Sottotitolo: gli ex DS e già Pd potrebbero, ad esempio, vendere un po’ delle loro proprietà immobiliari sparse nei centri storici di tutta Italia intestate a quelle fondazioni che a nulla servono se non a far accumulare soldi dalla politica che poi li spende nei modi che abbiamo imparato a conoscere.
Sarebbe un bel modo di ripianare il debito che l’Unità ha accumulato con le banche e che noi dovremo pagare non si capisce bene perché, a che titolo tutti gli italiani devono accollarsi il risultato delle scelleratezze di qualcuno.
Non si capisce perché lo stato siamo noi quando c’è da pagare e da farci carico delle nefandezze della politica ma non lo siamo poi in altre occasioni in cui il nostro parere viene ignorato e non considerato.
Sono tutti democratici coi finanziamenti degli altri.
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“Dovrà essere un giornale di sinistra”, disse Gramsci a proposito del suo giornale, poco tempo dopo il regime di mussolini zittì con la galera il creatore della storica testata che all’epoca scriveva davvero contro il potere – e che potere, mica pizza e fichi come adesso – non ci si accomodava dentro come si usa fare ai giorni nostri. All’epoca l’opposizione al potere costava anche la galera, la morte, oggi che nessuna vita sarebbe in pericolo l’opposizione diventa eversione, populismo, viene zittita con altri sistemi meno cruenti ma più efficaci proprio perché vengono lavati e sterilizzati ammantandoli di legittimità democratica anche quando sono tutt’altro da ciò. L’interlocutore di un giornale è il cittadino che lo compra e lo legge, non il politico di riferimento a cui il giornale sa che non deve dare un dispiacere. Un giornale dà le notizie, possibilmente esatte e non deve essere un problema dei giornalisti quello che accadrà dopo. L’Unità muore perché in questo paese è morta la sinistra comunista, quella di Gramsci, uccisa dai suoi stessi dirigenti, gli stessi che dopo essersi venduti al miglior padrone, quello del patto, non stanno muovendo un dito ma al contrario assecondano il delirio di un ragazzotto assurto al potere senza referenze, meriti né quell’autorizzazione democratica che solo i cittadini possono dare.
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Quando un giornale chiude è sempre una sconfitta, una perdita, non mi unisco al coro degli stupidi irresponsabili che gioiscono per il fallimento de l’Unità augurandosene presto altri; solo dei cervelli a brandelli possono pensare che un paese senza giornali sia più libero.
Il problema non sono i giornali ma la loro cattiva gestione, è il conflitto di interessi che si fa cancro, metastasi e corrode tutto. Sono i troppi soldi spesi male messi a disposizione dallo stato per finanziare quello che dovrebbe essere un servizio per la gente mentre qui e solo qui diventa cassa di risonanza del potere.
Perché qui e solo qui si permette al potere di allungare le mani ovunque, se c’è un ambito dal quale la politica dovrebbe stare lontana anni luce è l’informazione, qui invece la simbiosi è diventata virale, un morbo, una malattia inguaribile. La chiusura de l’Unità costa allo stato, cioè a noi, 110 milioni di euro grazie ad un regalino di Prodi [Le banche: «Adesso Renzi paghi il debito dei DS»], soldi che vanno ad accumularsi a quelli pagati per il finanziamento pubblico all’editoria ma che non hanno mai reso poi quello che avrebbero dovuto, altrimenti l’Italia non sarebbe ai livelli da terzo mondo per libertà di informazione. Ma questo pare non interessare ormai più nessuno.
Ecco perché è ingeneroso, ingiusto ma soprattutto falso accusare dei fantomatici altri che non sono intervenuti per sostenere l’Unità.
I motivi dello “scempio” sono altri e di vario genere, ne ho scritto già diverso tempo fa. Prima di tutto la rinuncia ad essere quel giornale della gente, del popolo che aveva in mente Antonio Gramsci quando l’ha fondato per trasformarsi in un fogliaccio di propaganda politica che in, questi ultimi anni specialmente, ha sostenuto tutto l’insostenibile, checché ne dica il buffoncello toscano che si vanta del pd che non c’entra niente mentre, e invece, c’entra tutto.
In questo paese tutto quello che tocca la politica diventa fango, per questo nei paesi civili e democratici davvero l’informazione è libera, non si fa violentare e sottomettere dai padroni del potere ma fa quello che deve, cioè controllare quello che fa il potere. Il fallimento de l’Unità va addebitato anche al conflitto di interessi mai affrontato – soprattutto da quella politica vicina a l’Unità – la cui risoluzione sembra essere impossibile e invece è più che mai necessaria, perché l’anormalità italiana è tutta e solo in questo sistema malato che permette a chi dovrebbe essere controllato di fare il controllore, un’autogestione criminosa del potere che non potrà mai intervenire quando chi gestisce il potere specialmente politico ma anche quello industriale, della finanza, non lo fa come deve perché i personaggi sono sempre gli stessi, quelli con le mani in pasta ovunque, nell’azienda pubblica come nei CDA dei quotidiani trasformati nella dependance dei palazzi.
Gli ottanta dipendenti restano senza un lavoro anche per aver accettato quella linea editoriale che è stata la prima causa del fallimento, per non aver protestato quando i vari direttori che si sono succeduti nell’era napolitana imponevano certi titoli e certe non notizie per non disturbare i manovratori, da Monti a Renzi passando per Letta, per non aver messo sull’avviso dei pericoli del patto fra Matteo Renzi e il delinquente. L’appello per salvare la Costituzione dallo stupro avremmo dovuto leggerlo su l’Unità e Repubblica mentre questi sono i giornali che più di tutti gli altri hanno omesso, nascosto, non detto in funzione dell’armonia delle larghe intese, dei governi “necessari”.
Anche a far chiudere i giornali.
L’Unità non chiude perché qualcuno le vuole male o perché Grillo ha fatto il malocchio.
Se l’Unità chiude è perché da tempo non è più un giornale, ha rinunciato alla sua funzione di voce del popolo rinnegando l’idea che aveva Gramsci quando l’ha fondato.
L’Unità chiude perché per compiacere il partito di riferimento, proprio quel pd che Renzi assolve ha, nel tempo, cacciato i suoi pezzi migliori, quelli che facevano il giornale e che lo facevano comprare. Il pd, al quale l’Unità si è sottomessa invece di fare il giornale indipendente dovrebbe chiedere scusa agli italiani per la politica infame che ha sostenuto in questi anni e che l’Unità ha enfatizzato con la sua propaganda. Se fossimo arroganti come i politici diremmo che chi è causa del suo male deve piangere solo se stesso, ma siccome noi siamo diversi e ci addolora quando un giornale chiude, non lo faremo. Io almeno no, non lo faccio.