L’eversore [re_reloaded]: ovvero, l’orrido déjà vu

Anche  il Milan di berlusconi ha rotto definitivamente gli argini del benché minimo senso di decenza, del tanto abusato esempio per i giovani mettendosi al fianco di un presidente corruttore e condannato per frode fiscale.
Ognuno ha la squadra che si merita.

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IL PRESIDENTE DELLA FIERA DI MILANO PERINI: “SEGNIAMO LE CASE DEI GIUDICI”. POI LE SCUSE

C’è stata gente che per molto meno, una battuta scritta in bacheca contro il capoufficio o la professoressa è stata licenziata, sospesa da scuola.
Questi che facciamo, li teniamo al loro posto vero? perché naturalmente si sono scusati dopo l’offesa e la minaccia quindi è tutto a posto. 
Da un certo livello in poi tutto si può dire ché poi tanto bastano le scuse e che problema c’è.

Queste sono minacce fatte in pubblico da gente che ha dei ruoli pubblici. Proprio come calderoli quando insulta la Kyenge istigando al razzismo qua si istiga al gesto violento, di stampo nazista addirittura, ci si augura che un giudice debba vivere soffrendo perché ha fatto il suo dovere.

E gli autori pensano di potersela cavare con delle semplici scuse perché sanno che non gli succederà nulla.

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La nebbia all’erto Colle caliginando sale – Massimo Rocca

Ovviamente, in un paese serio, il capo dello stato sarebbe già andato in televisione a reti unificate per denunciare il tentativo di sovvertimento dell’ordine democratico. Un delinquente condannato in via definitiva che ricatta i poteri politici legittimi del paese, né più né meno quello che facevano le brigate rosse con Moro prigioniero o Totò o curtu con le stragi dei magistrati, inviando i suoi messaggi dal covo di Palazzo Grazioli affidandoli a personaggi che vogliono salire le scale del Quirinale per depositare l’ultimatum sulla scrivania del garante del patto di pacificazione che ha, evidentemente, mancato alla sua parola. Ci sarebbero le sezioni del partito di governo allertate e il presidente del consiglio chiuso in riunione permanente con l’ambasciatore kazako o col ministro degli interni, che tanto è uguale. Invece non potendo chiedere, questa volta, alla rai di bruciare le bobine del suo discorso di insediamento, temo che riceverà i messaggeri, cui del resto ha già promesso la riforma della giustizia, proprio il giorno dopo in cui ha dimostrato di funzionare.

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Berlusconi, il Pdl ricatta sulla grazia
E la Questura gli revoca il passaporto

Il pregiudicato: “Riforma della giustizia o voto”. Il partito a Napolitano: “Clemenza o ci dimettiamo
tutti”. Letta: “Il governo deve continuare”. Notificato dai carabinieri il decreto di esecuzione pena
EPIFANI: “PRESSIONE INDEBITA SUL COLLE. E NO A RIFORMA GIUSTIZIA CHE VUOLE IL PDL”

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Berlusconi condannato? “Riformate la giustizia!”

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Se non fosse vero ci sarebbe da ridere da qui all’eternità: Napolitano che riesce ad anticipare pure berlusconi riguardo una riforma della giustizia che, se abbiamo imparato un po’ a conoscere i nostri polli sappiamo benissimo dove vuole andare a parare e a riparare soprattutto.

Però mi raccomando, non nominiamolo, non tiriamolo in ballo sennò Lauretta e l’ex superprocuratore s’incazzano.

A proposito: la presidentessa candida non si è espressa ancora sulla condanna? c’è da difendere la sacralità del parlamento che ospita un fuorilegge e la sua teppa, da offrire solidarietà spicciola all’insultato di turno o cosa? e per noi, quando arrivano le scuse?

L’unica riforma della giustizia da fare è quella per vietare una volta e per tutte ai criminali di poter mettere bocca negli affari di stato.

Di ricattare le istituzioni.
berlusconi non è più nella condizione di poter pretendere nulla, quindi tutto quello che riuscirà ad ottenere significa che è stato concordato, che fa parte del pacchetto larghe intese napoletane.

Mi chiedevo quanto si può sacrificare di se stessi per difendere, rendere accettabile, meno grave quello che non lo è.
In special modo chi proprio per ruolo e per mestiere è chiamato a raccontare, spiegare all’opinione pubblica quello che succede.
Com’è possibile dimenticarsi di essere una persona per mettersi spudoratamente al servizio di un delinquente, scrivere su un quotidiano che l’attacco allo stato è aver condannato quel delinquente e non invece avergli permesso di demolirlo con la compiacenza e benevolenza, vive e vibranti, di chi avrebbe dovuto impedirlo.

Le sentenze di berlusconi non devono interferire con la vita politica, col cammino del bel governo dei grandi imbroglioni, dicono quelle e quelli bravi, nella politica come nel giornalismo: quanto ancora dovranno prenderci in giro con questa menzogna? le sentenze di berlusconi, i comportamenti di berlusconi, i reati di berlusconi, l’immoralità amorale e indecente di berlusconi diventano politica nel momento in cui si permette a berlusconi di far diventare tutto questo arma di ricatto politico. 

Di essere se stesso quel ricatto avendo consentito, prolungando oltremodo e contro il benché minimo senso dello stato la presenza dell’abusivo impostore fuorilegge in parlamento.

Un ricatto al quale lo stato si è piegato e si piega concedendo a berlusconi quello che sarebbe impossibile chiedere e pretendere ma anche e solo immaginare di farlo, per qualsiasi altro cittadino.

In nessun paese un appena condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile viene ricevuto, e  su invito di entrambi,  dal capo del governo e da quello dello  stato, e in nessun paese un condannato in ultimo grado, quello definitivo, può andare in tv a reti unificate a dichiararsi un innocente perseguitato dai giudici comunisti.

 E la tragedia nella tragedia è che ci sia ancora  gente che non si accorge nemmeno che da vent’anni usa lo stesso linguaggio, le stesse parole, fa le stesse accuse e si difende dalle stesse accuse.
Un déjà vu vivente che non si può più sopportare, non se ne sopporta il nome, la faccia, la voce ma che può continuare a invaderci la vita perché nessuno ha il coraggio di fermarlo, di dirgli che è scaduto il tempo: il suo. 

La litania del berlusconi che andava – va – andrebbe sconfitto politicamente la ripetono da anni tutti e solo quelli che non ne hanno mai avuto la benché minima intenzione.
Una politica gobba e sottoposta ai voleri del papi padrone quanto un’informazione serva: quella alla polito ad esempio, che intravvede il colpo per lo stato nell’applicazione della legge e non nel suo contrario. Ovvero aver fatto il tutto e l’oltre per non averla applicata prima e non aver fatto nulla prima per il conflitto d’interessi in cui finalmente è caduto anche il suo proprietario, e per evitare la mole gigantesca di leggi ad personam di cui si è potuto avvalere berlusconi dopo essersele fatte fare e aver trovato un parlamento che le ha rese operative.

Diverso è invece trasformare in una questione politica i reati di berlusconi, ma se un politico commettesse un omicidio chi se ne deve occupare: la legge, gli elettori che hanno votato quello che poi è diventato un assassino o la politica? perché è la stessa cosa.

Un reato è un reato, poche storie, e quelli di berlusconi sono reati pesantissimi, non consistono nel furto del portafoglio sul metrò o del pezzo di formaggio al supermercato compiuti da chi non sa come arrivare al giorno dopo, e lo stato non può continuare a tutelare chi come berlusconi ha scelto di vivere e agire oltre la legge pensando che questo gli sia dovuto.

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Giusto ieri mi stavo chiedendo come si sentissero i Pigì Battista, i Polito,  il senatore Scalfari e tutto il corazzierume scelto che ha sostenuto con la forza della nuda lingua il bel governo dei larghi imbrogli, qui di seguito Travaglio mi rassicura sullo stato di salute del solito giornalismo embedded, stazionario come al solito: un sussulto manco a parlarne.

La dignità è una cosa seria che possono avere a cuore solo le persone serie.

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Poveretti, come s’offrono
Marco Travaglio, 3 agosto

Dopo la lunga veglia funebre nella Camera ardente e nel Senato al dente, dopo la processione a Palazzo Grazioli dei vedovi e delle vedove inconsolabili immortalati in una foto tipo Quarto Stato anzi Quinto Braccio, dopo il monitino sfuso di Sua Maestà re Giorgio I opportunamente villeggiante in Val Fiscalina (si trattava pur sempre di frode fiscale), dopo il coro di prefiche e il torneo di rosari allestiti nella cripta di Porta a Porta da un Bruno Vespa in gramaglie prossimo all’accascio, dopo la faticosa ricomposizione della salma imbalsamata in una colata di fard e cerone modello Raccordo Anulare per il videomessaggio serotino a reti unificate con smorfiette di finta commozione, sono finalmente usciti i giornali del mattino. Da leggersi rigorosamente con i guanti, per non macchiarsi le mani di un ributtante impasto di lacrime, salive e altri liquidi organici. 

Il Polito nella piaga. Estratto a sorte da un bussolotto che comprendeva anche i nomi di Ostellino, Galli della Loggia, Panebianco e Pigi Battista (quest’ultimo ammutolito dal giorno della condanna di Del Turco), Antonio Polito ha vinto l’editoriale sul Pompiere della Sera. 

Avrebbe potuto cavarsela con una sola riga: “Ragazzi, non ci ho mai capito un cazzo. Scusatemi, ora mi ritiro in convento a leggermi i pezzi di Ferrarella, che almeno sa le cose”. Invece, impermeabile ai fatti e perfino al ridicolo, ha partorito tre colonne di piombo all’interno per ricicciare la solita lagna sulle “due troppo forti minoranze che si sono aspramente fronteggiate in questo ventennio”, cioè i berlusconiani e gli antiberlusconiani, che secondo lui sarebbero uguali e avrebbero addirittura impedito all’Italia di “riformarsi”: e pazienza se i berlusconiani han sempre difeso un delinquente e gli antiberlusconiani han sempre detto ciò che l’altroieri la Cassazione ha confermato. El Drito dimentica i berlusconiani mascherati e nascosti nella cosiddetta sinistra “riformista” che han sempre fatto finta di nulla e sponsorizzato ogni inciucio, e ora si meravigliano se la condanna del delinquente (naturalmente frutto dell'”accanimento degli inquirenti”) ha un'”influenza sul governo”. 

Poi dipinge un paese immaginario, dove la maggioranza degli italiani tifa per il governo Letta che ci sta facendo “tornare con la testa fuori dall’acqua” ed è terrorizzata dal “nuovo attacco del partito giustizialista”. Il finale è una lezione di “separazione dei poteri”: che a suo avviso non significa difendere l’indipendenza della magistratura dagli assalti della politica, ma prendere la sentenza che dichiara B. frodatore fiscale e metterla in un cassetto, onde evitare il terribile rischio di “una crisi di governo”. Lui dice “tracciare una linea nella sabbia”, ma vuol dire mettere la testa sotto la sabbia. Che del resto è lo sport preferito di tutti i Politi d’Italia. Tipo il pompierino in seconda Massimo Franco, che ci spiega come “la sentenza della Cassazione regali a Berlusconi un ultimo, involontario aiuto”. Ma certo, come no: gli han fatto un favore da niente. Se lo gusterà tutto dagli arresti domiciliari. 

Ah, dimenticavo: il pezzo di Polito s’intitola “Siate seri, tutti”. Lo dice lui, a noi.
Fiat voluntas Napo. Anche sulla Stampa impazzano i manutentori del governo Napoletta. Mario Calabresi teme che “a pagare il conto della condanna di Berlusconi” sia “il Paese”: forse dimentica che il conto delle frodi fiscali di Berlusconi l’han già saldato con gli interessi quei fessi di italiani che pagano le tasse. Ma per Calabresi il problema non è un governo sostenuto da un pregiudicato, bensì che Letta possa arrivare incolume “al semestre di presidenza italiana della Ue che inizierà il 1° luglio dell’anno prossimo”: quella sarà la nostra “unica salvezza”, e anche un discreto figurone, visto che potremo finalmente esibire in tutto il mondo un governo appoggiato da un monumentale evasore fiscale.

“Mente sapendo di smentire” [cit. Dario Vergassola]

Preambolo “terzo”:   ai due marò la licenza premio [di un mese?] per votare sì mentre questo è stato impedito agli studenti che sono in giro per l’Europa a fare l’Erasmus? loro un premio da parte dello stato per il solo fatto di non andare in giro per il mondo a sparare a pescatori scambiati per pirati non l’avrebbero meritato? io nel merito del diritto nazionale, internazionale neanche ci voglio entrare, non è roba mia questa, da cittadina che osserva e che non riesce a trovare una spiegazione per situazioni che qui e solo qui si possono verificare.

Ma i due marò è la seconda volta che tornano in Italia nel giro di un paio di mesi; la prima per natale – come se fosse normale e consueto che tutti i detenuti altrove da qui abbiano la possibilità di tornare a fare le vacanze di natale a casa – voglio solo umilmente e sommessamente  ricordare che anche Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni sono italiani e detenuti dal 2010 in un carcere indiano, accusati di un delitto sul quale non è mai stata fatta chiarezza e condannati all’ergastolo, non ad una pena detentiva da scontarsi fra un intermezzo natalizio e uno causa elezioni che durerà niente meno che un mese, ma forse di questo Napolitano, ultimamente così solerte e particolarmente interventista non è stato informato.
E quello che non mi spiego è perché ogni volta che ‘sti due mettono piede sul suolo italico debbano trovare autorità civili e religiose ad accoglierli e – ça va sans dire – l’apposito giornalista che li intervista come se fossero due rockstar di ritorno da una tournée. Se le istituzioni italiane pensano che sia giusto riportarli in Italia e processarli in Italia che si attivassero per fare questo. Altrimenti sembra davvero l’ennesimo privilegio ad castam, e che a loro è permesso questo perché portano una divisa; quegli altri due poveracci non sono anche loro figli di questo paese? due accusati di aver ucciso un loro amico al quale l’autopsia fu fatta da un oculista e che sono in una cella da tre anni, non nel resort che ospita i marò? Perché Monti deve andare a stringere la mano a due accusati di omicidio? farebbe lo stesso con un accusato qualunque? e Napolitano accoglierebbe da ospite al Quirinale chi deve rispondere ad una giustizia nazionale e internazionale di duplice omicidio?

 

 

Berlusconi rompe il silenzio elettorale

Attacco ai pm: “Sono peggio della mafia” 

Arrivato alla conferenza stampa di presentazione in vista della partita tra Inter e Milan, l’ex presidente del Consiglio ha sparato sulla Germania, sul governo tecnico di Mario Monti e sui pm di Milano, violando – per l’ennesima volta – il silenzio pre-elettorale: “Da 150mila intercettazioni telefoniche – ha detto del caso Ruby – non è venuto fuori un reato”. Poi se la prende: “Nessuna regola violata”.

“Noi rispettiamo le regole e quindi il silenzio elettorale, altri non lo hanno fatto e, non potendo commentare certe dichiarazioni, chiediamo l’autorevole intervento del presidente della Repubblica, anche a tutela della credibilità della magistratura di cui il capo dello Stato è supremo garante”.

[Antonio Ingroia]

Ecco perché in questo paese non è solo berlusconi a detestare i Magistrati ma tutti quelli che pensano che una regola – sebbene deficiente come quella sul silenzio elettorale che al tempo di internet e del conflitto di interessi di b non è solo inutile ma assolutamente ridicola visto che lui si può presentare in tv sottoforma di tutto, anche di presidente del suo cesso e lo può fare perché nessuno glielo ha impedito per legge – si possano non rispettare senza che questo venga almeno considerato dalle istituzioni alte a da quelle altissime.

E’ davvero stupefacente che uno che per sentenza di un giudice ha “una naturale capacità a delinquere mostrata nella persecuzione del disegno criminoso” se ne sbatta altamente quel che resta dei suoi coglioni di leggi e regole.
Ma ancora più singolare è lo stupore di tutti quelli che poi ci ricamano su le solite critiche, i soliti titoloni di giornali e telegiornali come se questa fosse una novità di ieri o l’altroieri. .Di berlusconi si sapeva molto anche prima che la politica trasversale ma soprattutto d’alema lo legittimassero come uno statista in grado di poter gestire la cosa pubblica, e non uno che ha usato la politica per sfuggire alla giustizia, ai tribunali, per poter continuare a delinquere e ad arricchirsi senza che nessuno, oltre ai Magistrati impediti dalle leggi che un parlamento tutto intero ha votato per permettergli tutto questo, si sia mai messo di traverso.
Nei paesi normali i delinquenti si trattano da delinquenti, e dovrebbe essere così anche qui, purtroppo per noi però quell’Italia che fino a qualche decennio fa era considerata la culla del diritto, di quel diritto romano che ha ispirato le leggi e le Costituzioni di mezzo mondo si è trasformata nel postribolo dove i delinquenti possono soggiornare e continuare serenamente le loro attività criminali come se nulla fosse. Il paese dove l’unico risultato che hanno prodotto la presunzione di innocenza e il garantismo a tutti i i costi – anche di fronte a quelle che sono molto più che evidenze e flagranze – è stato quello di permettere a gente con precedenti penali gravi, che hanno commesso reati gravi, che hanno nel loro curriculum accuse gravi e all’attivo processi per reati non gravi ma gravissimi tipo lo sfruttamento della prostituzione minorile di cui è accusato quello che si permette di dire che i Magistrati sono un cancro, antropologicamente diversi dalla razza umana, peggio della mafia siciliana, di poter intraprendere e continuare un’attività politica, gestire aziende, imprese, rappresentare l’Italia in Italia e anche nel mondo.

E farlo da cavaliere della repubblica italiana.
Ma c’è un resto del mondo dove tutto questo non sarebbe mai stato possibile e che non riesce a spiegarsi come mai a silvio berlusconi nonostante sia silvio berlusconi e si comporti da silvio berlusconi sia ancora concesso di fare quello che fa e di dire le cose che dice senza che poi succeda nulla.

Non una reazione delle istituzioni e nemmeno un misero monito di un presidente della repubblica che, a pochi mesi dalla fine del suo mandato, anziché fare quello che un presidente della repubblica sarebbe chiamato a fare anche con la valigia pronta in mano, cioè difendere il paese e i cittadini, ha scelto di scollarsi dalla realtà e di fare solo il presidente di se stesso, dei suoi amici banchieri e il nemico di quei Magistrati che invece per ruolo e istituzione – essendo il capo supremo della Magistratura – dovrebbe difendere al ritmo del suo respiro.

Se penso che un parlamento intero si è bloccato per 18 anni intorno a uno che altrove ci si vergognerebbe ad  avere per vicino di casa, uno col quale non si prende nemmeno un caffè al bar, uno con cui la gente onesta non ha NIENTE da spartire né da condividere mi viene voglia di stracciarla ora, la mia scheda elettorale.
Ma sono sempre  tutti ancora lì ancora a fare i loro bei discorsini sulla responsabilità, il voto utile, rinforziamo di qua e allarghiamo dillà.
Se nemmeno stavolta uscirà una legge seria sul conflitto di interessi nessuno mi venisse più a parlare dell’utilità della politica e del MIO senso di responsabilità.
Ché se ne avessero avuto tutti un terzo di quanto ne ho io il criminale sarebbe in galera da una quindicina d’anni a quest’ora.

Habebamus Nanni
Marco Travaglio – 24 febbraio
Tutti sanno che, secondo i sondaggi, i vincitori
delle elezioni saranno due: il Pd di
Bersani, che diventerà premier (Senato permettendo)
e il M5S di Grillo, che calerà sul
Parlamento con un centinaio e più fra deputati
e senatori. Eppure venerdì, sui palchi dei due
vincitori, si è assistito a due scene molto tristi
anche se per motivi molto diversi. Mette malinconia
vedere Grillo che caccia i giornalisti
italiani: sia perché un leader democratico, per
quanto rivoluzionario voglia essere, non può
scegliersi chi deve e chi non scrivere di lui; sia
perché, della cacciata dei giornalisti alla gran
parte degli italiani non importa assolutamente
nulla. Anzi, la gran parte degli italiani la condivide
e la sottoscrive, accomunando il quarto
potere a quello politico e finanziario: e questo
non per colpa di Grillo, ma del giornalismo
italiano, che – salvo eccezioni – si sente, ed è, e
dunque appare tutt’uno con i poteri che dovrebbe
controllare. Nelle democrazie l’informazione
è considerata – salvo eccezioni – dalla
parte dei cittadini contro il potere. In Italia,
dalla parte del potere contro i cittadini. Di questo
dovrebbero occuparsi, dopo gli sdegni rituali,
i capatàz dell’Ordine e della Fnsi. L’altra
scena malinconica, almeno per chi lo stima e
gli vuol bene, è Nanni Moretti sul palco di
Bersani. Non per la scelta – legittima e prevedibile,
per certi versi anche comprensibile –
di votare Pd. Ma per un gesto simbolico che
segna la sconfitta di una stagione e la fine ingloriosa
di un percorso iniziato proprio 10 anni
fa in piazza Navona: quella dei girotondi e
dei movimenti della società civile. Anche allora
c’era un palco: piccolo, improvvisato, per una
manifestazione indetta dai dissidenti del centrosinistra
guidati da Nando dalla Chiesa contro
gl’inciuci di una coalizione polverizzata
dalle elezioni 2001 perché ridicolmente divisa
(desistenza con Bertinotti, Di Pietro fuori) e
incapace di opporsi alle leggi vergogna. “Con
questi dirigenti non vinceremo mai” urlò Nanni,
salendo a sorpresa su quel palco e lasciando
basiti i D’Alema, i Fassino, i Rutelli, i Veltroni
ivi mummificati. Sette mesi dopo, su un altro
palco ben più grande e maestoso, quello di
piazza San Giovanni gremita di folla, spiegò a
quei dirigenti falliti e tenuti giustamente alla
larga: “Io non riesco a parlare con Bertinotti,
ma voi dovevate farlo e presentarvi uniti. E
dovevate fare la legge sul conflitto d’interessi”.
Era chiaro a lui e a tutti che il ritorno di B. non
era colpa di B., ma del centrosinistra che l’aveva
resuscitato con la Bicamerale. Da allora
son passati dieci anni e alla guida del centrosinistra
c’è Bersani, ministro di quei governi
che nel 1996-2001 non fecero la legge sul conflitto
d’interessi né l’antitrust, in compenso
promossero B. a padre costituente. L’amico del
giaguaro si appresta a riportare al governo quasi
tutti quelli con cui – Moretti dixit nel 2002 –
“non vinceremo mai”. Per giunta invecchiati di
10 anni e protagonisti nel frattempo di nuove
prodezze: nel 2006-2008 niente legge sul conflitto
d’interessi, niente antitrust, niente riforma
del Porcellum, ma un bell’indulto salva-B. e
salva-Previti; e nell’ultimo anno e mezzo, l’ennesimo
salvataggio di B. morente col governo
Monti, l’alleanza Pdl-Pd-Udc, i decreti pro-Ilva,
lo scippo ai pensionati e lo sfascio Mps. Ma
ora Moretti sale sul loro palco perché – spiega
mestamente – “me l’ha chiesto Gasbarra”. Gasbarra?
E chi è Gasbarra? Poi dice che bisogna
“liberare l’Italia” da B. perché “aggredisce i magistrati”:
giusto, ma l’aggressione del Pd e del
Quirinale alla Procura di Palermo per le indagini
sulla trattativa dove la mettiamo? E l’ostracismo
a Ingroia e Di Pietro perché il Colle
non li vuole? Infine l’appello un po’ patetico:
“Stavolta fatela, la legge sul conflitto d’interessi”.
Stavolta?
Dopo cinque legislature di inciucie bugie?
Nanni, ma ci sei o ci fai?
Con questi dirigenti il Caimano vincerà sempre.
Anche da morto.

 

Campagna acquisti

Preambolo:  la Memoria doveva servire a proteggere non tanto quel presente che l’umanità vive nel periodo in cui esiste quanto, invece, il futuro in un ciclo continuo di protezione e di difesa del diritto – appunto – di esistere nel miglior modo possibile.
In questo paese invece se ne è fatto un uso sbagliato, la Memoria, quella che avrebbe dovuto impedire il ripetersi di altre bestialità è stata distorta – scientemente – in modo abbietto, funzionale al potere, ecco perché quelli che sono arrivati dopo, cioè noi, siamo ancora qui a lottare, a dover contrastare un male che avrebbe dovuto essere riposto, e da tempo, nell’armadio della storia.
Lo spread fra l’Italia e quei paesi che hanno fatto tesoro degli orrori ed errori del passato non consiste solo nelle dichiarazioni della cancelliera Merkel quando parla di responsabilità “perenne” della Germania nel merito del nazismo e della Shoah ma anche nel fatto che nessuno che di cognome fa hitler sieda nel parlamento tedesco. In questo paese la Costituzione funziona a intermittenza, come le lucine di natale, mentre non si riconoscono i diritti di TUTTI i cittadini così come dovrebbe, deve essere, è stato possibile che una che di cognome fa mussolini – che mai si è dissociata dalle teorie e dalle ideologie criminali di suo nonno né ne ha mai condannato le azioni ma anzi, spesso ha fatto apologia di quel fascismo  che in questo paese sarebbe un reato ma lo è purtroppo solo sulla carta – potesse sedere nel parlamento di una repubblica nata da una Resistenza Antifascista.

Questo non è un dettaglio insignificante, proprio per niente.

 

Sottotitolo 1: un paese dove ad un candidato politico basta acquistare un calciatore [e già qui ci sarebbe molto da dire a proposito di conflitto di interessi] per aumentare il consenso fra gli elettori merita di essere inserito fra gli stati canaglia, di essere estromesso dal circuito dei paesi civili, quelli che poi hanno voce in capitolo nel merito di decisioni che riguardano quel paese, l’Europa e il mondo intero.

E a quei cittadini che votano il partito di quel politico solo perché gli compra il calciatore andrebbero revocati il diritto di voto e i diritti civili.
Pacificamente e moderatamente.

Ogni volta che il geneticamente disonesto  ha detto, a proposito dell’acquisto di un calciatore, che la cifra era immorale ed eccessiva, o come stavolta motivando il rifiuto con altre argomentazioni [«Mi spiace doverlo dire, ma nel Milan è molto importante l’aspetto umano,  ha spiegato, ospite di “Lunedì di rigore” su Antenna3 (7 gennaio 2013). Se metti una mela marcia nello spogliatoio può infettare tutti gli altri. Io ho avuto modo, per vicende della vita, di dare un giudizio sull’uomo Balotelli, non accetterai mai che facesse parte dello spogliatoio del Milan».], l’aveva già comprato.
 Basta ricordarsi del caso Lentini [quella vicenda fu l’inizio della fine della decenza e di una parvenza di onestà in ambito calcistico], e di quando acquistò Nesta. 
Meno male che internet c’è.

Balotelli è del Milan: 20 milioni al Manchester City, 400mila voti a Berlusconi.

Secondo i politologi vicini al Cavaliere, l’arrivo dell’attaccante bresciano ai rossoneri porterà al Pdl un bonus di un punto percentuale alle prossime elezioni. Se tale proiezione dovesse diventare realtà, ogni voto sarebbe costato 50 euro.

 

Sottotitolo 2: “è  successo anche ad altri più importanti e autorevoli magistrati, a cominciare da Giovanni Falcone”.


“Più importanti ed autorevoli” non significa uguali a me.

Penso che Ilda Boccassini si meriti tutte le cose più belle del mondo, stima, rispetto ma soprattutto la soddisfazione di poter inchiodare finalmente il delinquente impunito alle sue responsabilità nei confronti della giustizia e di quel popolo italiano che ha disonorato per il solo fatto di esistere.

Ma questo coup de théâtre su Ingroia se lo poteva e doveva risparmiare.
Il suo è un giudizio di merito sulla persona [“piccola figura, si vergogni”, ma che modo è?] che peraltro non corrisponde nemmeno alla verità visto che ad Ingroia non è passato nemmeno nell’anticamera del cervello di paragonarsi a Falcone, e se la Boccassini ha pensato comunque, forse avendole ascoltate distrattamente, che fossero parole irricevibili eventualmente la critica avrebbe dovuto esprimerla privatamente al diretto interessato senza farne l’ennesimo argomento da far scivolare in mille rivoli e da trasformare in mille polemiche, sul quale ognuno poi avrebbe dato l’interpretazione che più gli conviene come infatti sta succedendo. 
A venti giorni dalle elezioni.
Nelle cose che ha detto Ingroia non c’è proprio nessun tentativo di paragonarsi a Giovanni Falcone, e una professionista seria e preparata come lei non poteva non prevedere cos’avrebbero scatenato le sue dichiarazioni.

Ilda Boccassini contro Ingroia
“Lui come Falcone? Non si permetta”

Alta strategia
Marco Travaglio, 30 gennaio

La notizia sensazionale è che le partite, per vincerle, bisogna giocarle. Mai visto nessuno che tenti la fortuna al Totocalcio senza acquistare e compilare la schedina, o alla Lotteria senza comprare il biglietto. Invece il Pd s’era illuso di vincere le elezioni senza fare campagna elettorale. Un paio di colpi d’immagine –il ritiro di D’Alema e Veltroni (solo dal Parlamento, s’intende), le primarie, l’esclusione di tre o quattro inquisiti su una dozzina – e basta: poi si aspetta che arrivi il 25 febbraio senza far niente. Fermi e soprattutto zitti, al massimo qualche detto popolare emiliano biascicato masticando il sigaro. Chè, appena ti muovi o dici qualcosa, finisci sempre per scontentare qualcuno. La geniale strategia poteva funzionare nel novembre 2011, con lo spread a 600 e il Cainano in ritirata. Se si fosse votato subito, anche gli elettori più smemorati avrebbero asfaltato il centrodestra, avendo sotto gli occhi i disastri del governo B. Invece le volpi di Via del Nazareno decisero di dare ascolto a Napolitano, altro supergenio, e rinviarono le elezioni appoggiando il governo Monti con una maggioranza dominata dal solito B. Il quale ebbe 14 mesi per inabissarsi, far dimenticare le sue vergogne, dissociarsi dalla politica dei tecnici che puntualmente appoggiava ma senza farsene accorgere, anzi illudendo i presunti avversari che si sarebbe ritirato. Quando poi il Rieccolo è ricicciato fuori, rispedendo Angelino Jolie fra la servitù, cannoneggiando Monti e i comunisti, occupando le tv dalla Prova del Cuoco alle previsioni del tempo e riacciuffando qualche punto nei sondaggi, gli strateghi del Nazareno non ci volevano credere. Infatti pensarono bene di dar la colpa della presunta rimonta a Santoro, solo perchè che il Cainano aveva sfidato Servizio Pubblico, mentre Bersani nemmeno si avvicina. In realtà non c’è nessuna rimonta: B. è inchiodato al 18,5%, la metà dei voti del 2008, e non arriva al 30 nemmeno con tutta l’Armata Brancaleone di leghisti, fascisti, sudisti e fratelliditalia. Non è la destra che avanza. È il centrosinistra che arretra. Per il Pd è svanito l’effetto primarie, grazie al Monte dei Fiaschi così ben gestito dai magnager pidini (ma chi lo dice lo sbraniamo, paura eh?) e a una campagna elettorale rinunciataria, imbalsamata, tremebonda, priva di idee, sì alla patrimoniale ma anche no, sì a Monti anzi no, forse, vediamo. Sel si sta lentamente estinguendo, grazie alle figuracce di Vendola sull’Ilva e alla concorrenza di Rivoluzione Civile. Eccolo dunque il nuovo colpevole: il criptoberlusconiano Ingroia, che osa presentarsi senza chiedere il permesso, per giunta con Di Pietro che il Pd aveva astutamente scaricato per non offendere Casini. Il quale Casini è anche lui in via di estinzione, insieme alle poderose falangi del “voto moderato”. Ma, prima di defungere, ha trovato il modo di gabbare il Pd, come pure il suo alleato Monti, che aveva garantito al Pd di non candidarsi mai, infatti s’è candidato. 
Risultato: la “forbice” fra destra e sinistra si assottiglia in un mese da 12 a 7 punti. Non per gli exploit di B.&C., ma per la frana di Pd e Sel. Che ora guardano terrorizzati a un vecchietto un po’ rinco che va a farsi la pennica alla cerimonia della Shoah e quando si sveglia riabilita il Duce oscurando Mps, poi tenta l’estremo recupero ingaggiando non Cavour, ma Balotelli. Un vecchietto dato troppo presto per morto, che sarebbe capace di fregarli anche da morto. Non a caso, in vent’anni, ha seppellito una dozzina di leader del centrosinistra. Perchè lui almeno la campagna elettorale la fa: con le solite balle, ma la fa. Invece le volpi del Nazareno sono troppo impegnate a spartirsi i posti di governo e sottogoverno, i paracarri e le fontanelle: 
D’Alema agli Esteri, Gotor alla Cultura, Vendola al Welfare o forse alle Pari opportunità, Veltroni alla Rai… Quando si dice vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Anzi, prima di aver comprato il fucile.