Modello Giuditta, ovvero, lo stereotipo

Il fatto che a molte donne piaccia essere identificate come bombe sexy, mogli e madri rassicuranti e disponibili senza sentirsi strumentalizzate da niente e nessuno non sfiora mai il pensiero di quelle che non condividono questi modelli? Parrà strano ma ci sono donne, me compresa, che un’immagine la decidono in base alle situazioni, di volta in volta si può essere la moglie che prepara da mangiare e apparecchia la tavola, l’amante trasgressiva ed esplosiva, la madre rassicurante e presente e anche, in molti casi, visto che la vita impone dei ritmi massacranti nella coppia, anche l’uomo di fatica, e si può scegliere di fare tutto  responsabilmente, senza il suggerimento di nessuno e senza dire di essere vittime del bombardamento mediatico.

Il problema quindi va oltre, oltre la vita impossibile che la politica costringe a vivere. Forse è per questo che le coppie oggi ‘scoppiano’ presto, perché nemmeno ce la fanno a diventare tali; per essere coppia bisogna frequentarsi di tanto in tanto e questo succede sempre meno.

Il modello culturale adeguato sarebbe quello di consentire alle donne di scegliere in autonomia cosa fare di se stesse e della loro vita, ci vorrebbe una buona politica che offrisse strutture adeguate alle donne per non metterle davanti alla scelta di lavorare o fare le madri, una giustizia che punisse duramente quei datori di lavoro che ricattano le donne, che le licenziano se rimangono incinte e non fanno ritrovare il posto di lavoro quando finisce il periodo di maternità.

E credo che siano queste le cose importanti di cui la politica e le istituzioni dovrebbero occuparsi.  Le battaglie facciamole sulla condizione delle donne che lavorano per due spicci e in assenza di strutture di sostegno, non per liberare quelle che volontariamente si spogliano anche per pubblicizzare il dentifricio.

Basta con le pubblicità delle donne che servono a tavola dice Laura  Boldrini, dunque anche basta con quelle delle donne che reclamizzano i detersivi per fare il bucato, pulire il bagno, le incrostazioni del piano di cottura, il ferro da stiro, l’aspirapolvere e tutto ciò che è connesso alle faccende domestiche.

Invece, se una donna per farci fare le pulizie, per stirare e anche per cucinare e servire a tavola la paghiamo il tutto assume un’altra dimensione, non è più offesa sessista ma un lavoro dignitoso come un altro.

 Non tutte le donne si sentono offese se vedono in televisione altre donne, pagate per farlo, quindi un lavoro dignitoso come un altro, che per pubblicizzare prodotti commerciali svolgono azioni tipiche del quotidiano come cucinare, preoccuparsi di dividere la biancheria colorata da quella bianca, togliere il calcare dal piatto doccia.  Non tutte le donne si sentono mancate di rispetto se mettono un piatto a tavola e magari riescono anche a sorridere nonostante la vita d’inferno che si vive nella maggior parte delle case e delle famiglie italiane dove incontrarsi a pranzo e a cena è diventato un privilegio invece della normalità.

Una donna può essere emancipata anche se porta i piatti a tavola.

Io direi che bisognerebbe smetterla di considerare offensivi i lavori domestici in generale. Chiunque li svolga, visto che sono sempre di più gli uomini che si adattano a cucinare, stirare e pulire.  

Il problema è che le donne che stanno a casa vengono viste dalle altre, quelle che lavorano, come delle frustrate, non realizzate, mancanti anche del minimo indispensabile di cultura. Sembrerà strano, invece, pensare che leggono i libri, si impegnano a stare al passo coi tempi, si curano e non si trascurano e non sono tutte lì a leggere gossip e a guardarsi le telenovelas.

E poi, non sono state le donne stesse a rivendicare quell’autonomia dall’uomo per vantarsi di essere capaci a fare tutto senza l’ausilio del sesso forte?  Noi sempre più brave, più capaci, con una marcia in più […], c’è chi addirittura invoca il predominio delle donne in politica riponendo in loro una maggior fiducia rispetto agli uomini come se non fossero donne  Fornero, Gelmini, Carfagna, Santanché la cui azione “politica” conosciamo molto bene e  di emule di Nilde Jotti in politica non se ne vedono in questo sciagurato  centrosinistra. E allora   perché mai dovremmo intravvedere i pericoli in scenette da fiction utilizzate per pubblicizzare la qualunque? Ai figli, maschi e femmine insegniamo il rispetto,  ad esempio  che i panni sporchi si mettono in lavatrice, e che il pavimento del bagno dopo la doccia si può asciugare. E ai mariti e compagni che la giacca e il pantalone dopo averli indossati si riposizionano sulla stampella e si rimettono nell’armadio.

Anche se c’è una moglie e una madre che sta a casa.

Tante donne usano ancora quelle battute ridicole quali “avere le palle”, per descrivere la donna in gamba o quella secondo cui DIETRO un uomo di successo ci deve essere per forza una grande donna [dietro, non vicino, al fianco, casomai], io le trovo molto più offensive della pubblicità per esempio. Ma ci sono tante donne spigliate, intraprendenti ed emancipate che le usano nel loro linguaggio corrente e non se ne accorgono.  Cerchiamo di andare a monte del problema. Quante di quelle donne che approvano Laura Boldrini mandano le figlie al catechismo? voglio dire; se di liberazione si deve parlare che sia ad ampio raggio, liberiamo quindi anche quelle che saranno le donne di domani dal retaggio di una religione che ha voluto la femmina DOPO l’uomo [affinché l’uomo non restasse solo] e anche DOPO gli animali.

Io sono per la libera scelta delle donne, questa battaglia sulle cose superficiali non la condivido, i modelli culturali da abbattere sono altri, non penso debba essere un problema della politica se a tante donne piace pubblicizzare le pentole o il costume da bagno.

Voglio capire cosa impedisce ad una donna di emanciparsi anche se si occupa di un marito della casa e dei figli.

Per quale motivo il mestiere di moglie e madre dovrebbe svilire. Io, che sono rimasta a casa per scelta quando mi presento dico che sono una privilegiata, non dico mica di sentirmi defraudata del mio diritto ad emanciparmi.

Parliamo delle donne vere che si fanno il mazzo piuttosto. Di quelle che vanno a lavorare, assunte dai padroncini delle cooperative [de’ sinistra] giorno e notte per sei euro e cinquanta l’ora e che magari avessero il tempo e la possibilità di mettere un piatto a tavola.

 Tutto questo maschilismo che offende non lo vedo.

Perché c’è anche il maschilismo condiviso piacevolmente da donne che a interpretare certi ruoli ne traggono vantaggi senza nessun senso di colpa.

E se ci sono donne a cui piace abbrutirsi, ingrassare, nutrirsi con i reality show e il gossip facciamo una legge per vietare di mangiare, comprare riviste e guardare certi programmi in tv? per quale motivo dovrei essere solidale con chi si fa abbindolare dalle scemenze che guarda in televisione?  Se ci sono sciagurate che si vendono al satrapo per i soldi e la particina in tv e le stesse madri gliele mettono a disposizione non capisco che c’entra la pubblicità. E se una donna non si sente defraudata a fare quelle cose che per Laura Boldrini sviliscono le donne [sempre tutte eh? mi raccomando] chi siamo noi per metterci di traverso? libertà è anche poter scegliere cosa è offensivo e cosa no.

Sono io la prima a dire che in tante famiglie si sbaglia ad assegnare i ruoli ai figli, che maschi o femmine vanno educati nello stesso modo, che ai maschi come alle femmine va insegnato a collaborare in casa e che i genitori dovrebbero smetterla di comprare  tavole da stiro, cucine giocattolo assegnando alle femmine un destino già da bambine, così come i compagni vanno istruiti a non considerare le mogli e compagne come donne a tutto servizio, ecco perché questa manipolazione mediatica che vede le donne sempre vittime anche quando non lo sono io non la sopporto più.

Se qualcuno pensa che basti eliminare le pubblicità per migliorare la condizione delle donne che si accomodi pure. Io no, non lo penso.

Penso invece  che non serva nemmeno un cultura superiore per capire che quello che ci propina la tv è al 90% finzione, che le pubblicità  danno un’idea non distorta ma falsa di TUTTO, non solo delle donne, proprio perché nelle pubblicità si esasperano i concetti allo scopo di far presa sul pubblico, penso che non ci sia proprio nessuno che creda davvero che la famiglia del mulino bianco dove la mamma è sempre perfettamente truccata, vestita, disponibile e sorridente alle otto di mattina sia una realtà e non invece una finzione da set allestita per reclamizzare dei biscotti. 

Ammenoché ci sia chi crede che con una gomma americana si possano fare fontanelle e farle zampillare sulla propria lingua.

2 thoughts on “Modello Giuditta, ovvero, lo stereotipo

  1. vogliamo poi dirla tutta la faccenda? Le persone facoltose di cui io curo gli affari sono anni ormai che in casa si fanno servire dal domestico filippino, molto più preciso, equilibrato che se ci spendi un po’ di tempo lo puoi trasformare anche in un modesto chef. Di questo passo le donne si troveranno sempre più limitate nella ricerca della propria dignità lavorativa, però conosco una coppia di filippini ormai qui da noi da più di 30 anni con due figli laureati e che quando i piccini erano piccoli la donna invece di andare ad ore, se ne stava a casa e pensava a tutte le incombenze domestiche mentre l’uomo accudiva la casa altrui ma portava a casa i soldi per tirare avanti.

    • Ecco, tanto per confermare.
      C’è questo tentativo di collegare situazioni l’una con l’altra e associarle tutte alla violenza. Ma non è così. E soprattutto c’è quello di far passare sempre e solo gli uomini come i mostri cattivi che maltrattano le donne, le picchiano, le ammazzano, si fanno portare il piatto a tavola per pretesa. E non è così neanche questo.La maggioranza delle donne vive delle difficoltà enormi che non hanno niente a che fare con la prevaricazione maschile e maschilista né con la violenza di genere. E nelle famiglie, in generale, le difficoltà, i problemi e i drammi sono altro.

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