere su quel canale. Non sarebbe la notizia di apertura e di chiusura di tutti i telegiornali del servizio pubblico, delle radio e  tv private né avrebbe così tanto spazio nel resto dei media.

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CECILIA M. CALAMANI – Roncalli e Wojtyla santi: cronache dal Medioevo

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Perché Wojtyła non è un santo di Giovanni Franzoni

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Wojtyła santo subito? Il caso Maciel
e altre ombre
 
di Hans Küng

Roncalli e Wojtyła santi: un enorme ossimoro di don Paolo Farinella per Micromega

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Se la cantano e se la suonano – Piergiorgio Odifreddi

Mentre scrivo, in piazza San Pietro si tiene la grande sceneggiata della canonizzazione di due papi morti, concelebrata da due papi vivi. La folla accorre in massa per presenziare alla versione moderna dell’apoteosi che, nella stessa città di Roma, veniva riservata agli imperatori deceduti: al grido di “santo subito”, esattamente come avvenne alla morte di Giovanni Paolo II, quando gli ignari fedeli chiesero a gran voce per il papa ciò che gli altrettanto ignari sudditi chiedevano un paio di millenni prima per il sovrano.

La fastosa e oceanica cerimonia è officiata dal Grande Sceneggiatore, il papa che ha preso il nome di san Francesco. Il papa che a ogni occasione ricorda che vorrebbe una chiesa povera e umile, senza trovare nessuna contraddizione con lo sfarzo e la solennità dell’odierno spettacolo, trasmesso in mondovisione e in tridimensionalità. Il papa che la gente proclamerebbe santo già ora da vivo, e che qualcuno dei co-officianti di oggi si affretterà a proclamare santo appena morto, all’insegna del motto “oggi a te, domani a me”.

I nostri media rintontiti rimbombano l’agiografia dei nuovi santi, senza alcun apparente imbarazzo o pudore. Per trovare un barlume di lucidità e onestà bisogna varcare l’oceano e approdare in Nord America, dove il New York Times ci ricorda di ricordare che Giovanni Paolo II ha convissuto per tutto il suo lungo pontificato con la pedofilia ecclesiastica, coprendola fino ai massimi livelli: quelli dei pervertiti padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, e del cardinal Bernard Law, arcivescovo di Boston.

In Sud America si ricorda invece l’ignobile piazzata che Giovanni Paolo II fece a padre Ernesto Cardenal all’aeroporto di Managua, nel 1983, per non essersi dimesso da ministro della Cultura del governo sandinista. Collaborare con un governo rivoluzionario di sinistra era antievangelico, per il papa polacco che non trovava invece niente da ridire sul fatto che il cardinal Pio Laghi giocasse a tennis con il dittatore argentino di destra Jorge Videla. E nemmeno sul fatto di visitare lui stesso il dittatore cileno di destra Augusto Pinochet, facendosi fotografare sorridente con lui al balcone del palazzo presidenziale.

Questo è l’uomo che papa Francesco porta oggi solennemente ad esempio ai fedeli. Un uomo che, secondo le mediorientali e medievali favole ecclesiastiche, avrebbe compiuto miracoli: come tutte le altre migliaia di “beati” e “santi” che gli ultimi tre papi hanno sfornato, e continuano a sfornare, a getto continuo.

I fedeli e i media rimangono a bocca aperta di fronte a questa taumaturgia generalizzata e diffusa. Anche se poi rimangono a bocca chiusa quando, con macabra ironia, il caso sbeffeggia i due neo santi facendo crollare una croce di Cristo dedicata a Giovanni Paolo II su un povero disabile, che abitava in via Giovanni XXIII ed era andato in pellegrinaggio in vista della canonizzazione di oggi, uccidendolo.

Ma si sa che così succede anche con le malattie, per i cattolici: se guariscono, è merito di qualche santo o di qualche madonna, e se non guariscono, è colpa dei medici o delle medicine. Da oggi, avranno altre due persone a cui attribuire ciò che la vita regalerà loro di positivo, riservando ovviamente le lagnanze per il negativo al destino cinico e baro.

Santissimi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, pregate per loro, che ne hanno bisogno. E pregate anche per i politici cattolici, di nome o di fatto, che oggi affollano il sagrato di san Pietro: fareste veramente un miracolo, se ce li toglieste di torno. Se poteste far crollare, oltre alla croce della val Camonica, anche la cupola di Michelangelo, provocando un’ecatombe di papi e cardinali, oltre che presidenti e politici, vi saremmo veramente grati. Ma temo che questa preghiera non la esaudirete: d’altronde, avete cose ben più elevate su cui intervenire, come guarire i fremiti o i mal di testa di qualche signora. Buon lavoro, dunque, e al vostro prossimo e spettacolare miracolo.

 

E continuano a chiamarla Santa Madre Chiesa

Ma quale madre discriminerebbe i suoi figli? E, quale Dio, buono e giusto come ce lo descrivono direbbe che ci sono  persone contronatura, se quella natura in cui sono compresi anche gli omosessuali l’ha creata lui? Tutto quello che fa parte della natura è naturale. Quello che invece si rifiuta perché non si capisce o non lo si vuole accettare diventa automaticamente un pericolo “contronatura”. Non si capisce poi chi destabilizza cosa, a chi deve interessare il privato di tanta gente e il suo diritto di potersi innamorare o andare a letto con chi vuole. L’unica cosa di veramente contronatura è questa discriminazione omofoba. E’ inaccettabile che in una democrazia occidentale del terzo millennio ci sia questo atteggiamento ostile verso i gay, che esistano ancora governi, anche di centrosinistra, che negano i loro diritti perché la politica non sa alzare la testa davanti ai desiderata del vaticano. Che è sempre lo stesso, nonostante il nuovo promoter.  

I genitori hanno il diritto di educare i loro figli ma la scuola ha il dovere di intervenire quando in quella educazione vengono trasmesse cose non vere, quelle sì, destabilizzanti,  devastanti, pericolose per la formazione della persona. Come ad esempio i razzismi e l’omofobia. L’educazione deve essere laica, priva di condizionamenti religiosi, saranno i figli poi, da adulti, quando avranno acquisito una consapevolezza matura a scegliere cosa vogliono essere, se vogliono rimanere persone libere o farsi condizionare l’esistenza da un Dio di riferimento.

La politica deve smetterla di fare da sponda ad una chiesa che da quando esiste ha sempre esercitato il controllo del sesso per poter praticare poi il controllo sulle persone. Tutto questo mentre dentro le mura delle case di Dio molti referenti della chiesa commettevano il reato odioso della pedofilia, della violenza carnale sui bambini e sui minori. Bisognerebbe iniziare a chiedersi se non sia proprio la chiesa, contronatura. Una struttura che si regge e che si è fortificata nel tempo attraverso metodi e sistemi che sono l’antitesi della parola di quel Dio al quale si fa pensare e dire solo quello che torna utile al mantenimento in essere di tutto il carrozzone vaticano, per permettergli di condizionare la vita anche a chi ha scelto di restare fuori, di non far parte di questo gigantesco club degli ipocriti.

BAGNASCO ORDINA AL MINISTRO: “VIA QUEL LIBRETTO DA SCUOLA” (Valerio Cattano)

“DISTRUGGONO LA FAMIGLIA” AL ROGO I LIBRETTI DEL DIAVOLO. IL CARDINALE BAGNASCO CONTRO I TESTI DI “EDUCARE ALLA DIVERSITÀ” CHE INDICANO A INSEGNANTI E STUDENTI PERCORSI PER NON DISCRIMINARE.

Il presidente dei vescovi italiani chiede ai politici di mettere al bando i nuovi libri di testo per le elementari e le medie voluti dai governi Monti e Letta per combattere l’omofobia. Secondo il prelato, che ignora la laicità dello Stato, così si trasformano le aule in “campi di rieducazione”.

Allarme, la scuola italiana apre alla “dittatura di genere”. In altri termini alla normalizzazione dell’omosessualità. Parola del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. La “colpa” sarebbe di tre volumetti dal titolo Educare alla diversità a scuola destinati alle primarie e secondarie di secondo grado.

 Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, sulle pagine di Avvenire non usa mezzi termini: la scuola pubblica sta diventando un immenso campo di rieducazione perché quei libretti “instillano preconcetti contro la famiglia e la fede religiosa”. Un monito indirizzato forte e chiaro al governo Renzi e al ministro competente.

Di cosa si tratta? I volumi sono stati autorizzati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipartimento per le Pari opportunità) all’epoca del governo Monti e dall’allora ministro del Lavoro con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero. Il governo di Enrico Letta ha dato seguito nell’ambito delle nuove strategie nazionali anti omofobia. A curare le pubblicazioni l’Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. La realizzazione è dell’istituto Beck.

LE TEMATICHE si sviluppano in cinque schede che trattano le “linee-guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze” attraverso altrettanti capitoli: le componenti dell’identità sessuale; omofobia: definizione, origini e mantenimento; omofobia interiorizzata: definizione e conseguenze fisiche e psicologiche; bullismo omofobico: come riconoscerlo e intervenire; adolescenza e omosessualità. Si legge che non basta più “Essere gay friendly (amichevoli nei confronti di gay e lesbiche), ma è necessario essere gay informed (informati sulle tematiche gay e lesbiche). Lo scopo è avere un manuale contro il bullismo che si accanisce contro i “diversi” tanto che a pagina 18   c’è un vero e proprio manifesto scolastico contro il bullismo. “Bisogna che l’insegnante riveda la scheda sul bullismo. È importante, inoltre, che l’insegnante sia molto chiaro e deciso nello spiegare ai suoi studenti i seguenti punti: la scuola non tollera questo tipo di comportamenti. Il bullismo è sbagliato. Prendere in giro, minacciare, picchiare qualcuno, farlo sentire escluso, perché è grasso, perché è un “secchione”, perché è diverso da noi, perché pensiamo che sia omosessuale, è sbagliato. Ognuno ha diritto di essere com’è, ognuno ha qualcosa da insegnarci. Quanto più qualcuno è diverso da noi, tanto più ha da insegnarci. Essere bulli non è “figo”, è stupido”.
C’È POI UNO SPAZIO con le domande frequenti (faq) dove si risponde in modo schematico ai quesiti sulla sessualità. “I rapporti sessuali omosessuali sono naturali? Sì. Il sesso tra le persone dello stesso sesso è presente in tutta la storia dell’umanità, sin dall’antica Grecia. Inoltre, molti eterosessuali possono avere sporadiche fantasie omosessuali, così come molti omosessuali possono avere sporadiche fantasie eterosessuali. Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini. Di conseguenza tutte le altre forme di sesso, non finalizzate alla procreazione, sono da ritenersi sbagliate. Un altro pregiudizio è che con l’omosessualità si estinguerebbe la società. In realtà, come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la sessualità è un’espressione fondamentale dell’essere umano. L’unica cosa che conta è il rispetto reciproco dei partner. Quindi potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: “i rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?”. Qui si arriva al terreno di scontro con la Cei, perché sono questi e altri passaggi che hanno fatto fare un salto sulla sedia al cardinale Bagnasco ; ad esempio quelli che riguardano la televisione e i media “che discriminano le famiglie omosessuali”, invitando i docenti a chiedere agli alunni come mai “in Italia non ritraggono diverse strutture familiari”. Passaggio “delicato”, il tentativo di far immaginare “sentimenti ed emozioni che possono provare persone gay o lesbiche”; e la masturbazione fra ragazzi è presentata “come un gioco”. Bagnasco ha sparato a zero: “Strategia persecutoria contro la famiglia”. Ancora: “Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei ‘campi di rieducazione’, di indottrinamento. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati?”. E conclude: “I genitori non si facciano intimidire…non c’è autorità che tenga”.

Benedizione in classe: tutti tolleranti col culo degli altri

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.”

Ma nelle scuole italiane se ne insegna una sola per mezzo di insegnanti pagati dallo stato, cioè da noi, ma scelti dal vaticano. In Italia si continuano a finanziare dallo stato le scuole private religiose in spregio e sfregio della Costituzione e come se non bastasse bisogna fare ricorso agli avvocati e ai tribunali per impedire che  si impartisca una benedizione  non voluta né richiesta da tutti i genitori per i propri figli in quelle pubbliche, statali, dunque laiche.

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Articolo 7 della Costituzione Italiana: Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, INDIPENDENTI E SOVRANI. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettati dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

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Articolo 8 della Costituzione Italiana: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

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In buona sostanza la Costituzione ci dice e ci insegna che la repubblica italiana è indipendente da qualsiasi potere, pensiero e influenza religiosi. In tempi passati qualcuno, con lucidità e lungimiranza  ha lottato per uno stato laico, perché la laicità al contrario delle religioni non esclude ma include e garantisce tutti, indipendentemente dal loro credo e non credo,  qui invece il dibattito è fermo al palo  delle preghierine e delle benedizioni nei luoghi pubblici e laici come le scuole statali. A discutere dell’opportunità che io, laica e atea mi debba ritrovare –  perché imposti da non si sa bene chi e perché – sulla testa santini e crocefissi nel caso di un ricovero in un ospedale pubblico.

Ieri il parlamento europeo ha bocciato una mozione che chiedeva che ai bambini venisse impartita l’educazione sessuale nelle scuole. L’educazione sessuale no e la benedizione sì. E questo la dice lunga sul concetto di laicità e progressismo espressi dalla politica di questo paese. Io trovo angosciante, preoccupante e profondamente incivile che una democrazia occidentale del terzo millennio non attui nei programmi scolastici la storia di tutte le religioni al posto dell’ora per una, la solita, e che durante le festività religiose cattoliche non si trovi un compromesso per una semplice festa senza simbologie, canti e immagini religiose di nessun tipo nel rispetto di tutti: maggioranza e minoranze.

Una bella festa aperta a tutti per un semplice scambio di auguri che unisce e non divide in “buoni”:  quelli che partecipano, e in “cattivi” da emarginare  quelli che preferiscono di no. La cristianità non prevede tolleranza ma accoglienza, che è diverso. Non discrimina nessuno costretto ad uscire da una classe per non dover partecipare ad un rito religioso svolto in un luogo pubblico.

Se non è possibile far rispettare la laicità, l’indipendenza dello stato come da Costituzione è giusto chiedere che si rispetti almeno la legge. 

E se la legge vieta che si interrompa o modifichi il normale svolgimento delle lezioni per celebrazioni di carattere confessionale ha fatto benissimo quel genitore di Tradate a chiedere che venisse rispettata la legge impedendo il rito religioso della benedizione durante l’orario scolastico. Far valere il principio di un diritto non è mai una perdita di tempo. 

Con buona pace, che lo dico a fare, dell’assessore all’istruzione piddino “dispiaciuto” perché quella benedizione “non avrebbe fatto male a nessuno” e di tutta la pletora di cattonazitalebani che in queste ore in Rete sta accusando quel padre di blasfemia perché ha chiesto il rispetto della legge.

L’Italia non è una teocrazia, non esiste più la religione di stato e in un paese ormai pienamente dentro la multietnicità bisogna rispettare tutti, smetterla con questa prepotenza e arroganza di una maggioranza di cattolici che pensa che l’esercizio e l’espressione della religione debbano essere riconosciuti a livello nazionale e praticati ovunque, anche nelle scuole pubbliche, quelle di tutti. 

La religione e tutte le sue espressioni non fanno parte di nessuna tradizione, usi e costumi, la religione è un fatto privato, e quei genitori che hanno scelto per i propri figli un altro tipo di educazione all’insegna della scelta libera e non dell’imposizione della religione come se fosse un’eredità inevitabile, o, peggio ancora, una tradizione da tramandare così, per abitudine, perché in fin dei conti ci siamo nati e che male c’è hanno tutto il diritto di impedire che degli estranei entrino in una scuola durante le lezioni per imporre una benedizione ai propri figli.

Vaticano Italia – 1000 a 0

Sottotitolo: una bella lezione alla politica l’aveva già data Benedetto XVI quando, semplicemente, disse di non essere più all’altezza del suo compito, cosa che nessun politico italiano ha mai fatto nemmeno quando la sua incapacità è stata confermata dai fatti.

Molti non lo fanno nemmeno quando oltre all’incapacità hanno dimostrato una certa disonestà.

La storia italiana di questi ultimi vent’anni ci racconta che è molto più facile che un Papa si dimetta per raggiunti limiti di età che berlusconi per aver oltrepassato quelli della decenza.

Per chi come me pensa che i fatti contino più di mille parole perlopiù inutili, quello che sta facendo ora il nuovo Papa, che sta provando a fare, è davvero rivoluzionario.

Ciclone Papa Francesco, via i vertici Ior.

Lasciano direttore generale e il suo vice.

PRIMA VISITA A LAMPEDUSA PER BERGOGLIO 

Ciclone Papa Francesco, via i vertici Ior
Lasciano direttore generale e il suo vice 

Paolo Cipriani e il suo vice hanno rassegnato le dimissioni. Sono indagati per violazione norme
anti-riciclaggio. Massimo Tulli intercettato con monsignor Scarano arrestato per corruzione
La guerra della banca vaticana: da Gotti Tedeschi alla Commissione d’inchiesta (di F. Grana)

Il Papa sta facendo in Vaticano quello che Napolitano avrebbe dovuto fare qui in Italia, ovvero, pulizia.

Rispetto ad una crisi che ha ridicolizzato e fatto vacillare l’istituzione di cui ora è il capo assoluto Bergoglio incredibilmente non ha pensato alle larghe intese fra chi vuole bene alla chiesa e quelli che l’hanno sporcata.

Al contrario, si sta impegnando per allontanare chi si è macchiato di empietà, non ha sostenuto come invece ha fatto e sta facendo il nostro amato bispresidente chi è colpevole non solo di comportamenti contrari alla religione e a tutto ciò che è sacro per chi crede o dice di credere, ma addirittura di azioni illegali e criminali.

Ognuno può pensare quello che vuole, restare anche scettico di fronte a queste cose, ma la differenza di comportamenti e azioni fra i due capi di stato ha un nonsocché di abbagliante anche per gli occhi di chi non crede in Dio né alla chiesa.

Non penso che tutto questo sia, come pensano in tanti, un’operazione di marketing e restyling fatta giusto per restituire alla chiesa un minimo di credibilità.
Questo papa è stato messo lì apposta per per rifare la chiesa, se non glielo facessero fare sarebbe un pessimo segnale.

In ogni caso il papa che caccia i mercanti dal tempio batte Napolitano, che invece se li tiene ben da conto, mille a zero. E pure qualcosa di più.

DIMESSI IL NUMERO UNO E IL SUO VICE INDAGATI DA TRE ANNI PER RICICLAGGIO – Il Fatto Quotidiano, 2 luglio

Il vento nuovo di papa Francesco finalmente si abbatte sullo Ior e spalanca le porte della banca vaticana. Ne escono il numero uno e il numero due dell’Istituto, indagati per violazione delle norme antiriciclaggio da tre anni dai pm romani Nello Rossi e Stefano Fava, senza che il segretario di Stato Tarcisio Bertone muovesse un dito. Da ieri le funzioni di direttore del-l’Istituto sono state assunte ad interim dal presidente dello Ior, il tedesco Ernst von Freyberg, che sarà coadiuvato da Rolando Marranci in qualità di vice direttore e da Antonio Montaresi nella nuova posizione di chief risk officer. Si cercano due sostituti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il coinvolgimento dello Ior nell’indagine su Nunzio Scarano. Ilmonsignore salernitano è stato arrestato venerdì scorso con l’accusa di avere corrotto l’agente dei servizi segreti italiani Giovanni Zito perché riportasse in Italia 20 milioni di euro giacenti sul conto del broker Giovanni Carenzio in Svizzera, anche lui arrestato. Nel corso dell’indagine la Guardia di Finanza intercetta Scarano mentre parla con il vicedirettore Massimo Tulli. Si danno del tu e Scarano gli chiede di mettere a disposizione somme in contante disponibili sul suo conto Ior. Anche Paolo Cipriani è citato in alcune conversazioni indirette. Attività bancarie, certo, magari ordinarie, ma che imbarazzano la Santa Sede. Così le dimissioni dei due manager ieri sono state accettate dalla commissione dei cardinali e dal board di sovrintendenza. Per capire quanto sia vasta e preoccupante per lo Ior l’indagine bisogna leggere l’informativa depositata nel febbraio scorso dalla Guardia di Finanza.

Vi si legge che la somma depositata all’estero sui conti del broker amico di Nunzio Scarano sarebbe di 400 milioni di euro. “Le altre conversazioni telefoniche captate – scrivono le Fiamme Gialle – in tale direzione hanno consentito di chiarire che le disponibilità riconducibili a Giovanni Carenzio – poi quantificate dagli interlocutori in circa 400 milioni di euro – risultavano allocate presso una banca svizzera”. Il Nucleo di Polizia Tributaria guidato dal generale Giuseppe Bottillo ha denunciato ai pm romani, oltre ai tre arrestati (Nunzio Scarano, Giovanni Carenzio e l’ex agente dei servizi segreti italiani, Giovanni Zito) altre sei persone, tra i quali non ci sono i due armatori Paolo e Cesare D’Amico, titolari presunti dei 20 milioni che dovevano rimpatriare, perché sono indagati per dichiarazione dei redditi infedele separatamente. Tra i denunciati c’è anche il dentista Roberto Letta (gli indagati lo definiscono cugino di Gianni Letta, ma il dentista al Fatto smentisce) che ha incassato 190 mila euro dai libici esuli per cure dentistiche; poi c’è Massimiliano Marcianò che architetta un giro di assegni con la complicità di Scarano per far passare i guadagni di Letta come donazioni esentasse a un sacerdote amico di Scarano, don Luigi Noli, anche lui denunciato. Poi c’è il direttore dell’agenzia di Unicredit del centro commerciale “I Granai”, Sergio de Felicis, sospettato di essere troppo compiacente con gli amici di Scarano e che forse anche per questo doveva essere raccomandato addirittura al-l’amministratore di Unicredit Federico Ghizzoni per un posto migliore. Poi altri piccoli e grandi comparse delle spericolate attività di Scarano come il pilota dell’aereo, Gianni Vettorazzi, che doveva riportare i 20 milioni di euro dalla Svizzera. O piccoli presunti evasori, come Giorgio Genovese, il venditore di un box auto a monsignor Scarano in quel di Salerno.

I personaggi più importanti però non sono i denunciati ma quelli che sono presenti – come protagonisti o solo citati – nelle intercettazioni telefoniche del-l’indagine. A partire dal direttore della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il suo braccio destro, il colonnello Costanzo Alessandrini. I due, inconsapevoli dei reati del monsignore, nelle telefonate intercettate si mettono a disposizione di Scarano. E anche la loro posizione potrebbe traballare. La vicenda riserverà altre sorprese. Scarano dice a Marcianò, che ha conosciuto almeno otto persone che hanno consegnato denaro a scopo d’investimento a Giovanni Carenzio per una “somma che complessivamente si aggirerebbe intorno ai 70-80 milioni di euro”.

Nunzio Scarano parla spesso con l’ex numero due dello Ior. A Massimo Tulli dice con tono amicale: “Avrei bisogno, perché l’ho chiesto a Roberto ma evidentemente Roberto non aveva inteso, di due cose importanti… e magari vengo a prenderlo quando tu mi dici… un estratto conto di tutto l’anno, dall’inizio dell’anno, del fondo anziani, con tutti i movimenti e poi invece la mia posizione attuale, cioè il mio totale di tutto quello che io ho, con i vari investimenti!”. E Tulli risponde: “Va bene! Lo faccio preparare, adesso glielo dico a Roberto perchè non stò al posto mio… due minuti che lo contatto e lo faccio preparare”.

In un’altra intercettazione, Scarano e l’amico Massimiliano Marcianò dicono che Tulli ha paura.

Scarano: Sei stato da Tulli, no? Come è stato? Gentile? Sì? Vabbè.

Marcianò: Sì… solo che tiene una fifa… quello tiene proprio… tiene u’ peperoncino tiene.. c’ha il tremolio c’ha…

Scarano: ah sì? E va be’…. (incomprensibile) devo vedere… vabbe’, mo’ quando vieni ne parliamo.

Il 5 settembre del 2012, Tulli viene citato anche nell’operazione relativa ai soldi incassati dai libici e sui quali, secondo la Guardia di Finanza (ma lui nega) il dentista Roberto Letta non voleva pagare le tasse. Secondo la Finanza: “Inequivocabilmente la provvista di denaro contante complessivamente procurata dai sacerdoti Nunzio Scarano e Luigi Noli è stata destinata proprio al dentista Roberto Letta; di tale importo fanno parte anche 10 mila euro prelevati direttamente allo Ior da Massimiliano Marcianò, previi accordi diretti con Massimo Tulli”.