Dietro il pallone, tutto

Sottotitolo: una nota riservata e particolare la meritano tutti gli imbecilli che ieri hanno insultato Gino Strada, uno dei candidati 5stelle alla presidenza della repubblica insieme a Rodotà, bersaglio anche lui degli anatemi di chi – evidentemente per limiti propri – è incapace di accettare un parere diverso, un’opinione altra. Così, tanto per ribadire l’indifendibilità di idioti manovrati pronti a sputare veleno anche sulle loro madri solo se qualcuno osa ragionare in proprio e non per conto di qualcuno.

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A quanto pare in Italia è più conveniente essere condannati per frode fiscale che fare l’attore. Perché il condannato – da una sentenza vera trasformata in pura goliardia – può apparire in televisione ogni volta che vuole, mentre l’attore della fiction, incensurato e di sinistra no per non disattendere alla regola della par condicio.

E quando in un paese succede una cosa del genere è impossibile non vedere l’anomalia, la malattia, l’anormalità. 
Stasera berlusconi dovrebbe partecipare a Porta a Porta dove troverà Bruno Vespa condannato in via definitiva per diffamazione. 
Gli obblighi derivanti dalla sua finta condanna gli impediscono di incontrare altri condannati: tutti meno Bruno Vespa? E’ stata fatta una deroga speciale, la solita regola ad personas per consentirgli di incontrare il suo vecchio amico, nonché suo editore?

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Ivano tagliato – Alessandro Gilioli, Piovono Rane

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 La par condicio si applica soltanto alle trasmissioni che non trattano di politica, proprio per evitare l’eccesso di presenza dei politici  nei media nei periodi pre elettorali fuori da quegli ambiti in cui si tratta esclusivamente di politica.

Forse vale la pena ricordare che la par condicio esiste perché esiste berlusconi.
Nei paesi normali, dove il politico fa solo il politico, non possiede mezzi di comunicazione non serve una legge sulla par condicio.
E risolvendo il conflitto di interessi non ci sarebbe stato bisogno di una legge per vietare al politico che ha giornali, televisioni, case editrici di poter eccedere in presenze nelle televisioni, sue e quelle che controlla in virtù del ruolo politico,  durante i periodi pre – elettorali, a danno e svantaggio di quei politici che non hanno le loro tv, i loro giornali e le loro case editrici, semplicemente perché nei paesi normali l’editore, l’imprenditore non fa il politico e viceversa. 

In un paese dove da vent’anni è la televisione a orientare pensieri, parole e opinioni grazie a chi ne ha fatto la propria arma di distruzione/distrazione di massa, e, orientando i pensieri condiziona anche le scelte importanti qual è il voto tutto può destabilizzare un già inesistente equilibrio. Perché poi a votare ci vanno tutti, telerincoglioniti compresi con le conseguenze che purtroppo conosciamo bene. Smettiamo di raccontarcela. E’ chiaro che Gino Strada non si mette a fare la polemica sterile su Renzi e la partita del cuore, semplicemente perché non tocca a lui fare da spartiacque, sarebbe toccato al buon senso di chi sta imponendo oltremodo la sua presenza nei media. L’Agcom ci fa sapere di aver avvertito Mentana per eccesso di Renzi nei Tg de la7 a danno e discapito di chi Renzi non è. 

In un paese dove la politica restasse fuori da ambiti che non le competono non servirebbe la par condicio, sarebbero i politici stessi se fossero persone serie a tirarsi fuori, rifiutandosi di andare a fare i buffoni cucinando risotti a Porta a Porta, ad esempio.

Il problema comunque non è Renzi né la partita.
E’ un paese piccino fatto di gente facilmente seducibile.
Perché alle persone che usano la testa, non si fanno incantare dalle chiacchiere, dai sorrisi e dalla performance mediatica dell’incantatore di turno non succede nulla nemmeno se lo vedono fuori dal seggio elettorale un minuto prima di votare. 
Se ci trattano come “alunni di seconda media e nemmeno troppo preparati” [cit. il noto delinquente], è perché sanno di poterlo fare.

 

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IL PALLONE SGONFIATO – Antonio Padellaro

Per carità, umanamente molto si comprende Matteo Renzi che quella dolce serata allo stadio Franchi di Firenze, scrigno dell’amatissima Viola, chissà quanto l’aveva sognata: farsi passare la palla da Baggio, triangolare con Antognoni e magari insaccarla sotto la traversa, il boato della folla, il primo presidente del Consiglio che corre a esultare sotto la curva, ganzissimo. Del resto, vanitas vanitatum, neppure sarebbe stato il primo leader di multiforme ingegno a esibirsi per l’ammirazione delle masse. Dopo Berlusconi cantautore e poeta, Veltroni romanziere e regista, D’Alema navigatore, cuoco e viticoltore, perché no un capo del governo giovane e prestante, dal tocco fino come non se ne vedevano, sia detto senza ingiuria, dai tempi del duce cavallerizzo, spadaccino e calciatore di caviglia forte? E poi tutto per la giusta causa di Emergency con il plauso di Gino Strada.

E se per una volta si accantonano le divisioni su F-35 e Afghanistan per raccogliere quanti più fondi possibile per curare i bimbi del Sudan, e se la diretta di RaiUno trasforma l’audience in una pioggia benefica di messaggini da 2 euro, che male c’è, meschini che non siete altro? Umanamente comprensibile, ma politicamente molto meno, perché quando si fa notare che la Partita del Cuore disputata a sei giorni dalle Europee (proprio non si poteva rinviare di qualche settimana?) costituisce di fatto un gigantesco spot elettorale, il giocoso Matteo mostra i dentini. E infatti, visto che a dire no alla diretta tv è stato il presidente M5S della Vigilanza Fico, il premier si scatena contro “la rabbia e la paura grillina” verso chi “vuole cambiare l’Italia, restituire speranza, cambiare la protesta in proposta”. Ma in questo modo Renzi conferma che siamo in piena campagna elettorale e che i cuori battono, ma i voti contano. Temiamo tuttavia che lo spirito del tempo soffi dalla sua parte poiché, certo, ci sono le regole da rispettare, ma in Italia chi buca il pallone non è mai simpatico.

 

 

Se Obama ricevesse Madoff

Bernard Madoff,  americano, è stato giudicato colpevole di una delle più grandi frodi finanziarie di tutti i tempi e per questo condannato a 150 anni di carcere. Negli States però i presidenti non usano ricevere alla Casa Bianca  i delinquenti condannati: nei paesi normalmente civili ognuno sta al suo posto, i delinquenti sicuramente in galera, non li chiamano a fare le leggi, a riformare la Costituzione. E i presidenti stanno dalla parte degli onesti, di chi non ruba e non froda lo stato. Quando i 5stelle hanno chiesto lo stato d’accusa avevano ragione, gli estremi per l’impeachment a Napolitano c’erano già durante il suo primo mandato. Solo gli ipocriti, gli opportunisti, i servi del regime lo possono negare. E non consola il fatto che Napolitano [pare] non abbia offerto nessuna garanzia a berlusconi. Napolitano  come il papa che si scaglia contro i mafiosi,  i criminali  e chi fa le guerre ma poi non li  caccia di casa. Sei, sette milioni di imbecilli non possono essere l’alibi per giustificare lo scempio di un delinquente che entra ed esce dal Quirinale ogni volta che vuole. E’ come se la Federcalcio facesse vincere lo scudetto ad una squadra solo perché ha un numero elevato di tifosi e non perché abbia giocato meglio in Campionato.
Quella della rappresentanza di Forza Italia è una giustificazione disgustosa con la quale si nascondono i veri motivi per i quali, ad oggi, bisogna ancora aspettare una settimana per sapere quale sarà il destino di un cittadino condannato più di otto mesi fa e che nel frattempo ha potuto agire, muoversi, avere voce in capitolo nella politica, parlare col presidente della repubblica come se nulla gli fosse capitato.  Napolitano ha ricevuto DUE VOLTE un pregiudicato al Quirinale ma si rifiuta di andare a testimoniare al processo sulla trattativa stato mafia e non ha speso una sola parola a sostegno di Nino Di Matteo, il giudice minacciato dalla mafia.
Cose, queste,  che non potrebbero succedere – e infatti non succedono – in nessun altro paese al mondo. 

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Sottotitolo: l’utilità dell’intellettuale – cosiddetto – più presente nelle televisioni in tutti i talk show è dire che Napolitano fa benissimo a ricevere il pregiudicato berlusconi, privato in conseguenza della condanna definitiva [che anche se non sembra ma c’è] dei diritti politici. Dunque Napolitano incontra uno che non può nemmeno votare né dovrebbe poter mettere piede a palazzo per discuterci, sicuramente di riforme e di leggi e di chissà cos’altro ancora e per Cacciari, plurinvitato in forza della propaganda a getto continuo pro regimetti napolitani di cui è uno dei maestri incontrastati a la7, la  televisione del numero 1 del pd, tutto va bene. 
Ancora non ci dobbiamo preoccupare.

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SILVIO DISPERATO, IL COLLE APRE LA PORTA (Wanda Marra e Sara Nicoli)

Il pregiudicato berlusconi vede Napolitano. Discute di riforme, ma pretende l’impunità

E’ la seconda volta, dopo le consultazioni per il governo Renzi, che l’ex premier sale al Quirinale da condannato in via definitiva. Secondo una nota della presidenza della Repubblica, è andato per illustrare le posizioni del suo partito in questa fase politica. Tra gli argomenti discussi, la gestione delle riforme da parte del premier e l’evoluzione della legge elettorale, ma anche le preoccupazioni in vista dell’esecuzione della sua sentenza di condanna. [Il Fatto Quotidiano]

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Se berlusconi rappresenta una minoranza di decerebrati che per motivi sconosciuti si sono votati a sostenere un delinquente di quella portata, Napolitano rappresenta tutti gli italiani. E una persona, la più alta istituzione dello stato di un paese ha delle responsabilità verso i cittadini. Fra queste c’è anche dare un buon esempio: agire nella rettitudine, nella trasparenza e nell’onestà. Dovrebbe, anzi DEVE fare quel che si chiede ai cittadini e non fare quello che ai cittadini non verrebbe perdonato e giustificato.
Se io ospitassi a casa mia un malavitoso amico della mafia, un ladro, uno sfruttatore di ragazzine i miei vicini, amici e parenti qualche domanda se la farebbero, e probabilmente smetterebbero di frequentarmi e di provare per me qualsiasi tipo di sentimento positivo: la stima, la fiducia, innanzitutto. Il loro modo di fare nei miei riguardi cambierebbe, giustamente, forse mi toglierebbero anche il saluto, non avrebbero più per me nessuna cortesia e avrebbero ragione a farlo perché non frequentando malavitosi delinquenti hanno dimostrato di essere persone migliori di me.
Dunque non si capisce perché, e invece, non si possa smettere di essere rispettosi, di avere fiducia, stima, smettere di riconoscere nell’istituzione alta un presidente della repubblica che non si nega ad un delinquente, che lo accoglie nella casa di tutti gli italiani, che lo sta a sentire, ci parla, non pensa che sia disdicevole, di cattivo esempio, irrispettoso nei confronti di tutti i cittadini onesti che un condannato per un reato grave come la frode fiscale, le cui vittime siamo sempre noi, possa, dopo aver potuto partecipare al tavolo della discussione politica perché qualcuno pensa che l’Italia non possa fare a meno di silvio berlusconi, chiedere e ottenere di conferire col capo dello stato che, invece di lasciarlo fuori dalla porta, di fargli sapere che il presidente della repubblica non parla con un pregiudicato da galera, invece di ignorare le sue richieste deliranti col retrogusto del ricatto che nessun altro cittadino condannato potrebbe sognarsi di fare, lo fa entrare, anche più di una volta. Cosa dobbiamo dire ai nostri figli, che in questo paese il presidente della repubblica riceve, dà udienza ai criminali ed è una cosa normale, che tutti i capi di stato fanno?  Anche stavolta il Napolitano  intimerá urbi et orbi di lasciare al criminale la possibilitá di partecipare alla delicata fase politica? 
Quanto ancora dovremo sopportare l’oltraggio di un capo dello stato che si fa frequentare, nella casa di tutti gli italiani, da un delinquente da galera? Quale esempio e quale autorevolezza trasmette una persona investita dell’incarico più importante di tutti che, ormai è evidente, non può dire mai NO a silvio berlusconi? 
 Perché è un po’ complicato spiegare che eversione non è solo un carro armato fatto in casa, ma lo è anche invadere un tribunale, specialmente se si fa il ministro; certe frasi mai sanzionate espresse da persone in qualità di funzionari dello stato rivolte ai Magistrati, sono eversione; mentre se un blogger scrive due frasi spiritose su una pagina web scattano i controlli, una regolare denuncia, un processo dal quale non si può sottrarre con nessun legittimo impedimento.Ed è eversione permettere al non avente [più] diritto di poter mettere piede nelle sedi istituzionali da cui è stato escluso, non perché antipatico al portiere ma perché non più degno di rappresentare nessuno oltre alla sua miserabile figura. Il potere si riorganizza, ora per ora, alza sempre di più il livello del consentito rispetto a ciò che non deve essere permesso. 

Tutto si riequilibra, si norma, anche quello che in nessun posto nel mondo sarebbe normale, accettabile, permesso e fattibile.

 

 

 

Pinochet si scrive tutto attaccato: come guerra e mafia

Sottotitolo: “mentre sellini e piddini di ogni latitudine e longitudine si divertono a deridere un’ignorantona del M5S che ha confuso «Pinochet» con «Pino Chet», voglio far presente che il Pd – futuro alleato dei silenti sellini – ha votato quest’oggi [ieri: nota di R_L]  per la prosecuzione della guerra in Afghanistan.[Pasquale Videtta]

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«A DI MATTEO GLI FACCIO FARE LA STESSA FINE DI FALCONE» 

L’ULTIMO RICATTO DEL BOSS STANCO 

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Totò Riina fa sapere che il giudice Nino Di Matteo gli dà fastidio, lo fa diventare matto e per questo deve morire. Lui e tutti quelli che si stanno occupando della trattativa fra lo stato italiano e la mafia. Nessun sostegno da parte delle istituzioni. E dire che alla presidenza del senato c’è un signore che faceva il procuratore antimafia. Per non parlare di Napolitano che in qualità di capo del CSM dovrebbe proteggere e tutelare i giudici, non bacchettarli di continuo perché hanno osato disturbare la carriera di un delinquente seriale.

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Qualche illuminato amatore della bella politica tradizionale pensa che continuare a parlare nei talk show degli sprechi e dei privilegi nella politica sia inutile, che ormai sappiamo tutto e continuare a mestare nel torbido alimenti solo quello che i soloni definiscono populismo.

Io no, non lo penso invece, perché non è cambiato nulla da quando i coraggiosi Rizzo e Stella hanno dato alle stampe le oscenità che hanno contribuito in larga parte allo sfascio del paese, non solo quello economico ma soprattutto evidenziando una politica priva del benché minimo senso etico e di quella umanità che aiuterebbe ad avvicinarsi alle realtà drammatiche che molti cittadini devono vivere quotidianamente mentre la vita, la bella vita dei politici si è mantenuta sullo stesso tenore. Nulla è cambiato per loro, per i bravi rappresentanti dello stato e della politica.

A loro non è stato tolto niente semplicemente perché come spiegava ieri sera Gomez da Paragone su la7 un regime che si fonda sull’oligarchia se cade si porta dietro tutti, quindi è impensabile che questa politica farà quelle leggi che indebolirebbero un regime che in tempi di crisi, di disperazione, di suicidi ha fatto in modo che in questo paese nel 2012 127.000 persone sono potute entrare nella categoria dei milionari.

Ed è facile immaginare che questo sia stato possibile solo speculando sulla povertà che avanza. E i nuovi poveri non possono nemmeno contare sull’aiuto dello stato che su di loro infierisce, pretende comportamenti esatti ma i cittadini no, non li possono né li devono pretendere dalla politica pena l’accusa di populismo e qualunquismo.

I cittadini non devono né possono nemmeno pretendere che quella legge uguale per tutti venga applicata anche sul potente prepotente quando è anche delinquente. Da 105 giorni c’è un pregiudicato condannato che latita alla luce del sole col consenso dello stato, delle istituzioni e della politica solo perché anche lui fa parte di quell’oligarchia e di questo regime che al potente tutto sconta e perdona ma al cittadino no.

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DECADENZA IL 27 NOVEMBRE? NO, SI VA VERSO L’ENNESIMO RINVIO 

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Nausea con monito – Marco Travaglio – 14 novembre

Anziché seguitare a trafficare intorno al giudice Antonio Esposito, cercando ogni pretesto per punirlo, il Csm potrebbe dire chiaramente ciò che abbiamo capito tutti. Esposito si è reso “divisivo” perché ha osato fare ciò che nessuno aveva mai fatto: condannare definitivamente Silvio Berlusconi. Diversamente da plotoni di toghe che, al primo cenno del Quirinale, si mettono sull’attenti e sospendono processi, interrompono requisitorie, si bevono impedimenti-farsa, congelano udienze, rinviano camere di consiglio, Esposito ha obbedito soltanto alla legge. Come presidente della sezione feriale della Cassazione, ha emesso la sentenza del processo Mediaset il 2 agosto, prima che scattasse la solita prescrizione. E così ha disturbato la “pacificazione” ordinata da Napolitano e Letta jr. per tener buono il Caimano. Dunque bisogna trovare il modo di punirlo, anche se non ha fatto altro che il suo dovere, anzi proprio per questo. Il pretesto è noto: l’intervista apparsa sul Mattino il 6 agosto, intitolata “Berlusconi condannato perché sapeva”. Peccato che, nel testo concordato col giornalista, Esposito non parlasse mai di B.. Peccato che la domanda su B. fosse stata aggiunta dopo, senza il suo consenso, appiccicata a una risposta sull’infondatezza del “non poteva non sapere” nei processi. Peccato che le motivazioni depositate il 29 agosto siano totalmente diverse dai princìpi enunciati nell’intervista. Ma non è bastata la prova provata che Esposito non ha mai anticipato le motivazioni della sentenza Mediaset. Il Csm ha aperto un procedimento per trasferirlo d’ufficio (e dove, di grazia, visto che la Cassazione è competente su tutt’Italia?). E il Pg ha avviato un’istruttoria disciplinare. Due iniziative che hanno alimentato il linciaggio sugli house organ della Banda B. Ma due iniziative illegali. La prima perché il trasferimento d’ufficio dipende da situazioni incolpevoli di incompatibilità ambientale, che prescindono dalle condotte volontarie (come le le interviste). La seconda perché la legge che regola i procedimenti disciplinari, la 269/2006, ritiene illecite solo le “dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione ovvero trattati e non definiti”. E il processo Mediaset era già definito con sentenza definitiva. Ed Esposito non aveva neppure nominato il “soggetto coinvolto” (ma, se l’avesse nominato, non avrebbe commesso illeciti ugualmente).

Nei giorni scorsi Esposito ha appreso dai giornali, che riprendevano un lancio di agenzia, che la sua pratica di trasferimento stava per essere archiviata, e con quale motivazione. Bel paradosso: il Csm anticipa a mezzo stampa la sentenza su un giudice accusato di aver anticipato a mezzo stampa una sentenza. Il relatore ha smentito di averla spifferata lui. Ma ieri s’è scoperto che il verdetto corrisponde alle indiscrezioni. Dunque qualcuno dal Csm l’ha fatto uscire prima. Peccato che l’interessato non ne sapesse nulla: del resto non l’hanno neppure ascoltato per consentirgli di difendersi. Alla fine, con 17 Sì, 2 No e 5 astenuti, il Plenum ha deciso di non trasferirlo. Ma ha trovato comunque il modo di sputtanarlo: “Il comportamento può integrare profili disciplinari, deontologici e professionali, da affrontarsi eventualmente nelle sedi competenti”. Anche se la legge non lo prevede. Perché fosse tutto ancor più chiaro, i signori del Csm hanno infilato nella delibera l’ultimo monito di Napolitano alle toghe: “misura e riservatezza“, niente “fuorvianti esposizioni mediatiche” né “atteggiamenti protagonistici e personalistici”. Come se i moniti valessero più delle leggi. Immediata l’esultanza del laico del Pdl Niccolò Zanon, che è pure uno dei 35 saggi ricostituenti di Letta & Napolitano: “Il lato positivo è che la delibera parla di aspetto disciplinare. Speriamo che la Procura generale faccia quello che deve fare”. Se si danno da fare, magari riescono a punire il giudice innocente prima che decada il pregiudicato colpevole.

Metodo [ab]boffo

Sottotitolo: buongiorno, sono un peone del Pdl.

Dunque, se resto di qua fra sei mesi rischio che il mio posto in Senato lo prenda Dudù e io non ho ancora finito di pagare l’ultima campagna elettorale.

Se passo di là rischio che sul Giornale salti fuori quella storia di mia figlia che ho fatto assumere alla Asl e magari quella volta che ho inserito nel Milleproroghe un emendamento per l’azienda di un amico che mi manda molti regali.

Capite che col cazzo che stanotte dormo, vero? [Alessandro Gilioli]

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ALFANO AL GIORNALE: “METODO BOFFO CON NOI NON FUNZIONA”. SALLUSTI: “ALLIBITO”

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Lodo Mondadori, Berlusconi al telefono: ‘Napolitano è intervenuto sui giudici’

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Ora Berlusconi accusa Napolitano di complotto
‘Intervento su Cassazione per Lodo Mondadori’
 

Il capo dello Stato: “Una delirante invenzione”

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Quando i grandi amori e le grandi intese finiscono, di solito è tragedia.

Fa piacere constatare che Napolitano abbia usato, nei confronti di berlusconi, parole come “diffamazione” e “delirante”, quando appena pochi mesi fa intimava ai giudici di lasciare tranquillo il delirante diffamatore, nonché delinquente, pregiudicato e condannato affinché potesse partecipare alla delicata fase politica in corso.

Napolitano pensava forse che in caso di difficoltà berlusconi avrebbe rinunciato a prendere il martello per rompere il vetro? che avesse avuto comprensione per il presidente che lo ha così ben garantito in tutti questi anni? pensava di essere esente dal metodo sistematico usato da berlusconi contro tutti quelli che si sono in qualche modo opposti ai suoi progetti delinquenziali? è forse una novità di oggi il berlusconi style?

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Napolitano: “Garantire partecipazione politica a B – 12 marzo 2013

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Report – al posto giusto

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 Solo in questo paese un’inchiesta giornalistica viene considerata al pari di un’aggressione dalla politica. Nei paesi normali, civili, il politico è obbligato a dare risposte al giornalismo.  In America nessuno potrebbe dire ad un giornalista: “ma che domande fate” così come si è permesso di rispondere Letta a Report rifiutando di dare chiarimenti circa gl’incapaci  incompetenti assunti nel bel governo necessario.  In America il giornalista fa la prima domanda ma soprattutto la seconda, se alla prima la risposta non è stata sufficientemente chiara; questa è proprio la regola del giornalismo. E il politico deve rispondere. Perché nei paesi normali e civili il politico non si sceglie il set nel quale apparire, quello dove sa che nessuno lo metterà in difficoltà; qui da noi invece fanno solo e sempre questo. Non sono abituati ad avere a che fare coi giornalisti ma solo e soltanto con gente funzionale a tutti i poteri a cui non importa chi comanda. In nessun paese normale potrebbe esistere una trasmissione come Porta a porta; cinque sere a settimana di propaganda odiosa, di servizi e servizietti al potere, qual che sia, di argomenti insignificanti usati per coprire quelli importanti. E non mi stancherò mai di dire che l’informazione ha delle responsabilità enormi circa lo stato pietoso di questo paese.

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Un rientro in grande stile quello di Report, una puntata azzeccatissima per il periodo. Rivedere il giuramento da ministri, viceministri e sottosegretari dei ciarlatani delle larghe intese non so se è stato più esilarante o più disgustoso, e mai la scelta dell’argomento è stata più azzeccata per il periodo, se l’inchiesta di Iovene è di quattro mesi fa, come ha dovuto precisare Milena Gabanelli per giustificarsi con la miserabile ladra di doppi stipendi che invitava il giornalista a vergognarsi perché chissà come se lo guadagna lui, il suo stipendio.
Quello visto a Report è semplicemente il quadro del sistema politico italiano, il remake del film che si ripete nel parlamento e dintorni da che esiste la repubblica. Gente senza meriti né competenze che è andata e va ad occupare posti di rilievo non capendo un cazzo di quello che deve fare e che c’è da fare limitandosi a fare il compitino assegnatole dai capi partito, ras di quartieri, paesi e città. Il sindaco di un paese di quattrocento persone che si vanta del suo posto da sottosegretario perché dice di averlo meritato grazie al suo mestiere, la biancofiore che dice di essere stata votata da “centinaia di migliaia di persone”. E chissà perché la modifica alla legge elettorale non la vuole nessuno, a destra come a centrosinistra: un mistero, davvero.
E ce l’hanno incartata proprio bene in questi anni, cercando di convincerci che l’antipolitica faceva male alla politica, che non era giusto mettere tutti allo stesso livello, che non erano proprio tutti uguali come sembrava, una cosa che fino a un po’ di tempo fa pensavo anch’io.
Oggi no, non lo penso più, perché se è vero che da berlusconi a scendere è stata involuzione, implosione di una politica che già non si reggeva in piedi dopo i disastri di tangentopoli è anche vero che chi si doveva impegnare per contrastare questa politica, quella dei privilegi, dell’immeritocrazia, del familismo e del clientelismo ci si è invece accomodato dentro facendo finta che tutto andasse bene e, anzi, quando ha potuto si è seduto con piacere a quella tavola dove si mangia tanto e bene, non considerando che prima o poi la bolla sarebbe scoppiata.
E se in questo paese non ci fosse stata quella manciata scarsa di giornalismo vero che in questi vent’anni non ha pensato che tutto andava bene spiegando anche il perché, l’Italia sarebbe perfino peggio del paese che è. 

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Non spingete – Marco Travaglio, 1 ottobre

C’è una gran ressa nell’anticamera del fronte antiberlusconiano, rimasto per vent’anni semideserto. Pare che spingano per entrare anche alcuni gaglioffi che dopo una vita da rospi diventarono principi azzurri grazie al tocco magico del portafogli e delle tv del Cainano, che scattavano sull’attenti a ogni suo fischio, che gli han sempre votato e talora firmato decine di leggi vergogna (vero, Angelino detto Lodo?), che ancora due anni fa approvavano festosi la mozione “Ruby nipote di Mubarak”, che ancora l’11 marzo marciavano sul Tribunale di Milano, che ancora una settimana fa si rimangiavano il voto sulla Severino trafficando per salvare il pregiudicato dalla decadenza e si facevano esplodere in tutti i talk show spacciando un volgare frodatore fiscale per un perseguitato politico, insultando i giudici e i giornalisti liberi che hanno capito e detto tutto con due decenni d’anticipo. E ora si scoprono “colombe” per arraffare un’altra poltrona ministeriale e garantirsi l’autoriciclaggio al prossimo giro di valzer, subito riverginati dagli house organ dell’inciucio che li beatificano come alfieri di una destra moderna ed europea, mentre quelli fanno gli eroi della resistenza al “metodo Boffo”, a loro tanto caro fino all’altroieri. Diciamo subito, allora, che il metodo Boffo con i cinque ministri e i cicchitti “diversamente berlusconiani” non c’entra nulla. Sull’allora direttore di Avvenire il Giornalescagliò un dossier in parte vero (la sentenza per molestie ai danni di una donna) e in parte falso (un’informativa inesistente della polizia sui suoi gusti sessuali), mentre su di loro Sallusti non ha (ancora) sparso né fango né veleno: ha soltanto scritto che sembrano avviati “sulle orme di quel genio di Fini”. Una critica politica pienamente legittima, giusta o sbagliata che sia. Ci vuol altro per farne dei martiri. Nell’attesa, potrebbero scusarsi con Fini, Granata, Perina, Angela Napoli, Briguglio e gli altri finiani che scaricarono B. magari tardi, ma quando ancora costava caro: e nel 2010 stavano per liberarci definitivamente dal Cainano, se Napolitano non si fosse precipitato in suo soccorso. Ora è tardi per mollarlo, e pure troppo comodo. Tempo scaduto: le iscrizioni all’antiberlusconismo sono chiuse da un pezzo. Anche perché oggi le vere vittime del metodo Boffo sono ben altre: per esempio i 5Stelle che, dati per estinti fino all’altro giorno, si riscoprono forti nei sondaggi e vengono bastonati con ogni sorta di falsità da destra e da sinistra in vista delle possibili elezioni anticipate. Non passa giorno senza che un paio di malpancisti grillini vengano spacciati da giornali e tv come un poderoso esercito di dissidenti pronti a secedere e ansiosi di votare astutamente il prossimo governicchio: quello che ci farà pagare tutte le tasse rinviate da Letta. Ieri sul Giornale il semprelucido Francesco Alberoni, ormai pronto per la legge Bacchelli, scriveva che “il Movimento a Cinque Stelle ha come programma politico quello di annientare il sistema parlamentare e instaurare un regime totalitario. Grillo lo dice nel suo blog, come del resto aveva fatto a suo tempo Hitler nel suo libro Mein Kampf ”. E l’altroieri, nella consueta enciclica domenicale, Eugenio Scalfari tentava di far dimenticare i suoi imbarazzanti peana alle larghe intese Napolitano-Berlusconi-Letta Zio-Letta Nipote e il clamoroso fallimento dopo appena cinque mesi dell’adorato presidente e dall’amato premier (il più ridicolo e inconcludente del dopoguerra). E con chi se la prendeva? Con l’unica forza di opposizione, a cui i fatti si sono incaricati di dare ragione. Al punto da mettere Grillo sullo stesso piano di B. (“Due caimani e due bande di camerieri”): “Grillo vuole le stesse cose di Berlusconi: la caduta del governo, le elezioni anticipate col ‘porcellum’, le dimissioni di Napolitano e un governo di grillini e di chi la pensa come loro (Berlusconi?)”.

Raramente si era letta su un giornale serio come  Repubblica una tale quantità di baggianate. Qui  chi ha patrocinato un governo con B. non è Grillo, è  Scalfari. E, se si andasse subito al voto col Porcellum,  la colpa sarebbe di tutti fuorché di Grillo: i parlamentari  M5S votarono in massa per la mozione Giachetti  che impegnava le Camere a tornare al Mattarellum  in caso di elezioni, mentre tutto il Pd (compreso  Letta) votò contro la proposta del suo stesso  deputato.  Del resto Pd, Pdl e Napolitano avevano già boicottato  il referendum anti-Porcellum, plaudendo quando due  anni fa la Consulta lo bocciò. E in questi cinque mesi  che cos’han fatto per abrogare la porcata? Nulla di  nulla. Hanno perso tempo dietro la compagnia dei  “saggi” della buona morte voluta da Napolitano, trastullandosi  con la controriforma costituzionale e scardinando  l’articolo 138: sapevano bene che l’unico alibi  che tiene insieme il governo con lo sputo è proprio  l’assenza di una nuova legge elettorale.  Quanto alle dimissioni di Napolitano, non è solo Grillo  a chiederle, ma è Napolitano che le ha promesse nel  suo discorso di reinsediamento dinanzi alle Camere  riunite, il 22 aprile scorso: “Ho il dovere di essere  franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come  quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a  trarne le conseguenze dinanzi al Paese”. Non gli bastano  le sordità di questi giorni? O è diventato sordo  anche lui?

L’anomalia mediatica

Dopo avere affossato Telese nell’esordio di Matrix, la santanchè sgonfia anche l’esordio de La gabbia. Neanche il 4 percento. 
Non solo la pitonessa non fa (più?) ascolti: ormai porta proprio sfiga. [Andrea Scanzi da facebook]

Meno male. Sono contenta, gli sta bene.
Così vediamo se smettono di chiamarla.

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Sottotitolo: per capire perché l’Italia è al 57° posto nelle graduatorie internazionali sulla libertà di stampa e informazione basterebbe vedere quanto spazio hanno dato i media allo scambio epistolare fra Eugenio Scalfari e papa Francesco. Un evento rilevante per molti ma non per tutti e che in un paese laico per Costituzione non dovrebbe soffocare e togliere spazio a fatti e notizie di interesse generale.

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Scontro in tv tra Santanchè e Travaglio
‘Delinquente’. ‘Datele la camicia di forza’

“Imparate da berlusconi come si trattano le donne”, ha detto la moderata statista a Marco Travaglio.

Ecco, qui se fossi stata nei panni di Travaglio, che è stato un gentiluomo, avrei risposto che berlusconi le donne le tratta da puttane, perché o le paga per farsi fare i servizietti durante le cene eleganti, quello che del resto sosteneva anche lei quando disse che “non l’avrebbe mai data a uno che le donne le vede solo in orizzontale”, o per andare in giro a difendere un indifendibile delinquente PER SENTENZA DEFINITIVA.

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Dopo aver visto l’ennesima performance disgustosa della maitresse à penser più amata dai mezzi di informazione di questo paese sciagurato anche [proprio] perché eleva a personaggi gentaglia come la santanchè spero che tutti abbiano capito il significato della parola “delinquente”, che imparino ad usarla quando si parla di delinquenti veri come silvio berlusconi condannato da un tribunale proprio perché tale.

Delinquente è infatti colei o colui che viola la legge scientemente, che assume comportamenti e agisce con la consapevolezza di danneggiare altri a proprio beneficio e vantaggio come ha fatto silvio berlusconi e come ha fatto anche alessandro sallusti, compagno di vita della nota statista, il quale per compiacere il padrone a cui fa riferimento il suo giornale, silvio berlusconi, non ha esitato a concedere al radiato dall’albo farina di reiterare diffamazioni vere, per questo condannate da un giudice [ma da Napolitano no], nei confronti di un onest’uomo come il pm Cocilovo. 

Non è dunque un delinquente chi commette un reato colposo, quindi non intenzionale, come è stato derubricato quello che si continua a rinfacciare a Beppe Grillo in assenza di altri argomenti, e non lo è nemmeno chi nell’esercizio del suo lavoro di giornalista può incappare in qualche errore del quale comunque – a meno che non si chiami alessandro sallusti – ne risponde in prima persona assumendosene la responsabilità in sede civile come è successo centinaia di volte a Marco Travaglio che però, a parte qualche sporadico caso è stato sempre assolto, parola sconosciuta ai servi di berlusconi.

Quindi non come sallusti che ha subito una condanna  penale che sarebbe costata la galera vera al diffamatore vero se non fosse intervenuto beffando la Costituzione con una grazia quantificata in poche migliaia di euro il bravo presidente, il garante di tutti.

Ma la  colpa non è della santanché, è di questa anomalia che qualcuno si ostina ancora a chiamare informazione che ha già costruito renata polverini grazie a Ballarò che la invitava una settimana sì e l’altra pure, trasformando un’anonima leader di un sindacato inutile niente meno che in presidente della regione Lazio e adesso sta ripetendo l’operazione con daniela santanchè, che essendo molto più presente rispetto alla sua collega di partito, quello dei moderati per intenderci, rischiamo di ritrovarci direttamente al quirinale.

Nonostante il livello bassissimo dell’informazione televisiva da talk show che somigliano sempre di più a pollai ingovernabili penso che giornalisti come Travaglio, Gomez, Barbacetto, Marco Lillo, Andrea Scanzi facciano  bene ad approfittare anche del minimo spazio che viene loro concesso per poter almeno dire un po’ di verità in questo paese dove l’irresponsabilità, la menzogna, la calunnia rischiano di diventare l’unico riferimento dal quale trarre le opinioni. E finché in tutte le trasmissioni si  continuerà ad invitare bugiardi, servi a libro paga, ci vorrà per forza qualcuno a fare da contraltare. Però credo anche che dovrebbe essere un diritto di tutti non dover assistere allo spettacolo indegno di una cialtrona maleducata che viene inseguita e chiamata da tutti come se fosse una politica di chissà quale spessore, una che per offendere allude ad una presunta omosessualità, come se l’omosessualità fosse un insulto,  si permette di chiamare delinquente un uomo perbene, una che nulla aggiunge alla discussione pubblica e  che viene cercata, invitata, intervistata da tutti unicamente per armare le risse.

Siamo messi male se il giornalismo ufficiale ha bisogno della santanchè per alzare lo share. Niente di meglio per il dibattito? provare ad alzare il livello della discussione politica, no? e poi ci chiediamo ancora come ha fatto berlusconi a resistere vent’anni in parlamento? dovremmo baciare la terra dove camminano i giudici che sono riusciti a condannarlo nonostante e malgrado la protezione e il sostegno di tutta la politica, le leggi ad personam e un presidente della repubblica che lo ha ricevuto al Quirinale, ritenendolo evidentemente un interlocutore credibile, solo qualche ora dopo una condanna in primo grado a sette anni per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile, altroché cianciare poi della gggente che poi lo vota.

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Bella, ciao

Su wikipedia tutti hanno la possibilità di aggiungere informazioni e dettagli a tutti gli argomenti che sono contenuti nell’enciclopedia on line che ogni giorno viene consultata da miliardi di persone.
Solo però, come diceva Grillo tanti anni fa, se qualcuno scrive una cazzata tempo due minuti e gli si rivolta contro il mondo.
E allora io mi chiedo: qual è il senso di diffondere cazzate, anche offensive, se grazie alla Rete tempo due minuti e non dico il mondo ma un sacco di gente giustamente incazzata e stanca di essere trattata da imbecille poi si rivolta contro?

Per la cosiddetta informazione italiana, pubblica e privata, la parola fascismo è off limit, non si può dire, non si può pronunciare, non si deve dire, ad esempio, che Franca Rame non fu vittima della sua bellezza [finché, ‘sto cazzo] quando il 9 marzo del 1973 fu stuprata da un branco di  fascisti e che il suo fu uno stupro su commissione non perché lei fosse una gran bella donna ma perché era una donna comunista e dunque doveva essere punita per questo.
E non si può dire che quello stupro fu ordinato da alcuni ufficiali dei carabinieri come riportano le cronache del periodo.

Ieri il TG2 ha mandato in onda un servizio vergognoso su Franca Rame: la conduttrice  ha detto che Franca Rame avrebbe usato la sua bellezza finché non fu stuprata omettendo il perché di quello stupro, ovvero la parte fondamentale che fu quella che poi segnò per sempre la vita dell’artista.

Dopo mezz’ora dalla fine del telegiornale in Rete è successo il finimondo come sempre accade quando l’informazione ufficiale, quella che paghiamo tutti, non assolve al suo dovere che è appunto, quello di informare e non di dare la versione più comoda, riveduta, corretta e addolcita di un fatto che è accaduto.

E dai fatti che hanno riguardato  la splendida vita di Franca Rame non si può stralciare qualcosa che è ormai di pubblico dominio, e specialmente nel giorno della sua morte e dopo che  la vicenda drammatica dello stupro subito da Franca Rame aveva già fatto il giro del mondo in Rete.
A distanza di quarant’anni, il servizio pubblico come quello privato nella figura di Enrico Mentana, anche lui così poco coraggioso da evitare di pronunciare la parola “fascisti” in riferimento agli stupratori,  non possono oscurare il fatto che lo stupro di Franca sia stato una vera spedizione punitiva eseguita da una squadraccia fascista e ordita per motivi politici.

Solo in tarda serata è arrivata una specie di rettifica da parte del TG2, ma come sempre accade in casi come questi la toppa è stata peggiore del buco, perché il direttore Marcello Masi ha fatto l’offeso e lo sdegnato invitando a vergognarsi tutti quelli, me compresa che si erano già attivati su facebook per pretendere il chiarimento, colpa nostra che  avevamo capito male e non c’era nessuna finalità offensiva né tanto meno censoria nell’intervento di Carola Carulli al telegiornale.

Nella richiesta di rettifica non c’era nessuna volontà di ripristinare la gogna per la giornalista disinformata: bastava ammettere l’errore e  fare un opportuno passo indietro senza i se i ma del direttore.

E inoltre, se l’informazione facesse il suo dovere non servirebbero nemmeno certe “scuse”.

Lo stupro è un orrore che ammazza dentro.

Quello che si vive dopo è solo un surrogato di vita: un’apparenza di vita.

Grazie a Franca Rame per aver saputo, invece, vivere così bene la sua, mettendosi a disposizione per un progetto di civiltà.

E, a proposito di balle e ballisti,  qual è il senso di fare il Pigì Battista se poi c’è sempre almeno un Marco Travaglio che gli fa fare la figura di merda che si merita?

I ragazzi del coro
Marco Travaglio, 30 maggio

L’altra sera il giornalismo indipendente ha fatto un altro passo da gigante a Ballarò con l’intervista, si fa per dire, di Giovanni Floris a Pier Luigi Bersani. Parevano due compari che si ritrovano al bar dopo tanto tempo e il più cazzaro dei due racconta all’altro che lo voleva la Juve come centravanti, ma lui ha rifiutato perché merita ben di meglio. Solo che al bar, di solito, l’altro compare guarda il cazzaro con un misto di simpatia e commiserazione, e se è molto buono lo asseconda, altrimenti gli ride in faccia. Floris invece assisteva alle bugie di Bersani con compunta partecipazione, alzandogli lui stesso la palla per aiutarlo a mentire meglio. Così lo smacchiatore di giaguari ha potuto raccontare la favola del “governo del cambiamento” con i 5Stelle, abortito per il no di Grillo (tutti sanno che era un governo Bersani di minoranza, in cui i 5Stelle non avrebbero avuto alcun ministro e alcuna voce in capitolo sul programma, che Bersani si era premurato di preparare in anticipo: i famosi otto punti di sutura). La frottola della sua proposta ai grillino di votare Prodi al Quirinale (proposta mai fatta né in pubblico né in privato, mentre fu Grillo a proporgli pubblicamente di votare Rodotà e poi discutere di un governo insieme). La balla del no del Pd a Rodotà perché “non avrebbe avuto i voti” (e allora perché proporre Marini e Prodi, che non avevano neppure i voti del Pd, ed escludere in partenza Rodotà, che aveva già i voti dei 5Stelle e di Sel e avrebbe potuto essere eletto anche senza un terzo del Pd?). La bufala della sua disponibilità a farsi da parte (lo disse solo il 2 aprile, dopo aver ripetuto per un mese e mezzo “governo Bersani o elezioni”, e poi non lo fece mai). La patacca del “sempre stato contrario al finanziamento pubblico dei partiti” (celebre il refrain della campagna elettorale:”anche Clistene era favorevole, sennò fan politica solo i ricchi”). E via balleggiando. L’unica volta che Bersani ha detto qualcosa di vero, e cioè che sa chi sono i 101 “o forse 110” parlamentari del Pd che han tradito Prodi e il partito, ma non intende svelarli, Floris ha lasciato pietosamente cadere la questione. Meglio non metter troppo in imbarazzo l’ospite. Meglio servirgli altri assist spiritosi, tipo: “È più facile governare con Alfano o con Casaleggio?”. Ah ah, zuzzurellone. Il clima è da quiete dopo la tempesta: ce la siamo vista brutta, ma ora è passata, tutto è tornato al suo posto: Grillo perde, i partiti vincono (mettono in fuga 4 elettori su 10, ma è un trionfo), i giornalisti tornano a sdraiarsi dopo tanta paura, la cadrega è salva e si può anche riscrivere la storia a uso e consumo dei presunti vincitori. È lo stesso clima che si respira nei giornali, che celebrano il record dell’astensionismo con titoli virili del tipo “Una domanda di governo” (Corriere ), “Il riscatto dei partiti” (Repubblica ), “Il voto sveglia la sinistra” (l’Unità). Anche gli onanisti di twitter si scatenano. Il neomartire Pigi Battista (Grillo l’ha insultato per le balle che scrive, dunque tutti solidali, mentre chi viene insultato da Battista non merita nulla) cinguetta: “Per Ingroia l’anno della catastrofe: arrestato il suo pataccaro Ciancimino jr.”. Strana esultanza, da parte di uno che passa il tempo a travestire da Tortora qualunque potente arrestato o inquisito. Figurarsi se avessero ingabbiato uno a scelta fra i suoi editori evasori: pianti a dirotto e alti lai contro le manette facili e l’accanimento delle toghe cattive. Trattandosi invece di Ciancimino, viva la garrota. Peccato che il primo a far arrestare Cincimino per calunnia e porto di esplosivi sia stato proprio Ingroia, che poi lo fece rinviare a giudizio per minaccia a corpo dello Stato e concorso esterno. E peccato che l’arresto per evasione fiscale non c’entri nulla con la veridicità o meno di quel che Ciancimino ha detto sulla trattativa e dei 50 documenti che ha prodotto (già autenticati dalla Scientifica). 
Queste cose le sanno tutti i giornalisti, anche i meno dotati. Dunque non Battista.

E nelle corsie solo posti in piedi

Sottotitolo: meno male che in questo paese c’è sempre qualcosa di cui sparlare, ad esempio della querelle fra Travaglio e Formigli, la qual cosa fa opportunamente dimenticare qual è la vera ragione del contenzioso e cioè il risentimento tardivo dell’ex superprocuratore antimafia che durante il suo mandato ha incassato senza fiatare le critiche, gli articoli di giornale e i libri che parlavano del modo in cui ha potuto ottenere quella carica a scapito di Giancarlo Caselli ma che, improvvisamente, da presidente del Senato pescato nel cilindro del coniglio di Bersani considera e chissà perché qualcosa di irricevibile. Formigli da giornalista qual è sa benissimo che i giornalisti non sono affatto tenuti e obbligati al contraddittorio, altrimenti dovrebbero fare solo quello e non altro vista la mole di persone di cui si occupano nei loro articoli e inchieste, ma continua imperterrito a sostenere che se l’inquilino del primo piano discute con quello del terzo a risolvere il contenzioso deve essere quello del quinto. Specialmente quando a margine di questo c’è la possibilità di fare i propri interessi, nel caso di specie aumentare lo share di una trasmissione televisiva. Di fronte ad un’accusa, seppur tardiva, di diffamazione l’unica sede preposta e regolare la contesa dovrebbe essere un tribunale, non uno studio televisivo terzo e nemmeno la telefonatina intimidatoria in diretta tv, un’abitudine pessima a cui nessuno si sottrae. Se Grasso pensa di essere stato infamato solo oggi da Travaglio e non cinque anni fa quando le stesse cose che ha detto a Servizio Pubblico le ha scritte su un libro insieme a Saverio Lodato, denunciasse Travaglio ad una procura. 
Perché non lo fa?

Se Travaglio fosse quel diffamatore che molti pensano che sia a quest’ora sarebbe sui gradini di una chiesa a chiedere la carità.

A pagina 319 di “Intoccabili”  il libro di Saverio Lodato e Marco Travaglio si può leggere:

“Grasso ha avocato ogni decisione sulle inchieste, soprattutto quelle riguardanti la mafia e la politica, in cui sono impegnati Ingroia, Lo Forte, Principato e Scarpinato. Non solo ai caselliani, in attesa di trasferimento, non vengono affidati nuovi dossier. Grasso ha anche un altro motivo per congelare i quattro: il nuovo procuratore non vuole essere accusato di continuità con la gestione Caselli…”
Chi scrive con grande entusiasmo queste parole? Travaglio? No. Lino Jannuzzi. Chissà perché?

Il libro è uscito a maggio del 2005.
Ma in otto anni Grasso non ha mai pensato di offendersi. Se in questo paese l’informazione è quello che è non è solo colpa dei conflitti d’interesse di b. ma della maggior parte della gente che non l’ha mai pretesa, perché per affrontare la verità bisogna essere partigiani della verità, non dell’idolo calcistico, del politico, di un partito.

Gente che critica e insulta un giornalista sulla base del pregiudizio e non di fatti oggettivi.

Marco Travaglio, il più insultato di tutti e inviso alla politica di tutti i colori, il che dovrebbe almeno indurre alla riflessione che quando un giornalista è così detestato dalla politica forse è perché sa fare bene il suo mestiere.

Preambolo: I cittadini dovrebbero andare a cercare a casa quei Presidenti di Regione che hanno fatto atti di questo tipo. Il presidente Polverini ha nominato a 40 giorni dalle elezioni delle figure apicali di direttori all’interno delle aziende sanitarie del Lazio e sa che cosa accade se chi è stato eletto decide di sostituirli? Che colui o colei che è stata nominata dal Presidente Polverini andrà a casa, si , ma con lo stipendio per cinque anni pagato dai cittadini del Lazio! Già i cittadini del Lazio pagano con tasse più alte un muto di oltre trent’anni che la Regione Lazio ha dovuto aprire con le banche per ripianare i sette miliardi e mezzo di debito creato negli anni dalla presidenza Storace in poi. Il frutto di amministratori incapaci, sleali e alcuni anche delinquenti lo pagano per 30 anni, per il prossimo terzo di secolo, coloro che abitano nel Lazio.” [Ignazio Marino, Presa diretta – 24 marzo]

Pagare le tasse non è un esercizio virtuoso, è un dovere civico prim’ancora che un obbligo.
Ma pagare le tasse deve avere un riscontro oggettivo, visibile e tangibile, quel ritorno in termini di strutture e servizi che in Italia non c’è e non c’è mai stato nella misura di quanto ad esempio lo stato si prende in percentuale dai guadagni dei piccoli imprenditori letteralmente strangolati dal fisco e quelli dei cittadini semplici, specialmente dalle buste paga dei lavoratori dipendenti che le loro le pagano addirittura in anticipo rispetto poi a quello che avrebbero il diritto di pretendere, se questo fosse e fosse stato uno paese ben gestito.
E non è possibile che in un paese, nello stesso paese debbano esserci delle isole felici e altre zone in cui, invece, ci si dimentica delle persone nei loro momenti più drammatici come le malattie, momenti in cui lo stato dovrebbe più che mai far sentire la sua presenza, non abbandonare nessuno. 
E se si pensa che questo succede perché questo paese è stato gestito da gente irresponsabile oltreché disonesta verrebbe davvero voglia di diventare egoisti e guardare solo al proprio, soprattutto in un ambito delicato e importante qual è quello della sanità che significa salute, stare meglio, stare bene.

Perché a me sta bene tutto, anche il concetto di solidarietà sociale, ovvero il dover pagare anche per chi non lo può fare ma questo non può ricadere come al solito e come sempre sulle spalle di chi già fa fatica di suo e poi quando ha bisogno di uno stato presente si trova di fronte quelle scene che ci ha mostrato ieri sera Iacona a Presa diretta.

La sanità pubblica come dice Gino Strada deve essere accessibile, funzionante e gratuita per tutti, è lo stato che poi dovrà preoccuparsi di far pagare tasse che siano davvero proporzionate ai guadagni. E sono i governi di uno stato – se sono seri, istituzionali veramente – che prima di tutto dovrebbero smetterla di togliere e tagliare a chi paga le sue tasse con sacrificio e onestamente, che devono rimuovere dalla gestione di un servizio fondamentale qual è quello della sanità pubblica ma in generale da tutti gli ambiti, i delinquenti, i ladri, gli sciacalli ammantati pomposamente della definizione di amministratori, che fanno cassa, che lucrano per meri interessi personali su chi ha la sventura di aver bisogno di un ospedale e di essere curato. 
E insieme a loro tutti quelli che, tipo la polverini qui nel Lazio anziché tutelare gli interessi della gente ha pensato prima di tutto ai suoi garantendosi il posto fisso a vita in parlamento.

E con tutta la buona volontà possibile credo che finché in questo paese i responsabili dei vari disastri verranno premiati invece che cacciati con disonore e costretti a risarcire i danni, finché verranno ripagati con buone uscite milionarie e una carica di senatore, finché ci saranno politici che pensano che una patrimoniale, ovvero far pagare di più a chi grazie a questo stato ha avuto di più non sia opportuna perché politicamente sconveniente, finché gli amministratori dello stato pensano che sia giusto rifondere i settori privati quali scuole e ospedali che essendo appunto privati dovrebbero fare da soli a svantaggio di un pubblico che cade letteralmente a pezzi, resta difficile, se non impossibile, imparare ad innamorarsi delle istituzioni come piacerebbe alla signora Boldrini.

Questo paese è stato gestito da gente che fa schifo.

Che ha lucrato sul dolore, le malattie e la morte.  Ladri che hanno pensato solo ad arricchirsi non permettendo nemmeno  le cure a chi sta male per aumentare il loro profitto.

Altroché sempre ‘sta favola che la colpa è nostra, visto  che di soldi a stato e regioni gliene diamo una montagna.

 

E figurarsi se in mezzo non c’era il vaticano, sempre presente quando c’è da fare cassa, anche per poi fare le suite dove ricoverare criminali.

E nelle corsie solo posti in piedi.

 

Manifest’Azioni [che bel paese è l’Italia, manco una colata di acido muriatico ci salverà]

Contro le istituzioni: tutti con Silvio!  – Domenico Gallo per Micromega

[…] Con la scusa della repressione della criminalità sono stati privati della libertà tanti onesti padri di famiglia dediti al commercio della droga per sfamare i figli; tanti onesti collettori di tangenti e tanti onesti professionisti, dediti ad attività predatorie; tanti onesti imprenditori costretti a mandare in esilio nei paradisi fiscali i capitali onestamente guadagnati con l’aiuto della “famiglia”.

Per giunta questa società di onesti deve confrontarsi quotidianamente con lo spionaggio screanzato sui telefonini, anche quelli più riservati, non essendo più sicura nemmeno dell’inviolabilità delle proprie conversazioni telefoniche: in Italia non si è più liberi di organizzare una rapina in banca, un’estorsione, un appalto truccato o un attentato che si viene subito intercettati!

Tuttavia il culmine di questa situazione insopportabile non è né l’oppressione fiscale né quella burocratica, ma l’oppressione giudiziaria. I magistrati arrivano ad usare i loro poteri (cioè il potere di procedere al controllo di legalità) persino contro chi è stato democraticamente eletto, come se i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche avessero il dovere di adempierle con disciplina ed onore!

Come se gli eletti dal popolo (specialmente uno!) non godessero del privilegio dell’inviolabilità. Del resto lo diceva anche lo Statuto Albertino che la persona del Re è sacra ed inviolabile. Per questo gli innumerevoli procedimenti penali a carico di Silvio sono atti sacrileghi perché colpiscono il corpo mistico del Re (di denari).[…]

 

Incipit:  è molto strano che nessuno abbia pensato a caricare questo video su youtube: https://www.facebook.com/photo.php?v=474695502588125: la censura preventiva è quella che funziona meglio, così almeno non c’è nemmeno bisogno di giustificare la scomparsa di materiali come dire? inopportuni.

Preambolo: i due marò tornano in india. Bisognerebbe mandare laggiù anche Monti, Terzi, e quell’altro che c’ha il cognome che somiglia a una marca di spumante, Staffan De Mistura, che per i danni che hanno fatto nella gestione di questa faccenda e per la figura miserabile che hanno fatto fare al paese meriterebbero una revoca a tempo della  cittadinanza italiana.

Sottotitolo: non mi piace tutto questo interesse del M5S per quell’area della politica che si occupa del controllo: sicurezza e telecomunicazioni, il servizio pubblico sono cose delicate da gestire, non si possono affidare a dei principianti della politica che alle spalle hanno Casaleggio, uno che ha delle idee fantasiose sul futuro prossimo e più prossimo di questo paese. Uno che ha previsto la terza guerra mondiale, per dire.

Di tante cose che ci sono perché proprio la Rai e il Copasir, non abbiamo già dato in termini di monopolio e di pessima gestione delle cose importanti? cos’altro c’è da sperimentare in questo paese? perché la faccenda dovrebbe interessare tutti, visto che le cavie siamo noi.

MA

se  berlusconi riesce a cavarsela anche stavolta grazie alla politica che gli offre l’ennesima scialuppa di salvataggio a votare non andrò mai più nemmeno se mi ci portassero a forza.
E nessuno venisse più a raccontarmi favole sulla democrazia che è partecipazione, perché sostenere ancora una politica impegnata da quasi vent’anni a cercare la soluzione ai problemi giudiziari di un delinquente  non è partecipazione ma complicità con  chi al delinquente  non solo ha retto e  regge il sacco ma gli fa trovare pure la cassaforte aperta.
E allora non è più roba per me.

Sono diciotto anni che b chiede l’impunità e gliele hanno concesse tutte. 
Adesso che si è finalmente indebolito non deve assolutamente trovare gente ancora disposta a cedere ai suoi ricatti. 
Bisognerebbe che tutti prendessero finalmente atto che b non è un avversario disposto a perorare le sue cause per mezzo di sistemi democratici, non l’ha mai fatto, lui sta bene soltanto nella sua condizione naturale che è quella del fuori legge visto che le ha praticamente violate tutte.
E coi fuori legge non si tratta, tanto meno dovrebbe farlo la politica che sta lì per rappresentare e gestire lo stato per mezzo delle leggi e della democrazia, concetti completamente estranei alla figura di silvio berlusconi. craxi è stato moto più dignitoso di lui, se n’è andato a morire da latitante ma almeno non ha stravolto un paese, un parlamento e la Costituzione.

Domani berlusconi porterà i suoi in piazza a manifestare contro la magistratura, una cosa che sarebbe impossibile fare in qualsiasi altro paese democratico e civile, qui invece le istituzioni tacciono, trasformando un atto eversivo in qualcosa che si può tranquillamente fare in virtù di quella democrazia che berlusconi stupra da quasi vent’anni ogni giorno.

La cosa più deprimente è che si parlerà dello scazzo di Grasso  per mesi come della puntata in cui Santoro e Travaglio avrebbero fatto il favore a berlusconi.
A Porta a Porta si fa pornografia cinque sere a settimana da anni in pieno regime di conflitto di interessi del suo conduttore che è stipendiato da berlusconi e marito di una dei membri dell’autorità di garanzia nominata da Monti e nessuno fa un fiato.
Quando dico che un’informazione in questo paese se la meritano in pochi so perché lo dico.

Travaglio poteva calare l’asso ricordando anche l’intervista nella quale Grasso disse che il governo di b avrebbe meritato il premio per il suo impegno antimafia, non l’ha fatto, si è limitato a citare cose che chiunque legge libri e giornali doveva e dovrebbe conoscere da tempo.

Il problema invece è che siccome chi critica Travaglio non lo legge e chi critica Santoro non lo vede perché loro si devono criticare non sulla base del loro lavoro ma perché si chiamano Santoro e Travaglio io sarò sempre dall’altra parte, da quella di chi parla e critica in base alla conoscenza e non al pregiudizio.

Che tristezza doversi ridurre a fare la figura di un berlusconi qualunque…e bravo l’ex superprocuratore che, da perfetto estraneo alla politica quale dovrebbe essere ha invece imparato benissimo il linguaggio della politica come l’altro, il sobrio professore, e che ti combina il neo presidente del Senato dunque seconda carica dello Stato? invece di pensare ad una querela per diffamazione contro Travaglio – un magistrato dovrebbe sapere benissimo quali passi fare in presenza di accuse “infamanti” contro di lui [come se Travaglio avesse detto che la magistratura è un’associazione a delinquere composta da pazzi, antropologicamente diversi dalla razza umana, un cancro della democrazia etc etc: in quel caso non si leva nemmeno un pigolio da parte di nessuno]- telefona in diretta televisiva e si mette a battibeccare con lo studio come se fosse quello di un Porta a Porta qualunque.

Ed è strano che solo ieri sera sera Pietro Grasso si sia sentito ferito nell’onore, visto che le cose che ha detto Travaglio a Servizio Pubblico sono le stesse che ripete da anni, sono scritte anche sui suoi libri ma casostrano non ha mai ricevuto nessun invito alla sfida a duello da Grasso.
Forse Grasso si è spaventato perché probabilmente Napolitano conferirà a lui l’incarico di formare un governo da presdelcons e ci tiene ad farsi trovare vergine all’altare? Stabilito che c’è differenza fra errore e crimine è colpa di Travaglio se molto spesso chi si presenta alla politica ha SEMPRE e sistematicamente qualche conto da regolare col suo passato, con fatti legati alla sua attività professionale?
Marco Travaglio non è uno sprovveduto che parla senza verificare la veridicità delle cose che dice e che scrive sui suoi libri, se da anni dice quelle cose a proposito di Pietro Grasso e per anni non è successo significa che Grasso o era molto distratto e nessuno gli ha mai riferito i contenuti di quei libri come invece qualcuno ha fatto ieri sera informandolo che a Servizio Pubblico si stava infamando il suo onore, o semplicemente vuole dire che quelle cose sono vere e non c’è nulla da confutare, e la telefonata di Grasso è la conferma che Travaglio non ha svenduto la propria professione a nessuna causa o persona, lui fa il giornalista ed ha il DOVERE di raccontare i fatti quando ci sono, e la reazione di Grasso è la miglior risposta che poteva dare per confermare a me che Travaglio è un ottimo giornalista che non ha mai guardato in faccia nessuno e che non si è mai inchinato a nessun potente pre-potente o delinquente come invece ha fatto e fa la stragrande maggioranza del giornalismo italiano.

L’intervento di Marco Travaglio

La telefonata di Pietro Grasso a Servizio Pubblico

Change

Hanno girato, rivoltato, trattato e contrattato ma finalmente sono riusciti a dare a berlusconi pure la7. Urbano Cairo è un ex dirigente fininvest, quindi dopo Mediaset che è la sua, la Rai che controlla per mezzo dei suoi ascari sguinzagliati in ogni dove, finalmente anche la7  finisce [di diritto ma soprattutto di rovescio] sotto il controllo di silvio berlusconi. Mannaggia, ad avere una legge sul conflitto di interessi questo non sarebbe mai potuto accadere, probabilmente d’alema, come per quella sullo scudo fiscale, non aveva capito quanto fosse importante questa legge. 
Ecco perché non ce l’ha fatta a farcela.

Sottotitolo: sulla piattaforma Change.org è stata lanciata dall’Uaar, “Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti” una petizione che richiede l’abolizione del Concordato tra Stato e Chiesa. [qui il link all’appello]

Conclave, cattolici Usa contro Mahony
E Famiglia Cristiana lancia un sondaggio

 L’ex arcivescovo di Los Angeles era stato sollevato dai propri incarichi per aver coperto gli scandali di pedofilia. Ciononostante il suo nome risulta tra i partecipanti al Conclave che dovrà votare il successore di Benedetto XVI.  Catholics United indice una petizione per impedirglielo.
A proposito di ospitate nello stato di Dio:
nell’aprile 2011 al dittatore dello Zimbabwe Robert Mugabe, accusato di crimini contro l’umanità fu concesso di partecipare alla beatificazione di Wojtyła. Lo stato italiano fu costretto a sorvolare sulle leggi recenti in funzione dell’obbrobrio fascista dei patti lateranensi e consentire a Mugabe, indesiderato in base alle sanzioni europee che gli vietavano il visto d’ingresso in tutti i paesi membri, di calpestare il territorio italiano.

Ho firmato perché voglio che questo diventi davvero un LIBERO STATO e non il paese a democrazia limitata che è sempre stato i cui contribuenti sono costretti – di diritto ma soprattutto di rovescio – a mantenerne un altro i cui residenti poi non si comportano affatto da ospiti ma vogliono fare i padroni di casa, anche della mia.
Facciamo che ognuno si paga le sue eccentricità, che sei miliardi di euro l’anno, tanto ci costa più o meno mantenere santamadrechiesa, esclusi benefit, privilegi, bollette non pagate i cui costi ricadono sui romani,  tasse non pagate che i contribuenti devono pagare anche per la vaticano SPA e un mucchio di altri lussi che vengono concessi dallo stato alla chiesa, e per non dover ribadire ancora una volta quanto sia costoso dover sopportare questa zavorra che impedisce a questo paese di diventare davvero civile sono un prezzo altissimo che non possiamo più permetterci di pagare. 
Ho firmato perché il concordato è una legge fascista che in una democrazia, in una repubblica deve essere abolita.

Eppoi l’ha detto anche il papa uscente [ma che resterà ospite nelle mura vaticane affinché non abbia nulla da temere, ben coperto dall’immunità in quanto capo di stato estero, quella stessa  che lo ha sollevato da altre responsabilità circa i casi di pedofilia all’interno della chiesa: Immunità: ecco perché Ratzinger resterà in Vaticano,  tutti uguali a dio e come no]:”‘Il tentatore è subdolo – ha detto all’Angelus: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari”.

Ecco, firmiamo anche per non farli più cadere in tentazione. Così imparano.

Lilly Gruber: lei è cattolico?
Antonio Ingroia: NO.
[Ottoemmezzo, 18 febbraio]

La domanda di Lilly Gruber non è stata né indiscreta e nemmeno fuori luogo.

Altroché tenersi i papi e i cardinali nei cassetti come Bersani e Vendola.
In un paese dove la religione invade la politica di destra, di centro e di centrosinistra che non oppone mai resistenza anzi le piace pure, e in modo asfissiante la vita dei cittadini ai quali s’impone di vivere secondo un’etica religiosa anche se non sono cattolici-credenti-praticanti perché la politica poi  non legifera secondo le necessità, le urgenze, i bisogni della gente ma in base a quello che non turba e disturba le loro eminenze, nell’unico paese che ne deve mantenere un altro grazie a una legge fascista, il concordato,  che dovrebbe, DEVE  essere abolita quel NO di Ingroia è una luce in fondo al tunnel.

E’ importante sapere in che misura la religione occupa la vita di un politico visto che i nostri politici sono troppo sensibili all’influenza della religione, si ammalano molto facilmente di conservatorismo e bigottismo; mentre a noi, invece,  serve una politica sana e libera da TUTTE le influenze.

 

[Il tempo è galantuomo]

Ecco perché ieri sera da Lilly  Gruber c’era Ingroia: il più nascosto di tutta questa campagna elettorale, il più oscurato e ignorato dai media.
E’ andato a fare il tappabuchi di berlusconi che doveva fare il confronto con Travaglio; ma siccome notoriamente Travaglio fa il gioco di berlusconi allora ha preferito non andare per non rischiare di stravincere le elezioni e umiliare i suoi avversari: lui è un uomo modesto, si accontenta di poco.
E già qui si potrebbe mettere un punto e scrivere che per capire ci vorrebbe un cervello che fa il suo mestiere, ché la polemica infinita sulla puntata di Servizio Pubblico circa il fatto che Santoro e Travaglio avrebbero messo a suo agio sua bassezza a me ha puzzato di bruciato sin da subito, come anche la proclamazione a santi subito di Floris e Ilaria D’Amico, i bravi giornalisti che hanno imbarazzato berlusconi [mica come Travaglio, cazzu cazzu iu iu], come se tredici minuti di intervista fossero uguali a una trasmissione di un’ora o di tre ore.
E che quando scrivo che in questo paese un’informazione che informa non l’avremo mai perché non ce la meritiamo, perché c’è gente che non ha la benché minima idea di quello che significa la parola informare altrimenti l’Italia non sarebbe sempre e puntualmente in basso a tutte le classifiche internazionali sulla libertà di stampa e informazione, forse ho ragione.
E chissà perché se Santoro e Travaglio sono così ospitali Bersani e Monti, chez Servizio Pubblico non ci sono proprio voluti andare.

Telecanto e melesuono
Marco Travaglio, 19 febbraio

Sarò strano, ma non riesco a capire tutta questa ossessione per i confronti televisivi che si fanno o non si fanno. Intendiamoci: Grillo ha sbagliato di brutto a promettere e poi disdire l’intervista con Sky (e non è la prima gaffe: quella strana frase sui magistrati che “fanno paura” proprio mentre indagano sui poteri fortissimi ha sconcertato una bella fetta della sua base). Ma soprattutto ha sbagliato a prometterla, perché diciamoci la verità: nessuna delle centinaia di pallosissime telecomparsate degli aspiranti premier e dei loro candidati ha spostato di un millimetro gli orientamenti degli elettori. L’idea di un bel dibattito all’americana, dove un avversario o un giornalista mette in difficoltà il politico di turno e gli fa perdere voti, in Italia è pura utopia: e lo resterà finché la politica comanderà sulle tv. Paradossalmente, il programma che più s’è avvicinato a quel modello è stata la puntata di Servizio Pubblico che tutti i giornali hanno accusato di aver rilanciato Berlusconi (perciò Bersani e Monti non sono venuti da Santoro: per evitare eccessivi rilanci). Quella sera il Cavaliere, per la prima e ultima volta nella sua carriera, fu costretto ad ammettere di non essersi opposto alla decisione di Monti di introdurre l’Imu sulla prima casa; e addirittura di essersi confuso, a causa dell’età avanzata, sul complotto delle banche tedesche contro il suo governo. Tant’è che per qualche settimana evitò accuratamente di dichiarare guerra alla Germania e di accusare Monti sull’Imu, pensando che le due balle fossero ormai inutilizzabili e occorresse inventarne qualcun’altra (tipo la restituzione dell’Imu in contanti). Poi andò a un programmino domenicale di La7 e ripeté le due balle senza che i due conduttori gli ricordassero che erano già state smontate da Servizio Pubblico. Dunque capì che poteva usarle di nuovo: nella tv italiana non si butta via niente. Del resto, avete mai sentito qualcuno (esclusi i presenti) rinfacciargli i suoi processi o gli impresentabili nelle sue liste? Tutti gli scandali, per lui, sono ormai mediaticamente prescritti: condono tombale. E così i casi Penati o Mps per Bersani. E così l’inerzia su Finmeccanica per Monti. In compenso Ingroia, le rare volte in cui appare in video, deve continuamente giustificarsi per essere un magistrato e peggio ancora un incensurato; poi, quando potrebbe illustrare le proposte del suo movimento, il tempo è scaduto. Invece gli altri leader intervistati in tutte le tv possono dire le loro cose, vere o false che siano, senza incontrare ostacoli. Non perché alcuni intervistatori non tentino di incalzarli sulle loro contraddizioni, ma perché mai come in questa campagna elettorale si è mentito tanto spudoratamente sul passato e sul futuro, sui programmi e sulle alleanze. Anche la domanda più cattiva, impertinente, puntuta è destinata a infrangersi contro risposte generiche o sfuggenti o menzognere.
E la legge sulla par condicio proibisce al conduttore di interrompere l’ospite logorroico o bugiardo per ristabilire punto per punto la verità. Solo un confronto fra tutti e sei i candidati premier potrebbe spostare qualcosa: non tanto per i contenuti (perlopiù falsi o utopistici), quanto per l’efficacia della comunicazione, che non è uguale per tutti. Ma il confronto a sei non lo vuole nessuno dei big: troppi altarini da nascondere. Infatti pongono condizioni inaccettabili (confronto a due o a tre, fuori gli altri) per evitarlo. Quindi non facciano i furbi: sono allergici alle domande proprio come Grillo che (giustamente) accusano di allergia alle domande.

Ps. Ieri B. ha annullato la sua partecipazione a Otto e mezzo dove avrebbe dovuto rispondere alle domande di Lilli Gruber e del sottoscritto. Chissà cosa diranno ora i tromboni che mi accusavano di avergli regalato una barcata di voti a Servizio Pubblico: forse che temeva di stravincere?

Vengo dopo il tiggì [ma anche prima e durante]

Nelle case di 17 milioni di residenti in questo paese la sera del 31 dicembre c’era un televisore acceso.
Ciò significa che in attesa di far esplodere milioni di tappi di spumante e champagne una marea di gente il conto alla rovescia lo ha fatto guardando più o meno distrattamente quei programmini cosiddetti per le famiglie, tipo quelli che vengono trasmessi la domenica pomeriggio su rai e mediaset, e tutti sanno, meno Pigì Battista, che attraverso lo strumento televisivo può passare qualsiasi cosa, specialmente in un periodo delicato qual è quello prima delle elezioni. 
E non c’è un altro paese al mondo dove c’è sempre una campagna elettorale che incombe come accade sistematicamente qui da noi.
Ora io non ho visto la tv la sera del 31 e nemmeno la mattina del primo giorno del nuovo anno ma ho letto i giornali che per fortuna non vanno in vacanza, e so che due signori – si fa per dire – hanno letteralmente impazzato nelle televisioni tutte, da Rai a mediaset passando per la7 e sky, e mentre loro imperversavano e invadevano le televisioni tutte i cosiddetti programmi di approfondimento politico, quelli che dovrebbero fare da contraltare, da contraddittorio alle parole a perdere dei politici erano in vacanza.
Quindi questi signori hanno potuto dire tutto, il contrario di tutto e ricominciare daccapo senza che ci fosse nessuno a suscitare almeno la polemica circa le loro dichiarazioni che non sono quelle di due pensionati qualsiasi che vengono invitati a raccontare come si vive con quattrocento euro di pensione ma persone con l’ambizione di mettere le mani sul paese a modo loro; uno lo conosciamo bene e l’altro ha offerto un piccolo assaggio nell’anno appena passato.
Io non sono una persona di quelle che pensano che l’approfondimento politico in tv sia inutile, che tutti i talk show siano in qualche modo pilotati o tutti uguali.
Perché in base a quel che viene detto in quelle trasmissioni si accende comunque la polemica che poi viene spalmata sui giornali e in Rete, e significa che quello che viene detto dai politici viene discusso ma prima di tutto saputo e conosciuto da un sacco di gente. E non tutti hanno la possibilità di tenersi informati usando internet.
Ma se mentre Monti e berlusconi parlano indisturbati non c’è nessuno che – ad un mese dal voto – dice un’ora dopo o il giorno dopo agli italiani: “guardate che quei due vi stanno raccontando una marea di cazzate per questo e quel motivo”, contrapponendo dunque i fatti allo sciame di parole che viene subito dalla gente durante interviste accomodanti, sorridenti, di fronte a conduttori che fanno di tutto per far sentire l’ospite a proprio agio, la maggior parte della gente si formerà un’opinione solo attraverso l’intervista e non sul contenuto di tanto parlare che nessuno mette in dubbio.
berlusconi non avrebbe mai potuto dire in tutta tranquillità che non ha mai affermato che Ruby fosse la nipote di Mubarak se un minuto dopo quell’intervista qualcuno avesse mandato in onda la sua dichiarazione dove invece lo dice eccome, che la ragazza “di 23 anni” [in realtà ne aveva 17 ed ecco perché berlusconi è sotto processo per sfruttamento della prostituzione minorile]  gli aveva detto di essere la nipote del dittatore egiziano.
Quello che voglio dire è, semplicemente, che due settimane di vacanza sono troppe per chi ha la responsabilità di informare nel merito dei fatti che accadono e delle cose che si dicono in ambito politico ad un mese dalle elezioni, due settimane di vacanza a natale non sono la normalità ma un privilegio che non ci si può permettere nell’unico paese dove, grazie ad una legge come quella sulla par condicio che esiste solo qui perché si è preferita questa al conflitto di interessi,  si smette di parlare di politica e dei politici nel momento in cui, e invece, si dovrebbe intensificare la discussione su entrambi.

Ma mi faccia il piacere
Marco Travaglio, 7 gennaio

Dovere di cronaca/1. “‘Presidente, vuole un ginseng?’. ‘No, grazie: prendo un caffè’. Ieri il capo dello Stato Giorgio Napolitano, in visita nella città di Napoli con la moglie Clio, non ha mancato di fare tappa al bar Gambrinus, dove all’offerta del proprietario ha preferito la classica miscela italiana. ‘Mi auguro — ha detto – che il 2013 sarà un anno in salita, di crescita’. E poi: ‘Rivolgo un augurio speciale a Napoli ed ai napoletani'”
(Corriere della sera, 3-1).
Dovere di cronaca/2. “Pomeriggio al cinema, ieri, per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (ieri a passeggio, foto Ansa) e la moglie, signora Clio Napolitano e signora hanno percorso un tratto di strada a piedi. Scambio di battute in napoletano anche con una passante: ‘Preside’, fate qualcosa ‘e bbuono per ‘e guaglioni ‘e Napule’. E lui accogliente: ‘E chest’ cercamm e fa’”. Napolitano e la moglie hanno poi concluso la serata con una cena in casa di amici di vecchia data nella zona di Posillipo” (Corriere della Sera, 4-1).
Lo zio d’Egitto. “Ruby era una ragazza sfortunata, che mi ha indotto ad un aiuto senza avere fatto neppure una avance, e che ha giurato e firmato di non avere avuto neppure una avance da me. Dichiarava di avere 23 anni e di essere parente di Mubarak, il quale Mubarak,
per 15 minuti sette giorni prima, si era intrattenuto con me nel summit sull’Egitto: gli parlai di questa ragazza e sua madre e credendo di poterla individuare come sua parente, come dimostrato dalle testimonianze di tutti i partecipanti alla colazione compresi gli interpreti. Quindi temevo, siccome mi avevano detto che stavano per portare questa ragazza in prigione, il che non era vero perchè stavano cercando un posto per lei in una casa famiglia che non trovavano, che potesse accadere un incidente diplomatico e mi sono rivolto a un dirigente della questura nella forma abitualmente gentile” (Silvio Berlusconi, Ansa, 28-11-2011).
“Ruby nipote di Mubarak? Io non l’ho mai detto, è stata un’invenzione dei giornali” (Silvio Berlusconi, SkyTg24, 2-1-2013).
Ma sì, era tutto un equivoco. O uno scherzo. E adesso chi lo dice ai 314 deputati che ci avevano creduto?
Reaty Show. “L’austerity di Monti ha aumentato i reati”
(Silvio Berlusconi, il Giornale, 5-1).
Senza contare i miei.