Minoranza cosmica e delinquenza terrena

Ieri sera a Piazza Pulita il direttore de La Stampa se la raccontava e, purtroppo “ce” la raccontava con la questione della responsabilità personale a proposito dei reati dei politici.
La responsabilità sarà anche personale ma è innegabile che la criminalità dentro la politica sia ormai un sistema necessario alla sopravvivenza della politica.
Non c’è stato un solo partito che non sia stato toccato da vicende penali, non esiste un’amministrazione, un comune, lo stesso parlamento che non contenga o abbia contenuto personaggi che non hanno avuto a che fare con la giustizia [per informazioni sul recente più attuale citofonare verdini, neo partner di Renzi: sei processi in corso e una condanna in primo grado per corruzione].
Questo perché il deterrente non c’è, non ci sono, non si vogliono trovare misure adeguate per contrastare la criminalità in politica né certe pericolose vicinanze della politica con la criminalità.
Contrariamente a quello che dice Renzi nessun tacchino si propone per la pentola.
La prevenzione che invocava Borsellino, ribadita da Davigo non si fa.
Un cittadino comune deve fare mezzo reato per essere condannato da un tribunale, noi veniamo perseguiti e perseguitati anche per una bolletta non pagata, il politico no, ha sempre avuto e continuerà ad avere la corsia preferenziale grazie a leggi fatte apposta  per non incappare nella “barbarie giustizialista” e nell'”offensiva giudiziaria”, definizioni abominevoli  dell’esigenza di onestà e trasparenza indispensabili nella politica.

Arrestato sindaco Pd di Lodi Simone Uggetti
Gip: “Atteggiamento disarmante e allarmante”

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Riforme, Renzi dà il via alla campagna
Bersani: “Voto sì, ma non sì cosmico”
Sondaggio: “I no sono in vantaggio”

Consideravo Bersani un brav’uomo e per questo inadeguato ad una carriera politica da leader perché privo del carisma e dell’aggressività positiva che tengono sveglia la politica. Dopo la dichiarazione di ieri sul suo sì “non cosmico” alle riforme di Renzi ho cambiato idea: penso che sia ingenuamente dannoso, per non dire ridicolmente pericoloso.
Dopo essere stato derubato del partito da chi lo ha trasformato in un’accozzaglia indegna dove tutto e tutti vanno bene purché si vinca, si accumuli potere su potere Bersani non ha capito che non è più tempo di giaguari da smacchiare e di tacchini sopra i tetti,  è confuso come uno che paga l’affitto per la casa dove abitano l’ex moglie e il nuovo compagno, il poveretto lo sa che in quella casa si mangia, si beve e si scopa, però paga lo stesso.

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berlusconi non è ancora politicamente morto, diciamo che agonizza non foss’altro che per questioni anagrafiche ma Renzi, che a berlusconi ha assicurato una continuità politica per interposto verdini è vivo più che mai e la cosiddetta “minoranza” del pd non solo lotta per lui non comportandosi come dovrebbe fare la minoranza che si oppone all’egemonia anomala e malata di Renzi, ma se non si oppone nemmeno nelle occasioni e nei momenti giusti dimostra di lottare insieme a lui.
La minoranza di Bersani, Cuperlo, Speranza è una finzione costruita per poter contare ancora su quella parte di elettori che non si riconosce più nel pd di Renzi ma non lo abbandona perché ci sono loro che parlano molto ma poi votano tutto, non per il bene della ditta che li ha licenziati da un bel po’ ma per aumentare il potere di Renzi,  perché sanno che Renzi garantirà sempre anche a loro un angolo di quel posto al sole che rischierebbero di perdere se si opponessero sul serio.  

Bersani è come il  marito che decide di restare con la moglie fedifraga,  continuare a vivere con lei perché, in fin dei conti e tutto sommato a tradire è stata lei e quindi lui che colpa ne ha? Il che per carità ci sta, non sarebbe il primo né l’ultimo uomo a tenersi una moglie che lo tradisce.
Però poi bisognerebbe che quel marito accettasse, con la stessa serenità, la reputazione di cornuto a quanto pare contento.

E il dramma è che ‘sto schifo lo chiamano “responsabilità”.

Il bersaglio grosso

“Fermo restando l’elementare sentimento di umanità, che però vale per tutti, dovremmo tutti quanti rivendicare il sacrosanto diritto, se non all’odio, almeno all’indifferenza”. Marco Travaglio, 8 gennaio 2014  [Ma l’amore no ]

A me non pare di leggerci nessuna apologia violenta né istigazione semplicemente perché non ci sono, ma per capire ci vorrebbe un cervello che fa il suo mestiere, non ottenebrato dal pregiudizio e sì, dall’odio.

Nel panorama pietoso del giornalismo italiano non c’è nessuno insultato quanto Marco Travaglio: nemmeno sallusti, al servizio di un delinquente per sentenza ed egli stesso condannato da un tribunale alla galera, non ad una sanzione come a molti giornalisti capita essendo questo un rischio del loro mestiere.

Nel dibattito politico parole come odio, amore non c’entrano nulla. Ce le ha portate berlusconi per contribuire a destabilizzare, per far credere alla gente che uno come lui, un delinquente per natura come recita il primo grado del processo Ruby sia uno che ama e che merita amore mentre quelli che non vogliono avere a che fare coi delinquenti, politici e non, siano invece quelli che odiano. L’operazione di lobotomia è  perfettamente riuscita a quanto pare, se c’è così tanta gente che pensa che al di fuori della politica non debba esistere un diritto anche a poter detestare qualcuno in santa pace. O, come appunto ha ben scritto Marco Travaglio, a potersene fregare serenamente di quello che capita a dei perfetti estranei coi quali non si è diviso nulla.

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Scrivere e dire quello che si pensa davvero, che succede davvero e non quello che pensano gli altri o che agli altri farebbe piacere leggere, sentire o che non sia mai esistito non è la cosa più facile da fare. Questo io lo so bene e spesso l’ho pagato anche in termini di solitudini avendo perso per strada tanta gente che però non rimpiango affatto. In questo bel paese strozzato da varie ipocrisie e abitato da gente che non si arrende nemmeno di fronte alle evidenze: vent’anni di berlusconi sono la dimostrazione pratica di quello che dico, dovrebbero aver spiegato e chiarito molto bene tante cose. Ma evidentemente c’è un sacco di gente che ha bisogno di sentirsi rassicurata e chiudersi in quel comune sentire che io ritengo devastante soprattutto per la cultura. L’onestà di pensiero si raggiunge facendo prendere aria alla mente, guardando alle cose con curiosità e col giusto grado di sospetto, ma mai col pregiudizio. Perché i pregiudizi sono la morte dell’onestà intellettuale.

La critica ci sta, l’antipatia pure, verso il pregiudizio nulla si puote, ma la diffamazione è una cosa seria. E se su una pagina pubblica di facebook si stravolge il senso delle parole per diffamare qualcuno non penso sia legittimo poterlo fare. In ogni caso sputtanare gli imbecilli è un giochino da bambini, bisognerebbe farlo più spesso, è utile e divertente. 
Io non vado mai a discutere sulle pagine pubbliche di facebook perché le trovo confusionarie, nessuno legge mai quello che scrivono gli altri e non c’è discussione ma solo confusione, ieri l’ho fatto perché  le questioni di principio mi interessano sempre e molto. 
Travaglio è un giornalista col suo stile che può piacere e non piacere, questo non autorizza nessuno a distribuire i suoi insulti giornalieri a Marco Travaglio. 
Basta non leggerlo per non farsi venire il sangue amaro. Travaglio non è alla portata di tutti. Per comprenderlo ci vuole intelligenza, ironia e assenza di pregiudizi. E conoscere il minimo indispensabile di storia di questo paese per poter stabilire se quello che dice e scrive è vero o falso: generalmente è vero.

E se Travaglio scrive che esiste un diritto all’indifferenza: io penso che ci sia eccome anche quello all’odio, così come esiste quello all’amore e a un sacco si altri sentimenti, non gli si può mettere in bocca e sulla tastiera quello che non ha mai detto e scritto.

Nella frase incriminata e che continua a viaggiare in Rete col solo scopo di screditare ancora e ancora Marco Travaglio non c’è nulla di disdicevole né di violento, ma il bersaglio grosso è sempre una tentazione irresistibile per molti e non importa poi il motivo dell’attacco, anche inventarsi una balla qualunque va bene, e il popolino bue, ignorante, disinformato dei social network;  e non si capisce che cazzo ci stia a fare h24 in Rete, quello del mi piace compulsivo clicca, condivide e insulta.  facebook dovrebbe servire a condividere informazioni esatte, non balle e nemmeno insulti. Internet può trasformarsi davvero in un’arma impropria, se usato male.

Anche se con fatica io continuo a pensare che la mia libertà di non scrivere idiozie, falsità insultanti valga purtroppo quella degl’imbecilli che non conoscono perché non sanno e non gl’interessa sapere.  

Quando il pregiudizio, la critica offensiva vengono espressi da gente che non sa si possono leggere in chiave pietosa. Chi non sa per sua scelta, una scelta di ignoranza consapevole e l’unico modo che conosce per relazionarsi con gli altri è l’insulto ha sempre torto. Ma quando gli stessi concetti vengono espressi da persone a cui si dovrebbe riconoscere una certa superiorità intellettuale io mi preoccupo. In questo paese manca un senso comune di solidarietà verso il giusto. E manca perché nella ricerca del giusto va a finire anche quello sbagliato che però qualcuno riteneva che non lo fosse. Travaglio è antipatico e inviso perché non guarda in faccia nessuno, e anche l’accusa al Fatto di essere filogrillino è abbastanza patetica. Le critiche ai 5stelle e a Grillo  sono arrivate anche da lì, da lui, da Scanzi e da altri. Ma siccome erano critiche giuste e motivate, non il solito attacco sulla base del pretesto come quello che fa giornalmente la maggior parte della cosiddetta informazione, non se n’è accorto nessuno e si continua a parlare e a scrivere per luoghi comuni, falsi.

Così com’è altrettanto falsa la leggenda che nella famosa puntata di Servizio Pubblico berlusconi abbia ricevuto un trattamento di favore con un atteggiamento servile da parte di Santoro e Travaglio: ma il pregiudizio è come l’invidia: acceca e impedisce di riflettere con cognizione di causa. 

Nei paesi civili è più difficile rilanciare balle dai social network perché l’informazione ufficiale ne scrive di meno. Qui il progetto di annientamento dell’informazione più libera e meno dipendente dai poteri è chiaro ormai da un pezzo. E c’è gente che ci gode perché pensa poi di stare meglio senza Travaglio e senza Il Fatto Quotidiano. Mai visto personalizzare così la critica verso un professionista che, sia chiaro, è criticabile come tutti ma non insultabile come solo a lui accade. Cosa che produce il risultato di rendere meno credibili o per niente anche quelle critiche giuste che gli si muovono. A me neanche piace sempre né ne condivido sempre gli scritti però gli va riconosciuta un’onestà che in pochi nel suo ambiente hanno. Se avesse avuto davvero delle mire estranee al puro piacere di svolgere il mestiere di giornalista oggi sarebbe probabilmente a dirigere un quotidiano che già c’era, non avrebbe avuto bisogno di pensare ad uno nuovo perché gli altri erano diventati inaccessibili per lui. E magari al posto di vespa cinque sere a settimana su Raiuno ci sarebbe lui, ma la gente questi semplici ragionamenti non li fa.

Le cose che si scrivono e si dicono andrebbero provate, altrimenti si chiamano diffamazione e calunnia. Di vero c’è che Travaglio è stato cacciato dall’Unità insieme a Padellaro e Colombo, oggi tutt’insieme al Fatto Quotidiano. Stessa sorte toccata a Concita De Gregorio che da direttore di quel fu giornale è dovuta tornare a fare la semplice editorialista a Repubblica. Il resto, balle. Maldicenze gratis e a pagamento.

 

 

Bella, ciao

Su wikipedia tutti hanno la possibilità di aggiungere informazioni e dettagli a tutti gli argomenti che sono contenuti nell’enciclopedia on line che ogni giorno viene consultata da miliardi di persone.
Solo però, come diceva Grillo tanti anni fa, se qualcuno scrive una cazzata tempo due minuti e gli si rivolta contro il mondo.
E allora io mi chiedo: qual è il senso di diffondere cazzate, anche offensive, se grazie alla Rete tempo due minuti e non dico il mondo ma un sacco di gente giustamente incazzata e stanca di essere trattata da imbecille poi si rivolta contro?

Per la cosiddetta informazione italiana, pubblica e privata, la parola fascismo è off limit, non si può dire, non si può pronunciare, non si deve dire, ad esempio, che Franca Rame non fu vittima della sua bellezza [finché, ‘sto cazzo] quando il 9 marzo del 1973 fu stuprata da un branco di  fascisti e che il suo fu uno stupro su commissione non perché lei fosse una gran bella donna ma perché era una donna comunista e dunque doveva essere punita per questo.
E non si può dire che quello stupro fu ordinato da alcuni ufficiali dei carabinieri come riportano le cronache del periodo.

Ieri il TG2 ha mandato in onda un servizio vergognoso su Franca Rame: la conduttrice  ha detto che Franca Rame avrebbe usato la sua bellezza finché non fu stuprata omettendo il perché di quello stupro, ovvero la parte fondamentale che fu quella che poi segnò per sempre la vita dell’artista.

Dopo mezz’ora dalla fine del telegiornale in Rete è successo il finimondo come sempre accade quando l’informazione ufficiale, quella che paghiamo tutti, non assolve al suo dovere che è appunto, quello di informare e non di dare la versione più comoda, riveduta, corretta e addolcita di un fatto che è accaduto.

E dai fatti che hanno riguardato  la splendida vita di Franca Rame non si può stralciare qualcosa che è ormai di pubblico dominio, e specialmente nel giorno della sua morte e dopo che  la vicenda drammatica dello stupro subito da Franca Rame aveva già fatto il giro del mondo in Rete.
A distanza di quarant’anni, il servizio pubblico come quello privato nella figura di Enrico Mentana, anche lui così poco coraggioso da evitare di pronunciare la parola “fascisti” in riferimento agli stupratori,  non possono oscurare il fatto che lo stupro di Franca sia stato una vera spedizione punitiva eseguita da una squadraccia fascista e ordita per motivi politici.

Solo in tarda serata è arrivata una specie di rettifica da parte del TG2, ma come sempre accade in casi come questi la toppa è stata peggiore del buco, perché il direttore Marcello Masi ha fatto l’offeso e lo sdegnato invitando a vergognarsi tutti quelli, me compresa che si erano già attivati su facebook per pretendere il chiarimento, colpa nostra che  avevamo capito male e non c’era nessuna finalità offensiva né tanto meno censoria nell’intervento di Carola Carulli al telegiornale.

Nella richiesta di rettifica non c’era nessuna volontà di ripristinare la gogna per la giornalista disinformata: bastava ammettere l’errore e  fare un opportuno passo indietro senza i se i ma del direttore.

E inoltre, se l’informazione facesse il suo dovere non servirebbero nemmeno certe “scuse”.

Lo stupro è un orrore che ammazza dentro.

Quello che si vive dopo è solo un surrogato di vita: un’apparenza di vita.

Grazie a Franca Rame per aver saputo, invece, vivere così bene la sua, mettendosi a disposizione per un progetto di civiltà.

E, a proposito di balle e ballisti,  qual è il senso di fare il Pigì Battista se poi c’è sempre almeno un Marco Travaglio che gli fa fare la figura di merda che si merita?

I ragazzi del coro
Marco Travaglio, 30 maggio

L’altra sera il giornalismo indipendente ha fatto un altro passo da gigante a Ballarò con l’intervista, si fa per dire, di Giovanni Floris a Pier Luigi Bersani. Parevano due compari che si ritrovano al bar dopo tanto tempo e il più cazzaro dei due racconta all’altro che lo voleva la Juve come centravanti, ma lui ha rifiutato perché merita ben di meglio. Solo che al bar, di solito, l’altro compare guarda il cazzaro con un misto di simpatia e commiserazione, e se è molto buono lo asseconda, altrimenti gli ride in faccia. Floris invece assisteva alle bugie di Bersani con compunta partecipazione, alzandogli lui stesso la palla per aiutarlo a mentire meglio. Così lo smacchiatore di giaguari ha potuto raccontare la favola del “governo del cambiamento” con i 5Stelle, abortito per il no di Grillo (tutti sanno che era un governo Bersani di minoranza, in cui i 5Stelle non avrebbero avuto alcun ministro e alcuna voce in capitolo sul programma, che Bersani si era premurato di preparare in anticipo: i famosi otto punti di sutura). La frottola della sua proposta ai grillino di votare Prodi al Quirinale (proposta mai fatta né in pubblico né in privato, mentre fu Grillo a proporgli pubblicamente di votare Rodotà e poi discutere di un governo insieme). La balla del no del Pd a Rodotà perché “non avrebbe avuto i voti” (e allora perché proporre Marini e Prodi, che non avevano neppure i voti del Pd, ed escludere in partenza Rodotà, che aveva già i voti dei 5Stelle e di Sel e avrebbe potuto essere eletto anche senza un terzo del Pd?). La bufala della sua disponibilità a farsi da parte (lo disse solo il 2 aprile, dopo aver ripetuto per un mese e mezzo “governo Bersani o elezioni”, e poi non lo fece mai). La patacca del “sempre stato contrario al finanziamento pubblico dei partiti” (celebre il refrain della campagna elettorale:”anche Clistene era favorevole, sennò fan politica solo i ricchi”). E via balleggiando. L’unica volta che Bersani ha detto qualcosa di vero, e cioè che sa chi sono i 101 “o forse 110” parlamentari del Pd che han tradito Prodi e il partito, ma non intende svelarli, Floris ha lasciato pietosamente cadere la questione. Meglio non metter troppo in imbarazzo l’ospite. Meglio servirgli altri assist spiritosi, tipo: “È più facile governare con Alfano o con Casaleggio?”. Ah ah, zuzzurellone. Il clima è da quiete dopo la tempesta: ce la siamo vista brutta, ma ora è passata, tutto è tornato al suo posto: Grillo perde, i partiti vincono (mettono in fuga 4 elettori su 10, ma è un trionfo), i giornalisti tornano a sdraiarsi dopo tanta paura, la cadrega è salva e si può anche riscrivere la storia a uso e consumo dei presunti vincitori. È lo stesso clima che si respira nei giornali, che celebrano il record dell’astensionismo con titoli virili del tipo “Una domanda di governo” (Corriere ), “Il riscatto dei partiti” (Repubblica ), “Il voto sveglia la sinistra” (l’Unità). Anche gli onanisti di twitter si scatenano. Il neomartire Pigi Battista (Grillo l’ha insultato per le balle che scrive, dunque tutti solidali, mentre chi viene insultato da Battista non merita nulla) cinguetta: “Per Ingroia l’anno della catastrofe: arrestato il suo pataccaro Ciancimino jr.”. Strana esultanza, da parte di uno che passa il tempo a travestire da Tortora qualunque potente arrestato o inquisito. Figurarsi se avessero ingabbiato uno a scelta fra i suoi editori evasori: pianti a dirotto e alti lai contro le manette facili e l’accanimento delle toghe cattive. Trattandosi invece di Ciancimino, viva la garrota. Peccato che il primo a far arrestare Cincimino per calunnia e porto di esplosivi sia stato proprio Ingroia, che poi lo fece rinviare a giudizio per minaccia a corpo dello Stato e concorso esterno. E peccato che l’arresto per evasione fiscale non c’entri nulla con la veridicità o meno di quel che Ciancimino ha detto sulla trattativa e dei 50 documenti che ha prodotto (già autenticati dalla Scientifica). 
Queste cose le sanno tutti i giornalisti, anche i meno dotati. Dunque non Battista.

Dis’affezione

 

Un abbraccio affettuoso a Dario Fo e un arrivederci chissà dove a Franca Rame.

FRANCA RAME MORTA A MILANO

L’attrice, moglie di Dario Fo, impegnata per i diritti delle donne, aveva 84 anni. Era malata da tempo.

Letta: “la gente ha capito la scelta delle larghe intese“.

Infatti: ecco perché  Marino aveva votato Rodotà e aveva votato contro la fiducia al governo Letta.

Sottotitolo: non si recupera un paese ostaggio della disinformazione, vittima di chi vuol far credere sistematicamente e puntualmente che Cristo morì di freddo e dove quelle poche voci che cercano di farsi spazio nella melma vengono considerate eversive, anti stato, nemiche della democrazia.
In un paese amico della verità non esisterebbero, ad esempio, crimini impuniti da quarant’anni e nemmeno quella che è molto più di un’ipotesi: lo stato che preferì trovare un accordo con la mafia anziché contrastarla con tutte le sue forze.
La verità, quando viene negata va anche pretesa, ma, evidentemente, non è un interesse comune, c’è ancora troppa gente a cui la verità non interessa, può farne a meno o forse la teme.

Se l’informazione, quella ufficiale, che paghiamo attraverso una tassa alla tv cosiddetta di stato e finanziando la carta stampata con tanti, troppi soldi, fosse stata così precisa e puntuale a rilevare gli errori delle varie maggioranze e opposizioni, della politica tutta, quella bella, quella tradizionale dei partiti – diciamo negli ultimi vent’anni –  così come lo è non facendo passare nulla ai 5stelle, oggi probabilmente parleremmo di un maggio che sembra novembre.

Una corretta informazione è la struttura portante di ogni democrazia. E noi non l’abbiamo mai avuta.



Chi non va a votare non è disaffezionato né alla politica né al voto ma solo e unicamente a chi rappresenta in quel momento la politica.

Sono le facce ad aver stancato, non la politica.

Il pd non paga solo l’alleanza italicida con Monti ma soprattutto il suo essersi allontanato da un’idea di sinistra vera. 
Di non aver proposto un programma di sinistra.
Paga il non aver tentato un’altra soluzione invece di adeguarsi ai desiderata di Napolitano che ha tirato dentro Monti come se quella fosse l’unica soluzione possibile.
Quindi è perfettamente inutile il giochino di cercare il colpevole adesso.
Rilanciare ogni giorno la questione del di chi è la colpa è un affare buono dal punto di vista mediatico, per farci stare qui tutti i giorni a dire le stesse cose.
E gli italiani questo lo hanno capito benissimo, altrimenti non avrebbero disertato in massa queste elezioni; il fatto che a Roma, dopo i disastri prodotti dall’ex picchiatore sia andata a votare la metà degli aventi diritto dovrebbe suscitare tutt’altro tipo di riflessioni, a differenza di quello che pensano dicono e scrivono i soliti soloni che cercano di far credere che queste elezioni siano state un tributo al governo delle larghe intese.
Mi dispiace per il fan club di Bersani che ieri sera si è commosso rivedendo l’ex segretario in tv ma Bersani è lo stesso che abbracciò Alfano, lo stesso che si commosse quando l’inciucio venne trasformato in solida realtà. 

Il problema in Italia non è solo la mancanza di rappresentazione politica di sinistra, è stato soprattutto il non aver avuto una vera opposizione.

 Con una opposizione convintamente oppositiva e non facilmente seducibile dall'”antagonista” berlusconi sarebbe stato sconfitto come piacerebbe a tanti, anche a sinistra, e cioè politicamente, semmai sia giusto che ad un delinquente vengano date ancora e ancora opportunità come quelle regalate a berlusconi dalla politica e dalle istituzioni.
Chi è vittima dei suoi errori non può prendersela con nessun altro oltre a se stesso.

Veni, vidi, inciuci
Marco Travaglio, 29 maggio

Chi ha visto i tg e i talk di lunedì e ha letto i giornali di ieri s’è fatto l’idea che gli italiani, improvvisamente impazziti tre mesi fa quando andarono in massa a votare Grillo, siano prontamente rinsaviti precipitandosi a premiare il Pd e le sue larghe intese col Pdl. A parte una quota crescente di elettori che, in preda a una non meglio precisata “disaffezione” o “distacco” dalla politica, è rimasta a casa. Corriere : “Vince l’astensione, perde Grillo, sale il Pd”. Repubblica : “La rivincita del Pd, crolla Grillo”. La Stampa: “Fuga dal voto, flop dei grillini, il Pd risale”. L’Unità: “Avanti centrosinistra”, “La spinta per ripartire”. Libero : “La tenuta del Pd allunga la vita al governo Letta”. Poi uno legge i numeri e scopre che non ha perso solo Grillo. Han perso tutti. Chi molto, chi moltissimo. Prendiamo Roma. Alle ultime comunali del 2008, quando Alemanno batté Rutelli al ballottaggio, il Pd prese 520.723 voti (34,04%) e il Pdl 559.559 (36,57%). L’altroieri il Pd s’è fermato a 267.605 (26,26%) e il Pdl a 195.749 (19.21%). Cioè: il Pd ha perso 295.160 voti (-43%) e il Pdl 457.935 (-65%). Ma, si dirà, era un altro mondo: i neonati 5Stelle si fermarono al 2%. Bene. Allora vediamo le politiche di febbraio 2013. A Roma il Pd raccolse 458.637 voti (28,66%) e il Pdl 299.568 (18,72%). Cioè: in tre mesi il Pd ha perso per strada 191.032 voti (-41%) e il Pdl 103.819 (-34%). Che senso ha dire che il Pd “sale”, o”avanza”, o “tiene”, o “risale” o addirittura ottiene la “rivincita”, quando nei comuni capoluogo perde il 38% dei voti in tre mesi? Sappiamo bene che, nelle comunali, conta arrivare primi. Ma questo varrebbe anche se la prossima volta i votanti fossero tre, e due scegliessero il Pd e uno il Pdl: sarebbe questa una vittoria, una salita, una risalita, una rivincita, una tenuta, un’avanzata, una spinta? Ma ecco l’angolo del buonumore, cioè il Giornale. Titolo: “Il voto non preoccupa il Cav: il governo rimane al sicuro”. Svolgimento: “Che avrebbe dovuto pagare un piccolo pedaggio alle larghe intese, il Cavaliere l’aveva messo in conto”. Piccolo pedaggio? Perdere due terzi dei voti a Roma in cinque anni e un terzo in tre mesi è un “piccolo pedaggio”? E l’estinzione allora che cos’è, un medio pedaggio? Sallusti News parla anche di “flop dell’antipolitica”: il 50% fra astenuti e grilli non gli basta, comincerà ad accorgersene dal 90% in su. Il meglio però lo danno gli aruspici delle larghe intese, intenti a leggere i fondi di caffè per saggiare la magnifiche sorti e progressive dell’inciucio. Enrico Letta non ha dubbi: “Ha vinto il governo delle larghe intese, nessun premio alle forze di opposizione. Dicevano che il cosiddetto inciucio doveva portare Grillo all’80%: si sbagliavano, al ballottaggio vanno solo candidati del Pd e del Pdl”. Il Genio Nipote non s’è neppure accorto che i protagonisti delle larghe intese, Pd e Pdl, han perso almeno un milione di voti su sette in tre mesi (di Monti è inutile dire: non pervenuto). E non lo sfiora neppure l’idea che Pd e Pdl vadano al ballottaggio proprio perché si presentano l’un contro l’altro armati, non affratellati in un’unica lista, secondo uno schema che è l’esatto opposto delle larghe intese. Ma sentite l’acuto Epifani: “La gente ha capito che questo governo non è un inciucio, ma un servizio al Paese”. Forse non sa che Marino è uno dei pochi pidini che han votato contro il governo Letta. O forse pensa davvero che a Isola Capo Rizzuto i pochi elettori superstiti, mentre si trascinavano ai seggi, si interrogassero pensosi sui destini delle larghe intese. Ma sì, dai, non è successo niente, anzi è tornato tutto come prima. A parte un filo di “disaffezione”, ecco. Questi, quando vedranno i primi i forconi, esulteranno fischiettando: “Visto? Stiamo rilanciando l’agricoltura”.

Ps. A Sulmona va al ballottaggio, secondo classificato
col 21,8%, l’ingegner Fulvio Di Benedetto, della coalizione civica Sulmona Unita. Il quale, purtroppo, è morto 15 giorni fa. Un altro ottimo auspicio per le larghe intese.

Concorso esterno

Preambolo: se la priorità per un governo è l’abolizione di una tassa su richiesta, per meglio dire, su ricatto, di chi quella tassa l’ha pensata e voluta e non ha invece a che fare con problemi più urgenti, su quei diritti civili di cui nessuno si occupa ufficialmente per mancanza di tempo ma sappiamo tutti quali sono i veri motivi per cui nessun governo l’ha mai fatto, non ha mai anteposto il diritto ai diritti [un cittadino non è solo una spugna da cui spremere doveri] come Costituzione comanda, quel governo non potrà mai fare nulla di buono.

“L’idea non era quella di fare un governo coi 5s, l’idea era quella di chiedere ai 5s di consentire che nascesse un governo di csx pur rimanendo cosa ristretta [cosa loro, ecco: nota di R_L]
Avevamo valutato e proposto ai 5s di non opporsi, di consentire tecnicamente la nascita di un governo.” [Marina Sereni, pd a Porta a Porta, 30 aprile]

Conflitto d’interessi, vietato parlarne

Sottotitolo: il 27 aprile Marco Travaglio intervistato al telefono da Mentana al tg di la7  disse queste parole: “la verità vera è che nessuno del pd ha mai pensato di fare un governo coi 5S.

Tutte le richieste di Bersani contenevano implicitamente il pretesto per farsele rifiutare da Grillo per poi dargli la responsabilità di non poter fare un governo.
Ci sono tante amnesie nelle ricostruzioni, ma adesso che è caduto anche il loden di Monti finalmente pd e pdl hanno potuto ufficializzare l’inciucio”.

Insomma è un po’ come organizzare un matrimonio, spedire le partecipazioni, prenotare il ricevimento, scegliere insieme le bomboniere, gli anelli e poi arrivati al fatidico giorno uno dei due futuri sposi dicesse all’altro: “guarda, non era vero niente, chi l’ha detto che volevo sposarti?”

Ebbrava la Sereni che, non si capisce se in un eccesso di sincerità, di ingenuità o sempre per la ormai famosa e totale incapace politica relativa al “maggior partito di opposizione”  ha, speriamo, tolto anche l’ultimo dubbio circa il fatto che Bersani un governo coi 5s non lo voleva, non l’avrebbe mai fatto.

Quindi  Travaglio ha sempre avuto ragione e che quella di Letta quando disse “meglio berlusconi di Grillo in parlamento”, era molto di più di un’opinione personale ma la previsione esatta di quello che sarebbe poi accaduto.

Ha ragione Scanzi, sono meravigliosi, quelli del piddì.

Dunque  il piddì voleva il concorso esterno dei 5s.
La loro collaborazione ad una maggioranza ma non la relativa considerazione, con l’intento magari di poter addossare la colpa ai 5s qualora non avessero votato quelle cose che non erano nel programma dei 5s ma in quello del pd sì e accusarli di  mettere a rischio la tenuta del governo.

Tipo il concorso esterno del pd a favore del pdl, cosa che peraltro c’è sempre stata anche senza ufficializzazione, altrimenti non saremmo mai arrivati fin qui.
Bastava uno straccio di legge sul conflitto di interessi per sbarazzarsi di berlusconi, non ci voleva una particolare genialità politica.

Un po’ come accaduto in precedenza a Rifondazione comunista quando si rifiutava di votare in parlamento il finanziamento agli armamenti e alle guerre e generalmente a tutto quello che un governo di centrosinistra non dovrebbe fare.

Il governo Prodi è caduto per colpa di Mastella ma a tutt’oggi c’è chi crede ancora che la responsabilità sia stata di Rossi e Turigliatto che, siccome sono comunisti, agivano secondo il loro sentire e non in virtù degli opportunismi politici e degli accordi contrari non solo ad un’ideologia di sinistra ma proprio alla Costituzione, ad esempio rifiutando di votare l’appoggio economico e umano alle guerre.

Dipartito democratico – Marco Travaglio, 1 maggio

Dicono che i pesci rossi abbiano la memoria corta, tre mesi non di più. Ma la stampa italiana li supera, diffondendo balle à gogò che non tengono minimo conto della storia degli ultimi tre mesi: elezioni, consultazioni, presidenziali. 1. ”Il governo Letta non ha alternative: i 5Stelle hanno detto no a Bersani e il Pdl ha detto sì a Letta”. Ma i 5Stelle han detto no a Bersani che chiedeva la fiducia a un suo governo di minoranza, fondato su 8 genericissimi punti, che per sopravvivere avrebbe raccattato i voti qua e là in Parlamento. Nessuno ha proposto un governo Pd-M5S presieduto da un uomo super partes. Errore di Bersani, che non andava al di là del proprio nome, convinto di aver vinto le elezioni. Ed errore dei 5Stelle che, quando salirono al Colle la seconda volta coi nomi di Settis, Zagrebelsky e Rodotà in tasca, non li fecero perché Napolitano disse no a un premier extra-partiti. Così rinunciarono a vedere il bluff del Pd: anche se Bersani fosse stato sincero, un suo governo con M5S non avrebbe mai ottenuto la fiducia da tutto il Pd (che s’è spaccato persino su Marini e Prodi, figurarsi su un’alleanza coi grilli). 

2. “M5S, se voleva governare col Pd, doveva votare Prodi”. Ma M5S aveva candidato Rodotà, uomo storico della sinistra, uscito al terzo posto delle loro Quirinarie, mentre Prodi era a fondo classifica. Chi ridacchia dei pochi voti raccolti da Rodotà (4677) dovrebbe ridacchiare di più di quelli avuti da Prodi (1394). Ma soprattutto: mentre i 5Stelle facevano scegliere a 48 mila iscritti il loro candidato, Bersani faceva scegliere il suo a uno solo: Berlusconi. Che indicava Marini, poi impallinato dal Pd. Che allora mandava allo sbaraglio Prodi. Ma, mentre Grillo chiedeva ufficialmente al Pd di votare Rodotà per governare insieme, Bersani non ha mai chiesto a M5S di votare Prodi per governare insieme (con Rodotà premier). Si è tentato invece lo “scouting” sottobanco per strappare i 15 voti che mancavano a Prodi al quinto scrutinio. Ma Prodi non ci è neppure arrivato, perché al quarto gli son mancati 101 voti Pd. Come poteva il Pd pretendere che M5S votasse spontaneamente, senza richieste ufficiali, un candidato osteggiato dal suo partito, rischiando di spaccarsi e di non riuscire neppure a eleggerlo a causa dei franchi tiratori Pd?

3. “Grillo voleva fin dall’inizio l’inciucio Pd-Pdl”. Ma, se così fosse, avrebbe lasciato andare le cose com’erano sempre andate, anziché fondare un movimento contro “Pdl e Pdmenoelle”. E soprattutto avrebbe scelto un candidato di bandiera per il Colle (se stesso o Fo o un parlamentare qualunque), per blindarsi in un dorato isolamento: non avrebbe certo interpellato la base online, notoriamente influenzata da grandi personalità della sinistra come quelle poi uscite dalle Quirinarie. In realtà Grillo aveva semplicemente previsto l’inciucio, previsione che non richiede particolare acume a chi segue la politica da un po’.

4. “Quello di Letta è un governissimo di larghe intese”. A contare gli elettori che rappresenta, è un governino di minoranza: su un corpo elettorale di 47 milioni (di cui 35 hanno votato), i partiti che l’appoggiano raccolgono appena 20 milioni di voti, avendone persi per strada 10 rispetto a cinque anni fa. Gli stessi partiti che sostenevano il governo Monti e che, dopo le urne, riconobbero che quel governo era stato bocciato. E ora riesumano lo stesso ménage à trois, con ministri più giovani ma meno autorevoli e competenti dei tecnici. Come se gli italiani non avessero votato.

5. ”Il governo Letta pone fine a vent’anni di guerra civile fredda”. Sarà, ma a giudicare dagli inciuci ventennali, dai teneri abbracci Bersani-Letta-Alfano e dagli occhi dolci che si fanno gli ex combattenti, non si direbbe. Spaccato su nonno Marini e papà Prodi, il Pd ritrova una rocciosa compattezza su padron Silvio, da sempre al centro dei sogni erotici dei suoi dirigenti. Più che di una guerra, è la fine di una lunga relazione clandestina con l’outing liberatorio dei due amanti: “Sì, è vero, andiamo a letto da vent’anni: embè?”.

Qualcosa tipo… una liberazione

Le elezioni hanno evidenziato il desiderio di cambiamento degli italiani. A tale istanza, la politica (Pd in primis) ha risposto con Enrico Letta premier. Un po’ come andare al concerto di Woodstock, farsi una canna, rotolarsi nel fango. Aspettare Jimi Hendrix. E poi trovarsi sul palco Orietta Berti e Drupi. [Andrea Scanzi]

 

Preambolo: l’unico ricompattamento che interessava al piddì è quello fra il loro culo e la poltrona, altroché votare Napolitano per senso di responsabilità perché sarebbe l’unico in grado di garantire l’unità nazionale, se mentre lo facevano i tre quarti d’Italia si stavano sgolando perché non volevano lui ma volevano un presidente che fosse DAVVERO un GARANTE di TUTTI e non dei partiti e della politica.
Se c’è qualcosa che ha finito di spaccare questo paese è stata proprio la rielezione straordinaria di Giorgio Napolitano.
Per non parlare di quanto potrà ancora distruggere, altroché unire, ricompattare e garantire, il governo che questi geniali strateghi della politica stanno preparando.

Adesso qualcuno dovrebbe anche raccontarci la storiella che “meglio di così non si poteva fare”, ma, come diceva qualcuno: “il coraggio, chi non ce l’ha non se lo può dare”.

Molto comica la Di Girolamo ieri sera a Ballarò che cercava di paragonare le grosse coalizioni che si fanno nei paesi normali – dove non si mandano delinquenti nei parlamenti – in situazioni particolari, di crisi politica o di emergenza con gli squallidi accordi di bottega che si fanno invece qui anche a prescindere dalle crisi ed emergenze. 

Quando gli storici del futuro, fra cento anni, duecento anni analizzeranno il fenomeno della politica italiana noi non ci saremo più.

E sarà un vero peccato, vorrei reincarnarmi in una mosca per assistere allo spettacolo, quando sui libri di Storia del futuro i ragazzi dovranno studiare che nel 2013 il parlamento della repubblica italiana ha deciso che Carfagna, Gasparri, Alfano, Letta jr, Franceschini, Gelmini sono stati giudicati autorevoli difensori dell’unità nazionale e del bene del paese mentre Stefano Rodotà no.

“Perché no a Rodotà e sì a Berlusconi?”
Ma Bersani non risponde a Serracchiani

Sottotitolo: in Francia, concedendo il matrimonio e l’adozione agli omosessuali onorano l’égalité, del resto l’hanno inventata loro insieme alla liberté e alla fraternité che non sono modi di dire lì ma proprio modi di fare.
Noi qui, invece, siamo fermi alla complicité.
Del resto, anche questa l’abbiamo inventata noi.

Finalmente, grazie al nuovo governatore Zingaretti, la regione Lazio ha bloccato i finanziamenti per la costruzione del monumento al criminale di guerra Rodolfo Graziani. Qualcuno dovrebbe spiegare al sindaco di Affile che per essere Antifascisti non bisogna essere stalinisti, e che se questo fosse un paese normale ogni singolo cittadino che conosca almeno un po’ la storia italiana dovrebbe avere in sé i valori dell’Antifascismo, altroché ammalarsi di  nostalgie fasciste.

Idioti, imbecilli, storicamente ignoranti e perdenti.

Qualcosa tipo una liberazione – Massimo Gramellini, La Stampa

«La prof dice che giovedì non c’è lezione». «Vero, c’è qualcosa tipo… una liberazione». Ma anche i pochi che sanno ancora di che cosa si tratta preferiscono non diffondere troppo la voce «per non offendere i reduci di Salò», come si è premurato di precisare il commissario di Alassio. Una sensibilità meritoria, se non fosse che a furia di attutire il senso del 25 aprile si è finito per ribaltarlo, riducendo la Resistenza alla componente filosovietica e trasformando le ferocie partigiane che pure ci sono state nella prova che fra chi combatteva a fianco degli Alleati e chi stava con i nazisti non esisteva alcuna differenza. La differenza invece c’era, ed era appunto politica. Se avessero vinto i reduci di Salò saremmo diventati una colonia di Hitler. Avendo vinto i partigiani, siamo una democrazia. Nonostante tutto, a 68 anni di distanza, il secondo scenario mi sembra ancora preferibile. Grazie, partigiani.

In questi giorni e ogni anno due cose tornano puntuali e con precisione scientifica: le formiche a casa mia – ché la primavera è bella ma ha anche i suoi svantaggi, specialmente se si abita in campagna, e le consuete cazzate sul 25 aprile, il che non dovrebbe essere un fatto da imputare alla stagione, se questo fosse un paese normale.
Perché bisognerebbe indagare sui metodi di insegnamento e nel particolare sugli insegnanti, se un ragazzino può dire che “giovedì [25 aprile] si sta a casa perché c’è una cosa tipo una liberazione”.
Ma del resto questi sono i risultati di un’azione capillare di dimenticanza che dura da anni e anni, i risultati di quell’eccesso di “comprensione storica” di togliattana memoria che portò violante, uno che di cazzate se ne intende ma chissà perché Napolitano l’ha considerato addirittura saggio, a dire qualche anno fa che tutto sommato fra i repubblichini di Salò e i Partigiani non c’era una differenza così sostanziale, e il pdl fece addirittura una proposta di legge, subito imitato anche dal pd per assegnare ai reduci di Salò una pensione statale.
Come se aver combattuto contro l’oppressore nazifascista ed essersi messi al suo fianco – perché, come ancora pensa e dice qualcuno, i tempi non permettevano di scegliere – fosse la stessa e identica cosa.

Libro & Giorgetto
Marco Travaglio, 24 aprile

Il Foglio e Libero — il primo in modo spiritoso, il secondo con le mèches smentiscono quel che abbiamo scritto negli ultimi giorni e di cui facciamo ammenda: cioè che tutti i media siano genuflessi ai piedi di Sua Castità e del suo governissimo. 
Essi anzi manifestano una sbarazzina tendenza alla critica che rasenta il vilipendio. 
Per esempio il Corriere, che assume la guida dell’opposizione con il commento al vetriolo di Antonio Polito: “Discorso breve, severo ma intriso di commozione: una lezione di virtù repubblicana”. E di Paolo Valentino: “Ci sono discorsi che cambiano la storia di un Paese. Come quello di Abraham Lincoln nel 1863 a Gettysburg… O come Lyndon Johnson, che nel 1964 pronuncia il celebre we shall over come e chiude la segregazione razziale… Il discorso di Giorgio Napolitano ha la forza retorica, l’altezza d’ispirazione e la dirompenza politica che lo rendono già un’opera prima… ha aperto una nuova pagina, restituendo dignità alla parola e regalandoci un testo di etica pubblica senza precedenti nella storia repubblicana. In un altro Paese, lo farebbero studiare nelle scuole”. Le case editrici sono già all’opera per rimaneggiare all’uopo i sussidiari e le antologie scolastiche, espungerne i sorpassati Alighieri, Machiavelli, Foscolo, Manzoni e Pirandello e far posto a Giorgio Lincoln-Johnson. Ma anche un po’ De Gaulle, come lo definisce sul Foglio il sempre controcorrente compagno Ferrara (“logica stringente, grinta politica, orgoglio civile e sculacciate a Gribbels… un capolavoro che ha per titolo onorario quel ‘Tutti per l’Italia’ proposto dal Foglio prima della campagna elettorale”). I provveditori agli studi vedano se non sia il caso di ripristinare, all’inizio delle lezioni subito prima della preghiera mattutina, il Saluto al Re dei balilla e delle piccole italiane. Addirittura urticante, com’è nello stile di Repubblica, l’attacco di Andrea Manzella che vede “nella generosa disponibilità di Napolitano la consapevolezza di dover conservare ‘immune da ogni incrinatura’ il ruolo istituzionale del presidente della Repubblica”. Perché sembra un re, ma è solo un presidente che “assembla le attribuzioni presidenziali che erano un po’ sparse nella Carta”: ecco, assembla. E “si può dire che al triangolo tradizionale — governativo, legislativo, giudiziario — si è ora aggiunto, senza togliere nulla agli altri, un quarto lato. Un triangolo quadrilatero”. Gli editori scolastici prendano buona nota e approntino opportune integrazioni ai testi non solo di diritto costituzionale, ma anche di geometria: ai triangoli equilatero, isoscele, degenere, rettangolo, ottusangolo e scaleno si aggiunga senza indugio il triangolo quadrilatero, con buona pace di Pitagora che non capiva un cazzo (il suo, del resto, era il solito “teorema”). Addirittura temerario sulla Stampa , nel suo empito dissacratorio, è Luigi La Spina, che fa onore al suo cognome conficcando nel sacro còre napulitano un giudizio al vetriolo: “È una delle poche occasioni in cui l’aggettivo ‘storico’ si può e si deve usare, perché non serve a un tributo encomiastico e adulatorio”, ci mancherebbe, perbacco. Per non esser da meno, la corrosiva Unità ospita l’on. giorn. Massimo Mucchetti, che da grande economista, forse un tantino influenzato dalle tempeste ormonali di primavera, non ha dubbi: “Di fronte alla cittadina Lombardi, Mara Carfagna per tutta la vita”. E vivaddio, quando ci vuole ci vuole. Per dirla col sempre birichino Claudio Sardo, è “La riscossa della istituzioni” e “speriamo che il discorso ‘storico’ del presidente segni l’avvio di una nuova stagione della Repubblica… Ora si fanno le riforme… Ora si fa il governo che le imprese, i lavoratori, le famiglie reclamano.Ora non si sfugge a una convergenza politica. Ora si difendono le istituzioni dal vilipendio”. E magari i treni arrivano in orario e ci riprendiamo pure l’Abissinia. Libro & Giorgetto, inciucista perfetto.

La direzione del PD sembrava una riunione dell’anonima alcolisti dopo una gita all’oktoberfest: salve, sono Pierluigi, perdo da una vita, ho provato a smettere…[Maurizio Crozza]

Ragion di stato

Dice b., mentendo more solito, che con Prodi al Quirinale se ne andrebbero lui e tutti quelli come lui, essai che perdita.
Con D’Alema invece, dovremmo andarcene noi, e tutti quelli come noi.

E’ inconcepibile quello che sta succedendo, ci vorrebbero gli osservatori dell’OCSE a vigilare.

Questo paese va commissariato

Quando il ciarlatano impostore abusivo dice che una cosa non gli va bene, l’ha già preferita. E comprata.
Ad esempio quando disse che non avrebbe mai preso Nesta al Milan perché era “immorale” spendere così tanti soldi per un calciatore o quando, di recente ha arruolato Balotelli dopo aver detto di lui che è una mela marcia che nuoce al gruppo.
Quindi, se dice che Prodi non gli piace, al contrario gli va benissimo anche lui. 
Come diceva Montanelli, che lo conosceva bene: “berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre, anche a se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne”.

Mi affascina molto il tenore dell’analisi politica del Pd su Rodotà.

Ovvero: “Rodotà è bravo, è nostro, sarebbe bello. Però lo ha proposto Grillo. Quindi niente”. Neanche all’asilo una roba così.

[Andrea Scanzi]

Preambolo: “per questo, se il segretario nelle prossime ore muoverà altri passi verso l’assassinio del suo partito, o ammette di essere uno stupido, o annuncia finalmente agli elettori che c’è qualcosa che non sanno. Che tra i vertici del Pd [nelle loro varie forme] e quelli del Pdl [nella loro unica forma] c’è almeno un patto, un ricatto, un accordo magari ventennale.

Un qualcosa che possa rendere, non diciamo accettabile, ma almeno ragionevole questa follia.” [Peter Gomez]

Sottotitolo: il centrosinistra in questo paese sarà destinato a restare nello stanzino delle scope e degli stracci – da eterno perdente – perché è arrogante, si ammanta di una superiorità che le è appartenuta ma in altri tempi: quando si chiamava sinistra senza il centro.
E in più, oggi, si è aggiunta anche questa incredibile e a noi inspiegabile ma evidentemente non a loro – fascinazione per un personaggio che gente normale si vergognerebbe ad avere per vicino di casa, non ci prenderebbe un aperitivo, ma del quale, invece, la maggior parte di questi strateghi della politica, a cui non affiderei nemmeno il mio cane da portare ai giardinetti se ne avessi uno, non possono  fare a meno.

Il fatto che la figura di Rodotà venga definita “divisiva” la dice lunga su quali siano le aspettative della politica rispetto al presidente della repubblica.
Alla politica non interessa la competenza, la conoscenza, la serietà.
E ancor meno interessa che il capo dello stato faccia da garante allo stato; la politica vuole una garanzia per sé, quindi un presidente disposto a chiudere un occhio e a non farla tanto lunga in presenza di irregolarità anticostituzionali.
Ecco Perché Stefano Rodotà non va bene alla politica ma a Grillo, il populista, lo sfascista qualunquista sì.

Grillo che “non vuole salvare il culo di b”  lo dice: Bersani quando lo dice? e D’Alema, Veltroni, Violante e compagnia pessima e perdente quando lo hanno detto? alla fine quel che resta sono come sempre i fatti, e mi pare che più chiaro di così, non si può.

Grillo li ha  smascherati definitivamente. Ha fatto in modo che si potesse eliminare anche l’ultimo dubbio su questa relazione perversa che dura ininterrottamente da diciotto anni. E, quante altre volte dovremo ripeterci che se la politica avesse fatto il suo Grillo avrebbe fatto altrettanto? dunque di chi è la responsabilità maggiore?

Per fortuna almeno nessuno stavolta  avrà il coraggio di trovare il colpevole terzo, quello a cui addossare la responsabilità di un fallimento annunciato.

Quelli che in tutti questi anni hanno avuto il coraggio di pensare dire e  scrivere che la colpa di tutto è di  Guzzanti [chi? il fratello, la sorella, il padre? ah, saperlo…], Crozza, Grillo, Vauro, e, che lo dico a fare? di Travaglio e Santoro.

Colpevoli niente meno che di essere i principali sostenitori di berlusconi.
Per non parlare di quei due mascalzoni di Rizzo e Stella che hanno osato scoperchiare il pentolone delle indecenze: qualcuno avrebbe applicato volentieri alle ruberie e agli sprechi di stato la teoria dell’occhio non vede cuore non duole, aspettare la bancarotta in serenità mentre i ladri si godevano la loro refurtiva.
Mentre, e invece, i migliori alleati di berlusconi sono stati e sono quelli che  hanno proposto marini al quirinale.
Gli altri, giornalisti, scrittori, comici, quelli che molti nominano e considerano con disprezzo sono vent’anni che mettono in guardia gli italiani, che invitano la politica seria, responsabile, a prendere le distanze dal delinquente impostore. 
Mentre la base, quella democratica s’intende, mangiava e beveva tutto senza fare un fiato, guai a chi tocca d’alema, violante, il segretario, perfino quel deficiente del nipote dello zio. 
Ecco perché spero che da oggi in poi facciano tutti tesoro di questa squallida esperienza le cui conseguenze pagheremo TUTTI, e che la smettano una volta e per sempre di andare a cercare i colpevoli fuori, che imparassero a guardarsi in casa e se proprio se la devono e vogliono prendere con qualcuno potrebbero iniziare cacciando a calci in culo i 221 traditori che hanno votato a favore di Marini.

Quindi, per la regola che mi sono imposta rispetto alla politica, almeno fintantoché la politica in Italia non tornerà, o per meglio dire inizierà ad essere qualcosa di serio, e cioè quella di pensare un po’ quel cazzo che voglio visto che la politica fa quel cazzo che vuole lei, voglio esprimere, dopo aver letto e ascoltato l’ennesima orazione civile di Marco Travaglio, tutto il mio disprezzo per tutti quelli che in questi anni hanno sempre e sistematicamente remato contro quei quattro gatti che 
avvertivano, informavano, dicevano agli italiani: “state attenti che qua finisce male”.
Per tutti quelli che “non si demonizza l’avversario”, quelli che “parlare male di b., fa il gioco di b”., come se raccontare la verità dei fatti fosse solo chiacchiericcio, pettegolezzo, anziché cronaca e informazione.
Per tutti quelli che hanno individuato il nemico della democrazia, l’alleato di berlusconi nel giornalista, il comico, lo scrittore mentre, e invece, i nemici della democrazia, della Costituzione e i migliori alleati di berlusconi erano e sono seduti comodamente in parlamento, al Quirinale e, alla luce di quello che sta succedendo in queste ore, non hanno la benché minima intenzione di cambiare registro.

Quello che si sta preparando in queste ore mascherato da elezione del presidente della repubblica è, dopo la bicamerale del genietto alle cime di rapa e la nomina del governo cosiddetto tecnico di Napolitano,  il più grande, grave e inaccettabile furto della democrazia e dei diritti degli italiani mai avvenuto da che esiste questa repubblica.

Che le manovre di palazzo prevedano accordi non sempre trasparenti in virtù di quella fantomatica “ragion di stato” è un fatto, che certi compromessi siano sempre stati fatti è cosa purtroppo nota a tutti, ma la sfacciataggine con cui la politica sta operando in queste ore rifiutando una persona limpida come Stefano Rodotà continuando a proporre personaggi dal passato oscuro, gente che ha sempre lavorato a braccetto – in pubblico ma soprattutto in privato – per fare il gioco di silvio berlusconi e consentirgli di potersi sottrarre dalle sue responsabilità giudiziarie e politiche, o, come ha appena fatto Bersani riproponendo Prodi, un politico di lungo corso ma che non è il segnale di quel rinnovamento di cui questo paese ha un disperato bisogno somiglia molto ad un colpo di stato.  

E se anche il MoVimento penserà che tutto sommato Prodi andrebbe bene, che sia davvero lui il famoso presidente di tutti, quello delle larghe intese, della condivisione a tutti i costi vuol dire che davvero non ci potremo più fidare di nessuno.
Perché Prodi è proprio l’antitesi di tutte le teorie dei 5s: europeista, amico delle banche, un rappresentante perfetto della vecchia politica.

Perché
Marco Travaglio – 19 aprile

Quello che accade lo vedono tutti. Ma a molti sfugge il perché. Il gruppetto dirigente del centrosinistra, sempre lo stesso che da vent’anni non ne azzecca una e salva sempre B. che garantisce la reciproca sopravvivenza, cerca ancora una volta di salvare se stesso (e dunque B.) mandando al Quirinale un uomo controllabile e ricattabile, anche in vista di un governo di largo inciucio. Ma la parola inciucio è riduttiva, perché non siamo di fronte a un accordo momentaneo, provvisorio. Ma a un patto permanente e strategico che regge dal 1994, a una Bicamerale sempre aperta, anche se mascherata qua e là con finti scontri per abbindolare gli elettori e trascinarli alle urne agitando gli speculari spauracchi dei “comunisti” e del “Cavaliere nero”. Se la memoria degl’italiani non fosse quella dei pesci rossi, che dura al massimo tre mesi, i contestatori in piazza o nel web contro Marini e chi l’ha scelto ricorderebbero che sono vent’anni che manifestiamo per la stessa cosa. Dal popolo dei fax ai girotondi, dal Palavobis al popolo viola, da 5Stelle alle altre emersioni del fenomeno carsico che Ginsborg chiama “ceto medio riflessivo”, l’obiettivo è sempre il compromesso al ribasso destra-sinistra contro la Costituzione, la legalità, la magistratura indipendentee la libera informazione. È ora di cambiare slogan e prendere atto della realtà: urlare “Perché lo fate?” o “Non fatelo!” è troppo ingenuo per bastare.
Perché l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E non perché si sbaglino ogni volta. Non si può sbagliare sempre, ininterrottamente, per vent’anni. Se uno, rincasando ogni sera, trova la moglie a letto con un altro, sempre lo stesso, deve rassegnarsi al suo status di cornuto e al fatto che la signora e il signore si piacciono. Perciò le domande da porre al Pd sono altre. Perché nel ’94 avete “garantito a B. e Letta che non gli sarebbero state toccate le televisioni” (Violante dixit)? Perché per cinque legislature avete sempre votato per l’eleggibilità di B., ineleggibile in base alla legge 361/1957? Perché nel ’96 D’Alema andò a Mediaset a definirla “una grande risorsa del Paese”? Perché nel ’96 avete resuscitato lo sconfitto B. promuovendolo a padre costituente per riformare la Costituzione e la giustizia? Perché nel 1996-2001 e nel 2006-2008 non avete fatto la legge sul conflitto d’interessi? Perché avete demonizzato i Girotondi, accusandoli di fare il gioco di B.? Perché non avete spento Rete4, priva di concessione, passando le frequenze a Europa7 che la concessione l’aveva vinta? Perché nel 1996-2001 avete depenalizzato l’abuso d’ufficio, abolito l’ergastolo, depotenziato i pentiti, chiuso le supercarceri del 41-bis a Pianosa e Asinara? Perché, negli otto anni in cui avete governato da soli, non avete mai cancellato una sola legge vergogna di B.? Perché le vostre assenze hanno garantito l’approvazione di molte leggi vergogna, dallo scudo fiscale in giù, che non sarebbero passate a causa delle assenze nel centrodestra? Perché nel 1999 una parte di voi salvò Dell’Utri dall’arresto? Perché nel 2006 i dalemiani chiesero a Confalonieri, Dell’Utri e Letta i voti per D’Alema al Quirinale? Perché nel 2006 faceste un indulto esteso ai reati di corruzione, finanziari, fiscali e al voto di scambio politico-mafioso? Perché nel 1998 e nel 2008 avete affossato i due governi Prodi? Perché nel 2011, anziché mandarci a votare, avete scelto di governare con B., salvandolo da sicura sconfitta, all’ombra di Monti? Perché preferite accordarvi al buio con B. per Marini, D’Alema, Amato sul Colle, anziché scegliere Rodotà e dialogare con i 5Stelle per il nuovo governo, come vi chiedono i vostri elettori?
Tante domande, una sola risposta: o siete coglioni, o siete complici. Tertium non datur.

Dai, raccontateci ancora la storiella del voto utile…

…com’era, che me la so’ scordata?

E raccontateci un po’ pure quella che il piddì è democratico e i 5S no.
Ho dimenticato pure quella, in mezzo a tutto ‘sto casino.
Perché loro fanno le primarie, si scelgono il LIDER, sono sempre alla ricerca del LIDER.
Ne trovassero uno, almeno, sarebbe già mezza penitenza.

Meno male che posso sempre contare sul mio provvidenziale disincanto. Lo applico alla vita e figuriamoci alla politica.

Servi, tutti servi dello stesso padrone, chi vuole salvarsi deve scappare da quello schifo di partito.

Sono almeno quindici anni che penso dico e scrivo che la sinistra prima e il centrosinistra adesso sono stati e sono il miglior alleato di berlusconi.

Di questo i referenti politici di centrosinistra  risponderanno purtroppo solo  davanti alla Storia, perché non esiste un tribunale adatto a giudicare un simile scempio di civiltà e democrazia studiato, progettato e realizzato fin nei minimi particolari  per motivi che nessuno deve sapere.

In nessun paese al mondo potrebbe succedere una cosa del genere.

La mia solidarietà a chi ha votato Il Pd+Marini perché “l’imperativo è sconfiggere Berlusconi”. Cercatevi un analista. Bravo. Parecchio.

Ricordatevi (per sempre) queste facce. Questi nomi. La faccia dei Boccia, usciti dalla riunione-guerriglia di stasera (quella in cui è morto il Pd e forse anche il paese) con l’espressione arrogante e tronfia dei fedeli-alla-linea che hanno appena avallato una scelta abominevole. La faccia delle Chiarageloni, quella del “Lo smacchiamo, lo smacchiamo!” (le vostre sinapsi, maybe), che twittava frasi meravigliose («Marini uno di noi», «sarà un grande successo politico»). La faccia dei Fassina, secondo cui «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese» (aiutatelo: ne ha tanto bisogno). E le facce dei tanti, troppi piddini che “è tutta colpa di Grillo e di chi l’ha votato”. Ricordatevele. Sono le facce del peggiore centrosinistra del mondo. Le facce di burocrati senza talento, di polli di allevamento supponenti e imperdonabili. Le facce di mediani correi che hanno contribuito ad ammazzare un paese. Provo simpatia umana, e solidarietà profonda, per chi ha votato Pd in buona fede (ho detto “Pd” e non “Sel”: i secondi li capivo e capisco, ora più di prima). Ma mi sarei anche un po’ rotto i coglioni di tutti questi “buonafede” che da 20 anni si ostinano a credere che Babbo Natale esiste (ed è pure di sinistra). E’ ora di svegliarvi, compagne (de che?) e compagni (di cosa?). Di abbassare la cresta. E di capire che, come in Ecce Bombo, avete aspettato l’alba invano.

[Andrea Scanzi]

Bersani candida Marini. E il Pd esplode

L’assemblea del PD ha votato sulla proposta, avanzata dal segretario Bersani, di votare Franco Marini come presidente della Repubblica: 221 favorevoli, 90 contrari, 30 astenuti. 
I 221 a favore li considero traditori dello stato tanto quanto i 314 che “Ruby è la nipote di Mubarak”. In altri tempi li avrebbero processati.

Ci vorrebbe un’altra Norimberga per questi.

Dunque il candidato forte sarebbe Marini?
Non basta nemmeno la metafora della montagna che ha partorito il topolino, per una simile schifezza.
Dico ma…chi vi credete di essere? I compromessi nella politica ci stanno, ci sono pure fra marito e moglie, figuriamoci, ma non così, il compromesso va bene quando serve al raggiungimento di un obiettivo comune, positivo, quando interrompe tensioni che danneggiano una relazione, un rapporto.

Qui no, questo non è un compromesso ma il tentativo disperato di fare ANCORA dei favori a berlusconi, tutelarlo più di quanto non sia stato fatto fino ad ora.
E allora no, non può essere: non si può fare.
Non più.

La parte buona del pd  si dovrebbe organizzare per fare un partito non dico di sinistra ma di un centrosinistra che non sia l’ennesima vergogna nazionale di una politica che ha dimostrato di non aver capito nulla e pure meno, di non saper rinunciare alla tattica del magheggio, dell’accordo occulto col “nemico”.

Amedeo Nazzari è morto – Marco Travaglio, 18 aprile

In una delle sue gag più memorabili, Corrado Guzzanti impersona Veltroni che passa in rassegna con Livia Turco i candidati da mandare a perdere le elezioni del2001. “Raul Bova ha rifiutato: teme di perdere pubblico. Paola e Chiara hanno la tournée. I Fichi d’India – lo dico per tutti i compagni della mozione “Fichi d’india” – hanno il film: avevamo anche pensato di rinviare le elezioni, ma dopo fanno Fazio… E pazienza, è andata così… Batistuta? Non ha il passaporto italiano, non facciamo a tempo… DiCaprio – lo dico perché so che esiste una corrente DiCaprio contro di me – ha rifiutato: dice che dopo Titanic non vuole fossilizzarsi nella parte di quello che affonda. Amedeo Nazzari – lo dico a tutti i compagni della mozione “A. Nazzari” – è morto! E porca miseria, era perfetto, ma è morto: ho pensato di candidarlo anche da morto, ma non è possibile, bisognava fare una riforma… C’era pure Heidi, ma il nonno vota a destra. Topo Gigio? Ci ha i diritti Mediaset, non ce lo danno. L’unico era Napo Orso Capo…”. Lo sketch s’interrompeva qui, perché Corrado scoppiava a ridere. Ieri la scena s’è ripetuta nella sede del Pd, dove Bersani e gli altri strateghi del nulla sfornavano un nome per il Quirinale ogni mezz’ora. Ma a nessuno, purtroppo, è scappato da ridere. Sfumata la Finocchiaro, portata via su un carrello Ikea, sembrava fatta per Amato (ex Psi). Poi è ricicciato D’Alema (ex Pci). Poi è sbucato Marini (ex Dc, clan Andreotti). Poi s’è parlato di Ignazio Visco (Bankitalia). Poi è saltata fuori Fernanda Contri (ex Psi). Poi hanno riesumato Mattarella (ex Dc, corrente De Mita). Senza dimenticare il similnapolitano Sabino Cassese (ex Lottomatica, Autostrade, Generali, Cassa di Risparmio calabro-lucana, Banco di Sicilia, Consulta, Quirinale). Più che una rosa, un crisantemo. Più che una dirigenza, un ossario. Parlare di “corsa al Quirinale” pare eccessivo: se questi riescono a camminare è già un miracolo, essendo seduti sulle poltrone da un’eternità, con l’unico sforzo di muoversi ogni tanto per balzare da una cadrega all’altra senza mai toccare terra. Infatti non si esclude il Napolitano- bis, previ trattamenti di imbalsamazione, ibernazione e impagliatura, per un paio d’anni. Il problema non è l’età anagrafica, ma quella castale. Mai come ora i cittadini chiedono un Presidente estraneo alla banda larga che soffoca il Paese da tempo immemorabile. Perciò Milena Gabanelli, a prescindere dalla sua nobile rinuncia (“la frase “faccio la giornalista” è bellissima), non poteva passare. E nemmeno Gino Strada. E neppure Stefano Rodotà. Perché non sono controllabili né ricattabili. A un uomo libero come Rodotà non basta neppure aver fatto quattro volte il deputato nella sinistra e il presidente Pds per piacere al Pd. O meglio, alle care salme che ne sequestrano i vertici, senz’alcun rapporto con gli elettori (che invece Rodotà lo voterebbero al volo, e cantando per la gioia). Basti pensare che non vogliono neppure Prodi, che ha il grave torto di aver battuto due volte B., mentre gli altri hanno perso tutte le elezioni, infatti sono ancora lì. Ora Bersani si accinge all’ultimo capolavoro: se davvero oggi i suoi voteranno Marini o un’altra mummia insieme a Pdl e Monti, priverà l’Italia del miglior Presidente dai tempi di Pertini. Taglierà i ponti con i 5Stelle in vista del nuovo governo. Confesserà che il dialogo con loro era una truffa per giustificare l’inciucio deciso fin dall’inizio. Sfascerà il partito e il centrosinistra, visto che Renzi e Vendola non vogliono neppure vedere Marini e simili. E si consegnerà un’altra volta nelle grinfie del Caimano che, dopo essersi scelto il capo dello Stato, detterà legge di qui alle elezioni e naturalmente le vincerà a mani basse. A meno che stanotte gli elettori sommergano il Pd di mail, sms, fax, tweet e segnali di fumo anti-inciucio. A meno che oggi, a Montecitorio, vinca il Franco giusto: non Marini, ma Tiratore.

Oltre il giardino – Il contropelo di Radio Capital – Massimo Rocca

Allora adesso lo sappiamo. Politicamente parlando Bersani, come direbbe Flaiano, è un cretino con lampi di imbecillità. Ripescare dalla casa di riposo dove lo hanno inviato gli elettori il trombato delle elezioni presidenziali del 1999, per realizzare un accordo mortale con Berlusconi, dando ragione contemporaneamente a Grillo, perchè davvero da oggi è giusto chiamarlo pdmenoelle, e a Renzi. Perchè sembra proprio il candidato di Origene, Marini. Uno dei due che il sindaco di Firenze aveva esplicitamente bocciato. Ah si mo ti faccio vedere chi ha le palle in questo partito qui. e Zac eccole servite sul piatto, belle trifolate per esser cucinate dal cuoco Michele. E mentre Bersani contempla soddisfatto il piatto in cottura, la sua coalizione si sfascia, il suo partito si sbriciola, i suoi elettori si disperano. E trionfa la terza legge di Carlo Cipolla “Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno”.

E’ morto di stupidità – Alessandro Gilioli – Piovono rane

Il Pd, almeno questo Pd, è morto stanotte in un teatro a due passi da Montecitorio da cui Bersani non è apparentemente mai uscito – e se lo ha fatto, è stato da una porta posteriore.

E’ morto di stupidità, soprattutto, più ancora che di linea politica: e infatti Renzi, che forse è moderato ma non sciocco, non ne ha avallato l’eutanasia.

E’ morto con le facce irridenti e perfino spavalde di quelli che uscivano dal Capranica – i Boccia, i Misiani – che probabilmente neppure capivano la follia che avevano appena commesso e quanto questa – fra non molto – impatterà sulla loro ‘ditta’.

E’ morto con Chiara Geloni, la pupilla del segretario, che twittava frasi surreali tipo «Marini uno di noi» o «sarà un grande successo politico».

E’ morto con Stefano Fassina – sì, quello che lì dentro faceva la parte del poliziotto buono – che si schierava con Marini perché «mia cognata che lavora alla posta e mio cognato che fa l’elettrauto non sanno chi è Rodotà», mentre «Franco è in grado di ricostruire una connessione sentimentale con il paese». Sentimentale, capito?

E’ morto in modo goffo, soprattutto: goffo Bersani un mese fa nelle sue profferte al M5S, ancora più goffi oggi lui e i suoi 222 nell’arroccarsi su un emblema del più chiuso establishment, sperando di autoperpetuarsi ancora un po’ e chissenfrega degli elettori, del Quirinale, del Paese.

E’ morto di stupidita, dopo una vita nemmeno tanto lunga né gloriosa. Dispiace per quelli che ci hanno creduto, non per quelli che l’hanno posseduto.

P_residenza della Repubblica [staquaqua]

Poche balle, grazie

Massimo Rocca – Il contropelo di Radio Capital

Napolitano fu eletto al quarto scrutinio con 543 voti su 990, Francesco Cossiga al primo con 752 su 977. Questo per far giustizia della leggenda metropolitana sulla necessità che il capo dello stato teorico rappresentante dell’unità nazionale debba godere di un elezione plebiscitaria alle camere. Difficile immaginare, infatti, due percorsi tanto contrastanti nelle premesse e nelle conseguenze. Quindi i discorsi numerici come si dice stanno a zero. Inoltre, in via teorica dalla quarta votazione, ma forse anche prima, se Milena Gabanelli si tirerà indietro, Stefano Rodotà potrebbe essere votato, contando solo centrosinistra e 5 stelle da 660 elettori ad un soffio dal quorum dei due terzi. Espressione di oltre 18 milioni e settecentomila voti popolari , il doppio di quelli del centrodestra. Non esiste quindi nessuna motivazione di legittimità rappresentativa che possa sbarrare la strada all’ex presidente dei democratici di sinistra. Solo motivazioni politiche. Solo scelte di strategia politica. Noi si sta qui e si aspetta.

Sottotitolo: dopo aver consegnato l’Italia all’imputato impunito, avergli permesso, in spregio e sfregio della legge che glielo vieta [non vietaVA: una legge non scade come la mozzarella] di poter occupare il parlamento da abusivo, averlo fatto in modo rigorosamente e politicamente trasversale, non aver poi fatto nulla per riparare al danno per quasi vent’anni la  politica si permette di avanzare dubbi su una persona come Rodotà ma anche come Zagrebelsky che per me è perfino meglio del professore, non foss’altro perché non ha mai ricoperto nessun ruolo politico?

Preambolo: secondo me Milena Gabanelli deve restare a fare quello che fa perché lo fa benissimo, poi nulla vieta che in un governo moderno ed efficiente possa avere un ruolo e dare un contributo in qualità di cittadina della società civile.

Che quest’anno sarebbe scaduto il mandato del presidente della repubblica la politica lo sa da da sette anni.
Lo avevano dimenticato anche tutti quelli che oggi si coccolano il povero piddì massacrato dai 5S e dalla resurrezione, l’ennesima [soprattutto grazie al piddì che se l’è tenuto ben da conto per diciotto anni] dell’abusivo delinquente?
Se il piddì invece di concentrarsi sulla ricerca del leader, sulle primarie, sulla guerra intestina contro Matteo Renzi e chiunque ostacolasse il progetto di un rinnovamento vero, su una spartizione di poltrone iniziata prim’ancora che si raggiungessero quelle poltrone [e infatti alla fine le poltrone so’ svampate], avesse speso un decimo delle energie per stilare un elenco di presentabili alla presidenza della repubblica che non fossero le solite cariatidi, i soliti che hanno contribuito allo sfascio, i soliti ambiziosi carrieristi che proprio non vogliono mollare mai, le solite e inguardabili facce ma che però rappresentano alla perfezione l’intenzione della politica di restare arroccata su se stessa, sulla sua arrogante autoreferenzialità e i suoi privilegi, su tutte le sue impunità, oggi forse staremmo tutti parlando d’altro.

Rodotà è così antipatico? non si capisce perché Bersani deve andare a cercarsi fuori il candidato terzo o ripiegare sull’orribile Amato, i candidati ci sono, tutti ottimi, una pole position d’eccellenza, un rifiuto verrebbe prima di tutto non compreso dalla maggior parte degli italiani, anche quelli che si disinteressano dell’argomento ma che comunque ne sentono parlare, e poi starebbe solo a significare che alla politica NON interessa un presidente imparziale e difensore della Costituzione ma uno che, come quello in dirittura d’arrivo ogni tanto – spesso – si dimentichi del suo ruolo, la qual cosa se a farla fosse berlusconi si potrebbe anche capire visti i benefici e le garanzie [altroché imparzialità] che ha potuto ottenere grazie a Napolitano, ed ecco perché resta difficile pensare che lo debba fare anche il piddì a cui certe garanzie non dovrebbero servire.

Ci vorrebbe una chiromante, uno sciamano per scoprire perché una persona come  Stefano Rodotà che non deve dimostrare proprio niente in fatto di pulizia, onestà, intellettuale e non, conoscenza della Costituzione e di come dovrebbe essere applicata dovrebbe spaccare un partito di centrosinistra i cui punti di riferimento, principi e valori dovrebbero essere gli stessi del professore.

Due piccioni con una Gaba
Marco Travaglio, 17 aprile

Da un mese e mezzo, cioè dalla sera delle elezioni, si attendeva che il primo partito, il Pd, dopo aver detto giustamente di voler dialogare con i 5Stelle, facesse loro la classica proposta che non si può rifiutare: cioè il nome di un premier estraneo ai partiti, che fosse gradito sia al popolo grillino sia a quello del centrosinistra (due popoli molto meno distanti dei rispettivi vertici). Invece sono arrivate soltanto proposte che si devono rifiutare: votare la fiducia a un governo Bersani, uscire dall’aula tutti o in parte per abbassare il quorum al Senato, prestare alla causa qualche dissidente in libera uscita. Il festival delle occasioni mancate: Bersani che ha anteposto la sua persona agli interessi del Paese, insistendo su un’autocandidatura senza numeri e senza speranze; e i grilli che alla seconda chiamata al Colle si sono lasciati frenare dal niet di Napoletano a un premier extra-partiti, rinunciando a fare i nomi che pure avevano pensato e fornendo un formidabile alibi al partito dell’inciucio, ansioso di affibbiare a loro la responsabilità (anzi l’irresponsabilità) dell’impasse. Il Corriere dell’Inciucio, col contorno di Sole 24 Ore, house organ arcoriani e banda larga Pdl, già esultavano per l’ineluttabilità del governissimo. Ma ieri la proposta che non si può (o almeno non si dovrebbe) rifiutare l’ha fatta Grillo: le “Quirinarie” hanno partorito un risultato spettacolare, con una Top Ten di persone perbene che al ballottaggio s’è ridotta al magnifico quartetto Gabanelli-Strada-Rodotà- Zagrebelsky. Vedremo se, dei quattro, qualcuno rinuncerà nelle prossime ore, dicendosi indisponibile a salire sul Colle in caso di elezione e dunque rendendo vano il voto per sé. Ma, anche se la Gabanelli lo facesse, si passerebbe a Strada. E, se Strada lo facesse, si passerebbe a Rodotà. E poi, eventualmente, a Zagrebelsky. Quattro nomi, per motivi diversi, apprezzati da tutti gli italiani onesti (ben oltre il recinto di Pd, Sel e 5Stelle). Non perché non abbiano ciascuno le proprie idee, ma perché hanno dimostrato, nelle rispettive professioni, un’assoluta indipendenza da ogni partito. Che è poi la vera imparzialità che si chiede a un capo dello Stato. Da non confondere con la neutralità, che è la virtù dei morti. A questo punto, a 24 ore dalla partenza della corsa al Quirinale, una sola cosa è certa: la Gabanelli (o Strada, o Rodotà, o Zagrebelsky) parte con 163 voti sicuri al primo scrutinio: quelli degli eletti di M5S. Se Pd e Sel vi aggiungessero subito i loro, il Presidente verrebbe eletto al primo colpo e alla luce del sole, senza inciuci né giochetti. E godrebbe di una popolarità e di una credibilità smisurate, anche superiori a quelle dei presidenti più amati del recente passato. Il centrosinistra farebbe una splendida figura dinanzi ai propri elettori, che han già dovuto inghiottire troppo fiele e non meritano l’ennesima frustrazione di un Amato, un Marini, un D’Alema, un Grasso, magari un Cassese. Isolerebbe Berlusconi, riducendolo finalmente all’irrilevanza. E ritroverebbe l’unità interna, che invece sarebbe compromessa se continuasse la guerra civile fra correnti. Ma soprattutto — ed è la vera novità di ieri — si prenderebbero due piccioni con una Milena. Nel senso che andrebbe a soluzione non solo il rebus del Quirinale, ma anche quello di Palazzo Chigi. Se Grillo non era ubriaco quando ha scritto il post sul suo blog, la sua proposta a Bersani è chiara: tu vota Gabanelli e poi si può collaborare per il governo (“Cominciamo da lì. Poi vedremo: rimborsi elettorali, legge anticorruzione, incandidabilità di B. Magari troveremo una convergenza.
Se non con lei, con i giovani del Pd”). E, se anche era ubriaco, è il caso di cogliere la palla al balzo prima che torni sobrio e rientri nel suo dorato isolamento. Milena o Gino for President e Stefano o Gustavo for premier: dove sarebbe l’errore?

La questione immorale

Sottotitolo: la mia solidarietà e la mia vicinanza affettuosa  alla famiglia di Stefano Cucchi, senza l’obbrobrio della legge che porta il nome di fini e giovanardi Stefano sarebbe ancora vivo, nessuno lo avrebbe mai arrestato per una manciata di fumo, e non sarebbe mai morto di botte, di fame e di stato.

Ilaria Cucchi: Tutti condannati. Anche Stefano

Caso Cucchi, stai a vedere che è colpa di Stefano

Incredibile requisitoria al processo per la morte del detenuto. Insinuazioni su di lui e i familiari. Chieste pene lievi.

Nel frattempo, a Palermo si va in giro così, non per colpa delle banane, e nemmeno del traffico.
Un paese che difende i suoi figli migliori col mitra e quelli peggiori con un posto in parlamento assicurandogli immunità e impunità è un paese da buttare.

Napolitano sponsorizza le larghe intese
E attacca le “campagne moralizzatrici”

Oggi gli eversori sono quelli che difendono la Costituzione, la giustizia, la legalità e l’onestà, anche quella intellettuale.

Tutti gli altri sono statisti moderati, comunisti pentiti, gente che ha prodotto solo disastri per opportunismo politico o perché sotto il ricatto di qualcuno che ha avuto evidentemente ottimi argomenti per tenere sotto scacco lo stato e le sue istituzioni.

Io oggi mi sento legittimata e autorizzata a pensare quello che voglio della politica di questo paese, del suo agire, e a fare tutte le ipotesi che lo stato delle cose suggerisce.
Che si vergognino, e anche molto, tutti quelli che in questi lunghissimi mesi di caos hanno cercato di convincere gli italiani che Napolitano stava lavorando bene, che lo hanno difeso quando firmava, quando taceva invece di parlare e quando faceva il contrario per portare acqua al mulino di qualcuno, una volta era Monti, un’altra berlusconi, un’altra ancora i partiti politici ma mai, MAI una per quel popolo che avrebbe dovuto garantire e tutelare.
Mancano le parole per descrivere lo sgomento che si prova a rendersi conto di essere stati lasciati soli, in balia di politici disonesti, di uno stato sempre assente ma che in compenso dai cittadini onesti, da quelli in difficoltà, dai poveri ha preteso tutto.

Un presidente della repubblica che ha ostacolato varie volte – non solo ieri ma in tutto il suo settennato legittimando un abusivo impostore, favorendogli il cammino nell’illegalità firmando leggi apposite per renderlo “più uguale degli altri” e quindi non soggetto al rispetto delle leggi e delle regole – l’opera di moralizzazione nella politica che in questo paese non è solo opportuna ma proprio necessaria, che promuove, dopo quasi due decenni di accordi sottobanco che hanno generato il caos, il disastro etico e morale di questo paese, un’intesa a cielo aperto fra un partito di sgarrupati incapaci e quello di proprietà del primo delinquente d’Italia.

Una richiesta spacciata per compromesso storico, per un’azione politica utile al bene del paese; una conciliazione necessaria, e che importa poi se per raggiungere l’obiettivo si calpesta la Storia, si offende la memoria di due galantuomini per far passare l’idea che sì, in fin dei conti si può fare perché berlusconi e Bersani sono uguali ad Enrico Berlinguer e Aldo Moro, si tace sulle conseguenze di quel compromesso del ’76 che ha prodotto  bettino craxi, silvio berlusconi e i governi della p2.

Tutto questo per far finta che in questo paese non sia successo niente, per  delegittimare i cinque stelle che, con buona pace di chi non si rassegna sono stati votati dalla gente e come scrivevo all’inizio della loro avventura tutti coloro che sono scelti dalla gente per mezzo del voto hanno il diritto di esprimersi come tutti gli altri, quelli che c’erano prima e che ci hanno portato fino a qui.  Mi sono sempre tenuta fuori dalla guerriglia contro i 5S anche per questo motivo, per essere libera di dare ragione o torto quando bisogna farlo, senza farmi condizionare da nessuno.

Napolitano: il miglior migliorista di tutti, quello che Kissinger definì “il mio comunista preferito”, e adesso sappiamo anche il perché.