Riformiamolo, con viva e vibrante soddisfazione

Ogni volta che un tribunale si avvicina a un politico per condannarlo, assolverlo o chiamarlo a testimoniare a Napolitano gli scappa sempre la riforma della giustizia.
E’ un’incontinenza ciclica la sua ormai. Non la può trattenere. Nella nuova richiesta urgente di riforma della giustizia  non più rimandabile: secondo Napolitano è solo da questa che può ripartire l’economia e dopo averla sollecitata anche in due precise occasioni, quando condannarono b e quando sempre b fu assolto dal processo per sfruttamento della prostituzione minorile  c’entrerà qualcosa la richiesta, ennesima, del tribunale di Palermo che chiede a Napolitano di comportarsi come un qualsiasi cittadino rispettoso delle regole che quando lo stato chiama, risponde?

Lo scopriremo solo vivendo.

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Re Giorgio è stanco (e può andare via) – Fabrizio d’Esposito, Il Fatto Quotidiano

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IL TESTIMONE NAPOLITANO – Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Il Fatto Quotidiano

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Monumentale Sabina Guzzanti che introduce l’argomento del suo film in prossima uscita sulla trattativa stato mafia.

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Nel paese col tasso più alto di corruzione e malaffare all’interno della classe politica e dirigente la riforma della giustizia, fortemente voluta dal presidente della repubblica che l’ha sollecitata in varie e precise occasioni anche prima di oggi, sarà frutto dell’accordo, del patto segreto di cui nessuno deve sapere fra un presidente del consiglio abusivo e un condannato per aver rubato allo stato.
Se non è un colpo di stato questo è sicuramente un colpo allo stato del quale sono complici tutti quelli che hanno agevolato le oscure e antidemocratiche manovre di palazzo che consentono ad un parlamento illegittimo, mantenuto in vita non da democratiche elezioni ma da una sentenza della Consulta che aveva intimato al parlamento di garantire la tenuta dello stato il tempo ragionevole per produrre una legge elettorale che permettesse ai cittadini di tornare a scegliersi i propri rappresentanti.
Renzi è in parlamento da oltre sei mesi, a Letta non fu concesso neanche un giorno di più perché non aveva portato nemmeno un risultato.
Nemmeno Renzi lo ha portato, a parte la quantità sesquipedale di chiacchiere non una cosa è stata fatta per garantire la tenuta dello stato e del diritto, anzi si lavora per sfoltire proprio nei diritti ma nessuno gli mette fretta: il progetto di demolizione dei diritti e di rendere vita facile alla casta deve andare avanti perché così ha detto e chiesto il re.

In un paese dove solo gli introiti provenienti da attività illegali e criminali fanno lievitare il Pil chissà di quale riforma della giustizia ci sarà bisogno. Vogliamo legalizzare l’illegale mentre vengono tolte tutte le tutele ai lavoratori onesti che si fanno il mazzo?
Mentre i giovani sono senza più nemmeno la possibilità di pensare un futuro e i disoccupati a quarant’anni troppo vecchi per rientrare nel circuito del lavoro?
Presidente, si dimetta, ché s’è fatta quell’ora.
Mai vista un’istituzione così palesemente contro il popolo che rappresenta e che continua a sostenere il sistema che ha distrutto lo stato sociale.

E dire che proprio lui il 25 aprile di due anni fa auspicava il riavvicinamento dei cittadini alla politica, chiedeva alla politica e alle istituzioni di cambiare registro per scongiurare il pericolo dei populismi.

 

Il vulnus

 Signori miei: io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono, è un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”. [Matteo Renzi, 11 Gennaio 2011]
“Referendum? Voterò “no” all’abolizione della remunerazione sull’acqua”. [Matteo Renzi, 4 Giugno 2011]
“TAV in Val di Susa? Quando le amministrazioni decidono, ci sono le garanzie ambientali e tutti i passaggi democratici, ad un certo punto bisogna fare le cose, altrimenti diventiamo il Paese dei ritardi, o come nel Monopoli, dove si pesca ‘tornate al vicolo corto’, e si ricomincia da capo”. [Matteo Renzi, 4 Luglio 2011]
“Sbaglia il PD ad aderire allo sciopero della CGIL”. [Matteo Renzi, 30 Agosto 2011]
“Mi ritrovo nella lettera della BCE. Sì all’aumento dell’età pensionabile”.[Matteo Renzi, 26 Ottobre 2011]
“A me dell’articolo 18, usando un tecnicismo giuridico, non me ne po’ frega’ de meno”. [Matteo Renzi, 27 marzo 2012]

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Molte delle cose che Renzi pensa di voler trasformare in leggi dello stato le aveva dette prima di vincere le primarie del suo partito.  Chi vota uno che si dice di sinistra e poi dice certe cose è imbecille, ed è doppiamente imbecille chi lo ha votato senza sapere che le aveva dette.

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LA COSTITUZIONALISTA CARLASSARE: “POLITICI ALLA CONSULTA? COSI’ DIAMO RAGIONE A BERLUSCONI”

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Sottotitolo: la divisione dei poteri dello stato serve perché ci sia l’istituzione indipendente dalla politica in grado di correggere anche gli errori della politica.
Se nell’istituzione terza, quella separata dal potere politico ci si mettono i politici, chi controllerà poi gli errori della politica?
La Consulta è fondamentale per la difesa di quei diritti che spesso e volentieri la politica dimentica, ignora o volutamente calpesta ed è stata determinante per redimere e risolvere i grandi errori della politica, tipo quella legge elettorale che ha riempito il parlamento di abusivi.
Proviamo a pensare un attimo alla sentenza che ha messo fuorilegge la porcata di Calderoli: se a capo di quella Corte ci fosse già stato Donato Bruno, senatore di forza Italia e vicinissimo al delinquente impunito che era al governo da presidente del consiglio quando è stata fatta quella non legge la sentenza sarebbe stata la stessa?
berlusconi in questi anni si è sempre lagnato che la Consulta fosse un organo politicizzato e in parte lo è, visto che non si può pretendere che quei giudici non abbiano un loro orientamento, ma se dentro ci si mette direttamente il politico nudo e crudo che ha svolto solo il mestiere della politica e non magari un professore costituzionalista che dà più garanzie del politico che della Costituzione se ne frega spesso e anche volentieri sarà meglio o peggio poi l’istituzione “terza”? Sarà ancora in grado di correggere gli errori della politica, cancellare le leggi sbagliate che fa la politica come la legge elettorale e quelle sulle droghe e la fecondazione assistita?

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Aridatece i puzzoni – Anna Lombroso per il Siumplicissimus

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Se in questo paese tanta gente fosse stata e fosse così rigorosa coi politici quanto lo è coi suoi simili forse questo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Non ci si sveglierebbe al mattino col conato già in dirittura d’arrivo pensando a cos’altro si dovrà sopportare della e dalla politica.
Invece no: il politico delinquente piace ed è piaciuto anche a quelli che “non si va in tre sul motorino”, e non fa poi così tanto schifo l’alleanza col delinquente a quelli che “agli alt ci si deve fermare”.
A loro tutto si giustifica, si contestualizza e si perdona.
E il bello è che qualcuno ancora se la racconta con l’esempio che deve arrivare dal basso, così mentre quelli del “basso” si affannano a dare gli esempi quelli che stanno in alto possono continuare a farsi i cazzi e gli stracazzi loro.

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Renzi: “Non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica”.
“Questo governo è il primo che ha detto che noi non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica e imprenditoriale di una persona”
Ma a quanto pare nemmeno una condanna definitiva costituisce il vulnus per Renzi che, a parte i sedotti e imbecilli non incanta nessuno su questo tema, visto che non ha nessuna difficoltà a permettere che un pregiudicato condannato in via definitiva, interdetto dai palazzi nei quali però ancora può entrare dalla porta principale, privato per sentenza dei diritti civili possa essere ancora parte in causa negli affari di stato e di governo.
Un delinquente col quale Renzi si incontra regolarmente non per discutere dei fatti suoi ma di riforme costituzionali. 

Il diritto alla politica in questo paese è negato solo agli onesti e agli incensurati.

E naturalmente ai gufi e rosiconi che non possono e non devono nemmeno criticare la politica.
L’idea che il politico indagato si possa mettere in standby e che, ad esempio una gara d’appalto si possa dare all’imprenditore che non è passato per un tribunale è irricevibile per la politica di tutti gli schieramenti di uno dei paesi più corrotti d’Europa e del mondo.
Renzi risponde alla necessità di ripulire questo paese dai ladri, dai corrotti e corruttori che lo hanno ridotto in macerie dicendo che si tiene gli indagati, perché sennò c’è il vulnus.

Dunque secondo il teppista in parlamento, termine appropriatissimo all’atteggiamento di Renzi, l’avviso di garanzia non deve diventare il vulnus per l’attività politica e imprenditoriale, ovvero non bisogna limitare o togliere i medesimi diritti di prima a chi viene informato che la giustizia lo sta attenzionando perché ritiene che abbia commesso un reato. Quel vulnus può invece tranquillamente riguardare il normale lavoratore che viene licenziato non necessariamente per scarso rendimento ma magari perché ha uno stile di vita in contrasto col datore di lavoro.

Ad esempio un qualsiasi dipendente potrebbe essere licenziato per il suo orientamento sessuale, il datore di lavoro omofobo [che in Italia non è affatto un’eccezione né una rarità] può decidere che non gli va più di tenersi l’impiegato, il commesso, l’operaio omosessuale e il dipendente non potrà più avvalersi di quell’articolo 18 – già ampiamente danneggiato dalla riforma Fornero – che invece garantisce al lavoratore il diritto di non essere licenziato senza giusta causa.  

Mentre si tenta in tutti i modi di estendere alle caste indecenti il diritto di delinquere e di farla franca stravolgendo la Costituzione e facendo perdere autorevolezza e indipendenza alla Consulta che andrà a finire nelle mani di chi ha collaborato al disastro e allo scempio, al piano basso del paese si limitano fino ad annullarli quei diritti che fino ad ora hanno consentito ai lavoratori a stipendio e salario di avere delle garanzie di solidità.
E, siccome sento dire che l’articolo 18 in fin dei conti riguarda solo una minima parte dei lavoratori, mi chiedevo che ci stavano a fare tre milioni di persone in piazza con Cofferati a difenderlo. Tutti fannulloni?

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Grattini d’autore – Marco Travaglio

La foto di Maria Elena Boschi che consola il previtiano Donato Bruno, candidato di B. alla Consulta, per l’ennesima trombatura con un dolce grattino alla schiena non è uno scandalo: è un reperto d’epoca, un disvelamento della corrispondenza di amorosi sensi ormai esplosa all’aria aperta, senza più gl’incontri furtivi e clandestini del passato, nel Partito Unico Renzusconi che ha sostituito le vecchie e superate sigle di Pd e Forza Italia. Se n’era già avuta prova l’8 agosto, quando Maria Consolatrice degli Afflitti e Rifugio dei Peccatori festeggiò la schiforma del Senato baciando a uno a uno i berluscones in processione. Si piacciono, si annusano, si strusciano, si palpano, si limonano, presto si sposeranno: al cuore non si comanda. Ieri, in Parlamento, Renzi ha fatto il grattino all’Ad dell’Eni Claudio Descalzi da lui nominato e difeso dopo l’indagine sulla maxitangente di 200 milioni di dollari alla Nigeria: “Noi non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale della Nazione. Chiamatela svolta per un Paese civile”. Grattino anche a Stefano Bonaccini, indagato per peculato, ergo candidato Pd a governatore dell’Emilia Romagna per rimpiazzare degnamente il condannato Vasco Errani: “L’avviso di garanzia non sia un vulnus della carriera politica”.

Oggi la stampa al seguito non mancherà di celebrare la “svolta garantista”. Che naturalmente non esiste. Mai, dalla notte dei tempi, gli avvisi di garanzia hanno rappresentato un vulnus per le carriere politiche, e nemmeno le condanne. Anzi, hanno sempre fatto curriculum. A destra, al centro e a sinistra. Il Pd ha sempre candidato, mandato in Parlamento, al governo, nelle partecipate, nei servizi, nelle forze dell’ordine e nella burocrazia fior di pregiudicati, imputati e inquisiti. Renzi si crede il primo, invece è arrivato ultimo. E denota pure un’ignoranza sesquipedale sui fatti che dovrebbe conoscere: la notizia di Descalzi indagato non è stata “citofonata sui giornali”, semplicemente è contenuta nel provvedimento di sequestro della maxitangente Eni in Svizzera disposto dai giudici di Milano, che il premier farebbe bene a leggersi o a farsi spiegare da uno che ci capisca.   Anche l’idea che le indagini giudiziarie danneggino la politica industriale, oltre a essere una sublime cazzata (è la corruzione che rovina l’economia, non le inchieste sulla corruzione, peraltro condotte in tutte le democrazie del mondo senza che i politici mettano becco), è tutt’altro che nuova. L’ha strombazzata per vent’anni il suo padre putativo Silvio. Il quale peraltro l’aveva mutuata dal suo spirito guida Bettino Craxi, che il 10 luglio 1981, in pieno scandalo P2 e subito dopo l’arresto di Roberto Calvi, presidente e distruttore del Banco Ambrosiano, responsabile del più grave crac della storia d’Europa con decine di migliaia di famiglie sul lastrico e suo finanziatore occulto, scandì alla Camera queste parole: “Non c’è più grande male per un’azione di moralizzazione e di giustizia che la strumentalizzazione volgare, l’uso politico delle carte e delle iniziative giudiziarie e di parte: un fattore di inquinamento, intossicazione e distorsione della vita democratica”. Sulla P2 “si è andati oltre misura con una campagna che ha cominciato a puzzare di maccartismo”. E l’arresto di Calvi “ripropone con forza il problema di un clima inquietante, di lotte di potere condotte in modo intimidatorio contro il quale bisogna agire per ristabilire la normalità dei rapporti tra Stato e cittadini, la fiducia nella giustizia, la correttezza nei rapporti tra potere economico, gruppi editoriali, potere politico. La crisi della Borsa ha molti responsabili, comprese talune azioni giudiziarie che presentano aspetti scriteriati. Quando si mettono le manette, senza alcun obbligo di legge o senza ricorrere a istituti di cautela che pure la legge prevede, a finanzieri che rappresentano la metà del listino, è difficile non prevedere incontrollabili reazioni psicologiche”. Basta sostituire Ambrosiano con Eni, Calvi con Descalzi e Craxi con Renzi. Matteo, ormai hai 39 anni: è tempo che tu sappia di chi sei figlio.

La Fornero ha dato i numeri [sbagliati]

Sottotitolo: da “Il sole 24 ore” del 6 giugno. In Francia si potrà nuovamente andare in pensione a 60 anni. Il Consiglio dei ministri approverà oggi il decreto che cancella uno dei punti fondamentali, certo il più simbolico, della riforma previdenziale varata da Nicolas Sarkozy a fine 2010. Che spostava appunto di due anni, dai 60 ai 62, l’età minima del pensionamento. Abbattendo uno dei tanti tabù del sistema francese di welfare.

Non c’è peggior cosa di un bugiardo che si crede intelligente. In questo caso c’è anche l’aggravante di Napolitano per aver ritenuto persone come Elsa Fornero delle eccellenze  in grado di risolvere i problemi  solo perché sono meglio di “quelli che c’erano prima”  mentre i fatti, purtroppo, dicono altro.

L’Inps: “390mila
possibili esodati”


E la Fornero attacca
i vertici dell’Istituto

 Camusso: “Sempre detto che erano di più”


La serietà con cui gente che guadagna stipendi pari al prodotto interno lordo di un paese di medie dimensioni  di un “terzo mondo”  qualsiasi decide cosa bisogna far sapere alla pubblica opinione per non creare disagio sociale.


Secondo le stime dell’Inps gli esodati sono oltre 390mila. La Fornero, anziché chiedere scusa per saper contare fino a 65.000 e salutare ringraziando per l’ospitalità se la prende con chi ha reso pubblici i dati perché, secondo nostra signora delle bugie [a getto continuo], la cattiva informazione creerebbe “disagio sociale”.
Ma il disagio sociale lo crea anche prendere atto che la pattuglia dei geni della scienza e della tecnica capitanati dal superman dei codici iban, dal giustiziere della partita doppia e tripla, ha inanellato una serie impressionante di errori che la metà sarebbe già bastata per chiederne l’allontanamento spontaneo o agevolarne  quello coatto.
Un qualsiasi dirigente d’azienda in un paese un po’ più serio del nostro, dove invece ai dirigenti che portano le aziende al fallimento vengono offerte consulenze altrove e/o  buone uscite milionarie, verrebbe cacciato per molto meno di quel che hanno combinato questi guastatori dello stato sociale.
Bersani che dice? sta ancora con Monti senza se e senza ma?

29 marzo 2012: le lacrime di coccodrillo della Fornero.

I sacrifici si impongono o per stretta necessità o per sadismo. Ecco, la Fornero ogni volta che apre bocca ricorda un po’ Pulp Fiction, fa pensare alla seconda possibilità: “mi chiamo Elsa, risolvo problemi.”
(Marco Travaglio)

Le lacrime di coccodrillo del ministro Fornero

Sottotitolo:

La Cina è vicina – Massimo Rocca per Radio Capital

Dunque la mela non era caramellata. Somigliava assai più a quella avvelenata di Touring, forse origine del marchio di Cupertino. Diciamo che sembra quasi una barzelletta l’idea che la ditta del santo subito in maglietta nera violasse le leggi sul lavoro cinesi. Un po’ come scandalizzare qualcuno in un bordello.  Ne avevamo già parlato di cosa sia il capitalismo da esportazione, dell’altra faccia della globalizzazione, quella che dicono positiva perchè sottrae milioni di persone alla povertà, ma, soprattutto, produce tanta ricchezza per tanto pochi. Ma l’immagine dell’uomo bianco in tuta gialla in mezzo agli uomini gialli in tuta bianca che ammette le sue colpe e promette di non trattarli più come schiavi non poteva arrivare in un momento migliore. Ci ricorda quello di cui dovremmo essere orgogliosi, quello che dovremmo esportare a testa alta. Che la dignità dell’uomo è una variabile indipendente dal profitto. Dovremmo esportare Landini in Cina invece di importare, come sta accadendo, i roghi dei bonzi.

Susanna Camusso dice che la Fornero piange ‘lacrime di coccodrillo’. Ma se la Fornero è un coccodrillo deve essere un coccodrillo un po’ strano  perché di solito i coccodrilli piangono dopo aver mangiato mentre lei piange prima. Il giorno del pianto della Fornero era il 5 dicembre, il governo Monti si stava presentando con la sua manovra finanziaria. Due settimane prima, il 17 novembre, Monti aveva  ottenuto la fiducia in Senato, facendo varie promesse e su quello gli avevano dato i voti. Compresa questa: non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabiliti in essere. (Marco Travaglio, Servizio Pubblico, 29 marzo)

Ospite di Vespa, la Fornero ha detto di non aver mai pensato nulla a proposito dell’articolo 18, di non averlo in mente, e ha aggiunto:
«Sono stata ingenua. I giornalisti sono bravissimi a tendere trappole e io ci sono caduta. Il mio era solo un invito a parlare di un problema in maniera piena. Ho riletto l’intervista e mi sembrava che l’elemento dominante fosse il dialogo. Non mi aspettavo che il solo menzionare l’articolo 18 potesse scatenare tutto questo».
(Elsa Fornero, 22 dicembre 2011)

I sacrifici si impongono o per stretta necessità o per sadismo. Ecco, la Fornero ogni volta che apre bocca ricorda un po’ Pulp Fiction, fa pensare alla seconda possibilità: “mi chiamo Elsa, risolvo problemi.”
(Marco Travaglio)

Se ero precario con berlusconi e lo sono ancora con Monti significa che non è cambiato niente.
In un anno e mezzo Marchionne è stato condannato cinque volte per comportamento antisindacale, cosa deve succedere ancora perché il parlamento intervenga?  (Maurizio Landini)

“La questione dell’articolo 18 non mi sembra affatto una questione tecnica ma una battaglia politica perchè ha una maggioranza politica senza precedenti!”

“In questa riforma si promette ma nella pratica si tagliano i diritti dei lavoratori. Io credo che il mandato del governo Monti sia il mandato delle banche europee”. (Luigi De Magistris)

Gli italiani hanno capito – Rita Pani

E gli italiani hanno capito che vale la pena di affrontare sacrifici rilevanti, purché equamente distribuiti.”  Mario Monti

 

No Professore, gli italiani non lo hanno capito, e in realtà non hanno ben chiaro neppure il resto della vostra meritoria opera da sicari. Nulla vi separa dai vostri predecessori, se non il coraggio di esservi assunto il compito ultimo, di svendere il Paese.

 

Non sono un’economista, ma sono una persona che si riconosce un buon margine di razionalità, e che a volte riesce a sentire tutto ciò che c’è di inespresso nei vostri monologhi grotteschi, come per esempio l’ultima sua lettera al Corriere della Sera, a metà tra il delirio e la menzognera propaganda.

 

Bisognerebbe partire dalla fine, da quell’articolo 18 di fatto in disuso da anni in Italia, sbandierato dagli operai alla stregua dell’ultimo baluardo da difendere, e utilizzato dagli imprenditori come alibi estremo in difesa della categoria. L’articolo 18 è come un vetro rotto su una casa in vendita, che fa scendere di troppo il prezzo pattuito. Avete l’obbligo di eliminarlo per far sì che si apra la strada al miglior offerente, al neo colonizzatore.

 

Non state ristrutturando casa per viverci meglio e in salute, lo state facendo solo per poter aumentare il prezzo della vendita. L’economia italiana è in mano a un grumo di potere che se la rimbalza di mano in mano, connivente di uno stato mafioso che spartisce con pochi il bottino miliardario.

 

Faremo la fine di quei paesi dell’est, dove i nostri antenati andavano con le borse piene di collant per poter adescare le ragazze. Chi verrà a investire in Italia, quando avrete abolito ogni diritto, non sarà certo lo svedese, lo svizzero o l’americano, né potrà essere un imprenditore che vive in un paese dove ci sono le leggi e son cose serie. Potremo finire in mano ai neo-russi, o perché no ai colombiani che di corruzione ne sanno almeno quanto noi, e lasciare che le briciole ricadano sempre sugli stessi piatti, di quelli che fino a qualche mese fa, ancora banchettavano sulle nostre vite.

 

Perché per rimettere in piedi questo stato, qualora l’intento fosse stato reale, prima di tutto doveva garantirsi il lavoro, e non far sì che diventasse una sorta di premio della lotteria nazionale. Come potete, in coscienza, usare termini come equità in un paese che per campare deve aumentare il costo della benzina e delle sigarette? Dove sta l’equità tra l’operaio costretto a rifornire di carburante la sua auto, perché da pendolare è impossibilitato a usare i mezzi pubblici che non funzionano o nemmeno esistono, e quello che – fanculo la crisi – si compra un’auto ancora più potente, che tanto ha i buoni benzina a carico dell’azienda? Esempio banale, lo so, ma pregno della vostra idiozia.

 

C’è di che essere contenti nel leggere il riconoscimento dei meriti ai partiti e la maturità del paese. Ma manca il complimento più importante, quello rivolto alle banche (le vostre). Così attente e capaci che di fronte al sospetto che possa sorgere un qualunque tipo di ripensamento da parte vostra – sicariato di governo – spruzzano in aria un po’ di spread. Solo per farvi paura, e per ricordarvi che voi, al pari di quello che governava prima, non siete che marionette in mano loro.

 

Mafia, criminalità o banche, in fondo, è tutta la stessa cosa. Tutta la stessa montagna di merda.

 

Rita Pani (APOLIDE)

Se permette, ministro, del suo rammarico non ce ne importa nulla

Perché della cinquantina di morti suicidi solo in questi ultimi tre mesi, padri di famiglia che non ce l’hanno fatta a mettere sulla strada altri padri di famiglia e restare vivi  perché non c’è nessuna equitalia che va ad imporre allo stato di pagare i suoi debiti magari estorcendoli allegramente così come fa con noi cittadini quando una multa non pagata può significare il pignoramento della casa, possiamo tranquillamente chiudere gli occhi, i suicidi fanno parte della statistica, esattamente come i licenziamenti, vero? io mi chiedo: ma quanti saranno mai ‘sti fannulloni che non si riescono proprio a mandare via tanto che c’è bisogno di smantellare un intero sistema di assistenza sociale per far contenti questi poveri grandi imprenditori – quelli che nessuno troverà mai impiccati ad una trave delle proprie aziende –  che vogliono salvare non i loro patrimoni sparsi per il pianeta, non la robba ma proprio, solo e davvero questo paese sciagurato (pare vero)? siamo proprio degli ingrati, noi, pensiamo sempre male ma ci sembrava di ricordare che fra le prime parole pronunciate da questo team di salvatori della patria ma più che altro delle banche ci fosse EQUITA’.

E dov’è andata a finire quella equità di cui,  cari e sobrii signori tecnici, avete blaterato per settimane se gli unici interventi sono stati quelli CONTRO i lavoratori a  salario e a stipendio, CONTRO i deboli a oltranza, CONTRO chi non aveva certamente bisogno di questa ulteriore spinta verso il baratro dell’incertezza? tutto questo mentre nulla si è fatto per abolire i vostri privilegi, quelli di chi sta ancora occupando il parlamento e nonostante da cinque mesi  sia occupato a fare nulla percepisce ancora stipendi milionari? dov’è l’equità, la giustizia sociale  applicate ai conflitti di interesse, alla corruzione, alla grande evasione che hanno letteralmente spolpato questo paese?
Le imprese non lasciano l’Italia perché c’è l’articolo 18 ma perché i suoi amici  politici, trasversalmente parlando, caro ministro Fornero, hanno ridotto ogni speranza/certezza  di avere giustizia. 

Lo stato,  le regioni,  le provincie,  i comuni pretendono dai cittadini interessi  che prima dell’intervento del corruttore coi tacchi autoprestatosi alla politica erano considerati estorsione,  ma poi quando è lo stato ad essere debitore ci vogliono secoli prima di farsi restituire il maltolto.

La gente scappa da questo paese perché in Germania un operaio guadagna tre volte di più di un italiano e i politici tre volte meno ma rendono infinitamente di più. 

Le imprese vanno via perché solo in questo paese per aprire una attività bisogna annegare nel mare di una burocrazia infinita che serve solo da mangiatoia alle migliaia di persone che su questa ci campano di rendita.

Solo in questo paese si danno buone uscite milionarie a quei manager che hanno distrutto le aziende, che le hanno trasformate come Finmeccanica, nella mecca delle tangenti.

Dove sarebbe il cambiamento epocale che dovrebbe avvenire grazie alla sua riforma,  ministro Fornero, nella possibilità di licenziare il ragionier Fantozzi?

La maledetta maglietta

LA SIGNORA DELLA T-SHIRT PAOLA FRANCIONI: «Piango per quella maledetta scritta»

«A Fornero ho scritto 3 mail di scuse E mi dispiace anche per Diliberto»

Basta! Vi prego, fate pace col cervello. Piangere per una scritta ironica e satirica su una maglietta? Non so chi sia questa signora Francioni, ma le sue lacrime mi fanno schifo al pari di quelle che versò il ministro alla sua prima uscita pubblica, con quel suo sorriso da iena sulla faccia, con quello sguardo che da umile è diventato strafottente, appena imparato il meccanismo e odorato il potere.

 

Piangere per la “maledetta scritta?” Fa il paio col tirare la pietra e nascondere la mano, fa il paio con il poco coraggio che la gente dimostra. Fa il paio con la codardia dilagante, di quest’epoca in cui i deboli devono chinare la testa, o offrire il viso allo sputo dei potenti.

 

È inutile, non c’è più il coraggio delle proprie azioni, non c’è più il coraggio delle parole e soprattutto si continua a prestare il fianco al regime che impone dispute insulse, dibattiti sul nulla. Tutto ciò che arriva a far tacere sul resto è bene accetto. Piangere per quella maglietta giustifica tutto il peggio che subiamo ogni giorno, quando per esempio, per cancellare le nostre preoccupazioni, arriva il saltimbanco di turno ad offrirci diversivi intelligenti, come i gay che si possono curare, i gay che non si possono sposare, le donne da liberare dal burqa, gli zingari che rubano i bambini, i romeni che violentano le donne, i feti abortiti da seppellire.

 

Il politicamente corretto più scorretto che c’è, è oggi il nuovo strumento di distrazione di massa, che finisce sempre per far diventare vittime i carnefici.

 

Pianga per i morti già fatti e per i morti che si faranno, signora Francioni, pianga per tutti coloro che da domani si ritroveranno disperati in mezzo a una strada. Pianga per coloro che stanno perdendo la casa dopo aver perso il lavoro, per le famiglie che non sanno come far progredire i propri figli. Pianga per chiunque domani si ritroverà sotto il sole con un piatto di spaghetti al pomodoro tra le mani, offerto da una mensa della Caritas. Pianga per l’ultimo impiccato, vittima di questo Regime, dal quale io, o lei, a nome di tutti, avrebbe dovuto esigere le scuse.

 

Rita Pani (APOLIDE)

 

Liber* tutt*

La mia solidarietà totale ad Alberto Musy, consigliere comunale di Torino dell’Udc ferito in un agguato.

Sottotitolo: Noi abbiamo deciso di introdurre il contratto universalistico.
Se non vi piace, potete sempre cambiare pianeta.
Non è un accordo sociale, qui di sociale non c’è niente.
Pensate che le banconote abbiano un anima?
Se ci stai sul cazzo perché pensi che il lavoro sia un diritto
pagheremo la tua emarginazione.
Se credi che sul posto di lavoro
si mangia, si va al bagno, si parla di politica
non la si dà al capo e si vorrebbe anche l’aumento
e magari anche il riposo la domenica,
forse non hai letto la scritta
sul cancello della tua fabbrica:
ARBEIT MACHT FREI.

(NOI)

IL LAVORO RENDE LIBERI. CAPITO?

MONTI: “L’ARTICOLO 18 E’ UNA QUESTIONE CHIUSA”

FORNERO: “E’ UNA BUONA RIFORMA”

Finalmente in Italia i lavoratori potranno essere licenziati arbitrariamente, ma con molta sobrietà ed eleganza, il che è tutta un’altra cosa.

Ci si sente meglio se a dircelo è una distinta signora ben vestita, col tacco 5 e la parure adatta ad ogni occasione.
C’è qualcuno, oltre ai padroni, ai tecnici (sobrii) che si stanno occupando del salvataggio della ‘robba’ e di chi se la divide da sempre in questo sciagurato paese, e al presidente della repubblica,  qualcuno che può ancora dire che si tratta di un fatto di civiltà, che è giusto passare con un caterpillar sulla pelle dei lavoratori perché ce lo chiede l’Europa (che ci chiederebbe anche altro come faceva notare ieri su La Stampa quel sovversivo qualunquista di Zagrebelsky ma di questo altro politici, sindacati e tecnici se ne fregano alla grandissima)? Almeno il 90% della gente che vive in Italia  non capisce nulla di quel che le accade attorno,  non si informa, ha altro da fare e altro a cui pensare,   perché se lo facesse avrebbe capito subito che la crisi non è un dramma per la popolazione ma un efficacissimo strumento creato e favorito dal potere per realizzare rapidamente cose che in una situazione normale e realmente democratica non si possono fare. Fa parte della dottrina di  Milton Friedman,  con la quale Monti si è nutrito.

Ora se invece di parlare tutti di liberismo,  di Friedman o di crisi si andasse a leggere davvero non ci sarebbe nessuna sorpresa nello scoprire lo smantellamento del welfare, la riduzione in schiavitù economica – la riduzione del lavoro al solo fine del sostentamento e dell’indebitamento da estendere a più generazioni.

Quindi tutti, ma proprio tutti, perfino berlusconi c’è riuscito, possono far bere quel cazzo che vogliono a tutti facendolo passare per priorità, urgenza, impegni inderogabili e necessari.

Anche quando è tutt’altro da ciò.

Il finto tonto

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 21 marzo

Ma davvero il presidente della Repubblica ha il potere di intimare alle parti sociali di rinunciare a “qualsiasi interesse o calcolo particolare”, cioè di non rappresentare più le categorie che dovrebbero rappresentare, per inchinarsi alla cosiddetta riforma dell’articolo 18 unilateralmente imposta dal governo del prof. Monti e della sig.ra Fornero con l’inedita formula del “prendere o prendere”? Ma dove sta scritto che quella cosiddetta riforma è buona? Ma chi l’ha stabilito che risolverà “i problemi del mondo del lavoro e dei nostri giovani”? Ma chi l’ha detto che “sarebbe grave la mancanza di un accordo con le parti sociali”? Ma, se “sarebbe grave la mancanza di
un accordo”, perché il capo dello Stato non dice al governo di ritirare la sua proposta che non trova l’accordo delle parti sociali, anziché dire alle parti sociali di appecoronarsi alla proposta del governo in nome di un accordo purchessia? E che c’entra la commemorazione del prof. Biagi con l’art. 18? Non si era detto che la flessibilità avrebbe moltiplicato i posti di lavoro? Ora che ha sortito l’effetto opposto, anziché ridurla, si vuole aumentarla? E perché mai un lavoratore licenziato senza giusta causa dovrebbe rinunciare ad appellarsi al giudice perché valuti la discriminatorietà del suo licenziamento? E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere, come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati?
Per tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché
nessuno sia più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più facile uscirne? E chi l’ha stabilito che la trattativa deve chiudersi il 22 marzo, non un giorno di più? E che libera trattativa è quella in cui il capo dello Stato getta la sua spada su uno dei piatti della bilancia, quello del governo, per farlo prevalere sull’altro? E che senso ha la frase della sig.ra Fornero: “Non si può discutere all’infinito, indietro non si torna”? Infinito in che senso, dopo un solo mese di negoziati? Indietro rispetto a cosa? E il Parlamento? Esiste ancora un Parlamento libero di approvare o bocciare le proposte del governo, o è stato abolito a nostra insaputa?
E perché mai il Parlamento ha potuto svuotare a suon di emendamenti il decreto liberalizzazioni, snaturarne un altro con l’emendamento Pini contro i magistrati, mentre l’abolizione dell’art. 18 sarebbe sacra e inviolabile? È per caso un dogma di fede? Siamo proprio sicuri che l’insistenza del governo e del Quirinale sull’art. 18 risponda a motivazioni economiche e non al progetto tutto politico di isolare le voci stonate dal pensiero unico, tipo Fiom, Idv, Sel e movimenti della società civile e di cementare l’inciucio Pdl-Pd-Terzo Polo? Se il governo gode nei sondaggi della fiducia del 60% degli italiani e tutti se ne felicitano, perché ignorare il fatto che lo stesso 60% degli italiani è contro qualunque “riforma” dell’art. 18?
È proprio ininfluente la maggioranza degl’italiani sulla scelta di un governo che nessuno ha eletto, anzi di cui nessuno, alle ultime elezioni, sospettava la nascita? E perché mai gli unici che devono rinunciare a rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono all’asta perchè B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione apparsa ieri sul Foglio , secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della “stabilità del governo”?
Ma, se il Parlamento deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?


Una “paccata” di vaffanculi, tanto per cominciare

Sottotitolo: Fornero: «Se uno dice no perché dovremmo mettere lì una paccata di miliardi ?»
Perché prima, vedere cammello. Abbella, ti piace vincere facile, eh?

Sottitolo bis: Dopo aver visto Ballarò ieri sera mi sono intristita, specie quando ho visto minuscole case al mare rimesse in vendita da chi se le era comprate sicuramente dopo una vita di sacrificio (altrimenti si sarebbe comprato il villone sull’Appia e lo avrebbe intestato a società fittizie, oppure cheneso, cinque baite per ospitarci ‘sto cazzo) senz’averci nemmeno dormito una notte. Anni fa ebbi una discussione piuttosto accesa con un amico in un forum perché lui sosteneva che una pizza al sabato sera non può essere un diritto di chi lavora e si sbatte fra mille sacrifici e altre privazioni.
Io invece dicevo, e lo sostengo ancora, di no, che una vita fatta solo di lavoro, privazioni, sacrifici non è più tale, e che un’esistenza per essere definita almeno degna ha bisogno anche di una pizza al sabato sera, di un cinema, di una serata a teatro. Oggi che leggo, vedo persone che devono rinunciare, insieme a molto altro anche all’acquisto di un libro e un giornale in più mi piacerebbe sapere se l’amico forumista pensa ancora quelle cose e se, invece, non pensa che quando la sperequazione fra ricchezze e povertà è così violenta, quando lo spread fra chi può permettersi tutto e chi niente è così insolente e insopportabile non sia il caso di avere, almeno nei confronti del diritto di tutti a poter vivere e non sopravvivere come accade ora e accadrà sempre più di frequente grazie all’opera Pija dei sobri tecnici, un’opinione meno rigida e ideologica.

Fornero: “No a una paccata di miliardi
se i sindacati non accettano la riforma”

Privacy, il garante attacca
i controlli antievasione

Francesco Pizzetti si scaglia contro il nuovo corso delle verifiche fiscali incrociate e della trasparenza. “Sono strappi allo Stato di diritto, controllo sociale spaventoso”

CORTE CONTI: “CARICO FISCALE ECCESSIVO PER ONESTI”

Ora, oggi, mi piacerebbe sapere qual è il pensiero di chi ha fatto i salti  di gioia quando berlusconi ha ceduto il passo – ma non le intenzioni che erano e sono le stesse di entrambi,  l’unica differenza è che Monti ci ha accollato anche il costo della vaselina, prima si faceva tutto nature – al sobrio governo dei tecnici, se tutta quella gente  che accusava chi, me compresa, non si è lasciata sedurre dal manierismo  di facciata, durato peraltro appena il tempo di mettersi comodi sulle  loro poltrone, di questi killer della giustizia sociale pronti a  difendere soldi, privilegi e patrimoni dei loro pari rango con tutti i mezzi che hanno a disposizione. Se a tutta quella gente che accusava di  rimpiangere berlusconi soltanto perché in tanti non ci siamo fidati e non ci fidiamo di un governo imposto – e con viva e vibrante soddisfazione – sembra normale che in un paese che muore economicamente di mafia e corruzione (con una legge EUROPEA contro la corruzione – che dovremmo ratificare OBBLIGATORIAMENTE come hanno fatto gli altri paesi –   chiusa da dieci anni in un cassetto che né destra né sinistra né ‘tecnici’ hanno l’intenzione di aprire) si minaccino continuamente i precari, i disoccupati, i lavoratori a stipendio fisso e fesso, se è normale che di mafia e corruzione non si parli mai quanto invece lo si fa per quel che riguarda diritti che in un paese civile non si dovrebbero nemmeno più  discutere.

Se è normale che un governo faccia la voce grossa coi cittadini onesti, e se è normale imporre ai cittadini di dimostrare ad libitum la propria innocenza utilizzando sistemi fascisti, da comunismo sovietico facendo leva sulla debolezza dell’italiano piccino che è
ancora convinto che combattere l’evasione significhi andare a  controllare e sanzionare il barista che non rilascia lo scontrino del caffè perché, poverino, non sa o fa finta di non sapere che i grandi evasori hanno sistemato i loro patrimoni in altre sedi altrove da qui  e che nessun governo italiano di nessun colore li andrà mai a controllare, disturbare né tanto meno, intimorire.

Moralismi d’accatto

Marcegaglia: “Basta ai sindacati che proteggono gli assenteisti”. Cgil: “Smentisca”

Per la presidente di Confindustria la riforma del lavoro dovrà permettere alle imprese di licenziare “quelli che non fanno bene il loro mestiere”. Il sindacato: ”Affermazioni che offendono. Le smentisca”. Bonanni prende le distanze: “Dica a quale sigla fa riferimento”. Fornero: “L’accordo è possibile” (Il Fatto Quotidiano)

Ha ragione la Marcegaglia a dire che in questo paese ci sono un sacco di fancazzisti a sbafo che campano sulle spalle di chi lavora onestamente e con senso di responsabilità. Giustissimo: cominciassero però i dirigenti che guadagnano stipendi milionari a dare l’esempio, ché questa storiella che a fare le cose perbene si deve cominciare sempre dal basso ha sinceramente fracassato tutto il fracassabile, vista la classe dirigente che ci ritroviamo e che ci ha gioiosamente accompagnato sull’orlo del precipizio. Perché se vanno cacciati gli impiegati , gli operai, i professionisti che truffano lo stato e  le aziende per cui dovrebbero lavorare rubando i loro stipendi e sfruttando così quei colleghi che sono costretti a fare anche la loro parte, si deve fare lo stesso anche coi loro superiori che sono STRApagati anche per fare in modo che questo non succeda.

Ma quelli non li caccia mai nessuno, né per loro c’è una Marcegaglia che invita alla lotta senza quartiere: hanno sempre un santo protettore in parlamento che li assiste e li rassicura.
E pensare che noi donne ci eravamo ridotte a fare il tifo per la Marcegaglia, solo perché, afflitte dall’assenza cronica  femminile nei posti che contano, una donna era arrivata ai piani alti del potere.
Una donna?
Appunto.
E la Camusso la bacia pure una che parla così?
Io no, non la bacerei, ecco.

I disonesti non devono essere difesi mai da nessuno, in nessun ambito, ma ci piacerebbe che a fare la morale su certe questioni non sia una signora che, da industriale figlia di industriali  a questa crisi economica non è affatto estranea e che solo adesso, praticamente da ieri si è scoperta scandalizzata dalle altrui incapacità  che, invece, sono anche le sue. Gli industriali che  delocalizzano e vendono aziende mettendo a repentaglio la sicurezza e spesso la vita dei lavoratori e delle loro famiglie, sono forse più onesti di chi nell’orario di lavoro va a prendersi un caffè un po’ troppo lungo?

Possibile che in questo paese non si riesca mai a parlare del  difetto del singolo senza offendere intere categorie di lavoratori e dunque di persone?

Che due palle, il lavoro!

“Che monotonia il posto fisso” dice Monti e il pensiero corre subito agli “sfigati” del vice ministro Michel Martone, ai “bamboccioni” di Padoa-Schioppa, lo stesso che disse che “le tasse sono bellissime”, a Brunetta con i precari che lo contestavano: “Siete la peggiore Italia” li apostrofò, a “sposi mio figlio” di Berlusconi.
L’ultima parola spetta al Papa. Intervenuto sul tema nel maggio 2010, ha voluto rivolgere un pensiero ai precari. “Il posto fisso non è tutto”,  li ha rassicurati.
TUTTA GENTE COL POSTO FISSO… TUTTA GENTE CHE GUADAGNA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO AL MESE E DICE ALLA GENTE DA 800 EURO CHE DEVE FARE SACRIFICI PER SALVARE L’ITALIA…
C’è da riflettere…
o no? (Aldo Vincent)

 

Sottotitolo: in un paese normale un primo ministro (specie se sobrio) parlerebbe con cognizione di causa, e in un momento così difficile starebbe molto attento a pesare le sue parole, userebbe una discrezione elegante (proprio perché è sobrio) e non direbbe niente di più di quanto sia in realtà necessario. Perché che avere la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio siano per lui cose monotone e noiose (e lo capiamo, uno che ne ha più di una di quelle occupazioni deve essersi ben rotto i coglioni di accumulare stipendi milionari in ogni dove) può essere oggettivamente una sua legittima opinione. Ma non può mai essere quella del presidente del consiglio italiano. Monti invece parla come se non sapesse quale paese sta governando: qualcuno gli dica che questa è l’Italia, non l’Olanda, il Belgio, la Germania o l’Inghilterra.
Se poi  a dire certe cose è uno a cui il posto fisso ‘a vita’ lo hanno regalato, quello di senatore, si capisce meglio perché è impossibile da sopportare.

Monti: “Posto fisso? E’ monotono”
“E lo spread scenderà ancora”

Napolitano ha chiamato Monti per far calare lo spread, e in effetti lo spread cala.
Rendere precario e “flessibile” mezzo paese, tagliare e togliere tutto all’altrà metà fa calare lo spread: non ci volevano i professori per una manovra così “azzardata”.
Si chiama liberismo, praticamente lo stesso ideale e lo stesso obiettivo di quello che c’era prima, quello col quale Monti si vanta di aver mantenuto una “significativa collaborazione”. (Noi speravamo di no ma ormai siamo abituati ai calci in bocca quotidiani, non fanno più nemmeno tanto male, vero?). Quando poi la metà della gente sarà praticamente e letteralmente morta di fame e l’altra metà costretta a lavorare in condizioni di schiavitù lo spread sarà sceso ormai sotto lo zero come le temperature di questi giorni.
E tutto questo senz’aver avuto neanche il tempo di annoiarsi.
Beato chi ci arriverà, a potersi togliere lo sfizio di annoiarsi.

Fare questi discorsi mentre ci sono aziende che delocalizzano non perché in difficoltà ma per l’odiosa logica dei profitti del padrone, che non esitano a mettere centinaia di persone per strada io credo che sia perfino pericoloso. Questo è un paese dove non ci si può permettere di oltraggiare più di così il mondo del lavoro.

Una cosa è accettare una sfida, un’altra non avere nemmeno la possibilità di provarci, dall’alto di certe posizioni è molto facile dispensare perle di ‘saggezza’, in un paese poi dove tre ragazzi su cinque non hanno proprio un lavoro, e figuriamoci se possono sperare nel posto fisso. Ma chi glielo dà un posto fisso a ‘sti figli, oggi? manco si chiamassero Michel Martone, vah. Io dico che PER FORTUNA c’è ancora chi ha la possibilità di annoiarsi col posto fisso, altrimenti chi ci penserebbe ai figli che non ce l’hanno? il welfare dei figli siamo noi genitori che mettiamo toppe ovunque, anche quando i figli escono di casa,  lo facciamo per loro e per i loro figli, e lo facciamo perfino con gioia. Ma questi sono problemi distanti anni luce dalla meravigliosa sobrietà dei professori in loden e delle professoresse dalla lacrima facile col tacco 5.
La verità è che chi fa discorsi sulla flessibilità, mobilità, chi ventila una maggiore facilità di poter licenziare (perché l’articolo 18 non è un totem né un tabù) è tutta gente che chissà come mai guadagna migliaia di euro moltiplicati per vari stipendi ed è incollata ad una o più poltrone da decenni, ed è anche grazie a gente così che questo paese è ridotto così male, grazie agl’inamovibili delle carriere che non liberano mai un posto per gli altri e non offrono mai la possibilità a nessun altro di dimostrare che è meglio di loro, di chi si è accaparrato i posti migliori nei modi che sappiamo, tipo Martone, per dire.
Salvo poi fare le pulci e non solo a chi è costretto a fare qualche ora di lavoro extra per non morire di fame.
Idealizzare la precarietà, predicare a mò di mantra che solo coi licenziamenti si può risolvere la crisi (mentre tutti sanno che è vero il contrario)  dopo aver sistemato se stessi e almeno le prossime due o tre generazioni significa avere solo una grandissima, sesquipedale faccia come il CULO, se almeno tacessero non farebbero un soldo di danno.

Così, giusto per non aggiungere anche le beffe.  E non sarebbe disdicevole ammettere di aver detto una cazzata, anche se ci si chiama Mario Monti, e magari  chiedere scusa alla gente in difficoltà che è molta più di quella che a suo dire, si annoierebbe. Anche sobriamente, s’intende.

Che due palle, il lavoro!

Ieri notte, leggendo i lanci di agenzia, ho trovato la dichiarazione del Professor Monti, e aggiornando il mio status su Facebook, ho ceduto al turpiloquio. Ora davvero vorrei scusarmi, ma non posso. Ho scritto “Monti: “Che monotonia il posto fisso I giovani si abituino a cambiare” … [Così, va … nemmeno più un poco di pudore. Brutto figlio di troia!]”
Credo, in fondo, che il nostro cedere al turpiloquio sia ancora la salvezza per gente così. Ci accontentiamo di augurare male, di mandarli là dove dovrebbero andare, e a volte quando ci assiste la fantasia, riusciamo ad immaginare scenari più apocalittici, vederli arrancare nella vita, tali e quali a noi. È la loro fortuna, perché una parolaccia non li ammazzerà.
Oggi mi scrivono che è vilipendio, che non devo permettermi, che comunque è meglio di quell’altro tizio, e che almeno il rispetto è dovuto alle istituzioni. Rispetto? Nemmeno un po’.
È sì vilipendio, ma vilipendio al cittadino. Al lavoratore, a chi fatica, al giovane a cui è impedito di sognarsi una vita possibile. Con Monti non si tratta più di arroganza del potere, ma di semplice fantascienza, una sorta di delirio di onnipotenza, di chi sa di avere carta bianca, di poter fare esattamente qualunque esperimento sulla pelle di cavie innocenti – e le cavie siamo noi. Testano il sistema, spingendosi fino al limite, stando in attesa di vedere la corda spezzarsi, e anche quel giorno sperimenteranno ancora, magari la repressione, l’esercito, gli arresti di massa. E in effetti lo stanno facendo già.

Il nonno bonario si affaccia alla televisione per annunciare uno dei suoi già famigerati slogan: salva Italia, cresci Italia e ora la “monotonia del posto fisso”. E sai che palle avere un lavoro di routine, che ti devi alzare la mattina per andare a lavorare, e che poi a fine mese ti danno uno stipendio col quale puoi addirittura pagarti l’affitto e il riscaldamento, il canone della RAI, e le sigarette. Che due palle, sapere che lavorerai ogni giorno della tua vita, fino ad arrivare alla pensione! Meglio cambiare in nome della mobilità tutta italiana: lavori tre mesi al calla center e poi ti licenziano, fingono di far fallire la ditta e ti riassumono il giorno dopo sempre per tre mesi ma con un contratto sempre più sfavorevole, con la nuova formula contrattuale che recita: “se ti va è così o sennò pigliatela in culo, che tanto fuori di morti di fame come te, c’è una fila.”

La politica non politica ora siede in Parlamento, fortemente voluta da tutti i partiti italiani – anche quelli come la lega che hanno fatto finta di fare opposizione – per fare il lavoro sporco, quello che tutti si son guardati dal fare, dire e persino pensare. Il nonno non politico, il professore che sembra essersi laureato da Vanna Marchi, coadiuvato dai suoi maghi Do Nascimento sputano in faccia al volgo, certi di restare impuniti, perché appunto, oltre che mandarli a fare in culo, che si fa?
Non mi stancherò mai di dire che la vera Rivoluzione Italiana, sarebbe quella di prenderli uno per uno e condannarli a finire i loro giorno vivendo. Vivendo la vita che loro hanno destinato a noi, di fame e precariato, di pensioni minime che ti obbligano all’assistenza della Caritas, di denti che cadono senza poter essere rimessi in bocca, di calzini bucati e scarpe consumate. E per le signore l’eleganza a cinque euro comprata dai cinesi, le borse di Dolce e Poiana comprate dal negretto al mercato dopo lunga contrattazione. Poco pane e poca pasta, e non perché sei a dieta, ma perché di più non ne puoi comprare.
Gente così, mi vilipende ogni volta che respira. E ribadisco: gli fosse rimasto almeno il pudore. Dovrebbero andare in televisione con un paio di mutande sulla testa, per poter parlare con me.

Rita Pani (APOLIDE)

Il Totem e i Tabù

Sottotitolo: la lega andava messa fuori legge sin da subito, altro che considerare i cialtroni razzisti vestiti di verde un simpatico movimento che faceva solo folklore. Nei ghetti bisognerebbe infilarci tutti gli analfabeti ignoranti alla salvini, educarli alla normale e civile convivenza fra esseri umani, soprattutto di quelli che vengono da fuori a fare tutte quelle cose che noi non vogliamo fare più per mancanza di tempo, di voglia, lavori infami pagati qualche spicciolo, perché alle signore che inorridiscono davanti alla povertà e alla miseria si rovinano le mani e il french fatto di fresco.

A tutt’oggi, sono anche gli extracomunitari a garantirci il benessere, accollandosi perfino un debito che non hanno nemmeno fatto in tempo a contrarre.

Mai che se ne buttassero giù altri di totem, nel paesello delle banane (vecchie e nuove). Per le cose importanti, giuste e che renderebbero questo paese un po’ più civile, ma solo un po’, non è mai il momento per abbattere certi tabù, è sempre troppo presto, la gggente non capirebbe.

Fa male la ministra Fornero a spaventarsi per quelle cose che ha la possibilità sia di ascoltare ma anche, fortuna sua (noi non ce l’abbiamo, pena dover passare per qualunquisti e, peggio ancora, nostalgici di berlusconi: l’Italia è fantastica perché ad ogni giro di ruota in parlamento si trovano sempre nuovi linguaggi coi quali definire chi si è semplicemente rotto i coglioni di essere manipolato e sfruttato dalla politica, che sia ordinaria o tecnica non fa differenza ) di poter replicare. Dovrebbe preoccuparsi molto di più di quello che dice e pensa chi, ancora una volta, non ha la possibilità di essere ascoltato e nessuna arroganza istituzionale dietro la quale potersi nascondere. Tipo quella mostrata ieri sera a ottoemmezzo dal neo ministro della difesa, l’ammiraglio, mentre glissava sulle domande che gli venivano rivolte come il miglior politico navigato e difendeva a spada tratta le decisioni del ‘precedente governo’ e di quelli ancora più precedenti in quanto, secondo lui, se l’Italia vuole essere all’avanguardia deve avere anche il suo bell’esercito di soldatini superattrezzati.

Io pensavo, ma sono una stupida, evidentemente, una stupida idealista pasionaria di sinistra, che in un paese che per Costituzione è fondato sul lavoro e la guerra la ripudia, le priorità dovessero essere altre.

Ha smesso di piangere, la ministro

Questa volta la Fornero non piange. Non ha più totem né tabù. Ma forse allora non aveva pianto perché comunicava all’Italia tutta, all’Italia che conta e fa i conti, che aveva dato mandato perché fosse fame e carestia. Piangeva per l’emozione di essere ministra tra i ministri, davanti alle telecamere, circondata dal pubblico di giornalisti che arrivavano anche da lontano.
Non deve aver pianto nemmeno per l’operaio che è schiattato in acciaieria, oggi, menzionato da tre scarne righe sui giornali, e presto cancellato da altre cronache di ordinaria follia. Siano esse quelle inerenti le code dei gitanti per lo shopping milanese, che quelle di una madre single (ex zoccoletta di Arcore) in vacanza a Miami.
E’decisa questa volta la ministra, perché l’articolo 18 deve essere cancellato: non sia mai che il lavoratore non si possa licenziare! E la Marcegaglia le fa l’eco, non esistono tabù.
Se ne può discutere, dicono in coro, ma senza ideologie. Eh già, se ne può parlare, perché no? Magari una di queste sere, davanti a una pizza e un’ottima birra, che così il tutto è più conviviale, meno drammatico e meno ideologico.
Per fortuna i sindacati non ci stanno, e annunciano ancora barricate: l’articolo 18 non si tocca. Come se fosse una questione di principio.
Verrebbe da farlo così il sunto delle cronache odierne, quelle che ancora una volta sembrano scritte da uno sceneggiatore nemmeno tanto bravo, che pare aver scordato che, da un pezzo, lo statuto dei lavoratori è carta straccia, e il lavoratore non esiste più.
Potrebbe essere semmai davvero una questione di principio, ma vista al contrario; è il padrone che ormai ha deciso di sancire lo strapotere del governo autoritario del danaro e dell’economia, del capitalismo che non ci sta a morire, e che prima di esalare l’ultimo respiro tenta un colpo di coda, persino simile a una strage.
Sembra una storia scritta per un popolo demente, ormai dimentico del passato recente.
Da giorni ci dicono che tutti i sindacati hanno trovato di nuovo l’unità e che uniti lottano. Cisl e Uil così non sono più gli stessi servi che si vendettero al potere berlusconiano, nemmeno gli stessi che garantirono a Marchionne non solo di stracciare lo statuto dei lavoratori, ma di utilizzarlo come carta da cesso, in un passato così recente da essere proprio qualche giorno fa.
No, non piange la ministra, questa volta non ce la fa. Ha già preso confidenza col potere, con le telecamere, con le parole da dire in un certo modo anziché un altro, quelle scelte per ribadire il concetto che è l’emergenza della crisi quella che impone rigida fermezza. Il sacrificio.
Oggi come oggi temo non piangerebbe nemmeno se dicesse la verità ultima, ossia che il sacrificio che chiede questo potere è il sacrificio umano.

Rita Pani (APOLIDE)