Non disturbare il Con_DUCE_nte: di fascismo, violenza, repressione e altre storie

Sottotitolo: i democratici moralizzatori che danno dei fascisti agli altri e sistematicamente mandano i picchiatori in divisa ad ogni manifestazione di dissenso, che hanno criticato le espulsioni di Grillo e poi hanno cacciato Ignazio Marino regolarmente eletto con l’atto del notaio. Quelli che denunciano un’intera rete televisiva, la7, colpevole di ospitare giornalisti che rispetto al potere non assumono la consueta posizione a 90 gradi.
Tutto questo e molto, troppo altro, è il pd di Renzi. #IoVotoNO

 

Il fatto che il fronte del NO sia composto da una vasta varietà di orientamenti politici distanti e diversi mentre in quello del sì c’è solo gente vicina a Renzi e quella a cui piacerebbe esserlo per ambizioni di potere è proprio il segno di quanto questo referendum sia nato da un’azione profondamente antidemocratica e illiberale.
Il pd, per bocca di CHIUNQUE, smetta di favoleggiare, di accusare e millantare vicinanze e similitudini fra salvini e il professor Zagrabelsky, giusto per fare due esempi per il NO, i quali voteranno appunto NO motivati da ragioni diverse, non perché sono legati dalla stessa ideologia e orientamento politico.
Oggi più di ieri e meno di domani #IoDicoNO ad una classe dirigente indegna, indecente, volgare, bugiarda e fascista.

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nat-6nov   Manifestare è un diritto, ha detto Nardella, allora perché Renzi lo ha negato?

Per quale motivo ogni uscita di Renzi deve essere trasformata in una questione di ordine pubblico? 800 poliziotti pagati con le tasse dei cittadini a presidiare e vigilare su quello che si può tranquillamente derubricare ad evento privato fra Renzi e gli amichetti suoi: è normale?
Se quello accaduto ieri a Firenze fosse una delle tante espressioni della tirannia di Erdogan oggi sarebbero tutti ad indignarsi [fintamente] col sultano che nega e vieta il dissenso coi sistemi violenti del dittatore.
Mentre non solo questo non si fa ma Scalfari, il “senatore” dei giornalisti, il fondatore di Repubblica ma non disdegna l’oligarchia, reduce dalla solenne bastonatura mediatica di sere fa ad #ottoemezzo, nel suo pippone domenicale si permette di paragonare Grillo a Trump e di raccomandarsi a Renzi perché eviti la catastrofe a cinque stelle.
In che modo nel paese democratico si può evitare che la democrazia faccia il suo corso e che permetta l’alternanza, ovvero chi vince governa e chi perde paga pegno e si siede dalla parte dell’opposizione? Ovviamente solo coi soliti giochetti di palazzo, ma stavolta no, non si può fare: abbiamo la possibilità di impedire che la democrazia venga regolata in funzione del gradimento della casta e dell’élite dei potenti terrorizzate dalla volontà del popolo, al referendum costituzionale del 4 dicembre possiamo dire NO alla sequela di porcherie che ci vengono imposte da quel 12 novembre del 2011, quando Napolitano ha posizionato l’interruttore della democrazia su “off”.

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A manifestare contro Renzi non c’erano solo i gruppi “antagonisti” ma anche i risparmiatori truffati e derubati da Banca Etruria: sono stati picchiati anche loro. Cornuti e mazziati, così in quell’altra vita impareranno a non fidarsi dei truffatori legalizzati e autorizzati dallo stato.

Le scene viste a Firenze sono la miglior risposta a chi in questi ultimi tre anni ha abusato della parola “fascismo” perché forse aveva dimenticato cos’è davvero il fascismo.A Firenze ieri non c’è stato nessuno scontro, quella come sempre si chiama repressione, violenta, infame e vigliacca perché esercitata su gente disarmata che avrebbe avuto tutto il diritto di manifestare il proprio dissenso,  e questo sì, è fascismo.

In questo paese possono manifestare fascisti e nazisti, occupare regolarmente e a cadenza annuale le piazze e il suolo pubblico, ai mercatini si vendono gadget e oggettistica che fanno riferimento al ventennio fascista nell’indifferenza delle istituzioni, anzi con la complicità delle istituzioni.
A Nettuno e a Milano i sindaci e l’amministrazione comunale l’una a cinque stelle, l’altra sotto l’egida di Renzi e tutto l’Esercito Italiano possono partecipare alle commemorazioni per i caduti di salò, ovvero quelli che in tempo di guerra hanno scelto di sostenere il tiranno nazifascista, in parlamento trova posto una che di cognome fa mussolini e che mai si è dissociata dall’ideologia criminale di suo nonno mentre il dissenso lecito, previsto dalle regole democratiche e dalla Costituzione della repubblica antifascista viene vietato su richiesta delle questure che rispondono al ministro dell’interno del governo di Renzi e con la repressione violenta del braccio armato dello stato.
Se lo ricordi chi rinfaccia anche a me di votare NO come casapound, legittimata non da me ma dallo stato, dalle istituzioni e dalla politica, quindi anche da Renzi, che si ricordano dell’Italia antifascista solo il 25 aprile per tradizione e per moda.

Il fu venerabile eversore

Sottotitolo “extrapost”: se si mette uno come Tronca, anzi proprio Tronca a fare le veci del sindaco non ci si può stupire se festeggiare il capodanno non rientri nelle sue priorità. Non ha le physique du rôle, ecco.
Leopoldo VI vuole le Olimpiadi a Roma, Montezemolo che le deve organizzare già si fa le pippe e Tronca dice che non ci sono i soldi per il capodanno a Roma?  Tutta questa propaganda al “non abbiamo paura” e poi a capodanno si spengono le luci a Roma?
Un anno di giubileo sì e il capodanno no?
Cialtroni, sono solo dei cialtroni.

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“Con la Loggia P2 avevamo l’Italia in mano”, è morto l’ex “venerabile” :

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venerabile

“Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo.
Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore.
La giustizia, la tv, l’ordine pubblico.
Ho scritto tutto trent’anni fa”. [Licio Gelli, 28 settembre 2003]

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Morto Licio Gelli, capo della loggia massonica P2
Dal fascismo alle stragi, vita di scandali e misteri

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•IL “PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA” DELLA P2 CON I COMMENTI DI MARCO TRAVAGLIO

•DALLA STRAGE DI BOLOGNA AL CRAC DEL BANCO AMBROSIANO: LE INCHIESTE CHE HANNO COINVOLTO IL VENERABILE DELLA P2

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Se Licio Gelli da vivo voleva i diritti d’autore  per l’Italia di berlusconi dopo le “riforme” di Renzi e della Boschi fra le quali l’abolizione del senato: lo stesso obiettivo che fu prima di mussolini poi proprio di Gelli nel piano di rinascita adesso che è morto toccherà fargli il monumento, a imperitura memoria di chi ha fatto l’Italia. Garibaldi je spiccia casa.  Gelli ormai era considerato uno statista, un autorevole opinionista da intervistare, già il nomignolo di venerabile, ovvero uno che dovrebbe incutere rispetto addirittura in odor di santità dovrebbe significare qualcosa. I golpisti di ieri iscritti alla loggia sono diventati “faccendieri” e sono ovunque, un aggettivo neutro che non tutti capiscono e che non  significa niente.

Perfino la morte schifa l’infamità e vuole averci a che fare il più tardi possibile, ecco perché l’erba cattiva “non muore mai”. Oggi gli eredi della politica di ieri ma anche di questa più recente sono in lutto. E’ morto il loro principale ispiratore.

Solo in un paese misero e senza memoria come questo si poteva ridurre un’organizzazione eversiva alla stessa stregua del circolo della bocciofila, ritrovarsi i suoi iscritti ovunque in politica, nei media, in tutti i gangli dello stato, gente ridotta al rango di “faccendieri” invece di renderla riconoscibile con quello di “golpisti”.
La ‪#‎P2‬ non era, non è un ritrovo della borghesia ma un’associazione che voleva sovvertire l’ordine dello stato in maniera un po’ soft, senza che la gente se ne accorgesse, senza la violenza del colpo di stato effettivo e dei carri armati in piazza.
Il nome di Licio Gelli ritorna in tutte le vicende peggiori di questo paese: dalle stragi fasciste a quelle mafiose, dal rapimento di Moro a mani pulite fino ad arrivare ad oggi, a certe cosiddette riforme della politica che erano le stesse che aveva pensato Gelli nel suo piano di rinascita.
Tutta la storia più nera e fascista del dopoguerra porta il marchio della P2 e la firma di Gelli.

 

Tutt’al più un open space

Se Renzi è convinto che il senato‬ non serve a niente, cosa che pensava anche mussolini fra l’altro, abbia il coraggio di chiuderlo davvero e del tutto, non lo trasformi nella camera iperbarica di fancazzisti che dovremo continuare a strapagare.
Mandi a casa i fancazzisti, o, finalmente, a trovarsi un lavoro vero esente da benefit e privilegi fra i quali quell’immunità tanto cara a tutti.

Renzi non ha mai detto di voler fare del parlamento un’aula sorda e grig…ah no, era quell’altro.
Renzi non ha mai detto di voler fare del senato un museo: al massimo ci fa un open space.

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“Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito.”
[Benito Mussolini, 23 marzo 1919: dal discorso sulla fondazione dei Fasci di Combattimento]

Quando berlusconi minacciava, ricattava, si comprava i senatori un tanto al chilo lo faceva per i suoi interessi [lo diceva anche Zucconi] perché la permanenza in parlamento gli consentiva di curare quelli economici ma, soprattutto, di ordine giudiziario: il parlamento usato come refugium peccatorum e ultimo approdo per evitare la giustizia “uguale” per tutti fa comodo non a tutti ma a molti, guardate Azzollini quant’è carino che in parlamento ci dorme pure.
Ora che Renzi fa le stesse cose, ci sono tanti modi per comprare il sostegno dei parlamentari che servono ad approvare leggi e “riforme”, ora che anche Renzi minaccia, sfida il presidente del senato, si permette di dire che “o si vota o tutti a casa” in nome di quali interessi lo fa, degli italiani?
Il tre per cento scarso dei cittadini sa in che consiste la cosiddetta riforma del senato, lo sa perché fa parte di quello zero virgola di gente che pensa sia un dovere dare un’occhiata a quello che fa la politica perché ai cittadini comuni, quelli che hanno come unico interesse quello di vivere fra una sopravvivenza e un’altra non sarà la riforma del senato a migliorare la vita, quindi è facile intuire che la percentuale di chi la considera davvero necessaria sarà ancora più scarsa.
Il restante novantasette per cento non ritiene evidentemente così necessario nemmeno addentrarsi in questioni meramente politiche che riguardano la logistica interna e non la messa in opera.
E allora [signori miei… ], a quali italiani risponde l’esigenza di Renzi, forse solo quelli che poi potranno usufruire del senato riformato_rio per continuare ad approfittare di laute prebende e privilegi fra i quali quello di evitare la legge “uguale” per tutti? Se Licio Gelli voleva i diritti d’autore per l’Italia di berlusconi, dopo le “riforme” di Renzi e della Boschi toccherà fargli il monumento, a imperitura memoria di chi ha fatto l’Italia.
Garibaldi je spiccia casa.

Salvini: il nomade coi soldi degli altri

Sottotitolo:  la lega nord, nata con intenti secessionisti e quindi contrari alla nostra Costituzione che ha previsto e ordinato che l’Italia fosse un paese unito e indivisibile andava messa fuori legge dal suo esordio. E’ ora di finirla di invocare la democrazia rispetto alla lega che ha in sé tutto ciò che va contro l’idea di paese civile e democratico.

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Nella “concezione rapinatoria della vita” tipica degli italiani, citata nel mini-monito di Mattarella due giorni fa ci sono anche i 120.000 euro al mese che pagano gli italiani per mandare in giro un razzista provocatore che in due mesi e mezzo ha impegnato più di ottomila agenti di polizia? Se salvini vuole fare campagna elettorale da leader politico si dimetta da parlamentare europeo, rinunci all’odiosissimo stipendio in euro che gli paga la comunità, lui come berlusconi che preferiva l’assistenza di cosa nostra sputa sullo stato e poi cerca il sostegno e le garanzie dello stato a spese degli italiani. E’ un vigliacco, e vigliacchi sono tutti quei giornalisti che in questi mesi lo hanno materialmente costruito, legittimato, elevato al ruolo di leader, che gli hanno permesso di diffondere il pensiero violento e razzista.

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Se in Italia c’è ancora spazio per associazioni che si ispirano al fascismo come casapound, alleata di salvini, a maggior ragione lo spazio ci deve essere per i centri sociali che non fanno nessuna apologia.
salvini che lamenta l’assenza di democrazia e poi chiede ad alfano di chiudere i centri sociali, e noi dobbiamo pagare milioni la sicurezza di uno che ha una concezione simile della democrazia, la pretende per sé ma la vuole togliere agli altri. 120.000 euro al mese, ottomilacinquecento uomini dello stato, dieci automobili di servizio ad ogni uscita per permettere ad un provocatore di andare in giro a propalare odio sono un insulto alle necessità primarie di migliaia di famiglie italiane in difficoltà anche per colpa della lega che, forse qualcuno lo ha dimenticato, ha governato per svariate legislature con berlusconi e anche con alfano, ridicolizzato da salvini un giorno sì e l’altro pure.

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C’è Salvini, scontri e due feriti a Massa

Ormai il leader leghista provoca disordini ovunque. Calci e pugni alla sua macchina. A Viareggio schiva un sasso. La solidarietà di Renzi.

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Complimenti a tutto il giornalismo italico che in questi mesi ha legittimato, ospitato, fatto parlare ogni giorno e ovunque il provocatore salvini ben sapendo quali risultati avrebbe prodotto la diffusione del pensiero violento e razzista.

Irresponsabili cialtroni che si nascondono dietro il diritto di parola di chiunque, che solo rarissime volte hanno contrapposto a salvini un contraddittorio serio e che fosse in grado di far perdere consistenza alle scemenze razziste del repertorio di salvini.
E se oggi quel pensiero si traduce in violenza fisica la responsabilità è di chi non ha fatto nulla per evitarlo ma, al contrario ha partecipato in solido alla costruzione del salvini “leader” legittimandone il pensiero violento.

Basterebbe tornare indietro di qualche mese nelle cronache politiche per capire a chi serve il “fenomeno” salvini.
Chi è che ha gonfiato questo sacco di ignoranza razzista, questo parassita elevandolo a uomo politico il cui “pensiero” si doveva, si deve non solo ascoltare ma analizzare fino al parossismo mediatico.
L’establishment che conta, opinionisti, giornalisti, tutti quelli che si sono coalizzati contro i 5stelle favorendo sfacciatamente l’ascesa politica di questa nullità ignorante e violenta,  loro i veri colpevoli, i costruttori della trasformazione in leader del provocatore razzista salvini dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, sempreché la trovino da qualche parte e ripensare a quello che scrivevano quando sui palchi delle piazze al posto di casa pound, della sorellastra d’Italia c’erano persone come Dario Fo, Salvatore Borsellino, il giudice Imposimato.
Se Renzi ha la possibilità di ridersela e di campare politicamente tutto il tempo che vuole è soprattutto grazie alla servitù di regime che crea i mostri e poi non se ne sa liberare ma anzi permette loro di crescere e moltiplicarsi. 

Più del 60% degli italiani si informa solo attraverso la televisione generalista, e se la televisione generalista porta in televisione ogni giorno salvini è facile fare due più due. Senza Ballarò non sarebbe mai esistita la polverini, idem per la Gualmini, la Todini, “autorevoli” sconosciute che hanno potuto accedere alla politica, nei Cda delle aziende pubbliche grazie alle ospitate nei talk show che le hanno fatte conoscere al grande pubblico dei telerincoglioniti d’Italia.

Se il giornalismo, l’opinionismo sempre presente in televisione si fossero contrapposti a salvini quanto lo hanno fatto con Grillo oggi la situazione sarebbe diversa.

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Senza la Resistenza che ha messo a tacere la violenza della dittatura fascista adottando l’extrema ratio della lotta armata oggi salvini e quelli come lui non potrebbero andare in giro per l’Italia dispensando odio contro chi ha fatto il lavoro sporco anche per loro, dunque anche quei comunisti, le “zecche rosse” che hanno collaborato alla stesura della Costituzione “più bella del mondo” e che per questo non piace ai cialtroni, ai disonesti di oggi, non solo nella politica ma anche in quell’informazione sempre pronta a sdraiarsi davanti al potente prepotente di turno, in quella cosiddetta “intellighenzia” sempre presente nelle varie tribune che vuole convincerci a tutti i costi che il meglio è nemico del bene e per questo bisogna accontentarsi di quello che passa il convento, fosse anche il manovratore abusivo salito al potere senza il permesso di nessuno.
Per ricostituire quel partito fascista che la nostra Storia ha messo fuori legge non c’è bisogno di scrivere su un cartello, un manifesto, una lista elettorale “partito fascista”, perché il fascismo non è solo un’ideologia, è prima di tutto un modo di essere, di considerare le persone, è un’idea di società contraria a qualsiasi civiltà, giustizia, uguaglianza, umanità, solidarietà, proprio quello che anima la lega di salvini.
La società civile, quel che ne resta almeno, non prenda lezioni da questi guastatori incivili in camicia verde ma dall’anima nera che andavano messi fuori legge da subito, da chi vaneggia di negazione della democrazia rispetto a chi si oppone al pensiero violento, razzista e fascista di chi semina odio spacciandolo per pensiero illuminato e che per questo ha il diritto di essere espresso.

L’informazione del paese normale, sano, deve aiutare i cittadini a formarsi delle opinioni il più possibile collegate alla realtà.
Mandare in giro uno che ripete ossessivamente urbi et orbi ogni giorno che il problema italiano è una percentuale di problemi da zero virgola quasi niente, che agli extracomunitari paghiamo l’hotel a cinque stelle con vasca idromassaggio e aria condizionata, che una comunità di duecentomila persone su sessanta milioni, i Rom,  è il problema dei problemi e dopo che per vent’anni la lega ne ha dette di ogni su Roma ladrona e poi rubavano loro, ha vomitato ogni sconcezza sui meridionali  significa rendersi complici di quello che sta succedendo: è consapevole delinquenza.
Ormai salvini trova accoglienza solo ai talk show, l’Italia reale lo rifiuta, e sarebbe opportuno che l’informazione ne prendesse atto, prima che sia troppo tardi.
Perché si deve dare tutto questo spazio mediatico  a salvini?
A chi conviene salvini, solo allo share?
La funzione del talk show è di far guadagnare gli sponsor che investono sul razzismo e sul fascismo di salvini?
E di fronte a questo scempio c’è pure chi ha il coraggio di invocare la democrazia che deve lasciar parlare pure salvini?

Il mio 25 aprile di resilienza

Preambolo: per resilienza si intende la capacità dell’essere umano di reagire a dei colpi subiti, specificamente di ordine emotivo e psicologico, rispetto a traumi  di vario ordine e genere che si possono subire.

La resilienza serve ad adattarsi alle avversità a cui non ci si può opporre. 

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Sottotitolo: berlusconi non ha mai partecipato alle celebrazioni del 25 aprile e Napolitano non ha mai detto una parola, nemmeno un monitino piccino piccino.
Preferisco mille volte Mattarella, democristiano senza velleità rivoluzionarie ma che in meno di due settimane ha già ribadito varie  volte che fascismo e antifascismo non si mischiano, perché non era uguale chi lottava per la libertà a chi si era votato al regime, di Napolitano che da ex comunista ha rivalutato ufficialmente la figura di almirante “statista” e che l’anno scorso ha sciupato l’occasione del 25 aprile per elevare a eroi della nazione due presunti assassini.
La politica è fatta anche di simboli, di riconoscimento per la propria storia e questo Mattarella lo ha fatto prim’ancora di essere eletto quando è andato ad omaggiare le vittime del nazifascismo alle Fosse Ardeatine. Spero che il presidente si ricordi della nostra storia e delle sue belle parole di questi giorni anche quando avrà sotto gli occhi la legge elettorale fatta da Renzi  che vuole trasformare l’Italia in un paese di proprietà di chi vince le elezioni.

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25 aprile: a settant’anni dalla Liberazione gli Italiani hanno voglia di tornare schiavi?

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Mattarella: “Democrazia è lotta alla corruzione”
25 Aprile, “non c’è equivalenza tra le due parti “

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•LA TENTAZIONE DEL “TUTTI UGUALI”. MA I FASCISTI FURONO COMPLICI DELLO STERMINIO DEGLI EBREI 

•SANT’ANNA STAZZEMA – “SENZA ITALIANI STRAGE IMPOSSIBILE” “TRAVESTITI DA SS, TRADITI DA ACCENTO” 

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E’ vero che come ha ammesso un paio d’anni fa Angela Merkel la Germania avrà una responsabilità perenne riguardo i crimini della Shoah, ma senza la fattiva collaborazione di tanti italiani che hanno contribuito anche semplicemente con l’indifferenza la storia oggi avrebbe potuto essere un’altra. Quelli che facevano finta di niente oltre settant’anni fa avevano la stessa perfida mentalità di chi oggi può permettersi di scrivere in un social che i rom vanno “termovalorizzati”, che i profughi vanno lasciati al loro destino di morte e che non rischiano niente grazie a chi ha combattuto per estendere la libertà, non perché fosse una possibilità di pochi eletti.

Non ho mai sopportato quella voglia di riconciliazione che ha contaminato anche la politica di sinistra prima e di centrosinistra dopo. Secondo me l’Italia del dopo regime è stata fin troppo benevola con chi aveva scelto di tradirla. I fascisti mai pentiti hanno avuto fin troppe possibilità, la Francia non fu così compassionevole.

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Storace ha mandato a dire a Mattarella  che stamattina era a Milano per la celebrazione del 25 aprile, che avrebbe dovuto allungarsi verso piazzale Loreto per portare un fiore lì, dove venne esposto il cadavere del duce e che “dopo settant’anni non ha nessun senso fare la pagella sulle parti giuste e quelle sbagliate”.
La pagella sui buoni e i cattivi un senso ce l’ha, Mattarella va ringraziato perché in pochissimi giorni ha ripetuto varie volte che non potrà mai esserci nessuna equiparazione fra chi sosteneva il fascismo e chi lo ha combattuto; avrà un senso finché nel parlamento della repubblica troveranno posto quelli che pensano che durante il regime di mussolini furono fatte “anche cose buone”.
Quelli, e non sono solo a destra, che vorrebbero mandare sotto il tappeto le responsabilità di una parte degli italiani che non hanno esitato a tradire l’altra parte.
Non è uguale chi contribuiva alle deportazioni a chi le ha subite, gente venduta ai fascisti dai vicini di casa che poi prendevano possesso della sua casa, del posto di lavoro.
Non è uguale chi ha guadagnato dalle epurazioni e dallo sterminio a chi non è mai più tornato indietro.
E, per conto mio, non devo riconciliarmi con nessuno, tanto meno con chi come storace non ha mai preso le distanze dall’ideologia criminale che la Resistenza ha combattuto.

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Questo è il quarto 25 aprile che sfogliamo sul calendario senza un governo democraticamente eletto.
A novembre del 2011 arrivò Monti, ufficialmente per risolvere un’emergenza che nei fatti non c’era e anche se ci fosse stata lui non l’ha comunque risolta, anzi.
Da allora è stato tutto e solo un precipitare di eventi, dalle larghe intese di Napolitano imposte perché – così ci hanno detto – necessarie, fino ad arrivare ai giorni nostri con Renzi che si è insediato a palazzo Chigi grazie all’ennesima manovra di palazzo, ufficialmente per traghettare l’Italia a delle elezioni che consentissero ai cittadini di poter scegliere finalmente i propri rappresentanti in parlamento.
Mentre così non è: nelle intenzioni di Renzi c’è soprattutto l’obiettivo di ridurre ai minimi termini quella democrazia del popolo sovrano nata grazie alla Resistenza antifascista e a questo 25 aprile di Liberazione.

La legge elettorale di Renzi è stata concepita con la precisa intenzione di trasformare il parlamento in una zona franca, dove il presidente del consiglio decide, sceglie, impone e se la maggioranza gli dà ragione, e gliela dà perché la maggioranza attuale è di sua proprietà ed esclusiva, può fare quello che gli pare. Tutti i principi e le regole scritte nella Costituzione della Resistenza con Renzi sono diventati carta straccia, molto di più di quanto sia riuscito a berlusconi che almeno si limitava ad intervenire solo in funzione dei suoi interessi: evitarsi la galera ed arricchire il patrimonio.
Renzi, invece ha altri interessi e non sono solo i suoi ma anche  di quella parte di Italia alla quale importa poco della libertà collettiva, quella democratica e di tutti perché tutto quello che non trova fatto e non ha se lo può comprare.
L’Italia di oggi è un paese dove la libertà è stata svenduta e barattata col meno peggio di quel peggio usato per spaventare la gente, per giustificare tutte le iniziative prese in assoluto spregio della democrazia e della Costituzione, ed è inutile prendersi e prenderci in giro coi fiori rossi e le frasi d’epoca: questo non è più un paese libero, non è più quel paese dove tanta gente ha combattuto e perso la vita per regalare alle future generazioni un’Italia libera anche dal rischio che quello che era stato si potesse ripetere.
Oggi l’Italia è molto meno libera di settant’anni fa.
Quindi, per quello che mi riguarda non c’è niente da festeggiare e da celebrare.

Aspettando il “severo provvedimento” di alfano. Che non arriverà

Il 25 aprile andrebbe sospeso fino a data da destinarsi, ripristinato solo quando si riuscirà a ricostruire una democrazia degna di quella Resistenza antifascista che molti ipocritamente commemorano ma poi non le riconoscono nessun valore. 

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Dell’uso sconsiderato del web e della leggenda della zona franca dove tutto è permesso io ne scrivo da molto prima di facebook.  Sono in Rete ormai da una ventina d’anni praticamente tutti i giorni e il modus, l’atteggiamento, il modo di porsi della maggioranza dei suoi frequentatori se possibile è perfino peggiorato dal suo esordio quando almeno ci si poteva giustificare con la curiosità del nuovo strumento di comunicazione.

In Rete non bisogna farsi “belli” raccontando balle ma nemmeno mostrare la parte peggiore di sé, quella che ci si vergognerebbe di esibire nel proprio quotidiano o costruita appositamente a beneficio della propria identità virtuale. 
Non si capisce, invece,  perché questo accada puntualmente, tutti i giorni e ovunque, non solo su facebook  dove almeno la maggior parte dell’utenza ci mette faccia e nome perché obbligata da un regolamento che altrove non c’è ma ovunque dove  in troppi approfittano [ancora!] dell’anonimato per scrivere quello che vogliono. 
Basterebbe considerare il web non un mondo a parte ma una parte del proprio mondo, esattamente come i contesti familiari, amicali, lavorativi, comportarsi nello stesso modo.
Ma evidentemente le frustrazioni, il bisogno di trovarsi il nemico da abbattere quotidianamente a parole perché probabilmente chi agisce così non riesce a liberarsi di quelli reali coi gesti concreti hanno il sopravvento anche sul semplice buon senso che dovrebbe appartenere a persone adulte non solo per data di nascita.

Un idiota è un idiota sempre e ovunque, un deficiente, un deficiente anche se pensa di essere simpatico, un violento fascista resta un violento fascista anche sotto mentite spoglie e in quel caso fa bene a nascondersi.

Non è il posto che fa la gente ma il contrario.  Basterebbe ricordarsi di essere persone serie sempre, ovunque e dimostrarlo. La Rete non è il salotto privato di nessuno, è una casa comune e il rispetto deve diventare obbligatorio e necessario come nella vita di tutti i giorni.  La provocazione tout court, le volgarità anche violente espresse contro le persone alla fine diventano noiose e non dovrebbero piacere a nessuno di quelli che si reputano intelligenti e ben disposti al dialogo e al confronto.  I diritti vanno conquistati, quando dietro l’alibi del diritto alla libera espressione si nascondono altre intenzioni, quando ci si fa scudo del diritto di parola per usare la violenza nel linguaggio, quando si esercita la violenza su chi non può difendersi,  quando  si zittisce l’opinione sana  lasciando spazio all’insulto, agli oltraggi, alle apologie fasciste e razziste con la censura come si fa  nei siti dei quotidiani che si dichiarano liberi  ma poi anche loro agiscono per interesse lasciando spazio alla rissa verbale perché “fa clic” quello non è più un diritto: è un abuso.

Se lo stato per primo premia i metodi fascisti utilizzati dalle forze dell’ordine, non punisce i mandanti ma anzi li premia con promozioni e carriere favolose, agli esecutori dà un’amichevole pacca sulla spalla, non gli toglie nemmeno la divisa, permette senza fare un plissè che un sindacato di polizia dopo aver minacciato e diffamato le famiglie di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi faccia anche l’applauso a quattro assassini, se la politica stessa che nella figura di giovanardi e la santanchè è sempre lì  a dire che le forze dell’ordine svolgono correttamente e onestamente il loro mestiere “nel rispetto dei diritti umani e civili”  come si può pretendere il semplice rispetto delle persone che passa anche per la parola?

Presidente Boldrini,  forse c’è qualcosa di più urgente da fare prima di pensare di tradurre al femminile gli aggettivi che descrivono mestieri e professioni, ci sarebbe da cacciare i fascisti dalle istituzioni e dalla subcultura malata e criminale di questo paese. Questo dovrebbero fare la politica e le istituzioni serie  del paese antifascista.

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Diaz, le ‘mille volte’ di Tortosa: io non mi stupisco – Silvia D’Onghia – Il Fatto Quotidiano

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L’insostenibile leggerezza dei social network – Guido Scorza – Il Fatto Quotidiano

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Cos’è, niente “je suis Tortosa” stavolta?

Eppure, se vale il principio col quale molti hanno avvelenato la Rete dopo la strage fondamentalista di Charlie Hebdo scrivendo che “tutti hanno il diritto di esprimere la loro opinione, anche fosse la più spregevole” dovrebbe valere anche per Tortosa, orgoglioso di indossare la divisa e di difendere a mazzate i “nemici” della democrazia, impersonati da chi dormiva per terra una sera di luglio a Genova.
Così come lo stesso principio deve valere per la Saluzzi che deve sentirsi libera di dare dell’imbecille al campione di Formula uno, deve, dovrebbe valere per gasparri che sempre secondo quel principio ha eccome licenza di poter scrivere pubblicamente ad una ragazzina che siccome è grassa dovrebbe mettersi a dieta e di ipotizzare, interrogando i suoi fan, che le ragazze tornate dalla Siria sono due poco serie che la davano a tutti come fa anche salvini quando scrive le sue scemenze razziste sotto forma di domanda.
Così come io che non mi sono mai sentita né definita nient’altro che me sono libera di scrivere che se De Gennaro, il capo della polizia di allora non fosse stato premiato dallo stato probabilmente i suoi uomini in divisa avrebbero perso un po’ di quella sicumera che li autorizza a tutelare l’ordine con le botte, che in un paese dove i responsabili e i mandanti dei pestaggi e degli omicidi di stato pagano davvero non avremmo assistito all’osceno spettacolo dei rappresentanti di un sindacato di polizia che fanno la standing ovation a quattro assassini mai spogliati della divisa e che il segretario del sindacato non si permetterebbe di dire che una legge civile è frutto del furore ideologico. E il presidente del consiglio non si sarebbe mai permesso di ribadire la sua fiducia a De Gennaro mantenendolo al posto che gli è stato regalato in virtù della sua bravura e competenza.

Benché spregevoli quelle di gasparri e salvini sono opinioni proprio come quella di Tortosa che “rientrerebbe mille e mille volte in quella scuola” nonostante una sentenza della Cassazione che tre anni fa stabilì che i fatti accaduti alla Diaz hanno gettato discredito sull’Italia agli occhi del mondo intero, un’altra più importante di qualche giorno fa della Corte dei diritti umani europea che ha messo nero su bianco quello che sapevamo tutti ovvero che lo stato a Genova per mezzo del suo braccio armato fascista non si limitò a far rispettare l’ordine pubblico e tutelare la sicurezza dei cittadini ma esercitò violenze, tortura, ebbe comportamenti criminali e in quella occasione come tante, troppe altre fu lo stato il nemico della democrazia, non la gente che dormiva per terra in una scuola e che era andata a dire che non le piaceva questo paese, il mondo così com’era, come è ancora visto che da allora sono perfino peggiorati entrambi.

Dai che prima o poi ci arriviamo tutti alla semplice considerazione che no, non esiste quel diritto di poter dire quello che si pensa sempre, soprattutto se chi pensa di poter esercitare quel diritto è gente che per ruolo e mestiere rappresenta lo stato, quello democratico e dovrebbe dare l’esempio, non mettersi sotto il livello di ciò che dovrebbe contrastare.
Prima o poi capiremo tutti quanti che libertà e diritti non hanno niente a che fare con l’espressione della violenza, fosse anche solo scritta e detta a voce.

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Quando la mela è “sana” come minimo è omertosa, c’è una puntata di Presa diretta sui morti di stato che andrebbe trasmessa nella scuole già dalle medie inferiori.
Perché in questo paese la polizia che picchia è stata sempre autorizzata dai governi di tutti i colori, quando a Napoli durante il vertice Osce ci fu il preludio di quello che sarebbe accaduto quattro mesi dopo a Genova, quando i manifestanti furono portati nella caserma Raniero per essere pestati lontano da occhi indiscreti a palazzo Chigi c’era D’Alema: l’indignato de’ sinistra.
Quindi è inutile nascondersi dietro i propri paraventi dicendo che certe cose possono succedere solo coi governi di destra, ci sono metodi condivisi da tutta la politica che ha sempre autorizzato l’uso violento della forza anche quando non c’è nessun pericolo per la sicurezza nazionale come fu proprio a Genova dove la polizia si comportò come il peggiore dei vigliacchi e infami che colpisce alle spalle.
Ora la politica – nemmeno tutta – arriccia il naso perché dopo i processi farsa, le finte condanne e le promozioni vere, la sentenza della Cassazione che ha raccontato di una polizia che ha svergognato l’Italia agli occhi del mondo è arrivata l’ultima davanti alla quale non ci si può più nascondere, ma l’Italia delle istituzioni non si è indignata nello stesso modo quando a subire la tortura di stato sono stati cittadini singoli, fermati o trattenuti come Stefano Cucchi, Riccardo Magherini morti di botte e di sistemi coercitivi fuori dalle regole e da qualsiasi diritto, pestati a sangue perché si sentivano male come Federico Aldrovandi e come tutti coloro che nelle questure di tutta Italia da Bolzano a Palermo ricevono il benvenuto dai funzionari di stato in divisa a forza di botte, e quelli che non picchiano ma tacciono e non denunciano i colleghi criminali sono colpevoli esattamente come loro se non peggio.

 

La retorica del “mai più”

Per “non dimenticare” bisognerebbe ricordare, mentre io penso che ci sia tanta gente a cui questo non piace.

Non piacciono certi paralleli che si fanno rispetto alla tragedia della Shoah alla quale si è data giustamente una unicità nella Storia per il modo in cui è stata pensata e compiuta.
Ma ancora oggi esiste la negazione ad esistere per tante persone, interi popoli, il rifiuto, l’impossibilità di avere un posto nel mondo imposti con la violenza, la guerra e la morte.
Qualcosa che non si può ovviamente paragonare al metodo scientifico utilizzato da hitler per eliminare degli esseri umani sulla base dell’etnia, l’orientamento religioso, sessuale, politico, le condizioni di salute ma che dovrebbe spiegare perfettamente che gran parte del mondo contemporaneo non solo ha dimenticato la Shoah ma, soprattutto, è sempre disposta a negare ai suoi simili, quella gente della stessa gente, la possibilità di esistere e avere il diritto a quel posto nel mondo con la violenza, la guerra e la morte.
E questo può succedere solo in un mondo dove non solo quella che è stata definita la più grande tragedia dell’umanità è stata dimenticata, rimossa, ma dove dagli orrori del passato non è stato tratto nessun insegnamento.
L’olocausto è una tragedia di ieri, ma le fabbriche del male sono ancora ovunque, in mezzo a noi.

Il fascismo non è una libera espressione del pensiero

Ribadire che c’è una legge se poi non si fa rispettare quella legge, non serve a niente.
Ed ecco perché il fascismo, nel tempo, è diventato una forma di folklore proprio in questo paese che un regime fascista l’ha subito e pagato col sangue. Cominciassero a buttare giù con le ruspe tutto quello che evoca e fa rimpiangere il ventennio del dittatore assassino, e a punire sul serio gli imbecilli, ignoranti e perdenti che pensano che se avesse vinto il fascismo, loro avrebbero avuto un trattamento di riguardo. E Napolitano, al posto di esaltare un fascista mai pentito come Almirante, trovasse altra gente da portare ad esempio di statista.

L’AMACA del 14/09/2014 (Michele Serra)

LA CASSAZIONE fa benissimo, in linea di principio, a ribadire che il saluto romano secondo le leggi di questo Paese è un reato. Ma la linea di principio, nel 2014, si trova qualche milione di chilometri più indietro rispetto alla realtà. Il saluto romano è la norma in quasi tutti gli stadi, nella sua nevrastenica versione ultras (braccio teso che scatta ripetutamente avanti e indietro, come un serramanico impazzito); l’apologia del fascismo ispira una cospicua fetta della cartellonistica romana e più della metà delle scritte murarie della capitale; le formazioni e i partiti neofascisti sono decine, con un ricco assortimento che va dal nazifascismo classico al cattofascismo al punk antisemita alle squadracce omofobe alle birrerie hitleriane agli skinheads con tirapugni,

il tutto validamente shakerato nelle ospitali curve di stadio, fanzinato, bloggato, cliccato, intervistato, ospitato nei talk show, celebrato in festose adunate con svastica, compleanni del Fuhrer, omaggi alla tomba del Duce, best seller sui partigiani cattivi e i repubblichini traditi della storia. L’illusione di poter “fermare i rigurgiti fascisti” oggi che il fascismo è perfettamente presente e operante sulla scena politica e sociale di questo Paese (che, non per caso, lo ha inventato) fa dunque un effetto surreale: un poco come volere impedire una eventuale terza guerra mondiale spedendo una contravvenzione, per raccomandata, ai capi di Stato interessati a farla.

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Cassazione, condanne
per saluto romano

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E, tanto per ribadire il concetto, alle misere testedicazzo ignoranti e perdenti del “perché il pugno chiuso sì e il braccio teso no”, se proprio vi costringono alla spiegazione, dite semplicemente che se oggi possono scarabocchiare le loro stronzate da un computer è grazie al pugno chiuso COMUNISTA che ha contribuito a scrivere quella Costituzione che consente e ha consentito alle testedicazzo, ignoranti e perdenti, di poter ancora pronunciare la parola fascismo.

 La rotatoria di Borgo Sabotino intitolata a Giorgio Almirante. 31 luglio 2014Bene ha fatto la Cassazione a ricordare che in questo paese il fascismo è reato e con esso tutte le sue simbologie; il braccetto teso non è affatto un’espressione folkloristica e innocua come molti erroneamente pensano.
Meno bene, anzi per niente che in questo paese bisogna ancora ribadire che il fascismo è un reato perché nei fatti i reati di apologia e diffusione dell’ideologia criminale di mussolini non sono mai stati puniti.
Anzi, le rappresentazioni che evocano il ventennio sono state legittimate spesso anche da quello stato che dovrebbe contrastarle.
Ad esempio qualche anno fa al funerale di Ajmone Finestra, ex ragazzo di Salò ed ex sindaco di Latina, c’erano dei carabinieri a vegliare sulla salma che era circondata da vessilli fascisti e dai tanti nostalgici in camicia nera che esprimevano il proprio cordoglio proprio col braccio teso e il solito frasario d’antan.
I carabinieri del paese antifascista e dove il fascismo è un reato fanno rispettare la legge, non si prestano agli osceni teatrini.
A Milano ogni anno va regolarmente in scena una manifestazione di nazisti perfettamente autorizzata dall’amministrazione e non succede niente. Giusto per citare due situazioni su tante che spiegano perfettamente perché in Italia il fascismo è quanto mai attuale, altroché la storia del passato.
Il 26 giugno scorso Giorgio Napolitano, presidente della repubblica del paese antifascista ha riconosciuto ad Almirante il ruolo di statista “che ha saputo contrastare impulsi e comportamenti antiparlamentari che tendevano periodicamente ad emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane a dimostrazione di un SUPERIORE SENSO dello STATO”. Almirante, quello del giornaletto della razza, della firma sulle condanne a morte in tempo di guerra, quello che ha contribuito a mandare a morire gli ebrei nei lager nazisti ma che, secondo Napolitano, ancora oggi rappresenta un “esempio”.
Almirante che viene ancora citato a sproposito quale alter ego di destra della figura di Enrico Berlinguer cosi come si fa ogni volta che si tenta di paragonare Che Guevara a mussolini.
Come se la diversità la facesse solo l’orientamento politico e non quello che le ideologie hanno rappresentato in questo paese dove non risulta esserci stato nessun regime comunista ma quello fascista sì.
E lo conferma il fatto che, pur essendo vietate per legge tutte le espressioni/manifestazioni che richiamano il fascismo, nei fatti sono perfettamente intrecciate nel tessuto sociale, sono state socialmente accettate in virtù di non si capisce bene quale libertà di espressione, un esempio su tutti quella casapound che viene spacciata per associazione culturale mentre tutti sanno, sappiamo di che si tratta, chi sono i suoi frequentatori abituali.
Perché il problema è sempre lo stesso: in questo paese manca del tutto un’educazione alla libertà di espressione, tutto si nasconde dietro il presunto diritto di poter manifestare qualsiasi pensiero, anche fosse quello violento dell’ideologia fascista e non lo si può vietare pena l’accusa di essere fascisti “al contrario” solo perché si chiede di applicare una legge che c’è ma che per convenienza politica si è sempre fatto finta che non ci fosse. Nel paese normale antifascista nessun mussolini avrebbe mai potuto trovare posto nel parlamento della repubblica antifascista. I conti col passato si chiudono chiudendo col passato, e uno stato serio, che avesse davvero a cuore quella Costituzione che ha messo fuorilegge il fascismo aveva il dovere di contrastare  ogni pericolo per la tenuta democratica di una repubblica nata da una Resistenza Antifascista.  Non si danno altre possibilità a chi sostiene ancora l’ideologia fascista di chi ha combattuto contro l’Italia. E non si intitolano piazze e vie a Giorgio Almirante.
Invece lo stato per mezzi dei governi che si sono succeduti ha taciuto e acconsentito, ha lasciato che la Storia venisse stravolta incentivando e promuovendo quell’ignoranza che devasta, non permette la giusta comprensione dei fatti che hanno riguardato questo paese, affinché si affermasse l’idea che tutto sommato esprimere e manifestare idee fuorilegge, fuori da una repubblica antifascista non fosse poi così pericoloso.
Mentre e invece lo è.
Il fascismo non è un’opinione: è fascismo, ed è un REATO.

I come Italia, iperbole e idiozia

Il Palacio de La Moneda sotto i bombardamenti.

Solo dei piccoli cervelli possono pensare che la critica alle esagerazioni di Grillo significhi poi ignorare gli altri problemi.

Ci sono teste in cui c’è spazio sufficiente per tutto, soprattutto per la memoria di ciò che non va dimenticato.

Se berlusconi poteva e può ancora contare sul suo esercito di yesmen anche Grillo è in ottime mani, ad esempio quelle di Andrea Scanzi che è sempre il primo a correre in soccorso dell’esagitato ogni volta che la fa fuori dal vaso ricordando al suo numeroso pubblico, la platea plaudente di facebook che sì, è vero, Grillo esagera, “però…”.

Però, un cazzo, lo dico a Scanzi col quale spesso sono stata d’accordo ma  che mi ha cacciata dalla sua bacheca facebook perché non sono una che abitualmente si unisce ai cori  e a tutti quelli che  vanno a fare la ola nella sua pagina  pensando che sia vero ciò che scrive quando con la sua solita arrogante sicumera ricorda all’orbe terracqueo che è vero, quelle di Grillo sono esagerazioni ma confrontate a quello che succede sono poca cosa. Mentre non sono affatto poca cosa ma quello che poi contribuisce ad avvelenare il dibattito pubblico dividendo l’opinione in opposte fazioni, da una parte i difensori tout court e dall’altra quelli,  me compresa, che pur condividendo molte delle battaglie del movimento di Grillo non pensano che sia utile né giusto difendere poi tutto quello che dice Grillo.  Ma è diventato perfettamente inutile cercare di spiegarlo all’esercito dei gnè gnè gnè allora le foibe, far capire che l’atteggiamento di Grillo, quello che dice, diventano una inutile prova di forza fra chi si impegna a costruire e chi poi arriva per buttare giù il castello. Rispetto alle cose dette da Grillo su Napolitano e Renzi che sono peggio di Pinochet mi sarei aspettata una diversa reazione anche dai suoi, anche da Scanzi, che in quanto opinion leader di questa nostra epoca sciagurata dovrebbe avere un senso di responsabilità diverso e  maggiore quando si esprime, non trasformarsi nell’ultras che approva e contribuisce ad agitare le pance.  

Scanzi se vuole fare un’operazione corretta, di informazione vera, invece di difendere Grillo racconti alla sua platea numerosa chi era Pinochet,  cosa è stato il regime subito dal Cile. A meno che la figura di Pinochet sia criticabile solo quando viene associata ai suoi rapporti amichevoli col papa santo Wojtyla e non invece per il suo ruolo infame nella storia: quello di un dittatore che ha rovesciato un sistema politico con un colpo di stato che ha causato la morte di migliaia di persone, una storia che dovrebbe essere di tutti, non solo di qualcuno.

Criticare il nostro sistema fatto a pezzi da una politica di impresentabili cialtroni, miserabili incapaci e ancorché delinquenti a pieno titolo non significa riconoscere poi meriti ad altri sistemi criminali, fascisti e nazisti, regimi durante i quali le persone venivano ammazzate anche e solo per un’idea contraria.
Qui ancora e per fortuna nessuno viene ammazzato se dice e scrive che non gli piacciono Napolitano e Renzi e che berlusconi in qualità di pregiudicato condannato alla galera dovrebbe stare – appunto – in una galera e non a riscrivere la legge.
Quindi, andiamoci piano con le parole, perché davanti a certe parole è inevitabile poi che qualcuno, chi la storia la conosce almeno, si risenta e gli venga poi voglia di dire che quelle parole non gli sono piaciute.

L’esagerazione, la provocazione, l’iperbole che si usano nel linguaggio per descrivere una situazione enfatizzandola, per mettere quella situazione all’attenzione dei propri interlocutori e di chiunque si voglia raggiungere col proprio messaggio, devono avere qualche riferimento anche minimo ad una realtà che sia di facile comprensione, che sia sufficientemente credibile.
Altrimenti l’unico effetto che ottengono è quello di ridicolizzare chi ne fa un uso improprio.
Quando berlusconi disse che lui e i suoi figli vivevano come sotto il regime del terzo reich tutta l’Italia civile e che un po’ si ricordava cosa fosse stato il regime nazista di hitler non gliela fece passare.
Nessuno si sognò di dire che tutto sommato l’uscita di berlusconi era appena appena un po’ fuori le righe ma di una misura accettabile per essere giustificata dalla comprensione perché, in fin dei conti, c’era del vero in quello che diceva. Semplicemente perché tutti sapevano, sapevamo che non era vero niente, che tutti sappiamo o dovremmo sapere che col regime nazista di hitler si possono paragonare soltanto altri tipi di regimi, proprio come furono quelli delle dittature sudamericane nazifasciste che nessuno dovrebbe permettersi di usare quale paragone per descrivere la situazione politica italiana.
Semplicemente perché non sono la stessa cosa, non si somigliano nemmeno.
Non è proprio la stessa cosa morire sotto un regime, per mano di un dittatore che decide le “categorie” di persone che hanno diritto alla vita e quelle che invece meritano di morire.
L’imprenditore, il padre e la madre di famiglia che si suicidano sono drammi e tragedie che fanno sì parte della situazione insostenibile di questo paese ma non sono uguali a chi veniva fatto sparire, messo su un aereo e buttato nell’oceano come usavano fare in Cile coi dissidenti politici e come facevano hitler e mussolini che non mandavano in vacanza chi si opponeva al regime ma a morire in un campo di sterminio.
berlusconi come Grillo e come la new entry Tavecchio, possono dire ciò che dicono perché sanno di poter contare su un esercito di italiani ignoranti che non conoscono la storia né certe vicende accadute nel passato, gente senza conoscenza e senza memoria che assorbe e metabolizza tutto senza alzare un sopracciglio, quando addirittura non difende e giustifica questo modo di fare. Grillo decida una volta e per tutte cosa vuole essere, se l’agitatore di popolo, il leader carismatico di un movimento che pensa anche cose buone o l’anziano rincoglionito che, come il nonno a tavola al pranzo di natale, intrattiene gli ospiti con le sue flatulenze. 

Una rotonda sul male

Sottotitolo: “queste leggi, questa gente che voleva la purezza della razza erano cristiani, sono leggi sancite dai battezzati. Vi chiedo perdono per questo”. [papa Francesco]

Rotonda Almirante a Latina: la rivolta di Pd,Pennacchi e partigiani – Il Corriere della Sera

Napolitano e Bertinotti omaggiano Giorgio Almirante: vergogna!  da www.ecn.org/antifa/

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il 26 giugno scorso, ha inviato un messaggio al Convegno organizzato alla Camera in occasione del centenario della nascita di Giorgio Almirante, in cui ha affermato che Almirante «ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti antiparlamentari che tendevano periodicamente ad emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane […] a dimostrazione di un SUPERIORE SENSO dello STATO che ancora oggi rappresenta un esempio».
Dal canto suo, nell’occasione, l’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti, ha pensato bene recarsi in visita dalla vedova, già periodicamente frequentata, al pari di Valeria Marini e del principe Sforza Ruspoli, nel suo andirivieni tra i salotti romani.

 

Sappiamo benissimo tutti che il dovere di un papa è quello di cercare consenso promuovendo il bene con tante belle parole a cui non seguono mai  le azioni,  ma siamo così in debito d’ossigeno di parole sane che  non si può fare a meno di evidenziare che il papa almeno ci prova a sollevare certe questioni di cui la politica non si occupa e non si preoccupa più, e anche quando sembrava che lo facesse i risultati sono stati insufficienti, per usare un eufemismo. Ad esempio di mafia e di lotta alla mafia in questi ultimi mesi ne ha parlato più il papa che Renzi, e al papa tocca anche mettere bocca su faccende passate che sono più che mai attuali come, sempre ad esempio, porre l’accento sul fascismo che di cose buone non ne ha fatte nemmeno una, nonostante quello che voleva farci credere il pregiudicato impostore che ha riempito il parlamento,  oltre a quella semplicemente delinquente come e peggio di lui composta da mafiosi, corruttori, corrotti, indagati, inquisiti e imputati, anche di feccia fascista che un paese antifascista per Costituzione avrebbe dovuto relegare da tempo nell’armadio delle vergogne. Invece qui si restituisce e si rinnova una dignità anche ai fascisti sostenitori dell’unico regime sanguinario che l’Italia ha subito, così, giusto per anticipare la solita corbelleria secondo cui “fascisti e comunisti pari sono”. Col cazzo, parlando senza pardon.

E quindi accade che mentre il papa chiede perdono per le leggi razziali a Latina si intitola una rotonda stradale a Giorgio Almirante, che di quelle leggi si fece promotore firmando il manifesto della razza e anche editore per mezzo di un giornale, “La difesa della razza” – di cui era segretario di redazione – che esaltava l’esclusione, la discriminazione e la superiorità della razza ariana.
Secondo l’assessore De Monaco, attualmente vicepresidente di giunta di Latina, Almirante merita di essere ricordato anche così in quanto “è stato un grande uomo politico, anticipatore di un linguaggio ancora attuale, legatissimo a questa nostra terra”.
Più o meno le stesse parole fatte pervenire in una lettera alla Camera da Napolitano, presidente di una repubblica antifascista per Costituzione, fondata sulla Resistenza al tiranno nazifascista, solo poche settimane fa durante la commemorazione del centenario della nascita del leader fascista. E sarebbe cosa gradita se qualcuno spiegasse perché Almirante venga ricordato con tanta enfasi istituzionale nel paese antifascista che dovrebbe essere l’Italia.
Napolitano che ha riconosciuto ad Almirante “l’espressione di una generazione di leader di partito che, pur da posizioni ideologiche profondamente diverse, hanno saputo confrontarsi mantenendo reciproco rispetto, a dimostrazione di un superiore senso dello stato che ancora oggi rappresenta un esempio”.
Almirante, un fascista mai pentito, collaboratore stretto di mussolini in tempo di guerra, traditore dell’Italia in quanto aderente alla costituzione della fasciorepubblica di Salò dove ricopriva il ruolo di capomanipolo, responsabile ed esecutore materiale di uccisioni, torture, deportazioni nei campi di sterminio.
Dunque se un nemico di questo paese e delle sue fondamenta democratiche viene ancora commemorato nei palazzi delle istituzioni, rimpianto dal presidente dell’ordine dei giornalisti Iacopino che lo considera “amico, fratello e nel mio caso anche un po’ papà“, apprezzato con parole di stima dal presidente della repubblica, gli vengono intestate piazze e vie nel silenzio assoluto della politica che dovrebbe avere in sé quei valori della Costituzione antifascista, scritta col sangue dei morti uccisi anche per volontà di Almirante è facile comprendere il perché questo è un paese ridotto così male e destinato a diventare sempre peggio.