And the winner is…

Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

Nuovismo giovanilistico (peppapigghismo) Rita Pani

L’Italia chiedeva il nuovo, l’Italia ha lottato per la rottamazione, l’Italia ha chiesto a suon di Vaffanculo l’abolizione del vecchiume. In teoria, quindi, dovremmo essere contenti. Mai visto un governo più giovane di così. La corsa al rinnovamento chiuse i portoni delle Frattocchie, e aprì le porte della casa del grande fratello. Per lunghi anni, anziché sognare di trovare un lavoro, si sperava di vincere alla lotteria, si smise di sognare una casa e si iniziarono a desiderare le ville. Le madri smisero di stimolare la crescita intellettiva delle figlie, prediligendo la crescita siliconata delle loro tette. Se a noi insegnarono a non prostituire mai il nostro pensiero, alle altre figlie fu insegnato a prostituire tutte loro stesse, senza mai fermarsi a pensare.

Da ieri rido se mi torna in mente la ministra distratta da Peppa Pig, ma non partecipo alla “fucilazione” che sta dilagando sui social network, con la denuncia del suo essere “una raccomandata di ferro”. Perché dovrei? È la naturale conseguenza di tutto ciò che negli anni si è seminato, quando a quelli come me – vecchiume ideologizzato, anacronistico, quasi folkloristico – si doveva sputare in faccia.

Oggi mi ricordo di tutte le volte che i “nuovisti” mi hanno chiamato troia comunista, e sono grata, perché è vero che allargo le braccia in segno di resa, ma accompagno il gesto con il bellissimo suono di una risata.

Arriverà il tempo anche per voi “giovani peppapigghisti”, di chiedere aiuto, di aver bisogno di pensare, di far ritorno al passato e quel giorno pure da morta io riderò. Perché almeno noi, possiamo ricordare Nilde Jotti, voi dovrete rimpiangere la Carfagna.

***

Sottotitolo: sono una persona semplice e che ragiona e riflette sulle cose come la maggior parte della gente, ovvero in modo semplice.  Ecco perché se si tratta di responsabilità da affidare a qualcuno parto sempre dall’assunto della capacità, della competenza, dai trascorsi professionali che possono garantire un’affidabilità; se sono in pericolo di vita non mi interessa se chi me la deve salvare sia uomo, donna, nero, asiatico, europeo, lesbica, trans o gay. Mi interessa che sia una PERSONA che sa fare bene il suo lavoro. Renzi non è andato a prendersi i ministri [donne e uomini] fra le persone che si attivano sul serio, fra quelle, e ce ne sono, che ogni giorno sono a farsi il mazzo sul territorio a contatto con le realtà tragiche e drammatiche di questo paese, no. Li ha cercati e trovati nello stesso posto in cui sono andati a prenderli tutti i suoi predecessori che almeno non hanno avuto l’ardire di parlare di rinnovamento, rottamazione. Li ha cercati e trovati nel solito establishment composto da persone che devono rispondere a chi si occupa di altre cose, di altri interessi sempre in contrasto con quella politica che invece dovrebbe fare gli interessi di tutti, in special modo delle persone in difficoltà proprio per colpe e irresponsabilità di chi ha sempre fatto gli interessi di qualcuno e non di tutti.

***

Il Vangelo secondo Matteo (Marco Travaglio)

***

Come Blair: sì, il bugiardo Blair

di Barbara Spinelli, per www.listatsipras.eu

***

IL GOVERNO COME UN TALENT: RENZI NON VUOLE L’ESPERIENZA – Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano

***

FEDERICA GUIDI, PRIMA GRANA PER RENZI 

***

GRATTERI: «NON DICO NEMMENO UNA SILLABA» 

Dunque Sanremo è donna, come il governo Renzi. Accogliamo tutti con giubilo vivo e vibrante la vittoria di Arisa, solidarizziamo tutte e tutti con lei così come ci tocca fare con le ministre “nuove”, quelle giòòòvani e rampanti nominate da Renzi, quelle che non se lo aspettavano perché erano occupate a fare tutt’altro, ad esempio guardare i cartoni animati alla tivvù. Non azzardiamoci per carità a fare una critica dicendo ad esempio che pur non essendo abituée della visione del festival ci piacerebbe che fossero i più bravi a vincere il festival della canzone italiana, non invece quelli che hanno sempre imposto le case discografiche, non foss’altro perché ci toccherà sopportare le conseguenze di Sanremo spalmate un po’ ovunque fra radio e televisioni per chissà quanto tempo ancora. E non azzardiamoci nemmeno a dire che [forse] anche la scelta dei ministri di Renzi [donne e uomini] non è stata fatta basandosi sulla competenza, preparazione, merito eccetera ma che i giochi, proprio come a Sanremo, sono stati fatti altrove dai palazzi della politica e hanno portato nei vari ministeri persone che dovevano essere quelle [donne e uomini] e non altre. E che l’unica persona che sarebbe stata guardata con favore proprio per la sua competenza, che ispira fiducia per i suoi trascorsi professionali, ovvero Nicola Gratteri che ahimé, è un uomo, è stato lasciato fuori dalla porta del palazzo proprio per eccesso di capacità e di serietà. No: l’esaltazione della meritocrazia è nominare ministro una che di mestiere fa l’imprenditrice e che solo qualche giorno fa era a cena da berlusconi in quel di Arcore, un’altra che ha saputo di essere diventata ministra mentre guardava Peppa Pig. Poi che casualmente sia la stessa persona il cui padre era in rapporti stretti di amicizia con Veltroni, che è stata fidanzata col figlio di Giorgio Napolitano e che ora è sposata con Mario Gianani, un produttore cinematografico che lavora in società con Lorenzo Mieli, che non è un omonimo di Paolo ma è proprio il figlio, senza contare che Marianna Madia, nominata alla semplificazione e non è uno scherzo, che prossimamente darà alla luce il suo secondo figlio, rischierà di doversi assentare dal suo posto di lavoro proprio come fece il giorno che in parlamento si votava sullo scudo fiscale, giorno in cui lei si trovava casualmente in vacanza a Rio de Janeiro forse perché come D’Alema non aveva capito quanto fosse importante quella votazione che avrebbe potuto battere berlusconi politicamente, proprio come si è sempre augurato, oltre a molti altri, il globetrotter neo assunto a palazzo Chigi; anche lui per meriti, ci mancherebbe.

In un paese normale berlusconi sarebbe in galera

Mauro Biani

In parlamento tutto è permesso, perfino far sedere al tavolo della discussione un delinquente condannato interdetto e decaduto, ma guai a dire le parolacce. Signora mia.

Ringraziamo Matteo Renzi per averci costretto ad assistere all’ultima oscenità, quella definitiva di un delinquente che può ancora parlare di responsabilità politica, partecipare alla gestione politica e dello stato come se non fosse stata principalmente la sua irresponsabilità criminale e quella dei suoi complici, divisa equamente fra politici ed elettori, la prima causa del disastro attuale. 

 Un sentito grazie va anche alle “alte discariche” [cit. Marco Travaglio] dello stato che tutto condannano meno però, i condannati veri.

VIDEO – IL PREGIUDICATO B. AL QUIRINALE: ‘NOI OPPOSIZIONE, AVANTI CON RIFORME’

A furia di piagnucolare di nuovo fascismo nessuno si è accorto che invece c’era ancora quello vecchio che vive e lotta insieme a loro. La santanché che esulta dicendo che il tempo è galantuomo perché berlusconi passa davanti ai carabinieri che invece di arrestarlo lo salutano è un’altra tessera di questo mosaico degli orrori.

Quindi oltre a Matteo Renzi e alle alte discariche bisogna ringraziare tutti i giornalisti di regime, dei vari regimi ormai, che cominciano con berlusconi per arrivare a Renzi passando per Monti e Letta che invece di concentrarsi sul vero fascismo ne hanno fabbricato uno nuovo per dare modo a quello vecchio di potersi riorganizzare.

“L’opposizione responsabile com’è sempre stata” è relativa a quanto la politica sarà disposta a concedere ancora a berlusconi per continuare a disturbarlo il meno possibile; a quanto sarà disposta ancora a fare per garantirgli il mantenimento della “robba”. Sono passati vent’anni e c’è ancora chi crede alle balle criminali di silvio berlusconi. Che è lo stesso che diceva che le sue sentenze non dovevano avere niente a che fare con la stabilità del governo.
Coglioni.
Coglioni.
Coglioni.

Ringraziamo dunque moltissimo e con viva e vibrante commozione, tutti quelli che in questi mesi invece di ricordare tutti i giorni agli italiani che silvio berlusconi in un paese semplicemente normale, non eccellente ma dove la politica fa il suo, l’informazione fa il suo e gli elettori fanno il loro sarebbe a scontare quello che gli spetta per aver tradito, truffato e rapinato lo stato, certamente non a decidere di leggi e di governi d’intesa [la loro ma non la nostra] hanno preferito parlare d’altro. Molto spesso del nulla. Fino ad ora gli unici a fare il loro dovere sono stati i giudici che hanno condannato berlusconi, con buona pace di quelli che “berlusconi va battuto politicamente.”

***

Ricordate gli eversori? Marco Travaglio, 16 febbraio

Due settimane fa la presidente della Camera, Laura Boldrini, faceva il giro delle sette tv per difendere l’onore violato del Parlamento, paragonare i 5Stelle ai fascisti e definirli “eversori”. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si diceva “molto preoccupato per il Parlamento”. Le altre cariche dello Stato e i partiti unanimi facevano quadrato attorno ai sacri palazzi minacciati dalle squadracce pentastellate. Poi nello scorso weekend il neosegretario Pd Matteo Renzi, raccogliendo l’appello di tutto il partito, cuperliani inclusi, decideva di prendere il posto di Enrico Letta, giudicando il suo governo una jattura per il Pd e per l’Italia. Mossa comprensibile e legittima (anche senza passare dal voto: nemmeno Letta era stato scelto dagli italiani), anche se incoerente con le sue dichiarazioni degli ultimi mesi. E il primo a esserne informato era Napolitano, nel corso di una cena tête-à-tête lunedì 10 febbraio. Ma il contenuto del colloquio di due ore non veniva comunicato né al Parlamento né agli italiani. Martedì 11 mattina il premier Letta veniva ricevuto al Quirinale per pochi minuti, e ancora una volta il Parlamento e gli italiani venivano tenuti all’oscuro delle cose dette, anche se lo striminzito comunicato del Colle sul “rapido incontro” era una campana a morto per il premier. Tantopiù che qualche ora dopo il capo dello Stato, da Lisbona, faceva sapere che la sorte del governo era affare del Pd. Eppure, nelle democrazie parlamentari, l’unica fonte di legittimazione del governo è il Parlamento che lo sostiene a nome di tutto il popolo. Mercoledì 12 mattina Letta e Renzi s’incontravano nella sede del Pd, senza informare né il Parlamento né i cittadini del contenuto del colloquio. Da indiscrezioni si apprendeva però che Renzi aveva comunicato le sue intenzioni a Letta, il quale gli aveva dato la sua disponibilità a farsi da parte. Poi però convocava la stampa nel pomeriggio per sciorinare un programma di legislatura, abborracciato in quattro e quattr’otto “fino a cinque minuti fa”, ragion per cui non aveva potuto mostrarlo a Renzi in mattinata. E sfidava il segretario a uscire allo scoperto: “Chi vuole il mio posto lo dica”. Tranne gli esegeti del sanscrito politichese, né i cittadini né il Parlamento erano in grado di tradurre quei segnali di fumo. Giovedì 13 si riuniva la direzione del Pd, cioè un’associazione privata, e sfiduciava il governo Letta 136 a 16. Il tutto, ancora una volta, all’insaputa delle Camere. Venerdì 14 Letta riuniva l’ultimo Consiglio dei ministri, poi saliva al Colle per dimettersi nelle mani di Napolitano. Il quale escludeva esplicitamente un passaggio del governo Letta in Parlamento. Napolitano fissava per l’indomani il calendario delle consultazioni fra i partiti, due dei quali – M5S e Lega – decidevano di non partecipare visto che tutti i giochi erano già fatti. Vivo rammarico del Quirinale, ma solo per l’assenza della lega. È la terza volta, da quando Napolitano è presidente, che un governo cade senza il voto del Parlamento, cioè dell’unico organo democratico deputato a sfiduciarlo. E sarebbe la quarta se Romano Prodi, nel 2008, non avesse respinto le pressioni di Napolitano (raccontate nei diari di Tommaso Padoa Schioppa) a ignorare le Camere e non vi si fosse invece presentato per chiedere la fiducia (poi negata). Nel novembre 2001 fu la volta di Berlusconi, che andò a dimettersi al Quirinale senza farsi sfiduciare dal Parlamento. Poi toccò a Monti, che nel dicembre 2012 si dimise nelle mani di Napolitano all’insaputa del Parlamento, solo perché Alfano (a nome del Pdl) aveva dichiarato conclusa la sua esperienza di governo. In una Repubblica parlamentare, anche l’altroieri il capo dello Stato avrebbe rinviato Letta alle Camere per verificare se il suo governo avesse ancora (o meno) una maggioranza. Invece, per l’ennesima volta, non l’ha fatto. E i presidenti delle Camere, Boldrini e Grasso, non hanno avuto neppure la dignità di chiederlo. Domandina facile facile: chi sono gli eversori che profanano il sacro suolo del Parlamento?

Il prestigio internazionale [perché quello nazionale è andato, da mo’]

 

Sottotitolo: non deve essere un mio problema, qualcosa di cui devo vergognarmi io se otto, nove milioni di imbecilli si fanno rappresentare dal partito di proprietà di un delinquente. Sepperò quel delinquente trova ancora accesso nei palazzi delle istituzioni, allora diventa anche un problema mio, del quale posso continuare serenamente a non vergognarmi visto che non ce lo mando io, non lo accolgo io, non gli chiedo io di poter partecipare a quella mensa però mi preoccupo. Mi preoccupo di quella gente che in questo non ci trova nulla di particolarmente strano, grave. Per fare un paragone semplice è come se i dirigenti di Enron dopo il crac e le relative condanne a svariate decine d’anni di galera fossero stati invitati al Congresso o alla Casa Bianca a conferire col presidente americano di allora. E berlusconi troverà una legittimazione popolare finché le istituzioni lo considereranno un interlocutore politico. Non è la gggente che gliela dà, è uno stato i cui rappresentanti non possono rifiutare di dare ancora la parola a silvio berlusconi.

***

Insomma Napolitano si dispiace e si stupisce che la lega non va al Quirinale [dei 5s non gliene frega la solita emerita cippa visto che manco li nomina], mentre aspetta a portoni aperti il figlio discolo, quello a cui ha perdonato tutto. Spero che il mondo ci massacri per quest’altra vergogna, quel tanto che basta a zittire i soloni che poi fanno i loro discorsi pomposi sul perché gli investitori stranieri non vengono a spendere i loro soldi in un paese dove ancora si dà carta bianca in politica a un pregiudicato da galera. Dopodiché mi chiedo, e mi stupisco io, come mai l’Italia non sia stata ancora inserita negli stati canaglia, intorno ai quali i paesi civili, quelli dove lo stato non tratta coi delinquenti di ogni ordine e grado, cuciono un opportuno cordone sanitario e non vogliono averci niente a che fare.

***

«AL COLLE VADO ANCH’IO. NON HO NULLA DI CUI VERGOGNARMI» (Carmelo Lopapa)

Capito? lui non ha nulla di cui vergognarsi.
Uno che ruba allo stato nell’esercizio delle sue funzioni di presidente del consiglio, condannato per questo e con svariati procedimenti penali in corso se la può ridere bellamente e trovare accoglienza al Quirinale. Mi piacerebbe sapere dove sono i difensori della caaaasa della democrazia, quelli che s’indignano se in parlamento volano parolacce ma poi tacciono su una cosa mai vista nella storia della civiltà umana.

***

E, come al solito, l’informazione [che non c’è salvo rarissime eccezioni, quelle faziose ed eversive] ha una grande responsabilità per aver trattato la questione relativa alle vicende che riguardano i procedimenti penali di berlusconi in modo tale che non arrivasse la reale percezione della gravità nell’opinione pubblica e per non essere stata lo sprone, quel cane da guardia del potere, in grado di mettere in imbarazzo il potere e fargli rivedere almeno qualche atteggiamento.  Quando Napolitano bacchettava i magistrati, quando li invitata a permettere al più delinquente di tutti di poter partecipare alla “delicata fase politica”, subito dopo la condanna in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile, quando subito dopo la condanna definitiva di berlusconi per frode fiscale Napolitano anziché complimentarsi coi giudici ha chiesto di mettere mano alla riforma di quella giustizia che per una volta, a tozzi e bocconi aveva funzionato dov’erano i giornaloni, ad esempio quelli  che insorgono sulla violenza dei cinque stelle?

Tutto doveva essere, e tutto “è stato”; è solo di qualche giorno fa la discussione sull’opportunità che a berlusconi bisognava dare, e cioè il diritto di partecipare alla stesura della legge elettorale. E l’informazione ufficiale, quella che si siede col potere e non lo contrasta, anziché battere sul tasto che nei paesi normali non si dà mandato ai pregiudicati di fare le leggi ha insistito sul fatto che Renzi ha fatto bene perché forza Italia E’ berlusconi. Mentre non è affatto così, e se esiste una forma per quanto riguarda il linguaggio della politica a maggior ragione ne dovrebbe, ne deve esistere una per impedire ad un condannato alla galera di poter ancora decisivo nella discussione politica, di poter entrare e uscire dalle segreterie di partito, di poter agire da persona libera, onesta e incensurata. Possibilità che sarebbero negate a qualsiasi altro cittadino che avesse commesso reati infinitamente minori. Con una condanna penale non si può far parte di una Onlus, ovvero fare volontariato gratuito, non si possono svolgere professioni che hanno a che fare col pubblico, ad esempio il vigile urbano, il bidello in una scuola ma si può trovare residenza in parlamento come già accaduto in passato per persone che avevano intrapreso una lotta violenta contro lo stato, oppure quelle che in corsa avevano avuto avvisi di garanzia per collusioni mafiose, reati relativi alla corruzione sempre in quel pubblico che la politica e le istituzioni dovrebbero tutelare, non mettersi a braccetto coi ladri, i truffatori, i corruttori, i collusi con la mafia:  anche quelli che la mafia se la tenevano in casa e pagavano il pizzo per proteggersi.

***

Sulla Smart del vincitore – Marco Travaglio, 15 febbraio

Uno sente parlare i dirigenti del Pd, soprattutto i lettiani e gli antirenziani. Poi legge i giornali che nove mesi fa salutavano in Enrico Letta l’alba di un nuovo giorno radioso, l’ultima speranza dell’Italia, il capolavoro di Napolitano. E gli viene spontaneo domandare: scusate, cari, ma quando l’avete scoperto che il Nipote era una pippa? No perché, ad ascoltarvi e a leggervi in questi nove mesi, non è che si notasse granché. Benvenuti nel club, per carità: meglio tardi che mai. Ma, prima di saltare sulla Smart del nuovo vincitore, forse era il caso di chiedere scusa: pardon, ci siamo sbagliati un’altra volta. Il fatto è che ci sono abituati, non avendone mai azzeccata una: avevano puntato tutto su D’Alema, poi su Veltroni, persino su Rutelli. Ci avevano spiegato che B. non era poi così male, guai a demonizzarlo, anzi occorreva pacificarvisi. Poi si erano bagnati le mutandine all’avvento di Monti: che tecnico, che cervello, che sobrietà, che loden. Poi tutti con Enrico, a giocare a Subbuteo per non perdersi “la rivoluzione dei quarantenni”. E ora eccoli lì, col solito turibolo e senza fare un plissè, ai piedi del Fonzie reincarnato. Pare ieri che Aldo Cazzullo, sul Corriere , s’illuminava d’immenso: “Napolitano non ha citato Kennedy – ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione…’ – ma ha detto più o meno le stesse cose mentre affidava l’incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno […]. L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa” perché “a Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2”. Ora, oplà, si porta avanti col lavoro ed entra nel magico “mondo di Renzi” passando “dal parrucchiere Tony Salvi e dal suo salone di bellezza”: “il sindaco viene tre volte la settimana” e “questo è l’unico posto dove stacca il cellulare”. Per far che? Ordinare un’impepata di cozze? Ballare il tango? Nossignori. Udite udite: trovandosi dal barbiere, il Renzi “si fa spuntare i capelli (è stato Tony a fargli tagliare il ciuffo)”. E nel “bar di Marcello”? Trattandosi di un bar, “fa colazione”. Indovinate ora cosa riesce a combinare “nella pizzeria Far West di Pontassieve”? Ordina la pizza. Ma senza mai perdere la sua personalità, ché Lui “non è mai stato e soprattutto non si è mai sentito un ‘uomo di’. Tantomeno di Lapo Pistelli”. E “sarebbe sbagliato sopravvalutare l’influenza di amici cui pure è vicinissimo, come Farinetti e Baricco”. Perché “nessuno l’ha mai visto in soggezione”, neanche davanti a Obama e Mandela. Non porta loden, non gioca a Subbuteo, né si conosce la sua posizione in merito al Drive In e agli U2. Però “il maglione color senape è il regalo di compleanno di Giovanna Folonari”, mica cazzi. Il suo discorso dell’altroieri in Direzione, “come tutto il dibattito a seguire, è segnato da una vena lirica”. E con la stampa, come andiamo con la stampa? “Tra i giornalisti Renzi ha rapporti di stima con Severgnini e Gramellini, ma non ha amici, se non la coppia Daria Bignardi-Luca Sofri (con Fabio Fazio, dopo una distanza iniziale, si sentono ogni tanto)”. E Cazzullo? Su, Aldo, non fare il modesto: eddai, mettiamoci pure Cazzullo e non ne parliamo più.

Per non trascurare i dettagli fondamentali, Repubblica dedica un’intera pagina alla Smart (“A tutto gas sulla Smart: così il Renzi-style archivia auto blu e berline”). Essa “è leggera, veloce e un po’ prepotente: è giovane, poi, costosa e non italiana. Insomma, è molto Renzi”. Il quale – salmodia umido Claudio Cerasa sul Foglio – “sfanala con gli abbaglianti della Smart nello specchietto retrovisore della Panda di Letta, decide di premere la frizione, di cambiare marcia, di mettersi in scia, di azionare la freccia, di tentare finalmente il sorpasso”. Per fare che? “Diventare l’Angela Merkel del Pd”. E, assicura Giuliano Ferrara, “arrivare a Palazzo Chigi con piglio teutonico”. Il ragazzo, come dice Sallusti, “ha le palle” più ancora di Palle d’Acciaio. E, aggiunge Salvatore Tramontano sul Giornale, “ha rottamato la sinistra che voleva rottamare Forza Italia. Ha messo fine al ventennio. Antiberlusconiano. Ha dimostrato che si può non avere paura del futuro. Come Berlusconi”.

Del resto, osserva Repubblica , “smart sta per ‘intelligente’, con una sfumatura di brillantezza”. La sfumatura che gli fa Tony quando gli spunta il ciuffo. E il discorso in Direzione? Dire sobrio sarebbe troppo montiano: “asciutto, senza fuochi d’artificio, senza retorica”. Decisiva “la camicia bianca”, “cambiata un attimo prima in bagno” dal Fregoli fiorentino (prima era “celeste”): “È il suo tratto distintivo, è il richiamo al mito Tony Blair”. In effetti, a parte lui e Blair, chi ha mai portato una camicia bianca? La Stampa la butta sul mistico: mamma Laura “l’ha affidato alla Madonna… della quale, sopra la porta d’ingresso, c’è una bella icona”. Del resto a Pontassieve “la Madonna dev’essere di casa perché il posto dov’è cresciuto Renzi sembra un paradiso”. Senza dimenticare che lui “la sua station wagon” la guida personalmente “con la moglie Agnese a fianco e il rosario sullo specchietto”. Santo subito. E anche colto, molto colto. La lingua corrierista di Luca Mastrantonio scomoda Dante Alighieri (“per il suo libro Stil novo”), lambisce “Cosimo de’ Medici” e “Benedetto Cellini” (che si chiamava Benvenuto, ma fa niente) e s’inerpica su su fino a Steve Jobs (per “il celebre imperativo categorico rivolto ai giovani americani: Stay hungry, stay foolish”) e al “Grande Gatsby, l’affascinante outsider dell’età del jazz americana… Gatsby e Renzi sono entrambi personaggi fuori misura, dotati di carisma e ambizione, ma i moventi sono diversi”. Tra l’Unità ed Europa è il solito derby del cuore, anzi della saliva. Un filino più perplessa la prima, anche se Pietro Spataro conviene che “l’Italia ha bisogno come l’aria (sic, ndr) di una svolta radicale”, “restare nella palude sarebbe stato il male peggiore”, ”meglio essere trascinati da un’‘ambizione smisurata’ che prigionieri di una modesta navigazione”: peccato che né lui né l’Unità avessero mai avvertito i lettori che Letta era una palude e una modesta navigazione (che s’ha da fa’ per campa’). Eccitatissimo, su Europa, il sempre coerente Stefano Menichini. Solo in aprile cannoneggiava il “ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere”: “i Travaglio, i Padellaro, i Flores che annullano la persona di Enrico Letta perché ‘nipote’”. Putribondi figuri che osavano dubitare delle magnifiche sorti e progressive del governo Letta: “personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini… lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione”. Ora invece, con agile balzo, impartisce l’estrema unzione al fu Nipote (“Enrico Letta lascia dopo aver tenuto il punto ma essendosi fermato un attimo prima di coinvolgere il paese, il sistema politico e il Pd in uno psicodramma pericoloso”) e bussare alla “porta che si sta spalancando a una stagione davvero nuova e inedita dell’intera politica italiana”: quella di Renzi, che “si avvia verso l’obiettivo della vita, il governo, col suo solito passo accelerato, e la notizia fa già il giro del mondo suscitando verso l’Italia una curiosità finalmente positiva”. Perché “a ogni suo salto di status, si allarga il numero di chi viene coinvolto dalle sue scelte e dalle sue fortune. Fino a oggi era solo il popolo democratico. Da domani sarà l’intero popolo italiano”. Torna finalmente a rifulgere il sole sui colli fatali di Roma.

Se questo è il nuovo che avanza, aridatece l’usato garantito almeno dalle elezioni

Governo Renzi, Boldrini possibile ministro. In lizza anche Farinetti e Baricco

E’ consolante sapere che il presidente del consiglio [per quanto ancora non è dato sapere, visto che non tocca a noi decidere] nei momenti di difficoltà cerchi rifugio e conforto nel trascendentale. In occasione della visita alla comunità di sant’Egidio invitò a pregare, ieri si è affidato alla provvidenza, come un naufrago senza la meta,  un malato terminale senza più speranze di guarigione. Se fossi una cattolica credente e praticante m’incazzerei moltissimo per questa continua mescolanza fra sacro e profano, laico e religioso. Letta manca di rispetto due volte: alle persone che credono sinceramente e a quelle che invece preferirebbero che il loro destino pratico fosse affidato a persone che non si rifugiano nel mistico ma si attivano per risolvere  problemi che non hanno nulla a che fare con la fede religiosa, quale essa sia.

Non era così che doveva andare. Napolitano aveva formato il governo di larghe intese perché risolvesse i problemi più urgenti, prima di tutto una legge elettorale in rispetto alla Costituzione e in secondo luogo quelli legati alla situazione economica del paese, un governo che avrebbe dovuto avere una durata breve, il tempo necessario per un rilancio anche minimo e che agisse in contrasto alla crisi. Mentre non è andata affatto così, in dieci mesi questo governo si è occupato di tutto fuorché di quelle cose di cui i cittadini si accorgono livellandole al loro tenore di vita. Invece la situazione generale non solo non è affatto migliorata ma in compenso abbiamo assistito, giorno dopo giorno, al disfacimento totale di quel che restava della democrazia e ad iniziative che nulla avevano ed hanno a che fare con la crisi economica. Ecco perché, stando ai sondaggi e al comune sentire, gli italiani vogliono tornare ad esercitare quel diritto sancito in tutte le democrazie che è quello di scegliere i propri rappresentanti politici e di governo. Un diritto che da tre anni viene negato ai cittadini italiani trattati come minus habens non in grado di decidere. E se una parte del popolo ha deciso, scelto di affidare la sua fiducia ad una forza politica nuova, emergente bisogna che quella volontà venga rispettata. E, last but no least, se Renzi pensa di avere le capacità di guidare un governo dovrebbe farlo seguendo le norme procedurali, quell’iter dimenticato che risponde alla definizione di ELEZIONI DEMOCRATICHE, perché Matteo Renzi all’oggi non ha nessuna legittimità popolare così come non l’avevano Monti e Letta; ricordiamo al segretario del piddì che non sono i due milioni e rotti che hanno votato alle primarie del piddì la maggioranza del popolo italiano. Quella autorizzata a formare e a dissolvere i parlamenti col voto, non per mezzo di  discipline olimpioniche.

Quando in una democrazia viene negato al popolo di scegliere i suoi rappresentanti c’è solo una parola che può definire quel regime, questa è una dittatura mascherata, altroché larghe intese. Oggi il potere si è organizzato, e i colpi di  stato non li fa più utilizzando i militari ma li istituzionalizza nei parlamenti.  L’elettorato è diviso per tre ma il potere, quello che decide per conto Napolitano che a sua volta risponde ai grandi poteri dell’economia e della finanza europei viene diviso  sempre per due. Il terzo, ça va sans dire, è l’incomodo, quello di troppo. Fate ciao con la manina alla democrazia, perché non siamo su scherzi a parte.

Il paese dei record, tutti negativi, ovvero: la barbariA

In questo paese il presidente del consiglio pensa che sia peggio avere un padre fascista, un padre che non si è scelto come invece si può scegliere di mettersi fuori dalla legge come Adriano Sofri, che un suocero con qualche problemino di giustizia, visto che ha sentito la necessità di solidarizzare con la Bignardi dopo 24 ore mentre per Di Matteo uno straccio di solidarietà, pelosa, d’accatto, diluita dentro quella inutile per Grasso è arrivata dopo tre mesi dalla prima minaccia mafiosa. Letta pensa che la barbariA risieda in qualche frase di cattivo gusto anziché nell’aver condiviso il parlamento per vent’anni con un criminale e i suoi sodali. Questo è il messaggio istituzionale che arriva dal primo ministro. Quello che invece arriva dall’informazione, quella solita a cui siamo purtroppo abituati è che attuando la stessa strategia utilizzata per berlusconi si produce l’effetto contrario. In questo paese di mamme e mammoni l’attacco senza spiegare esattamente cos’è che si vuole criticare, quando c’è da criticare, non paga, anzi, produce consenso per l’attaccato di turno, quando non c’è un’argomentazione valida rispetto  a quello che si vuole criticare. Strano che io ci arrivo e, ad esempio Scalfari no.

***

Chi lo ha detto che l’Italia non è un paese emergente? 

Emerge, eccome, dal solito fango ma lo fa.

Ce l’abbiamo fatta: l’Italia vanta il record europeo di corruzione (Giampiero Gramaglia)

ALLARME ROSSO ITALIA CORROTTA IMPIETOSO DOSSIER DELLA COMMISSARIA UE MALMSTRÖM: 60 MILIARDI BUTTATI IN TANGENTI TRA APPALTI TRUCCATI E INTESE COSCHE-PALAZZO. 
COMMISSIONE UE Dossier di Bruxelles: metà delle mazzette del continente sono made in Italy.

Peggio di noi soltanto Grecia, Croazia, Bulgaria e Romania La commissaria agli Affari Interni, Cecilia Malmström, è impietosa: il 97% degli italiani percepisce il fenomeno come dilagante, il 42% se ne sente vittima. Le tangenti pagate valgono 60 miliardi Allarme per i rapporti con le mafie e per le leggi ad personam.

***

Quanto sono superficiali queste Commissioni che non si occupano di beghe [e beghine] nostrane ma pensano, da perfetti benaltristi, che il problema in Italia non sia il traffico, ad esempio. Fantastico, e assolutamente rasserenante quanto all’Europa non freghi assolutamente un cazzo della nostra politica interna del gné gné gné.

***

Laura Boldrini: al lupo al lupo arriva il fascismo – Saverio Lodato per Antimafia 2000

***

La presidente “arbitro” che fa il tifo come in curva (Andrea Scanzi)

***

Senti chi insulta (Marco Travaglio)

***

Per sedare le liti fra bambini i genitori di solito usano dire al più grande che è, appunto più grande e quindi deve smetterla per primo, a volte aggiungono anche “più intelligente”, per esaltarne l’orgoglio e farlo calmare prima. 

Nel caso di specie purtroppo non si tratta di bambini ma di persone adulte e nessuna ci tiene a fare la parte di quella più grande e men che meno della più intelligente.
Altrimenti certe situazioni verrebbero liquidate in maniera più elegante, non verrebbero ingigantite appositamente, nessuno parlerebbe di eversione, giuliano ferrara che definisce Grillo un fuorilegge della democrazia, lui che in gioventù andava in giro con le mazze a sfasciare come un black bloc qualunque, sarebbe stato zittito solo raccontandogli un po’ del suo passato. 

Stessa cosa per tutti quelli che arricciano il naso a comando, solo quando viene toccata la propria parte e non si accorgono di quante volte è stata toccata anche l’altra parte.
Mentre davanti alla barbariA di Enrico Letta [ha detto proprio così] , lo stesso che “in parlamento meglio il pdl dei 5stelle”, il pdl dei mafiosi, collusi, indagati, imputati, prescritti e condannati  TUTTI avrebbero dovuto e dovrebbero farsi solo delle grasse risate.

 Quando si imbastisce una campagna mediatico terroristica facendo credere che i cattivi stiano solo da una parte bisogna dire alla gente che non è vero. Ma non per la teoria del chi ha iniziato prima la gara dell’insulto, semplicemente perché se certe cose le dice il presidente del consiglio, quella della camera che parla urbi et orbi  di eversione e lo fa scegliendosi la sede più tranquilla, quella del salotto di Raitre dove non si fanno domande e non si pretendono risposte definendo così anche i milioni di elettori 5stelle, facendo credere che siano tutti complici,  potenziali stupratori, gente che vale meno perfino di chi ha votato per vent’anni un delinquente e lo farebbe ancora, quando lo fanno giornali, giornaloni per bocca e tastiera dei loro direttori, gli stessi che hanno sostenuto le peggiori porcate della politica  e taciuto sistematicamente la verità dei fatti per non disturbare quelli che facevano le porcate,  chi non ha quelle qualifiche e la stessa ribalta non ha la possibilità di contraddire, di ridare una giusta dimensione alle cose, quella il più possibile vicina alla verità.

Più solidarietà per tutti [tanto è gratis]

Preambolo: ma Riina che chiede di “mettere berlusconi in galera per tutta la vita”? 
Mica ha detto ci voglio fare un reato insieme, ha chiesto proprio la galera, e a vita per giunta.
Giustizialista!

Mi chiedevo inoltre se nei  76 chili del frigo di Francesco è compreso anche il peso delle corna della première dame. Bel furbacchione pure Hollande, prima si fanno i fatti loro, dichiarano guerre come Bush, le perseguono come Obama, tradiscono le mogli come Hollande e poi vanno a prostrarsi davanti alla loro santità per riguadagnare un’immagine pubblica. 
E le santità approvano, le guerre, le corna e molto altro, e aprono la porta a tutti. Intendiamoci, a me delle storielle di letto di Hollande non frega nulla. Al papa però in quanto capo di una religione che santifica il matrimonio e demonizza l’infedeltà sì, dovrebbe interessare. E questa visita a ridosso dell’ennesimo scandalo di sesso del potente in vaticano è quanto meno inopportuna. Se esiste una diplomazia dovrebbe fare il suo mestiere. Così invece è abbastanza comprensibile la ragione di questo incontro. E il problema è sempre il solito, ovvero che il potere che non viene mai condannato nemmeno moralmente può continuare, attraverso i suoi rappresentanti a fare il cazzo che vuole. Ai cittadini comuni questo non è permesso. Perché a loro, a noi il giudizio morale del prossimo può cambiare la vita. E non abbiamo nemmeno un papa che ci riabilita.

***

Sottotitolo: perché  ognuno può dire quello che vuole e non dire quello che dovrebbe al momento opportuno.
E allora succede che il presidente del consiglio abbia, con tre mesi di ritardo espresso la sua solidarietà a Nino Di Matteo, che come giustamente fa notare Marco Travaglio stamattina non è stato minacciato di morte dalla mafia ma “condannato” perché la mafia solitamente quando si prefigge un obiettivo poi riesce a centrarlo [ché non è mica un governicchio di larghe intese, la mafia] e per non far sembrare troppo grave quella condanna o troppo zelante la sua solidarietà – ché non sia mai lo stato si metta al fianco di chi lavora per lo stato e non invece di chi lo deruba – ha aggiunto la solidarietà anche a Piero Grasso condannato a fare il presidente del senato.

E, siccome le disgrazie non vengono mai sole, nessun giornalista di buona volontà è andato a chiedere a Enrico Letta come mai la solidarietà a Nino Di Matteo da parte di una parte delle istituzioni sia arrivata oltre il tempo regolamentare rispetto ad altre che hanno riguardato altre persone e altre situazioni meno gravi espresse quasi in tempo reale, né i motivi per i quali Piero Grasso ha bisogno anche della mia solidarietà.

***

LO SVUOTA-CARCERI LIBERA GOMORRA (Thomas Mackinson e Davide Milosa).

***

Giorni fa sentivo a radio Capital che in Italia a causa della crisi sono aumentati i reati di microcriminalità come i furti negli appartamenti, gli scippi e le rapine. 
Premesso che un furto in casa non ha mai una micro dimensione perché spesso e volentieri oltre al danno di ciò che viene sottratto chi entra in una casa senza chiavi deve trovare un modo per farlo. Io ad esempio, oltre alla perdita di oggetti di valore, alcuni di un valore semplicemente simbolico altri di valore e basta ho dovuto rifare per intero la porta di casa che mi avevano sradicato dal muro e, abitando in una casa che inizia dal pianterreno mettermi dietro le sbarre da incensurata. 
Una spesa che sul bilancio familiare incide e costringe a fare a meno di altre cose per un po’. Oltre a quelle di cui si era già dovuto fare a meno per motivi contingenti. 
E nemmeno uno scippo è un reato micro, perché spesso per strappare una borsa dalle mani si usa violenza, una persona può cadere, farsi male e il gesto violento lascia inevitabilmente delle conseguenze psicologiche, come anche il furto in casa. 
E, a meno che le persone che si rimetteranno in libertà con l’indulto non abbiano di che mantenersi una volta usciti dal carcere è facile presumere che riprenderanno la loro consueta attività criminosa. 
Del dramma dei detenuti si è discusso tante volte e ogni volta la conclusione è stata la stessa, cioè che non è rimettendo per strada persone che si mantengono abitualmente grazie a furti, scippi e rapine che si risolve quel dramma. Che il problema del sovraffollamento delle carceri è dovuto ad altri fattori quali leggi sbagliate ed un uso esuberante ed eccessivo della custodia cautelare. Oltre ovviamente al discorso strutturale che in questo paese nessuno vuole affrontare per rendere le carceri quel luogo di redenzione sociale umanamente vivibile e sostenibile come prevede il nostro diritto. 
E lo stato, nel momento peggiore del suo rapporto coi cittadini, nel momento in cui la fame costringe gente a rubare, invece di prendere provvedimenti che abbiano un effetto positivo per questo obiettivo di nuovo si mette contro i cittadini trovando nell’indulto, e cioè rimettendo per strada persone che hanno un cattivo rapporto con la società cosiddetta civile, l’unico modus operandi per sbloccare una situazione umanamente insostenibile. 
I cittadini vittime sempre e comunque delle scelte scellerate di una politica incapace di applicare con serietà le leggi che essa stessa produce. 
Alcuni, molti, vittime due volte. Ho sempre detto e scritto, perché lo penso, che la criminalità è un fatto umano che non si estinguerà se non con la fine dell’umanità. Ma imparare a convivere coi fenomeni sociali, anche quelli inevitabili non vuol dire doverli accettare, subire passivamente, e nemmeno significa subire passivamente le scelte e le decisioni di governi che agiscono in proprio e non secondo la volontà del popolo. Uno stato ha il dovere di tutelare i cittadini, di farsi sentire sempre al loro fianco, non costringerli a doversi confrontare continuamente con le paure e l’incertezza. Perché la paura mette pensieri sbagliati in testa, chi pensa male vive male e si comporta male a sua volta, votando anche male, lo abbiamo visto con la lega, con alemanno, gente che promette e ha promesso quel che non potrà mantenere e non ha mantenuto e sulle paure dei cittadini ci campa di rendita. 

***

Non sanno quello che fanno
Marco Travaglio, 25 gennaio

La verità è che noi i politici li sopravvalutiamo. Tutti. Pensiamo che dietro ogni loro parola, sguardo, scelta, proposta ci sia dietro chissà chi e che cosa. Invece, il più delle volte, c’è il sottovuotospinto, del resto facilmente riscontrabile nei loro sguardi persi nel nulla. È il principale difetto delle tesi complottiste: sono sempre molto affascinanti perché ogni complotto inizia regolarmente alcuni secoli fa, mette d’accordo centinaia di persone che manco si conoscevano, infila nella sceneggiatura potentissime banche d’affari, logge massoniche, potentati occulti e criminali, servizi deviatissimi e alla fine tutto torna.

Poi uno guarda in faccia Enrico Letta, Fassina, Angelino Jolie o l’ultimo acquisto Toti, ma pure i tecnici tipo Fornero, Saccomanni o Cancellieri, e deve arrendersi a un’evidenza più prosaica: questi non li manda nessuno, nemmeno Picone; si mandano da soli e, quando non rubano, non sanno quello che fanno. Intendiamoci: non è un’attenuante, è un’aggravante, visto che hanno in mano le nostre vite e i nostri soldi. E più sono incapaci più diventano burattini delle lobby. La supertecnica Fornero allungò l’età pensionabile, poi si stupì molto perché aumentavano i giovani disoccupati e gli esodati, cioè i lavoratori espulsi in anticipo e rimasti senza più uno stipendio e senza ancora una pensione. Chi l’avrebbe mai detto, eh? Pure Saccomanni pareva questo granché, poi l’abbiamo visto all’opera con l’Imu. La Cancellieri ha passato la vita a fare il prefetto: se la macchina dello Stato non la conosce lei, siamo freschi. Invece conosce solo Ligresti. Ha fatto una legge svuotacarceri che non svuota una mazza, come le precedenti di Alfano e Severino (altri due geni). L’altro giorno, con l’aria di chi passa di lì per caso, ha spiegato (a noi) che abbiamo 9 milioni di processi pendenti, dunque ci vogliono l’amnistia e l’indulto. Come se uno avesse la casa allagata perché ha lasciato aperto il rubinetto della vasca da bagno e, anziché chiuderlo, svuotasse l’acqua col cucchiaino.

Pure il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce invoca l’indulto per mettere fuori “chi non merita di stare in carcere”. Ma poi non spiega chi, di grazia, sarebbe in galera senza meritarlo, e perché ci sia finito, visto che il carcere è previsto dalle leggi dello Stato ed è il risultato di sentenze emesse dalla Cassazione che lui presiede. Dopodiché, in lieve contraddizione con se stesso, chiede di riformare la prescrizione che garantisce l’impunità a 200 mila imputati l’anno: ma lo sa o non lo sa che, se i prescritti venissero condannati, i detenuti raddoppierebbero? Che si fa: si aboliscono direttamente le carceri? L’altroieri Enrico Letta, con tre mesi di ritardo, ha trovato il coraggio di pronunciare il nome di Nino Di Matteo e di inviargli la solidarietà per le ripetute condanne a morte emesse da Totò Riina (lui le chiama eufemisticamente “minacce”). Poi però s’è spaventato di averne detta una giusta e ci ha aggiunto una fregnaccia: la solidarietà a Piero Grasso. Ohibò, si son detti tutti quanti, Grasso compreso: Riina ha condannato a morte anche Grasso e non ne sappiamo nulla? Niente paura: semplicemente il pentito La Barbera ha raccontato al processo Trattativa un fatto noto da 15 anni, e cioè che nel ’92, dopo Salvo Lima, Cosa Nostra progettava di uccidere Mannino, Martelli, i figli di Andreotti e Grasso. Poi cambiò idea. Ma Letta non sa nulla, infatti fa il premier. Oppure non gli pare vero di associare all’impronunciabile Di Matteo un personaggio che piace alla gente che piace: Grasso. E ha posto sullo stesso piano l’ordine emesso tre mesi fa da Riina di uccidere Di Matteo con l’attentato a Grasso annullato 22 anni fa: “Profonda solidarietà al pm Di Matteo e al presidente Grasso oggetto di minacce terribili”. Ieri anche Vendola, altro esperto, ha tributato “affettuosa solidarietà a Grasso e Di Matteo”. Niente solidarietà, al momento, per Mannino, Martelli e i figli di Andreotti. Letta e Vendola provvederanno fra 22 anni.

L’indecenza non ha età [se questo è un rinnovatore]

L’ha resuscitato D’Alema nel ’97 con la bicamerale quando era  politicamente morto, non per meriti di un’opposizione che non c’è mai stata ma dei suoi medesimi; ha ripetuto l’operazione Veltroni  quando, nella famosa campagna elettorale nel 2008 lo definiva “il principale esponente dello schieramento a noi avverso” pur di non  fare il suo nome, ché non sia mai gli italiani potessero capire per chi  NON dovevano votare, che l’avversario “non è un nemico e non va demonizzato”, nemmeno se è silvio berlusconi. Ci riprova oggi Matteo Renzi riconoscendo un’autorevolezza politica ad un pregiudicato condannato pensando che sia utile, necessario, politicamente, nonché eticamente e moralmente corretto andare a trattare, discutere di leggi con uno che in tutta la sua vita ne avrebbe fatto volentieri a meno. berlusconi non è un interlocutore politico da trattare con rispetto, semmai lo sia mai stato anche prima visti i suoi precedenti, anche penali, il suo stile di vita, il suo fregarsene di ogni regola anche minima di convivenza civile. E con uno così Renzi va a discutere di regole, anzi della prima regola dalla quale poi scaturiscono tutte le altre e cioè di legge elettorale. Quello che fa, pensa e dice berlusconi non dovrebbe, se questo fosse un paese normale, essere riportato urbi et orbi come una notizia dalla stampa e dall’informazione assuefatte e anestetizzate dal servilismo. berlusconi che da condannato in via definitiva alla galera perché ha rubato allo stato può fare ancora campagna elettorale, pensare di presentarsi da leader alle elezioni nello stesso stato che ha derubato è una tragedia italiana, come le stragi impunite. Continuare a restituire dignità a chi l’ha persa per sua scelta significa voler dare il colpo di grazia ad un paese martoriato, altroché rinnovamento. Renzi va a discutere di legge elettorale, ovvero della legge per formare un parlamento, con berlusconi che in parlamento da decaduto qual è non ci può più mettere piede. 

 Si può discutere di leggi con un delinquente che le ha sistematicamente violate? Ci siamo scandalizzati, indignati quando si parlava di riforma della giustizia, abbiamo detto che non era possibile che un indagato [prima] potesse mettere bocca sulla riforma di quella giustizia che a berlusconi dà solo fastidio, la considera un inutile orpello, l’ha sempre considerata il grande ostacolo al suo progetto delinquenziale attaccando i giudici, diffamandoli, accusandoli di essere loro, il cancro della società e adesso Renzi che fa, parla con berlusconi [dopo aver parlato con Verdini, e ho detto Verdini] di legge elettorale perché pensa che la discussione politica non possa prescindere dal parere di un pregiudicato? E, se mi posso permettere, il segretario del pd eletto per acclamazione universale ci potrebbe spiegare in quale paese un leader di partito, un prossimo futuro ed eventuale candidato al ruolo di capo del governo pensa che sia utile ascoltare cos’ha da dire un truffatore, un ladro, un condannato alla galera, uno che ha un procedimento giudiziario ancora aperto in virtù del quale è stato già condannato in primo grado a sette anni per sfruttamento della prostituzione minorile e concussione, uno che dovrebbe stare in galera? Dentro forza Italia non c’è nessuno più presentabile di berlusconi per discutere di leggi, un incensurato, ad esempio? E perché mai gli italiani si dovrebbero fidare di uno che va a trattare e a discutere di leggi con un delinquente? 

Questa sarebbe la politica nuova di Renzi?
E qualcuno ha pure il coraggio di criticare Grillo che con questi non ci parla?

Napolitano, l’imbalsamatore incompatibile con la democrazia

Quando la politica non svolge le sue funzioni, quando si dimostra sorda e cieca alle richieste e al disagio di cittadini lasciati in balia di se stessi, privati, oltreché man mano di altri, quelli sociali, quelli civili che per non sbagliare vengono direttamente negati, del diritto fondamentale qual è quello sancito dalla Costituzione che vuole il popolo sovrano [non il monarca anziano mascherato da presidente della repubblica “democratica”]; quando viene impedito di scegliere i propri rappresentanti, di dire basta ad un governo che non rappresenta nessuno, la protesta si organizza.
E quando si organizza lo fa a modo suo.
Irresponsabili e ipocriti quelli che oggi si meravigliano, come se non se lo aspettassero.

***

Oppo, Grillo, noi giornalisti – Alessandro Gilioli

MAFIA PARLA, STATO TACE (Marco Travaglio)

IL MERLO MARTIRE (Marco Travaglio)

***

In un paese civile il giornalismo è sempre dall’altra parte del potere.

E’ quell’opposizione severa che osserva e critica, non fa il gioco di nessuno.

In un paese civile la politica, il presidente della repubblica, le istituzioni non mettono bocca e becco dappertutto, specialmente poi se tacciono davanti alle minacce di morte ai Magistrati.

Letta invece di disquisire –  in parlamento e non nel salotto di casa sua –  sul giornalismo buono e quello cattivo ci dica perché in una democrazia occidentale Nino Di Matteo è costretto a fare una vita da latitante, gli viene impedito di partecipare al processo sulla trattativa fra lo stato e la mafia per non rischiare di esplodere da qualche parte dell’Italia e a viaggiare su mezzi blindati da guerra.

Napolitano ci parli di questo, visto che non ha detto mezza parola a sostegno di Nino Di Matteo, non lo ha fatto nemmeno in qualità di capo supremo della Magistratura, non dei suoi populismi del cazzo.

In un paese civile il politico non difende i giornalisti, perché come ha spiegato benissimo Marco Travaglio ieri sera a Servizio Pubblico significa appartenenza alla politica: tutto quello che l’informazione non deve invece essere. E nel caso il politico abbia proprio la necessità di esprimere la sua solidarietà, gli scappasse  la sua giusta contrarietà alla minaccia, all’istigazione violenta dovrebbe farlo con tutti i minacciati, non solo con qualcuno e farlo a titolo personale, non politico.

In un paese civile nessun giornalista farebbe il peana ad un presidente ambiguo con ambizioni monarchiche da uomo solo al comando che tutto dispone e tutto decide come fa puntualmente Scalfari, il grande fondatore di Largo Fochetti – che ha ben più che una voce in capitolo nella politica ma è molto dentro la politica – con Napolitano.

E il contropotere per essere tale deve essere indipendente dalla politica.

In Italia invece [57°posto nel mondo per libertà di stampa e informazione] i giornalisti non di parte, una piccola manciata di coraggiosi utopisti del paese uguale per tutti, con la legge uguale per tutti, con una politica che agisce nell’interesse dei cittadini, che non fa affari con le mafie né porta i mafiosi delinquenti in parlamento diventano faziosi, giustizialisti, bersagli di insulti e minacce che non fanno sussultare nessuno.

Per loro nessuna reazione indignata da parte della politica e degli opinionisti all’amatriciana che se la prendono, OGGI, nell’anno del Signore 2013 dopo vent’anni di disinformazione inquinata dai conflitti di interesse, non solo quello di berlusconi ma anche quello ad esempio del Corriere della sera con un CDA composto da industria e alta finanza – e non si capisce come faccia poi il Corriere a vigilare sull’industria e sulla finanza – con le liste di proscrizione di Grillo.  Bisognerebbe smetterla con l’ipocrisia di chi, a differenza di come si dovrebbe fare sempre e con tutti stigmatizza  la minaccia ma poi non considera tutto l’insieme ma solo quella parte che gli torna utile per attaccare chi gli sta antipatico. Le liste di proscrizione fanno schifo, sono fasciste per natura, ma fa schifo, ed è anche quello fascista per natura quel giornalismo servo per indole, abitudine, che non concepisce un altro modo di esercitare la professione senza sdraiarsi davanti al potente.

***

Colpa dell’interprete
Marco Travaglio, 13 dicembre

L’Uomo dell’Anno si chiama Thamsanqa Jantjie e fa l’interprete per sordomuti: martedì troneggiava alla commemorazione di Mandela allo stadio di Johannesburg dietro il presidente Zuma e a due passi da Obama e dagli altri grandi e grandicelli del mondo per tradurre i loro discorsi nella lingua dei segni. Invece gesticolava a caso, col risultato di tradurre le frasi dei leader con supercazzole insensate e incomprensibili, in mondovisione. Una scena degna di Amici miei. “Avevo le allucinazioni”, si è giustificato, “vedevo angeli entrare nello stadio. È la prima volta che mi accade, ho fatto da interprete a molte conferenze e mai nessuno si era lamentato”.

Pare che l’uomo sia da tempo in cura per schizofrenia e abbia trascorso un anno in ospedale psichiatrico. Dio solo sa come sia finito al centro della cerimonia più importante dell’ultimo decennio. Ma, a ben pensarci, è molto probabile che Thamsanqa Jantjie, o un suo clone, abbia prestato servizio al Parlamento italiano per tradurre i messaggi che giungevano dal Paese alla categoria più sorda che si conosca nel nostro Paese: quella del politici.

Solo con un difetto di traduzione si può spiegare il loro comportamento di fronte ai mille segnali d’insofferenza lanciati dai cittadini al Palazzo. Gli italiani aboliscono i finanziamenti pubblici ai partiti? Il Parlamento li ripristina camuffati da “rimborsi elettorali” e, non contenti, si mettono pure a rubare sui rimborsi dei gruppi consiliari per comprarsi di tutto, dai Suv alle mutande, dai libri porno ai chupa-chupa, a spese nostre. Gli italiani vogliono scegliersi i propri rappresentanti, cioè maledicono il Porcellum? I partiti lo conservano per otto anni. La gente chiede ai politici di non far pagare la crisi ai soliti noti, ma di distribuire equamente i sacrifici? I governi fan pagare la crisi ai soliti noti, distribuendo prebende alle banche e alle grandi imprese. La gente chiede il taglio dei costi della Casta, magari delle province se non le regioni, e quelli lasciano tutto com’è. Alle ultime elezioni metà degli elettori stanno a casa o votano Grillo, bocciando le larghe intese del governo Monti?

I partiti sconfitti rieleggono un presidente di 88 anni (fino a 95), poi al Quirinale si riuniscono quattro babbioni per rieditare le larghe intese col governo Letta e tener fuori dal palazzo chi le elezioni le ha vinte. Per vent’anni i partiti si sono sentiti ripetere “attenti, di questo passo la gente verrà a prendervi con i forconi”. E ora le piazze sono piene di manifestanti chiamati a raccolta dal Movimento dei Forconi.

Ma, incuranti della nemesi storica, governo e partiti fanno gli stupiti e gli indignati: dopo aver trasformato un popolo tranquillo, paziente, a volte rassegnato e disperato, in una polveriera pronta a esplodere alla prima scintilla, si meravigliano se centinaia di migliaia di cittadini protestano. Non si accorgono di averli creati loro, come già hanno creato i 5Stelle. E spaccano il capello in quattro, alzano il ditino, monitano inviti alla legalità dopo averla calpestata per una vita, dicono che è gente “di destra”, “fascista”, “populista”, “qualunquista” e soprattutto “non ha un programma”.

È vero, non ha un programma: è solo incazzata nera. Sono i politici e i governi che dovrebbero avere un programma, li paghiamo (profumatamente) apposta per averne uno. Ma ecco la spiegazione: è stato tutto uno spiacevole equivoco. Non hanno capito niente per anni, per decenni, perché c’era un errore di traduzione. Un interprete pazzo ha fatto creder loro che la gente chiedesse a gran voce la riforma della Costituzione, il premier forte, il Senato delle regioni, le larghe intese, la separazione delle carriere dei magistrati, la fine della guerra fra politica e giustizia, la pacificazione fra guardie e ladri, l’indulto, l’amnistia, la grazia al Cainano. Il quale ora annuncia: “Se mi arrestano scoppia la rivoluzione”.

In effetti, per le strade d’Italia, è pieno di gente incazzata che grida “Nessuno tocchi Cainano”. Gliel’ha detto il suo interprete personale: Dudù.

Se lo meritano, Alberto Sordi: ecce Renzi

Tanto, destra, sinistra, tutti uguali no?

Se la scelta di Renzi è il frutto dell’espressione massima della democrazia qual è quella di delegare la scelta di un leader politico al popolo, facciamo che è espressione massima anche quando gli esiti sono altri. 
Anche quando la gente sceglie di farsi rappresentare dal criminale o dal buffone. 
Facciamo che ognuno è autorizzato a scegliersi la testa di cazzo che più gli somiglia senza che nessun altro gli dia la patente di democratico, fascista, imbecille un tanto al chilo. L’elezione di Renzi è il  risultato della scelta del male considerato  minore. Ma allora è male minore anche preferire il buffone al criminale,  in quel caso però  molti hanno da ridire e si permettono di dare del nazista a chi sceglie il buffone al posto del criminale.

La maggior parte degli italiani non sono di destra né democristiani, sono niente, gente che non vale niente. 

Si fa presto a scrivere la storia politica di questi ultimi vent’anni. Tutto iniziò dal primo stronzo che disse anche da dentro la sinistra che “destra e sinistra non contano, contano le idee e le persone”. E infatti abbiamo visto molto bene da quali idee e da quali persone ha scelto e sceglie di farsi rappresentare il glorioso popolo italiano.

C’è di che andare fieri di questo paese, altroché. Mancano le parole, per dire quanto.

Signori miei: io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono, è un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”. [Matteo Renzi, 11 Gennaio 2011] “Referendum? Voterò “no” all’abolizione della remunerazione sull’acqua”. [Matteo Renzi, 4 Giugno 2011] “TAV in Val di Susa? Quando le amministrazioni decidono, ci sono le garanzie ambientali e tutti i passaggi democratici, ad un certo punto bisogna fare le cose, altrimenti diventiamo il Paese dei ritardi, o come nel Monopoli, dove si pesca ‘tornate al vicolo corto’, e si ricomincia da capo”. [Matteo Renzi, 4 Luglio 2011] “Sbaglia il PD ad aderire allo sciopero della CGIL”. [Matteo Renzi, 30 Agosto 2011] “Mi ritrovo nella lettera della BCE. Sì all’aumento dell’età pensionabile”. [Matteo Renzi, 26 Ottobre 2011] “A me dell’articolo 18, usando un tecnicismo giuridico, non me ne po’ frega’ de meno”. [Matteo Renzi, 27 marzo 2012] [and so on…]

Il leitmotiv

Non condivido il linguaggio  di Grillo quando è violento, aggredisce e nemmeno molte delle sue caciarate in Rete, ma nemmeno il dibattito pubblico falsato dal conflitto di interessi di berlusconi e da quella percentuale minima di stampa e informazione che si reputano indipendenti ma poi nei fatti non lo sono. Grillo, come ha ben detto Dario Fo sbaglia sistematicamente il metodo, e anche quando ha ragione, perché sull’informazione ha un milione di volte ragione, passa dalla parte del torto. Ed è questo che dovrebbero fargli capire. E comunque, la critica ci sta, l’offesa quotidiana no. Se mi dessero della deficiente ogni giorno da varie tribune pubbliche rivendicando il diritto di poterlo fare credo che porterei più di qualcuno in tribunale. 

***

Grillo: “Segnalate articoli ostili a M5S”

Il leader M5S contro un commento di Maria Novella Oppo sull’Unità. Letta la difende: “Lapidata”
Pd e Fi: “Fascista”. Cuperlo: “Attacco indegno”. Boldrini: “Pestaggio versione 2.0”. Orellana si dissocia.
DARIO FO: “NON ACCETTO QUESTI TONI, MA I GIORNALISTI SMETTANO DI SPUTTANARE”

***

“La magistratura si occupi delle istigazioni a delinquere del M5S”.
Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti.

La magistratura si era occupata anche delle istigazioni a delinquere del diffamatore seriale sallusti che per sei anni ha diffuso falsità sul pm Cocilovo che per questo fu minacciato di morte senza suscitare l’indignazione dei liberali dell’ultim’ora, ma in quel caso l’ODG, la FNSI si sono schierati dalla parte del diffamatore/istigatore fino a consentirgli di ottenere la grazia su cauzione da Napolitano.
Capito perché questa gente non è più credibile, semmai lo sia stata fino ad ora?

***

Quando berlusconi ha chiesto la cacciata dalla Rai di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi  perché facevano “un uso criminoso del servizio pubblico” l’ha prontamente ottenuta. Se Grillo chiede pubblicamente di dare uno sguardo a quel giornalismo che non risponde al dovere di fare informazione ma da tempo, da sempre anzi, ha scelto di mettersi al servizio del potere e per questo travolge con la delicatezza del caterpillar tutto quello che ostacola il progetto di questo potere – illegittimo per sentenza –  al massimo si becca il rimprovero di Laura Boldrini sempre molto loquace quando c’è da bacchettare i 5stelle,  calata alla perfezione nel ruolo di vestale a difesa della casta cui ora appartiene anche lei ma poi, nei fatti, a quel “giornalismo” criticato da Grillo non succede niente. Prima di parlare di democrazia violata per queste sciocchezze ai piani alti delle istituzioni e della politica dovrebbero far mettere qualche specchio alle pareti, così, giusto per darsi un’occhiata. E magari aspettare che in questo paese sia ripristinata una democrazia vera, non quella abusiva del conflitto di interessi, di un parlamento votato da nessuno, di un governo scelto e voluto solo da uno e quella dove un pregiudicato condannato può ancora circolare a piede libero solo perché si chiama silvio berlusconi.

Queste cose non succedono in nessuna democrazia: i funzionari funzionali al potere e al regimetto napolitano se ne facciano una ragione. In questo paese non esiste solo il giornalismo ostile, esiste purtroppo e soprattutto quello servo composto da gente che viene ritenuta financo autorevole e che contribuisce in larga parte alla formazione della massa critica, e se ogni giorno nell’opinione pubblica viene iniettata la dose quotidiana di veleno non ci possiamo stupire se questo è un paese intossicato dalle falsità e dalle cazzate senza nessuna importanza, gonfiate,  trasformate in fatti e notizie per non dover parlare dei fatti veri e dare notizie che corrispondano al vero.

Quando Gramsci fondò l’Unità non aveva certo in mente che un giorno il suo quotidiano dovesse diventare la velina di un partito ridicolo e nemmeno del regimetto delle larghe intese che guai a disturbarlo. 

Il diritto di critica e quello di satira non è diritto allo sputtanamento, alla propaganda negativa, alla diffusione di falsità. Per questo ci sono già i giornali di berlusconi. Fare giornalismo serio non è prendere la cazzatella e su quella ricamarci attorno per ingigantirne la portata, trasformare una parola, un discorso, un tono di voce, un bagno al mare per chissà quale colpa, peccato, attacco alla democrazia.

Fare giornalismo serio e satira ben fatta, quella che induce alla riflessione, non è scegliersi l’obiettivo e per mesi, mesi e mesi attaccare solo quello mentre “c’è tutto un mondo intorno” fatto di cose più serie di cui un’informazione seria, rispettosa del ruolo e conscia delle sue responsabilità verso i cittadini che contribuiscono in solido al suo mantenimento dovrebbe occuparsi. 

Responsabilità che aumentano in base alla vastità del pubblico che si raggiunge. 

Se io scrivo una cazzata nella mia bacheca facebook rischio al massimo una figuraccia, se le cazzate diventano il leitmotiv del giornalismo diventano propaganda degna del ministero della cultura popolare di mussolini, e quello sì, è fascismo.

Se questo paese è ai penultimi posti nelle classifiche internazionali circa la libertà di informazione, sovrastato perfino da paesi che almeno non hanno l’ardire di definirsi libere repubbliche democratiche ci sarà un motivo, anzi, ce ne sono tanti.