Dove c’è Barilla, c’è il caos

La famiglia tradizionale non esiste più da tempo, è bene che tutti se ne facciano una ragione, questo paese è pieno di  famiglie allargate, ristrette, conviventi senza essere sposati, genitori separati che si ritrovano a fare famiglia nelle occasioni particolari, di festa.  E anche di coppie omosessuali non riconosciute come tali da questa politica talebana indegna di una democrazia occidentale.  Basta con questa filastrocca della famiglia felice papà mamma, sposati in chiesa ci mancherebbe, figlio maschio e figlia femmina battezzati in chiesa ci mancherebbe.

Singolare poi che chi non trova niente di male in un vecchio erotomane che paga minorenni per ricordarsi vagamente di quello che madre natura gli ha fornito per essere definito ‘uomo’, abbia invece tante riserve sull’omosessualità.

A parte la dichiarazione dell’industriale sbagliata proprio strategicamente in quanto produttore di merci che dovrebbero essere fabbricate per essere vendute a tutti, dunque anche agli omosessuali, a me questa cosa che i gay possono esistere “solo se non danno fastidio” come detto dall’intelligentone a La Zanzara [Cruciani e Parenzo non tradiscono mai: quando ti aspetti l’intervista al personaggio, o personaccia razzist* e omofob*, quella arriva puntuale], non mi disturba: mi fa proprio incazzare. 
Perché è un pensiero piuttosto, anzi molto condiviso.
In che senso non devono dare fastidio? cosa fanno i gay meno o di più di quanto possa fare chiunque altro per “disturbare”? E quale sarebbe l’affermazione della centralità della donna in famiglia, quella della donna sorridente che porta i piatti a tavola contro cui si è scagliata la presidente della camera qualche giorno fa? Quale sarebbe l’immagine deleteria nel vedere due donne o due uomini che fanno colazione coi biscotti o si cucinano un piatto di pasta?  Le “convinzioni personali” quando sono espresse nel salotto di casa, in pizzeria con gli amici a parte qualche discussione animata altre conseguenze non ne provocano. Ma  ad esprimerle durante un’intervista  è un’altra cosa. Immaginiamo per un attimo le mamme che comprano biscotti e merendine del mulino bianco che sentono dire dal padrone delle merendine che a lui i gay non piacciono, che possono stare senza disturbare, che per lui la famiglia è quella ‘tradizionale’ [quale, quella dove ci si cornifica allegramente a vicenda e poi si va a messa la domenica? quella]. Quelle mamme che magari ci credono che gli omosessuali siano uno scherzo della natura, dei “malati da compatire” [cit. Paolo Villaggio sempre alla Zanzara], in che modo si porranno davanti all’omosessualità? le ribalte pubbliche purtroppo fanno tendenza, cultura, ma molto più spesso subcultura, e di questi tempi non mi sembra il caso di infierire verso la comunità omosessuale.

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Napolitano: “Su di me pressioni inutili”
Letta: “Pdl ha umiliato l’Italia negli Usa”

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Non solo il pdl ha umiliato l’Italia, e non solo in America visto che è una ventina d’anni ormai che ciclicamente l’Italia diventa zimbello di tutto il mondo civile: le rassegne stampa internazionali degli ultimi quindici, sedici anni sono lì a raccontarci di quanto e come questo paese non venga più considerato “bel” da un sacco di tempo. E oltre a non essere più bello è diventato anche cattivo fra l’altro. Altroché il prestigio internazionale di cui ha sempre vaneggiato berlusconi che l’Italia avrebbe ottenuto grazie a lui: questo paese oggi  fa eticamente schifo proprio per colpa sua.
Sbaglia, Letta a dire che la colpa è del pdl dell’umiliazione subita davanti all’Onu. 
La colpa è di tutti, ma soprattutto di chi pur avendo tutti gli ingredienti a disposizione non ha previsto quale sarebbe stato l’epilogo di questa sceneggiata chiamata governo di larghe intese, di necessità e di responsabilità. Parole enormi se associate alla figura di berlusconi e del pdl.

Ed è proprio l’epilogo a dirci quanto sia sbagliata la teoria di “abbassare i toni” tanto cara a Napolitano: no presidente, i toni vanno alzati invece, quando qualcuno è in pericolo la prima cosa che fa è gridare, è una reazione proprio naturale, si fa soprattutto per richiamare l’attenzione, per far capire che da soli non ci si può salvare.

E Napolitano questo avrebbe dovuto fare, altroché concedere al delinquente la possibilità di partecipare alla vita politica. Che pensava Napolitano, che alla fine avrebbe ricevuto la riconoscenza di quelli abituati a relazionarsi con la minaccia, il ricatto, di quelli abituati ad avere a che fare con un fuorilegge? 
Se qualcuno mi puntasse una pistola addosso io cercherei di scappare prima che prenda meglio la mira: cercherei a tutti i costi di salvarmi, specialmente se so di avere non solo la responsabilità della mia vita ma anche di altre che verrebbero danneggiate dalla mia morte. 
O forse Napolitano pensava che quelli avrebbero usato armi spuntate, caricate a salve?

All’insulto, all’oltraggio, alla minaccia e al ricatto si risponde alzando la voce, non si concede altro tempo a chi per salvare se stesso mette a rischio un paese non solo per quanto riguarda la stabilità politica.

Cosa temeva Napolitano che per tutto questo tempo ha fatto finta che fosse tutto normale, i carri armati in piazza di berlusconi? il colpo di stato vero? perché ha lasciato parlare per tutto questo tempo gente che in un paese appena un po’ normale non troverebbe residenza in nessun contesto sociale civile e figuriamoci nel parlamento?

Se Napolitano avesse fatto due mesi fa quello che ha fatto ieri, battere il famoso pugno sul tavolo avrebbe ottenuto solo vantaggi: prima di tutto quello di non perdere del tutto la stima di tanti italiani a cui non piace un capo di stato che va ad applaudire e ad abbracciare la figlia di un delinquente latitante che insulta i giudici; non piace un capo di stato che non sostiene dei giudici prendendo una posizione netta che fa capire bene da che parte sta lo stato fra loro e chi per sua natura viola la legge, ovvero si pone fuori dallo stato, in virtù di una pax politica che non potrà mai esserci finché berlusconi sarà il protagonista in negativo di questa tristissima e squallida vita politica italiana.

Il vilipendio nello stato

Il vilipendio allo stato è un presidente della repubblica che si permette di abbracciare la figlia di un pregiudicato morto da latitante nella sua veste ufficiale, quella del presidente di tutti i cittadini, anche di quelli che non rubano, non corrompono, non frodano lo stato e non si lasciano corrompere.
Un presidente, capo supremo della Magistratura che ascolta senza battere ciglio gli insulti della figlia del pregiudicato latitante ai giudici, che quando c’è da prendere una posizione non è mai a favore di chi combatte la criminalità ma per ragioni a noi sconosciute sceglie di rimproverare quei giudici infamati e insultati ha scelto da solo di non rappresentare più la società civile. Io non voglio essere rappresentata da un signore che non sa perché non vuole, ma tutto fa pensare che non possa, prendere una posizione netta in difesa dello stato e dei cittadini. Nella mia repubblica il presidente della repubblica non partecipa alle commemorazioni per il trentennale del governo di una persona che ha concluso la sua carriera politica e la sua esistenza umana in modo indegno.

E, per queste e molte altre cose nessuno, di fronte alla minaccia di un pregiudicato che ha evidentemente ottimi argomenti per ricattare lo stato, e a  un presidente della repubblica che se la prende coi giudici e da loro,  non da una politica indecente pretende comportamenti integerrimi parlasse più di minacce e offese che arrivano dalla Rete.

Per decenza, mica per altro.

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TRATTATIVA STATO-MAFIA, E’ L’ORA DELLA VERITA’  – Antonio Ingroia

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OMAGGIO A CRAXI E INSULTI AI GIUDICI: NAPOLITANO STA ZITTO

LA FIGLIA STEFANIA ATTACCA LA PROCURA DI MILANO MA AL CONVEGNO SUL LEADER PSI, IL PRESIDENTE APPLAUDE

[Paola Zanca – Il Fatto Quotidiano]

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Ci sarebbe quasi da ridere riascoltando oggi quel profluvio di parole ipocrite sul ‘bene del Paese’ e sul ’senso di responsabilità’, si è visto quanto siete stati responsabili, gli uni a zerbino di un delinquente e gli altri a far finta di stupirsi, ohibò era un delinquente!, ma pensa!, noi credevamo che fosse la Merkel! [Alessandro Gilioli]
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Napolitano dove la cerca l’ispirazione sul da farsi, mentre un manipolo di eversori mascherati da parlamentari sta facendo da scudo umano a un delinquente, nei bei discorsi di Stefania Craxi, la figlia del noto pregiudicato morto da latitante?

E io, noi, tutti dovremmo rispettare uno stato, la politica e le istituzioni che stanno a sentire una che straparla ancora di giudici comunisti, del trattamento ingiusto riservato a suo padre, un corrotto che è scappato per sottrarsi alla giustizia, in presenza di un presidente della repubblica nonché capo del CSM che non si alza e se ne va in rispetto di quella Magistratura che rappresenta in qualità di suo capo supremo ma abbraccia affettuosamente la figlia del pregiudicato latitante, nella sua veste ufficiale, una che difende un delinquente che si sta cercando ad ogni costo di far entrare nella storia come se non lo fosse stato? 
Quale rispetto per chi assiste inerte alla minaccia, non pensa che sia il caso di far smettere un pregiudicato e i suoi sodali di usare il parlamento come scenario di un ricatto che ha come obiettivo la salvezza di un pregiudicato? Con un paese al fallimento, mentre gli avvoltoi stanno già spolpando la carcassa la politica e le istituzioni si lasciano ricattare da un delinquente come se fosse la cosa più normale del mondo che un fuorilegge abbia la possibilità di avere il cerino in mano pronto per far esplodere la miccia? E mentre succede tutto questo si fa finta di essere nel paese normale nel quale i politici e le istituzioni possono permettersi di andarsene in giro su e giù per l’Italia e per il mondo a fare i loro bei discorsetti filosofici su tutto ovvero sul solito nulla per catalizzare l’attenzione altrove dal problema? Un vicepresidente del consiglio, ministro dell’interno, ovvero la persona che ha fra le mani la sicurezza dello stato e di noi tutti può dire liberamente e pubblicamente che il centrodestra di cui fa parte non è disposto a gesti di responsabilità e non succede niente? 

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LARGHE ESTORSIONI  – Antonio Padellaro

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Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

50 sfumature di Nano 

Marco Travaglio, 26 settembre

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Nel verminaio scoperchiato dalle intercettazioni dell’ennesimo scandalo Tav, quello di Firenze, c’è una frase che racchiude in sé gli ultimi 20 anni di politica italiana. La pronuncia Maria Rita Lorenzetti, ex governatrice pd della Regione Umbria, laureata in filosofia e dunque presidente di Italferr (la società di ingegneria delle Fs), quando uno dei suoi uomini l’avverte che lo scandalo è stato denunciato alla Procura. Testuale: “Oh ma ti rendi conto, cazzo! Che siamo diventati… ma io… guarda, ma veramente ci fanno diventare berlusconiani, è così!”. Ora che è agli arresti per associazione per delinquere, corruzione e traffico illegale di rifiuti, la zarina rossa potrà meglio riflettere su quella voce dal sen fuggita. E magari giungere alla conclusione che il rischio da lei paventato – “diventare tutti berlusconiani”–è già realtà. Non solo per lei che, a sentirla parlare, è impossibile distinguerla da un Verdini o da un Formigoni. Ma per tutto il politburo del Pd. Non c’è più né destra né sinistra. Al massimo esistono varie sfumature di berlusconismo: dalle più light alle più strong , dalle più soft alle più hard . Ma tutte accomunate dall’arroccamento castal-partitocratico (il “primato della politica”), dall’allergia per i poteri di controllo indipendenti (i pochi magistrati non allineati e le rare sacche di libera stampa) e da una sorda ma rocciosa ostilità alla Costituzione. Fuori dal recinto berlusconiano non c’è agibilità politica, culturale, giornalistica. Lo dimostra l’isolamento siderale dei 5Stelle, i soli in Parlamento a parlare un linguaggio totalmente estraneo al modello-base e da tutti guardati come marziani. Perciò le larghe intese sono una ferita sanguinante per gli elettori del Pd, mentre per gli eletti sono nient’altro che un’abitudine. Solo così spiega la nonchalance con cui il Pd s’è consegnato nelle mani di un noto condannato, prima facendogli scegliere il nuovo (si fa per dire) presidente della Repubblica, poi portandoselo al governo, infine pregandolo di restarvi anche dopo la condanna definitiva (con ridicoli inviti a “fare un passo indietro”). Lo sapevano e lo sanno tutti che B. sta al governo e in Senato solo per farsi gli affari propri e non finire in galera. Ma tutti hanno finto che fosse lì per spirito di servizio, per empito riformatore, per il bene del Paese. E ora fingono di meravigliarsi se, approssimandosi la data della decadenza dal Senato (ma soprattutto dall’immunità), fa un fischio e tutti i suoi parlamentari e ministri del Pdl scattano come un sol uomo per consegnargli le dimissioni in bianco. Non è l’ultimo atto: è solo l’ennesima estorsione di un interminabile racket – la trattativa Stato-Mediaset – per minacciare il Pd e soprattutto il Quirinale in vista dell’agognato salvacondotto. Mossa per nulla imprevista, anzi più volte annunciata. Ma accolta ancora una volta come un fulmine a ciel sereno da chi seguita a fingere di non sapere con chi ha a che fare. In un paese perlomeno decente, gli artefici e i trombettieri delle “larghe intese”, quelli che ancora l’altroieri blateravano della “lezione tedesca” come se la Merkel fosse la gemella di Berlusconi e l’Spd un Pd con la S, scaverebbero un buco e vi sprofonderebbero dentro, chiudendo il tombino. Ma non accadrà: si attendono nuovi appelli a B. perché ritrovi il suo proverbiale senso di responsabilità e al Pd perché si metta una mano sulla coscienza e una sul portafogli, salvandolo come ha sempre fatto. Seguiranno nuovi moniti di Napolitano, cioè del primo responsabile di questo sconcio. Ieri assisteva silente su un trono dorato, circondato da noti pregiudicati, ai deliri di Stefania Craxi contro i giudici “comunisti” che perseguitarono il padre Bettino, anzi il “Mitterrand italiano”. Un’altra scena che riassume a perfezione l’abisso in cui siamo precipitati: il presunto garante della Costituzione e presidente del Csm che non dice una parola, né pensa di alzarsi e andarsene, dinanzi a un’esagitata che beatifica un corrotto latitante e dà in escandescenze contro il potere giudiziario. Sono già tutti berlusconiani, a loro insaputa.

Il ricatto e la vergogna

Effettivamente è un’immagine di un’oscenità sesquipedale. Il doppiopetto blu è tutta un’altra cosa, fa pendant con l’eleganza dell’ambiente.

Sottotitolo: meno male che  il senatore Zanda, pd, ha individuato immediatamente i colpevoli del raccapricciante episodio di oggi  in parlamento in quei parlamentari 5stelle che per protesta si sono tolti la giacca e la cravatta.

“Levarsi la giacca e la cravatta è una vergogna per questo parlamento”: ammonisce Zanda.

Questa sì, è un’onta irricevibile per la democrazia: fare un’alleanza politica col partito di un delinquente per sentenza no, bloccare un parlamento, attuare quindi un gesto eversivo per protestare contro un procedimento giudiziario che riguarda la vita privata di berlusconi, come del resto tutti quelli che lo hanno visto imputato nei suoi processi per reati che nulla hanno a che fare con la sua attività  “politica”,  nemmeno.

Questo fa curriculum, è proprio quello che chiedevano gli italiani alla politica, e quello che la politica si era impegnata a fare per riavvicinare alle istituzioni un popolo sfinito che non ne ce la fa più, non vuole più vivere in un paese ostaggio di silvio berlusconi;  aggiunge un bel tocco di classe alla  figura, umana, professionale e politica dei rappresentanti in parlamento del pd, ché a quelli del pdl non è mai interessato avere una reputazione, ma almeno non lo nascondono.

Ormai non basta più nemmeno la vergogna.

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Caso Mediaset, il Pdl blocca il Parlamento

Il Pdl ha bloccato 24 ore il Parlamento per protesta contro la Cassazione. 
Il M5S ha abbandonato l’Aula e sta facendo un sit-in.
Il Pd prima si è detto contrario, poi ha fatto retromarcia. Mi vergogno per loro, e per chi ancora li difende, anche perché loro non si vergognano. [Andrea Scanzi]

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Ecco: dite a brunetta che questo è un colpo di stato.
E anche a Napolitano.

“Processo Mediaset, Camera: sospensione dei lavori per un giorno, lavori slittano a domani.”
E fu così che il pd accettò anche lo sciopero congiunto, del resto si sa, la formula è “nella buona e nella cattiva sorte”.

In occasione della condanna in primo grado a sette anni di berlusconi per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile,  autorevoli personaggi fra cui anche dei ministri ci avevano detto che  le vicende giudiziarie di berlusconi non avrebbero influenzato l’andamento della politica e del parlamento.

Mi piacerebbe sapere dove sono adesso tutti quei vigliacchi, bugiardi che sono andati davanti ai giornalisti ad affermare una cosa del genere e poi non sono capaci a fare in modo, nel concreto, che i processi di berlusconi, le sentenze di berlusconi, gli avvisi di garanzia di berlusconi smettano di essere una questione di interesse nazionale in grado di bloccare un parlamento di una repubblica democratica ma restino, com’è giusto che sia, cazzi e stracazzi del delinquente incallito.

E il pd che fa, si associa in virtù della pacificazione nazionale? è ancora un paese normale questo?

Quanto dobbiamo sopportare ancora  il ricatto di silvio berlusconi?

Finalmente adesso tutti capiranno che l’antiberlusconismo è stata la favola, la balla, la menzogna per mezzo della quale la politica ha fatto digerire a questo paese la presenza in parlamento di silvio berlusconi; il tentativo reiterato negli anni di far sentire in colpa tutti quelli a cui non piaceva il berlusconi politico e nemmeno l’imprenditore disonesto.

Il paravento dietro il quale nascondere l’evidenza accecante che berlusconi con la democrazia non ha mai avuto niente a che fare e niente in comune. 

«Cosa vogliono questi signori? La base non la ho sentita…» [Anna Finocchiaro]

E ancora: scusi, ci spiega perché il Pd non vota Rodotà?
«Guardi, di lui non abbiamo proprio mai parlato».

[Beatrice Borromeo intervista Anna Finocchiaro sul Fatto di oggi].

Ma l’articolo 67 non si applica anche ai grandi elettori?
Dunque se il segretario di un partito ordina di fare una scemenza come quella di votare scheda bianca e rimandare ad oltranza questo stillicidio non ci si può ribellare in funzione del fatto che “ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato?”
Esercitare, per una volta, il buon senso personale sarebbe pretendere troppo?

Dire no ad un’ottima persona come Stefano Rodotà appellandosi all’assurdo principio del “perché l’ha detto Grillo” [e non è così, casomai l’hanno detto gli elettori 5S  dimostrando di essere molto più lungimiranti di quelli di altri partiti], è il sintomo, la conferma che la politica, e nella fattispecie quella che dovrebbe, per posizione, principi, valori, essere più vicina alla gente e non agl’interessi di qualcuno non ha capito nulla di quel che è accaduto in questo paese,  non ha saputo ascoltare e raccogliere le istanze, le richieste della gente, che non le interessa affatto il cambiamento, il miglioramento ma che – al contrario – l’obiettivo è sempre lo stesso: il mantenimento in essere di tutto ciò che era ed è e di cui, evidentemente, non ci si può liberare. 

 Si preferisce tenere un intero paese in ostaggio delle manovre [sporche] di palazzo, lasciare che navighi a vista in funzione degli interessi di qualcuno: sempre lo stesso qualcuno.

Qui siamo oltre il ricatto, io mi prendo la libertà di pensare che si è arrivati alla minaccia vera e propria, non c’è altra spiegazione.

Non è mai bello infierire sulle sconfitte altrui, umanamente mi dispiace per Bersani ma, il fatto che a fregare Bersani siano stati proprio i suoi e non altri, i ‘nemici’, quei fascisti del web così tanto temuti e temibili, i potenziali guastatori dello stato, non so, mi provoca una sensazione di perversa piacevolezza.

Di cosa è morto il Pd di Bersani

Saper ascoltare, nel 2013, non è più un’opzione: è una condizione igienica. Come saper leggere e scrivere, insomma. Anni e anni di mancanza d’ascolto sono esplosi in 48 ore. Anni in cui i messaggi che arrivavano anche via Internet – da persone in carne e ossa, militanti, simpatizzanti, elettori – veniva derubricato a ‘popolo del Web’, come se fosse una corrente, una nicchia movimentista, minoritaria e un po’ rompiscatole.

Alessandro Gilioli la pensa come me, la qual cosa non risolve ma, aiuta.

Sottotitolo: la toppa colossale è stata aver permesso che fosse berlusconi a scegliersi il SUO presidente, altroché il garante, il presidente condiviso, quello delle larghe intese. Franco Marini nel 1997 aveva già partecipato, durante una cena a casa di Gianni Letta a cui era presente, oltre alla volpe del Tavoliere e al diretto interessato anche Fini, al famoso patto della crostata, da cui scaturì la tragica bicamerale con la quale d’alema, da presidente della stessa, consegnò a berlusconi le chiavi del paese.

Scriveva Trilussa: “e come disse er merlo ar tordo… sentirai er botto si nun sei sordo…” 

Significa più o meno che, se nemmeno dopo una serie di avvertimenti circa un pericolo incombente il soggetto,l’obiettivo di un possibile danno non pensa che sia il caso di mettersi al riparo e prendere gli opportuni provvedimenti, le contromisure, quando poi quel pericolo arriva, un po’, un bel po’, se lo è cercato.

L’umana comprensione non può né deve impedire di restare obiettivi, di pensare che gli avvertimenti ci sono stati, che c’è stata una larghissima parte di società civile che in tutti questi anni ha detto delle cose, ha fatto sapere alla dirigenza del pd quello che non andava bene, ci sono stati autorevoli intellettuali, alcuni, e in verità pochi giornalisti [ché la maggioranza si sa, tiene famiglia] che qualcosa hanno scritto a proposito di accordi che non accordavano, di intese che non intendevano e che venivano giustamente interpretate male dalla gente che ancora oggi non riesce a capire come si può essere così irresponsabili da sacrificare tutto di se stessi per andare incontro alle esigenze dell’impostore al quale degl’interessi della gente e del paese non frega nulla: tutti sanno ormai cosa interessa a silvio berlusconi e quali sono le sue priorità.
E oggi, per una questione di orgoglio, per non aver voluto accettare la proposta di Rodotà presidente della repubblica solo perché arrivata dai 5S – dei quali tutto si può dire meno che non abbiano dimostrato molta più intelligenza dei cosiddetti politici navigati nella scelta dei candidati – l’Italia rischia di ritrovarsi di nuovo punto e a capo, gli italiani spettatori di questo film dell’orrore che dura da diciotto anni e cioè quello di un parlamento e di una politica avvitati ancora e di nuovo nelle faccende di chi vive la sua vita e agisce in assoluto spregio e sfregio di leggi e regole, nella risoluzione dei suoi problemi.
Tutto questo mentre il paese affonda ma la politica sembra non sembra essersene accorta.

 

Prodotà
Marco Travaglio, 20 aprile

A questo punto, con tutto il rispetto che si deve agli infermi, chi vuol bene a Pier Luigi Bersani dovrebbe mettergli accanto un pool di infermieri e di sanitari per assicurargli le cure e le assistenze del caso. Il pover’uomo, dopo aver perso le elezioni già vinte regalando agli avversari una dozzina di punti in due mesi, anziché dimettersi all’indomani del voto è rimasto al suo posto fino a ieri notte per propiziare un’altra ragguardevole serie di catastrofi. Prima s’è accaparrato le presidenze di due Camere senz’avere nemmeno un terzo dei voti. Poi ha preteso di guidare il governo senz’avere i numeri al Senato. Infine ha mandato al macello due fondatori del Pd, Marini e Prodi, senza preoccuparsi di garantire loro neppure l’appoggio dei suoi (figurarsi quello di altri). Intanto, nel breve volgere di 50 giorni, ha tentato di allearsi con tutti i partiti: M5S, Lega, Monti, Pdl (manca solo Casa Pound, ma solo perché non è in Parlamento) e ha preso pesci in faccia da tutti. Così ha spappolato il suo partito. Ha regalato un trionfo al rivale Renzi che, a lungo accusato di essere la quinta colonna di B., ora può intestarsi il merito di aver fatto saltare l’inciucio con B. Ha fatto di Grillo un idolo di una parte dei suoi elettori, che preferiscono di gran lunga i candidati al Colle di 5Stelle ai nomi partoriti dagli strateghi del Nazareno. E, non contento, ha gettato alle ortiche l’offerta (finalmente generosa) di Grillo, che gli avrebbe consentito di sciogliere in un colpo solo i nodi del Quirinale e del governo con un asse del rinnovamento che avrebbe messo nell’angolo B. e soddisfatto i desideri dei due terzi degli italiani. Al suo posto, qualunque persona di buonsenso avrebbe appoggiato Rodotà, che piace ai 5Stelle e a buona parte degli elettori ma anche degli eletti del Pd, e possiede un forte serbatoio in Parlamento (250 al terzo scrutinio, 213 al quarto), ben oltre i voti pentastellati. Basterebbe il 50% del centrosinistra per mandarlo al Quirinale e, subito dopo, aprire le trattative con Grillo per un governo presieduto da una figura extra-partiti. Il principale ostacolo a questa soluzione ideale fin dall’inizio, e cioè Napolitano, è stato infatti rimosso con la sua meravigliosa discesa dal Colle. È vero che Prodi è il migliore della vecchia guardia. Ma proprio per questo la sua candidatura andava preparata e protetta con cura: invece è stata gettata in pasto al mattatoio dell’aula, dove i cecchini dalemiani, mariniani, bersaniani e forse renziani hanno massacrato non solo lui, ma tutto il Pd. Anche un bambino tonto avrebbe capito, dopo lo tsunami anti-Marini, che in questo Parlamento non passa nessun simbolo dell’Ancien Régime. E che occorre un colpo di reni per un’idea nuova. Bersani e i geni che lo circondano non l’hanno capito. Né l’han capito alcuni D’Alema boys, che ancora sperano di arraffare il Colle, come se nulla fosse accaduto. O forse l’hanno capito benissimo, ma sono già d’accordo con B., che è un modo come un altro per suicidarsi. A questo punto, a meno che questi dementi capaci soltanto di spararsi sui piedi non vogliano mandare al massacro altri agnelli sacrificali, le soluzioni sono solo due.
La prima (in tutti i sensi): il Pd, o quel che ne resta, vota Rodotà e si riprende per i capelli a un millimetro dalla tomba, ma soprattutto salva l’Italia dal caos, andando a parlare coi 5Stelle per un governo Zagrebelsky o Settis. La seconda (ai limiti dell’impossibile): il Pd insiste su Prodi, convincendolo a ritirare il ritiro; e chiede a M5S
i 110 voti che gli mancano, promettendo in cambio di indicare subito Rodotà premier. L’alternativa è l’abbraccio mortale al Pdl su Cancellieri o Amato o D’Alema o Grasso o 
ri-Marini o ri-Napolitano, che garantirebbe a B. il trionfo eterno. 
Chi, nel Pd, pensa che votare Rodotà sia la fine del Pd non vede che il Pd è già finito.
Anzi, vien da domandarsi che diavolo avrebbe combinato al governo, visto che non governa neppure se stesso. 
Fate la carità: arrendetevi. 
Almeno al buonsenso.