Lo zero virgola

Sottotitolo: da “ce lo chiede l’Europa” a “ce lo ha chiesto l’isis” è un attimo. 

Bisogna cominciare a decidere se la lotta al terrorismo passa per qualche rinuncia dei vivi o se è meglio sacrificare altri morti alla causa.
Ovvero se si può cominciare a pensare di smetterla di giustificare per questioni economiche le alleanze coi paesi come l’Arabia e le strette di mano dei governanti europei ai re sauditi che applicano la stessa sharia violenta e criminale dei terroristi, che hanno molte responsabilità nell’espansione del fondamentalismo che uccide solo però, siccome loro hanno soldi e petrolio ci si va col sorriso sulle labbra.
Bisognerebbe essere persone serie, ecco.

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ATTENTATI PARIGI, TRAVAGLIO: “ARMIAMO PAESI CHE PRIMA O POI CI SPARERANNO CONTRO”

Parigi e le (orribili) verità che ci vengono nascoste

Terrorismo, sicurezza e libertà personali: perché occorre vigilare di fronte alle leggi speciali invocate dai politici

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Chissà chi ha deciso che lo zero virgola niente è niente se investito nella lotta al terrorismo mentre lo stesso zero diventa una cifra spropositata se si tratta di prevenire altre stragi e tragedie.
Chi ha deciso che i morti di terrorismo sono più morti di chi viene inghiottito nel fango di un nubifragio e del ragazzino ammazzato dal soffitto della scuola. Se sono più morti dei suicidati di equitalia.
O se sono più morti di chi non viene curato in tempo, soccorso in tempo perché mancano i servizi essenziali che proprio non si possono far uscire dallo stesso zero virgola su cui si può sorvolare per motivi di sicurezza. 

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•ATTENTATI PARIGI, RENZI: “NO LEGGI SPECIALI E MODIFICHE A CARTA. NIENTE REAZIONI DI PANCIA. MA PIÙ SOLDI A SICUREZZA”

“Figurarsi se uno sta attento allo ‘zero virgola’ sulla sicurezza. Quello che vale per la Francia varrà anche per l’Italia”.

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Il keynesismo del terrore – Massimo Rocca – Il Contropelo di Radio Capital

Ma a quanto sta il cambio tra i morti di terrorismo e i disoccupati? Capisco che la domanda sembri blasfema. Però la risposta mica tanto. Come sapete la Francia ha annunciato che sforerà i limiti di Maastricht e del Fiscal Compact, ancor più di quanto abbia fatto finora, perchè deve assumere forze dell’ordine e potenziare la sicurezza. Juncker, senza consultare nessuno, ha detto di sì, anzi ha esteso lo sforamento a chiunque voglia fare altrettanto. E’ insomma la realizzazione del paradosso di Krugman, per uscire dalla recessione mondiale ci vorrebbe la guerra coi marziani. E ovviamente bene fa la Francia e bene fanno tutti a difendersi. Ma chi ha stabilito che 130 morti, strazianti e straziati, in un attentato valgono come emergenza più di tre milioni di disoccupati da cinque anni? Perché per evitare quello, giustamente, si può spendere, ma non si può evitare di scacciare di casa i greci che non hanno più i soldi del mutuo? Perché lo stato è la soluzione e non il problema per le pallottole e i Rafale e non per i morti da frane o da incidenti all’Ilva? Perché si possono assumere diecimila poliziotti e non o anche diecimila ricercatori?

 

 

I Signori della Corte

Sottotitolo: quando, molto prima di adesso scrivevo che in una società normalmente
civile i diritti vengono prima dell’economia molti non erano d’accordo con
me.
Come dire, ad esempio, che il riconoscimento dei diritti agli omosessuali si
può benissimo sacrificare all’impegno – vario ed eventuale – del governo
circa le questioni relative ad economia e finanza, come se una cosa ne escludesse altre.
Oggi non solo lo penso ancora,  penso che con meno soldi si sta male ma
senza diritti si sta peggio, fra l’altro in un paese dove lo stato privilegia com’è giusto i diritti diventa più difficile anche rimanere senza lavoro e senza soldi, ma spero che anche altri si convincano di questo alla luce della sentenza della Consulta che ha negato il diritto dei lavoratori a non essere derubati dallo stato, ha soccorso e perdonato lo stato per una mera questione di soldi: 35 miliardi in un paese dove, senza disturbare privilegi, benefit e il costo della casta se ne contano più di cento solo di evasione fiscale.

Quando si sacrificano, si negano i diritti ai cittadini per dare la priorità ai soldi, al salvataggio e alla copertura della politica incapace è la fine, irreversibile, della democrazia.

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Non si capisce perché quando dobbiamo pagare noi non frega un cazzo a nessuno se possiamo, non possiamo, se per una cartella equitalia dobbiamo venderci l’oro di famiglia mentre quando è lo stato il debitore arrivano tutte le garanzie possibili e immaginabili, persino una sentenza della Consulta che dice sì, lo stato deve dei soldi ai dipendenti pubblici ma siccome non ce li ha, forse non gliene diamo abbastanza, abbiamo scherzato arrivederci e grazie.
Oppure quando per colpa dei delinquenti incapaci che non fanno le leggi, o quando le fanno sono sistematicamente sbagliate, non si applicano e arrivano le sanzioni europee: una a caso quella dei dieci milioni di euro che abbiamo pagato perché per non fare un dispetto a berlusconi retequattro non è andata sul satellite come avrebbe dovuto, nessuno ci ha chiesto se eravamo d’accordo a pagare oppure se potevamo pagare.
Chissà perché la Consulta‬ non è così rigorosa, non mette al primo posto le priorità di bilancio quando i lor signori in parlamento si aggiustano stipendi e privilegi, quando li rendono intoccabili grazie ad automatismi resi possibili da leggi che la politica stessa fa per garantire i suoi diritti.  Per non parlare dei magistrati, l’esercito dei signori della corte al quale non si possono toccare nemmeno le ferie e figuriamoci i soldi.

Qualcuno dovrebbe spiegare a noi poveri illusi che ci fidavamo ancora dell’istituzione ultima, quella che se vuole può sovvertire qualsiasi decisione presa dai governi quando è sbagliata, perché l’applicazione dell’articolo 81 che vigila sui conti dello stato è possibile quando i conti non tornano a sfavore dei cittadini mentre quando è lo stato che sperpera miliardi di euro in cose inutili il suddetto articolo non viene mai nemmeno menzionato.
Perché quando c’è da “pareggiare” il bilancio si interviene sempre a svantaggio dei cittadini: nel caso delle pensioni e dei contratti statali con un vero e proprio furto legalizzato e giustificato dalla crisi che però non tocca mai le spesucce che i governi affrontano disinvoltamente senza chiedere il permesso a nessuno e figuriamoci alla Consulta, ché tanto qualcuno che paga si trova di sicuro.
Lo stato in tempi di crisi può imporre sacrifici ai cittadini ma non c’è crisi quando si comprano gli aeroplanini da guerra, quando si investono enormi quantità di denaro pubblico in grandi opere buone solo per arricchire la solita compagnia di giro mafiopolitica, non c’è crisi quando non si toccano gli stipendi dei manager, stipendi,  vitalizi e le superpensioni dei politici ma improvvisamente la crisi torna in modo così dirompente da disturbare un articolo della Costituzione che non viene mai tirato in ballo rispetto ad altre situazioni, ad esempio quando lo stato deve dei soldi che non avrebbe dovuto nemmeno togliere ai legittimi creditori.

Quando ci sarebbe da sostenere i cittadini e salvare un po’ la faccia a questo paese sciagurato la politica fa pressioni sui giudici che devono processare poliziotti assassini, frodatori fiscali spacciati per statisti affinché le sentenze vadano in una certa direzione che non sia troppo sfavorevole a quel tipo di imputati.
La ‪‎Consulta‬ chiamata a decidere su un’illegalità di stato opta per il solito calcio in culo ai cittadini/lavoratori ché tanto sono abituati ricordandosi dell’articolo 81 della Costituzione per fare un favore al governo che la Costituzione l’ha dimenticata tutta.
La legge è uguale per tutti, sì, certo: per tutti i poveri disgraziati che non hanno ruoli di spicco nella politica, nell’establishment che conta, cognomi illustri o conoscenze eccellenti da poter disturbare quando serve il favore: quelli che le cause le perdono anche quando le vincono.

Size matter – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital

I giudici della Consulta avrebbero dovuto essere eroi come quel pugno di professori universitari che non si iscrissero al partito fascista, perdendo così la loro cattedra, per dichiarare retroattiva la illegittimità del provvedimento di blocco degli stipendi della pubblica amministrazione. Dopo quella sulle pensioni erano stati sottoposti da governo e grande stampa ad uno stalking continuato fino a ieri, e i nostri giudici non sono nominati a vita come quelli americani. Quindi già aver demolito anche il secondo grande pilastro dell’austerità italiana è un atto politicamente dirompente. Che testimonia, illumina, scolpisce nel marmo il fatto che i diritti costituzionali sono stati ignorati e stravolti dai governi che si sono succeduti sotto l’ala protettiva di Giorgio Napolitano. E che solo l’improvvida elevazione a rango costituzionale della norma sul pareggio di bilancio ottenuta sulla pavida resa dei Bersani di turno e su istigazione dei tecnocrati di Francoforte sta tra voi e la restituzione di quei quasi 50 miliardi che vi sono stati rubati dallo stato, tra stipendi e pensioni.

Ma voi continuate pure a parlare degli zingari che vi fregano dieci euro dal portafoglio.

Berlinguer a quelli che parlano di tribunali del popolo avrebbe dato un calcio in culo

Altroché usare una figura specchiata come la sua per legittimare un’azione politica molto spesso oscena, violenta e volgare, che non ha nulla, ma proprio nulla di quella sinistra che caratterizzava Enrico Berlinguer e il suo modo di intendere la politica. Bisognerebbe smetterla di  usare gente che non può rispondere per farle dire cose che non avrebbe nemmeno mai pensato.

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“Il voto alle europee non è un test sul governo in carica…”

…disse quello che solo per aver vinto le primarie di partito pretese ed ottenne la cacciata di Letta per fregargli il posto. 
Perché se non sono un test le elezioni europee figurarsi se lo può essere un’iniziativa di partito che non riguarda tutti i cittadini e non ha alcuna valenza istituzionale. 
Non bisognerebbe dimenticare che Renzi sta lì solo grazie al risultato delle primarie del pd, diversamente Enrico avrebbe potuto restare sereno per chissà quanto ancora.
Ma nel paese dalla memoria del pesce rosso Renzi può dire quello che vuole: una volta che le elezioni non legittimano e un’altra invece che lo fanno. E il fatto che lui non sia stato legittimato da nessuno, oltre ai voti ottenuti alle primarie passa in second’ordine.
Renzi cerca i voti dei delusi dai 5stelle, invece di pensare ai delusi del suo partito che sono tanti, berlusconi idem ma questa è la sua ultima spiaggia e va capito: è un pover’uomo.
Grillo cerca i suoi e li avrà perché fra i tre è, che piaccia o meno, l’unico che ha mantenuto la coerenza: un leader di partito non va a caccia dei voti degli altri ma li cerca fra la gente che condivide la sua linea politica, esattamente come fa Tsipras che non parla degli altri in modo compulsivo, trasformando la campagna elettorale in un test su se stesso ma di quello che vuole fare lui che ha già dimostrato di saperlo fare.

Cerchiamo di favoleggiare poco di percentuali e di influenza nella politica centrale a proposito della lista di Tsipras, perché questo è lo stesso giochino che ha sempre fatto e continua a fare la politica, quella brutta di sistema e dei partiti quando elemosina il cosiddetto voto “utile”, in qualche caso necessario come ci ha ricordato anche l’ottimo Scalfari domenica scorsa e damigella Moretti, pd [tutti, perfino forza Italia e Ncd ma non i 5stelle].
Un’utilità che fin’ora ha sempre premiato la politica e mai i cittadini.
Per me l’unica utilità è andare a votare secondo il mio pensiero, non in base a quello che potrebbe succedere se…
Diversamente vado al mare, in questa stagione si sta d’incanto.

In un momento in cui sta diminuendo sensibilmente la considerazione per quella volontà del popolo che caratterizza ogni democrazia regolare io, che di politica capisco poco e niente, credo che l’unico modo per riprendersela sia spostarsi più a sinistra che si può.
Perché gli interessi del popolo storicamente non li hanno fatti altrove.
Poi ognuno è libero di convincersi, se gli fa piacere, che non sia così, io però siccome mi ricordo che c’è stato un tempo in cui era così e anche con fatica, con quella lotta dimenticata una manciata di diritti a questo paese non l’ha data la destra non mi sono mai fatta sedurre da chi ha provato a convincermi che non è così.
Che mi devo adeguare all’urgenza. 

Chi è convinto della sua scelta non si deve agitare cercando di convincere che ci sono voti giusti o sbagliati.
Perché c’è chi il suo giusto se lo costruisce anche con fatica fino a trasformarlo in una questione di principio, di coscienza, prim’ancora che di coerenza: l’unica cosa che si può sempre rimodulare rispetto al presente che ci riguarda.

Difficilmente mi è capitato di non aggiornare il blog per più di un giorno, due ma sono in una fase di rigetto comunicativo, nel senso che mi sembra di aver scritto tutto quello che si poteva, che, continuando a scrivere più o meno degli stessi argomenti si rischia di somigliare a quelli che tutti i giorni e tutto il giorno sono ovunque, in radio, nelle televisioni, a vendere i loro progetti di speranza, ché a parole si fa presto.

E non mi piace la violenza, non mi piace chi, a tre giorni da un voto importante vaneggia di processi popolari, di tribunali del popolo per infiammare un dibattito che non ha bisogno di ulteriori escandescenze.
Non mi piace chi dice che non se ne andrà quali che siano le decisioni del popolo, cosa che invece non pensava quando qualcun altro è stato costretto ad andarsene non dopo una scelta di popolo ma di chi ha pagato due euro per votare un segretario di partito, non il nuovo presidente del consiglio. 
Non mi piace accendere il televisore e trovare la faccia di Renzi ovunque, in diretta, in differita, registrata dall’ultima trasmissione a cui ha partecipato.
C’è una buona parte dell’informazione che non va processata ma educata sì, perché anche se coi toni sbagliati ha ragione chi dà la responsabilità di questo Matrix a ciclo continuo a chi usa in modo sconsiderato un mezzo importantissimo che dovrebbe servire a responsabilizzare l’opinione pubblica, non dividerla in opposte fazioni sempre in guerra. 
E non ci si può difendere se anche mentre si cerca semplicemente un film passando nel menù di Sky bisogna trovare la faccia di Renzi, di Grillo e di berlusconi. Questa non è una campagna elettorale, è accattonaggio molesto, stalking. Andrebbero denunciati tutti per disturbo alla quiete pubblica. E visto che quello è un palinsesto obbligato, è impossibile sottrarsi a questa violenza è però possibile rallentare il passo almeno qui, guardare oltre quello che ci obbligano a vedere. 

Ed è quello che ho deciso di fare in attesa di questo ipotetico Armageddon che avverrà.

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Il maggiordomo – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital

Io ve l’ho detto che siamo ai confini della realtà. “Svelate le mire di Grillo e Casaleggio vogliono fare i ministri”, tuonano dal Pd. Invece Renzi e la Madia vogliono servire il popolo e Berlusconi e Brunetta fanno politica perché si annoiano. Ma va bè. Volevo invece ricordarvi perché i governi tecnici o del presidente sono un male. Tra tre giorni voteremo anche per giudicare il nostro passato. E non potremo attribuire le colpe, perché spero siamo d’accordo che colpe nel come siamo messi ce ne sono. Chi è il colpevole? Berlusconi certo, ma non oltre il novembre 2011. Oppure no, anche dopo, visto che è stato in maggioranza fino all’ottobre scorso. Il Pd, sicuramente non fino al 2011, ma dopo? In maggioranza da tre anni e al governo da 15 mesi. Renzi? fino a febbraio no, ma adesso uno zero virgola di meriti e colpe spetta anche a lui. Dunque hanno governato tutti e non possiamo presentare il conto a nessuno. Oddio a pensarci bene un colpevole di quello che ho detto però c’è. Vivo e vibrante.

 

 

Grazia, perché?

Preambolo: non mi unirò alla manifestazione annuale del 25 novembre, giornata internazionale CONTRO la violenza sulle donne, come se fosse normale essere PRO qualsiasi violenza.Come scrivo già da anni questa come tante altre date scelte per celebrare o commemorare qualcosa è una giornata di cui il mondo e i paesi civili non dovrebbero avere bisogno.

Guardo dietro, alle cose che ho scritto per il 25 novembre, per l’otto marzo e mi accorgo che i concetti espressi sebbene con parole diverse sono stati sempre gli stessi: una ripetizione ossessiva delle stesse cose, ad esempio che non si combatte la violenza mostrandola. Queste foto di donne piangenti, coi lividi in volto non servono a ribadire la contrarietà alle violenze ma ad affermarla.

Non si dice no alla guerra mostrando le foto dei danni della guerra. Ognuno penso che abbia ben chiaro in mente il concetto di violenza e di tutte le sue conseguenze.

Un paio di giorni fa sulla pagina facebook di Alessandro Robecchi mi sono beccata una discreta sfilza di insulti, ovviamente da donne, quelle contro le violenze s’intende, per aver scritto quello che penso del cosiddetto “femminicidio”.

Io ho il vizio di ragionare per conto mio, non mi faccio trasportare da movimenti, movimentini blog e blogghettini tutti rosa, un colore che peraltro detesto e nemmeno penso che le donne siano sempre vittime e gli uomini sempre colpevoli.

La mia solidarietà e vicinanza umana vanno comunque a tutte le donne, alle persone costrette a vivere in situazioni distanti da una normale umanità applicata ai gesti e ai comportamenti quotidiani ma, perdonatemi, sono stanca e stufa di inutili slogan e di una propaganda finalizzata ad esasperare e ingigantire di proposito i drammi.

Oggi alla camera della Boldrini è festa. Una parola per Di Matteo, il magistrato minacciato di morte dalla mafia  però non gliel’abbiamo sentita dire. E non l’abbiamo sentita da Grasso, presidente del senato già superprocuratore antimafia e nemmeno da Napolitano che del CSM è il capo supremo. Forse se al posto suo ci fosse stata una donna oggi, ALMENO oggi,  si sarebbe meritata almeno la menzione.

berlusconi è stato l’eccezione, non dovrà mai diventare la regola che si possano stravolgere le leggi costituzionali per dare più diritti a una persona sola rispetto a tutti i cittadini come comanda la Costituzione.
Perché quelle persone che hanno scritto e firmato quelle regole su una Carta che aveva ancora l’odore del sangue della guerra le hanno pensate e rese inalienabili proprio perché non accadesse mai più che uno solo potesse avere più potere di altri. 

Solo degli sciagurati come i politici di questi ultimi vent’anni potevano riuscire nell’impresa di trasformare la Costituzione in carta straccia, e se nessuno li ferma completeranno l’opera di distruzione iniziata vent’anni fa quando ad un abusivo, ad un impostore delinquente già di suo è stato concesso DALLA POLITICA di sedere nel parlamento da presidente del consiglio.

Dice Napolitano che “non ci sono le condizioni per la grazia”. Ma quelle condizioni non c’erano nemmeno prima, non ci sono mai state. La concessione di un provvedimento di clemenza da parte dello stato verso chi ha violato la legge è prevista solo per quei condannati passati poi alla fase successiva di detenuti e che abbiano scontato almeno una parte della pena. Questo con berlusconi non si è verificato: sono 116 giorni che il pregiudicato condannato, il frodatore traditore è libero di poter agitare le masse, minacciare lo stato, promettere sfracelli perché la sentenza che lo ha condannato non è mai stata applicata. E mi piacerebbe che la cosiddetta informazione mettesse questo in evidenza, non la reazione di Napolitano che solo ieri si è ricordato di avvisare berlusconi di non uscire dalla legalità. berlusconi è sempre stato ed ha sempre agito fuori dalla legalità, ma di che parla Napolitano? l’azione eversiva di berlusconi è stata legittimata anche da lui che spesso e volentieri gli ha offerto il sostegno dello stato sottraendolo a quella Magistratura svilita, offesa e oltraggiata solo perché stava facendo il suo dovere, a differenza di berlusconi.  La grazia dovremmo chiederla noi cittadini costretti ad assistere impotenti a queste oscenità a getto continuo, altroché un delinquente condannato dopo un processo durato dieci anni che pretende di essere più uguale degli altri. Se dieci milioni di italiani sono con lui significa che tutti gli altri non sono con lui. E sono, siamo, di più.

Oggi sono tutti antiberlusconiani, anche quelli che in tutti questi anni hanno creduto di trovarsi di fronte all’uomo dello stato anziché all’irriducibile delinquente qual è sempre stato uno che è arrivato a confessare che se non fosse entrato in politica lo avrebbero arrestato, questo, vent’anni fa. 

Oggi è antiberlusconiano anche Napolitano che solo una manciata di mesi fa si mise di traverso fra berlusconi e la magistratura, non per difendere i giudici ma per intimargli di consentire al pregiudicato di poter partecipare alla delicata fase politica nella quale era compresa la sua rielezione a presidente della repubblica: un fatto mai accaduto nella storia della repubblica. 

Si scopre antiberlusconiana anche Anna Finocchiaro che è la stessa che espresse sentimenti di affetto a schifani quando fu eletto presidente del senato arrivando perfino a baciarlo sulla guancia. E si scopre antiberlusconiano anche Marco Meloni, ritenuto vicinissimo a Enrico Letta [il braccia-letta], il quale Letta, nipote dello zio, due estati fa ebbe a dire che piuttosto che ritrovarsi i 5stelle in parlamento erano meglio berlusconi e la sua teppa, forse perché a loro avevano già preso le misure: l’incerto al posto del certo si sa, può produrre sorprese inaspettate. 

 Le larghe intese nascono molto prima di aprile di quest’anno. La politica italiana è naturalmente larghintesista da sempre. Non si mordono le varie maggioranze e opposizioni, perché ognuno sa che può trovare beneficio nell’errore dell’altro che fa sembrare meno grave il proprio.

E da qui al 27, ovvero alla data fatidica che vedrà l’uscita dalla scena politica, almeno da quella istituzionale, di berlusconi chissà quanti altri si scopriranno antiberlusconiani. 

Mentre i Magistrati che in tutti questi anni hanno lavorato affinché non si snaturasse il senso di quella Costituzione che dice che i cittadini sono tutti uguali e che la legge è uguale per tutti no, non sono mai stati antiberlusconiani: hanno semplicemente svolto con rigore e serietà il loro mestiere, nonostante avessero contro anche molti di questi antiberlusconiani dell’ultim’ora, quelli che per vent’anni hanno fatto finta di fare opposizione, quelli che non trovavano scandalosamente eversive le leggi ad personam firmate da chi solo oggi si ricorda che ai delinquenti si può eccome chiudere la porta in faccia, che hanno consentito a berlusconi di poter proseguire il suo cammino in quella politica da lui usata e abusata pro domo i suoi luridi affari. 

Quelli che “non si demonizza l’avversario” anche se è silvio berlusconi, l’eversore antistato. 

Quelli che come Renzi, dopo la prescrizione al processo Mills da lui definita “proscioglimento”, si augurava che la stagione della contrapposizione di matrice antiberlusconiana si fosse conclusa. 

Invece a concluderla, almeno in parte,  non è stata quella politica che ha fabbricato il mostro, è stata la Magistratura a cui la politica ha delegato il lavoro sporco non essendo in grado di farlo probabilmente perché non lo ha potuto fare. 

E mi piacerebbe che di questo ci ricordassimo tutti quando si ritornerà, speriamo, alla normalità stravolta dalle larghe intese napolitane e i partiti torneranno a bussare alle nostre porte chiedendoci i voti e la nostra fiducia.

Grazia, dal Colle l’ultimo no a Berlusconi
“I suoi giudizi sono di estrema gravità”

Grazia, Graziella e grazie al cazzo – Massimo Rocca, Il Contropelo di Radio Capital

Al capo dello stato va riconosciuta la coerenza. Se il malfattore si fosse fatto da parte, lasciando la vita politica, come nella richiamata nota del 13 agosto, la grazia sarebbe arrivata. Adesso è chiaro e confessato. “Non si sono create via via le condizioni, e nulla è risultato più lontano del discorso tenuto sabato dal senatore Berlusconi dalle indicazioni e dagli intenti che in quella dichiarazione erano stati formulati”. Dunque il cavaliere disarcionato rimproveri solo sè stesso. Il Colle la strada per evitare l’umiliazione di pulire i cessi da un qualche reverendo gliela aveva davvero aperta. Alla faccia dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge, Napolitano era pronto a recitare la parte di Gerald Ford con Richard Nixon, a fare quel gesto di pacificazione nazionale che avrebbe garantito la continuazione del berlusconismo senza il suo fondatore. Il solito calcolo di sinistra nei confronti del Caimano. Se mollo un po’, sul conflitto di interessi, sulle leggi vergogna, sulla bicamerale, sulle riforme lo riconduco alla ragione, quella mentale e quella di stato. Vent’anni dopo la lezione di Scalfaro, l’uomo che aveva annullato il berlusconismo in meno di un anno a colpi di par condicio e schiena dritta!

Il Rottam’attore

Renzi, l’aborto e il cimitero dei non-nati: un’idea di sinistra di Matteo Renzi.

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Mai più larghe intese, mai più giochini alle spalle degli italiani. [Matteo Renzi]

Intanto però le larghe intese in parlamento ci stanno anche grazie al consenso di Renzi che addirittura se le augurava, così come si fa nei paesi normali – dice lui –  nei quali però non si mandano i berlusconi in parlamento – dico io –  ma non facciamolo sapere in giro.

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Matteo Renzi, ospite di Ballarò, ammette che secondo lui in un altro paese che non sia l’Italia, PD e PDL avrebbero già trovato un accordo per governare.

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Renzi: “Basta con gli inciuci ma non puntiamo alle elezioni subito va fatta la riforma della giustizia” (SIMONA POLI).

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 Due schiaffi in faccia al pd ci stanno sempre bene perché se li merita tutti dopo le ottime performance di cui si è reso protagonista il partito più inutile, più male assortito e più dannoso della storia politica di questa sciagurata [prima] sinistra italiana e del centrosinistra dopo.
Ma chi pretende di impartire lezioni di politica dovrebbe aver dimostrato di essere all’altezza di farlo. Questo figlio di papà [democristiano] cosiddetto innovatore ma in realtà uno a cui lo status quo sta più che bene, uno che si porta ai convegni banchieri e finanzieri e poi dice di essere di sinistra, uno a cui berlusconi stesso disse tre anni fa nel famoso incontro in quel di Arcore: “tu mi somigli”, che è cosa di cui non vantarsi non so, secondo me non è quello più adatto.  

Renzi fu quello che si congratulò per il “proscioglimento” di berlusconi al processo Mills che in realtà era invece la sesta prescrizione ottenuta [alla decima pare che si possa vincere un’amnistia o un indulto premio] grazie alle leggi volute da lui se stesso medesimo e firmate puntualmente dall’altro “sedesimo”. Non oso immaginare dunque che razza di riforma della giustizia possa pensare e realizzare uno che non conosce la differenza fra prescrizione, proscioglimento e assoluzione. E questa è solo una cosa di tante.

 Ma come scrivevo un paio di giorni fa nella mia pagina di facebook  Renzi i voti li prenderà, perché nella tradizione italica c’è la caratteristica di non imparare mai dagli errori, di ripeterli com’è accaduto, fino al parossismo dei vent’anni berlusconiani.

Se gli intellettuali di cinquant’anni fa avevano fotografato così bene l’Italia è soprattutto perché è la maggioranza degli italiani a renderla prevedibile e noiosa. Fa sempre le stesse cazzate. Basterebbe andare a rileggersi Pasolini per rendersene conto.

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Matteo 6,31 – Massimo Rocca – Il Contropelo di Radio Capital

La tentazione di dare ragione a Fassina, perché Fassina ha ragione, sul discorso di Renzi è forte. In un breve intervento sull’Huffington post il viceministro dell’economia demolisce la parte economica dei discorsi leopoldeschi. Un’immensa quantità di fuffa, da cui non si riesce a tirare fuori neppure un euro di gettito o di investimenti. Ed è per questo che bisogna che Renzi vinca la gara per la segreteria del PD, e se possibile, il prima possibile arrivi a Palazzo Chigi: L’ultimo grande venditore di fuffa, ci apparve in televisione vent’anni or sono, affascinò la destra, sconcertò la sinistra. Anche lui tutto a base di slogan da baci perugina, il nuovo miracolo italiano, la libertà, il paese che amo. Qui invece come nelle pubblicità che ti appioppano la bottiglia o il barattolo perché sopra c’è il tuo nome, ognuno di noi è chiamato a scandire la sua parola chiave per il futuro. Stupore, felicità, bellezza. Fuffa di primissima qualità. a partire dal no agli inciuci, ma dalla prossima volta per adesso continuate pure. Per questo dovete portarmelo presto al potere. Io comincio ad avere una certa età e vent’anni per aspettare che capiate potrei non averli.

Un paese a retroattività illimitata

Un Nobel per la Pace che scatena una guerra. È come se un pregiudicato volesse fare la riforma della giustizia. [spinoza.it]

In un paese civile lo scontro sulla retroattività della legge Severino non ci sarebbe perché non ci sarebbe bisogno della legge Severino.
In un paese normale un senatore condannato si dimetterebbe subito, espierebbe la pena e una volta libero si ritirerebbe a vita privata.
[Sandro Ruotolo da Facebook]

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Berlusconi, un resistibile videomessaggio Beppe Giulietti, Il Fatto Quotidiano, 21 agosto

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Sottititolo:  Il corto parlamento – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital

Buttatelo fuori, fate cadere il governo, andiamo alle elezioni, facciamo la guerra civile, come suggerito da Bondi, ma per favore finiamola. Finiamola tutti questa soffocante, farsesca legislatura. Un non governo, con una non maggioranza, una non opposizione, un non capo dello stato, un nonsenso. Diciamocelo, può succedere. Abbiamo buttato dieci mesi. Abbiamo provato a far finta che il passato non fosse esistito, che i protagonisti non fossero quelli che sono, abbiamo provato a resuscitare i morti con il risultato ovvio di avere in giro dei Frankenstein. Non è andata, non poteva andare. Anche se ve lo avevamo detto, non portiamo rancore. Purchè non pensiate di farci vivere ancora in questa farsa ridicola, in nome della governabilità e di qualche inutile decimale di PIl che forse metteremo insieme nel 2014. Non ci obbligate a ripetere con Cromwell ” il popolo vi aveva scelto per riparare le ingiustizie, siete voi ora l’ingiustizia! Ora basta! Portate via la vostra chincaglieria luccicante e chiudete le porte a chiave. In nome di Dio, andatevene”.

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Ostellino, Corriere della Sera,  è sempre quello che scrisse a proposito delle cene eleganti del satrapo condannato, che le donne sono sedute sulla propria fortuna e perché mai non dovrebbero approfittarne.

Ma, a quanto pare anche molti uomini hanno approfittato, fino all’usura, del posto che solitamente si appoggia su una sedia.

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«L’AMACA» del 5 settembre 2013

E che bravo anche  Michele Serra che sull’Amaca di oggi dopo aver commentato sdegnato l’accusa di schifani a quelli del pd di essere loro i responsabili di un’eventuale caduta del governo gli chiede di “riaddrizzare la schiena” e rivendicare “con orgoglio” le sue idee.

Come se non fosse chiaro a tutti, e dunque anche a Serra quali sono sempre state le idee e quali gli obiettivi di chi si è immolato al sostegno e alla difesa del pregiudicato berlusconi.

Un indagato per mafia si permette di intimare, di lanciare ultimatum, di chiedere per conto terzi e cioè del noto delinquente che vengano sostituiti i membri di una giunta che deve stabilire una cosa ridicola per quanto è ovvia, ammantandola di pomposità democratica, e cioè che un delinquente condannato deve uscire dai palazzi del potere e Serra, invece di ricordare che schifani non ha proprio i requisiti per pretendere nulla né per accusare nessuno gli fa la ramanzina bonaria, come se non bastassero i toni concilianti che usa la quasi totalità del cosiddetto giornalismo italiano: un esercito di servi senza dignità responsabili quanto, come, se non addirittura più della politica di aver trasformato un delinquente per natura in uno statista.

I giornalisti hanno una grande responsabilità: quella di diffondere notizie basate su fatti veri. Se questo paese costruisce un dittatore ogni manciata d’anni, se oggi l’Italia è costretta a subire una situazione anormale, indecente e che in nessun altro paese si sarebbe potuta verificare, ovvero un delinquente condannato che può, ancora, ricattare, minacciare il parlamento e le istituzioni, registrare videomessaggi che tutte le tv faranno a gara per mandare in onda è anche una responsabilità di quel ‘giornalismo’ che non informa ma si inginocchia davanti al potente prepotente e in questo caso anche delinquente  molto spesso anche senza che nessuno glielo chieda.

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UN ESERCITO DI SCUDI UMANI (Antonella Mascali) Il Fatto Quotidiano

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Un mandante è per sempre
Marco Travaglio, 5 settembre

Che il Banano sia furibondo con i suoi onorevoli avvocati Ghedini e Longo, che l’anno scorso non gl’impedirono, anzi gli suggerirono di votare la legge Severino, aiutandolo a infilare la testa nel cappio e a stringersi il nodo scorsoio intorno al collo, è cosa nota. Che sia molto deluso anche dai superpoteri del principe del foro Franco Coppi, spacciato dai soliti ben informati per un supereroe specializzato nel far assolvere i colpevoli in Cassazione, è risaputo. Ciò che ancora non si sapeva è che avesse già trovato il sostituto, il 64° difensore della sua lunga carriera di imputato: Piero Ostellino. Il quale ieri, sul Corriere, ha voluto gentilmente anticipare la nuova linea difensiva di B. da spendere – si suppone – dinanzi alla Corte di Strasburgo. Analizzando con la consueta perizia giuridica le motivazioni della Cassazione, l’autorevole Ostellino ha scoperto che B. è stato condannato per “una nuova fattispecie giuridica di delinquente della quale finora la giurisprudenza non aveva notizia: l’“ideatore di reato’”. Va detto in premessa che l’Ostellino ha l’occhio bionico per le sentenze: due anni fa, per dire, riuscì a definire “moralmente mostruose” le motivazioni della condanna dei capi della ThyssenKrupp per la strage di Torino ben due mesi prima che venissero scritte e depositate. Ma lui, evidentemente, le conosceva già per scienza infusa. Stavolta invece si occupa di quelle del processo Mediaset, depositate dalla Cassazione il 29 agosto, e riesce a leggervi ciò che nessuno, nemmeno Coppi e Ghedini e Longo messi insieme, nemmeno il Giornale, il Foglio, Libero, Panorama, il Tg4 e Studio Aperto avevano notato. Per esempio ha scoperto che B. è stato condannato da solo, appunto come “ideatore di reato”, mentre “i suoi sodali, pur avendo commesso il reato da titolari di cariche societarie, non sono stati incriminati”.

Quindi “d’ora in poi chiunque scriva un libro giallo nel quale descriva in dettaglio il modo migliore di rapinare la Banca d’Italia sappia che è passibile di condanna anche se, e quando, altri lo facciano davvero”. Gli sfugge che l’ideatore si chiama anche mandante o concorrente nel delitto ed esiste dall’età della pietra. Ma soprattutto che, insieme a B., sono stati incriminati e processati e condannati i suoi sodali Agrama, Galetto e Lorenzano, senza contare Del Bue e Giraudi salvati dalla prescrizione, Cuomo e Bernasconi defunti e Confalonieri assolto. Ma questi, per un giureconsulto che vola alto come Ostellino, sono solo dettagli. Ciò che conta è la sua sapienza giuridica, che lui distilla sul Corriere spiegando che al massimo B., come ideatore di reato, ha “manifestato una brutta intenzione” o “una cattiva coscienza” e dunque “andava assolto”: solo “l’arbitrarietà di una certa magistratura” poteva processarlo e condannarlo inventandosi “un nuovo reato” per “accusare qualcuno senza prove” e condannarlo “per ragioni politiche”, cioè per “liberarsi del capo di un movimento che si oppone all’egemonia della sinistra”. Il che “dà la misura dell’abisso giuridico e morale in cui è caduto il Paese”, obnubilato da “una sempre ben orchestrata campagna mediatica” a cui – si suppone – contribuiscono anche i cronisti del Corriere , i quali hanno dato ampio conto delle vere motivazioni della sentenza. Che purtroppo non sono quelle descritte da Ostellino, di cui non resta che sperare che non le abbia lette, altrimenti bisognerebbe concludere che non ha capito una mazza. La Cassazione infatti non si limita a dire che B. “ideò” il reato, ma aggiunge e dimostra che “creò”, “organizzò”, “sviluppò” e “beneficiò” dagli anni 80 del “meccanismo del ‘giro dei diritti’ che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende” e per lui tramite 64 società offshore create per lui da Mills, in parte sconosciute ai bilanci e usate per “mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere, conti correnti intestati ad altre società a loro volta intestate a fiduciarie di B.”.

Tutte condotte difficilmente compatibili con quelle del romanziere che narra la rapina alla Banca d’Italia. Affranto per “la salute dello Stato diritto”, per i pericoli incombenti sulla “sicurezza di ogni cittadino” (almeno di quelli con 64 società offshore) e sulla “sopravvivenza della democrazia” peraltro “morta da un pezzo”, Ostellino invita B. a smetterla di “comportarsi come un accusato permanente” (come se fosse una sua posa bizzarra) e a “denunciare l’accusa di ‘ideatore di reato’”, “sollevare in Parlamento il problema della certezza del diritto nei confronti di tutti, soprattutto di chi non dispone delle sue risorse finanziarie per difendersi” (semprechè abbia 64 società offshore) e “accusare un modo di amministrare la giustizia non solo ingiusto, ma pregiudizievole per la sopravvivenza della democrazia”.

A questo punto, il discorso preparato da B. con l’ausilio di Coppi, Ghedini e Longo va cestinato e riscritto da capo: “Colleghi senatori, sono l’ideatore-mandante di un delitto gravissimo, ma l’amico Ostellino in un articolo pro veritate ha spiegato che, da che mondo è mondo, gli ideatori-mandanti non sono colpevoli, al massimo sono romanzieri. Non lo dico per me, ma per tutti i romanzieri che non dispongono delle mie risorse finanziarie per difendersi. Siamo tutti innocenti, da Riina e Provenzano in giù. Dunque, modestamente, anch’io”. Sarà un trionfo.

L’eversore [re_reloaded]: ovvero, l’orrido déjà vu

Anche  il Milan di berlusconi ha rotto definitivamente gli argini del benché minimo senso di decenza, del tanto abusato esempio per i giovani mettendosi al fianco di un presidente corruttore e condannato per frode fiscale.
Ognuno ha la squadra che si merita.

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IL PRESIDENTE DELLA FIERA DI MILANO PERINI: “SEGNIAMO LE CASE DEI GIUDICI”. POI LE SCUSE

C’è stata gente che per molto meno, una battuta scritta in bacheca contro il capoufficio o la professoressa è stata licenziata, sospesa da scuola.
Questi che facciamo, li teniamo al loro posto vero? perché naturalmente si sono scusati dopo l’offesa e la minaccia quindi è tutto a posto. 
Da un certo livello in poi tutto si può dire ché poi tanto bastano le scuse e che problema c’è.

Queste sono minacce fatte in pubblico da gente che ha dei ruoli pubblici. Proprio come calderoli quando insulta la Kyenge istigando al razzismo qua si istiga al gesto violento, di stampo nazista addirittura, ci si augura che un giudice debba vivere soffrendo perché ha fatto il suo dovere.

E gli autori pensano di potersela cavare con delle semplici scuse perché sanno che non gli succederà nulla.

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La nebbia all’erto Colle caliginando sale – Massimo Rocca

Ovviamente, in un paese serio, il capo dello stato sarebbe già andato in televisione a reti unificate per denunciare il tentativo di sovvertimento dell’ordine democratico. Un delinquente condannato in via definitiva che ricatta i poteri politici legittimi del paese, né più né meno quello che facevano le brigate rosse con Moro prigioniero o Totò o curtu con le stragi dei magistrati, inviando i suoi messaggi dal covo di Palazzo Grazioli affidandoli a personaggi che vogliono salire le scale del Quirinale per depositare l’ultimatum sulla scrivania del garante del patto di pacificazione che ha, evidentemente, mancato alla sua parola. Ci sarebbero le sezioni del partito di governo allertate e il presidente del consiglio chiuso in riunione permanente con l’ambasciatore kazako o col ministro degli interni, che tanto è uguale. Invece non potendo chiedere, questa volta, alla rai di bruciare le bobine del suo discorso di insediamento, temo che riceverà i messaggeri, cui del resto ha già promesso la riforma della giustizia, proprio il giorno dopo in cui ha dimostrato di funzionare.

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Berlusconi, il Pdl ricatta sulla grazia
E la Questura gli revoca il passaporto

Il pregiudicato: “Riforma della giustizia o voto”. Il partito a Napolitano: “Clemenza o ci dimettiamo
tutti”. Letta: “Il governo deve continuare”. Notificato dai carabinieri il decreto di esecuzione pena
EPIFANI: “PRESSIONE INDEBITA SUL COLLE. E NO A RIFORMA GIUSTIZIA CHE VUOLE IL PDL”

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Berlusconi condannato? “Riformate la giustizia!”

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Se non fosse vero ci sarebbe da ridere da qui all’eternità: Napolitano che riesce ad anticipare pure berlusconi riguardo una riforma della giustizia che, se abbiamo imparato un po’ a conoscere i nostri polli sappiamo benissimo dove vuole andare a parare e a riparare soprattutto.

Però mi raccomando, non nominiamolo, non tiriamolo in ballo sennò Lauretta e l’ex superprocuratore s’incazzano.

A proposito: la presidentessa candida non si è espressa ancora sulla condanna? c’è da difendere la sacralità del parlamento che ospita un fuorilegge e la sua teppa, da offrire solidarietà spicciola all’insultato di turno o cosa? e per noi, quando arrivano le scuse?

L’unica riforma della giustizia da fare è quella per vietare una volta e per tutte ai criminali di poter mettere bocca negli affari di stato.

Di ricattare le istituzioni.
berlusconi non è più nella condizione di poter pretendere nulla, quindi tutto quello che riuscirà ad ottenere significa che è stato concordato, che fa parte del pacchetto larghe intese napoletane.

Mi chiedevo quanto si può sacrificare di se stessi per difendere, rendere accettabile, meno grave quello che non lo è.
In special modo chi proprio per ruolo e per mestiere è chiamato a raccontare, spiegare all’opinione pubblica quello che succede.
Com’è possibile dimenticarsi di essere una persona per mettersi spudoratamente al servizio di un delinquente, scrivere su un quotidiano che l’attacco allo stato è aver condannato quel delinquente e non invece avergli permesso di demolirlo con la compiacenza e benevolenza, vive e vibranti, di chi avrebbe dovuto impedirlo.

Le sentenze di berlusconi non devono interferire con la vita politica, col cammino del bel governo dei grandi imbroglioni, dicono quelle e quelli bravi, nella politica come nel giornalismo: quanto ancora dovranno prenderci in giro con questa menzogna? le sentenze di berlusconi, i comportamenti di berlusconi, i reati di berlusconi, l’immoralità amorale e indecente di berlusconi diventano politica nel momento in cui si permette a berlusconi di far diventare tutto questo arma di ricatto politico. 

Di essere se stesso quel ricatto avendo consentito, prolungando oltremodo e contro il benché minimo senso dello stato la presenza dell’abusivo impostore fuorilegge in parlamento.

Un ricatto al quale lo stato si è piegato e si piega concedendo a berlusconi quello che sarebbe impossibile chiedere e pretendere ma anche e solo immaginare di farlo, per qualsiasi altro cittadino.

In nessun paese un appena condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile viene ricevuto, e  su invito di entrambi,  dal capo del governo e da quello dello  stato, e in nessun paese un condannato in ultimo grado, quello definitivo, può andare in tv a reti unificate a dichiararsi un innocente perseguitato dai giudici comunisti.

 E la tragedia nella tragedia è che ci sia ancora  gente che non si accorge nemmeno che da vent’anni usa lo stesso linguaggio, le stesse parole, fa le stesse accuse e si difende dalle stesse accuse.
Un déjà vu vivente che non si può più sopportare, non se ne sopporta il nome, la faccia, la voce ma che può continuare a invaderci la vita perché nessuno ha il coraggio di fermarlo, di dirgli che è scaduto il tempo: il suo. 

La litania del berlusconi che andava – va – andrebbe sconfitto politicamente la ripetono da anni tutti e solo quelli che non ne hanno mai avuto la benché minima intenzione.
Una politica gobba e sottoposta ai voleri del papi padrone quanto un’informazione serva: quella alla polito ad esempio, che intravvede il colpo per lo stato nell’applicazione della legge e non nel suo contrario. Ovvero aver fatto il tutto e l’oltre per non averla applicata prima e non aver fatto nulla prima per il conflitto d’interessi in cui finalmente è caduto anche il suo proprietario, e per evitare la mole gigantesca di leggi ad personam di cui si è potuto avvalere berlusconi dopo essersele fatte fare e aver trovato un parlamento che le ha rese operative.

Diverso è invece trasformare in una questione politica i reati di berlusconi, ma se un politico commettesse un omicidio chi se ne deve occupare: la legge, gli elettori che hanno votato quello che poi è diventato un assassino o la politica? perché è la stessa cosa.

Un reato è un reato, poche storie, e quelli di berlusconi sono reati pesantissimi, non consistono nel furto del portafoglio sul metrò o del pezzo di formaggio al supermercato compiuti da chi non sa come arrivare al giorno dopo, e lo stato non può continuare a tutelare chi come berlusconi ha scelto di vivere e agire oltre la legge pensando che questo gli sia dovuto.

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Giusto ieri mi stavo chiedendo come si sentissero i Pigì Battista, i Polito,  il senatore Scalfari e tutto il corazzierume scelto che ha sostenuto con la forza della nuda lingua il bel governo dei larghi imbrogli, qui di seguito Travaglio mi rassicura sullo stato di salute del solito giornalismo embedded, stazionario come al solito: un sussulto manco a parlarne.

La dignità è una cosa seria che possono avere a cuore solo le persone serie.

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Poveretti, come s’offrono
Marco Travaglio, 3 agosto

Dopo la lunga veglia funebre nella Camera ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino. Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici. 

Il Polito nella piaga. Estratto a sorte da un bussolotto che comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco), Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. 

Avrebbe potuto cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo. Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di Ferrarella, che almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del delinquente (naturalmente frutto dell'”accanimento degli inquirenti”) ha un'”influenza sul governo”. 

Poi dipinge un paese immaginario, dove la maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal “nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di “separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. 

Ah, dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a noi.
Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”: quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un monumentale evasore fiscale.

Ladro a casa sua

Napolitano è sempre in sintonia con la legge e la giustizia.
E coi Magistrati, soprattutto.

Condannano sallusti e lui lo grazia in spregio della Costituzione che vuole che il condannato abbia scontato almeno una parte di pena: la grazia si concede eventualmente sul residuo, non sull’evanescente di una detenzione mai iniziata.

Arriva l’ultimo grado, la sentenza definitiva di un processo durato dieci anni e che ha visto berlusconi imputato e poi condannato in via definitiva e lui che fa? si preoccupa della riforma della giustizia.

Un tempismo eccellente, non c’è che dire.

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Sottotitolo: I turisti che  nel pomeriggio passeggiavano vicino alla Cassazione chiedevano ai passanti cosa stesse succedendo di così importante. Il perché di tutta quella confusione.
E avevano ragione a stupirsi, nei paesi normali, quelli dove vivono loro, non si blocca un paese ogni settimana per aspettare le sentenze di un delinquente recidivo.
Per non occuparsene più ne basta una, la prima, che generalmente se si conclude con una condanna resta anche l’unica. Non c’è il diritto a giocarsi il jolly dell’impunità, nei paesi normali.
E nemmeno quello di presentarsi in televisione in videoconferenza, senza nessun contraddittorio a poche ore da una condanna definitiva per frode fiscale. Cosa siamo, l’Italia o la Libia di Gheddafi?
Il tempo è galantuomo. Anche se ce ne sarebbe da recriminare, e i cosiddetti italioti, gli italiani beoti che hanno sostenuto berlusconi col voto, quelli che hanno creduto alle promesse – molti lo fanno ancora ma sono sempre meno – del millantatore delinquente,  non sono certamente quelli che vengono prima in un’ipotetica lista dei colpevoli.
Ho sempre pensato che non bisognava prendersela con loro, solo con loro ma principalmente con chi ha consentito che un impostore, un abusivo, un delinquente, e lo era già allora: quando si è presentato davanti agli italiani era un impresario fallito con un piede a san Vittore, ma soprattutto  il mantenimento in essere del berlusconi “politico”,  sono anni che l’evidenza dei fatti ci dice che c’è stata una finta opposizione che si è immolata volontariamente nel progetto di farlo restare dov’è. Ad ogni costo.
E chissà perché.
Farà in tempo Napolitano  a revocare l’onorificenza al delinquente o bisognerà attendere 32 anni come con Gelli? 
 
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Berlusconi, in un giorno è crollato tutto

Condannato in via definitiva a quattro anni perché ha frodato il fisco per decine di milioni. Sbugiardato sul conflitto d’interesse: la Cassazione ha stabilito che non ha mai smesso di comandare a Mediaset anche da premier. Smentito nella grande balla sulla “persecuzione delle toghe rosse milanesi”: il verdetto più pesante è stato emesso da cinque moderatissimi magistrati a Roma. Per ora il Cavaliere resta senatore e non va in carcere, ma in autunno può succedere di tutto.

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SILVIO BERLUSCONI CONDANNATO
Cassazione conferma i 4 anni di carcere

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Mediaset è stata derubata da berlusconi.

Questo ha detto la sentenza.

Il processo non è stato contro l’azienda ma contro la persona come ha spiegato Travaglio da Mentana.
La legge Severino prevede l’incandidabilità dei condannati oltre i due anni: una legge che ha fatto anche berlusconi che è stato condannato a quattro anni.

Ecco perché non si possono separare le vicende giudiziarie di un frodatore condannato IN VIA DEFINITIVA con quelle politiche e di un governo di cui il condannato fa parte.

Il pd, ricordava Barbacetto oggi in collegamento da Milano per la diretta streaming del Fatto Quotidiano, conosceva benissimo il calendario dei processi di berlusconi, nessuno può dire che non sapeva, non immaginava né tanto meno provare imbarazzo perché si ritrova un delinquente – ora con sentenza definitiva passata in giudicato  ma non è che fino a qualche ora fa  fosse uno stinco di santo –   per alleato di governo.

La vergogna però sì, quella è necessaria.

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Per non perdere l’allenamento! Massimo Rocca

Adesso possiamo dire quello che abbiamo sempre detto. Che l’intera avventura di Berlusconi in politica è stata una gigantesca battaglia, alla fine perduta, per evitare la galera che gli spettava per i suoi comportamenti criminali. Che per vent’anni una metà degli italiani gli è stata complice e l’altra metà è stata rappresentata da gente che ha, purtroppo, moralmente concorso ad alimentare la colossale maskirovka del suo essere politico e non criminale. Dopodiché, come è ovvio quando si prende in ostaggio un intero paese per un quinto di secolo, l’avventura è stato anche altro. Come ogni regime il potente ha diffuso attorno a se ricchezze e corruzione, materiale e morale. Ha saputo identificarsi e farsi identità del paese delle scorciatoie, rappresentare finché è loro convenuto gli interessi globali, il se vince lui vinciamo tutti di Gianni Agnelli. Oggi possiamo accontentarci di questo, di avere avuto ragione. Oppure no. Di pretendere che la sentenza illumini retroattivamente la nostra storia e chiedere di cambiarla. Senza Piazzali Loreto e muri di Dongo. Ma non tollerando più, costi quel che costi, la coabitazione con un delinquente abituale.

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Sentenza Mediaset: le prime tre conseguenze della condanna 

Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano

La condanna di Silvio Berlusconi per il reato gravissimo di frode fiscale ha tre immediate conseguenze.

Primo: dopo vent’anni di scorciatoie, minacce, forzature e vergognose leggi ad personam l’uomo di Arcore è incappato in una sentenza definitiva: da questa sera è tecnicamente un pregiudicato che entro sei mesi o giù di lì dovrà scontare una pena detentiva, arresti domiciliari o servizi sociali. Per la prima volta l’articolo 3 della Costituzione viene attuato completamente: la legge è uguale per tutti compreso il miliardario di Arcore.

Secondo: le conseguenze politiche di questa sentenza storica sembrano inevitabili: le grandi intese vanno in pezzi e il governo potrà anche sopravvivere per un po’ ma sarà come un morto che cammina.

Terzo: ora per lorsignori diventa più difficile stracciare la Costituzione. Un partito guidato da un pregiudicato non può accostarsi per stravolgerla alla Carta fondamentale della Repubblica. E se quelli del Pd che in queste ore si nascondono dietro i berluscones non vorranno capirlo saranno travolti da una valanga di firme. Sotto l’appello del Fatto stasera sono già 200mila ma possiamo rapidamente arrivare a 500mila.

Forza, dimostriamo che la democrazia dei cittadini è più forte del regime dei pregiudicati.  

Firma l’appello

La mafia uccide, il silenzio pure

”Bisogna trarre le dovute conseguenze dalle vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituiscono reato, ma li rendevano inaffidabili nella gestione della cosa pubblica. 
Questo giudizio non è mai stato tratto perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza.”

[Paolo Borsellino]

Quale alleato di governo dell’amico dei mafiosi – inutile ribadire chi si teneva in casa in qualità di stalliere lo statista più amato degli ultimi 153 anni e nemmeno che il partito col quale è ‘sceso in campo’ è stato confezionato da un condannato per mafia [e già questo dovrebbe bastare e avanzare per non prenderci nemmeno un caffè con uno così,  figurarsi farci alleanze di governo] andrà alle commemorazioni per la strage di via D’Amelio? chi ci mandano, l’ex superprocuratore antimafia, quello che è andato al funerale di un prescritto per mafia, il vicepresidente del consiglio che va a manifestare contro i Magistrati davanti ai tribunali e vende donne e bambini ai dittatori o ci andrà direttamente Napolitano a dire che “ventun anni fa non ci lasciammo intimidire?”

Chiedo.

Dice Napolitano, a proposito della vicenda del sequestro di Alma e Alua che si è trattato di una storia inaudita.
L’unica cosa veramente inaudita è che come al solito, come è sempre successo in questo paese i veri responsabili, seduti comodamente sulle loro poltrone in parlamento e protetti proprio da Napolitano che si fa premura di ‘avvisare’ – contro ogni regola costituzionale che non dà al presidente della repubblica la prerogativa di poter intimare alla stampa di farsi da parte, di smettere di insistere su certe faccende per non disturbare il meraviglioso idillio bipartisan e nemmeno di  dire al parlamento quello che deve fare – non pagheranno, in virtù, ça va sans dire, di quella ragion di stato che in Italia non ha mai protetto lo stato ma unicamente chi lo ha offeso, vilipeso e tradito.

Non facciamoci imbambolare dai parolai di regime: Napolitano non “blinda” proprio niente, il termine blindare sta a significare che bisogna proteggere, mettere in sicurezza qualcosa di molto prezioso dal pericolo che qualcuno lo possa rubare, e si fa fatica ad immaginare che ci sia qualcuno che vuole portarsi alfano e franceschini a casa sua, per dire.

Napolitano fa un’altra cosa, che non gli compete per Costituzione, e cioè IMPONE, che è tutt’altro dal blindare – parlando a nuora affinché varie suocere intendano – la durata di questo governo minacciando una catastrofe a cui dobbiamo credere sulla parola: la sua.

Io ho scelto di non fidarmi.

Taci, il kazako ti ascolta – Marco Travaglio, 19 luglio

Riccardo Mannelli

“Perché non parli?”, avevano domandato a Napolitano il Fatto e Gustavo Zagrebelsky. E ieri Napolitano ha parlato. 

Solo che non l’ha fatto per difendere l’onore del Parlamento, preso in giro da un vicepremier ridicolo e bugiardo. Né per tutelare l’immagine del Quirinale, unica istituzione (secondo noi a torto) ancora apprezzata dalla maggioranza degli italiani. Né per garantire la dignità dell’Italia, prostituita da B. e dai suoi servi ai peggiori tiranni di mezzo mondo e ridotta a provincia del Kazakistan. 

L’ha fatto – alla cerimonia del Ventaglio, che già fa aria da sé – per assolvere Alfano, il mandante e i complici; per apporre il timbro sulle sue tragicomiche bugie; e soprattutto per dare ordini al Parlamento, ai partiti, alle correnti e alla stampa, esortata – come già sugli scandali sessuali di B. e sul caso Montepaschi – ad autoimbavagliarsi per carità di patria. Il tutto con la scusa che bisogna tenere in piedi il governicchio Nipote, peraltro sostenuto dalla più ampia maggioranza mai vista. 

Mai, neppure nel lungo regno di Giorgio I, si era smantellata così sistematicamente la Costituzione come nel Supermonito di ieri, a colpi di congiuntivi esortativi d’irresistibile comicità involontaria: “si eviti”, “non ci si avventuri, “si sgombri il terreno”.

1) “Non ci si avventuri a creare vuoti e staccare spine”. Ma in Parlamento nessuno tenta di rovesciare il governo. Non esistono contro di esso mozioni di sfiducia. Ce n’è una individuale di M5S e Sel contro il cosiddetto ministro Alfano, destinata all’insuccesso anche se fosse affiancata da una dei renziani (peraltro subito rientrati all’ovile dopo il Supermonito). Ma, anche se fosse approvata, se ne andrebbe Alfano, non il governo: non sarebbe la prima né l’ultima volta che un ministro incapace viene sostituito (di solito da un altro incapace). E non spetta al Presidente della Repubblica decidere se, quando e chi debba sfiduciare governi o ministri. 

2) “Il governo in due mesi e mezzo s’è guadagnato riconoscimenti e apprezzamenti per la sua capacità di iniziativa e di proposta”. E da chi, di grazia: dai bradipi e dalle talpe? E quali iniziative, visto che il governo delle larghe attese non fa che rinviare i problemi (Imu, Iva, Irap, F-35, Porcellum ecc.)? 

3) “Si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie tra vicende giudiziarie dell’on. Berlusconi e prospettive di vita dell’eventuale governo”. A parte la perfetta definizione di “eventuale governo”, che significa “sovrapposizioni improprie”? Se i giudici accertano B. è un evasore, concussore e utilizzatore di prostitute minorenni, la maggioranza dev’esserne orgogliosa?

4) “Una storia inaudita, una precipitosa espulsione in base a una reticente e distorsiva rappresentazione e a pressioni e interferenze inammissibili di diplomatici stranieri”. Ora sta’ a vedere che la colpa è dei kazaki che interferiscono e non del governo che li lascia interferire. 

5) “Il governo ha opportunamente deciso di sanzionare funzionari che hanno assunto decisioni non sottoposte al vaglio dell’autorità politica. Per i ministri è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive”. Ma qui nessuno evoca responsabilità oggettive (che valgono solo nella giustizia sportiva). Semmai politiche, come da art. 95 della Costituzione: “I ministri sono responsabili… individualmente degli atti dei loro dicasteri”. O è abolito pure quello perché dà torto ad Alfano e noia a Re Giorgio?

6) “Il richiamo alle responsabilità del momento si rivolge anche alla stampa, perché la sollecitazione e l’amplificazione mediatica influenza molto parole e comportamenti dei politici”. Ma in base a quale potere costituzionale il capo dello Stato impartisce direttive alla stampa perché tradisca la sua missione di fare domande e dare notizie?

Viene quasi nostalgia del Minculpop, che almeno le veline ai giornali le passava con più discrezione. E comunque tutti sapevano di vivere sotto una dittatura. 
Oggi la democrazia muore, ma a nostra insaputa.

Chi va col kazako…di Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital

Provo a trovare una motivazione positiva. Blindare Alfano oggi, dire che il governo non può cadere salvo contraccolpi irrecuperabili, significa poter dire le stesse parole tra dodici giorni se la Cassazione dovesse spedire al gabbio il Cavaliere. Poi, però, stremato mi rendo conto che col piffero che Napolitano ha speso le stesse parole in occasione dei tentativi semi eversivi in parlamento o al tribunale di Milano. E allora lascio perdere. Perché io non ne posso più di questo presidenzialismo mascherato e un po’ vigliacchetto cui siamo sottoposti senza contrappesi e nel silenzio della buona stampa. Cerco vanamente nella costituzione un articolo, un comma, un lemma che affidi al capo dello stato il potere di dire che un governo è insostituibile, perché se i contraccolpi sono irrecuperabili, il governo è ovviamente insostituibile. Mi chiedo chi come dove quando e perché abbia firmato questa sospensione dell’agibilità politica del paese, e come possa la sovranità popolare essere esercitata se le forme previste dalla costituzione, compresa l’assenza di mandato imperativo, sono state messe sotto sequestro sostanziale.

Ma che siamo kazakistani?

Sequestro fai da te

Ricordatevi questa faccia e il suo nome.
Giuseppe Procaccini, da meno di mezza giornata ex capogabinetto di alfano, si è dimesso assumendosi parte delle responsabilità nel merito della vicenda del sequestro di Alma e Aluà, adducendo improbabili motivazioni di “senso dello stato”, non quelle più opportune di uno stato che fa senso.
Ricordiamocelo quando fra qualche mese un politico di buon cuore, magari lo stesso vicepresidente del consiglio lo raccomanderà per la presidenza di un qualsiasi nonsocché come già accaduto in precedenza con Gianni De Gennaro, responsabile più che morale, anche se mai condannato, dei massacri  al G8 di Genova promosso prima sottosegretario da Monti e  proposto come  presidente di Finmeccanica da Letta dopo.

Gli uomini che fanno comodo allo stato vanno bene, e chissà perché, alla politica di tutti gli schieramenti.

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Sequestro di persona a nostra insaputa

Alfano al Senato dipinge come una trappola della diplomazia kazaka la doppia espulsione: “Governo
non informato”. Renzi: “Anche Letta riferisca in aula”. Ue chiede spiegazioni a Italia su caso Ablyazov.
Si dimette Giuseppe Procaccini, capo gabinetto del Viminale: “Passo indietro per senso dello Stato”

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Mi piacerebbe sapere che succederebbe se da subito, stasera, domani, i cittadini italiani iniziassero a comportarsi all’insaputa di leggi e regole. 
Agire nel quotidiano come se non esistessero. 
Comportarsi alla ognuno fa quel cazzo che vuole e come vuole.
Proprio come fanno i cialtroni che le pensano e le scrivono e che poi per primi non le rispettano.
Sarebbe carino farlo tutti insieme, all’unisono.

Se alfano non sapeva, come dice il Talleyrand alle cime di rapa, ragione di più non per chiederne le dimissioni ma per pretenderle e lasciare il posto a qualcuno che non si fa prendere per il culo come è successo a lui.

d’alema  perde sempre l’occasione per tacere.

Forse nemmeno lui ha capito che questi continui alibi dietro ai quali si stanno nascondendo tutti, quelli dell’io non sapevo, non c’ero, madavveroesisteilKazakistan iocredevochefossesolounalocalitàdelrisiko, non fanno che peggiorare la situazione, non sono utili a giustificare un bel niente.

Uno stato che gestisce, anzi che non sa gestire o per meglio dire non può gestire da stato di diritto quale l’Italia dovrebbe ancora essere una vicenda così delicata, grave, significa che è gestito da incapaci totali o, vieppiù, da gente che non fa gli interessi dei cittadini, di chi come Alma e Aluà risiedeva con diritto sul nostro territorio ma di estranei, di gente pericolosa a cui non si può dire di no per motivi che non c’entrano niente col senso dello stato dietro al quale si nasconde ogni tipo di oscenità.

E chissà che risponderà adesso l’Italia, a quello che chiede l’Europa.

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E’ sempre ‘a mia insaputa’

 

La linea di difesa del ministro dell’interno Alfano sull’espulsione della moglie e della figlia di un dissidente kazako ricalca la tradizione politica recente: è avvenuto tutto senza che lui ne sapesse nulla. Da Scajola a Berlusconi ecco chi aveva già usato questa strategia.

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Le cavallette – Massimo Rocca, il Contropelo di Radio Capital

Ma ne valesse poi la pena. Ci fossero questi scintillanti segnali di una ripresa, o per lo meno si fosse riusciti ad aprire il paracadute per quelli che, con ottimismo alla Felix Baumgartner, continuano a dire fin’ora tutto bene. Invece questo povero PD, questi poveri elettori del PD, continuano a trangugiare pozioni di sterco liquido strabuzzando gli occhi e intanto l’anno prossimo avremo più disoccupati di quest’anno, nonostante Letta nepote si dica ossessionato dalla disoccupazione giovanile, il debito pubblico sale senza incontrare resistenze, il prestigio del paese è scivolato, e lo si credeva impossibile, dai fasti del bunga bunga a quello dei marò e poi degli oranghi e delle kazake. E loro lì buoni non a difendere la tranquillissima fortezza Bastiani ma a sacrificarsi giorno dopo giorno in una Verdun, una Stalingrado, una Montecassino di figure barbine. Ma se no cade il governo, volano gli spread, c’era il funerale di mia madre, era crollata la casa, c’è stato un terremoto, una tremenda inondazione, le cavallette! Non è stata colpa mia. Lo giuro!