“Se mi capitasse qualcosa, dite che ho fatto di tutto per campare”

“Un giullare che dileggia il potere”.
Con questa motivazione  il 13 ottobre di diciannove anni fa Dario Fo fu premiato col  Nobel per la letteratura.
Oggi i giullari che un tempo il regimetto democristiano si limitava a censurare come capitò proprio a Dario Fo e Franca Rame, cacciati dalla Rai dove non poterono mettere piede per quindici anni, si portano in tribunale.
E’ la modernità, bellezza.

dario-foUn’intera generazione di italiani sta scomparendo lasciando un paese peggiore di quello che aveva provato a costruire anche attraverso la cultura nel momento peggiore per l’Italia uscita dal regime fascista e dalla guerra.
Molti, fra i quali Dario Fo lo hanno fatto mettendosi a disposizione di chi non aveva mezzi, possibilità, conoscenza e sapere.
Se guardiamo a chi è andato e chi di quella generazione è ancora qui, con altri obiettivi, c’è da avere paura.

Dario Fo, diversamente da chi dopo aver costruito una carriera dall’altra parte del potere ha abdicato al suo ruolo incamminandosi sulla facile scorciatoia per avvicinarsi al potere nel modo peggiore, sostenendo apertamente quel potere, ha difeso la sua libertà fino all’ultimo assumendosene sempre la responsabilità: non ha mai usato il paravento dell’ipocrisia.

“Io, populista e me ne vanto”

Farsi sfiorare dal dubbio sui motivi che spingono una persona di enorme cultura,  intelligenza ad avvicinarsi al movimento ‘populista’ non interessa quanto, invece, è interessato a tutta la cosiddetta intellighenzia de’ sinistra marchiare Dario Fo col bollino riservato alle canaglie.
Scalfari addirittura si scandalizzò ascoltando Fo a Otto e mezzo parlare di Grillo, si meravigliò e lo accusò di essere un Narciso, ma non si vergogna né prova imbarazzo il fondatore di un giornale chiamato Repubblica quando scrive editoriali che celebrano l’oligarchia come unica forma di potere.

mistero-buffo

 Grazie ad un uomo che più e meglio di altri e di tanti ha saputo dare un valore concreto e  prezioso alla parola “libertà”.

“Rai, di tutto, di Renzi” non era una battuta di Crozza ma una facile previsione

Su twitter leggevo che qualcuno si lamentava tanto per cambiare di Virginia Raggi che avrebbe copiato parte del programma da testi esistenti scritti da altri, come se prima di lei non lo avesse fatto nessuno.
Se un’idea e una proposta sono buone e realizzabili non si capisce dove stia il problema.
Volevo solo ricordare agli storditi dall’afa che Matteo Renzi sta ‘governando’ l’Italia a colpi di piano di rinascita del fu venerabile Licio Gelli, ma quelli sempre molto attenti alla pagliuzza dei 5stelle e ai quali piace sorvolare, invece, sulle travi del pd non lo scrivono su twitter.

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L’accusa che si sente spesso ripetere ai 5stelle è di essere un movimento padronale che deve rispondere ai vertici di qualsiasi decisione, mentre il pd è un partito dove la democrazia interna mette tutti allo stesso livello: quella esterna un po’ meno e al quale basta un congresso per stabilire che il comandante in carica non va più bene e sceglierne un altro. Pare vero, eh?
Non serve nemmeno tornare al metodo con cui il pd sceglie i suoi dirigenti, quelle primarie che ci hanno raccontato di tutto e di più sul sistema che fa vincere o perdere, vorrei solo ricordare che le uniche elezioni vinte da Renzi finora sono state quella da sindaco di Firenze e poi, appunto, le primarie del suo partito che, parrà strano, ma non sono il viatico per andare al governo del paese.
Se il partito è “scalabile” da chiunque riscuota il gradimento e il consenso degli elettori questo non significa che tutti i chiunque che di volta in volta vincono le primarie abbiano poi l’autorizzazione di scalare il paese.
Per fare questo bisogna andare bene alla maggioranza del paese tenendo conto che ci sarà sempre una minoranza contraria: in democrazia funziona così, non ai pochi intimi che pagano due euro per dire che gli piace più Renzi di Bersani o Cuperlo.
Aver dato a Renzi la possibilità di stare al comando del partito e del governo nei modi che sappiamo si è trasformato nella morsa che giorno dopo giorno ha stritolato la politica, il dissenso vero ma più che altro presunto della cosiddetta minoranza del partito aumentando già così in maniera esponenziale, esagerata per una democrazia il potere di Renzi che ormai può fare quello che vuole con la certezza che nessuno si metterà di traverso al suo progetto, che significa un paese rifatto nelle istituzioni, aziende pubbliche, scuole, ospedali, nella Rai, nella Costituzione a immagine e somiglianza di Renzi, non di chi già c’è che vorrebbe contare qualcosa, dire la sua e di chi verrà dopo di lui.
Ai più ingenui, speranzosi e fiduciosi sembrerà strano, ma i regimi nascono proprio così.
Ecco perché tutte le discussioni sul pericolo dei 5stelle manipolati e manovrati dai capi, la polemica sulla “mondezza” di Roma hanno davvero poco senso, sono solo l’ennesima arma distrazione di massa.
Più che sui sacchetti di Roma bisognerebbe concentrarsi su chi nel suo sacco vuole metterci tutta l’Italia, ovvero Matteo Renzi.

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renzieraiDispiace e un po’ stupisce dover leggere che, in fin dei conti Renzi sta facendo quello che hanno fatto tutti fino ad ora e quindi che male c’è se lo fa pure lui.
Perché è stato Renzi a dire in tutti i modi e a proposito di tutto che non avrebbe mai fatto tutto quello che hanno fatto gli altri.
E lo ha detto l’altroieri, non cinque, dieci, vent’anni fa, chi non tiene conto di questo non ha dimenticato, o non lo sa perché non è informato o non gliene frega niente.
Renzi non solo fa tutto quello che hanno fatto gli altri molto di più di quanto abbiano fatto gli altri, non solo mettere in pratica quei sistemi da prima repubblica che diceva di detestare gli piace tanto, ma lo fa peggio e non prova nemmeno a nascondere di essere come – peggio – di chi lo ha preceduto.
Lo dicevo e lo scrivevo già in altri periodi: Renzi non è come berlusconi che aveva degli interessi preminenti negli affari di stato, uno su tutti quello di non finire in galera, obiettivo perfettamente centrato, Renzi è peggio di berlusconi proprio perché non avendo interessi di quel tipo di carattere privato e personale sta dimostrando che quello che vuole è il potere.
Il potere solo nelle sue mani.
La lottizzazione delle reti Rai, che la politica ha sempre attuato quando gli amichetti di merende si dividevano prima due, poi tre reti e oltre non ha niente a che fare con un presidente del consiglio che, non dimentichiamo, sta lì per grazia napolitana ricevuta che fa completamente suo il servizio pubblico radiotelevisivo con l’intenzione di trasformarlo nello strumento di propaganda del governo.
Renzi ha trovato un modo truffaldino di far pagare il canone a tutti con l’obiettivo preciso di fare della Rai la dependance di palazzo Chigi, molto di più di quanto lo sia stata fino ad ora e con finalità ben più gravi, ecco perché io trovo di una superficialità e menefreghismo imbarazzanti che la faccenda venga liquidata con il solito “così hanno fatto tutti” o col giudizio su Bianca Berlinguer perché la faccenda stavolta è enormemente più grave, più seria e più pericolosa.
Difendere la Rai non significa fare lo stesso col giornalismo asservito a tutti i poteri purché gli vengano garantite le poltrone, assicurati il posto fisso e lo stipendio milionario.
Il servizio pubblico radiotelevisivo va difeso tanto quanto la scuola pubblica e la sanità pubblica.

Nota a margine: al referendum sulle riforme costituzionali si vota NO anche per mandare a casa un governo che porta l’Italia in guerra, esponendola al rischio di attacchi terroristici dai quali è scampata finora in virtù di qualche fortunata congiunzione astrale in spregio alla vera Costituzione, la stessa che ieri Renzi spiegava a Erdogan per vantarsi del nostro stato di diritto, quello dei servi del vaticano e dell’America, ostaggio delle mafie che tutto il mondo c’invidia e senza chiedere il permesso agli italiani.

Quella porta va chiusa

portaaporta5apSe do le mie chiavi di casa a qualcuno lo faccio con la consapevolezza che la mia casa verrà frequentata dal qualcuno che potrà usare i miei servizi igienici, la mia biancheria, dormire nel mio letto.
La stessa cosa fa Bruno ‪‎Vespa‬ con la Rai‬: siccome da dipendente è diventato il padrone, anzi uno dei padroni, sa che può fare quello che gli pare col servizio pubblico dei contribuenti, costretti a pagare una tassa non solo per finanziare la propaganda a tutti i regimi ma anche per dare a Vespa la possibilità di invitare nel porcilaio più sontuoso della televisione di stato i figli di Casamonica e quello di Riina‬.

Enzo Biagi, che era un giornalista vero, intervistò Liggio, Cutolo e Buscetta ma fu lui ad andare da loro, non li invitò in uno studio della Rai.
Dopo il revisionismo della storia, la ripulitura del fascismo attraverso film e fiction che non raccontano tutta la verità, nella Rai del nuovo corso renziano va in onda, grazie a Bruno Vespa, alla sua egemonia conquistata nella tivù di stato per la sua abilità e predisposizione nell’essere servo di tutti i padroni che lo ripagano generosamente la riabilitazione mediatica e sociale della mafia, si fa dire al figlio del capomafia mandante di stragi, a sua volta mafioso, già condannato e impedito a tornare a vivere nella sua terra che “non è d’accordo con l’arresto di suo padre”, che un padre così gli ha insegnato i valori del rispetto.
Mattarella, che ha avuto un fratello ammazzato dalla mafia nemmeno stavolta pensa di dover dire qualcosa?
A ristabilire la par condicio fra stato e mafia basterà la puntata “riparatrice?”

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Vespa, vietato ai minori di 18 anni

 

Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro sono stati cacciati dalla Rai su richiesta di un delinquente seriale più che amico della mafia per aver fatto un “uso criminoso” del servizio pubblico della Rai: giornalisti, attori, comici sono stati interdetti dalla tivù di stato per aver fatto semplicemente il loro lavoro, chi di cronaca, chi di satira che ridicolizza il potere.
Molte trasmissioni sono state chiuse perché non gradite al potere, Raiot di Sabina Guzzanti addirittura dopo la prima puntata perché raccontava nel dettaglio l’abominevole conflitto di interessi di berlusconi e l’allora presidente di garanzia Annunziata non mosse un dito per impedirlo.
Solo poche settimane fa Presa Diretta di Riccardo Iacona ha subito la censura della seconda, quasi terza serata perché si occupava di educazione sentimentale e sessuale utile a contrastare il bullismo nelle scuole.
Bruno Vespa utilizza il servizio pubblico della Rai non solo per mera propaganda alla politica che poi lo ripaga per interposti presidenti del consiglio che vanno a presentare i suoi libri come se fosse un Dante Alighieri dei giorni nostri, ma anche per intervistare figli e parenti Casamonica che non è una famiglia di filantropi benefattori, scienziati e letterati ma un’associazione criminale che opera nel Lazio e non solo e per far promuovere un libro di esaltazione della famiglia mafiosa al diretto erede del boss.
Nel mezzo c’è l’indimenticabile ospitata al padre di un assassino, i vari plastici, le serate dedicate a casi di cronaca con processi ancora in corso, la prescrizione di Andreotti trasformata in assoluzione.
Questo non è servizio pubblico, non è informazione: Porta a porta, un programma tossico, nocivo per contenuti e argomenti va chiuso, non per censura ma per questioni di igiene ambientale e di tutela della salute intellettuale degli italiani.

Il servizio pubblico della Rai ha il compito e il dovere di promuovere la cultura e la buona informazione, dunque non può ospitare l’esaltazione di mafie e criminalità oltraggiando le vittime. Il servizio pubblico radiotelevisivo pagato coi soldi di tutti deve assolvere al suo compito con dignità e competenza, non ricercare lo share a tutti i costi.

Riforme_Rai

L’Italia del rottamatore, del quarantenne rampante è rimasta l’unico paese europeo a non riconoscere una legalità, quindi i diritti, alle coppie omosessuali.
Complimenti vivissimi a chi ha votato, sostenuto e lo fa ancora questo pericoloso megalomane che oggi invece di andare a scusarsi con i derubati dal suo decreto salvabanche come ha fatto Tsipras con i greci privati fino a ieri dei loro diritti, è andato a tagliare l’ennesimo nastro ad una finta grande opera.  Sette miliardi di euro, cifra come al solito più che raddoppiata rispetto a quella prevista che era di 2.521.000.000, undici anni di lavori per costruire 59 chilometri di strada e far risparmiare un quarto d’ora di viaggio a chi deve percorrere quel tratto di strada.
Questa è la prestigiosa, necessaria ‪#‎VarianteDiValico‬.
E ‪#‎Renzi‬ ha pure il coraggio di vantarsi della “grande opera” come se l’avesse costruita con le sue nude mani e non fosse invece un progetto di altri.
Ecco come si costruisce il consenso politico di un cialtrone.

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Quando Renzi diceva “fuori i partiti dalla Rai” intendeva dire fuori i partiti e dentro il governo?  Dopo che in tutti questi anni nessuno della presunta sinistra ha mai voluto risolvere il conflitto di interessi di berlusconi arriva Renzi e fa asso piglia tutto con l’azienda di stato ma lo fa coi soldi dei cittadini.  I contribuenti saranno costretti a pagare una tassa opportunamente inserita nella bolletta dell’elettricità per finanziare un’azienda fintamente pubblica visto che ormai i programmi sono un intermezzo fra una pubblicità e l’altra, un’azienda messa sul mercato con un amministratore delegato stile Marchionne scelto da Renzi in persona che a sua volta potrà decidere il personale da assumere che dovrà fare i palinsesti a immagine e somiglianza del Leopoldo da Rignano stando ben attento a non dis_turbarlo troppo.

A questo punto, visto che Licio Gelli è morto i diritti d’autore se li dovrebbe far pagare berlusconi,  meglio di così non avrebbe saputo fare nemmeno lui che almeno le sue porcate le ha fatte in governi eletti da parlamenti autorizzati dal voto degli elettori, non da uno abusivo che avrebbe dovuto solo garantire la tenuta dello stato e invece lo sta rovesciando senza il permesso di nessuno. 

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“La tv di Stato aumenta la dipendenza dai partiti

Ora è come se l’ad della Rai fosse Palazzo Chigi”

Enrico Mentana, direttore del Tg de La7, critica la riforma della Rai approvata ieri al Senato (leggi)
E davanti ai telespettatori rincara la dose: “Col canone in bolletta molti più soldi dei competitor” (video)

“Con questa riforma torniamo a prima del 1975, a una Rai che dipende dall’esecutivo. La fonte di legittimazione del Cda è la commissione di Vigilanza, ma soprattutto l’amministratore delegato con pieni poteri è Palazzo Chigi“. Il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, intervistato dal Fatto, non usa sfumature. “Non si può dire ‘fuori i partiti da viale Mazzini’ e poi approvare una legge del genere”.

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renzi_vespa_porta_a_portaSe una riforma del genere l’avesse pensata e realizzata berlusconi, perfino gasparri dice che è incostituzionale ed è tutto dire, oggi avremmo le piazze piene di girotondi, di popoli viola, di senonoraquandiste, di associazioni popolari, di articoli21, di difensori della Costituzione più bella del mondo. Invece, tutto tace, e non potrebbe essere altrimenti due giorni prima di natale nel paese più assopito del mondo. Solo su una cosa Mentana sbaglia, quando dice che non è vero che la televisione orienta gli esiti delle elezioni.
Questa cazzata la lasci dire a Pigì Battista che la ripete da anni, lui che è stato anche un dipendente mediaset sa benissimo che non è vero.
Se fosse così la politica non avrebbe l’ossessione del controllo dei media: vent’anni di berlusconi e ancora c’è chi vorrebbe convincere la gente che le televisioni non spostano i voti, mentre sono riuscite e riescono a spostare perfino i cervelli.

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RIFORMA RAI

Avanti a mani alzate  – Vincenzo Vita

Nel consesso civile l’alzata di mano è una richiesta educata di parola.
In parlamento, il luogo dove si dovrebbe costruire la civiltà l’alzata di mano serve a togliere la parola..
Il parlamento di Renzi riforma la Rai, lo stato a modo suo con lo stesso spirito che anima una riunione di condominio dove basta una persona in più a decidere il colore delle tende dei terrazzi.
A margine di tutte le sconcezze che dobbiamo subire tutti resta però la realtà di un paese che non vuole crescere, maturare, fatto di una maggioranza di gente che spera sempre che sia qualcun altro a risolverle i problemi e il dramma è che sceglie sempre le persone sbagliate.

Se i farabutti approfittano sempre delle feste, delle vacanze, di ferragosto per fare le peggiori porcate è perché possono contare sulla complicità di chi non alza più nemmeno un sopracciglio nemmeno di fronte al peggiore degli abusi di potere.
Per fortuna Licio Gelli è mancato giusto un attimo prima della magnifica riforma della Rai targata Renzi, altrimenti altroché i diritti d’autore avrebbe chiesto.
Fino a ieri le televisioni pubbliche controllate in toto dal governo esistevano solo in Cina, Thailandia, la Corea del nord, in tutti quei paesi dove l’ipotesi di democrazia è stata stroncata sul nascere. Da oggi finalmente l’abbiamo anche qui, così ci togliamo il pensiero ché il dilemma “democrazia sì, democrazia no” ha sinceramente rotto il cazzo.
L’occupazione manu militari del servizio pubblico da parte del governo di quello che diceva “fuori i partiti dalla Rai” è cosa fatta e ha pure un capo: Renzi.
Kim Renz-un prima ha pensato al modo per far pagare il canone a tutti, dopo si è riformato la Rai a sua immagine e somiglianza, nominando il direttore generale leopoldo e promuovendolo AD, quindi con tutti i poteri nelle sue mani come se la Rai fosse una sua azienda privata dove l’uomo solo può decidere chi deve stare dentro e chi fuori senza fare nemmeno l’editto.
La domanda è retorica e stra-abusata, ma “se l’avesse fatto berlusconi”?
Gli italiani costretti dallo scippo con destrezza del canone in bolletta a sovvenzionare la ormai ex azienda di stato per permettere ad un capo del governo abusivo di trasformarla definitivamente nel suo house organ.
Presumo sia inutile aspettarsi un sussulto di dignità da parte di quei pochi professionisti che pensano che il giornalismo e l’informazione non siano mettersi al servizio del capetto di turno ma il perno dell’equilibrio democratico di un paese.  

Con una Rai così conciata da Renzi che se l’è praticamente privatizzata a suo uso e consumo, pagare il canone è un abuso.
La politica dovrebbe finanziare di tasca sua un servizio che serve solo alla propaganda di regime, non estorcere la tassa ai cittadini.

 

Quando c’era lui [silvio], i talk show facevano più ascolti di Rambo

Massimo Giannini oggi fa il conduttore al servizio pubblico di Raitre dopo essere stato per anni il vicedirettore di un quotidiano, La Repubblica, che ha fatto la guerra a berlusconi su tutte le cose che oggi perdona a Renzi, compresa l’insopportabile legge bavaglio che quando la voleva fare berlusconi diocenescampieliberi ma ora che la fa Renzi è tutta un’altra cosa e dopo avergli tirato la volata per mesi. Dunque è abbastanza difficile se non impossibile cucirgli addosso i panni del perseguitato ora che il nemico dell’informazione non è più il caimano ma il pupillo stracoccolato dalla grande stampa italiana.

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Rai, Giannini: “Renzi ha liberato i cani
Partita la caccia ai programmi scomodi
Nella sostanza è come l’Editto bulgaro”

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Il fatto che ci sia gente che pensa al giornalista come ad un’entità soprannaturale, senza idee proprie, senza un orientamento politico, una fede religiosa se ne ha bisogno dà l’esatta misura del perché il giornalismo in Italia è ridotto ai minimi termini: la gente non giudica nel merito del servizio e dei contenuti  ma basandosi sulla persona, un giudizio che spesso è viziato dal pregiudizio sul giornalista antipatico e dunque non credibile perché è troppo di destra, troppo di sinistra o troppo indipendente.
Non è importante se il giornalista è di destra o di sinistra, se crede in Dio, Buddha o Allah, non sono importanti le sue faccende private, se è eterosessuale, lesbica o omosessuale.
Dal giornalismo e dai giornalisti si deve pretendere che facciano quello che hanno liberamente scelto di fare e cioè INFORMARE: tutto il resto è  la solita fuffa e caciara costruite ad arte da chi ha la necessità di difendere pedissequamente il proprio idolo, totem e guru e per questo rinuncia a confrontarsi con la realtà che diventa odio, livore, menzogna.
Le persone intelligenti,  interessate alla conoscenza dei fatti li vanno a cercare ovunque e preferiscono sempre sapere con chi hanno a che fare,  proprio per poter valutare la credibilità e l’esattezza di chi dà le notizie e le commenta secondo il suo punto di vista.
Questo per quanto riguarda un’opinione pubblica lobotomizzata da decenni di propaganda.

Parlando nel merito di ciò che deve fare un giornalista, che piaccia o meno al podestà di turno, ai suoi vassalli e servi sciocchi al seguito il compito del giornalista è, contrariamente a quello che pensano in troppi proprio quello di criticare la politica, altroché seguire una linea o accorgersi di chi “ha vinto le elezioni”, fra l’altro Renzi non ha vinto proprio niente, è diventato perfino noioso dover ricordare ogni volta in che modo Renzi è andato a finire a palazzo Chigi.
Chi parla di odio, livore e partigianeria a proposito di un certo giornalismo vada a guardarsi un talk show in un qualsiasi paese civile, dove i palinsesti non li fanno i capi del governo in concerto con le redazioni e le domande non vengono concordate con gli uffici stampa del politico.
Normalmente il giornalista fa la prima domanda ma soprattutto la seconda, ed esige una risposta, perché da giornalista sa di non dover rendere conto al politico ma ai cittadini che per mezzo dell’intervista possono costruirsi una libera opinione sul politico. Uno come Renzi verrebbe inchiodato per ore nel talk show e invitato a dimostrare con i fatti tutte le balle che si limita a citare e ad annunciare. Punto su punto.
Ma questo è incomprensibile in un paese dove si calcola tutto in piccoli e miserabili numeri per ricavarci la percentuale di share, di chi parla di più o di meno e sulla base del proprio sentire, così tutto quello che è contrario ai desiderata del capetto e dell’infatuato viene considerato alla stregua del dispetto personale.
Non esiste paese al mondo, se parliamo di democrazie occidentali, dove la politica interferisce in modo così asfissiante sull’informazione come succede qui. Questo si rovescia inevitabilmente poi sulla scelta della classe dirigente fatta da cittadini continuamente imbambolati e rincoglioniti dalla propaganda coi risultati che vediamo, perché a fronte di una piccola minoranza di gente responsabile che non si fa guidare e indirizzare dal talk show ci sarà sempre la maggioranza rincoglionita che si è fatta abbindolare e che impone le sue scelte politiche anche alle incolpevoli vittime della minoranza.
Le cose buone fatte dalla politica, dai governi non deve raccontarle il giornalista: se ne devono accorgere i cittadini vedendo la loro vita cambiare in meglio, perché tutto funziona meglio.
Ma siccome la politica e i governi sanno di non essere mai nel giusto allora hanno bisogno di chi racconti le cose per come dovrebbero essere ma non sono.
E tutto quello che si contrappone fra la realtà vissuta e la menzogna raccontata diventa un pericolo, qualcosa da eliminare dalla visuale dei cieli azzurri e del panorama del tutto va bene.
E’ tutta qui la storia.

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E’ seccante dover dire “io l’avevo detto”, però lo avevo detto, e l’ho ripetuto nel tempo in varie occasioni quando la truppa d’assalto degli antigrillo si organizzava per terrorizzare, paventare il pericolo dell’ascesa del movimento del popolo, il movimento “fascista”, mentre il vero fascismo si organizzava per tornare in grande stile sotto forma dell’ancien régime più reazionario e antidemocratico che abbia mai preso possesso del potere dopo il ventennio, non quello di berlusconi ma di mussolini.
Ed è veramente pietoso ascoltare e leggere le arrampicate sugli specchi di chi ancora adesso, alla luce delle minacce di Vincenzo De Luca al “giornalismo camorristico” e alle richieste di Renzi per bocca di Michele Anzaldi, segretario della commissione di vigilanza Rai circa un maggiore asservimento dell’informazione: specificamente quella del servizio pubblico al pensiero unico del partito unico, continua a ripetere la filastrocca di Grillo che faceva la lista dei giornalisti “cattivi” sul blog, come se si potesse anche lontanamente paragonare un presidente del consiglio andato al potere in modo arbitrario e assai discutibile all’opinione, spesso legittima anche se talvolta espressa male di chi è stato ed è continuamente bersagliato dagli stessi media che tacciono sulla bulimia di potere che affligge Renzi e il suo centro di potere.
Nota a margine: difendere il giornalismo libero significa, ad esempio, pretendere che il direttore di un telegiornale non si offra all’osceno siparietto organizzato da Bianca Berlinguer che è andata di persona dal presidente del consiglio a farsi rassicurare nel merito del suo futuro professionale dopo le minacce di epurazione del segretario della vigilanza Rai.
Perché se fino a ieri il dubbio sull’imparzialità del Tg3 non c’era oggi forse a qualcuno gli viene.

Bruno Vespa sta al giornalismo come la diffamazione e la calunnia stanno alla libertà di espressione

Nel 2009 vauro fu sospeso dall’allora direttore della Rai Masi per una vignetta mostrata ad Annozero giudicata “gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la missione del servizio pubblico”.
Evidentemente per il cosiddetto servizio pubblico ci sono morti di serie A, di serie B e anche di serie C: le vittime della criminalità comune e mafiosa dei Casamonica non valgono una sospensione per Vespa bensì la puntata “riparatrice” di Porta a Porta.

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LA RIDICOLA CANEA DEL PD CONTRO VESPA PER L’INTERVISTA AI CASAMONICAS  Sergio Scandura per Gli Stati Generali

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Quanto è facile dire “perché in televisione ci sono andati tutti e perché no i Casamonica”.
Così domani qualcuno potrà dire che, perché in televisione ci sono andati i Casamonica, perché no il serial killer, il pedofilo, lo stupratore.
Peccato che Pacciani e la saponificatrice di Correggio sono morti, altrimenti perché no un’ospitata al talk show anche per loro.
A qualcuno poteva interessare sapere qualcosa della loro vita e carriera, se mamma e papà facevano i regalini anche a loro a natale.
E chi se ne frega dei messaggi che veicolano i media che poi diventano opinione e cultura, perché quello che non si vede in televisione non c’è e non esiste, giusto?
Per sapere quello che esiste o per far esistere quello che non c’è bisogna che qualcuno ce lo faccia vedere.
Proprio quello che ha pensato berlusconi quando si è comprato metà degli italiani con le televisioni.
Ma tanto non s’impara, non c’è niente da fare.

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Non basta essere incensurati per essere onesti.
Sempre a rompere i coglioni e dare del disonesto senza se e senza ma a chi evade anche piccole cifre magari per cercare di sopravvivere, pagare lo stipendio ai dipendenti invece di licenziarli perché toglie il pezzo di strada, il banco di scuola, la prestazione sanitaria a chi paga tutte le tasse poi però si portano in televisione due che campano coi proventi dello spaccio di droga, del racket della prostituzione e dell’estorsione, di furti e rapine che tolgono molto più del banco di scuola e dell’analisi del sangue ai cittadini per mezzo dei quali il bravo papà regala champagne ai figli e qualcuno ha pure il coraggio di dire che sono incensurati, onesti e quindi si meritano la ribalta di Vespa.
Se Vespa può portare i Casamonica in televisione è anche perché c’è gente che “ragiona” in questo modo, in un paese dove la gente sappia fare semplicemente 2+2 uno come Vespa avrebbe dovuto fare altro nella sua vita, lontano dalle telecamere e dai teleschermi.

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Dopo “e allora le foibe” e “allora i marò” prepariamoci ad un’ondata di “e allora Enzo Biagi che ha intervistato Sindona”.

Nella piccola e sempre più insignificante espressione geografica che è l’Italia c’è sempre qualcuno che trova la pertinenza tra un fatto e un altro per difenderne altri peggiori.
Enzo Biagi intervistò Sindona in carcere, non in uno studio televisivo, Sindona, come Buscetta, Cutolo e Luciano Liggio avevano cose molto più interessanti da dire di quelle dei Casamonica, non solo dal punto di vista dell’informazione ma proprio della storia che ha costruito il paese sciagurato che è l’Italia di oggi.
I familiari di Sindona, Cutolo, Buscetta e Liggio non hanno mandato i ringraziamenti a Enzo Biagi come ha fatto il nipote di Vittorio Casamonica affidando niente meno che ad un’agenzia i complimenti a “Bruno”.
Enzo Biagi fu cacciato dalla Rai per volere di un delinquente amico della mafia di Buscetta, Cutolo e Liggio.
Chi oggi non ha ancora capito perché non si portano i Casamonica in uno studio televisivo del servizio pubblico e continua a fare paragoni stronzi eviti di citare Falcone e Borsellino, due galantuomini sulla bocca di tanti che li usano per farsi belli non ricordandosi evidentemente nulla di cosa dicevano e del perché sono morti.
Bruno Vespa che nessuno ha cacciato né lo farà invece di paragonarsi a Enzo Biagi dovrebbe infilare la sua linguaccia nell’acido muriatico e sparire dalla circolazione per il resto della sua vita. Enzo Biagi intervistò Sindona, Liggio, Cutolo, Buscetta ma fu lui ad andare da loro, non li ha invitati nel salottino “buono” della Rai.   Vespa lasci in pace la memoria di una persona degna come Enzo Biagi che non faceva i figli e i figliastri quando si trovava davanti l’intervistato di turno.
Non usava la tv per soddisfare un ego ipertrofico, il suo narcisismo, per assolvere prescritti, per raccogliere false promesse dai politici né, soprattutto, aveva amici di famiglia fra gli stessi potenti che un vero giornalista dovrebbe controllare per mestiere.
In questo paese la maggior parte della gente non ha la minima idea di cosa è e cosa significa la professione del giornalista, di quali sono i doveri del giornalista.

Ai fini della comunicazione anche il contesto è importante, saper prevedere l’impatto che avrà quell’incontro con i telespettatori, il luogo in cui avviene la conversazione e soprattutto il motivo per il quale il servizio pubblico pensa che un’intervista debba poi interessare la pubblica opinione.
Si vergognino quelli che difendono un servizio pubblico indecente che legittima un clan mafioso e criminale offrendo la ribalta mediatica ai suoi componenti e invece di chiedere scusa all’Italia rivendicano la scelta di averlo fatto truccando il tutto col diritto/dovere di cronaca.

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Marino, per non dire che la responsabilità maggiore di quest’altra ed ennesima vergogna ce l’hanno tutti quelli che potendolo fare non hanno voluto evitare la pagliacciata farsesca la butta sul mistico: “guardare Porta a Porta è peccato e bisognerebbe confessarsi, dopo”.
Ecco come dirottare la riflessione altrove dal problema, che non è certo il peccato di chi guarda Porta a Porta ma quello di un’intera classe dirigente a cui fa comodo il “giornalismo” alla Vespa quando offre la poltrona per la propaganda, per le assoluzioni non dai peccati ma dai reati, per enunciare false promesse e che adesso si indigna e si sdegna perché l’ospitata dei Casamonica ha finalmente tolto il velo ad un servizio pubblico e informativo indecente, indegno di un paese civile composto di gente altrettanto indegna che se avesse svolto davvero il suo lavoro come si vanta di aver fatto Vespa, se invece di ossequiare e far sentire la cattiva politica a proprio agio, a casa sua, in uno studio televisivo come fra le pagine dei giornali, se i politici si fossero sentiti meno liberi di agire nel loro interesse anziché quello dei cittadini oggi questo sarebbe un altro paese dove la mafia e la criminalità non si mischiano con la politica per fare affari insieme contro i cittadini e dove nessun prete farebbe il funerale sfarzoso al capoclan alla cui famiglia nessuno può dire no. Nemmeno Vespa. Ci sono giornalisti che per fare davvero servizio pubblico sono dovuti andare via dalla Rai, non solo perché cacciati dal proprietario della tv ‘concorrente’. Perché Lirio Abbate, uno dei tanti minacciati dalle mafie e dalla criminalità non può avere una trasmissione alla Rai?  Perché non potrebbe dire le stesse cose che scrive su libri e giornali. Perché l’informazione e il servizio pubblico sono perennemente al servizio dei potenti, prepotenti e delinquenti.
Dov’erano i piddignados quando dal servizio pubblico sparivano i Guzzanti, Daniele Luttazzi, Michele Santoro, il giornalista più maltrattato e mobbizzato dalla Rai di tutti, di destra e di “sinistra”, Enzo Biagi, quando vauro fu sospeso per una vignetta di satira?
Ad aprire la porta per farli uscire, scommetto.

A proposito di talk show: quando la tivù è diseducazione violenta

Sottotitolo: la questione è seria, non si tratta solo di comunicazione distorta, la gravità sta nel messaggio che arriva nelle case ma soprattutto nella testa della gente.
Perché se l’attore protagonista diventa il carnefice, il criminale, il satrapo che approfitta di ragazzine minorenni a pagamento e lo si invita in qualità di vittima perseguitata, inevitabilmente le vere vittime e le conseguenze sociali delle azioni dei carnefici assumono un’importanza secondaria.
Mentre è a queste e solo a queste che si deve dare la priorità.
La maggior parte della gente che ha capito della vicenda dei Casamonica?
Riassumendo che è gente che ha un sacco di soldi, guadagnati anche illegalmente ma nel paese dove tutti lo fanno e come ci ha insegnato anche la buonanima di craxi che male c’è, che li hanno spesi per onorare il morto di casa e chi non lo farebbe, chi avendo la possibilità non farebbe piovere petali di rose sulla bara del nonno con tanto di fanfara ad allietare l’ultimo viaggio del caro estinto, che comunque se qualcuno li invita in televisione significa che non hanno fatto niente di male.
Del resto è proprio a Porta a Porta che la prescrizione di Andreotti fu trasformata in assoluzione con tanto di scritta gigantesca sul maxischermo che ne ribadiva quell’innocenza che non c’è mai stata.
Porta a Porta non va chiusa perché fa cattiva informazione ma per questioni di igiene ambientale, perché è una di quelle macchine infernali che trasforma gli orchi in principi azzurri e le streghe cattive nelle fatine dei miracoli, la qual cosa nel paese dei telerincoglioniti è molto peggio della cattiva informazione.

E mi raccomando, stasera tutti a guardare la puntata “riparatrice” di ‪‎Porta a Porta‬, fate fare a ‪‎Bruno Vespa‬ il pieno dell’audience, non aspettate di rivederla domani. Chissà come campano gli sciacalli mediatici.

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Preambolo: giovanardi può decidere di non fare una legge, può essere l’ostacolo al raggiungimento di un obiettivo semplicemente civile.Sono anni che provo a dire di non ridere di giovanardi, che è lo stesso che insulta i morti di stato, le loro famiglie, che va in radio e televisione a straparlare di cose che non sa perché qualcuno ci tiene a sapere cosa passa nella testa di giovanardi e vuole farlo sapere anche a noi. giovanardi che è lo stesso della legge  dichiarata incostituzionale sulle droghe fatta insieme a quell’altro sant’uomo di fini che se non ci fosse stata oggi forse Stefano Cucchi sarebbe ancora vivo.  giovanardi è uno fra quelli che si oppone anche alla legge contro le torture. Dopo aver insultato le famiglie Aldrovandi, Cucchi, Magherini e chiunque abbia avuto una storia di violenze e morte subite dallo stato giovanardi si oppone all’unica legge che potrebbe ridurre di molto il contenuto della cesta delle “poche mele marce”.

Sono anni che ripeto che giovanardi non è lo scemo del villaggio ma un politico che mette la firma sulle leggi, che partecipa alle decisioni importanti e sono anni che quando si parla di giovanardi leggo sempre rispostine ironiche, piuttosto a cazzo: giovanardi, chi? Questo, se non vi basta, finalizzate a sminuire la pericolosità di giovanardi, che è lo stesso al quale stava benissimo l’unione di berlusconi con la mafia di dell’utri ma vuole impedire – la tragedia è che lo può fare – l’unione di persone che semplicemente si vogliono bene e vogliono avere gli stessi diritti che ho io e, purtroppo, anche giovanardi.

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Non ho guardato tutto ‪#‎Ballarò‬ ma dopo aver visto un film ho fatto in tempo a non perdermi  l’intervista di Giannini a Bagnasco, vera guest star del programma che rende perfettamente l’idea di cosa sarà la Rai di Renzi il quale, dopo l’inevitabile discorso retorico e ipocrita sull’accoglienza ai profughi: se oggi nella politica c’è chi soffia sul fuoco dell’intolleranza razzista una buona parte di responsabilità è proprio del vaticano che ha sempre coccolato la peggiore politica purché tenesse ben aperti i rubinetti, è stato interpellato sul richiamo della Ue all’Italia riguardo le unioni civili.
Domanda a cui Bagnasco ha risposto più o meno che sì, l’Europa, insomma va bene, il parlamento europeo dice che c’è un problema da risolvere ma non è che sia così importante poi dar retta a quello che chiede l’Europa in materia di diritti perché alla fine chi decide sono gli stati membri.
Dichiarazione che Giannini ha incassato senza fare un plissé, senza rivendicare il diritto di un paese democratico ad avere delle leggi semplicemente civili che mettano tutti i cittadini allo stesso livello indipendentemente dai loro orientamenti sessuali e scelte di vita personali. Giannini non ricorda a Bagnasco che il parlamento europeo è composto da persone votate dai cittadini di tutti quegli stati membri che hanno delegato a quel parlamento le decisioni sulle cose importanti che fanno di un continente una vera comunità moderna ed evoluta: non hanno chiesto al vaticano di farlo.
A margine di questo, giovanardi è quello che è e che abbiamo purtroppo imparato a conoscere, ma se dalla parte opposta di giovanardi ci fosse stata una politica forte, determinata nel riconoscimento dei diritti, anziché gente che nei fatti concreti non la pensa poi così diversamente da lui, la legge sulle unioni civili sarebbe già da tempo una realtà e il partito di giovanardi non sarebbe così determinante nelle scelte che farebbero di questo un paese appena più civile come e da tempo ci chiede l’Europa non solo riguardo le unioni civili.

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Casamonica e non solo: la scalata dei clan sinti
Latina, strana amicizia tra lo ‘zingaro’ e il ‘nero’

Il gruppo dei celebri funerali show parte di una costellazione criminale alleata con ‘ndrangheta e camorra
Nel Pontino i Ciarelli-Di Silvio: omicidi e debitori immersi nel letame. E il rapporto con un deputato Fdi

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Chi comanda alla #Rai, direttamente i #Casamonica? Dov’è la Boldrini che censura la réclame del mulino bianco e dei detersivi perché offensiva per le donne? E dove sono le parlamentari piddine che vogliono vietare i cartelloni con le modelle scosciate?

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Art. 21 della Costituzione
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni CONTRARIE AL BUON COSTUME. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.


Paghiamo il canone alla RAI che invita la figlia, il nipote di Vittorio Casamonica e  l’avvocato dei Casamonica. La descrizione del funerale, la storia della famiglia Casamonica, le loro attività illecite, la difesa dei Casamonica in un programma del servizio pubblico mentre è in corso l’inchiesta di #mafiacapitale.

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Il bel “parterre-de-puah” di #portaaporta: come scrivono i ragazzi di Arsenale K peccato che Riina sia al 41bis, altrimenti Vespa un’ospitata non l’avrebbe negata neanche a lui.

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“Abbiamo cacciato i nazisti, cacceremo anche i mafiosi”, ha detto giorni fa il sindaco Marino durante la manifestazione contro le mafie organizzata dal pd che la mafia se la teneva in casa,  tanto a recuperarli poi ci pensa Bruno Vespa che invita i Casamonica a Porta a Porta.  Vespa che conduce un programma che si paga con una tassa pagata dai cittadini che non rubano, non mafiano, non fanno profitti con le estorsioni e il racket della prostituzione porti in televisione le vittime della criminalità dei Casamonica in combutta con lo stato, la chiesa e la politica che per i soliti opportunismi hanno chiuso gli occhi su più di mille persone che coordinano e gestiscono il malaffare di Roma e provincia.
Racconti le loro storie invece di rendere la mafia e la criminalità una questioncina da talk show sorridente.

Dove sono oggi tutti quelli che strepitano contro la commissione di vigilanza Rai, specialmente ora che alla presidenza ci sono i 5stelle, ogni volta che un programma solleva polemiche relative alla mancanza di contraddittorio? Chi ha fatto da contraddittorio ai Casamonica che dopo lo spettacolo osceno del funerale mafia style hanno minacciato pesantemente anche i giornalisti? Lo sa Vespa che altri suoi colleghi come Lirio Abbate sono sotto scorta perché minacciati di morte proprio per aver indagato anche sui Casamonica?
Vespa chieda scusa a chi gli paga lo stipendio: gli italiani non pagano le tasse per stare a sentire i Casamonica e i loro deliri.  Se vuole parlare coi Casamonica, gradisce la loro compagnia, li invitasse a casa sua.

Tra lo Stato e l’Italia c’è sempre stato un gigantesco «’sti cazzi»

Sottotitolo: “se Luigi Cesaro, detto “Giggino ‘a Purpetta” (l’autista di Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata) è un parlamentare della Repubblica (si siede a 12 metri da noi) è ovvio che Gennaro De Tommaso, detto Genny “a carogna” possa decidere quando giocare la finale di Coppa Italia. Mi sembra coerente con la linea politica scelta dai partiti in tutti questi anni. Nulla di nuovo quindi.
Quel che è accaduto ieri all’Olimpico è uno dei tanti esempi (un altro è Francantonio Genovese, deputato PD renziano – lui si siede a 30 metri da noi – per il quale i giudici hanno chiesto l’arresto, arresto che deve essere votato dalla Camera ma la Boldrini ancora non ci fa votare) dell’assenza dello Stato. Lo Stato non esiste, o ce lo riprendiamo noi cittadini o prima o poi Genny “a carogna” verrà convocato da Renzi per riformare la Costituzione. In fondo perché Berlusconi e Verdini sì e lui no? Ah, forse perché è meno pericoloso.”
[Alessandro Di Battista – parlamentare 5stelle]

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Chissá cos’è peggio fra lo stadio frequentato anche dai delinquenti come il bar e il ristorante e uno studio televisivo del servizio pubblico – pagato coi soldi di tutti – che ospita invece, oltre alla conduttrice, SOLO un criminale.

Non si violerebbe nessuna regola evitando l’ospitata a berlusconi. Anzi, parrà strano ma sarebbe proprio l’apoteosi del rispetto della legge. 

La verità è che nessuno rinuncia ad ospitare lui per far parlare di sé. 

Proprio come l’Annunziata oggi e tutti quelli che da qui alla fine della campagna elettorale faranno credere agli italiani che berlusconi ha il diritto di essere invitato e intervistato nelle televisioni, di avere uno spazio mediatico da interdetto e condannato.
Mentre questo diritto lui non ce l’ha. Lo sa l’Annunziata e lo sanno tutti quelli che pagherebbero per avercelo seduto di fronte ma continuano a fottersene in allegria.
Naturalmente non è vero che nel 2011 fu Napolitano a chiedergli di dimettersi, lo fece, su consiglio di Confalonieri e Ghedini, quando lo spread iniziò a danneggiare anche le sue aziende; quando, tanto per non cambiare e per onorare il suo altissimo senso dello stato pensò a salvarsi la “robba”, ché a salvare l’Italia ormai non si faceva più in tempo.
Quindi non solo si dà la possibilità a un pregiudicato di invadere la televisione di stato ma gli si permette anche di continuare a mentire alla gente, di praticare l’attività a lui più congeniale, quella che gli è riuscita meglio e per mezzo della quale riesce ancora a convincere gli irriducibili estimatori di un criminale: quella del chiagni e fotti. Ancora e tutt’ora.

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Allo stadio Olimpico c’erano il presidente del consiglio e quello del senato, ex procuratore antimafia, uno che di criminalità se ne intende. Due persone che rappresentano le istituzioni più alte e che avrebbero potuto, se avessero voluto, mettere una pietra tombale sulla partita e sulla trattativa fra il capetto malavitoso e la questura evitando all’Italia tutta l’ennesima figura di merda planetaria.
Non lo hanno fatto.
E questo è quanto. Tutto il resto – razzismo verso Napoli e i napoletani in testa, è noia, e di quella più pesante fra l’altro.

Solo per ricordare agli imbecilli che in queste ore si sono espressi col loro peggio, quelli che “non sono io che sono razzista ma sono loro che sono napoletani” che la politica è in grado di regolare ogni ambito della società: stadi compresi, ma non lo fa perché da sempre le curve degli stadi, quelle brutte, cattive e violente sono un’ottima fonte da cui attingere voti. 
E allora la politica si guarda bene dall’infastidire un ambiente dove succedono cose che servono poi anche a far aprire molte bocche senza che prima siano state collegate con altrettanti cervelli che pensano. 

Non c’entrava niente la partita, lo stadio né i tifosi sabato sera a Roma, ma la tentazione del giudizio morale sul tifoso di calcio da evitare come un appestato e dell’offesa razzista verso i napoletani per molti è irresistibile, anche per quelli che poi, rispetto ad altri razzismi espressi si indignano o fanno finta di…

La violenza, gli spari non sono un’esclusiva napoletana, ma è un’esclusiva piuttosto italiana quella di definire e catalogare i napoletani come una razza a parte da emarginare con disprezzo. Nessuno si sognerebbe mai di dire che tutti i brianzoli sono ladri, corruttori, amici della mafia e sfruttatori di prostitute ragazzine solo perché berlusconi è nato in quella zona della Lombardia.  Si vergogni, e molto, chi associa il male, la criminalità e il malaffare ad una sola città nel paese dove le mafie governano da Bolzano a Palermo in una trattativa continua, che dura da 150 anni, nell’assoluta indifferenza dello stato.

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Genny ‘a Carogna merita di diventare prefetto – Arnaldo Capezzuto – Il Fatto Quotidiano

Appello al premier Matteo Renzi: nomini Prefetto Genny ‘a Carogna. E’ un atto dovuto e di serietà. Ieri sera, allo stadio Olimpico di Roma alla presenza in tribuna dello stesso presidente del Consiglio, del presidente del Senato Pietro Grasso, del presidente della Commissione AntimafiaRosy Bindi e i vertici del calcio nazionale abbiamo dovuto attendere e ringraziare Gennaro De Tommaso, alias Genny ‘a Carogna, capo degli ultras partenopei del gruppo Mastiffs e dell’interacurva A dello stadio San Paolo per aver dato l’ok all’incontro di finale di Coppa italia Napoli -Fiorentina.

Ecco: il giovanotto ha gestito magistralmente l’ordine pubblico e salvato moltissime poltrone istituzionali. Penso e credo che meriti come minimo una nomina a Prefetto della Repubblica. Seduto su una grata della curva Nord, il capo ultrà ha partecipato alla convulsa trattativa che ha ritardato di 45′ il match poi vinto dalla squadra azzurra. Certo ‘a Carogna non è uno stinco di santo. E’ giàdestinatario di Daspo ha alle spalle vari precedenti giudiziari (fu arrestato per droga).

Vabbè che c’entra? Ci sono vertici del nostro Stato che con ostinazione da oltre 20 anni negano o non ricordano che è avvenuta una trattativa con la mafia altri che nonostante i massacri del G8 di Genova sono stati promossi. A chi però storce il naso per via della maglietta nera che indossava ‘a Carogna con la scritta gialla : “Speziale libero” possiamo dire con serenità che è solo marketing da duro. Occorre solo ammirare il carisma e la bravura del tatuato Genny ‘a Carogna che dopo aver parlato a lungo col capitano del Napoli Hamsik e i vertici della Questura della Capitale e i rappresentanti del Prefetto ha autorizzato la disputa della finale.

Lo Stato deve ringraziare (Silvio Berlusconi per anni ha usufruito del titolo di cavaliere) attribuendo un’onorificenza a Genny ‘a Carogna se la partita non si è trasformata in tragedia. Non scherzo quando sostengo che il premier dovrebbe nominare per le attitudini dimostrate e senso dello Stato Genny ‘a Carogna, Prefetto. Le immagini in diretta tv hanno fatto il giro del Paese e d’Europa e dimostrano e provano la serietà, il carisma, l’attitudine al comando della Carogna. Tra l’altro Genny ha referenze importantissime, c’è il collaboratore di giustizia Emilio Zapata Misso che spiega:“Gli equilibri fra i gruppi di tifosi e quelli fra clan camorristici si influenzano gli uni con gli altri (…) Il capo dei “Mastiffs” è De Tommaso Gennaro, detto “Genny ‘a carogna”, figlio di Ciro De Tommasocamorrista affiliato al clan Misso (…) Così come il gruppo “Rione Sanità” è comandato da Gianluca De Marino, fratello di Ciro, componente del gruppo di fuoco del clan Misso”.

Ancora di più, ci sono anche inchieste della Digos di Napoli e della magistratura che illustrano come i componenti del gruppo organizzato dei tifosi dei “Mastiffs” sono stati più volte coinvolti in indagini giudiziarie insieme all’altro gruppo della torcida azzurra i Fedayn per tifo violento con arresti e perquisizioni. A rafforzare il quadro delle benemerenze del capo dei Mastiffs c’è anche il racconto diSalvatore Russomagno, pentito del clan Mazzarella che spiega : “Dell’esistenza di azioni punitive che avvengono quando un calciatore gioca male oppure non si presenta alle riunioni presso i circoli sportivi, ovvero parla male dei tifosi e in particolare dei Mastiffs. I Mastiffs sono violenti e non gradiscono le dichiarazioni dei calciatori contro la violenza degli stadi, talvolta gli orologi rapinati ai calciatori sono stati anche restituiti, così a Cavani e alla moglie di Hamsik, non so chi le commise ma sono stati i Mastiffs a fare avere indietro gli orologi”.

Alla fine il presidente Aurelio De Laurentiis a Coppa Italia conquistata nel corso di un’intervista lo riconosce : “A Napoli è tutto diverso”. Caro presidente non solo a Napoli ma in generale è tutto diverso in Italia. Nel paese al contrario forse il Prefetto e il Questore di Roma dovrebbero essere rimossi invece è più giusto che Genny ‘a Carogna abbia un riconoscimento istituzionale.  

 

Il cavaliere [quasi ex] e gli stallieri

berlusconi è stato nominato cavaliere grazie all’impero costruito con quei soldi di cui non ha mai voluto rivelare la provenienza e dei quali si parla molto nel famoso libro L’odore dei soldi, che costò la cacciata di Daniele Luttazzi dalla Rai per aver osato ospitare Marco Travaglio che è uno degli autori. Travaglio e Luttazzi querelati da berlusconi hanno poi vinto quella causa; i giudici hanno rilevato che nel libro si esercita il normale diritto di cronaca, ed evidentemente quello che c’è scritto non corrisponde al falso altrimenti non avrebbero vinto la causa.

Nel giorno che berlusconi rischia di vedersi togliere un appellativo inutile, basta guardare l’elenco dei cavalieri del lavoro per scoprire il perché, va ricordato che a Tanzi il titolo fu revocato prima della sentenza di condanna definitiva. Mentre il trattamento riservato a berlusconi è stato come al solito “ad personam”, la sua.

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Europee, partita chiusa per B.

La Cassazione conferma i due anni di interdizione dai pubblici uffici. La difesa del Cavaliere (che sta per perdere il titolo), ha chiesto invano il rinvio alla Corte di Strasburgo. 10 aprile, invece, il tribunale di Milano deciderà se la condanna a quattro anni  sarà da scontare ai domiciliari, o ai servizi socialidi Susanna Turco

INTERDETTO DUE ANNI LA CASSAZIONE CHIUDE CON MEDIASET (Antonella Mascali)

SILVIO BERLUSCONI, GIÀ DECADUTO DAL SENATO, NON POTRÀ NEMMENO VOTARE ALLE EUROPEE. SI COMPLETA COSÌ LA SENTENZA DI UN PROCESSO DURATO 13 ANNI.

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La Rai deve smetterla con l’agguato mediatico e sistematico. Floris è furbo ma non abbastanza. Il giorno della sentenza che conferma l’interdizione a berlusconi lui chi invita? Mara Carfagna che, lo sapevano anche i bambini, si è esibita nella solita sequela di insulti ai giudici, ci ha ricordato che in questo paese vive una sostanziosa parte di gentaglia a cui non fa né caldo né freddo l’idea di votare un partito di proprietà di un delinquente, ha ripetuto tutto il solito repertorio col quale i berlusclowns allietano ogni trasmissione televisiva, cosa che i conduttori dei talk show trovano utile perché gli aumenta l’audience ma a quell’altra parte sostanziosa di gente che non vota il partito di un delinquente ha sinceramente rotto i coglioni. 

La giustizia va riformata, ma non nella direzione che interessa ai lor signori e signoresse; e va riformato anche quel castello di inutili orpelli che impedisce di liberarsi di un delinquente quando fa anche il politico, specialmente se fa il politico proprio per non essere trattato da delinquente qual è. Tredici anni sono troppi, ed è troppo dover subire anche l’onta di sentirsi dire che sì, va bene, però berlusconi rappresenta una parte degli italiani e allora ha fatto bene Renzi a cercare la “perfetta sintonia” con un delinquente da galera: questi sono ragionamenti che disorientano e che promuovono quella politica corrotta che ha fatto la fortuna di silvio berlusconi. 

Perché lui ci ha messo il classico carico da 11 ma lo ha fatto perché sapeva di trovare nel parlamento un ambiente niente affatto ostile rispetto alla delinquenza, ed ecco perché ha cercato nella politica l’approdo sicuro che gli ha consentito di arrivare fino ad oggi da persona praticamente libera. 
Quello che va detto, ripetuto e ribadito fino alla nausea è che berlusconi in un paese appena un po’ civile, appena un po’ normale sarebbe in galera da vent’anni, e che nessuno, NESSUNO lo avrebbe considerato un interlocutore politico con cui fare le leggi e parlare di riforme. 

Quello che andrebbe detto, ripetuto e ribadito a quella parte di italiani imbecilli e delinquenti quanto lui è che se hanno scelto di seguire berlusconi anche, nonostante e malgrado sia proprio berlusconi sono cazzi loro, non di tutti gli italiani.

Quello che andrebbe ripetuto, ribadito è che la vera ferita nella democrazia sono state la politica e le istituzioni che hanno consegnato il paese ad un impostore pensando che un imprenditore già in odore di disonestà, un fallito in bancarotta, uno che si teneva il mafioso in casa, potesse essere la risposta al disastro post tangentopoli,  che in tutti questi anni anziché cercare di rimediare, di impedire che questo paese diventasse lo zimbello del mondo grazie a berlusconi gli hanno reso la vita facile, non solo quella politica ma la sua di persona avvezza a delinquere che ha usato lo stato e la politica per poter delinquere meglio e di più, producendo dei danni ormai irreversibili. La vera ferita nella democrazia è quell’informazione, la gran parte dell’informazione, che ha scelto di servire silvio berlusconi, si è messa a disposizione del padrone, è non aver regolato il conflitto di interessi – del quale non parla nemmeno il rottam’attore –  che sarebbe stata la sola e unica risposta utile al salvataggio di un paese infestato dal monopolio maligno di silvio berlusconi in forza del quale berlusconi ha potuto ottenere e mantenere il suo consenso, ecco perché questo paese non guarirà mai più dal cancro berlusconi le cui metastasi si sono irrimediabilmente incistate nel quotidiano di tutti gli italiani.

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BERLUSCONI TEME LA VALANGA: “MI VOGLIONO CACCIARE PURE DAL PPE”  – Carmelo Lopapa – La Repubblica

Il buio su Arcore è sceso da un pezzo, quando l’attesa lunga un giorno si conclude nel peggiore dei modo. Poco prima delle 22 Ghedini comunica a Silvio Berlusconi che anche le ultime speranze sono tramontate, l’interdizione è confermata, ora il leader è davvero fuori dai giochi, game over. Non si attendeva nulla di diverso. «Sentenza annunciata — attacca lui commentando coi suoi — rientra nel piano dei giudici per farmi fuori, che si completerà il 10 aprile quando proveranno a rinchiudermi, a tapparmi la bocca, ma non mi fermeranno così».

Tutto, però, ora si complica. Già la giornata era trascorsa a discutere tra le mura di casa su come venire a capo in vista delle Europee. Perché nel quartier generale forzista a nessuno è sfuggito che la bocciatura dell’ipotesi di una candidatura del leader sia stata recapitata da Bruxelles da quella Viviane Reding che, oltre a essere commissario europeo alla giustizia, è un esponente di spicco del Ppe. Il messaggio lanciato dalla grande famiglia popolare europea alla quale Forza Italia aderisce è chiaro: una forzatura sulla candidatura del capo, condannato e interdetto, non verrebbe accettata dai moderati europei e, se portata alle estreme conseguenze, potrebbe condurre all’espulsione. Ipotesi estrema che per ora nessuno conferma, comunque divenuta più concreta in queste ore. Ecco perché la prova di forza alla quale Berlusconi a giorni alterni si dice pronto, inizia a scemare.

Nessuno crede realmente nella scialuppa di salvataggio della Corte di Strasburgo. «Speriamo che i ricorsi presentati ci diano l’opportunità di candidarlo» dice ora un cauto Giovanni Toti a Ottoemezzo. «Nessuno ci impedirà di considerare in campo il nostro leader, nessuno pensi di non fargli fare la campagna elettorale» insiste, ma il riferimento alla candidatura diventa ormai subordinato a incognite irrealizzabili.

Ecco perché dallo scorso fine settimana il patriarca ha tenuto a rapporto, in separata sede, i figli di prime e seconde nozze. Agli uni e agli altri ha spiegato come «non possiamo permetterci di rinunciare al nome Berlusconi nella lista di Forza Italia alle Europee, rischiamo di perdere milioni di voti». E per farlo, nell’impraticabilità di una sua candidatura diretta, resta solo la via straordinaria del coinvolgimento di una delle figlie. E Barbara, lo ha confermato l’ultima volta domenica, a differenza della sorella Marina è «disponibile a compiere il sacrificio».

Ma i giochi sono tutt’altro che fatti. Il patriarca intanto non è sicuro al cento per cento. Sta valutando tutte le conseguenze di una mossa così azzardata e non sono pochi in Forza Italia a invitarlo alla prudenza. I maggiori ostacoli sul sentiero già impervio, tuttavia, Berlusconi li sta incontrando proprio in famiglia. A parte Fedele Confalonieri coi suoi dubbi, c’è la netta contrarietà di Marina, stavolta, a dare filo da torcere sull’opzione Barbara. E c’è più che il comprensibile scetticismo legato al coinvolgimento diretto della famiglia.

Chi frequenta Villa San Martino legge, dietro l’ostilità, la paura che l’elezione a suon di milioni di voti della sorella — sarebbe capolista in tutte le circoscrizioni — proietti la giovane e intraprendente ad del Milan nella costellazione politica. Facendone a tutti gli effetti l’erede alla guida di Forza Italia e perfino del centrodestra. Un salto mortale che non convince tutti ma che per il Cavaliere è quasi obbligato, se non si vuole disperdere il patrimonio di voti rischiando un flop il 25 maggio, quando lui sarà vincolato dai servizi sociali.

Oggi rientrerà a Roma, per affrontare a Palazzo Grazioli un’altra grana legata alle Europee. Riunisce la commissione competente per dirimere il nodo dell’eventuale candidatura di deputati e senatori. Raffaele Fitto (che tace da settimane) scalda i motori, Brunetta vorrebbe, Giulio Tremonti in odore di «ritorno» avrebbe ricevuto l’offerta. Berlusconi sarebbe orientato a escludere la corsa dei parlamentari per evitare conte interne e il probabile exploit di Fitto. Ma un veto suonerebbe come un’esclusione ad personam, lo hanno avvertito.

Se dico che Laura Boldrini è noiosa sono sessista?

Tutti dovremmo riflettere pensando  a quanto è diverso il concetto di libertà di espressione fuori dagli italici confini dove nessun giornalista chiederebbe mai ad un politico di esprimere un giudizio su una trasmissione televisiva, uno sketch comico/satirico anche quando prendono di mira la politica, il potere, anche quello religioso. Personalmente  provo un grande imbarazzo a far parte dello stesso genere, quello femminile, se penso che ci sono donne che approfittano di ogni occasione per lamentare una questione sessista che nei fatti non c’è.  E quando c’è non è presente certamente ai piani alti del potere. Questo fatto che non si possa mai criticare, fare una battuta, esprimere un parere verso una donna di potere senza incappare poi puntualmente nella cazziata, nella ramanzina di chi tutto è fuorché una vittima di una società maschilista è diventato stucchevole, noioso, insopportabile. Solo qui si fanno questioni sulla satira e solo qui la politica mette bocca sulla satira. 

Laura Boldrini non delude mai, quando ti aspetti che si esprima su qualcosa lei lo fa. E lo fa perché qualcuno, una giornalista di quelle considerate financo autorevoli pensa che agli italiani interessi il parere di Laura Boldrini su cinque o sei minuti di una inutilissima scenetta comica a cui lei oggi e Anzaldi del pd due giorni fa con la lettera alla Tarantola hanno dato una visibilità e un rilievo mediatico che altrimenti non avrebbe mai avuto. Figurarsi se qualcuno non tirava fuori il sessismo anche stavolta. Figurarsi quanti pensieri importanti ha per la testa chi come Anzaldi chiede addirittura conforto al direttore generale della Rai nel merito di una scenetta assolutamente innocua non foss’altro perché l’imitazione era assolutamente innocua. Figurarsi quanto interessa la questione sessista a gente come la Boldrini che nessuno critica “in quanto donna” ma proprio e solo “in quanto Boldrini” alla quale non viene proprio in mente che si possa prendere di mira qualcuno con la satira, uomo o donna che sia, solo per ciò che rappresenta e non per questioni di genere.

A furia di giustificare la critica alla satira, di mettere in pratica le richieste di chi non gradisce che si faccia dell’umorismo sui vari poteri – non solo quello politico – nel servizio pubblico, quello di stato, pagato coi soldi di tutti non si fa più satira.

A parte qualche sporadico siparietto all’interno di altri programmi concordato con autori e conduttori non c’è un solo programma dedicato a quella che – piaccia o meno a permalose e permalosi – è una forma di cultura millenaria. Alla Rai non si fanno, ma soprattutto non CI fanno mancare niente ma, per l’amordiddio guai a correre il pericolo di suscitare qualche riflessione seria attraverso una delle forme espressive culturali più antiche del mondo.

Così nel corso degli anni la Rai ha lasciato andare senza rimpianti Daniele Luttazzi, Corrado e Sabina Guzzanti, Serena Dandini malgrado la loro presenza garantisse un guadagno sicuro all’azienda, ha voluto perdere Crozza per non inimicarsi brunetta, come se la politica avesse il diritto di indicare le sue preferenze anche in fatto di palinsesti tv, quali artisti possono o no lavorare per il servizio pubblico.

E invece qui si fa esattamente questo: la politica interferisce perché sa di avere sufficiente autorità per farlo. Perché davanti al politico sono poche le persone che mantengono la testa alta e rivendicano il loro diritto ad un’autonomia.

E sono ancora di meno quelle che, come avrebbe dovuto fare Lucia Annunziata sanno, si ricordano che ci sono ruoli istituzionali che prevedono l’assoluta imparzialità nei giudizi e che quindi ci sono domande che un giornalista non dovrebbe mai fare al politico quando nelle risposte sono contenute non le opinioni personali di qualcuno ma i giudizi di chi per ruolo non può permettersi il giudizio, che sia sulla satira o sulle forze politiche presenti in parlamento perché votate regolarmente dagli elettori, e non perché come Laura Boldrini fanno parte di una casta di miracolati scelti da nessuno.

Laura Boldrini non è una persona qualunque che può dire quello che vuole a proposito di tutto e tutti: è il presidente della camera. Se Laura Boldrini vuole rendere un servizio utile alle donne maltrattate dal sessismo, quello vero, quello violento che discrimina, non questo usato come alibi dietro al quale ormai si nasconde qualsiasi critica o giudizio verso le donne di potere, lo andasse a fare in quegli ambiti dove le donne sono vittime davvero. Fuori dal parlamento c’è l’imbarazzo della scelta.