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Sottotitolo: visto che bravo il papa?
Basta aspettare, trecento, quattrocento anni e poi le scuse della chiesa arrivano.
Prima o poi chiederà scusa anche per aver lobotomizzato i tre quarti del pianeta con la balla del “regno dei cieli”. Peccato non poter assistere all’evento storico.

‘Abusi sessuali pesano sulla Chiesa’
Il Papa si scusa per i preti pedofili

Il problema è che adesso TUTTI enfatizzeranno le scuse del papa [a cui si poteva aggiungere la cacciata dell’indegno parroco calabrese, se proprio si voleva dare un segno di credibilità] e NESSUNO metterà invece l’accento su Padoan che ha riconfermato per il vaticano gli sconti comitiva sulle tasse.Mentre le famiglie continuano ad essere strangolate dallo stato, alla chiesa si continuano a concedere i bonus, ma siccome il papa è taaanto buono, basterà che si affacci un’altra volta dalla finestra per dire che la pace è “beela”, la povertà brutta e la guerra ‘nze pò guardà e tutti saranno felici, contenti e coglionati. Come al solito. Chiedere scusa è la cosa più facile da fare. Forse perché è anche una delle più inutili.
Funzionano forse per la forma, ma non per la sostanza, che resta invariata come era prima che arrivassero.

“Scusa” va bene quando qualcuno mi pesta un piede, perché se mi tamponano la macchina già non basta più chiedere scusa: ci vuole una denuncia.
Ovvero, un fatto, un documento che attesti una colpa e che chieda ufficialmente di assumersi la responsabilità del danno.
Le scuse applicate alle grandi colpe poi hanno anche un vago retrogusto di presa in giro.
C’è un sacco di gente che pensa di poter risolvere tutto semplicemente chiedendo scusa.
Ma chi ha avuto la vita rovinata, danneggiata per sempre non ci fa niente con le scuse.
Ci sarebbero i dovuti modi e le giuste maniere per restituire almeno una parte di giustizia a quelle vite, ma tra il dire e il fare non c’è di mezzo solo il mare.

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E’ stato molto più contrastato berlusconi che in una cosa ha ragione e bisogna riconoscergliela:  lui è stato l’ultimo presidente del consiglio scelto per mezzo del voto, poi va bene ci sarebbe ancora da parlare  all’infinito di come, grazie al suo gigantesco conflitto di interessi, sia stato molto facile ottenere ma soprattutto mantenere il suo consenso anche in virtù di quegli italiani così facilmente seducibili.

 Renzi invece non fa così paura, ha la faccia rassicurante del vicino di casa, dell’amico di famiglia, del quarto alla partita di briscola e dunque ha trovato immense praterie su cui poter scorrazzare come gli pare, un posto dove non esistono obblighi né confini. Tutto è concesso e dovuto al globetrotter toscano, e per quello che ancora non ha si sta organizzando per benino. Ma in una democrazia non funziona così, una repubblica democratica non è il frigo bar che tutti possono aprire e prendersi quello che vogliono. Ci sono delle regole che TUTTI sono obbligati a rispettare, in primis quel giuramento che i ministri fanno al momento di accettare il loro incarico che è quello di servire lo stato e i cittadini, non di servirsene per gli affaracci loro: i soliti, legati al mantenimento del potere e dello status quo. E il presidente della repubblica invece di fare il ventriloquo, il suggeritore, dovrebbe ricordarsi che il suo ruolo principale è, sarebbe, quello di farsi garante delle regole democratiche che non prevedono colpetti di stato a ciclo continuo mascherati da legittime azioni democratiche. Colpetti di stato mascherati che sono iniziati una ventina d’anni fa quando all’indegno abusivo, all’impostore elevato poi a delinquente a tutti gli effetti è stato concesso quello che la legge non permetteva ma che a lui, essendo nato più uguale degli altri ma anche molto peggio dei tutti è stato invece concesso. Colpetti di stato che si sono ripetuti con una certa frequenza anche in questi ultimi anni, dal governo di Monti, nominato in fretta e furia senatore da Napolitano,  in barba all’articolo 59 della Costituzione che pretende che i senatori a vita abbiano delle caratteristiche precise che Monti non aveva ancora fatto in tempo a maturare.  Ma Monti  serviva, altrimenti il terrore, la miseria e la morte per tutti, altroché il pelo. Colpetti di stato – ma democratici, s’intende – che si sono ripetuti con la nomina del bel governo delle larghe intese – napolitane –  perché o si faceva così oppure il paese sarebbe andato a finire nel baratro dell’ingovernabilità [ah ah].  Nel mentre, quella legge che ha riempito in questi anni il parlamento, la cosiddetta legge porcellum così definita da colui che l’ha fatta e che di porcate se ne intende, veniva giudicata incostituzionale.  Colpetti di stato a getto continuo che ci hanno portato ai giorni nostri dove a palazzo Chigi siede un signore i cui unici meriti sono stati aver governato una città da sindaco ed aver vinto le primarie del suo partito che però, tutti sanno, o almeno dovrebbero sapere,  non hanno nessuna valenza istituzionale, non riconoscono nessuna autorità a livello nazionale. Altrimenti sarebbe come se un amministratore di condominio potesse andare, in forza di chi l’ha votato, a fare il presidente della repubblica di un paese intero: parrà strano ma il paragone è pertinente. E comunque un suffragio elevato, il fatto che un politico possa ottenere un alto consenso di popolo non lo autorizza ad usarlo quale arma per fare quello che gli pare. Anche se Renzi fosse stato votato in regolari elezioni POLITICHE ottenendo la maggioranza bulgara, e non, invece, salito a palazzo per le solite manovre di palazzo, sarebbe sempre tenuto a rispettare i codici di quella democrazia che ha consentito anche a lui e ad un avanzo di galera di poter mettere piede in parlamento. Mentre, e invece, lui vuole chiudersi nel fortino e far saltare in aria la strada che ce lo ha portato. No, non si può fare. Un paese normale non può ridursi all’ultima spiaggia che si paventa e si minaccia da almeno tre anni per bocca del presidente della repubblica, non dello scemo del villaggio. Un paese, le cui istituzioni non hanno saputo rinnovarsi nemmeno sul piano della decenza ma il cui unico interesse è stato tramandarsela, quell’indecenza, basterebbe andarsi a guardare chi sono uno per uno questi cosiddetti “riformatori”, andrebbe abbattuto come un ecomostro.

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Ognuno si sceglie i suoi. Libertà e Giustizia non riconoscerà mai a Berlusconi Silvio (condannato in via definitiva per frode fiscale), Verdini Denis (indagato per false fatture, mendacio bancario, appalti G8 L’Aquila, associazione a delinquere e abuso d’ufficio), Letta Gianni (indagato dal 2008 per reati di abuso d’ufficio, turbativa d’asta e truffa aggravata, inchiesta poi archiviata nel 2011) il diritto di mettere le loro mani sulla Costituzione nata dalla Resistenza.
Saremo pochi? Saremo gufi? Saremo professoroni e parrucconi? Sempre meglio che complici di questa congrega. [Libertà e Giustizia]

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Quando mussolini andò al potere da dittatore fascista soltanto dodici professori universitari su milleduecentocinquanta [in tutta Italia] rifiutarono di aderire al regime, non giurarono fedeltà al duce perdendo così la loro cattedra.

Forse è la paura di perdere la cattedra che fa tacere molti dei “professori” attuali, quelli che quando era berlusconi a proporre riforme pericolose per la democrazia [ma vantaggiosissime per lui che non si è mai riconosciuto nella democrazia e nella Costituzione però vuole riformare sia l’una che l’altra e qualcuno glielo sta permettendo] lo scrivevano su tutti i muri delle scuole del regno, mentre oggi preferiscono tacere e non disturbare il Grande Progetto di Napolitano e Renzi, con la supervisione del condannato alla galera berlusconi di riportare un po’ di regime in Italia.

Ovvio che parlare di regime senza le squadracce per strada che minacciano risulta esagerato, tutti siamo ancora liberi di poter gestire il nostro tempo, le nostre attività, nessuna “libertà” viene minacciata in solido, ma le dinamiche che poi portano un paese ad essere sottomesso ad una democrazia “autoritaria” sono le stesse con le quali è stato possibile instaurare il regime di mussolini.

In epoche moderne non servono i carri armati nelle piazze per far capire alla gente che qualcosa è cambiato; i cambiamenti si fanno assimilare per mezzo di altri strumenti, più pericolosi in quanto subdoli, che a occhio nudo non si vedono.

Quando non si ascoltano più le voci contrarie, quando la maggior parte della stampa e dell’informazione fa passare per buono, per ottimo tutto quello che si decide nelle segrete stanze, per tacere di quanto ci abbiano terrorizzati tutti quanti sull”ipotesi che l’uomo solo poteva essere Grillo. Evidentemente solo la solitudine di Grillo è fascista, quella di Renzi no, lui è felicemente accompagnato e si vede.

Quando per mesi si continua a ripetere che l’opzione berlusconi era necessaria perché berlusconi è il capo di un partito che porta i voti, mentre in nessuna parte del mondo civile la politica seria prende in considerazione le opinioni [e figuriamoci se gli dà modo e maniera di influire sulle leggi dello stato] di un uomo finito dal punto di vista dei diritti civili, finito per sua scelta, non perché qualcuno gli abbia negato, tolto quei diritti con la violenza. 
Per fare un piccolo esempio pratico, Bossetti, l’uomo accusato di aver ucciso Yara può ancora esercitare il diritto di voto, berlusconi no: però qualcuno, Matteo Renzi col placet di Napolitano ha messo in mano la Costituzione da riformare anche a lui.

Quando un presidente della repubblica da anni [anni!] continua a ripetere la solita filastrocca che “o così o il diluvio”, ritornello applicato prima a Monti, poi a Letta e adesso a Renzi non c’è da stare tranquilli, anche se in molti, naturalmente quelli che stanno collaborando alla “stretta” sulla democrazia applicata alle regole, si affannano a ripeterci tutti i giorni che non c’è nulla da temere.  Come dice  – e dice bene – Antonio Padellaro, “ci stanno fregando”, e se non ce ne accorgiamo nemmeno stavolta significa che questo paese una libertà vera non la merita.

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DIALOGO TRA UN GUFO E IL 40,8% (Antonio Padellaro)

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LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA (Marco Travaglio)

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O no? – Alessandro Gilioli – Piovono rane

Immaginate il governo dei vostri sogni. Quello che secondo voi sarebbe perfetto. Ok?

Immaginate quindi che il capo di questo governo abbia un indice di gradimento popolare altissimo, l’endorsement unisono di tutti i media, l’appoggio entusiasta dei poteri economici e finanziari, un’opposizione in buona parte farlocca e nessuna possibile alternativa di governo alle viste.

Sicché il capo di governo in questione può permettersi di fare il cacchio che vuole senza rispondere a nessuno, perché il Paese si è trasformato in un gregge di belanti yesmen.

Ecco: a fronte di uno scenario del genere – e fermo restando che quello è il governo dei vostri sogni – sareste capaci di vedere che la situazione è patologica, drammaticamente patologica, perché una democrazia sana ha invece bisogno di dialettica, di conflitto, di contrappesi, di un’alternativa sempre possibile?

O no?

(sia chiaro: il riferimento non è solo ai renziani – e quindi la domanda non è posta solo a loro. Vale invece per ciascuno di noi, quale che sia il suo governo ideale; perché oggi Renzi, domani un altro: è più o meno lo stesso, in termini di cultura democratica).

Moniti e distintivo – Marco Travaglio

L’ha fatto ancora. Dopo qualche settimana di astinenza, Napolitano ha monitato di nuovo. E, siccome gli scappava da un bel po’, ha espettorato ben tre moniti in un giorno. Credendosi il re d’Italia, è andato a Redipuglia. E di lì, a 100 anni dalla grande guerra, ha tuonato contro “le guerre e i nazionalismi” (brutti) e a favore dell’“integrazione europea” (bella). Concetti forti, soprattutto nuovi. Poi s’è spostato a Monfalcone e, sempre in marcia verso la scoperta dell’acqua calda, ha rimonitato per strada: “Se non trovano lavoro i giovani, l’Italia è finita”. Perbacco, che originalità. Verrebbe da domandargli dove sia stato lui negli ultimi decenni, essendo entrato in Parlamento appena nel 1953, mentre i governi italiani facevano di tutto per desertificare i posti di lavoro.

O se il Napolitano che firmò ed esaltò la controriforma Fornero che manda gli italiani in pensione a 70 anni, tagliando fuori i giovani dal mercato del lavoro, fosse un suo omonimo. Del resto, c’è un Napolitano che tuona contro le guerre e uno che difende a spada tratta l’acquisto degli F-35 (che notoriamente sganciano mazzi di rose), anche dai cattivoni del Pentagono che osano lasciarli a terra per precauzione. Un Napolitano che “quando il Parlamento delibera, il Presidente tace”. E un Napolitano che ieri – terzo monito – s’impiccia nei tempi (dunque nei modi) della controriforma del Senato . Ma questo è ormai la politica italiana: una supercazzola 24 ore su 24 senz’alcun rapporto con la realtà, con la coerenza, con la decenza. Con B. credevamo di avere raggiunto il record mondiale della balla, ma non avevamo ancora visto all’opera Napo & Renzi: al confronto il Cainano è un dilettante. Tre anni fa giunse la famigerata lettera della Bce che commissariava definitivamente l’Italia, imponendoci inutili sacrifici per decine di miliardi, oltre all’anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013. Fu allora che un certo Matteo Renzi, ancora soltanto sindaco di Firenze, il 26 ottobre 2011 dichiarò all’Ansa: “Mi ritrovo nella lettera della Bce. E non condivido l’atteggiamento prevalente del Pd che invoca l’Europa quando conviene e ne prende le distanze se propone riforme scomode. Rabbrividisco a sentire certe posizioni contro la lettera della Bce lanciate da chi non prenderebbe voti nemmeno nel suo condominio”. Chissà se è lo stesso Renzi che ora, divenuto segretario del Pd e presidente del Consiglio, fa il figo contro “l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri”, contro il rigore in nome della flessibilità e della crescita.

   C’è il Renzi che fa lo splendido con le 12 linee-guida sulla Giustizia e bacchetta il Csm: “Chi nomina non giudica e chi giudica non nomina”. E c’è il Renzi che si tiene come sottosegretario alla Giustizia il magistrato Cosimo Ferri che fa propaganda elettorale via sms per mandare i suoi amichetti nel nuovo Csm (chi governa elegge e chi elegge governa). C’è il Renzi che trasforma il Senato in dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali perché quello attuale fa perder tempo (falso: approva le leggi in una media di 2 mesi). E c’è il Renzi che, come i predecessori, si scorda i regolamenti attuativi delle sue (pochissime) riforme, che languono nei ministeri come lettera morta. C’è il Renzi che dai 5Stelle pretende lo streaming e le risposte scritte in carta bollata, però B. & Verdini li vede di nascosto e a carte coperte, infatti il Patto del Nazareno rimane segreto di Stato. Viene in mente quel che disse Fabrizio Barca a un imitatore di Vendola che il 17 febbraio lo chiamò dalla Zanzara: “Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo! Siamo agli slogan: questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo, vedo uno sfarinamento veramente impressionante”. Poi rivelò di aver rifiutato l’offerta di fare il ministro che gli giungeva da improbabili intermediari del premier, legati al quotidiano la Repubblica: “Sono colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione!… Sono fuori di testa!”. Pareva uno scherzo telefonico: era il migliore ritratto del renzismo reale, tutto chiacchiere e distintivo.

 

Boia, deh! [esclamazione che rafforza i contenuti di una frase]

Sottotitolo: da oggi la Preside Boldrini non è solo la donna con una voce che andrebbe vietata – come minimo –  dall’Onu. È anche la presidente che ha usato per prima la ghigliottina vile e orrenda contro le opposizioni. Complimenti: del comunismo ha imparato unicamente il veterofemminismo caricaturale e l’intolleranza zdanovista per il dissenso. Proprio come Re Giorgio. Lei e i tre o quattro vendoliani rimasti hanno festeggiato cantando Bella ciao (poveri partigiani). A loro modo hanno fatto bene a festeggiare: hanno appena celebrato la fine definitiva del loro (già defunto) partito, regalando peraltro ulteriori voti a chi vorrebbero cancellare dalla scena politica.
Complimenti: alla preside, e a quei meravigliosi renziani che da una parte resuscitano il Caimano e dall’altra regalano soldi pubblici alle banche private. Fenomeni mica da ridere. [Andrea Scanzi]

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Al “vecchio fan della repressione sovietica a Budapest” sarà andato bene che ieri alla camera sia stata applicata una norma eccezionale [ricordo, voluta da violante], che ha di fatto dimostrato [manco fosse la prima volta] l’inutilità del parlamento? 
Laura Bodrini ha di fatto e nei fatti creato un precedente che potrebbe ritorcersi anche contro il suo stesso partito. 
Se un domani Sel volesse applicare l’ostruzionismo verso l’approvazione di una legge di cui non condivide i contenuti, pensa che non sia utile ma dannosa che farà la Boldrini, ghigliottinerà pure quelli di Sel? 
E, a margine, quando hanno mischiato nello stesso “pacco” il ddl su Bankitalia e la cancellazione della rata dell’IMU non si sono resi conto che le due cose insieme non ci azzeccavano o l’hanno fatto apposta?

Quando molti di noi dicevano già parecchi mesi fa che Laura Boldrini si era cucita perfettamente addosso il ruolo di appartenente alla casta in tanti ci rimproveravano, si offendevano per conto terzi. 
Su facebook non si poteva nemmeno nominare senza perdersi per strada manciate di persone.
Ora spero che l’abbiano vista tutti, la presidentessa super partes de’ sinistra. 
Quella che senza una minoranza parlamentare che l’ha sostenuta e le ha permesso di arrivare dov’è oggi sarebbe a fare altro, ma durante la seduta alla camera evidentemente è stata colta da una provvidenziale ed opportuna amnesia molto politica e poco, pochissimo democratica.
Anzi, facciamo per niente democratica che è meglio. Alla presidente della camera che nella discussione su quell’obbrobrio di legge elettorale pensata da berlusconi insieme a Renzi ha sostenuto, com’era ovvio, i piccoli partiti, è andato bene, va bene che le opposizioni in parlamento contino meno anzi per niente? Quando Lauretta si occupava di diritti umani stava a scherzà, vero? perché chi conosce quelli e li rispetta, dovrebbe fare altrettanto anche con quelli civili e democratici.

 E che dopo l’oltraggio alla democrazia avvenuto ieri alla camera qualcuno abbia intonato Bella ciao, infangando la Memoria di gente che è morta non per consentire di fare scempio della democrazia di uno stato repubblicano non offende nessuno? Tutto regolare? Nessuno, nell’informazione prova vergogna per aver montato uno, dieci, cento, mille casi dove non c’erano e aver lasciato libertà d’azione ai distruttori di quel che restava della democrazia?

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LUPO (M5S): “SCHIAFFEGGIATA DA QUESTORE MONTIANO”. LUI NEGA (FOTO E VIDEO)

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Roba da Chiodi – Marco Travaglio, 30 gennaio

Massima solidarietà ai lettori del Corriere , costretti a esercizi enigmistici sempre più complicati per decrittare titoli e articoli. Ieri chi riusciva a superare indenne l’altalena di notizie sulla legge elettorale (Renzi spinge, Berlusconi apre, Alfano chiude, Quagliariello frena, Brunetta stringe, Casini rompe in tutti i sensi, Verdini telefona, la Boschi sale al Colle, stop di Cuperlo, alt di Fassina chi?, la Pascale twitta, Dudù abbaia, Napolitano monita, Tizio alza la soglia, Caio abbassa il premio, Sempronio sfonda il tetto, insomma è accordo, anzi patto, magari asse, pardon contratto, senza contare che c’è sempre uno che “gela” e non si sa mai chi lo scongela), doveva risolvere il rebus del titolo di apertura, roba da far impallidire il più arduo dei Bartezzaghi: “Sì sull’Imu oppure si paga”. In che senso? Che vor dì? Stremato, il lettore gira pagina e s’imbatte in un’altra supercazzola: “Imu-Bankitalia a rischio caos. Corsa per salvare il decreto. Ostruzionismo M5S”. Il poveretto capisce che la maggioranza, sempre più virtuosa, vuol far pagare l’Imu a Bankitalia, ma i 5Stelle, i soliti irresponsabili, per misteriosi motivi si oppongono e si rischia il caos. Solo chi fosse munito di un microscopio elettronico, o avesse acquistato anche un giornale senza banchieri nel patto di sindacato, capirebbe di che si parla: una delle più incommensurabili porcate mai viste nella porcellosa storia della politica italiana, un regalo di 7,5 miliardi alle banche private con soldi di Bankitalia, cioè nostri. Siccome la maialata rischia di non passare inosservata a causa di quei rompipalle dei 5Stelle che osano financo fare opposizione, cosa mai vista dalla notte dei tempi, ecco l’idea geniale del governo: infilarla nello stesso decreto che cancella la seconda rata dell’Imu. Così chi si oppone ai Robin Hood alla rovescia che rubano ai contribuenti per dare alle banche può essere dipinto come un affamatore del popolo perché resuscita l’Imu. Per evitare il “rischio caos” bastava separare il decreto Imu dal decreto Bankitalia, come chiesto da Napolitano in svariati moniti, sulla scorta di innumerevoli sentenze della Consulta contro i decreti omnibus. Ma, quando si tratta di banche, nessuno fiata: destra e sinistra marciano compatte, precedute dalla contraerea dei giornali dei banchieri e dei partiti sottostanti. “Ostruzionismo M5S, può tornare la seconda rata Imu”, titola Repubblica . E persino l’Unità, un tempo organo della sinistra, fa la guardia ai caveau, con titoli truffaldini tipo “5Stelle, ostruzionismo sul decreto Imu” e “Barricate grilline: torna il rischio Imu”. Lo scandalo del secolo è il peone a 5 stelle che dà del “boia” a un vecchio fan della repressione sovietica a Budapest.

Tornando al povero lettore del Corriere , la via crucis non è finita. C’è un altro titolo-sciarada da decodificare a pag. 15: “Una debolezza quella ragazza in hotel. Ma non l’ho aiutata al concorso”. Intervista allo sgovernatore d’Abruzzo, Gianni Chiodi, inquisito per truffa, falso e peculato, per lo scandalo della giunta granturismo che gira l’Italia con amanti aviotrasportate e alloggiate a spese nostre: notizia rivelata dal Fatto e mai ripresa dal Corriere . Che ora la fa commentare all’interessato senza citarla né citarci (“la debolezza del Governatore è spuntata dalle carte”: così, spontaneamente). Il noto statista marsicano “sta soffrendo, la voce gli si incrina un paio di volte”, però “cita Terenzio e poi anche Gandhi cercando conforto nella letteratura”. La colpa naturalmente è dell’“ufficio regionale o della Ragioneria” che gli hanno rimborsato le spese della gentile accompagnatrice a sua insaputa. Come la segretaria di Cota con le mutande verdi. Ergo Chiodi è “amareggiato”: qualcuno (non si dice chi) ha fatto “pura macelleria: famiglie massacrate, carriere esposte al pubblico ludibrio, per un puro obiettivo politico: il 25 maggio in Abruzzo si vota”. E il direttore del Fatto , com’è noto, sarà candidato contro di lui. Ma questo il Corriere non può dirlo, perché il Fatto è innominabile. Un po’ come con lo scandalo De Girolamo: le notizie, o le dà il Corriere , oppure “spuntano”.

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Bravi, davvero – Alessandro Gilioli

È davvero notevole lo sforzo con cui il Pd, Forza Italia, Boldrini e Napolitano stanno trasportando verso il Movimento 5 Stelle anche gli italiani meno attratti da Grillo e Casaleggio.

In un solo giorno:

1. I listini bloccati.
2. Il salva Lega.
3. Le candidature multiple.
4. La soglia di sbarramento turca che impedisce di fatto in futuro qualsiasi gruppo parlamentare diverso da Pd, Forza Italia e satelliti, Lega e M5S.
5. Un regalo miliardario alle banche private.
6. Un trucco ignobile per mescolare questo regalo alle banche con l’Imu, che non c’entra niente.
7. Una tagliola mai usata nella storia repubblicana, che svilisce il Parlamento e porta verso il governo per decreto.

No, bravi, davvero.

Niente di nuovo sul fronte Quirinale

Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

Il Quirinale con i suoi 224 milioni di euro di spese l’anno costa quattro volte Buckingham Palace, il doppio dell’Eliseo  e otto volte Casa Merkel che in quanto a rendimento paragonato alla politica italiana beh, lasciamo perdere. Almeno in questi paesi ci provano a fare qualcosa anche per i cittadini, non solo per mantenersi in piedi il fortino delle caste come da noi. Che intende Napolitano con il concetto “la politica cambi”?  Politici di ogni ordine e grado che amministrano il piccolo comune come la grande metropoli continuano a guadagnare cifre indecenti coi risultati che sappiamo e vediamo. Governatori e direttori generali della Banca d’Italia, il capo della polizia, il personale di camera e senato continuano ad essere i più pagati al mondo. Manager pubblici che possono svolgere dieci, venti, trenta incarichi contemporaneamente, tutti lautamenti ripagati e nessuno pensa né ha mai pensato che il rapporto 30 a 1 come nel caso di Mastrapasqua [INPS] sia non solo uno schiaffo alla miseria ma uno spreco di risorse che toglie possibilità ad altra gente. Quelli che erano troppo ricchi prima della crisi continuano ad essere troppo ricchi anche ora perché questo stato anziché pensare ad una seria redistribuzione di risorse e redditi dà la possibilità di speculare e guadagnare sulle altrui povertà, soprattutto quelle nuove indotte e causate da una crisi che ha festeggiato svariati compleanni, ma in tutto questo tempo nessuno ha mai pensato a dare un segnale forte per un cambiamento che passa, e come no, anche per i costi di questa macchina del potere che dissangua i cittadini senza dare il minimo contributo al loro benessere. Napolitano vive nella politica e  di politica da sei decenni, e chissà  perché l’uomo che Kissinger definì “il mio comunista preferito” in questi sessanta lunghi anni non ha mai sviluppato quella lungimiranza  che i veri padri della patria di questo paese sono riusciti a mettere su Carta in un tempo infinitamente minore e oggi, a danni irreversibili compiuti parla come se la cosa non lo riguardasse.  La Costituzione non andrebbe interpretata come si usa fare in questa magnifica era moderna ma applicata. Se l’avessero fatto, anziché aggirare leggi, regole, quei principi inviolabili che qualcuno che amava questo paese ha pensato in tempi diversi, per prevenire anziché curare, oggi non ci troveremmo a vivere tutti in un dramma a cielo aperto qual è l’Italia. Ma ovviamente ricordare perché l’Italia è un dramma a cielo aperto e per colpa di chi è demagogia, populismo, qualunquismo e ancorché “grillismo”.

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Non si capisce perché, quando a fallire nella sua attività è un cittadino comune il massimo di quel che riceve dalla società, la sua più prossima, è il compatimento se non addirittura l’indifferenza mentre quando a fallire è chi per il ruolo che riveste trascina con sé nel fallimento anche gente incolpevole, quella che si impegna per il contrario, per non fallire, deve ricevere la solidarietà e l’approvazione di quasi tutto un paese. 

Chi fallisce perché ha sbagliato nella maggior parte dei casi si copre il capo di cenere e se ne vergogna: c’è gente che si è suicidata per la disperazione di aver trascinato  incolpevoli vittime nel suo fallimento – molto spesso nemmeno causato dal suo agire ma da altri fattori di cui non è stato responsabile il “fallito”,  uno su tutti credere di vivere in un paese normale quale non è più da tempo l’Italia, semmai lo sia mai stato – perché non ha sopportato l’idea di far subire l’onta di quella vergogna alla famiglia, ai suoi figli. 

Qui invece abbiamo un signore, responsabile di diversi fallimenti tutti gravissimi e che hanno coinvolto tutti tranne la gente a lui più cara, ovvero quelle categorie che non vengono danneggiate da nessuna crisi o fallimento ma anzi guadagnano sulle crisi e i fallimenti altrui, la politica che è la prima causa della crisi e non ne risponde da fallita coprendosi il capo di cenere ma con la solita arroganza – che può andare in televisione a reti unificate a fare l’elenco di quei fallimenti come se fossero dipesi da altri e non da lui e pretendere pure di ricevere sostegno, rispetto e comprensione per il suo agire.
E il dramma è che nel paese alla rovescia li trova pure. Quando si fanno voli pindarici insopportabili con le parole per non dire quello che è davanti agli occhi di tutti, per non ammettere i propri fallimenti, c’è purtroppo chi non capisce e continua ad illudersi. Illudere la gente da politico e da giornalista dovrebbe diventare un reato.

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Meno male che anche Alessandro Gilioli la pensa come me.
Mi sento al sicuro, quando le mie idee coincidono con quelle di chi è molto più bravo e capace di me a metterle per iscritto.
Troppo semplice liquidare tutto con le solite accuse di populismo: lo strappo fra le istituzioni e i cittadini non si ricuce con una manciata di parole, in verità nemmeno troppo ben assortite e convincenti come ci si aspetterebbe da chi viene definito “statista”. 
Nessuno avrebbe avuto quelle tendenze distruttive delle quali si lamenta Napolitano se avesse visto davvero le buone intenzioni di una politica che a migliorarsi per migliorare non ci pensa nemmeno. 
L’esasperazione è una conseguenza logica dello stato pietoso di questo paese certamente non voluto da chi ne è vittima ma causato principalmente da chi si sarebbe dovuto occupare del paese. Ovvero, la politica.
A tutti piacerebbe avere a portata di mano il capro espiatorio da accusare per le proprie manchevolezze: purtroppo a noi non è concesso. 
Chiunque abbia delle responsabilità sa che se le disattendesse dovrebbe pagare in prima persona, in politica questo non succede mai. Dei disastri politici è sempre colpa di qualcun altro: dei governi precedenti, di chi c’era prima ma mai di chi c’è mentre e durante. 
Adesso addirittura la colpa è anche di chi è arrivato dopo. Oppure, che lo dico a fare, della gggente. Il danno, anzi tanti, e pure le beffe. Questo non è più sopportabile.

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Piccoli scalfarini crescono. 
Ci fosse una critica nell’analisi del vicedirettore di Repubblica.
Segno che i vicedirettori dei quotidiani non sono tutti uguali. E nemmeno i quotidiani, per fortuna. Adesso forse sarà più chiaro a tutti perché Giannini a Ballarò ci può andare e Travaglio no.

LA VOCE DEL DISAGIO (Massimo Giannini)

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Mi scusi Presidente – Alessandro Gilioli, Piovono rane

Può un Presidente della Repubblica non dire una parola sulle politiche che hanno generato questa catastrofe? Può fingere di ignorare da cosa sono state causate queste «tendenze distruttive»? Può non pronunciare nemmeno una parola di critica verso gli establishment dei Palazzi e dell’economia che ci hanno portato fin qui, fino a questa dissoluzione della coesione sociale?

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COLLE 22 (Marco Travaglio)

Metteva tristezza, molta tristezza, l’ottavo monito di Capodanno del Presidente Monarca. Triste il tentativo disperato di recuperare uno straccio di rapporto con la gente comune dopo il crollo di popolarità nei sondaggi (dall’84% di due anni fa al 47-49 di oggi) inaugurando la rubrica “La posta del cuore”: Sua Maestà ha declamato alcune lettere di sudditi in difficoltà per la crisi, omettendo quelle critiche e senza rispondere a nessuna. Triste l’evocazione del dramma degli esodati e il silenzio su chi li ha condannati alla miseria: il governo Monti e la ministra Fornero, creati in laboratorio da lui stesso. Triste l’appello al cambiamento e al rinnovamento della classe politica lanciato da un veterano della Casta entrato in Parlamento nel lontano 1953 per non uscirne mai più. Triste l’encomio al governo Letta jr. per le “misure recenti all’esame del Parlamento in materia di province e di finanziamento pubblico dei partiti”, due maquillage gattopardeschi che non faranno risparmiare un solo euro alla collettività. Triste il successivo atteggiarsi ad arbitro imparziale: “Non tocca a me esprimere giudizi di merito sulle scelte compiute dall’attuale governo… il solo giudice è il Parlamento”, come se non avesse appena elogiato due scelte compiute dall’attuale governo. Triste la citazione con nomi e cognomi dei due marò imputati in India per aver accoppato due innocenti pescatori indiani e spacciati per eroi nazionali martirizzati per la guerra alla pirateria; e, al contempo, il silenzio sul pm Nino Di Matteo condannato a morte da Totò Riina e sui suoi colleghi palermitani minacciati dalla mafia. Tristemente beffardo l’accenno alla Terra dei Fuochi come un “disastro” contro l’“ambiente”, senza una sola parola sulle 150 mila cartoline con le foto dei bambini morti di cancro per un crimine perpetrato dalla camorra e insabbiato per quasi vent’anni dallo Stato, fin da quando lui, Napolitano, era ministro dell’Interno. Tristemente imbarazzante l’autoelogio per lo scrupoloso rispetto delle prerogative presidenziali: “Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale”. Lo dice lui, dunque c’è da credergli: come all’oste che assicura che il vino è buono.

Triste l’excusatio non petita (accusatio manifesta) per la rielezione, sempre smentita e poi accettata dopo ben un quarto d’ora di tormento interiore: “Tutti sanno (a tutti è stato raccontato, ndr) – anche se qualcuno finge di non ricordare – che il 20 aprile, di fronte alla pressione esercitata su di me da diverse e opposte forze politiche perché dessi la mia disponibilità a una rielezione a Presidente, sentii di non potermi sottrarre a un’ulteriore assunzione di responsabilità verso la Nazione in un momento di allarmante paralisi istituzionale”. Peccato che il 20 aprile, dopo la quarta votazione a vuoto per il nuovo presidente, non ci fosse alcuna “paralisi istituzionale”: ben quattro presidenti non furono eletti nei primi quattro scrutini (Saragat passò al 21°, Leone al 23°; Pertini e Scalfaro al 16°), altri quattro passarono al quarto (Einaudi, Gronchi, Segni e Napolitano) e solo tre al primo colpo (De Nicola, Cossiga e Ciampi). E peccato che nessuno abbia ancora spiegato come fu che il mattino del 20 aprile, nel giro di due ore, Bersani, Berlusconi e Gianni Letta, Maroni, Monti e 17 governatori regionali su 20 abbiano avuto tutti insieme la stessa idea di salire in pellegrinaggio al Colle, sincronizzati disciplinatamente, per chiedergli di restare: furono colti tutti e 22 contemporaneamente da un attacco di telepatia o qualcuno suggerì loro quella scelta e dettò loro i tempi delle visite scaglionate? Triste, infine, la conferma del suo “mandato a tempo” e “a condizione”, espressamente vietato dalla Costituzione. Che, all’articolo 85, recita: “Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni”. Non per la durata che decide lui, né tantomeno alle condizioni che impone lui.

Alla base di quella norma costituzionale tanto secca quanto perentoria c’è un motivo molto semplice: le istituzioni e i cittadini devono sapere quando scade il presidente e viene eletto il successore, affinché le elezioni presidenziali non condizionino permanentemente la normale vita democratica. Ma Napolitano se ne frega e conferma: “Resterò Presidente fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo farà ritenere necessario e possibile… e dunque di certo solo per un tempo non lungo”. Cioè soltanto finché durerà il presunto stato di necessità, che però non dipende da fattori oggettivi e da tutti verificabili, ma esclusivamente dal suo insindacabile capriccio. Se ne andrà quando non sarà più necessario, ma il necessario lo decide lui. Dal Comma 22 al Colle 22. Così ogni giorno, ogni minuto, il Parlamento rimarrà ricattato da questa spada di Damocle, e ogni volta che deciderà qualcosa su qualunque materia, dalla legge elettorale in giù, ogni parlamentare si domanderà se stia facendo il meglio non per gli elettori, ma per il capo dello Stato. Che sarà dunque il padrone assoluto del Parlamento, e quindi del governo: perché ha annunciato che si dimetterà certamente prima del 2020, ma non ha precisato quando. Insomma resterà una mina vagante in grado di condizionare governi, maggioranze e opposizioni, ma anche l’elezione del successore (che, se Napolitano se ne andrà prima delle prossime elezioni, rispecchierà verosimilmente l’attuale asse Pd-Udc-Sc-Ncd; se invece sloggerà dopo, ne rifletterà un’altra ancora tutta da immaginare). E meno male che dice di conoscere bene “i limiti dei miei poteri e delle mie possibilità”: deve averglieli spiegati, in sogno, il Re Sole.

Napolitano, l’imbalsamatore incompatibile con la democrazia

Quando la politica non svolge le sue funzioni, quando si dimostra sorda e cieca alle richieste e al disagio di cittadini lasciati in balia di se stessi, privati, oltreché man mano di altri, quelli sociali, quelli civili che per non sbagliare vengono direttamente negati, del diritto fondamentale qual è quello sancito dalla Costituzione che vuole il popolo sovrano [non il monarca anziano mascherato da presidente della repubblica “democratica”]; quando viene impedito di scegliere i propri rappresentanti, di dire basta ad un governo che non rappresenta nessuno, la protesta si organizza.
E quando si organizza lo fa a modo suo.
Irresponsabili e ipocriti quelli che oggi si meravigliano, come se non se lo aspettassero.

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Oppo, Grillo, noi giornalisti – Alessandro Gilioli

MAFIA PARLA, STATO TACE (Marco Travaglio)

IL MERLO MARTIRE (Marco Travaglio)

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In un paese civile il giornalismo è sempre dall’altra parte del potere.

E’ quell’opposizione severa che osserva e critica, non fa il gioco di nessuno.

In un paese civile la politica, il presidente della repubblica, le istituzioni non mettono bocca e becco dappertutto, specialmente poi se tacciono davanti alle minacce di morte ai Magistrati.

Letta invece di disquisire –  in parlamento e non nel salotto di casa sua –  sul giornalismo buono e quello cattivo ci dica perché in una democrazia occidentale Nino Di Matteo è costretto a fare una vita da latitante, gli viene impedito di partecipare al processo sulla trattativa fra lo stato e la mafia per non rischiare di esplodere da qualche parte dell’Italia e a viaggiare su mezzi blindati da guerra.

Napolitano ci parli di questo, visto che non ha detto mezza parola a sostegno di Nino Di Matteo, non lo ha fatto nemmeno in qualità di capo supremo della Magistratura, non dei suoi populismi del cazzo.

In un paese civile il politico non difende i giornalisti, perché come ha spiegato benissimo Marco Travaglio ieri sera a Servizio Pubblico significa appartenenza alla politica: tutto quello che l’informazione non deve invece essere. E nel caso il politico abbia proprio la necessità di esprimere la sua solidarietà, gli scappasse  la sua giusta contrarietà alla minaccia, all’istigazione violenta dovrebbe farlo con tutti i minacciati, non solo con qualcuno e farlo a titolo personale, non politico.

In un paese civile nessun giornalista farebbe il peana ad un presidente ambiguo con ambizioni monarchiche da uomo solo al comando che tutto dispone e tutto decide come fa puntualmente Scalfari, il grande fondatore di Largo Fochetti – che ha ben più che una voce in capitolo nella politica ma è molto dentro la politica – con Napolitano.

E il contropotere per essere tale deve essere indipendente dalla politica.

In Italia invece [57°posto nel mondo per libertà di stampa e informazione] i giornalisti non di parte, una piccola manciata di coraggiosi utopisti del paese uguale per tutti, con la legge uguale per tutti, con una politica che agisce nell’interesse dei cittadini, che non fa affari con le mafie né porta i mafiosi delinquenti in parlamento diventano faziosi, giustizialisti, bersagli di insulti e minacce che non fanno sussultare nessuno.

Per loro nessuna reazione indignata da parte della politica e degli opinionisti all’amatriciana che se la prendono, OGGI, nell’anno del Signore 2013 dopo vent’anni di disinformazione inquinata dai conflitti di interesse, non solo quello di berlusconi ma anche quello ad esempio del Corriere della sera con un CDA composto da industria e alta finanza – e non si capisce come faccia poi il Corriere a vigilare sull’industria e sulla finanza – con le liste di proscrizione di Grillo.  Bisognerebbe smetterla con l’ipocrisia di chi, a differenza di come si dovrebbe fare sempre e con tutti stigmatizza  la minaccia ma poi non considera tutto l’insieme ma solo quella parte che gli torna utile per attaccare chi gli sta antipatico. Le liste di proscrizione fanno schifo, sono fasciste per natura, ma fa schifo, ed è anche quello fascista per natura quel giornalismo servo per indole, abitudine, che non concepisce un altro modo di esercitare la professione senza sdraiarsi davanti al potente.

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Colpa dell’interprete
Marco Travaglio, 13 dicembre

L’Uomo dell’Anno si chiama Thamsanqa Jantjie e fa l’interprete per sordomuti: martedì troneggiava alla commemorazione di Mandela allo stadio di Johannesburg dietro il presidente Zuma e a due passi da Obama e dagli altri grandi e grandicelli del mondo per tradurre i loro discorsi nella lingua dei segni. Invece gesticolava a caso, col risultato di tradurre le frasi dei leader con supercazzole insensate e incomprensibili, in mondovisione. Una scena degna di Amici miei. “Avevo le allucinazioni”, si è giustificato, “vedevo angeli entrare nello stadio. È la prima volta che mi accade, ho fatto da interprete a molte conferenze e mai nessuno si era lamentato”.

Pare che l’uomo sia da tempo in cura per schizofrenia e abbia trascorso un anno in ospedale psichiatrico. Dio solo sa come sia finito al centro della cerimonia più importante dell’ultimo decennio. Ma, a ben pensarci, è molto probabile che Thamsanqa Jantjie, o un suo clone, abbia prestato servizio al Parlamento italiano per tradurre i messaggi che giungevano dal Paese alla categoria più sorda che si conosca nel nostro Paese: quella del politici.

Solo con un difetto di traduzione si può spiegare il loro comportamento di fronte ai mille segnali d’insofferenza lanciati dai cittadini al Palazzo. Gli italiani aboliscono i finanziamenti pubblici ai partiti? Il Parlamento li ripristina camuffati da “rimborsi elettorali” e, non contenti, si mettono pure a rubare sui rimborsi dei gruppi consiliari per comprarsi di tutto, dai Suv alle mutande, dai libri porno ai chupa-chupa, a spese nostre. Gli italiani vogliono scegliersi i propri rappresentanti, cioè maledicono il Porcellum? I partiti lo conservano per otto anni. La gente chiede ai politici di non far pagare la crisi ai soliti noti, ma di distribuire equamente i sacrifici? I governi fan pagare la crisi ai soliti noti, distribuendo prebende alle banche e alle grandi imprese. La gente chiede il taglio dei costi della Casta, magari delle province se non le regioni, e quelli lasciano tutto com’è. Alle ultime elezioni metà degli elettori stanno a casa o votano Grillo, bocciando le larghe intese del governo Monti?

I partiti sconfitti rieleggono un presidente di 88 anni (fino a 95), poi al Quirinale si riuniscono quattro babbioni per rieditare le larghe intese col governo Letta e tener fuori dal palazzo chi le elezioni le ha vinte. Per vent’anni i partiti si sono sentiti ripetere “attenti, di questo passo la gente verrà a prendervi con i forconi”. E ora le piazze sono piene di manifestanti chiamati a raccolta dal Movimento dei Forconi.

Ma, incuranti della nemesi storica, governo e partiti fanno gli stupiti e gli indignati: dopo aver trasformato un popolo tranquillo, paziente, a volte rassegnato e disperato, in una polveriera pronta a esplodere alla prima scintilla, si meravigliano se centinaia di migliaia di cittadini protestano. Non si accorgono di averli creati loro, come già hanno creato i 5Stelle. E spaccano il capello in quattro, alzano il ditino, monitano inviti alla legalità dopo averla calpestata per una vita, dicono che è gente “di destra”, “fascista”, “populista”, “qualunquista” e soprattutto “non ha un programma”.

È vero, non ha un programma: è solo incazzata nera. Sono i politici e i governi che dovrebbero avere un programma, li paghiamo (profumatamente) apposta per averne uno. Ma ecco la spiegazione: è stato tutto uno spiacevole equivoco. Non hanno capito niente per anni, per decenni, perché c’era un errore di traduzione. Un interprete pazzo ha fatto creder loro che la gente chiedesse a gran voce la riforma della Costituzione, il premier forte, il Senato delle regioni, le larghe intese, la separazione delle carriere dei magistrati, la fine della guerra fra politica e giustizia, la pacificazione fra guardie e ladri, l’indulto, l’amnistia, la grazia al Cainano. Il quale ora annuncia: “Se mi arrestano scoppia la rivoluzione”.

In effetti, per le strade d’Italia, è pieno di gente incazzata che grida “Nessuno tocchi Cainano”. Gliel’ha detto il suo interprete personale: Dudù.

Una risata li seppellirà [speriamo]

 Credo che la politica italiana sia ormai talmente incistata in tutto ciò che è potere dei soldi da non potersi più salvare senza un radicale colpo di spugna. Qui c’è gente che da dieci, venti, trent’anni e più ha a che fare con tutti. E sempre c’è una scusa, una volta l’amicizia privata come quella di Cancellieri coi Ligresti, un’altra l’esigenza di doversi relazionare con tutti come ha fatto Vendola con l’obiettivo di salvare un “bene” dello stato quale viene ritenuta l’Ilva. Ma insomma voglio dire: ci sarà un limite sano a tutto questo, quello che fa chiudere ogni tanto la porta in faccia, abbassare la cornetta di un telefono, quando NON E’ IL CASO?

La vicenda di Vendola mi ha irritata molto di più di quelle degli altri. E se la gente di sinistra non fosse accecata dal pregiudizio dovrebbe provare la stessa sensazione, invece di prendersela col giornale che fa le inchieste e informa la gente. Invece no, la reazione per molti è stata identica a quella della destra berlusconiana, ho letto cose incredibili a proposito di linciaggio, metodo Boffo: con certa gente bisogna ricominciare dalle asticelle come alle elementari di una volta.
Spiegare che metodo Boffo [inventato da berlusconi] è infamare qualcuno con delle falsità, oppure facendo passare per chissà quali peccati imperdonabili dall’opinione pubblica cose normalissime come un paio calzini turchesi – che saranno pure orribili ma ad indossarli non si commette nessun reato – allo scopo di deturparne l’immagine e la reputazione. 
Quella del Fatto su Vendola è, piaccia o meno, una NOTIZIA.

Ho sempre diffidato della gente che di politica si droga e trasforma i suoi referenti in una sorta di dei del suo culto fino a pensare di doverli difendere ad ogni costo così come si fa con un figlio, una persona cara, un soggetto debole.
La categoria degli intoccabili non dovrebbe far parte di nessun ambito o contesto.
Soprattutto nella politica, che non è mai il soggetto debole.

 

“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri.”

“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”

[Joseph Pulitzer]

 Il giornalismo non guarda in faccia nessuno, e non porta acqua al mulino di nessuno. Se e quando lo fa, è un’altra cosa. Una brutta cosa. Tutto il resto, le accuse a giornalisti e giornali colpevoli di non inchinarsi al regimetto e al prepotente di turno sono aria fritta, fumo negli occhi. Che a molti piace tanto digerire perché è molto più facile prendersela col giornale e col giornalista che coi veri responsabili di un fatto. 
Questo paese non crescerà mai anche per questo: perché c’è gente che si culla e si bea nel limbo del non detto, di quelle cose che è meglio non far sapere in giro ché il paese è piccolo e la gente poi mormora. E s’incazza. Mi piacerebbe chiedere a quelli che stanno piagnucolando da ieri ma generalmente lo fanno spesso e volentieri su quant’è brutto e cattivo il Fatto se anche il fondo di Travaglio di oggi su Vendola fa parte del giornalismo “embedded”, che poi, embedded de che, se al Fatto non hanno mai risparmiato niente a nessuno? quello che scrive Travaglio corrisponde al vero o sono pure invenzioni della sua faziosa creatività? perché insomma, bisognerebbe anche crescere, smetterla di prendersela col termometro che misura la febbre e pensare che forse è il caso di curare l’infezione che è la causa della febbre.

Ilva, un provocatore chi fa domande sul cancro
Audio – ascolta le risate choc di Nichi Vendola

Buonanotte Nichi – Alessandro Gilioli, Piovono rane

Ci risiamo con quell’affettuosa complicità fra potenti, con quell’intimità compiaciuta tra il potere politico e la peggiore imprenditoria.

Ed è questo che non si tollera più.

È questo che non si tollera nel caso Cancellieri, è questo che non si può accettare nei toni di Vendola, nel suo declamato «quarto d’ora di risate» verso il giornalista che faceva il suo mestiere di cane da guardia.

È questo che non si può più subire, per Vendola come per qualunque altro: la sensazione di un potere che ride, si «dà garanzie» e si scambia pacche sulle spalle mentre il Paese si arrabatta, soffre, si incazza, muore.

Se l’Italia è destinata a non dover avere un partito di sinistra, un
leader vero di sinistra, qualcuno che esprima politicamente un’idea di
sinistra – non necessariamente staliniana s’intende: i bambini non li mangiamo più da un pezzo da queste parti – che la traduca
in un’azione politica che rispecchi chi si sente di sinistra e vorrebbe
trovare sulla scheda elettorale il simbolo di un partito di sinistra
noi, orfani del partito che non c’è possiamo solo tristemente prenderne atto. Rassegnarci al fatto che quella parte di elettori che non si ritrova in questa politica oscena, odiosa, disonesta, quella degli affari in combutta con quell’alta finanza a cui giorno dopo giorno si sta sacrificando lo stato sociale, con l’imprenditoria sporca, corrotta e criminale che paga tutti perché le servono i favori di tutti, non ha il diritto di essere rappresentata in parlamento. Però poi per favore, non rompeteci i coglioni quando nell’impeto dello sfogo ci viene da dire che alla fine, sono tutti uguali. Perché è difficile non fare di tutta l’erba un fascio, se il fascio è quello che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni. Forse, se al posto di papi e cardinali questi bei politici de’ sinistra che ci ritroviamo si tenessero nel taschino non dico la foto di Che Guevara che sarebbe l’apoteosi, basterebbero quelle di Berlinguer o di Pertini, anche di entrambi e non sarebbe male, qualche ispirazione alle cose di sinistra gli verrebbe più facile.

Perché Vendola querela Il Fatto Quotidiano? Il diritto all’informazione non fa più parte dei valori e dei principi di sinistra? Anche Vendola usa il linguaggio insopportabile, arrogante della minaccia legale? Che deve fare un giornalista quando si trova davanti ad una notizia, ad un fatto, se ritiene che siano di interesse generale e nazionale, fare finta di niente per il solito quieto vivere che piace alla politica, quello dell’omissione?  Il Fatto Quotidiano sta sul cazzo alla destra, alla sinistra, anche a Napolitano, e a me basta questo per rendermelo non solo simpatico ma anche credibile. La verità è che il narratore cortese di sinistra che si tiene il cardinale sul comodino aveva incantato un sacco di gente, e pure me che Sel l’ho votata quale ultima spiaggia. Ma la politica non sa prendere le distanze da questi imprenditori criminali a cui serve, e purtroppo lo trova sempre, il sostegno di tutta la politica: di destra, di  sinistra e anche del pd. Che ne è di quei soldi che ha preso Bersani dai Riva, li ha più restituiti? Se Vendola pensa di stare nel giusto perché è andato a dire a Repubblica che avrebbe querelato Il Fatto Quotidiano?  Se la prende col Fatto e gli risponde da Repubblica, come un berlusconi qualsiasi? E’ sempre complotto? Ogni volta che qualcuno viene sorpreso a fare cose che un politico serio non dovrebbe fare c’è il complotto?

Fra tutte le separazioni dei poteri da fare, quelle di cui si parla
sempre molto e a vanvera la più urgente è quella fra il potere
economico marcio, corrotto e criminale con la politica.
E nemmeno si prendono soldi, da quel potere corrotto e criminale.
La trasparenza e l’onestà non si dicono: si fanno.
Specialmente in politica. 

Come per la Cancellieri non c’è nulla di penalmente rilevante nella conversazione di Vendola con Archinà, ma vogliamo parlare dell’atteggiamento? Come si permette Vendola di dare del provocatore a chi gli sta facendo delle domande? e questa corrispondenza di amorosi e cordiali sensi col dominus dell’Ilva agli arresti domiciliari non significa niente politicamente? Per me sì, significa. Vuol dire che di fronte al potere economico anche Vendola si toglie il cappello, e allora per me può andare a fare un’altra cosa ma non il leader di sinistra.

Nota a margine: ma quanto ridono questi politici nel loro privato? Cos’avranno mai da ridere?

QUANDO UNA RISATA CANCELLA ECOLOGIA E LIBERTA’

 

Svendola – Marco Travaglio, 16 novembre

Ci sono tanti modi per finire una carriera politica. Quello che la sorte ha riservato a Nichi Vendola è uno dei peggiori, proprio perché Nichi Vendola non era tra i politici peggiori. Aveva iniziato bene, con un impegno sincero contro le mafie e l’illegalità. Aveva pagato dei prezzi, ancor più cari di quelli che si pagano di solito mettendosi contro certi poteri, perché faceva politica da gay dichiarato in un paese sostanzialmente omofobo e da uomo di estrema sinistra in una regione sostanzialmente di destra. Ancora nel 2005, quando vinse per la prima volta le primarie del centrosinistra e poi le elezioni regionali in Puglia, attirava vastissimi consensi e altrettanti entusiasmi e speranze. E forse li meritava davvero. Poi però è accaduto qualcosa: forse il potere gli ha dato alla testa, forse la coda di paglia dell’ex giovane comunista ha avuto il sopravvento, o forse quel delirio di onnipotenza che talvolta obnubila le menti degli onesti l’ha portato a pensare che ogni compromesso al ribasso gli fosse lecito, perché lui era Nichi Vendola. S’è messo al fianco, come assessore alla Sanità (il più importante di ogni giunta regionale) un personaggio in palese e quasi dichiarato conflitto d’interessi, come Alberto Tedesco. S’è lasciato imporre come vicepresidente un dalemiano come Alberto Frisullo, poi finito nella Bicamerale del sesso di Gianpi Tarantini, a mezzadria con Berlusconi. Ha appaltato al gruppo Marcegaglia l’intero ciclo dei rifiuti, gratificato da imbarazzanti elogi del Sole 24 Ore quando la signora Emma ne era l’editore. Ha attaccato, con una lettera di chiaro stampo berlusconiano, il pm Desirée Di Geronimo che indagava su di lui. Ha incassato un’archiviazione da un gip risultata poi in rapporti amichevoli con lui e la sua famiglia. Ha stretto un patto col diavolo del San Raffaele, il famigerato e non compianto don Luigi Verzé, consegnandogli le chiavi di un nuovo ospedale a Taranto da centinaia di milioni. E si è genuflesso dinanzi al potere sconfinato della famiglia Riva, chiudendo un occhio o forse tutti e due sulle stragi dell’Ilva. Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo dai Riva (diversamente da Berlusconi e Bersani), non è un’attenuante, anzi un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità “pappa e ciccia” che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito del Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva: quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici, giornalisti, funzionari, persino prelati. Un signore che non si faceva scrupoli di mettere le mani addosso ai pochi giornalisti non asserviti. In quella telefonata gratuitamente volgare, fatta dal governatore per complimentarsi ridacchiando con il faccendiere della bravata contro il cronista importuno, non c’è nulla di istituzionale: nemmeno nel senso più deteriore del termine, nel più vieto luogo comune del politico scafato che deve tener conto dei poteri forti e delle esigenze occupazionali. C’è solo un rapporto ancillare e servile fra l’ex rivoluzionario che si è finalmente seduto a tavola e il potente che a tavola ha sempre seduto e spadroneggia nel vuoto della politica e dei controlli indipendenti, addomesticati a suon di mazzette. Il darsi di gomito fra gli eterni marchesi del Grillo, “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. Questo ovviamente in privato, mentre in pubblico proseguivano le “narrazioni” e le “fabbriche di Nichi”. La poesia sulla scena, la prosa dietro le quinte. La telefonata con Archinà è peggio di qualunque avviso di garanzia, persino di un’eventuale condanna. Perché offende centinaia di migliaia di elettori che ci avevano creduto, migliaia di vittime dell’Ilva e i pochi politici che hanno pagato prezzi altissimi per combattere quel potere malavitoso. Perché cancella quello che di buono (capirai, in otto anni) è stato fatto in Puglia. Perché diffonde il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Perché smaschera la doppia faccia di Nichi. Perché chi ha due facce non ce l’ha più, una faccia.

 

Lacreme napulitane

Sottotitolo: “C’è gente che pagherebbe per vendersi” [Victor Hugo]

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Un governo che cade in segno di solidarietà nei confronti di un delinquente. Che bel paese che siamo. Neanche a Gotham City una roba così. [Andrea Scanzi]

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150 giorni dopo – Alessandro Gilioli

Bastava non abboccare 150 giorni fa, caro Enrico, cari dirigenti dell’attuale Pd.
Davvero non sapevate, 150 giorni fa, chi era Berlusconi, dopo che lo abbiamo conosciuto per vent’anni? Lui, i suoi reati, il suo disprezzo per le regole, per il Parlamento, per la Costituzione?
Era un delinquente eversivo, lo sapevamo tutti, perché voi avete finto di non saperlo? Per giocarvi l’ultimo giro di poltrone o perché davvero qualcuno di voi pensava che fosse diventato uomo di moderazione, di responsabilità, di istituzioni?
Non so se è più grave e colpevole la prima o la seconda ipotesi, davvero non so se è peggio l’opportunismo o la stupidità.

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B. apre la crisi. Via i ministri del Pdl
Letta: ‘Gesto folle per coprire i suoi guai’

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L’unico che non ha rovesciato nulla è proprio berlusconi. Lui ha sempre fatto capire molto bene quali erano e sono i suoi interessi, ora come allora sempre i cazzi suoi. Strano che questi magnifici strateghi della politica supportati poi da cosiddetti saggi non lo abbiano capito. Ma secondo me invece hanno capito molto bene. Loro lo fanno per noi, per non farci sapere chi dobbiamo ringraziare, sono discreti, ecco.

Si potrà dire adesso che quelli che li rivoterebbero e li hanno votati per tutto questo tempo sono criminali quanto lui?

Penso di sì.
Sono diciotto anni che aspetto. Ché c’è stato un tempo in cui non si poteva nemmeno dire che erano mentecatti semplici. Quando non si doveva demonizzare l’avversario [cit. l’illuminato statista Veltroni, quello che in campagna elettorale nemmeno lo nominava per paura che la gente capisse contro chi doveva votare].
Perché una cosa è dire che lui in politica non ci doveva entrare, prendersela con d’alema e compagnia inciuciante, che non fa male, non fa male ricordare che senza questa sinistra e questo centrosinistra berlusconi, dopo che qualcuno gli ha aperto la strada nella politica fregandosene della legge e della Costituzione sarebbe durato lo spazio e il tempo necessari a smascherare un eversore, un delinquente, un truffatore corruttore, un’altra la constatazione che che c’è gente a cui la vita non è cambiata di una virgola ma che si porta padre Pio nel portafoglio per chiedergli di aiutare il pregiudicato traditore.

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Uno che ha usato lo stato per vent’anni, lo ha saccheggiato pro domo sua e poi quando lo stato finalmente decide di dire che puó bastare perché mai non dovrebbe vendicarsi? Traditori dello stato. Tutti. Ci vorrebbe la corte marziale per la politica e le istituzioni di questi ultimi vent’anni. Per quelli che avevano giurato che le sentenze di berlusconi non avrebbero avuto conseguenze per la tenuta di questo bellissimo governo delle larghe intese di stampo mafioso e anche per quel giornalismo che ancora oggi non riesce a dire la verità agli italiani per eccesso di servitù.

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Un presidente della repubblica che di fronte all’estorsione, al ricatto, ad un gruppo di parlamentari che si comporta come i complici di quei camorristi che tirano i vasi dai balconi quando la polizia va ad arrestare un criminale parla di amnistia, di indulto, dopo aver chiesto ai giudici e non ad una politica connivente con un criminale di non superare il senso del limite, e ancora prima aver chiesto una riforma della giustizia CINQUE MINUTI DOPO che la giustizia aveva ottenuto un risultato storico come quello di riuscire a condannare un delinquente che sembrava impunibile fa bene a piangere. E lo dovrebbe fare ricordandosi di quando, qualche mese fa, si mise ancora contro i giudici per dare la possibilità al delinquente di “poter partecipare alla delicata fase politica”.

Eccola qui la collaborazione importantissima, questi sono i risultati.
E purtroppo, non basta nemmeno la vergogna per quantificare, dare una dimensione ad un’indecenza che in nessun altrove sarebbe mai potuta accadere.

Se qualcuno in un impeto di follia apre la bombola del gas e fa saltare in aria il palazzo la colpa è di chi ha avuto la sventura di abitare in quel palazzo?
Le persone che si ritrovano senza una casa sono complici del pazzoide o sono le sue vittime? quindi io non voglio più sentir parlare di NOI a proposito del disastro politico italiano;  non voglio più che qualcuno, molti anzi, diano anche a me e a chi come me non c’entra, la responsabilità di questi vent’anni di sciagure italiane. Nessuno che mi dica più che avrei potuto fare qualcosa ma non l’ho voluta fare. Perché tutti sanno che nulla si poteva fare. 
Io berlusconi non l’ho voluto, non l’ho votato, non ne ho sostenuto nemmeno la più pallida delle idee, e  più che votare la parte politica più distante a berlusconi non so che altro avrei potuto fare per restare dentro le regole democratiche. Quelle che proprio la politica e le istituzioni, nella figura del capo dello stato che adesso piange, come se arrivasse da chissà quale altrove e si fosse accorto solo oggi di berlusconi e del manipolo di eversori che si porta dietro nella sua follia delinquenziale, hanno disatteso e tradito quando hanno permesso che si desse residenza al fascismo e alla delinquenza nel parlamento di una repubblica democratica.

Le persone come me sono le vittime del vicino di casa, non i complici. E dovrebbero chiedere un risarcimento, non essere accomunate alla follia di chi fa saltare un palazzo.
Io ho sempre votato quella parte politica che mi prometteva di liberare l’Italia dall’anomalia criminale berlusconi, che mi diceva che avrebbe fatto leggi buone, risolto il conflitto di interessi, che si sarebbe occupata dei miei problemi, non di quelli di un delinquente che per sua stessa ammissione è entrato in politica per risolvere i suoi guai con la legge e non solo glielo hanno lasciato fare ma, quando la legge, la giustizia, dopo un’estenuante lotta impari contro la sua delinquenza e quella della politica sempre complice che lo ha agevolato facendolo entrare in parlamento, facendo leggi a misura di criminale sono riuscite finalmente ad ostacolarlo ancora si presta al suo gioco facendo finta di cadere dalle nuvole. E’ tutto uno stupirsi, un meravigliarsi di un delinquente che, guarda un po’, si comporta da delinquente e non da filantropo che ha a cuore il valore della solidarietà, lo statista che vent’anni fa è sceso in campo per il bene degli italiani e per salvare l’Italia dalla deriva comunista. E ancora ieri il presidente della repubblica ha parlato di urgenze quali l’amnistia e l’indulto invece che di quella che è l’unica vera esigenza di questo paese, ovvero liberarsi di un delinquente, di un impostore, di uno che non esiterebbe a far saltare il palazzo se questo servisse ai suoi sporchi affari, interessi, e di tutti quelli che per vent’anni lo hanno lasciato fare.

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Napolitano: “Valutare amnistia”
M5S: “Prepara il terreno per B.”

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I troppi servi della vergogna
Antonio Padellaro –  29 settembre

Una tale insopportabile vergogna non ha precedenti. Nelle democrazie occidentali ma neppure, a quanto si sa, nei Paesi del Terzo mondo o nei più sperduti Staterelli africani non si è mai visto un condannato per reati gravissimi disporre a suo piacimento di 97 deputati, 91 senatori e cinque ministri imponendo loro le dimissioni del Parlamento e dal governo come si fa con la servitù, anzi peggio visto che i domestici hanno diritto almeno a un preavviso. A parte i tardivi borbottii di qualche Cicchitto e Quagliariello (e il dissenso di Marina B. forse al corrente del fragile equilibrio psichico del padre), i camerieri del pregiudicato hanno prontamente ubbidito, alcuni per la sottomissione scambiata con una poltrona, altri per pura cupidigia di servilismo. È questo il vero cancro che sta divorando la democrazia italiana condizionata da un personaggio che pur di estorcere un qualcosa che possa salvarlo dalla giusta detenzione e dalla giusta decadenza da senatore non esita a mandare a picco il Paese che domani potrebbe essere investito da una nuova tempesta finanziaria. E tutto con la risibile scusa elettorale della contrarietà all’aumento dell’Iva. Come ha potuto Napolitano mettere il governo nella mani di un simile individuo? Come hanno potuto Letta e il Pd accettarlo come alleato?

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VIDEO – PADELLARO: “CIECA OBBEDIENZA A BERLUSCONI TUMORE DELLA DEMOCRAZIA”

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Lacrime di coccodrillo
Marco Travaglio – 29 settembre

Da qualche tempo a questa parte, appena prende la parola, il che gli accade ormai di continuo, in una logorrea esternatoria senza soste, anche due volte al giorno, prima e dopo i pasti, il presidente della Repubblica piange. È una piccola variante sul solito copione: il monito con lacrima. A questo punto mancano soltanto le scuse al popolo italiano, unico abilitato a disperarsi per lo schifo al quale è stato condannato da istituzioni e politici irresponsabili. Cioè responsabili dello schifo. L’altro giorno, mentre Letta Nipote garantiva agli americani che il suo governo era stabile e coeso come non mai e B. raccoglieva le firme dei suoi 188 servi in Parlamento per minacciare di rovesciarlo, Napolitano definiva “inquietante” la pretesa del Caimano di condizionarlo per fargli sciogliere le Camere e interferire nei processi giudiziari. E lo dice a noi? Sono anni e anni che lui, non noi, corre in soccorso dell’Inquietante non appena è in difficoltà. Lo fece nel novembre 2010, quando Fini presentò la mozione di sfiducia al governo B. e lui ne fece rinviare il voto di un mese, dando il tempo all’Inquietante di comprarsi una trentina di deputati. Lo rifece nel novembre 2011, quando B. andò a dimettersi per mancanza di voti alla Camera, e lui gli risparmiò le elezioni anticipate, dando il tempo all’Inquietante di far dimenticare i suoi disastri quando i sondaggi lo davano al 10 per cento. Lo rifece quest’anno, dopo la batosta elettorale di febbraio (6,5 milioni di voti persi in cinque anni): prima mandò all’aria ogni ipotesi di governo diverso dall’inciucio, tappando la bocca ai 5Stelle che chiedevano un premier fuori dai partiti; poi accettò la rielezione al Quirinale, sostenuta fin dal primo giorno proprio da B., quando ancora Bersani s’illudeva di liberarsi della sua tutela; infine impose le larghe intese, in barba alle promesse elettorali di Pd e Pdl, e nominò premier Letta Nipote che, come rivela Renzi nel suo libro, era stato scelto da B. prim’ancora che dal Pd. L’idea di consultare gli elettori gabbati per sapere che ne pensavano (come si appresta a fare l’Spd con un referendum fra i suoi elettori prima di andare a parlare con la Merkel), non sfiorò nessuno. Tanto i giornaloni di destra, centro e sinistra suonavano i violini e le trombette sulla “pacificazione” dopo “vent’anni di guerra civile”. E B., semplicemente, ci credette: convinto che Napolitano e Pd l’avrebbero salvato un’altra volta. Il Fatto titolò: “Napolitano nomina il nipote di Gianni Letta”. Apriti cielo. A Linea notte Pigi Battista tuonò contro quel titolo “totalmente insensato, eccentrico, bizzarro, non certo coraggioso” perché “non riconoscere che Enrico Letta sia una figura di spicco del Pd e scrivere che la sua unica caratteristica è essere nipote di Gianni Letta è una scemenza. Non vorrei che passasse l’idea che ci siano giornali, come il Corriere su cui scrivo, accomodanti e trombettieri, e altri che dicono la verità, sono coraggiosi, stanno all’opposizione”. Ieri il coraggioso Corriere su cui scrive Battista pubblicava le foto di Enrico e Gianni Letta imbalsamati che sfrecciano sulle rispettive auto blu dopo l’incontro al vertice di venerdì, quando “a Palazzo Chigi arriva anche lo zio di Enrico, Gianni Letta. Incontri non risolutori, che preparano il colloquio delle 18 al Quirinale”. C’era da attendersi un puntuto commento del coraggioso Battista per sottolineare quanto fosse insensata, eccentrica, bizzarra questa simpatica riunione di famiglia fra il premier e lo zio, sprovvisto di qualunque carica pubblica, o elettiva, o partitico, che ne giustificasse la presenza a Palazzo Chigi. L’indomani Napolitano lacrimava alla Bocconi perché B. ha “smarrito il rispetto istituzionale”. Perché, quando mai in vent’anni l’ha avuto? Per smarrire qualcosa, bisognerebbe prima possederla. Intanto il ministro Franceschini, in Consiglio dei ministri, si accapigliava con Alfano: “Voi volete solo salvare Berlusconi!”. Ma va? E quando l’ha scoperto? Infine ieri, mentre tutti parlavano di fine del governo e di “punto di non ritorno”, Napolitano dimostrava che il punto di non ritorno non esiste, la trattativa Stato-Mediaset è più che mai aperta: infatti chiedeva, eccezionalmente a ciglio asciutto, “l’indulto e l’amnistia”. Ma sì, abbondiamo. Così sparirebbero per incanto i processi Ruby-1 e Ruby-2, De Gregorio, Tarantini, Lavitola, la sentenza Mediaset e tutti i reati commessi da B. ma non ancora scoperti. I detenuti perbene dovrebbero dissociarsi e rifiutare di diventare gli scudi umani per B.&N., a protezione del sistema più marcio della storia. Essi sì avrebbero diritto a versare qualche lacrimuccia. Invece in Italia lacrimano solo i coccodrilli: chi è causa del nostro mal, piange al posto nostro.

Il vilipendio nello stato

Il vilipendio allo stato è un presidente della repubblica che si permette di abbracciare la figlia di un pregiudicato morto da latitante nella sua veste ufficiale, quella del presidente di tutti i cittadini, anche di quelli che non rubano, non corrompono, non frodano lo stato e non si lasciano corrompere.
Un presidente, capo supremo della Magistratura che ascolta senza battere ciglio gli insulti della figlia del pregiudicato latitante ai giudici, che quando c’è da prendere una posizione non è mai a favore di chi combatte la criminalità ma per ragioni a noi sconosciute sceglie di rimproverare quei giudici infamati e insultati ha scelto da solo di non rappresentare più la società civile. Io non voglio essere rappresentata da un signore che non sa perché non vuole, ma tutto fa pensare che non possa, prendere una posizione netta in difesa dello stato e dei cittadini. Nella mia repubblica il presidente della repubblica non partecipa alle commemorazioni per il trentennale del governo di una persona che ha concluso la sua carriera politica e la sua esistenza umana in modo indegno.

E, per queste e molte altre cose nessuno, di fronte alla minaccia di un pregiudicato che ha evidentemente ottimi argomenti per ricattare lo stato, e a  un presidente della repubblica che se la prende coi giudici e da loro,  non da una politica indecente pretende comportamenti integerrimi parlasse più di minacce e offese che arrivano dalla Rete.

Per decenza, mica per altro.

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TRATTATIVA STATO-MAFIA, E’ L’ORA DELLA VERITA’  – Antonio Ingroia

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OMAGGIO A CRAXI E INSULTI AI GIUDICI: NAPOLITANO STA ZITTO

LA FIGLIA STEFANIA ATTACCA LA PROCURA DI MILANO MA AL CONVEGNO SUL LEADER PSI, IL PRESIDENTE APPLAUDE

[Paola Zanca – Il Fatto Quotidiano]

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Ci sarebbe quasi da ridere riascoltando oggi quel profluvio di parole ipocrite sul ‘bene del Paese’ e sul ’senso di responsabilità’, si è visto quanto siete stati responsabili, gli uni a zerbino di un delinquente e gli altri a far finta di stupirsi, ohibò era un delinquente!, ma pensa!, noi credevamo che fosse la Merkel! [Alessandro Gilioli]
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Napolitano dove la cerca l’ispirazione sul da farsi, mentre un manipolo di eversori mascherati da parlamentari sta facendo da scudo umano a un delinquente, nei bei discorsi di Stefania Craxi, la figlia del noto pregiudicato morto da latitante?

E io, noi, tutti dovremmo rispettare uno stato, la politica e le istituzioni che stanno a sentire una che straparla ancora di giudici comunisti, del trattamento ingiusto riservato a suo padre, un corrotto che è scappato per sottrarsi alla giustizia, in presenza di un presidente della repubblica nonché capo del CSM che non si alza e se ne va in rispetto di quella Magistratura che rappresenta in qualità di suo capo supremo ma abbraccia affettuosamente la figlia del pregiudicato latitante, nella sua veste ufficiale, una che difende un delinquente che si sta cercando ad ogni costo di far entrare nella storia come se non lo fosse stato? 
Quale rispetto per chi assiste inerte alla minaccia, non pensa che sia il caso di far smettere un pregiudicato e i suoi sodali di usare il parlamento come scenario di un ricatto che ha come obiettivo la salvezza di un pregiudicato? Con un paese al fallimento, mentre gli avvoltoi stanno già spolpando la carcassa la politica e le istituzioni si lasciano ricattare da un delinquente come se fosse la cosa più normale del mondo che un fuorilegge abbia la possibilità di avere il cerino in mano pronto per far esplodere la miccia? E mentre succede tutto questo si fa finta di essere nel paese normale nel quale i politici e le istituzioni possono permettersi di andarsene in giro su e giù per l’Italia e per il mondo a fare i loro bei discorsetti filosofici su tutto ovvero sul solito nulla per catalizzare l’attenzione altrove dal problema? Un vicepresidente del consiglio, ministro dell’interno, ovvero la persona che ha fra le mani la sicurezza dello stato e di noi tutti può dire liberamente e pubblicamente che il centrodestra di cui fa parte non è disposto a gesti di responsabilità e non succede niente? 

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LARGHE ESTORSIONI  – Antonio Padellaro

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Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

50 sfumature di Nano 

Marco Travaglio, 26 settembre

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Nel verminaio scoperchiato dalle intercettazioni dell’ennesimo scandalo Tav, quello di Firenze, c’è una frase che racchiude in sé gli ultimi 20 anni di politica italiana. La pronuncia Maria Rita Lorenzetti, ex governatrice pd della Regione Umbria, laureata in filosofia e dunque presidente di Italferr (la società di ingegneria delle Fs), quando uno dei suoi uomini l’avverte che lo scandalo è stato denunciato alla Procura. Testuale: “Oh ma ti rendi conto, cazzo! Che siamo diventati… ma io… guarda, ma veramente ci fanno diventare berlusconiani, è così!”. Ora che è agli arresti per associazione per delinquere, corruzione e traffico illegale di rifiuti, la zarina rossa potrà meglio riflettere su quella voce dal sen fuggita. E magari giungere alla conclusione che il rischio da lei paventato – “diventare tutti berlusconiani”–è già realtà. Non solo per lei che, a sentirla parlare, è impossibile distinguerla da un Verdini o da un Formigoni. Ma per tutto il politburo del Pd. Non c’è più né destra né sinistra. Al massimo esistono varie sfumature di berlusconismo: dalle più light alle più strong , dalle più soft alle più hard . Ma tutte accomunate dall’arroccamento castal-partitocratico (il “primato della politica”), dall’allergia per i poteri di controllo indipendenti (i pochi magistrati non allineati e le rare sacche di libera stampa) e da una sorda ma rocciosa ostilità alla Costituzione. Fuori dal recinto berlusconiano non c’è agibilità politica, culturale, giornalistica. Lo dimostra l’isolamento siderale dei 5Stelle, i soli in Parlamento a parlare un linguaggio totalmente estraneo al modello-base e da tutti guardati come marziani. Perciò le larghe intese sono una ferita sanguinante per gli elettori del Pd, mentre per gli eletti sono nient’altro che un’abitudine. Solo così spiega la nonchalance con cui il Pd s’è consegnato nelle mani di un noto condannato, prima facendogli scegliere il nuovo (si fa per dire) presidente della Repubblica, poi portandoselo al governo, infine pregandolo di restarvi anche dopo la condanna definitiva (con ridicoli inviti a “fare un passo indietro”). Lo sapevano e lo sanno tutti che B. sta al governo e in Senato solo per farsi gli affari propri e non finire in galera. Ma tutti hanno finto che fosse lì per spirito di servizio, per empito riformatore, per il bene del Paese. E ora fingono di meravigliarsi se, approssimandosi la data della decadenza dal Senato (ma soprattutto dall’immunità), fa un fischio e tutti i suoi parlamentari e ministri del Pdl scattano come un sol uomo per consegnargli le dimissioni in bianco. Non è l’ultimo atto: è solo l’ennesima estorsione di un interminabile racket – la trattativa Stato-Mediaset – per minacciare il Pd e soprattutto il Quirinale in vista dell’agognato salvacondotto. Mossa per nulla imprevista, anzi più volte annunciata. Ma accolta ancora una volta come un fulmine a ciel sereno da chi seguita a fingere di non sapere con chi ha a che fare. In un paese perlomeno decente, gli artefici e i trombettieri delle “larghe intese”, quelli che ancora l’altroieri blateravano della “lezione tedesca” come se la Merkel fosse la gemella di Berlusconi e l’Spd un Pd con la S, scaverebbero un buco e vi sprofonderebbero dentro, chiudendo il tombino. Ma non accadrà: si attendono nuovi appelli a B. perché ritrovi il suo proverbiale senso di responsabilità e al Pd perché si metta una mano sulla coscienza e una sul portafogli, salvandolo come ha sempre fatto. Seguiranno nuovi moniti di Napolitano, cioè del primo responsabile di questo sconcio. Ieri assisteva silente su un trono dorato, circondato da noti pregiudicati, ai deliri di Stefania Craxi contro i giudici “comunisti” che perseguitarono il padre Bettino, anzi il “Mitterrand italiano”. Un’altra scena che riassume a perfezione l’abisso in cui siamo precipitati: il presunto garante della Costituzione e presidente del Csm che non dice una parola, né pensa di alzarsi e andarsene, dinanzi a un’esagitata che beatifica un corrotto latitante e dà in escandescenze contro il potere giudiziario. Sono già tutti berlusconiani, a loro insaputa.

Rinnovo l’invito: qualcuno ci invada

Sottotitolo: un ringraziamento speciale a Marco Travaglio e Andrea Scanzi che continuano praticamente ogni giorno a spiegarci la chiave di lettura delle dinamiche dei talk show nonostante e malgrado sia una fatica ed un dispendio di energie abbastanza inutile nel paese dove tutti sapevano e sanno tutto e non c’è bisogno di nessuno che lo spieghi. Forse è per questo che l’Italia è ridotta ai minimi termini: perché tutti sapevano e hanno agito di conseguenza, politica e istituzioni comprese.

Questo è il paese dove  si fanno le pulci a chi almeno ha il coraggio di dire le cose come sono. Troppo facile così. E troppo facile anche accusare di filogrillismo chi condivide l’ovvio e il pertinente. Persona più libera di me politicamente non c’è, dicevo e scrivevo in tempi molto meno sospetti di questo che non bisogna innamorarsi della politica, bisogna vigilarla a vista, non prendere le difese di gente che ha la possibilità di mandare la digos a casa di chiunque, anche dei cittadini onesti, quando vuole.

Quando ho iniziato ad interessarmi della politica l’ho fatto per difendermi, non per diventare come quelli che la fanno e quelli che sostengono chi l’ha ridotta così male.

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LA PUTTANATA  – Marco Travaglio, 11 settembre 

IMPERVERSA IL FUNARISMO 2.0 E I TALK POLITICI DIVENTANO POLLAI  – Andrea Scanzi, 11 settembre

AGLI ORDINI DEL COLLE  Antonio Padellaro, 11 settembre

NAPOLITANO CHIEDE UNITÀ, IL PD SI ADEGUA E SALVA B. Fabrizio d’Esposito, 11 settembre

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Per tutti quelli che “se i 5 stelle avessero fatto altre scelte”, tipo l’accordo con chi non ha trovato disdicevole l’alleanza col partito del delinquente dopo averlo sostenuto in modo più o meno occulto per una ventina d’anni.
I 5 stelle sono stati gli unici a mantenere una certa coerenza, tutti gli altri l’hanno svenduta per il bene della pacificazione nazionale dunque di berlusconi, e non bisogna aver votato il MoVimento per ammetterlo. Ora che ve/ce lo hanno detto in tutte lingue del mondo, potreste per favore smetterla di ravanare sempre in un torbido che non c’è?

Producono il caos, poi lo usano. Alessandro Gilioli, 11 settembre

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Tutto sommato gli eventi “politici” di queste ore aiutano ad inquadrare meglio la situazione nel suo complesso.

Aiutano a difendersi da quelli che vogliono fare la morale a chi incrocia il suo pensiero, e le sue opinioni, talvolta o più spesso condividendo entrambi con quello che esprimono i deputati 5 stelle di fronte alla presidente della camera che trova ingiurioso chiamare i ladri, ladri, ripetendo l’invito a “non offendere”per ben tre volte, forse per convincersene lei per prima. 

A questi, quelli che “con Di Pietro mai”, e “con Grillo mai” andrebbe risposto, come dice il mio amico Andrea, che sono alleati stretti stretti con la destra più fascista e negazionista che abbia mai occupato il parlamento dopo il ventennio di mussolini il quale, secondo il noto pregiudicato, non ammazzava nessuno, mandava la gente in vacanza e qualcosa di buono l’ha fatto anche lui.
E dovrebbe forse bastare per zittirli e farli vergognare, magari in segreto.

Aiutano a non sentirsi troppo colpevoli per tutte le volte in cui per sfinimento un po’ tutti abbiamo detto o pensato che, alla fine, “sono tutti uguali” perché nei fatti lo sono, perché se non lo fossero stati non saremmo mai arrivati fino a qui, a dover assistere allibiti, attoniti, nauseati ad uno spettacolo indegno: quello di una politica e di un presidente della repubblica che stanno facendo l’impossibile e l’inenarrabile per annullare la sentenza che ha condannato berlusconi, non saremmo qui a discutere di un parlamento che, esclusi i nuovi inquilini, quei maleducati che chiamano ladri i ladri non può, non sa, non vuole liberarsi dell’intruso delinquente. Perché se non lo sono nelle azioni lo sono eccome nei principi, se non fosse così berlusconi stamattina sarebbe fuori dal parlamento, se invece questo fosse stato un paese normale non ci sarebbe mai nemmeno entrato. 

E quello che non si può sopportare è il tentativo di  mettere il sigillo dello stato, della democrazia su questa operazione disgustosa, eversiva che è quella di sottrarre un delinquente dalle sue responsabilità penali, cosa che non si potrebbe fare perché non è giusto né legittimo fare nei confronti di nessun altro cittadino, qualcosa che in nessun paese definito normale, civile e democratico davvero sarebbe mai potuta accadere.

L’attentatuni, ovvero, il grande attentato

Se berlusconi pensa che lo vogliano privare ingiustamente della sua libertà, se la riprendesse da se medesimo assumendosene la responsabilità senza mettere in mezzo lo stato, le istituzioni e noi cittadini.

Faccia preparare uno qualsiasi dei suoi potenti mezzi di aria, di terra e di mare e si dia alla latitanza, che poi è l’unico modo per un delinquente, uno che ha violato le leggi del suo stato, di poterla riottenere, come già fatto in precedenza da bettino craxi.

Bondi avverte: “Rischio guerra civile”
Pressing del Pdl sul Colle per salvare B. 

B. può finire in carcere. E sfida Napolitano: “In piazza lo stesso”.

Bondi paragona la condanna alla “guerra civile”. Il Quirinale tuona: “Irresponsabile”. Il corteo Pdl di oggi diventa un sit-in a Palazzo Grazioli, senza ministri. Letta: “Ricatto”. Pd: “Eversori”.

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 Manifestare contro lo stato e i suoi poteri è terrorismo, non un esercizio democratico del libero pensiero.

 Non si può chiedere al presidente della repubblica di graziare un delinquente condannato, sapendo che quella grazia non gli è dovuta minacciando la guerra civile e la Magistratura. 

Uno che pensa di aver subito delle ingiustizie ma col minimo sindacale di quel senso dello stato per il quale dice da vent’anni di essersi immolato avrebbe già bloccato l’orda dei barbari incivili che parla e agisce in sua difesa.  Quello che sta accadendo in queste ore è un attentato contro lo stato.

Invece tutti sappiamo che il promotore dell’eversione è lui, ecco perché penso che non sia il caso di farci su dell’ironia, di pensare che quelle che stanno accadendo sono cose da liquidare con qualche barzelletta di mezz’estate. 

Già qualche anno fa si mormorava che Napolitano firmasse tutto quello che gli mettevano sulla scrivania perché qualcuno minacciava azioni contro lo stato.

I tempi moderni non richiedono i carri armati nelle piazze, oggi i i colpi di stato si fanno su carta intestata.

 Il primo grado della sentenza Ruby descrive berlusconi come uno con una naturale propensione a delinquere.

berlusconi sta allo stato come Riina all’antimafia, come le religioni ad una visione moderna e civile delle società e come il pd ad un’idea di sinistra.

Tutto quello che ha a che fare con lo stato non interessa a berlusconi se non può usare lo stato per i suoi interessi, l’unica cosa che ha fatto fino ad ora, quella che lo ha portato a scendere in campo per il bene del paese e dunque il suo.

berlusconi ha già creato il precedente.

Da lui in poi tutti quelli che verranno, che avranno la possibilità di intraprendere una carriera politica, o quelli che sono già nella politica potranno, potrebbero e possono fare quello che ha fatto lui, chiedere allo stato le garanzie ricevute da lui e pretendere di averle come le ha avute lui finché gli è riuscito.

E la richiesta di grazia pretesa dai sovversivi sostenitori di berlusconi usando la minaccia, l’ultimatum, l’intimidazione di stampo mafioso  non arriva dal nulla ma anche da un certo sentire comune di tanta gente che in tutti questi anni avrebbe preferito liberare lui da ogni incombenza giudiziaria pur di non dover più parlare di lui, credendo così di liberare il paese e la gente dall’anomalia berlusconi.

Ma un paese non si libera concedendo sconti, tutele che ad altri sarebbero negate, possibilità che non è giusto offrire perché mancano i requisiti per poterle avere, leggi fatte apposta per andare oltre la legge.

Non c’è nessuna libertà né un’ipotesi di libertà nel concedere diritti extra in un paese che sulla Costituzione ha scritto e a chiare lettere che i cittadini sono tutti uguali e che la legge è uguale per tutti.

L’errore più grave che si possa fare è ritenere queste manifestazioni patetiche, o al più ridicole.
Non lo sono.
E fa malissimo a non preoccuparsi chi invece dovrebbe.
Questa manifestazioni vanno impedite perché sono contro lo stato, contro la legge, contro quel potere dello stato, la Magistratura, che è rimasto l’unico a ricordarci che abbiamo una Costituzione che va rispettata e che lavora in quella direzione, non va per le strade dell’intesa, dell’accordo e dei patti occulti coi delinquenti.

Bondi non facesse troppo lo spiritoso, perché c’è gente che all’invito alla guerra civile si farebbe trovare pronta.

In questi due decenni di scempio politico concordato reazioni popolari eclatanti non ce ne sono state. 

In altri periodi, invece, c’è stata gente che non restava a casa a guardare la televisione.

E se proprio dobbiamo parlare di guerra civile facciamolo nel caso in cui Napolitano decidesse di concedere il perdono dello stato, magari infilato in qualche riforma della giustizia sottoforma di amnistia al delinquente condannato, che mi sembra un motivo molto più serio.  

berlusconi non è nelle condizioni di poter chiedere né ricevere alcuna grazia, perché oltre alla condanna ha vari procedimenti penali ancora in corso e altri che potrebbero includerne la figura.

 Nota a margine: mi piacerebbe sapere dove si nascondono le forze dell’ordine quando persone che fanno parte dell’apparato dello stato si esprimono e agiscono da eversori terroristi.

Dove sono quelli che prendono a manganellate, a botte e a calci i no tav, gli studenti, chi manifesta per difendere il posto di lavoro ma se ne stanno  tranquilli a guardare  ministri, un vicepresidente del consiglio che vanno davanti e dentro ai tribunali per mettersi contro un potere dello stato, dicono pubblicamente cose di una gravità inaudita che a dei cittadini normali e comuni non sarebbe permesso dire senza rischiare l’arresto.

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Aveva questo in pancia, non lo sapevate? Alessandro Gilioli – Piovono rane

Eccola, la pacificazione.
Le minacce di guerra civile, la violazione assoluta della separazione dei poteri, il trattamento Mesiano per il giudice Esposito. E tutto il resto, da vomito.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, non lo sapevate? 
No, dico, quando ci dicevate che le “larghe intese” erano una scelta responsabile, anzi l’unica scelta responsabile in nome del ‘bene del Paese’, quando ci spiegavate che l’alleanza con il Pdl era come la ‘grosse koalition tedesca, né più né meno?
Chissà se quando lo dicevate eravate in buona fede, se pensavate davvero a Berlusconi come a un un normale leader di centrodestra europeo, chissà se scambiavate una speranza per una convinzione, oppure se mentivate anche a voi stessi.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, non ci voleva molto per saperlo, bastava aver vissuto in Italia negli ultimi vent’anni.
Era questo che si portava in pancia Berlusconi, e voi ci dicevate ‘estremisti’ mentre vi lasciavate accompagnare nell’abisso da un criminale eversore, e mi verrebbe da ridere se non ci fosse davvero da piangere.

Il gioco di prestigio

Il patto – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

Dice Dario Ginefra, parlamentare del Pd, che far cadere il governo in caso di condanna definitiva di Berlusconi sarebbe «venir meno a un patto assunto con il Presidente della Repubblica».

Ginefra, nato in Puglia ma uomo di mondo, ci ha detto insomma pubblicamente quello che tutti già sapevamo ma nessuno aveva il coraggio di ammettere. E cioè che in Italia c’è stato un patto tra il Pd, Berlusconi e Napolitano per arrivare alle ‘larghe intese’ e perpetuarle qualsiasi cosa accada.

Un patto non scritto – certo, ci si vergognerebbe a scriverlo – su cui tuttavia si regge tutto lo status quo. Un patto che trascende da tutto: dalle scelte politiche del governo così come dalle eventuali condanne del Cavaliere.

Un patto siglato in stanze chiuse e, com’è evidente, del tutto extracostituzionale.

Ed è proprio a questo patto che hanno puntato – con successo – i famosi 101.

Ringraziamo Ginefra per il coming out. Sarebbe tuttavia interessante sapere che cosa di questo patto pensa la maggioranza degli italiani – elettori di Ginefra compresi.

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Noi intanto stiamo ancora scontando la nostra condanna, roba che in Italia vent’anni non li danno nemmeno a chi ammazza una persona, per noi non ci sono state nemmeno le attenuanti, un indultino, un’amnistiuccia anche minima. E’ praticamente un fine pena mai quello che stiamo subendo.

Sottotitolo:  il termine “patto” evoca un nonsocché di stampo mafioso.

In politica sarebbe meglio usare il termine “accordo”, così, giusto per dare un diverso garbo semantico a quella che è e resta comunque una porcheria irricevibile, ovvero un paese fatto ostaggio dalla politica circa i reati di berlusconi, i processi di berlusconi, le sentenze che riguardano berlusconi e di berlusconi. E il dramma nel dramma è continuare a sentir dire a tutti che l’eventuale condanna di b non DEVE avere ripercussioni sul governo, e invece dovrebbe, eccome. Se questo fosse un paese normale, posto che in un paese normale non ci sarebbe mai stato un berlusconi in parlamento.

In ogni caso  l’unico patto che la politica è chiamata a rispettare non è quello stretto nelle segrete stanze con “chillo che voi sapete chi è”, l’innominabile grazie al lodo Grasso – Boldrini, ma quello fra la politica e gli elettori.
In un paese normale, in una democrazia parlamentare il pdr non si sceglie il governo a sua immagine e somiglianza, non va a disturbare i Magistrati che, secondo lui non consentono al pregiudicato imputato di non poter partecipare alla vita politica, mentre secondo loro e noi vorrebbero semplicemente applicare quella legge uguale per tutti come la Costituzione che NPLTN dovrebbe proteggere, farsene proprio scudo umano, comanda.

 L’entrata in scena di b dopo i disastri di tangentopoli rievoca un po’ Portella della Ginestra quando, per il timore che in Italia avanzasse un governo di sinistra dopo il ventennio fascista qualcuno, che ha nomi e cognomi: il vaticano, l’America e la mafia [e questa è storia, non la mia opinione, ci sono documenti a conferma di quello che scrivo, basta consultare la Rete] ha pensato ad un’azione, la strage dei braccianti che festeggiavano il 1 maggio dopo la caduta del fascismo,  che servisse a riequilibrare un sistema in cui la sinistra dava fastidio.  Non doveva avere voce in capitolo.

Mentre uno così non avrebbe mai dovuto avere la possibilità di accedere alla politica, perché a nessuno sano di mente, nessuno che avesse davvero a cuore le sorti del paese avrebbe potuto pensare che l’imprenditore che si è fatto da sé, il self made man poteva essere la soluzione, invece qualcuno ci ha pensato, per evidenti questioni di interessi che con una sinistra al governo, e allora una sinistra c’era, sarebbero stati messi in discussione e in pericolo.

E, last but not least ormai tutti dovrebbero aver capito che la politica è servita a berlusconi per sistemare i suoi privatissimi cazzi.

La politica dunque in tutto questo non c’entra nemmeno di striscio. 

E il pd continuerà, in virtù del bene del paese, dunque di berlusconi, delle necessità e priorità del paese, dunque di quelle di berlusconi col quale si vuole addirittura modificare la Costituzione, a governare [parlando con pardon] con un evasore fiscale, con uno che si teneva il boss mafioso in casa a fare  da baby sitter ai suoi figli, con un vecchio satrapo che paga[va] ragazzine per i suoi sollazzi eleganti, il che anche se non fosse il reato che invece e per fortuna è farebbe già abbastanza schifo e dovrebbe essere un motivo più che sufficiente per non voler avere niente a che fare con una persona così, e cioè con berlusconi.

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Comunque vada sarà un insuccesso, l’ennesimo fallimento di una politica che non sa agire senza avere il capobanda di riferimento.
Quello che alla fine mette la sua faccia per tutti; nel bene ma specialmente nel male, quello dietro al quale si sono nascosti tutti quelli che sapevano di agire contro le regole, la legge e lo stato semplicemente appoggiandolo, sostenendo le sue cause, non facendo nulla nel concreto per arginare il suo strapotere.

Trasformare in una questione politica in grado di mettere a rischio e pericolo la tenuta del paese e di un governo per il quale non esistono più definizioni delle sentenze che devono stabilire se è vero o no che un uomo di potere, con un enorme potere, spropositato e mai regolato da una legge sul conflitto di interessi e al quale è stato concesso di entrare in politica nonostante non ne avesse il diritto né i requisiti ha commesso o no dei reati pesantissimi, che nulla hanno a che fare con un’attività politica inesistente come la sua essendo lui il più assente dal parlamento è stato il più grande gioco di prestigio col quale il potere ha incantato gli italiani, che nemmeno il mago più perverso avrebbe potuto immaginare e realizzare, soprattutto.

E per potere intendo anche l’informazione SERVA che si adegua, che non spiega alla gente quello che succede perché deve rispondere sempre all’editore, al politico che spesso sono la stessa persona, sempre quella, e quando no fa lo stesso perché l’editore e il politico hanno [ha] le mani in pasta anche dove non dovrebbe. E quando no no perché come diceva Hugo “c’è gente che pagherebbe per vendersi”, che potrebbe essere il giusto slogan per l’ottanta per cento abbondante dei disinformatori italiani.

Perché che berlusconi parli della Magistratura come di un potere anomalo che vuole sovvertire la volontà popolare ci sta, ma che TUTTA la politica, compreso quello lì che non si deve dire lo abbia seguito in questo delirio è un crimine peggiore della somma dei reati che gli vengono contestati.

Chi se ne frega se il capo dei capi, il boss, continua a ricevere il consenso dei SUOI elettori, se in questo paese c’è così tanta gente che si fa affascinare da uno a cui piacciono i comportamenti borderline, fuorilegge, quelli che non si perdonerebbero al vicino di casa ma a lui sì significa che c’è una parte del paese da rieducare, e cosa c’è di meglio di una sentenza che dica una volta e per tutte che no, di uno così non ci si può fidare, non ci si DEVE fidare? ma di che stabilità cincischiano i lor signori del grande imbroglio? chi consegnerebbe le sue chiavi di casa a chi ha una reputazione dubbia, a chi fa della truffa e della corruzione il suo modus operandi? come dice sempre il giudice Davigo se il nostro vicino di casa è indagato per pedofilia gli affideremmo i nostri figli da portare a scuola e ai giardinetti in nostra assenza? e allora perché si deve accettare in virtù di una pacificazione, di una necessità, di un patto, niente meno, che uno con una dubbia reputazione possa avere voce in capitolo e decidere in materia di leggi, di riforme costituzionali niente meno. Dico: sono impazziti tutti quanti? quanto pensano che si possa ancora credere alla favoletta della stabilità se le fondamenta su cui la vogliono costruire portano anche la firma di silvio berlusconi? solo dei pazzi scriteriati possono pensare una cosa del genere.

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Domani è un altro porno
Marco Travaglio, 31 luglio

Orsù, signori del Pd, non vi agitate. Comunque vada a finire il processo Mediaset in Cassazione, cambia poco o nulla. Siamo in Italia, mica in un Paese serio. Altrimenti oggi si processerebbe un vecchio pensionato della politica, già da tempo allontanato dai suoi compari di partito per questioni di decenza e isolato dalle opposizioni (pare che nei Paesi seri esistano, e si oppongano pure) e dalle massime cariche dello Stato, che rifiuterebbero di stringergli la mano e farsi fotografare con lui per motivi igienici. Ma, appunto, siamo in Italia: dunque non c’è nulla che la Corte possa aggiungere sul conto dell’illustre imputato che già non si sapesse prima. Nulla che possa precludergli ciò che una legge del ’57 e i principi di disciplina e onore fissati dalla Costituzione avrebbero dovuto da sempre impedirgli: fare politica. Se la Corte annulla la sua condanna con rinvio a un nuovo appello, il reato cade in prescrizione (e sarebbe la nona volta). 

Se la Corte annulla la condanna senza rinvio (pare che il giudice relatore sia un annullatore impenitente), B. è salvo per un altro paio d’anni, finché non arriva in Cassazione il processo Ruby. Se la Corte conferma la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti dall’indulto gentilmente offerto dal centrosinistra nel 2006, B. sconterà l’anno residuo agli arresti domiciliari in una delle sue numerose dimore o, se ne farà richiesta, in affidamento in prova al servizio sociale: che, detta così, sembra una gran cosa, in realtà significa libertà assoluta con la finzione di firmare ogni giorno in qualche comunità di recupero, magari per minorenni disadattate da rieducare. Lui dice che vuole andare in galera, tanto sa benissimo (la legge Cirielli l’ha fatta lui) che non ci andrà mai neppure se insiste. Ci sarebbe, è vero, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Ma intanto deve passare dal voto della giunta e dell’aula del Senato, dove col voto segreto può succedere di tutto: anche che il partito unico Pdmenoellepiùelle trascini la cosa alle calende greche sino a fine legislatura (come a fine anni 90 con Dell’Utri) o addirittura respinga la sentenza definitiva innescando un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Consulta dai tempi biblici. 

Ma, anche se B. fosse interdetto col timbro del Senato, continuerebbe a fare politica esattamente come oggi. Come Grillo, mai eletto né candidato. E B., pur eletto, in Parlamento non mette mai piede (ha il record mondiale di assenteismo: 99,84%). In ogni caso, nessuno gli impedirebbe di presentare alle elezioni una lista Pdl o Forza Italia o Forza Gnocca o Forza Frode con su scritto “Berlusconi Presidente” e, in caso di vittoria, intestare il governo al solito prestanome (magari la figlia) in attesa che scada l’interdizione e qualche servo si dimetta per farlo eleggere al suo posto. Dunque, signori del fu Pd, cos’è tutta questa agitazione? Che sia un delinquente lo sappiamo tutti da anni, basta leggere una sola delle sue sentenze di prescrizione o di assoluzione perché si era depenalizzato il reato. L’unico pericolo per il governo sarebbe un vostro colpo di reni: un leader, ad averlo, che si alzasse in piedi e dicesse “con quel delinquente non possiamo restare alleati un minuto di più”. 

Ma avrebbe già potuto-dovuto accadere prima di entrare con lui in Bicamerale 15 anni fa, o nel governo Monti due anni fa, o nel governo Nipote due mesi fa. Ora è tardi. E B. il governo Letta non ve lo fa cadere manco se lo condannano, tanto comanda lui e la faccia la mettete voi. Il peggio che può capitarvi è sputtanarvi un altro po’ con i vostri elettori superstiti, ma anche qui il più è fatto. Dunque state sereni. Fate come lui che la sa lunga: se fa casino è solo per spaventare la Corte, caricandola di responsabilità che toccherebbero ad altri, e per ricattare il Pd e il Colle. Così domani incasserà l’ennesimo premio-fedeltà: tipo un’amnistia o una mezza grazia alla Sallusti che gli commuti la pena cancellando l’interdizione. 
Tranquilli, ragazzi. Domani, comunque vada in Cassazione, è un altro porno.