Legalità cazzona

Sottotitolo:  “Gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come silvio ‪berlusconi‬”, dice la garnero ex ‪‎santanchè‬.

Prima di tutto non è vero che andrà in prigione, e lo sa pure lei, eppoi qual è il problema? c’è gente che aspetta da vent’anni, ci faremo trovare pronti, stia pure tranquilla.

Quando mussolini mandava i dissidenti “in vacanza al confino” [cit. il noto delinquente], spesso con un biglietto di sola andata forte del fatto che si sarebbero trovati proprio bene in quegli ameni luoghi di soggiorno, gli italiani non lo venivano nemmeno a sapere. 
Nessuno si preoccupava di informarli.
Chissà se la sovversiva eversiva che si dichiara fiera di essere fascista se le ricorda queste cose.

Non si capisce perché si dovrebbe garantire la presenza di un pregiudicato delinquente in parlamento nel paese che non garantisce la presenza nel posto di lavoro, e il lavoro, ai cittadini onesti. 

Chi e cosa dovrebbe garantire un condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile e in ultimo e definitivo per frode fiscale. 
Chi e cosa dovrebbe rappresentare uno così e che contributo può dare uno così. 

Fermo restando che un indagato per mafia non dovrebbe avere nemmeno la possibilità di conferire col capo dello stato per chiedergli di fare una cosa che non si può fare. 

Il voto non garantisce immunità né impunità, ho fatto ieri l’esempio di Chirac condannato, e in tutti i paesi dove i politici hanno contenziosi con la legge nessuno pretende l’esenzione dalle colpe e dalle pene.

silvio berlusconi oltre alle varie condanne ha ancora dei procedimenti penali in corso, altri potrebbero veder inclusa la sua persona. 

Quindi non ha proprio i requisiti minimi per poter chiedere provvedimenti caritatevoli.
E per ottenere una grazia bisogna aver scontato almeno una parte della pena. 

Lui, non noi, ecco.

silvio berlusconi non ha fatto nulla di storicamente significativo in questo paese, non è uno statista, non è un politico di livello, non è quell’imprenditore capace che è stato descritto quasi a giustificarne la presenza in politica: come se la gestione di un paese e dello stato fosse in qualche modo paragonabile o associabile a quella di un’azienda.

silvio berlusconi è un bluff e rappresenta solo se stesso, i suoi interessi, la sua volgarità, il suo essere naturalmente predisposto alla delinquenza, al non rispetto di leggi e regole, e solo questo paese poteva offrirgli tante opportunità.

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Cetto Berlusconi – Andrea Viola, Il Fatto Quotidiano

Vedere tutto questo senza che ci sia una ferma e decisa condanna sia da parte del Partito democratico (che doveva già uscire dal Governo) e soprattutto del Presidente della Repubblica rende la situazione ancora più drammatica.

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Denunciati gli organizzatori del sit-in con B.

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E così, dopo aver riposizionato in fretta, furia e in modo irregolare – ché si sa, la gatta frettolosa partorisce i figli ciechi – i pali divelti per far spazio all’oscena manifestazione pro delinquente è partita una denuncia regolare del comune di Roma nei confronti degli organizzatori dell’abuso su Roma di domenica scorsa.

Complimenti per il tempismo.

Peccato però che tutti, anche ai piani alti delle istituzioni sapessero con un certo e largo anticipo dell'”evento”, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo per impedirlo, per impedirne la realizzazione, per vietare che un manipolo di svergognati residenti di questo paese mettesse in scena, previo pagamento, l’orrido teatrino indegno perfino del peggior avanspettacolo, quando gli spettatori per dimostrare il loro sgradimento tiravano frutta marcia e gatti morti sul palco dove si esibivano gli attori.

La manifestazione di domenica ci racconta ma soprattutto conferma la teoria del “forti coi deboli [e viceversa]” perché mentre a Roma si commettevano reati a ripetizione per accontentare il satrapo tecnicamente e praticamente delinquente, la versione al maschile di Gloria Swanson sul viale del tramonto politico, le forze dell’ordine erano impegnate a controllare pericolosi criminali sparsi nelle località vacanziere di questa torrida estate.

Mentre in una via centralissima di Roma, a duecento metri da quel Campidoglio che deve vigilare su Roma si sfasciava il manto stradale, si dava ospitalità ad una manifestazione abusiva a favore di un abusivo, del pregiudicato più amato degli ultimi diciotto anni, poliziotti, carabinieri e finanzieri stavano terrorizzando il titolare del bar, del ristorante, del locale notturno in quel di Portofino e Porto Cervo, il che intendiamoci, in presenza di irregolarità da sanare andrebbe benissimo se poi con la stessa solerzia qualcuno avesse fatto lo stesso nei riguardi di quello che stava per succedere ed è successo a Roma.

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Il marcio su Roma
Marco Travaglio, 6 agosto

Si racconta che il leader della sinistra storica Agostino Depretis, inventore del trasformismo, noto per la diabolica arte del rimpasto, del galleggiamento e dell’equilibrismo, quando tirava aria di crisi di governo si presentasse in Parlamento pallido ed emaciato, intabarrato in abiti trasandati e lisi, la barba lunga e bianca, l’andatura claudicante per l’eterna gotta, quasi avesse un piede nella fossa. Si rivolgeva all’assemblea con voce malferma e tossicchiante, con intercalari del tipo: “Sono mezzo malato, e pure di malumore, abbiate un po’ di pazienza”. Dinanzi a quel cadavere ambulante, anche i più strenui oppositori si muovevano a compassione e lasciavano passare la fiducia. 

Tanto, pensavano tra sé e sé, dura poco. E invece durò parecchio, fino alla morte vera. La tecnica del “chiagni e fotti” fu poi perfezionata e sublimata dal cavalier Banana, che da vent’anni alterna ostentazioni di virilismo e giovanilismo a sceneggiate che lasciano presagire l’imminente dipartita, perlomeno politica. Alla prima difficoltà, accenna al “passo indietro” a favore di qualcun altro, poi regolarmente eliminato a maggior gloria di Lui. 

Nel ’96 Gad Lerner chiese per lui la grazia in cambio del ritiro a vita privata (i successori designati allora erano Antonio Fazio e Monti). 

E un anno fa annunciò ufficialmente che passava la mano ad Alfano o al vincitore delle mitiche primarie Pdl, salvo poi rimangiarsi tutto e ricicciare più ribaldo che pria. Ora ci risiamo, con un’aggiunta. Se prima il “chiagni e fotti” si manifestava simbolicamente col vittimismo delle parole, ora è validato da lacrime vere sul volto imbalsamato dal fard marron a presa rapida resistente alla canicola (ma non sarà un tatuaggio?). Vere, poi, si fa per dire. Il 30 marzo ’97 – governo Prodi – B. lacrimò al porto di Brindisi dove la Marina Militare italiana aveva speronato una nave di profughi albanesi provocando decine di vittime, e promise ai superstiti di alloggiarli nella villa di Arcore. “Anche quando finge una commozione che non sente — scrisse Indro Montanelli – quella commozione a un certo punto diventa vera perché finisce per commuoversi di sé stessa. Le lacrime di Berlusconi possono essere un inganno per chiunque, meno che per Berlusconi. A quello che dice e fa, anche se lo dice e lo fa per calcolo, Berlusconi ci crede.

La scena sa tenerla da grande attore: se gli dessero da recitare l’Otello, sarebbe capace, per dare più verisimiglianza al cruento finale, di sbudellarsi veramente, e non per finta, sul corpo esanime di Desdemona… Nella parte della vittima, quella che i napoletani chiamano del ‘chiagne e fotte’, è imbattibile. Forse qualcuno capace di ‘fottere’ come lui ci sarà. Ma nel ‘chiagnere’ non c’è chi lo valga”. Dunque domenica il frodatore pregiudicato ha pianto: per la condanna dell’Innocente, che poi sarebbe Lui.

E la sceneggiata ha funzionato un’altra volta. 

Quella lacrima sul fard è bastata a far dimenticare l’ennesimo attacco eversivo ai magistrati (hanno “vinto un concorso”, mentre a suo avviso dovevano perderlo), sferrato dal palco abusivo dietro cui campeggiava la scritta simbolica “Via del Plebiscito” e sotto cui una piccola folla di comparse a pagamento, perlopiù sue coetanee, scandivano “duce duce”. 

Intanto l’Agenzia delle Entrate, alle dipendenze del governo da lui sostenuto, perlustrava le località balneari a caccia di evasori suoi discepoli, per quanto dilettanti (roba di scontrini non battuti, non certo di 64 società offshore e fondi neri per decine di milioni). 

Seguiva il vivo compiacimento del premier Nipote per il discorso moderato e soprattutto perché il delinquente resta al governo. E il premio speciale del Quirinale, ormai ridotto a ufficio reclami per Vip imputati o condannati (da Mancino a B.), con l’udienza pellegrinaggio del duo Schifani-Brunetta (il primo indagato per mafia) per impetrare la Grazia Regia. Denominata pudicamente “agibilità di B.”. Manco fosse un fabbricato.

Abusivo, ci mancherebbe.

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Sopra e sotto quel balcone la corte che non vuole crepare
Alessandro Robecchi – Il Fatto Quotidiano, 6 agosto

Il balcone ha il suo fascino, si sa. E di norma, visto che abitiamo qui, dove certe cose sono già successe, se uno sta sul balcone e la folla sta sotto a dire evviva, ecco, ci sarebbe da preoccuparsi. E invece stavolta tutto è ribaltato, le gerarchie sono state infilate in un frullatore, e beato chi ci capisce. Riassumiamo: sul balcone e sotto il balcone. Sopra la panca e sotto la panca. Sopra, in questa foto della manifestazione dell’altroieri, ideologi e organizzatori, categoria “falchi”.

Sotto, il capo in persona, più ceronato che mai, con l’optional delle lacrime, la fidanzata in gramaglie, le seconde file di quelli che non sono riusciti a salire sul balcone, e la folla immensa dei cinquecento pullman annunciati, che a far bene i conti significa tre o quattro passeggeri per torpedone, più l’autista . Viaggiare larghi, insomma.

Sul balcone, con rispetto parlando, ognuno si fa un po’ i cazzi suoi. Cicchitto telefona. La Santanché telefona, ma alla moda dei calciatori quando si dicono la tattica in campo, con la mano davanti perché nessuno le legga il labiale e si accorga, nel caso, che sta parlando con l’estetista. Altra categoria: Capezzone e Brunetta, che salutano la folla come se le star della festa fossero loro, e Denis Verdini che indica lontano, all’angolo della via. Chissà, forse fa il palo e avvisa che arriva qualcuno. Nitto Palma si fuma una sigaretta in santa pace, proprio come fareste voi se foste un presidente della Commissione Giustizia alla celebrazione di un delinquente. Poi c’è uno mai visto, che non è della serie A1, un tale che batte le mani, che si chiama Ignazio Abrignani, è, o è stato, uno scajoliano (tu guarda che parole mi tocca scrivere), e forse applaude perché si è imbucato con successo.

Sotto il balcone, dicono sempre le cronache (cronache comuniste!), Mara Carfagna gira intorno senza accalcarsi, e la povera Ravetto è respinta dai buttafuori di Palazzo Grazioli, tipo discoteca, dove al privé non entri manco se ti spari. Giù, mischiati al lumpenproletariat della libertà cammellato in pullman con l’acqua minerale, i panini e la bandiera nuova di pacca, c’è Minzolini, ovvio, ma anche Giggino a’ Purpetta. I ministri sono a casa con la giustificazione scritta che si spiega così: i principali esponenti del partito sostengono il condannato, ma il governo ci serve vivo, e quindi loro sono esentati.

Ma il fatto è che anche fare il pretoriano è un lavoro duro, senza orari, sai quando l’imperatore ti convoca e non sai quando puoi andare a casa. Così, nei ritagli di tempo, o nelle pause dello spettacolo, i pretoriani si godono il tempo libero, chiamano la fidanzata , salutano gli amici. O curano le pubbliche relazioni, come la stilista Alessandra Mussolini che ormai ha capito: la fotografano solo se esibisce una maglietta spiritosa, meglio se volgarotta nello stile degli arditi del nonno.

Qualcuno suggerisce di leggere attraverso la dinamica “sul balcone/sotto il balcone” le nuove gerarchie della Silvio Jugeland, ma chissà se è possibile. Perché qui è anche questione di ingegneria genetica, e nessuno sa spiegarci come fa una colomba a diventare falco, e poi a tornare colomba, e poi falco, a seconda degli ordini del capo. O magari è tutto più semplice di come la stiamo facendo, e tutti quanti, sul balcone e sotto il balcone, stanno solo cercando una posizione sicura per quando crollerà la statua del capo supremo. Che non gli finisca in testa, cerone, lacrime e tutto. Ecco, forse gli basta questo.

Il gioco di prestigio

Il patto – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

Dice Dario Ginefra, parlamentare del Pd, che far cadere il governo in caso di condanna definitiva di Berlusconi sarebbe «venir meno a un patto assunto con il Presidente della Repubblica».

Ginefra, nato in Puglia ma uomo di mondo, ci ha detto insomma pubblicamente quello che tutti già sapevamo ma nessuno aveva il coraggio di ammettere. E cioè che in Italia c’è stato un patto tra il Pd, Berlusconi e Napolitano per arrivare alle ‘larghe intese’ e perpetuarle qualsiasi cosa accada.

Un patto non scritto – certo, ci si vergognerebbe a scriverlo – su cui tuttavia si regge tutto lo status quo. Un patto che trascende da tutto: dalle scelte politiche del governo così come dalle eventuali condanne del Cavaliere.

Un patto siglato in stanze chiuse e, com’è evidente, del tutto extracostituzionale.

Ed è proprio a questo patto che hanno puntato – con successo – i famosi 101.

Ringraziamo Ginefra per il coming out. Sarebbe tuttavia interessante sapere che cosa di questo patto pensa la maggioranza degli italiani – elettori di Ginefra compresi.

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Noi intanto stiamo ancora scontando la nostra condanna, roba che in Italia vent’anni non li danno nemmeno a chi ammazza una persona, per noi non ci sono state nemmeno le attenuanti, un indultino, un’amnistiuccia anche minima. E’ praticamente un fine pena mai quello che stiamo subendo.

Sottotitolo:  il termine “patto” evoca un nonsocché di stampo mafioso.

In politica sarebbe meglio usare il termine “accordo”, così, giusto per dare un diverso garbo semantico a quella che è e resta comunque una porcheria irricevibile, ovvero un paese fatto ostaggio dalla politica circa i reati di berlusconi, i processi di berlusconi, le sentenze che riguardano berlusconi e di berlusconi. E il dramma nel dramma è continuare a sentir dire a tutti che l’eventuale condanna di b non DEVE avere ripercussioni sul governo, e invece dovrebbe, eccome. Se questo fosse un paese normale, posto che in un paese normale non ci sarebbe mai stato un berlusconi in parlamento.

In ogni caso  l’unico patto che la politica è chiamata a rispettare non è quello stretto nelle segrete stanze con “chillo che voi sapete chi è”, l’innominabile grazie al lodo Grasso – Boldrini, ma quello fra la politica e gli elettori.
In un paese normale, in una democrazia parlamentare il pdr non si sceglie il governo a sua immagine e somiglianza, non va a disturbare i Magistrati che, secondo lui non consentono al pregiudicato imputato di non poter partecipare alla vita politica, mentre secondo loro e noi vorrebbero semplicemente applicare quella legge uguale per tutti come la Costituzione che NPLTN dovrebbe proteggere, farsene proprio scudo umano, comanda.

 L’entrata in scena di b dopo i disastri di tangentopoli rievoca un po’ Portella della Ginestra quando, per il timore che in Italia avanzasse un governo di sinistra dopo il ventennio fascista qualcuno, che ha nomi e cognomi: il vaticano, l’America e la mafia [e questa è storia, non la mia opinione, ci sono documenti a conferma di quello che scrivo, basta consultare la Rete] ha pensato ad un’azione, la strage dei braccianti che festeggiavano il 1 maggio dopo la caduta del fascismo,  che servisse a riequilibrare un sistema in cui la sinistra dava fastidio.  Non doveva avere voce in capitolo.

Mentre uno così non avrebbe mai dovuto avere la possibilità di accedere alla politica, perché a nessuno sano di mente, nessuno che avesse davvero a cuore le sorti del paese avrebbe potuto pensare che l’imprenditore che si è fatto da sé, il self made man poteva essere la soluzione, invece qualcuno ci ha pensato, per evidenti questioni di interessi che con una sinistra al governo, e allora una sinistra c’era, sarebbero stati messi in discussione e in pericolo.

E, last but not least ormai tutti dovrebbero aver capito che la politica è servita a berlusconi per sistemare i suoi privatissimi cazzi.

La politica dunque in tutto questo non c’entra nemmeno di striscio. 

E il pd continuerà, in virtù del bene del paese, dunque di berlusconi, delle necessità e priorità del paese, dunque di quelle di berlusconi col quale si vuole addirittura modificare la Costituzione, a governare [parlando con pardon] con un evasore fiscale, con uno che si teneva il boss mafioso in casa a fare  da baby sitter ai suoi figli, con un vecchio satrapo che paga[va] ragazzine per i suoi sollazzi eleganti, il che anche se non fosse il reato che invece e per fortuna è farebbe già abbastanza schifo e dovrebbe essere un motivo più che sufficiente per non voler avere niente a che fare con una persona così, e cioè con berlusconi.

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Comunque vada sarà un insuccesso, l’ennesimo fallimento di una politica che non sa agire senza avere il capobanda di riferimento.
Quello che alla fine mette la sua faccia per tutti; nel bene ma specialmente nel male, quello dietro al quale si sono nascosti tutti quelli che sapevano di agire contro le regole, la legge e lo stato semplicemente appoggiandolo, sostenendo le sue cause, non facendo nulla nel concreto per arginare il suo strapotere.

Trasformare in una questione politica in grado di mettere a rischio e pericolo la tenuta del paese e di un governo per il quale non esistono più definizioni delle sentenze che devono stabilire se è vero o no che un uomo di potere, con un enorme potere, spropositato e mai regolato da una legge sul conflitto di interessi e al quale è stato concesso di entrare in politica nonostante non ne avesse il diritto né i requisiti ha commesso o no dei reati pesantissimi, che nulla hanno a che fare con un’attività politica inesistente come la sua essendo lui il più assente dal parlamento è stato il più grande gioco di prestigio col quale il potere ha incantato gli italiani, che nemmeno il mago più perverso avrebbe potuto immaginare e realizzare, soprattutto.

E per potere intendo anche l’informazione SERVA che si adegua, che non spiega alla gente quello che succede perché deve rispondere sempre all’editore, al politico che spesso sono la stessa persona, sempre quella, e quando no fa lo stesso perché l’editore e il politico hanno [ha] le mani in pasta anche dove non dovrebbe. E quando no no perché come diceva Hugo “c’è gente che pagherebbe per vendersi”, che potrebbe essere il giusto slogan per l’ottanta per cento abbondante dei disinformatori italiani.

Perché che berlusconi parli della Magistratura come di un potere anomalo che vuole sovvertire la volontà popolare ci sta, ma che TUTTA la politica, compreso quello lì che non si deve dire lo abbia seguito in questo delirio è un crimine peggiore della somma dei reati che gli vengono contestati.

Chi se ne frega se il capo dei capi, il boss, continua a ricevere il consenso dei SUOI elettori, se in questo paese c’è così tanta gente che si fa affascinare da uno a cui piacciono i comportamenti borderline, fuorilegge, quelli che non si perdonerebbero al vicino di casa ma a lui sì significa che c’è una parte del paese da rieducare, e cosa c’è di meglio di una sentenza che dica una volta e per tutte che no, di uno così non ci si può fidare, non ci si DEVE fidare? ma di che stabilità cincischiano i lor signori del grande imbroglio? chi consegnerebbe le sue chiavi di casa a chi ha una reputazione dubbia, a chi fa della truffa e della corruzione il suo modus operandi? come dice sempre il giudice Davigo se il nostro vicino di casa è indagato per pedofilia gli affideremmo i nostri figli da portare a scuola e ai giardinetti in nostra assenza? e allora perché si deve accettare in virtù di una pacificazione, di una necessità, di un patto, niente meno, che uno con una dubbia reputazione possa avere voce in capitolo e decidere in materia di leggi, di riforme costituzionali niente meno. Dico: sono impazziti tutti quanti? quanto pensano che si possa ancora credere alla favoletta della stabilità se le fondamenta su cui la vogliono costruire portano anche la firma di silvio berlusconi? solo dei pazzi scriteriati possono pensare una cosa del genere.

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Domani è un altro porno
Marco Travaglio, 31 luglio

Orsù, signori del Pd, non vi agitate. Comunque vada a finire il processo Mediaset in Cassazione, cambia poco o nulla. Siamo in Italia, mica in un Paese serio. Altrimenti oggi si processerebbe un vecchio pensionato della politica, già da tempo allontanato dai suoi compari di partito per questioni di decenza e isolato dalle opposizioni (pare che nei Paesi seri esistano, e si oppongano pure) e dalle massime cariche dello Stato, che rifiuterebbero di stringergli la mano e farsi fotografare con lui per motivi igienici. Ma, appunto, siamo in Italia: dunque non c’è nulla che la Corte possa aggiungere sul conto dell’illustre imputato che già non si sapesse prima. Nulla che possa precludergli ciò che una legge del ’57 e i principi di disciplina e onore fissati dalla Costituzione avrebbero dovuto da sempre impedirgli: fare politica. Se la Corte annulla la sua condanna con rinvio a un nuovo appello, il reato cade in prescrizione (e sarebbe la nona volta). 

Se la Corte annulla la condanna senza rinvio (pare che il giudice relatore sia un annullatore impenitente), B. è salvo per un altro paio d’anni, finché non arriva in Cassazione il processo Ruby. Se la Corte conferma la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti dall’indulto gentilmente offerto dal centrosinistra nel 2006, B. sconterà l’anno residuo agli arresti domiciliari in una delle sue numerose dimore o, se ne farà richiesta, in affidamento in prova al servizio sociale: che, detta così, sembra una gran cosa, in realtà significa libertà assoluta con la finzione di firmare ogni giorno in qualche comunità di recupero, magari per minorenni disadattate da rieducare. Lui dice che vuole andare in galera, tanto sa benissimo (la legge Cirielli l’ha fatta lui) che non ci andrà mai neppure se insiste. Ci sarebbe, è vero, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Ma intanto deve passare dal voto della giunta e dell’aula del Senato, dove col voto segreto può succedere di tutto: anche che il partito unico Pdmenoellepiùelle trascini la cosa alle calende greche sino a fine legislatura (come a fine anni 90 con Dell’Utri) o addirittura respinga la sentenza definitiva innescando un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Consulta dai tempi biblici. 

Ma, anche se B. fosse interdetto col timbro del Senato, continuerebbe a fare politica esattamente come oggi. Come Grillo, mai eletto né candidato. E B., pur eletto, in Parlamento non mette mai piede (ha il record mondiale di assenteismo: 99,84%). In ogni caso, nessuno gli impedirebbe di presentare alle elezioni una lista Pdl o Forza Italia o Forza Gnocca o Forza Frode con su scritto “Berlusconi Presidente” e, in caso di vittoria, intestare il governo al solito prestanome (magari la figlia) in attesa che scada l’interdizione e qualche servo si dimetta per farlo eleggere al suo posto. Dunque, signori del fu Pd, cos’è tutta questa agitazione? Che sia un delinquente lo sappiamo tutti da anni, basta leggere una sola delle sue sentenze di prescrizione o di assoluzione perché si era depenalizzato il reato. L’unico pericolo per il governo sarebbe un vostro colpo di reni: un leader, ad averlo, che si alzasse in piedi e dicesse “con quel delinquente non possiamo restare alleati un minuto di più”. 

Ma avrebbe già potuto-dovuto accadere prima di entrare con lui in Bicamerale 15 anni fa, o nel governo Monti due anni fa, o nel governo Nipote due mesi fa. Ora è tardi. E B. il governo Letta non ve lo fa cadere manco se lo condannano, tanto comanda lui e la faccia la mettete voi. Il peggio che può capitarvi è sputtanarvi un altro po’ con i vostri elettori superstiti, ma anche qui il più è fatto. Dunque state sereni. Fate come lui che la sa lunga: se fa casino è solo per spaventare la Corte, caricandola di responsabilità che toccherebbero ad altri, e per ricattare il Pd e il Colle. Così domani incasserà l’ennesimo premio-fedeltà: tipo un’amnistia o una mezza grazia alla Sallusti che gli commuti la pena cancellando l’interdizione. 
Tranquilli, ragazzi. Domani, comunque vada in Cassazione, è un altro porno.

Di patti, patteggiamenti e cose così

ECCO PERCHE’ L’AMNISTIA AIUTERA’ BERLUSCONI (Antonella Mascali)

E SPUNTA UNA NORMA SALVA-SILVIO NEL DECRETO SULLE CARCERI (Bei-Milella)

Però continuano a dirci che “inciucio” è una brutta parola, che non si deve dire, che non è vero che il governo Letta serve solo per traghettare berlusconi verso l’impunità eterna.

Non sparirebbe solo la galera a cui non credeva nessuno, visto che a berlusconi sono state date  tutte le garanzie affinché non la dovesse mai rischiare ma verrebbe eliminata anche l’interdizione, che è l’ultima e unica speranza per liberare la scena politica da silvio berlusconi.
E qualcuno, tipo l’ottimo professor Prospero, questo lo chiama compromesso e negoziazione.
VERGOGNA.

Sottotitolo: il centro destra che chiede le dimissioni di Josefa Idem dovrebbe solo stare zitto visti i precedenti penali che si porta dentro travestiti da onorevoli e senatori, certe richieste e critiche le può fare solo chi dimostra coi fatti di essere migliore: un comune cittadino non può dimenticarsi di pagare le tasse perché lo stato glielo ricorderebbe dopo cinque minuti e coi modi che sappiamo, a differenza di come quello stesso stato si comporta  nei confronti dei suoi rappresentanti politici ed istituzionali.

 

Josefa Idem prima di diventare ministro è stata un’atleta, quindi dovrebbe conoscere il significato e il valore della parola lealtà applicata, non chiacchierata, e in ogni caso, quelle che per molti sono inezie, cose da niente [al confronto di…chi se ne frega, siccome c’è berlusconi che ha fatto tutto stravolgendo perfino i termini di paragone non è che si deve tollerare per forza chi si accontenta di poco], ad un cittadino comune sarebbero costate un trattamento molto diverso e forse pure il marchio di disonestà.

Quattro anni di tasse non pagate non mi sembrano una semplice dimenticanza: somigliano molto di più ad una reiterazione di un reato, in altri paesi i ministri si dimettono perché “si dimenticano” di pagare i contributi alle tate dei figli,  il canone della tv pubblica, o semplicemente perché hanno copiato una tesi di laurea da internet, per dire. Ma il ministro ha già fatto sapere che non prenderà nemmeno in considerazione l’ipotesi delle dimissioni perché il governo Letta le ha assicurato il suo sostegno, dunque Josefa  Idem, ministro di questo bel governo del largo inciucio e quindi intoccabile in nome della pacificazione nazionale pagherà la mora e amici come prima.

 In molti ci dicono che non sono tutti uguali ed è perfino vero nonostante tutto, ma il problema è che non trovano mai il modo giusto per dimostrarlo.
A volte non lo cercano nemmeno.

 

Irregolarità Imu, Letta: “Mi fido di Idem”

La procura pronta ad attivarsi sul caso

 

IL SINDACO DI RAVENNA: “ORA IL MINISTRO DEVE FARE CHIAREZZA”
I VICINI: “SPERIAMO SIA FALSO. CON QUELLO CHE PAGHIAMO NOI” 

IL MISTERO DI QUELLA PALESTRA DENTRO CASA

I BERLUSCONES AVVERTONO IL COLLE: “MANTIENI I PATTI”

“Non ha rispettato il patto”. Il Pdl contro Napolitano

Dopo la sentenza della Consulta sul caso Mediaset, i fedelissimi di B. minacciano il Colle, rammentandogli i presunti “accordi” e andando all’incasso in vista del vero salvacondotto: prescrizione in Cassazione o amnistia. [Il Fatto Quotidiano]

Processo Mediaset: no della Consulta tra pressioni e minacce

Il vigliacco sperava nell’ennesimo aiutino dall’alto coi soliti mezzucci, ovvero le solite bacchettate alla Magistratura “protagonista” e che non permette al diversamente statista di potersi occupare del paese e cioè dei cazzi suoi.

Ma stavolta gli è andata male, forse qualcuno inizia a capire che fare figure di merda pro domo berlusconi non è proprio il massimo del prestigio professionale, e non dovrebbe esserlo nemmeno di quello personale.

 Ogni riferimento al garante della Costituzione non è casuale ma voluto e intenzionale, non si capisce infatti perché il presidente della repubblica avrebbe dovuto intercedere per lui. L’hanno già fatto santo Napolitano, da vivo?  berlusconi anche stavolta avrebbe voluto la buona parola del capo dello stato che si traduce automaticamente in quella cattiva per i giudici, evidentemente è una richiesta possibile, mentre invece non dovrebbe essere così.

E il bello è che Letta, Epifani  si vantano pure della tenuta del governo.

Ci tengono a dire che le questioni che riguardano berlusconi, i suoi processi e le sue condanne non avranno nessuna ricaduta sulla stabilità del bel governo targato Napolitano.

E,  di grazia, cos’è che secondo gli esimi Letta ed Epifani dovrebbe avere conseguenze sulla tenuta del governo? il lancio dell’atomica su piazza san Pietro potrebbe bastare?
Chiedo, per curiosità.

Se questo fosse un paese normale Napolitano avrebbe trascorso l’intera giornata di ieri a raccogliere e firmare le dimissioni di tutti.

Nessuno vorrebbe avere niente a che fare con un delinquente patentato [per sentenza] che prima dà la parola e poi se la rimangia inventandosi il consiglio dei ministri per non andare in tribunale.
Loro sì, però, tutti uniti in nome della necessarietà [e di che genere non s’è ancora capito, a parte il dare altro respiro al fuori legge conclamato, come se fin’ora non avessero fatto la stessa cosa] e della pacificazione nazionale sono ancora lì a vantarsi della tenuta di questo bellissimo governo di cui al massimo gli italiani dovrebbero solo vergognarsi.

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Nota a margine: la cosa insopportabile è che ancora lo chiamano cavaliere.
Se la nomina di cavaliere della repubblica, ovvero persona che onora il paese e non lo infama come ha fatto e fa lui non gliela toglie il responsabile della repubblica potrebbe intanto togliergliela la stampa, evitando di citarlo come cavaliere e financo con la maiuscola.
Non se ne può più di sentirlo definire così.

A Tanzi la nomina fu revocata prima del terzo appello, quindi prima della condanna formale e definitiva, che altro deve fare berlusconi perché si smetta – ALMENO –  di chiamarlo cavaliere, strangolare gattini appena nati in diretta tv?

Stonatura? Massimo Rocca – Il Contropelo di Radio Capital

Allora io avrei passato diverse ore con i crampi allo stomaco. E proprio quando mi erano passati vado mica a leggere, con varie sfumature di grigio ma praticamente dovunque, che Berlusconi è imbestialito perché  l’accordo con il Quirinale si è trasformato in una truffa.

Secondo Berlusconi, Napolitano gli avrebbe tirato il pacco. Lui parlava di pacificazione ed intendeva i processi e la Consulta, l’altro annuiva e pensava allo spread e all’Europa. Lui metteva sul piatto l’appoggio al governo e si immaginava che l’altro mettesse una buona parola coi giudici comunisti della Corte Costituzionale. Lui si è alzato convinto. L’altro gli ha fatto ciao con la manina. Insomma non proprio la trattativa Stato mafia, ma certo una trattativa con uno che la Corte medesima ha appena dichiarato che convocava i consigli dei ministri come gli altri si fabbricano gli alibi.

E sono ancora qui ad aspettare un nota viva e vibrante che destituisca di ogni fondamento le ricostruzioni di stampa, sul genere di quella che si beccarono il Fatto e Barbara Spinelli a proposito del governo a tempo.

Viva la Rai?

Sottotitolo: a proposito di risparmi e di spending review (di ‘sta cippa visto che, per citare il taglio più scandaloso,  sono stati ridotti all’osso i fondi alla scuola pubblica per regalare 200 milioni a quella privata cattolica: la chiesa fa il suo, è la politica a non fare ciò che deve terrorizzata, a destra come a sinistra – si fa per dire –  di perdere il preziosissimo voto dei cattolici, togliendo agli aventi diritto per accontentare sempre questi divulgatori di menzogne e pregiudizi spacciati per religione e volere di un dio che nessuno ha mai visto né sentito parlare ma c’è “perchéglielhadettoalloro”. Anche con Prodi al governo furono aumentati i finanziamenti alle private cattoliche, c’era fioroni all’istruzione, una garanzia.) mi piacerebbe sapere quanto costa ospitare capi di stato e di governo in questo paese visto che ieri ad aspettare la Merkel mancavano solo gli alpini e le crocerossine, e meno male che è stata una visita lampo.

Ricevere ‘sta gente è una parata militare continuata, costosa ed esagerata, per non parlare dei disagi alla città e di chi deve lavorare per consentire a queste inutili pagliacciate di esistere.
Autisti [anche loro dipendenti della P.A. tutt’altro che fannulloni] che restano anche  sei, sette ore sotto il sole d’estate o al freddo e sotto la pioggia in inverno, costretti talvolta a dormire dentro la macchina in un garage quando le varie eccellenze sono occupate fino a notte tarda e  senza nessuna possibilità di potersi spostare perché non sia mai che il trasportato, l’eccellenza di turno,  che può essere meno di un ministro, di un viceministro e meno anche di un sottosegretario esca un quarto d’ora prima e non trova il suo succede il finimondo.

Ma i tagli,  il rigore e la politica dell’austerità, ça va sans dire, sono necessari, capito? NE-CES-SA-RI.

Preambolo: Napolitano: “Nel 2013 lascio”. Perché? Fatteli n’artri 20 anni, ché abbiamo bisogno di gente lucida e fresca con un piede nel futuro. E per fare la costituente chiamate Riina, Provenzano e Brusca. Ché come classe dirigente me sembrano mejo de tutti.
Come fanno la riforma della giustizia loro nun la fa nessuno.
Trattate co’ loro.
Daje.
[Dario]

Rai, Schifani elimina il dissidente Pdl
Fini: “Fatto di inaudita gravità politica”

Il presidente del Senato entra a gamba tesa nella commissione per il rinnovo del cda del servizio pubblico per favorire i candidati voluti dal partito di Berlusconi. Una decisione in contrasto con l’assenza di vincolo di mandato prevista dalla Costituzione.

E la gente dovrebbe pagare un canone, una tassa ma più che altro il
pizzo ad un’azienda gestita da un’associazione a delinquere di codeste dimensioni?

Il problema non è schifani che “entra a gamba tesa nella commissione per il rinnovo del cda della Rai”:  il dramma, anzi la tragedia è che schifani stia ancora lì a rappresentare la seconda carica dello stato, che  schifani sia una delle massime espressioni delle istituzioni, che schifani sia il delegato a sostituire nientemeno che il presidente della repubblica qualora se ne presentasse la necessità.

Il dramma e la tragedia è non essersi ancora liberati del puparo e dei suoi ascari e che, dopo aver tolto ai cittadini ogni strumento democratico per potersi ribellare a questi scempi della democrazia a getto praticamente continuo nessuno stia lavorando perché questo accada ma, al contrario, ritenga dei perfetti delinquenti,  politici e non, interlocutori coi quali lavorare, ci mancherebbe altro, per il bene del paese. Cioè il loro.

Anzi, sempre il suo, di berlusconi.
E  Napolitano che  quando dovrebbe parlare invece  non lo fa.

La Rai non è più servizio pubblico da tempo,  la paghiamo noi cittadini ma serve solo alla politica e  alla sua squallida propaganda, la mossa di schifani sta a significare che berlusconi ha tutte le intenzioni di monopolizzare di nuovo tutti i media in vista di un’eventuale prossima campagna elettorale.

E che  nessuno (ovvero il PD) glielo impedisce salvo poi presentarsi affranto davanti agli elettori a giustificare l’ingiustificabile e a dare sempre la colpa dei suoi fallimenti a qualcun altro.

Le lacrime di coccodrillo del ministro Fornero

Sottotitolo:

La Cina è vicina – Massimo Rocca per Radio Capital

Dunque la mela non era caramellata. Somigliava assai più a quella avvelenata di Touring, forse origine del marchio di Cupertino. Diciamo che sembra quasi una barzelletta l’idea che la ditta del santo subito in maglietta nera violasse le leggi sul lavoro cinesi. Un po’ come scandalizzare qualcuno in un bordello.  Ne avevamo già parlato di cosa sia il capitalismo da esportazione, dell’altra faccia della globalizzazione, quella che dicono positiva perchè sottrae milioni di persone alla povertà, ma, soprattutto, produce tanta ricchezza per tanto pochi. Ma l’immagine dell’uomo bianco in tuta gialla in mezzo agli uomini gialli in tuta bianca che ammette le sue colpe e promette di non trattarli più come schiavi non poteva arrivare in un momento migliore. Ci ricorda quello di cui dovremmo essere orgogliosi, quello che dovremmo esportare a testa alta. Che la dignità dell’uomo è una variabile indipendente dal profitto. Dovremmo esportare Landini in Cina invece di importare, come sta accadendo, i roghi dei bonzi.

Susanna Camusso dice che la Fornero piange ‘lacrime di coccodrillo’. Ma se la Fornero è un coccodrillo deve essere un coccodrillo un po’ strano  perché di solito i coccodrilli piangono dopo aver mangiato mentre lei piange prima. Il giorno del pianto della Fornero era il 5 dicembre, il governo Monti si stava presentando con la sua manovra finanziaria. Due settimane prima, il 17 novembre, Monti aveva  ottenuto la fiducia in Senato, facendo varie promesse e su quello gli avevano dato i voti. Compresa questa: non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabiliti in essere. (Marco Travaglio, Servizio Pubblico, 29 marzo)

Ospite di Vespa, la Fornero ha detto di non aver mai pensato nulla a proposito dell’articolo 18, di non averlo in mente, e ha aggiunto:
«Sono stata ingenua. I giornalisti sono bravissimi a tendere trappole e io ci sono caduta. Il mio era solo un invito a parlare di un problema in maniera piena. Ho riletto l’intervista e mi sembrava che l’elemento dominante fosse il dialogo. Non mi aspettavo che il solo menzionare l’articolo 18 potesse scatenare tutto questo».
(Elsa Fornero, 22 dicembre 2011)

I sacrifici si impongono o per stretta necessità o per sadismo. Ecco, la Fornero ogni volta che apre bocca ricorda un po’ Pulp Fiction, fa pensare alla seconda possibilità: “mi chiamo Elsa, risolvo problemi.”
(Marco Travaglio)

Se ero precario con berlusconi e lo sono ancora con Monti significa che non è cambiato niente.
In un anno e mezzo Marchionne è stato condannato cinque volte per comportamento antisindacale, cosa deve succedere ancora perché il parlamento intervenga?  (Maurizio Landini)

“La questione dell’articolo 18 non mi sembra affatto una questione tecnica ma una battaglia politica perchè ha una maggioranza politica senza precedenti!”

“In questa riforma si promette ma nella pratica si tagliano i diritti dei lavoratori. Io credo che il mandato del governo Monti sia il mandato delle banche europee”. (Luigi De Magistris)

Gli italiani hanno capito – Rita Pani

E gli italiani hanno capito che vale la pena di affrontare sacrifici rilevanti, purché equamente distribuiti.”  Mario Monti

 

No Professore, gli italiani non lo hanno capito, e in realtà non hanno ben chiaro neppure il resto della vostra meritoria opera da sicari. Nulla vi separa dai vostri predecessori, se non il coraggio di esservi assunto il compito ultimo, di svendere il Paese.

 

Non sono un’economista, ma sono una persona che si riconosce un buon margine di razionalità, e che a volte riesce a sentire tutto ciò che c’è di inespresso nei vostri monologhi grotteschi, come per esempio l’ultima sua lettera al Corriere della Sera, a metà tra il delirio e la menzognera propaganda.

 

Bisognerebbe partire dalla fine, da quell’articolo 18 di fatto in disuso da anni in Italia, sbandierato dagli operai alla stregua dell’ultimo baluardo da difendere, e utilizzato dagli imprenditori come alibi estremo in difesa della categoria. L’articolo 18 è come un vetro rotto su una casa in vendita, che fa scendere di troppo il prezzo pattuito. Avete l’obbligo di eliminarlo per far sì che si apra la strada al miglior offerente, al neo colonizzatore.

 

Non state ristrutturando casa per viverci meglio e in salute, lo state facendo solo per poter aumentare il prezzo della vendita. L’economia italiana è in mano a un grumo di potere che se la rimbalza di mano in mano, connivente di uno stato mafioso che spartisce con pochi il bottino miliardario.

 

Faremo la fine di quei paesi dell’est, dove i nostri antenati andavano con le borse piene di collant per poter adescare le ragazze. Chi verrà a investire in Italia, quando avrete abolito ogni diritto, non sarà certo lo svedese, lo svizzero o l’americano, né potrà essere un imprenditore che vive in un paese dove ci sono le leggi e son cose serie. Potremo finire in mano ai neo-russi, o perché no ai colombiani che di corruzione ne sanno almeno quanto noi, e lasciare che le briciole ricadano sempre sugli stessi piatti, di quelli che fino a qualche mese fa, ancora banchettavano sulle nostre vite.

 

Perché per rimettere in piedi questo stato, qualora l’intento fosse stato reale, prima di tutto doveva garantirsi il lavoro, e non far sì che diventasse una sorta di premio della lotteria nazionale. Come potete, in coscienza, usare termini come equità in un paese che per campare deve aumentare il costo della benzina e delle sigarette? Dove sta l’equità tra l’operaio costretto a rifornire di carburante la sua auto, perché da pendolare è impossibilitato a usare i mezzi pubblici che non funzionano o nemmeno esistono, e quello che – fanculo la crisi – si compra un’auto ancora più potente, che tanto ha i buoni benzina a carico dell’azienda? Esempio banale, lo so, ma pregno della vostra idiozia.

 

C’è di che essere contenti nel leggere il riconoscimento dei meriti ai partiti e la maturità del paese. Ma manca il complimento più importante, quello rivolto alle banche (le vostre). Così attente e capaci che di fronte al sospetto che possa sorgere un qualunque tipo di ripensamento da parte vostra – sicariato di governo – spruzzano in aria un po’ di spread. Solo per farvi paura, e per ricordarvi che voi, al pari di quello che governava prima, non siete che marionette in mano loro.

 

Mafia, criminalità o banche, in fondo, è tutta la stessa cosa. Tutta la stessa montagna di merda.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Residenza della repubblica

 

QUIRINALE: L’OBIETTIVO DI B.

[La nuova strategia del Caimano: offre l’inciucio e dialoga con tutti. L’augurio del sottosegretario Polillo: “Spero di vederlo al Colle”. Molti berluscones confermano: “Il nuovo capo dello Stato sarà eletto nel 2013, quando si celebrerà il ventennio del Cavaliere”.]

 

Ci sarà un’anima buona capace di rassicurarci sul fatto che berlusconi non sarà MAI il presidente della repubblica italiana? perché dopo l’arroganza al potere il disonore a capo delle istituzioni sarebbe davvero troppo, insopportabilmente, troppo.
Diventare presidente della repubblica dovrebbe essere un premio: il coronamento di una carriera politica SPLENDIDA di qualcuno che ha rispettato sempre lo stato come fu quella di Pertini, per esempio, non certo il modo per permettere di riscattare socialmente uno che ha vilipeso, offeso, oltraggiato e ridicolizzato lo stato, questo stato, uno che in un qualsiasi altro altrove probabilmente  sarebbe in una galera da vent’anni.
Poi quando il mondo ci prende per il culo e ride di noi, ci compatisce, è inutile fare i nazionalisti che difendono la patria.

Difendere lo stato significa non dare a nessuno la possibilità di offenderlo e di farlo con i fatti, con le azioni e facendolo rappresentare da persone che ne siano degne. Ed io, mi dispiace, ma al momento non vedo nessuno che sia in grado di farlo. Almeno non nell’ambito politico, perché per fortuna di persone perbene l’Italia è piena.
Le referenze di berlusconi sono quelle giuste per ambire al titolo? a me non frega nulla di questa politica sempre interessata a farsi e ad aggiustarsi i cazzi suoi, ma m’interessa eccome non dovermi vergognare più di così di essere italiana, ma come glielo spiego al figlio di mio figlio che il presidente della repubblica è uno che sfruttava prostitute minorenni, comprava i giudici, aveva boss mafiosi pluriassassini in giro per casa? davvero c’è qualcuno che pensa di restituire dignità ad uno così facendolo entrare al Quirinale dal portone principale?

Io sono SERIAMENTE preoccupata perché non mi fido di questa politica inciuciona e disonesta. Montanelli fu troppo ottimista: dalla malattia berlusconi non si guarisce, o meglio, i cittadini sì, vorrebbero, è la politica che non può più fare a meno del virus.

Ormai è dipendenza.

L’articolo di Travaglio di oggi, come tanti suoi altri, lo dovrebbero inserire  nei libri di storia da studiare a scuola.

La grande colazione – di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 8 febbraio

Un testimone racconta che nel 1997, in piena Bicamerale, il
presidente della medesima Massimo D’Alema incontrò a Venezia l’allora
sindaco Massimo Cacciari. Al governo c’era Prodi e Culoflaccido
Pompetta B. era reduce dalle rovinose elezioni del ’96, politicamente
defunto, tant’è che i suoi alleati cercavano un modo carino per dirgli
che era finita e gli cercavano sottobanco un successore (Di Pietro o
Fazio o Monti).

Cacciari domandò: “Scusa, Max, ma sei sicuro di questo accordo con
Berlusconi? Non è che poi quello, come sempre, alla fine te lo mette
in quel posto?”.

Il conte Max lo guardò dall’alto in basso pur essendo meno alto,
sorrise a lungo in silenzio, congiunse il pollice e l’indice della
mano destra rivolti verso il basso e li fece ciondolare con lieve moto
ondulatorio. Poi sibilò: “Tranquillo, Massimo, lo tengo per le
palle”.

Naturalmente finì che il piduista Al Cafone B., promosso al rango di
padre ricostituente, dopo aver portato a spasso la Volpe del Tavoliere
(e con lui tutto il centrosinistra) per quasi tre anni, fece saltare
il tavolo della Bicamerale. E, da morto che era, rinacque a nuova vita
più fresco che pria: nel 2001 era di nuovo a Palazzo Chigi.

La scena si ripeté dieci anni dopo, nell’autunno 2007, con Veltroni al
posto di Max. Anche allora governava Prodi e il cav. Banana B. era
dato per defunto, tant’è che cercava disperatamente di comprare
senatori dell’Unione.

Ma Uòlter, neosegretario del Pd, incurante delle sfighe precedenti,
aprì un bel “tavolo” per “le riforme insieme”. Legge elettorale,
Costituzione e tutto il resto. Il cadaverino risorse un’altra volta:
sei mesi dopo, complice Mastella, era di nuovo premier; intanto
Uòlter, che in tutta la campagna elettorale non l’aveva neppure
nominato (“il principale esponente dello schieramento avverso”), perse
tutte le elezioni nazionali e locali e dovette dimettersi.

Ora, non c’è il due senza il tre, tocca a Bersani.

Tre mesi fa aveva le elezioni in tasca, persino se si candidava lui.
Poi sostenne il governo Monti con il piduista corruttore B., ma giurò
che non era una maggioranza politica. In realtà lo era, ma si riuniva
nelle catacombe.

Ora è uscita allo scoperto, ha fatto outing: incontri alla luce del
sole, comunicati congiunti. Mancano solo le pubblicazioni, ma i
rapporti prematrimoniali sono tutt’altro che vietati.

L’inciucio parte dalla legge elettorale, poi si vedrà.

Ci sono tante pratiche da archiviare tipo i magistrati, che danno noia
a destra e a sinistra. Tanto, dicono gli strateghi del Pd, Pompetta B.
è morto.
Lui manda avanti Al Fano (ma è solo un trompe l’oeil, neppure fra i
più riusciti).

E, siccome è Carnevale, estrae dalla naftalina il travestimento da
statista, col fazzoletto da piccolo partigiano al collo, inaugurato
tre anni fa a Onna con un certo successo.

Punta al Quirinale e pur di arrivarci è pronto a tutto, anche a
proseguire l’inciucio nella prossima legislatura con un bel
governissimo Pdl-Pd-Terzo polo, magari guidato da Passera (sennò la
gente si disabitua al conflitto d’interessi).

Il paraninfo di Pier Luigi e Silvio promessi sposi è Violante, che già
vegliava sulla Bicamerale da presidente della Camera.

Nel 1994 tuonava: “Il nucleo di interessi che si aggruma intorno a
Forza Italia è in profonda continuità col sistema di potere che ha
causato tanti lutti e danni all’Italia… Forza Italia è un manipolo
di piduisti e del peggio del vecchio regime. Berlusconi, con la
chiamata alle armi contro il comunismo, ripete la parola d’ordine del
fascismo e del nazismo quando morivano nei lager comunisti, socialisti
ed ebrei. E con questa parola d’ordine la mafia uccideva i
sindacalisti. È una chiamata alla mafia quella di Berlusconi”.

Nel 2002 Violante diceva che “le proposte di Berlusconi rispondono
alle richieste dei grandi mafiosi”.

Nel 2004 parlava di “interessi penali e criminali” del centrodestra.

E nel 2006 denunciò “un giro di mafia intorno a Berlusconi”.

Oggi si batte come un leone per maritare Bersani con quel bel
soggetto, rinviato a giudizio proprio ieri perché passò al suo
Giornale la bobina rubata della telefonata segreta tra Fassino e
Consorte.

Che gli fai a uno così? Te lo sposi.

L’arroganza al potere

Se fossi la figlia di Monti, della Fornero o della Cancellieri, tutto farei meno che cercarmi un lavoro per restare vicino a mamma e papà: deve essere terribile esser stati generati da persone così. Il cinismo e l’arroganza a me fanno paura.

“Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà”. (Il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri)

«Le frasi della Cancellieri sono equiparabili ad una battuta da bar, sulla quale si potrebbe anche costruire una piacevole conversazione, se non fosse che a pronunciarla è il ministro dell’Interno». In serata la polemica sbarca sul web, dove il Popolo Viola prende di mezzo il figlio del ministro: «Anche lui, Piergiorgio Peluso, ha il posto fisso vicino alla mamma come direttore generale di Fondiaria Sai»

Fornero come Monti
“Il posto fisso è un’illusione”

LA FIGLIA DEL MINISTRO? DI POSTI NE HA DUE

Liberisti col culo degli altri

Ci sta: dopo il viceministro col nome da coiffeur e la figlia di cotanta madre (che di posti fissi ne ha addirittura due e guardacaso nella stessa Università dove insegnano e fanno ricerca mamma e papà) la lista si allunga.
C’è da dire che le facce toste sono tutt’altro che sobrie, anzi, fanno abbastanza incazzare.
Perché ovviamente chi parla così lo fa pensando che i suoi figli (e loro stessi) si sono meritati tutto, sono stati bravi, più di tutti: quelli del popolo no, devono inventarsi la vita, un mestiere, rinunciare all’idea non di un noiosissimo posto ‘fisso’ ma di uno stipendio sicuro (che non è affatto la stessa cosa), e devono capire che “il mondo sta cambiando (cit. Elsa Fornero)”.  Effettivamente sì: il mondo sta cambiando, come ci fanno sapere le sorelle Nete delle istituzioni, peccato però che il cosiddetto cambiamento abbia prodotto in Italia l’effetto contrario, e cioè che anziché avanzare questo paese sia invece pericolosamente indietreggiato, peccato che lassù, nelle loro belle, eleganti ma sobrie torri d’avorio la notizia non le abbia mai raggiunte.
Chi parla è gente che ha avuto tutto – probabilmente e sicuramente anche per meriti –  compresi quei diritti che ora sta scippando  non solo alle nuove generazioni,  ma evidentemente  non essendo ancora soddisfatta si diverte a perculare e irridere un giorno sì e l’altro pure tutti quelli che perché non sono stati bravi come loro e i loro figli, non sono stati fortunati a nascere Michel Martone, ma soprattutto perché  più semplicemente non sono  figli di…hanno sempre meno ragioni per sperare grazie a chi gliele sta togliendo tutte. Cioè sempre loro.
La Cancellieri (si potrà dire “la” alla Cancellieri o s’incazza pure lei?) ha chiesto poi  scusa per l’infelice esternazione circa i giovani che vogliono (tutti? non credo proprio) il posto fisso e possibilmente vicino a mamma e papà.
Quando berlusconi diceva cazzate (praticamente una ogni tre minuti: cosa che continua a fare senz’alcun pudore, le ultime, sulle quali è meglio stendere un velo pietoso sono giusto di ieri) la considerazione che  in molti facevamo era: “ma questo non ha mai nessuno che gli dia una gomitata, un calcio sotto il tavolo, un’occhiata di traverso per evitargli figure di merda a getto continuo?” Beh, siccome io non mi sono mai iscritta al partito dei “menopeggisti”, continuo a fare la stessa considerazione e mi chiedo: dopo gli sfigati di Michel, dopo le uscite di Monti e quelle di Nostra Signora dalla lacrima facile era così difficile comprendere che forse certi toni non sono proprio quelli giusti da usare? e inoltre: le scuse della ministra Cancellieri non hanno proprio niente a che fare con la diffusione delle notizie a proposito di suo figlio che perché è bravo (e lo deve essere molto), il posto fisso ( e che posto!) vicino a mamma e papà ce l’ha da un sacco di tempo? se quello che distingueva il governo di berlusconi era la totale insipienza, la cialtroneria e la disonestà, questi signori non fanno una miglior figura mostrando e dimostrando arroganza e incapacità di capire quali sono i problemi della gente e come rivolgersi alla gente che vive tra mille difficoltà.

Ieri la Cancellieri ha detto ad Alemanno di stare zitto per evitare inutili polemiche e lavorare, ecco: se anche lei e i suoi colleghi facessero lo stesso non sarebbe male.

Avanti, non c’è posto, di Massimo Rocca per Radio Capital

Cosa ci stanno davvero dicendo i governanti che ogni giorno martellano sull’inesistenza del posto fisso, sullo spalmamento delle tutele, sui bamboccioni e gli sfigati? Escludendo che siano stupidi e che non si rendano conto che al massimo stanno declamando tautologie invece che governare i processi, credo stiano lavorando su due livelli di comunicazione subliminale. Il primo a breve termine. Il lavoro adesso non c’è, bisognerà accettarne di ancor meno pregiato di quello precario e intermittente che ci è stato servito come grande innovazione negli ultimi 15 anni. Obiettivo, deflazionare drasticamente i salari, unico modo per una economia che non può più svalutare per tornare ad essere competitivi. Con sobri guanti bianchi è la stessa lezione che si sta applicando con pugno di ferro alla Grecia. Il secondo, temo, è a lungo termine. La piena occupazione salariata dai 20 ai 60 anni per uomini e donne, fenomeno mai verificatosi nella storia prima dei magici decenni dalla metà dello scorso secolo, potrebbe non essere il futuro neppure per quell’occidente che è stato il solo a sperimentarla.

Sempre altrove

Preambolo: Questo è un paese che promuove a ministro degli interni chi s’è macchiato del reato di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, senza fare neanche un giorno di galera, ma solo perché appartenente a una casta infame, anzi fascista.
Il resto sono chiacchiere buone a farci sentire migliori ma anche a farci disertare la manifestazione di domenica in Val Susa con lo spettro della repressione.
In carcere restano Giovanni Caputi, 22 anni ; Giuseppe Ciurleo, 20 anni; Alessandro Venuto, 24 anni;  Giovanni Venuto, 30 anni; Lorenzo Giuliani, 19 anni; Robert Scarlett, 21 anni, romeno, per il quale il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha firmato ieri il decreto di allontanamento; Ilaria Ciancamerla, 21 anni; Valerio Pascali, 21 anni; e Stefano Conigliaro, 22 anni.
La procura ha chiesto la convalida dell’arresto di Fabrizio Filippi, 24 anni.
Tutti pischelli a cui occorre dare una risposta sensata, che valga per loro e anche per noi. (sidmicius)

Sottotitolo: Il tuo vicino di casa ti sta sul cazzo? segnalalo immediatamente come”anarcoinsurrezionalista”! quelli del pd ti stanno sul cazzo? segnalali alle autorità competenti come “neo brigatisti”! DENUNCIA UN INDIGNADO QUALSIASI: invia la foto di un incappucciato qualsiasi e aggiungi il nome e cognome di chi ti sta sul cazzo. Anche una denuncia anonima va benissimo. Tanto poi saranno fatti suoi come potersi discolpare. Approfitta del “NUOVO PARTITO DELATORIO INDIGNADOS ITALIA” ti fa sentire utile e importante anche se non conti un beneamato cazzo di nulla! fatti rispettare! denuncia qualcuno! solo dal 16 ottobre presso tutte le caserme, quotidiani e facebook!

Ci sono due categorie di televisione: la televisione intelligente che fa dei cittadini difficili da governare, e la televisione imbecille che fa dei cittadini facili da governare.

(Jean Guéhenno)

I vandali a Roma avrebbero danneggiato la capitale per circa 5 milioni di euro. Il banchiere Profumo, da solo, avrebbe evaso circa 245 milioni di euro di imposte. Ma quando si parla di “criminali” fanno vedere la foto del pirla con l’estintore. That’s all folks!
(Davide Kra)

Nuota controcorrente, fottitene, lascia che ridano. Guardali. Se riesci a vederli dietro le loro sbarre, ce l’hai fatta. È andata. Sei libero, sei fuori, sei nato.

(Jack Folla)


Tanta gente nella vita ha provato a distinguersi dai tutti. Mica perché sia un disonore somigliare a qualcuno, anzi, ci sarebbe tanta gente che sarebbe un onore prendere ad esempio. Ma ci sarebbe sempre il rischio di entrare nella trappola dell’omologazione, di voler somigliare troppo a qualcuno. E in questi anni qualcuno ha  “lavorato” molto affinché questo potesse accadere.  Un mondo di gente tutta uguale è meno problematico, non c’è bisogno nemmeno di immaginare quello che vuole quella gente: diventa tutto prevedibile, dunque, meno rischioso per chi poi è chiamato a gestire nazioni, paesi e città.

Pasolini è stato un uomo che aveva capito tutto molto prima che potesse accadere.

Un uomo che l’Italia, ma soprattutto gl’italiani li aveva capiti benissimo in tempi molto meno sospetti di quello che stiamo vivendo oggi. Basta leggere quel che scriveva  e diceva a proposito di potere mediatico quando nessuno avrebbe potuto neanche immaginare il risultato delle sue giuste previsioni. E chissà cosa avrebbe potuto scrivere in questi ultimi vent’anni se fosse vissuto ancora un po’ lui che quarant’anni fa già parlava di come i media ma soprattutto la televisione avessero il potere di manipolare in modo irreversibile la testa della gente. Sosteneva infatti ( aveva ragione!) che la TV avrebbe imposto il peggior totalitarismo omologando le classi sociali ed appiattendo i gusti in un unico modello buono per tutt*.
Sarebbe scomparsa l’identità in una corsa reciproca all’imitazione. E senza che quei tutti se ne potessero rendere  conto. Spesso mi capita di discutere in famiglia, con gli amici e tutti quelli che guardano certe trasmissioni dicono con convinzione che sì, le guardano ma non si sentono in pericolo: niente di più falso se poi alla prima occasione, che sia una cena o una giornata in spiaggia i discorsi vertono sempre e sistematicamente su quel che si è visto la sera prima, chi analizza l’ultimo fatto di cronaca come un bruno vespa qualunque, chi fa previsioni sulle nomination del solito reality: gli argomenti sono gli stessi che si possono ascoltare in uno qualunque dei tanti salotti televisivi dove tutti possono dire tutto anche non avendo nessun titolo né un grado sufficiente di conoscenza per farlo. Così accade che molte persone si ritrovino a pensare non come se stesse ma attraverso le opinioni espresse da certi tuttologi del nulla.
Pasolini aveva capito che l’unico modo per sottrarsi alla manipolazione di massa era restarne fuori e distinguersi, non conformarsi allo stile di vita dei tutti.
A Pasolini – sono sicura – sarebbe piaciuto molto anche analizzare la rete e i comportamenti di chi la frequenta, un popolo semianonimo la cui maggioranza in quanto ad omologazione non è certamente secondo a quello che si è fatto sedurre da vent’anni di telerincoglionimento a reti pressoché unificate. Anche qui funzionano le mode, funzionano i programmi tutti uguali, quelli con le risatine registrate in sottofondo, anche qui se si prova a star fuori da un certo cliché non va bene. Oppure si resta chiusi in una piccola élite di persone che ancora pensa che si debba dare un valore e un significato a tutto quello che si fa nella vita. Io, siccome mi sento un po’ corsara come lui penso che non voglio essere una moda ma restare principalmente una persona.

Un popolo di imbecilli

La legge Irreale (dal Fatto Quotidiano) – Antonio Di Pietro ha invocato il ritorno a una legge antica, la legge Reale, come soluzione ai problemi di ordine pubblico. Attribuiamo questa idea peregrina all’emozione del momento e a una certa inclinazione poliziesca dell’ex-magistrato. La legge Reale, varata nel 1975 su iniziativa dell’allora ministro di Grazia e Giustizia, il repubblicano Oronzo Reale, prevedeva il fermo preventivo sui “sospetti” della durata di 96 ore e dava alla polizia la possibilità – in particolari situazioni (chissà cosa si intendeva per “particolari”) di ordine pubblico – di usare le armi. Si parlò di “pena di morte” non dichiarata.

La legge non fermò gli scontri di piazza, non disinnescò il terrorismo, provocò solo la morte inutile di 250 persone, una quarantina non avevano nemmeno compiuto vent’anni. Ricordiamo qui due casi emblematici. Nel 1978, in Piazza Navona, durante una manifestazione dei radicali, venne uccisa Giorgiana Masi, 18 anni. Le indagini andarono avanti fra mille depistaggi e nessuno pagò per quel colpo di pistola alla schiena. Era stata “una pallottola vagante” e, si sa, quando le pallottole vagano, pazienza da quale canna sono partite. Nel 1979 venne ucciso a soli 37 anni Luigi Di Sarro, medico e artista (a febbraio, l’ultimo omaggio postumo al Beaubourg). La scorta di Andreotti, in borghese, lo fermò in auto sul lungotevere, a poche centinaia di metri da casa sua. Era già buio, Di Sarro pensò a un sequestro di persona (allora erano un’industria), tirò dritto, gli agenti spararono ad altezza d’uomo. Un assassinio che venne prontamente “giustificato dal clima di quei giorni”.

Una nuova legge Reale? Una legge Maroni? Non bastano Uva, Cucchi, Aldovrandi e gli altri? Vogliamo un’altra Masi? Un altro Di Sarro? Vogliamo questa legge in mano al governo Berlusconi?

Sottotitolo: Delle cose del capo (silvio berlusconi: nota di R_L)  io me ne sbatto il cazzo. (fabrizio cicchitto)

Sulla pagina di Alemanno di Facebook, quella ufficiale,  cancellano i commenti.  Non si può dire che il sindaco di Roma si è fatto 8 mesi di galera per aver lanciato una molotov contro l’ambasciata sovietica. E perché non si può dire se, prima cosa è vero, e,  seconda, lo sapevamo in tanti?  non sta bene per caso far sapere che chi oggi invoca leggi ‘speciali’ ha avuto un passato ben peggiore dei violenti di oggi? prendiamo ad esempio maroni, il cosiddetto ministro dell’interno già condannato per resistenza a pubblico ufficiale, per non parlare del capobanda, quello che minaccia il colpo di stato ad ogni stormir di fronda.

Più leggo  commenti in merito ai fatti di sabato e e più mi rendo conto che lo stato di insipienza di tanta gente ha raggiunto livelli intollerabili. E allora forse ha ragione chi dice che agli italiani il manganello piace, ecco perché solo qui ci sono ancora tanti nostalgici di quel fascismo che la storia avrebbe dovuto cancellare per sempre. A troppi piace ancora  l’uomo forte, che sia della provvidenza o dei miracoli non fa differenza, l’importante è che non li faccia pensare né assumersi responsabilità: che faccia tutto lui. Prendiamo Di Pietro e la sua proposta oscena di ripristinare una legge che è costata in 15 anni di applicazione 625 morti:  io non voglio vivere in un paese dove si rischia di essere ammazzati solo passando sotto casa di un'”eccellenza” qualsiasi. E non voglio vivere in un paese dove il governo è così debole, incapace e impreparato a gestire la qualsiasi da proporre il rimedio solo dopo che i danni sono stati fatti. Di Pietro,  invece di ammettere il fallimento della tanto sventolata politica della sicurezza, annunciata e mai messa in pratica da questo governo di cialtroni, oggi si trova un alleato tanto prezioso quanto imprevedibile come il ministro azzannapolpacci maroni. Un poliziotto può indossare tutti gli abiti che vuole ma sempre poliziotto rimane, nell’animo.  Di Pietro, invece di fare becera propaganda fascista  dovrebbe chiedere le dimissioni di maroni e del governo tutto.

Le leggi speciali sono leggi fasciste, il governo di uno stato serio non legifera sulla scia dell’emotività, e inasprire, reprimere, vietare non serve a nulla se poi non si può garantire la certezza della pena perché non sarebbe conveniente per troppa gente che si macchia quotidianamente di ben altri tipi di violenze perfino più gravi di qualche vetrina spaccata e qualche macchina bruciata.  Perché poi se in galera ci deve restare lo spaccavetrine bisogna che ci resti anche previti che dei suoi sei anni per corruzione ha scontato appena quattro giorni di detenzione.

L’unica legge speciale di cui questo paese ha veramente bisogno sarebbe quella che vietasse a pregiudicati, ex lanciatori di bombe (di destra e di sinistra), ai collusi con mafie e criminalità di potersi anche e solo avvicinare al parlamento, altro che entrarci dalla porta principale.

La vera violenza non è quella della manifestazione degli indignati a Roma, ma quella dei tre morti al giorno sul lavoro,  di un’intera generazione condannata alla precarietà e a un futuro che non ci sarà.  La vera violenza è quella di chi perde il lavoro a causa di politiche economiche e industriali  che avvantaggiano solo i già benestanti, i soliti ricchi e sa che sarà praticamente impossibile riuscire a trovare un nuovo impiego. La vera violenza sono i padri di famiglia che s’impiccano a quarant’anni perché non possono più garantire ai figli nemmeno da mangiare, i libri di scuola.  Quei figli ai quali viene negato un futuro nel momento in cui vengono al mondo. Questa è la vera violenza di una società ingiusta, ipocrita e gestita da veri delinquenti, politici e non, che oggi si ergono a moralizzatori solo perché in questo paese la gente si disinteressa di tutto e quel poco che sa, lo dimentica troppo in fretta.