Riformatori_o

“Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito”.
[Benito Mussolini, 23 marzo 1919: dal discorso sulla fondazione dei Fasci di Combattimento]

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La Finocchiaro che da Floris esulta alle riforme di Renzi è il simbolo del fallimento della politica di un ventennio.
L’ammissione dell’incapacità della classe dirigente di cui lei fa parte da una trentina d’anni.
Invece di chiedere scusa per il suo non aver fatto nulla di politicamente rilevante, la Finocchiaro si vanta di aver partecipato alla realizzazione dello scempio chiamato riforme costituzionali che portano, oltre alla sua firma anche quella di un cinque volte rinviato a giudizio per reati contro lo stato.
La Finocchiaro esulta perché Renzi “ha fatto le riforme”:  giuste o sbagliate ‘sti cazzi ma le ha fatte, lo stesso Renzi che lei definì un miserabile quando lui la definì inadeguata per il Quirinale dopo che sui giornali uscirono le famose foto che immortalavano la Madame Angot de’ noantri che si faceva accompagnare all’Ikea non da una né da due ma da ben tre guardie del corpo che trascinavano il carrello della spesa al posto suo.
L’inadeguata e il miserabile si sono però ritrovati perfettamente d’accordo su delle riforme ri_costituzionali che sopprimono il senato come piaceva a mussolini e Gelli e tutto il mainstream della peggior propaganda di regime proprio dai tempi di mussolini, esulta insieme a loro.

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Almeno berlusconi si poteva vantare, purtroppo a ragione anche analizzando il modo col quale lo ha ottenuto, di avere il consenso del popolo e in virtù di questo confezionava giorno dopo giorno la sua azione “politica”, legittimava ogni provvedimento dei suoi vari governi col solito ritornello: lui scelto dal popolo quindi col pieno diritto di fare e disfare, di essere perfino al di sopra della legge quando parlava della magistratura che, indagando su di lui, voleva sovvertire la volontà del popolo che lo aveva eletto rendendolo una specie di divinità intoccabile. 

La concezione di paese e della politica come cose proprie con le quali fare quello che si vuole è abbastanza normale per uno che di mestiere fa l’imprenditore, attività che nei paesi civili rende inadatte le persone che la praticano a gestire le cose degli altri, ne preclude la carriera politica proprio perché ritenute più portate a occuparsi delle proprie e a curare i propri interessi che potrebbero [possono] essere facilmente in contrasto con quelli pubblici che la politica ha il dovere di mettere davanti e sopra a tutto.
Esattamente quello che si sarebbe dovuto impedire a berlusconi il quale, invece, grazie alla politica che glielo ha permesso ha potuto continuare ad accrescere il suo patrimonio personale.
Ma Renzi quale consenso ha?
Quando farnetica degli italiani che hanno chiesto al suo governo le riforme, di sfasciare la Costituzione, demolire l’istituto del senato di quali italiani parla, del famoso 40,8% della metà?
E sarebbe popolo, quello?

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Vado a mediaset – Sabina Guzzanti

Se mi assumete, se Berlusconi conta ancora qualcosa lì dentro, vengo a Mediaset a fare la campagna per il No.
(per quelli che vivono sulla luna: Berlusconi ha dato ordine di votare contro la riforma, ma i suoi se li erano tutti già comprati seguendo il suo insegnamento)

Faccio le imitazioni, racconto le barzellette zozze o faccio peggio, dico solo la lettera iniziale della parolaccia e poi puntini ammicco, quello che volete. giuro che lo farei.

La Boschi si dice serena che per il referendum gli italiani sapranno scegliere se votare a favore della riforma costituzionale di merda dopo la riforma della rai di merda.
Insieme alla riforma elettorale di merda, tutti i poteri sono in mano a chi governa, che vince le elezioni grazie al controllo dei media (aspettiamo ansiosi il bombardamento di rai tre promesso dal renziano Anzaldi), grazie al controllo dei posti di lavoro, e con la riforma elettorale ha una maggioranza spropositata alla camera mentre il senato conta poco o nulla ed è formato prevalentemente dai ladri che di solito governano le nostre regioni.

Siano maledetti i senatori venduti e che Grasso possa avere dalla vita tutto quello che si merita, tutto insieme.

Viva la costituzione quella vera, scritta dai partigiani.

Questa costituzione scritta da venduti e traditori non sarà mai la nostra.

La festa dell'[imm]unità

Sottotitolo:  se per caso l’immondo schifo dell’immunità per i senatori dovesse diventare un provvedimento definitivo, una legge vera, spero che la Consulta bocci quelle che Renzi e il suo governo spacciano per riforme epocali mentre altro non sono che il sistema per il perpetuarsi delle indecenze della casta politica.
La Finocchiaro è un’altra che avrebbe dovuto chiedere scusa agli italiani e sparire dalla circolazione, invece è ancora qui e lotta insieme a loro  facendo le leggi con calderoli e berlusconi.
L’emendamento a favore dell’immunità è stato votato dal pd, la lega e forza Italia.
 

I reati commessi dai politici dal dopoguerra in poi non hanno mai, MAI avuto niente a che fare con la politica ma proprio e solo con la criminalità comune. Non era per salvare i collusi con la mafia, i tangentari, i corrotti e i corruttori e i ladri di stato che è stato pensato l’articolo 68.

Cosa che andava ripetuta tutti i giorni fino alla compulsione.
Quindi di quale immunità si parla? quella che poi consente ad un delinquente, un criminale, uno che si è messo lo stato prima sotto i piedi e poi in tasca di poter ancora pretendere e ottenere un riconoscimento politico e di essere interpellato niente meno che per riformare la Costituzione?

Che bel partito il pd: fa tutto per la gente come un vero partito di sinistra.
E che bella Italia questa di Renzi: magnifica, anzi.
E a questa gente qui Napolitano, l’estremo difensore, mette in mano la riforma della Costituzione, forse gliel’ha suggerito Almirante in sogno.
Vergogna.

“Il governo è favorevole” L’immunità al Senato c’è  – Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano

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Attacchi ai giudici, Berlusconi diffidato  – Emilio Randacio, Il Fatto Quotidiano

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La diffida a berlusconi dopo l’ennesima “battuta” sui giudici spiega meglio perché a berlusconi siano stati concessi i servizi sociali a cui lui non aveva il benché minimo diritto. Ormai la dinamica è chiara: lui insulta i giudici e non lo dovrebbe fare non solo per non disattendere il divieto legato proprio alla concessione dei servizi sociali ma perché se lo facesse qualcun altro non se la caverebbe col semplice cartellino giallo, i giudici incassano e poi si fanno promettere dal delinquente seriale che non succederà più pena una sculacciata la prossima volta quando invece non ci sarebbe dovuta stare nemmeno la prima.

Mentre in Francia un ex presidente della repubblica viene fermato e trattenuto nelle patrie galere senza che i suoi sostenitori politici abbiano fatto un plissè qui dobbiamo assistere all’indecenza di un delinquente frodatore, ladro, corruttore, in rapporti stretti con la mafia, già condannato in via definitiva e prossimo ad una più che probabile condanna per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile che viene trattato dalle istituzioni e dalla politica coi guanti di velluto mentre nelle carceri i delinquenti semplici condannati ad una pena da scontare per reati infinitamente meno gravi dei suoi soffrono le pene dell’inferno anche grazie alle “leggi” fatte da lui.
Con berlusconi la legge e la giustizia non vengono nemmeno interpretate così come si fa con gli amici ma proprio ignorate da chi dovrebbe far rispettare entrambe.
Ricordo che un attivista Notav è stato condannato a quattro mesi di carcere per aver pronunciato la parola “pecorella” riferita ad un carabiniere, per lui niente richiesta di scuse né la promessa di non farlo più.
Questo modo di applicare la legge e la giustizia mi offende, profondamente, e dovrebbe offendere tutti i cittadini onesti di questo paese.
Non è più possibile accettare il fatto che su sessanta milioni ed oltre di cittadini in Italia solo uno sia davvero “più uguale degli altri” pur essendo molto peggio di tutti.

Vale la pena di ricordare che i servizi sociali sono un beneficio di legge concedibile per scopi rieducativi al reo che dimostra pentimento, accettazione della sentenza di condanna e serie intenzioni di ravvedimento.  Quindi non  è il provvedimento punitivo che avrebbe meritato un ladro frodatore, un corruttore, un amico dei mafiosi, uno che oltre a quella definitiva ha una condanna in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile, uno con “un quadro di vita privata sconcertante”  riconosciuto socialmente pericoloso per sentenza che ha insultato i giudici al ritmo del suo respiro.

E vale anche la pena di ricordare che berlusconi non è in una galera perché non può andarci per sopraggiunti limiti di età: per informazioni chiedere a Tanzi, ma perché è la discrezione del giudice a decidere se applicare al reo la pena detentiva tradizionale o la misura alternativa.

Dunque aveva ragione berlusconi quando ha definito i giudici “irresponsabili”. Meglio di lui non lo può dire nessuno.

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Baci alla francese – Marco Travaglio

Che cos’abbia spinto un ragazzo sveglio come Renzi a inscenare l’imbarazzante conferenza stampa sulle “linee guida” della giustizia, cioè sul nulla mischiato con niente, in mezzo alle statue di cera del duo Orlando & Alfano, è noto: anche sulla giustizia, come su tutto, il premier non ha alcunché di pronto, di scritto, di pensato e soprattutto di concordato con il partner privilegiato B. (che ieri la Cassazione ha definito complice del “socialmente pericoloso Dell’Utri” nel “patto con la mafia”). Siccome però Matteo Supercazzola aveva promesso e ripromesso la riforma della giustizia entro e non oltre giugno (luglio è già impegnato dal fisco, come no), presentarsi a mani vuote pareva brutto. Avrebbe dato ragione ai “gufi” e “professoroni” che ancora si permettono di dubitare di lui.

Dunque ha messo giù, col consueto trust di cervelli, una lista di slogan e frasi fatte, tipo pensierini da scuola elementare, spostando avanti di due mesi la scadenza del ddl: intanto “si apre un grande dibattito fino a settembre”, anche “in rete”, pure “con i direttori di giornale”, all’insegna della “democrazia partecipata”. Tanto aveva l’assoluta certezza che i giornalisti in sala, anziché sommergerlo di risate e pernacchie, avrebbero preso buona nota tutti compunti e trasformato quello spettacolino avvilente in un momento solenne sui loro giornali e tg. Poi, siccome si crede molto spiritoso, ha condito il tutto con sapidi calembour, e tutti giù a ridere, batti un cinque, fatti un selfie. Il punto di partenza è già una balla: “per 20 anni la giustizia è stata tabù” per quello che lui definisce “il derby berlusconismo-antiberlusconismo” (cioè l’attacco ventennale dei politici alla legalità). Forse gli sfugge che dal ‘94 a oggi non c’è stata materia più “riformata” della giustizia, con ben 120 leggi che l’han ridotta all’agognata paralisi: altro che tabù. 

   Ed ecco le 12 slide, simili ai cartigli dei Baci Perugina, subito tramutate dalla stampa in “grande riforma” o “rivoluzione in 12 punti”. 1) “Giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado”. È l’uovo di Colombo, eppure nessuno ci aveva pensato prima: ora arriva lui, fa una legge di un solo articolo che dica “sbrigarsi”, “fare presto”, “un anno non un giorno di più”, e oplà, è fatta. Ma che dico “un anno”? Un mese, signori, in un mese!

   2) “Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato”. Un gioco da ragazzi: basta una norma che dica “dimezzare l’arretrato” e la metà eccedente delle cause, come per incanto, evapora.

3) “Corsia preferenziale per imprese e famiglie”. Giusto: prima le donne, i vecchi e i bambini. E mi raccomando: non parlare al conducente e non calpestare le aiuole.

4) “Csm: più carriera per merito e non grazie all’‘appartenenza’”. Fantastico.

5) “Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica”. Perbacco. Poteva aggiungere “chi entra non esce e chi esce non entra”, “chi bagna non asciuga e chi asciuga non bagna”, per dire.

6) “Responsabilità civile modello europeo”: giusto, i fautori del modello africano o neozelandese sono sistemati. E così via, a colpi di “riforma del disciplinare”, “falso in bilancio e autoriciclaggio”, “accelerare il processo penale” (se no resta indietro sul civile), “riforma della prescrizione”, “intercettazioni: diritto all’informazione e tutela della privacy”, “informatizzazione integrale”.

Siamo al punto 11, che però non è cifra tonda. Ci vuole pure il 12, che fa tanto Mosè sul Sinai. Che ci mettiamo? Ritinteggiatura aule? Lucidatura pavimenti? Sostituzione serramenti? Nuovo design per le toghe? Ma no, dai: “Riqualificazione del personale amministrativo”, fa più fico. Non è dato sapere se il “modello europeo” cui si ispira il Renzi comprenda il sistema francese: quello che ieri ha portato al fermo (“garde a vue”) dell’ex presidente della Repubblica Sarkozy, finito in guardina nel bel mezzo di un interrogatorio, dopo mesi di intercettazioni sui telefoni suoi e dei suoi avvocati e compari per uno scandalo di finanziamenti illeciti. Ma pare proprio di no: in Italia gli ex presidenti diventano ipso facto senatori, sia nel vecchio sia nel nuovo Senato, che proprio ieri si è regalato un’altra volta l’impunità. Europei sì, fessi no.

Impuniti e impunibili, per legge

La Finocchiaro non si vergogna a mettere la sua faccia e il suo nome accanto a quelli di calderoli, più noto come autore del porcellum, la legge elettorale giudicata successivamente e a danni fatti  incostituzionale che solo per il nome attribuitole dallo stesso autore ha fatto sganasciare il mondo e ridotto questo paese ad una landa ingovernabile; calderoli, quello della maglietta anti islam costata la vita a undici persone durante la protesta e gli scontri davanti all’ambasciata italiana a Bengasi e che è ancora e incredibilmente in parlamento.
La Finocchiaro non si vergogna a mettersi sottobraccio a calderoli della lega ladra, razzista, fascista, omofoba per confezionare l’ennesimo provvedimento salvachiappe eccellenti e delinquenti dei politici italiani.
La Finocchiaro non prova nessun imbarazzo ad accostare le sue generalità a quelle di calderoli che insieme alla lega solo qualche giorno fa ha presentato in parlamento l’emendamento per la responsabilità civile dei giudici, il vero problema di questo paese, non i politici delinquenti che anche il pd si tiene e si è tenuto volentieri in casa.
Il partito democratico, quello dei vorrei ma non posso; che voleva Rodotà al Quirinale ma poi ci ha rimesso Napolitano, che è contro la guerra ma poi compra gli F35, il partito del bene comune ma che poi quando vota in parlamento lo fa per il bene di qualcuno, ad esempio le banche.
Il partito democratico, quello dell’opposizione rigida a berlusconi ma poi se lo tiene caro anche da pregiudicato perché come c’insegna Maria Elena forza Italia ha milioni di elettori.
Il partito democratico, quello di Renzi, del daspo ai politici che rubano e corrompono ma poi non trova niente di strano e di sbagliato nel far sedere al tavolo della politica il più ladro e corruttore di tutti.
Anna Finocchiaro, ex magistrato, che non trova niente di strano e di sbagliato, né pensa che sia il caso di vergognarsene nel mettere la firma ad una legge che vuole trasformare in innocenti e impunibili più di quanto lo siano già anche i colpevoli in spregio e sfregio dell’articolo 3 della Costituzione.

Anna Finocchiaro: quella del bacio e dei complimenti a schifani, e forse di lei bastava scrivere solo questo.

 

Immunità Senato, a pensar male si fa peccato

berlusconi continua a dettare l’agenda politica al capitolo che più gli interessa, ovvero la giustizia, e a Renzi questo va benissimo perché con l’appoggio di b. potrà fare le riforme , compresa quell’immunità che non interessa solo al partito del delinquente incallito ma un po’ a tutti, considerati i recenti fatti di tangenti e corruzione al pd un po’ tanto.
Un bel modo di fare politica, mai visto peraltro, non c’è che dire.
E meno male che Renzi è il nuovo che avanza.

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Anna Finocchiaro smentisce il governo
“Su immunità sapeva ed era d’accordo”

Il tentativo di rendere impunibili i reati dei politici che nella totalità dei casi attuali non sono reati attinenti al ruolo, l’articolo 68 era stato pensato per questo, non certo per proteggere il politico connivente con mafie e criminalità, quello che corrompe giudici per appropriarsi di una casa editrice [uno a caso: il solito] è il paletto che inchioda il parlamento da una ventina d’anni, anche qualcosina di più.
Tentativi che si sono ripetuti non solo coi governi di berlusconi che è stato il diretto interessato più interessato di tutti ma anche col sobrio governo dei tecnici eleganti che, per mezzo dell’ex ministra Severino che di mestiere fa l’avvocato e che si è onorata di difendere quei galantuomini dei Riva proprietari del velenificio autorizzato dallo stato che è l’Ilva, confezionò una ridicola legge anticorruzione perché ce lo chiedeva l’Europa, che però chiedeva una legge seria e che scoraggiasse davvero il reato che, insieme all’evasione è quello che più di tutti danneggia la collettività. Perché se dove devono guadagnare in due poi si deve trovare il modo di far guadagnare più gente, quella che “agevola”, è chiaro che nella sfera del pubblico chi ci rimette poi sono i soliti stronzi, ovvero noi.
Arrivare all’oggi, al governo del globetrotter toscano, quello che aveva promesso di sbaragliare tutte le vecchie abitudine della politica, perlopiù le pessime e rendersi conto che l’autosalvataggio della casta è ancora il primo problema della politica significa una cosa semplicissima; che ai piani alti non interessa rinnovare per cambiare ma solo per continuare e perpetuare il sistema che ha ridotto l’Italia a brandelli.
E il fatto che la ministra Boschi ci tenga così tanto a ribadire che la vera alleanza del partito democratico è quella con forza Italia perché berlusconi porta i voti, come se la politica fosse una questione di alleanze e non di serietà, di rinnovamento vero, di restituire fiducia alla gente evitando di mischiarla con la solita delinquenza, quella di prima, quella di sempre, sempre quella, è solo una conferma in più delle cose che in tanti abbiamo scritto in questi mesi.
Mentre il papa scomunica i mafiosi, in parlamento si fanno alleanze con l’amico dei mafiosi.
E nessuno, a parte le solite eccezioni, fa un fiato.

Il Patto di San Vittore – Marco Travaglio, 22 giugno

Finalmente se ne sono accorti. Pidini, forzisti e leghisti, curvi da mesi sul sacro incunabolo della cosiddetta riforma del Senato, si erano dimenticati di dare l’immunità ai nuovi senatori. Ora hanno provveduto: anche i nuovi inquilini di Palazzo Madama, pur non essendo più eletti, non potranno essere né arrestati né perquisiti né intercettati senza il loro assenso preventivo. È l’unica novità di rilievo dell’ultimo testo partorito dal trust di cervelli formato Boschi-Romani-Calderoli, oltre alla riduzione dei senatori da 148 a 100 (5 nominati dal Quirinale e 95 dalle Regioni, di cui 74 fra i consiglieri regionali e 21 fra i sindaci). Restano le assurdità più assurde: saranno abolite le elezioni; i senatori non conteranno nulla nella formazione delle leggi e non voteranno la fiducia al governo (infatti lavoreranno gratis); dovranno dividersi fra le amministrazioni locali e l’impegno romano (un dopolavoro non pagato, ma ben spesato); e dureranno in carica quanto le giunte regionali e comunali di provenienza (dove si vota in ordine sparso, così ogni anno qualche senatore perderà il posto e il Senato diventerà un albergo a ore, con maggioranze e minoranze affidate al caso, anzi al caos).

Finora l’immunità-impunità veniva giustificata in due modi: il Parlamento è lo specchio del Paese che lo esprime, dunque gli italiani, se non vogliono un inquisito a rappresentarli, possono non votare per lui o per il partito che l’ha candidato; il plenum dell’aula non può essere intaccato da un giudice che nessuno ha eletto. Ora anche il senatore sarà un tizio che nessuno avrà eletto (o meglio, sarà eletto per fare il sindaco o il consigliere regionale, non per fare il senatore). E il plenum del Senato sarà continuamente intaccato dalla caduta di questa o quella giunta comunale o regionale. Dunque, in linea di principio, non si vede perché un sindaco o un consigliere regionale eletto senza alcuna immunità debba riceverla in dono soltanto perchè il suo consiglio regionale l’ha promosso a senatore. Ma, nel paese dei ladri, si comprano e si vendono anche i princìpi. Specie se chi, come Renzi, proclama ai quattro venti di voler cacciare i ladri si ostina a riformare la Costituzione con il partito dei ladri (che però – osserva l’astuta Boschi – “rappresenta milioni di cittadini”). 

   Attualmente 17 giunte regionali su 20 sono sotto inchiesta o già sotto processo per le ruberie sui rimborsi pubblici, per un totale di 300 consiglieri inquisiti. E i sindaci indagati non si contano. Se fosse già in vigore la riforma del Senato, anche se volessero, i consigli regionali non riuscirebbero a nominare 95 consiglieri e sindaci intonsi da accuse penali. Ma lo capiscono tutti che la prospettiva di agguantare l’immunità sarà talmente allettante da diventare l’unico criterio di selezione per la carica gratuita di senatore: non appena un consigliere regionale o un sindaco avrà la sventura di finire nei guai con la giustizia, i colleghi – che poi sovente sono i suoi complici – lo spediranno in Senato per salvarlo dalla galera, dalle intercettazioni e dalle perquisizioni. Se no poi magari parla o si fa beccare con il sorcio in bocca. E la cosiddetta Camera Alta del Parlamento diventerà, ancor più di oggi, quel che erano i conventi e le chiese nel Medioevo: un rifugio per manigoldi. Se Giorgio Orsoni, per dire, non avesse commesso l’imprudenza di confessare, accusare il Pd, patteggiare e farsi scaricare da Renzi, ma avesse continuato a negare tutto in attesa del processo, sarebbe ancora sindaco di Venezia, con ottime speranze di farsi nominare senatore dal nuovo consiglio regionale a maggioranza Pd in cambio del suo silenzio.

   Ora però, prima del voto di luglio, alla Grande Riforma mancano alcuni dettagli da concordare con Forza Italia. E B. rischia l’arresto per gli ultimi delirii in tribunale. Sarebbe davvero seccante se Renzi, per rinnovare il patto del Nazareno, dovesse raggiungerlo nel parlatorio di San Vittore e comunicare con il detenuto costituente al citofono, attraverso il vetro antiproiettile, come Genny e donna Imma con don Pietro Savastano. Non c’è un minuto da perdere.

 

Costituzione ad orologeria

Sottotitolo: tra i molti nefasti effetti della proposta Finocchiaro-Zanda c’è che ora, nella marmellata mediatica, vengono messi sullo stesso piano la applicazione di una legge del 1957 a un individuo che l’ha da sempre violata e la creazione di una legge del tutto nuova che impedirebbe la rappresentanza a interi movimenti che non hanno mai violato niente.

In pratica, si mettono sullo stesso piano un atto giuridico dovuto ma ignorato per interesse politico e una proposta politica inedita e al limite della costituzionalità.

Probabilmente l’obiettivo è confondere tutti per poi fare “pari e patta” tra due cose che non c’entrano nulla tra loro: e quindi, semplicemente, non applicare una legge dello Stato, di nuovo.

Un po’ come se si proponesse di aumentare le tasse agli idraulici, ad esempio, per poi dire: va beh, non aumentiamo le tasse agli idraulici, ma in cambio non applichiamo la legge al signor Sempronio. Che non fa l’idraulico, però le tasse le evade da vent’anni.  Nel giro di due mesi il Pd è passato dall’ipotesi di votare per l’ineleggibilità di Berlusconi a quella di stabilire l’ineleggibilità del M5S. Prossimo passo: una legge sul conflitto d’interessi di Grillo, tipo vietare le forze politiche create da comici. [Alessandro Gilioli]

Il Pd presenta una legge anti 5 stelle

Grillo: “Se passa noi ritireremo le liste”

Il testo di Zanda e Finocchiaro prevede lo stop a movimenti senza uno statuto pubblicato in Gazzetta
Ufficiale. La replica: “Avranno responsabilità delle conseguenze. Non diventeremo mai un partito”.

Il tempismo col quale solo adesso si pensa alla regolamentazione della democrazia interna ai partiti fa pensare. 
E il fatto che lo chieda il pd insospettisce, sembra quasi che lo faccia per trarne un vantaggio nel suo momento peggiore.
E ancora di più fa pensare il fatto che altre leggi costituzionali siano state invece furbescamente ignorate per quasi vent’anni, quelle non erano urgenti, non servivano evidentemente a ripristinare non solo la democrazia interna ai partiti ma proprio la democrazia interna a tutto il paese.
Le regole sono belle, ma chi solo oggi ne chiede il rispetto e l’applicazione le avrebbe dovute rispettare per primo; così no, non sono credibili.

Sull’ineleggibilità di b nemmeno due parole a titolo di parere personale, il segretario traghettatore Epifani ci fa sapere che “non è una questione di sì o no”,  ché non sia mai qualcuno s’incazzasse e alzasse la voce com’è successo due giorni fa; sul conflitto d’interessi silenzio tombale per diciotto anni, ché toccare gli interessi di b significherebbe dover mettere le mani e la legge anche su quelli di altri.
La priorità del pd che, voglio ricordare, fa parte del governo di responsabilità, di quelle larghe intese necessarie a risolvere il momento drammatico del paese, per decisione degl’insigni e raffinati costituzionalisti Zanda e Finocchiaro è tentare di togliere la rappresentanza politica in parlamento a chi  è stato scelto da nove milioni di persone.
Di rispettare e mettere in pratica almeno gli articoli 1, 3, 54 e 111 manco a parlarne.
Il pd potrebbe, tanto per dare prova di essere al di sopra di ogni sospetto,  spiegare il perché  dei 2399 immobili ereditati dai ds e affidati a fondazioni private come ci ha raccontato Report domenica sera.  La politica costa, dicono tutti, i soldi servono perché altrimenti fare politica diventa un’esclusiva d’élite riservata a chi ha i soldi [come se negli ultimi vent’anni l’avessero fatta i diseredati del paese].

 2399 immobili servono a sostenere i costi della politica? chiedo.
Poi parliamo di trasparenza, ché la Gabanelli non è mica brava solo se cazzia i 5s.

La sinistra prima e il centrosinistra poi non hanno mai avuto l’ossessione per berlusconi quanta invece dimostrano di averne per i 5s.

Ed è questo il punto da cui partire per fare ogni tipo di riflessione.
Se non si fa questa considerazione non si è completamente onesti intellettualmente.

Hanno avuto diciotto anni di tempo per studiare una strategia di contrasto facilissima da applicare semplicemente rispettando le leggi che c’erano, con buona pace del direttore della fu Unità che oggi si schermisce dicendo che sì, va bene, però la gente ha votato berlusconi e oggi sarebbe disdicevole dire a tutta quella gente che per diciotto anni ha votato per un impostore, un abusivo, e, least but not last uno a cui piace infrangere la legge e non rispondere delle sue azioni. Che poi è l’unico motivo per cui è dovuto scendere in campo per il bene del paese e cioè il suo.

E sarebbe ancora più complicato spiegare che se l’impostore abusivo è lì è perché qualcuno nella politica ha voluto che ci fosse ignorando, appunto e di proposito, la legge che glielo impediva.

E una politica seria, onesta, che avesse agito nel rispetto di quella Costituzione dove tutto era già scritto avrebbe fatto quello che si doveva fare prima, molto prima.
La Finocchiaro e Zanda che solo oggi si ricordano della Costituzione a proposito di Grillo e non di berlusconi non sono solo politicamente disonesti ma anche un bel po’ patetici.

L’Epifania
di Marco Travaglio, 21 maggio

Domani la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera deve votare pro o contro l’immunità-impunità per B. in quattro processi, uno penale e tre civili, nati da altrettante denunce presentate da persone da lui infangate nella scorsa legislatura, quand’era ancora deputato. E la prossima settimana si riunirà finalmente la giunta per le elezioni del Senato per decidere sulla eleggibilità o meno di decine di neosenatori sui quali gravano diversi profili di incompatibilità, fra cui B., titolare con Mediaset delle concessioni televisive pubbliche e dunque ineleggibile in base alla legge 361/1957. In tutte le votazioni il Pd è decisivo: alla Camera, perché con Sel ha la maggioranza assoluta grazie al premio-Porcellum; al Senato, perché è il gruppo più rappresentato e, pur non arrivando alla maggioranza, può ampiamente superarla con i 5Stelle, che han già annunciato il loro voto per l’ineleggibilità di B. Dunque, entro una decina di giorni, se il Pd farà ciò che si aspettano i suoi elettori, il Parlamento darà il via libera ad altri quattro processi a B. e lo caccerà dal Parlamento dove siede abusivamente da vent’anni. Non si tratta di atti ostili o eversivi, ma semplicemente di applicare le leggi dello Stato: l’insindacabilità parlamentare vale per i voti dati e le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, non per gli insulti e le diffamazioni sparsi in giro per l’Italia (la Consulta l’ha stabilito un’infinità di volte); e l’ineleggibilità non è un’opinione, ma una condizione oggettiva fissata da una legge di 56 anni fa, quando B. andava all’università (e studiava legge!). Eppure si apprende dai giornali che, nell’un caso e nell’altro, il Pd potrebbe votare a favore di B. e contro la legge. Urge un chiarimento netto dal neosegretario Epifani, ma anche dal premier Letta a proposito degli “accordi di governo” evocati a ogni pie’ sospinto dal Pdl e ignoti agli elettori. Sarebbe ben strano se vi fossero comprese questioni di legalità e democrazia, di esclusiva competenza parlamentare. Ma se qualcuno, confondendo i ruoli, ha preso impegni in tal senso farebbe bene a mettere tutte le carte in tavola. Onde evitare che gli elettori ne scoprano via via una al giorno: oggi l’impegno a votare l’imputato Formigoni a presidente della commissione Agricoltura; ora la promessa di mandare Nitto Palma al vertice della commissione Giustizia (con la furbata di chiedere a Monti di votarlo insieme al Pdl, per potersi astenere e fingere dinanzi agli elettori di aver fatto di tutto per impedirlo). Il Pd ha promesso a B. di bloccare i suoi processi per diffamazione e le sue cause civili per danni? Il Pd ha promesso di dichiararlo eleggibile anche se tutti sanno e dicono (D’Alema, Bersani, Zanda e Migliavacca) che non lo è? Se sì, lo dica e spieghi perché. Gli elettori se ne faranno una ragione e decideranno di conseguenza alle prossime elezioni. Ciò che è intollerabile è il balletto delle bugie e delle ipocrisie. Zanda che ribadisce l’ineleggibilità di B., ma “a titolo personale” (è capogruppo al Senato!), anche perché “io in giunta non ci sono”. Il tartufo Fioroni che filosofeggia: “L’ineleggibilità non è nel programma approvato dalle Camere” (già: da quelle Camere formate anche da eletti ineleggibili, visto che la giunta per le elezioni è bloccata da tre mesi; e poi che c’entra il governo col voto del Parlamento sulla legalità della sua composizione?). Il direttore dell’Unità Claudio Sardo che scrive, restando serio: “Restiamo convinti che la legge 361/1957 escluda l’eleggibilità del proprietario di un’azienda concessionaria dello Stato. Ma è evidente che una maggioranza politica non potrebbe oggi, senza esercitare violenza ai danni di tanti elettori, ribaltare il giudizio già espresso in sei legislature consecutive”. Come dire che, siccome un serial killer ha ucciso sei persone e l’ha fatta franca, se ne ammazza una settima non si può arrestarlo: sarebbe una violenza ai danni dei suoi complici.

Di Corona mi piace solo quella conservata al fresco

Sottotitoli e preamboli vari: 

Elezioni 2013, Berlusconi vuole un patto col Pd per salvare se stesso e le aziende. [Il Fatto Quotidiano]

Ma voglio dire:  dategliela ‘sta garanzia. Una più una meno, tanto sono vent’anni che gli vengono date garanzie, vero d’alema, veltroni, fassino, violante, prodi? poi magari stavolta potreste stupirci con qualche effetto speciale, chessò, rimangiarvi la parola, usare lo stesso metodo b., quello della dichiarazione con la smentita incorporata. Se lo fa lui e funziona perché non dovrebbe funzionare anche a parti inverse? 

Come nella fiaba del lupo e dell’agnello la Lega denuncia il blogger Daniele Sensi

Da anni il blogger Daniele Sensi registra le frasi razziste degli esponenti del Carroccio su Radio Padania e in Rete. Un lavoro prezioso e scomodo. Ora cercano di intimidirlo portandolo in tribunale. Come racconta lui stesso.

Ho la sensazione che per Daniele non ci sarà nessuna intercessione del nostro amatissimo presidente della repubblica: lui si commuove solo per i diffamatori veri.

Mps, altolà di Napolitano: “Ho piena fiducia nella Banca d’Italia”

In un paese normale il presidente della repubblica non spenderebbe parole di stima per le banche né per quei partiti che si sono resi complici del fallimento dello stato, da Alitalia a Ilva, fino ad arrivare a MPS, dovrebbe stare dalla parte dei cittadini truffati due volte, la prima quando si sono fidati delle banche e la seconda quando i loro soldi delle tasse sono stati usati non per il bene comune ma per il salvataggio di chi si è dimostrato incapace di tutelare i risparmi e i sacrifici di tanta gente onesta.
Dopo appena quattro giorni i pagamenti dell’IMU sono stati trasferiti nelle casse di MPS, nemmeno il tempo di farli freddare.

E, sempre in un paese normale il nemico di tutti quelli che vogliono davvero il bene comune sarebbe Mario Monti e a seguire chi ha condiviso e sostenuto la politica di Monti ed è disposto a farlo ancora, non certo Beppe Grillo e nemmeno Antonio Ingroia.

Ma purtroppo è solo la solita Italia sciagurata, quella che pur di non combattere i nemici veri s’inventa quelli falsi.

Scrive l’amico Jo Monaciello sulla sua pagina di facebook:  “Abbiamo perso il piacere di essere compatti. Se Corona va in galera e tu esulti c’è sempre quello che ti viene a dire “ma in fondo che ha fatto di peggio dei politici?”. Se il PDL fa fuori Cosentino e tu esulti, c’è sempre quello che sostiene “perché lui fuori e Scilipoti dentro?” o, come Pannella, dice “Nicola tu sei il nuovo Enzo Tortora”. Se correggi l’italiano di qualcuno, c’è sempre quello che ti dice che sono fesserie rispetto agli errori in altri campi. Lasciate che vi dica una cosa: Corona è figlio di questa società, se non paga lui non comincia a pagare la società, anzi implicitamente ammettiamo che ci sta bene così. Se non comincia ad andare via Cosentino, altro che Scilipoti, ci ritroveremo il peggio del peggio (come è stato finora) perché sembrerà possibile. Se uno non conosce la lingua italiana, significa che non legge e se non legge significa che non sa e se non sa significa che quel che dice glielo dice qualcuno e finisce che allora il tipo che non sa leggere, non sa ed è ignorante pensa che sia giusto stuprare un’ebrea ed appicciare il negozio dell’orefice/ricettatore al quale vende le cullanelle che ha scippato quando non sta a casa Pound.”

Anch’io lo dico e lo scrivo da giorni: pensare che ci siano cose di rilevanza minore in fatto di giustizia fa parte di quel benaltrismo dannoso, incivile, tipicamente italiano che poi non consente, perché la gente non imparerà mai a pretenderlo, che la giustizia si applichi anche ai piani alti.

Se in galera non ci vanno i  berlusconi, i dell’utri, i cosentino e tutta l’orrenda compagnia dei delinquenti di stato che si fa, non ci mandiamo più nessuno? tutta la delinquenza e la criminalità perdonata in virtù del fatto che un parlamento INTERO in questi ultimi vent’anni ha lavorato incessantemente affinché la giustizia, come ha ben detto Ingroia ieri sera, diventasse una questione di classe, di chi si può permettere le avvocature eccellenti, quelle che spacciano le prescrizioni per assoluzioni?

Mò ci dobbiamo commuovere pure per corona? ma che vada a quel paese, lui e chi lo ha inventato; il cialtrone fuorilegge è un altro ottimo prodotto della televisione dei deficienti, quella targata maria de filippi che secondo me dovrebbe [sempre] essere accusata e processata per crimini contro l’umanità al pari di chi ha disgregato economicamente questo paese.

Questo fatto che perché in galera non ci vanno le ‘eccellenze’ allora non è giusto essere troppo severi coi criminali comuni è il risultato della distorsione mediatica a cui viene sottoposto ogni giorno questo paese dove sono in pochissimi a dire che se le eccellenze in galera non ci vanno è grazie al fatto che sono sempre loro, i medesimi che sono a confezionarsi leggi per non andarci, e che nei paesi normali in galera ci vanno il dirigente, il politico corrotto e corruttore, così come il delinquentello di strada.

E che non è affatto semplicistico pensare che a molta gente piacerebbe tanto che anche l’Italia diventasse finalmente un paese normale dove non fa notizia che un estorsore, un ricattatore venga trattato come si merita. In attesa che anche i manager, i politici, i dirigenti disonesti subiscano la stessa sorte così come avviene nei paesi civili.

Avevamo una banca
Marco Travaglio, 25 gennaio

Come in ogni scandalo, anche nel caso Montepaschi nessuno può dire “Io non c’entro”(tranne un paio di leader appena nati). Bankitalia si difende così: “Siamo stati ingannati”. Ma Bankitalia è lì proprio per evitare di essere ingannata, e soprattutto per evitare che siano ingannati i soci, i risparmiatori e i cittadini. L’alibi dell’inganno non vale: sarebbe come se un poliziotto si lasciasse scappare un ladro e si giustificasse col fatto che non s’è costituito. I ladri questo fanno: non si costituiscono. Perciò esistono i poliziotti: per prenderli. Sulla Consob è inutile sprecare parole: l’ex presidente
Cardia aveva il figlio consulente di una banca da controllare, la Popolare di Lodi dell’ottimo Fiorani, infatti controllò pochino; e il presidente Vegas, ex sottosegretario e deputato Pdl, seguitò a votare per il governo B. anche dopo la nomina in Consob. Ora il Pdl cavalca lo scandalo della banca rossa, ma dovrebbe ricordare l’estate dei furbetti, quando stava con Fiorani e Fazio assieme alla Lega (rapita dal “banchiere padano” e soprattutto dal salvatore di Credieuronord); o il crac del Credito cooperativo fiorentino di Verdini; o l’uso della Bpm di Ponzellini come bancomat per amici degli amici.
Casini, sul Monte dei Fiaschi, dovrebbe chiedere notizie al suocero Caltagirone, fino a un anno fa vice di Mussari. E Monti al suo candidato Alfredo Monaci, ex Cda della banca senese nell’èra Mussari. I vertici del Pd fanno i pesci in barile, ma sono anni che appena vedono un banchiere si sciolgono in adorazione. O diventano essi stessi banchieri, come Chiamparino al San Paolo. “Noi — dichiara quel buontempone di D’Alema — Mussari l’abbiamo cambiato un anno fa”. Frase che cozza con quella di Bersani: “Il Pd con le banche non c’entra”. Ma se ha “cambiato” Mussari, vuol dire che il Pd c’entra: anzi, l’aveva proprio messo lì. Casualmente negli ultimi 10 anni Mps ha versato 683 mila euro nelle casse del Pd senese. Un po’ come i Riva dell’Ilva, che foraggiavano la campagna elettorale di Bersani. La questione penale non c’entra, quella morale nemmeno. Semplicemente riesplode l’irrisolto problema del rapporto politica-affari: nessun grande partito può chiamarsi fuori. Tantomeno il Pd: si attendono ancora smentite alla deposizione di Antonio Fazio, che 6 anni fa raccontò ai pm milanesi di quando, nel 2004, Fassino e Bersani si presentano da lui in Bankitalia per raccomandargli la fusione tra Montepaschi e Bnl. Il progetto tramontò, ma quando l’anno seguente il Banco di Bilbao tentò di acquistare Bnl, l’Unipol d’intesa col vertice Ds organizzò una controcordata per sbarrargli la strada. Fassino a Consorte: “Allora, siamo padroni di una banca?”.
D’Alema: “Evvai, Gianni!”. Intanto Bersani difendeva Consorte, Fazio e Fiorani già indagati: “Per Fazio andarsene ora sarebbe cedere a una confusa canea”, “Fiorani è un banchiere molto dinamico, sveglio, attivo, capace”. Soprattutto a derubare i suoi correntisti. Del resto Bersani aveva messo lo zampino anche in altre memorabili operazioni finanziarie. Tipo la scalata a debito dei “capitani coraggiosi” Colaninno
& C. alla Telecom (1999). E l’affare milanese dell’autostrada Serravalle. Fu proprio Bersani a far incontrare il costruttore Gavio col fido Penati, presidente della Provincia. Intercettazione del 30.6.2004: “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… e di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ‘Quando vi vedrete, troverete un modo…'”. L’incontro aumma aumma avviene, poi la Provincia acquista le quote di Gavio nella Serravalle a prezzi folli e Gavio gira la plusvalenza alla cordata Unipol per Bnl.
A che titolo Bersani si occupa da 15 anni di banche, autostrade e compagnie telefoniche non da arbitro, ma da giocatore? Finché i silenzi e i “non c’entro” sostituiranno le risposte, possibilmente convincenti, tutti saranno autorizzati a sospettare.
Altro che “Italia giusta”.

Marco Travaglio parla degli impresentabili: “Il Pdl ha fatto fuori solo quelli famosi. Il Cavaliere si è salvato perché fuori concorso. Il problema era spiegare agli altri perché erano impresentabili. Su Cosentino, Berlusconi ha detto che la colpa era dei magistrati”. Travaglio, successivamente, elenca i reati dei circa cinquanta impresentabili della coalizione di centrodestra, PdL, Lega e MpA, degli indagati della coalizione di centro e degli otto impresentabili del Partito Democratico.

 

Autorità [di controllati e controllori]

Sottotitolo: «La Bbc non mi piace ma non ci posso fare niente» (Margareth Thatcher)

Preambolo:  secondo la legge i commissari delle varie autorità  devono essere autonomi e indipendenti.  E, soprattutto, competenti.

Morale: dopo ogni puntata di Report viene voglia di espatriare, senza fare nemmeno le valigie,  per non portarsi via nemmeno un granello di polvere proveniente da questo paese.

Report – I Garanti del 07/10/2012

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Le authority sono gli organi indipendenti che regolano il mercato.

Come stanno vigilando sulla più grande operazione europea di fusione tra due compagnie di assicurazione, Fondiaria Sai di Ligresti e Unipol di LegaCoop?

I segretari comunali in Italia sono circa 3.000. Dai piccoli comuni alle grandi città tutti devono averne uno. Sono i più importanti dirigenti comunali e il loro ruolo principale è controllare che i provvedimenti varati dalla giunta siano conformi alle leggi. Il loro stipendio è a carico del comune e in molti casi raggiunge cifre così sproporzionate da farli apparire una vera e propria casta. A Camugnano, un piccolo paese di duemila abitanti in provincia di Bologna sommando stipendio base, indennità e rimborsi, il segretario comunale alla fine costa quasi 110 mila euro all’anno. E simile è la situazione in tanti altri comuni. Fino a raggiungere cifre da capogiro, come a Como: il suo segretario nel 2011 ha dichiarato 234mila euro, il doppio dello stipendio base del capo dell’FBI. In tutto gli stipendi dei segretari costano all’amministrazione ogni anno tra i 150 e i 200 milioni di euro, mentre l’agenzia che gestisce il loro albo, sebbene soppressa, continua a costare ogni anni decine di milioni allo Stato.

In Inghilterra  l’interferenza dei governi, e dunque della politica sulla scelta delle varie authority di controllo  significherebbe “un grave danno di immagine”.

E quindi, semplicemente, non interferiscono per non danneggiare – appunto – la loro immagine.
Perché da noi no?
Perché da noi la politica, tutta, e i governi, tutti, non solo interferiscono ma scelgono e propongono ma più che altro impongono direttamente chi dovrà occuparsi di garanzie ed essere quindi imparziale ma che per ovvii motivi di conflitto di interessi [parlando con pardon] non potrà mai essere né garante e né imparziale?

Dopo aver visto l’ennesima puntata voltastomaco di Report ci vorrà un coraggio da leoni alle prossime elezioni [eventuali, ormai siamo nell’ambito infinito delle ipotesi anche per quel che riguarda proprio l’abc della democrazia] a votare per questa politica amica o conoscente assai stretta delle varie cricche che poi infila in ogni dove,  di amici, parenti e conoscenti o semplicemente di persone funzionali al progetto di chi non vuole civilizzare l’Italia né renderla un paese semplicemente normale,  gente  che poi va, per volere della politica, dunque non potendo poi  fare gli interessi dei cittadini che dovrebbero essere tutelati,  a comporre gli istituti di controllo di tutto quello che è proprio e invece il fondamento della democrazia quali sono appunto gli organi che poi devono, dovrebbero anzi, occuparsi di come viene regolato il cosiddetto ‘mercato’, persone chiamate a ideare e realizzare  le regole e che poi devono vigilare affinché vengano poi rispettate in un mercato che dovrebbe, anzi deve essere trasparente, non qualcosa entro cui nascondere e tutelare invece  gl’interessi  privati di chi gestisce quel mercato.

C’è un interrogativo che dovrebbe battere in testa a tutti come un’ossessione, qualcosa che tutti dovremmo ripeterci tutti i giorni come un mantra: perché tutto quello che in altri paesi è semplicemente un’operazione di civiltà democratica qui da noi diventa invece e puntualmente un esercizio di malaffare, di inciuci sottobanco ma che poi mostrano irregolarità così manifeste e palesi  che dovrebbero far resuscitare pure i morti dall’indignazione,  incentivati, promossi, approvati e condivisi perché VOLUTI da chi dovrebbe fare in modo che accada l’esatto contrario ma che invece lavora attivamente affinché lo schifo rimanga schifo e anche un po’ di più.
Per dirla con un esempio che capirebbe anche un bambino di cinque anni, come fa la moglie di Bruno Vespa, dottoressa Iannini di professione magistrato nominata nientemeno che garante della privacy dal governissimo che fa benissimo, a sorvegliare sulle trasmissioni di suo marito?  come fa a controllare che suo marito durante ogni puntata di porta a porta rispetti davvero le regole, così come vorrebbero le regole?
 Perché tutto quello che oltre gl’italici confini è semplicemente normale e quindi si fa, qui da noi è invece impossibile e dunque NON si fa?
E chissà per quale motivo il molto onorevole indagato Corrado Passera si è rifiutato di rispondere alla Gabanelli sebbene lui fosse il ministro più interessato di tutti rispetto all’argomento di cui trattava Report ieri sera.
Per quale motivo in un paese democratico [?] un ministro si può sottrarre, rifiutarsi  di rispondere alle domande di una trasmissione d’inchiesta ben fatta, che non racconta balle, che fa davvero servizio pubblico [incredibilmente proprio nella tv pubblica, quella pagata coi soldi di tutti, non quindi la dependance di una classe politica inguardabile e indecente] e che quindi merita rispetto.
Lo stesso rispetto che poi esigono e pretendono quelle che qualcuno definisce inopinatamente “istituzioni”.
Di cosa e chi non è dato sapere.
27 aprile 2012:  dicono che i partiti sono morti ma dall’appettito che hanno sembrano vivissimi come nel racconto di Edgar Allan Poe dove il cadavere apparente gratta da dentro la bara. Infatti continuano a lottizzare tutto, perfino le Autorità indipendenti che essendo indipendenti non dovrebbero avere niente a che fare con i partiti. Tanto tutti li credono morti e si preparano alla prossima abbuffata.
Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti.
Michele Santoro racconta Antonio Martusciello.

Il conflitto è risolto: sono rimasti solo gl’interessi

Quindi le nomine delle mitiche Authority ‘indipendenti’ si sono inesorabilmente risolte in un indecente piazzamento di uomini di Mediaset-Pdl, uomini di D’Alema e Veltroni e uomini dell’Udc (ah sì, c’è pure la quota Lega, ci mancherebbe).

I parlamentari dei quattro partiti in questione – con pochissime eccezioni – hanno obbedientemente votato come da accordi dei leader che li hanno nominati.

Altre idee per fare arrivare Grillo al 51 per cento?

[Alessandro Gilioli]

Ma naturalmente il problema di questo paese, il nemico da abbattere è l’antipolitica e il populismo  di Grillo; io invece spero con tutto il cuore  che il movimento dei cinque stelle travolga questo porcilaio. In maniera rigorosamente bipartisan.

Questo è uno scempio legale che Napolitano firmerà come ha fatto la volta scorsa, e due secondi dopo lancerà il consueto conato di monito sull’importanza dei partiti e il contrasto ad ogni tipo di demagogia e populismo.

Garante privacy e Agcom: addio trasparenza, candidati tutti scelti dai partiti

Privacy e Agcom, nominati Bianchi Clerici e Soro. Riconfermato Martusciello

Secondo la legge i commissari dell’autorità per le telecomunicazioni devono essere autonomi e indipendenti. L’amministratore delegato di Sky Italia è stato l’unico a protestare pubblicamente. [Forse perché è neozelandese?]
Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha ratificato la nomina di Martusciello con la sua firma.

Agcommedia all’italiana – Marco Travaglio – 6 giugno
Chiamiamo le cose col loro nome: i maneggi per nominare i cinque nuovi commissari dell’Agcom e i quattro della Privacy sono il più vergognoso assalto alla diligenza mai visto nella già ignobile storia dell’italica lottizzazione partitocratica. Caduto anche l’ultimo velo dell’ipocrisia che — diceva La Rochefoucauld — “è la tassa che il vizio paga alla virtù”, i partiti (tutti, eccetto Idv e radicali) mettono le mani sulle cosiddette “autorità indipendenti” con metodi, se possibile, ancor più spudorati delle altre volte. Se prima badavano almeno a salvare le forme, scegliendo presidenti e alcuni commissari di “area ” ma dotati di un minimo di competenza (il prodiano Pizzetti alla Privacy, il berlusconiano Calabrò all’Agcom con i prof. Sortino e D’Angelo), stavolta impongono personaggi quasi tutti di stretta obbedienza. Come se la rivolta degli elettori e il boom di Grillo non li riguardasse. Unica eccezione nella grande abboffata potrebbe essere il prof. Cardani, scelto da Monti nella sua Bocconi, nuova fonte battesimale che consacra la purezza della nuova classe dirigente. Ma si parla anche di Catricalà, quinta colonna di Gianni Letta nel governo Monti, reduce dai trionfi della discarica a Villa Adriana e della controriforma del Csm. Per il resto, dopo giorni di invereconde consultazioni sottobanco fra il pd Franceschini e il pdl Verdini (sì, avete capito bene, Denis Verdini: quello che ha più capi di imputazione che capelli in testa, e dire che di capelli in testa ne ha parecchi), si è deciso che l’Agcom resterà saldamente in mano a Berlusconi. Il Pdl, precipitato nelle urne e nei sondaggi al 17-18%, avrà due commissari su cinque: Martusciello (ex venditore di Publitalia, ex deputato e sottosegretario del governo B., già ora membro dell’Agcom) e Preto (ex capogabinetto di Tajani, poi consulente e coautore di Brunetta, insomma un luminare). Il Pd, dopo aver sollecitato chiunque volesse candidarsi a inviare il curriculum, ne ha ricevuti una novantina e li ha cestinati tutti (compreso quello autorevolissimo di Giovanni Valentini, giornalista esperto di comunicazione, scelto dalle associazioni dei consumatori) per scegliere con finte primarie fra i parlamentari l’uomo di D’Alema: il prof. Decina del Politecnico di Milano, già membro dei Cda Telecom, Italtel e Tiscali, tre società che ricadono sotto il controllo dell’Agcom. Il quinto è tal Posteraro, vicesegretario della Camera, amico di Casini. Così l’Agcom, che dovrà arbitrare partite cruciali come la banda larga, la par condicio per il 2013, il beauty contest, le frequenze e l’auspicata (da B.) fusione Mediaset-Telecom, seguiterà a obbedire a B. In cambio il Pd si contenta del solito piatto di lenticchie, piazzando il suo deputato Soro, di professione dermatologo, alla presidenza della Privacy, in ossequio alla legge che prescrive requisiti di “notoria imparzialità e indipendenza”. Soro si era sacrificato nel 2009, cedendo il posto di capogruppo a Franceschini, trombato alle primarie per la segreteria, e attendeva un congruo risarcimento. Molto imparziale e indipendente anche la prof. Califano, amica della Finocchiaro.
Ma soprattutto la sciura Bianchi Clerici, ex deputata leghista, consigliera della Rai uscente, condannata dalla Corte dei Conti e imputata al Tribunale di Roma per abuso d’ufficio per aver nominato Mocci dg della Rai pur sapendolo incompatibile perché proveniva dall’Agcom. Molto indipendente anche la sora Iannini, indicata per la Privacy dal Pdl, da 11 anni al vertice del ministero della Giustizia con Castelli, Mastella, Alfano e Severino, ma soprattutto moglie di Bruno Vespa, noto cultore della privacy nei teleprocessi di Novi, Cogne, Erba, Garlasco, Rignano, Perugia e Avetrana con plastico incorporato. Ora, casomai qualcuno lamentasse violazioni della privacy a Porta a Porta, se ne occuperà la sua signora.
Con imparzialità e indipendenza, ça va sans dire.