Quel che è stato, è Stato

provenzano bianiCome diceva Pasolini “i diritti civili sono i diritti degli altri”, quelli difficili da comprendere ma che però esistono e chi si definisce persona civile deve tenere in considerazione anche se non ne condivide il fine, l’obiettivo perché magari non ne ha bisogno e può vivere anche senza. Le unioni civili, ad esempio.
Nello stato di diritto non si tiene una persona resa innocua dalla vecchiaia, in stato di demenza, malata terminale, detenuta in regime di carcere duro.
Le pene severe si danno quando le persone sono sane, non quando sono ridotte a larve umane incapaci di intendere e di volere.
Nella lunga “latitanza” di Provenzano, impossibile senza la collaborazione degli apparati dello stato, nella sua fine c’è tutto il fallimento scientifico – perché mirato ad occultare e nascondere la verità – di uno stato che per bocca delle sue istituzioni si vanta di combattere la mafia, addirittura di averla sconfitta come ha detto Rosi Bindi ieri sera al talk show ma poi si accontenta degli scarti umani e della piccola manovalanza.
E’ perfettamente inutile indignarsi quando in America si mandano a morire i minorati psichici o gente tenuta per vent’anni nel braccio della morte che nel frattempo è diventata altra da quella che ha commesso i reati per i quali è stata condannata alla vendetta di stato se poi, nella nostra bella “culla del diritto” si condannano a sette mesi, nemmeno da scontare com’è già accaduto altre volte, degli assassini in divisa perfettamente lucidi e coscienti, che uccidono quindi nel nome di quel popolo italiano che dovrebbero invece tutelare anche [soprattutto] quando si pone fuori dalla legge e poi si gioisce della vendetta dello stato sul vecchio boss assicurato alla “giustizia” quando ormai non serviva più, incancrenito e finito già dal male.

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“Bernardo Provenzano lasciato morire
così per potere attaccare il 41-bis”

Il boss scomparso a 10 anni dall’arresto – Di Giampiero Calapà

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Magherini, condannati tre carabinieri – Riccardo Chiari, Il Manifesto

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