Vergogna, manco a parlarne

Sottotitolo extrapost: fra tutti quelli che sono insorti per l’uno due di minchiate di Tavecchio ce ne fosse stato uno che abbia ribadito l’inadeguatezza del bifolco cialtrone per il motivo più importante, ovvero le sue cinque condanne penali per reati di ordine fiscale e tributario.
Di quelle non si parla, perché poi diventerebbe difficile spiegare come è potuto succedere che uno così abbia potuto fare – oltre agli altri e importanti incarichi che gli sono stati affidati [ad uno così] – anche il consulente del ministero dell’economia.

Matteo Renzi il 14 febbraio 2013 disse: “tecnicamente tutto è possibile, ma l’immunità sarebbe un errore clamoroso. Non abbiamo bisogno di dare qualche garanzia in più ai parlamentari, ma di farli diventare sempre più normali”. Andando a ritroso di due anni, sempre a febbraio, si vede che è un mese che ispira,  troviamo un’altra dichiarazione del Matt’attore,  22 febbraio 2011: “l’immunità parlamentare è una barzelletta, sono contrario. Reintrodurla sarebbe un errore clamoroso”.

Lo “strumento pensato dai costituenti”, ovvero l’immunità secondo il piddino Zanda, non era stato pensato per immunizzare ladri, mafiosi, corruttori e delinquenti  che commettono reati di criminalità comune.
I padri costituenti nella loro lungimiranza infinita pensarono che fosse opportuno riparare il parlamento principalmente dal rischio del reato di opinione così come è ben specificato nell’articolo 68, ovvero che nessuno dei parlamentari dovesse mai rischiare di venire incriminato per aver detto qualcosa nell’esercizio delle sue funzioni.

Giustificare questa porcheria con l’alibi della Costituzione significa essere disonesti e bugiardi non solo nel metodo e nel merito ma anche storicamente, sminuire l’importanza e il valore della Costituzione.
Significa rendere invisa la Costituzione facendo credere che sia l’ombrello per riparare la delinquenza comune a chi pensa che ladri, corruttori e criminali comuni non debbano stare in parlamento ma in una galera come tutti quelli che relativamente ad altri ambiti e altre categorie sociali e lavorative, commettono dei reati.

SI TENGONO L’IMMUNITÀ (Wanda Marra)

A PALAZZO MADAMA LA RELATRICE FINOCCHIARO DIFENDE LO SCUDO. IL MINISTRO BOSCHI (CHE AVEVA DETTO DI VOLERLO TOGLIERLO) NON FIATA.

 

 I lor signori, ma anche le signore ché si sa, le donne lo fanno meglio e Anna Finocchiaro in questa ed altre occasioni ha fatto in modo che il concetto si capisse bene,  vogliono l’immunità nel parlamento ma poi non sono capaci di cacciare dai partiti gli elementi di disturbo come consigliava anche Paolo Borsellino, ricordato con ipocrisia e finta commozione ogni 19 luglio anche da chi sta permettendo che si faccia strame delle regole fondamentali di una democrazia, ovvero quel capo dello stato che dovrebbe essere il garante della Costituzione, non il primo ispiratore della sua devastazione.
Invece i partiti se li tengono tutti, indagati, inquisiti, imputati e anche condannati perché, ça va sans dire, questo è il paese del garantismo tout court. Nessuno è colpevole fino al terzo grado e in qualche caso, uno nella fattispecie, nemmeno dopo quello.

Il 23 giugno scorso nessuno, specialmente la ministra Boschi che dà dei bugiardi agli altri, a chi almeno ci prova ad opporsi alle schifezze a ciclo continuo proposte e purtroppo realizzate dal governo degli abusivi si voleva assumere la responsabilità di aver rimesso l’immunità in agenda, come se da questa dipendesse il miglioramento delle condizioni di un paese disastrato,  mentre nessuna delle cosiddette riforme di Renzi avrà poi qualche ricaduta positiva fra le cose che contano: una su tutte quella crisi del lavoro che ha impoverito i tre quarti d’Italia a cui non frega un beneamato cazzo della riorganizzazione della casta visto che non sarà questa a restituire dignità e la sicurezza del pranzo e la cena nella stessa giornata, possibilmente.

E, mentre si votano l’autoautorizzazione a delinquere depotenziano l’azione della magistratura con quella responsabilità civile che significherà sanzioni pesanti per i giudici che sbagliano, un provvedimento che però chissà perché  non è mai stato pensato per i politici che hanno devastato questo paese. 

L’unica cosa veramente rottamata, e definitivamente demolita da Renzi è quella fiducia che Napolitano e Laura Boldrini avevano promesso di restituire agli italiani per evitare il rischio della deriva populista. Sono dei bugiardi, tutti, né più né meno della feccia dei delinquenti,  fascista e razzista con cui il pregiudicato  ri-costituente ha riempito nel tempo  il parlamento.
Vergogna, manco a parlarne.

La Repubblica e la Gazzetta dello Sport aumentano di dieci centesimi, ce ne vorranno addirittura venti in più per ambire alla lettura dei pregiatissimi buongiorni gramellineschi su La Stampa e per Il Secolo XIX le cui quote di maggioranza se le è aggiudicate quel che resta della famiglia Agnelli nella persona di John Elkann, che in una spericolata operazione di inchiostro fuso ha gemellato la testata torinese e quella genovese. Repubblica giustifica l’aumento quale “misura indispensabile per la qualità dell’informazione”. Nell’euro e trenta la qualità evidentemente non ci stava.

Guapparia
Marco Travaglio
Pur con i metodi spicci che abbiamo descritto, Renzi ha stravinto in pochi giorni la prima battaglia contro l’opposizione sulla cosiddetta riforma del Senato. Ora, per vincere la guerra, deve sperare che la sua legge costituzionale passi senza modifiche alla Camera e poi, dopo tre mesi di pausa, di nuovo al Senato e alla Camera. Dopodiché, se non avrà raggiunto i due terzi, i cittadini voteranno nel referendum confermativo (che non è, come credono lui e la Boschi, una gentile concessione del governo, ma un diritto previsto da quel che resta della Costituzione). La “riforma” – stando ai sondaggi – interessa non al 40,8%, ma al 3% degli italiani e in venti giorni ha raccolto il No di 210mila amici del Fatto. Ma, come si dice, contento lui… In politica però non basta vincere. Bisogna saper vincere, impresa ancor più ardua del saper perdere. E Renzi, con l’intervista di ieri a Repubblica, dimostra di non saper vincere.

Anziché riconoscere cavallerescamente l’onore delle armi ai suoi avversari, fra i quali militano alcuni fra i migliori intellettuali e costituzionalisti, ha seguitato a insultarli con un linguaggio guappesco a metà strada fra il bar sport e la curva sud (“gufi professori, gufi brontoloni, gufi indovini”). E pure minaccioso: “Parte dell’establishment che non sopporta il mio stile. Ma verrà il giorno in cui si potrà finalmente parlare delle responsabilità delle élite culturali nella crisi italiana: professori, editorialisti, opinionisti”. Stile? Quale stile? E cosa gli impedisce oggi di denunciare le responsabilità delle élite culturali, visto che le insolentisce da mesi a ogni pallida critica. Il bello è che il bullo si dipinge come un premier assediato, solo contro tutti, mentre è il più omaggiato e leccato dai poteri forti e dalla stampa al seguito che si sia mai visto: nemmeno il suo socio B. aveva goduto di consensi così oceanici nell’Italia che conta, oltreché in Parlamento. Il sopravvivere di alcuni pensatori critici è un’anomalia solo per il fatto che essi siano così pochi. Le responsabilità dell’intellighenzia nella crisi italiana esistono, e sono gravi, ma esattamente opposte a quelle indicate da lui: il guaio in Italia non è l’eccesso, ma il deficit di controcultura rispetto al potere. Il fatto che non lo capisca o finga di non capirlo è allarmante, perché la democrazia è anzitutto rispetto e tutela delle minoranze. Che significa “verrà il giorno”? Cosa intende fare quel giorno ai dissenzienti? Fustigarli sulla pubblica piazza? Metterli alla gogna? Ripristinare l’Indice dei libri proibiti? La Guapparia alla fiorentina dilaga per li rami dal Capo ai suoi sottopancia, con episodi di bullismo ancor più tragicomici dei suoi. L’altro giorno Benedetta Tobagi ha osato aderire all’appello del Fatto contro la svolta autoritaria. E subito tal Lorenza Bonaccorsi, membro della Vigilanza per il Pd, le ha inviato un pizzino degno di Gasparri: “La consigliera trova il tempo di attaccare la maggioranza di governo, anziché occuparsi di quanto accade in Rai. Altro che aderire a campagne politiche di parte che nulla hanno a che vedere col ruolo affidatole dal Parlamento”. Capito il messaggio? Cara Tobagi, siccome il Pd ti ha messa nel Cda, smetti di pensare con la tua testa e pensa invece a turibolare il partito e il governo come tutti gli altri. Miglior conferma della svolta autoritaria non poteva arrivare. Intanto Sabina Guzzanti anticipava il suo film La Trattativa, in programma al Festival del Cinema di Venezia. Nuovo pizzino pidino, firmato dalla stessa Bonaccorsi e dai suoi sodali Gelli (ma sì), Magorno, Oliverio e Anzaldi (quello che protestò perché Virginia Raffaele osava imitare Monna Boschi). “Il film della Guzzanti appare decisamente irrispettoso del simbolo della Repubblica, con al centro un uomo con coppola e lupara: un modo per accomunare l’intero Paese alla cupola mafiosa che offende e appare decisamente fuori luogo”. Se Renzi non richiama subito i rottweiler, qualcuno si chiederà: a quando il ripristino del Minculpop? Ma poi si morderà la lingua, perché al confronto di questi bulletti il Minculpop era roba seria.

 

Damnatio memoriae

Ex onorevoli, addio all’immunità
per Cosentino, Tedesco e De Gregorio

Napoli batte USA 1-0:  Giggino ‘a purpetta fuori [ed è ancora in parlamento peraltro] e Nick ‘o americano dentro insieme a qualche altro suo illustre collega.

L’avvocato di Nick si dice perfino perplesso, effettivamente è un fatto storico per l’Italia che ogni tanto le patrie galere diano ospitalità ad esponenti politici. Ha ragione, l’avvocato.

Ma tanto ci sono sempre i domiciliari, tutti sconteranno la pena tra la loro refurtiva, purtroppo. 

Per la retata finale c’è da attendere ancora un po’. Motivi istituzionali impediscono l’arresto di  altri malfattori che devono comunque poter partecipare alla delicata fase politica in atto.

Così ha detto Giorgio, no?

Un affettuoso pensiero alle coscienze dei loro ex molto onorevoli colleghi che hanno votato no agli arresti di chi se li meritava  quando ancora si faceva in tempo a recuperare un minimo di fiducia e credibilità nell’opinione pubblica.

E una prece per l’Italia, ostaggio di gente con questo tipo di coscienza.

Ogni “nuova” Repubblica in Italia non nasce mai dalla vera voglia di rinnovarsi della politica e di una richiesta popolare che auspicherebbe una classe dirigente che pensasse davvero all’interesse del paese, indipendentemente dalle sue fasi storiche.
Un paese va gestito con responsabilità sempre, anche in assenza di una crisi profonda, anzi, andrebbe gestito meglio quando non c’è nessuna crisi affinché qualora se ne presentasse una sarebbe molto più facile affrontarla, insieme, i cittadini e la politica, non la politica contro i cittadini come sta accadendo ora.
Per la seconda volta in Italia il “rinnovamento” non sta avvenendo per una vera presa di coscienza di e fra la gente,  soprattutto quella che è riuscita a rinnovare la fiducia ad un delinquente abituale ma, in primis della classe politica che non ci pensa proprio a fare pulizia al suo interno allontanando quegli elementi che poi fanno sì che i cittadini perdano la fiducia verso chi dovrebbe occuparsi di loro e delle loro urgenze, bisogni e necessità.
Per la seconda volta è toccato alla Magistratura occuparsi delle pulizie dopo aver aspettato con pazienza che certi “lor signori” fossero pronti ad affrontare le loro responsabilità.
Questo perché la politica verso se stessa pretende di avere un trattamento di favore; a nessuno infatti è consentito delinquere e trovare sistemi di autoprotezione per evitare poi di doverne risponderne – com’è giusto e normale per tutti i cittadini – a quel popolo sovrano di fronte ad un tribunale.
Si è parlato molto di antipolitica, di populismi,  di voglia di giustizialismo, personalmente non ho visto niente di tutto questo, in compenso però ho visto una politica molto  che, quando è chiamata ad occuparsi dei cittadini trova sempre una scusa, si nasconde sempre dietro l’alibi che “c’è altro a cui pensare”, un altro molto ipotetico peraltro, la frase di Frau Elsa a proposito dei tagli ai costi della politica è diventata ormai un cult: “tagliare i costi della politica è un lavoro lungo e complesso”. 
Non lo è stato invece decimare diritti acquisiti dai cittadini in settant’anni di lotte e non lo è nemmeno confezionare leggi in ventiquattr’ore per salvare il parlamentare che delinque dalla galera.
Non è stato un lavoro lungo né complesso votare due volte no all’arresto di cosentino come non lo è generalmente votare no all’arresto di chiunque faccia parte della casta parlamentare  non per volontà o capriccio di una Magistratura impazzita ma solo grazie ad un certo agire criminale che ha reso  molti, troppi disonorevoli parlamentari  indegni del ruolo di rappresentanti della repubblica e di un paese, e farlo poi nascondendosi dietro a ridicole questioni di coscienza.

Come se lo stesso metro di giudizio, la coscienza, si potesse adottare anche in un tribunale chiamato a giudicare assassini e stupratori: la coscienza personale di fronte ad un reato non vale e non conta niente, come non dovrebbe contare quando un parlamentare  deve votare leggi che servono a tutti e non solo a qualcuno.
Che razza di coscienza può avere chi per difendere se stess* da un più che probabile identico destino pensa che sia giusto salvare chi il suo lo ha già deciso commettendo dei reati che non hanno niente a che fare con l’attività politica? corrompere e farsi corrompere, essere collusi e conniventi con mafie e criminalità, rubare i soldi dei contribuenti  hanno qualcosa a che fare con la politica?

Perché mai un politico onesto pensa che sia giusto dare la possibilità a chi delinque di farlo ancora e ancora com’è sempre successo? verdini per tre volte è stato rinviato a giudizio e sempre per lo stesso reato: è giusto che uno così possa ancora fregiarsi del titolo di onorevole e che faccia ancora parte di quel parlamento che dovrà scegliere fra poco il nuovo rappresentante dello stato?
E non è stato affatto  un lavoro complesso ma solo molto lungo e laborioso aver permesso ad un delinquente impostore di potersi sottrarre alla giustizia per vent’anni e che, ancora oggi, non appena si presenta una buona occasione per potersi finalmente liberare di lui trova non solo il sostegno grazie a leggi volute da lui e fatte apposta per lui, quello dei suoi, il che sarebbe anche comprensibile visto che se viene a mancare lui dalla scena politica  poi a cascata toccherebbe a tutti, ma lo trova anche in quella istituzione che dovrebbe tutelare la politica onesta e i cittadini onesti di questo paese.

Camere di sicurezza
Marco Travaglio, 16 marzo 

Sta finendo tutto come ampiamente previsto: con le retate e i rastrellamenti. 
Come nel 1994. 
Si aprono le Camere e soprattutto le camere di sicurezza. 
Gli ex onorevoli De Gregorio, Cosentino, Tedesco e Nespoli, appena decaduti e dunque privi dell’immunità raggiungono le patrie galere, dove avrebbero dovuto soggiornare da anni se i partiti non li avessero protetti con scudi reciproci. 
Altri a breve li seguiranno, anche fra i neoeletti, perché in Parlamento, almeno sulla carta, non c’è più una maggioranza che possa permettersi i soliti giochetti. 
Il capogruppo di 5 Stelle al Senato, Vito Crimi, rispondendo l’altro giorno con aria serafica alla domanda di un giornalista, ha innescato una slavina che nemmeno lui probabilmente immaginava: ha detto che il suo gruppo, dopo aver contestato per anni la sindrome da immunodelinquenza acquisita delle Camere, è prontissimo a votare l’ineleggibilità di B., ineleggibile da 19 anni esatti, cioè da quando fu eletto la prima volta, dinanzi alla giunta per le elezioni di Palazzo Madama; ed è altrettanto pronto a votare sì a eventuali richieste di arresto nei suoi confronti. 
A quel punto il Pd, reduce da un terrificante salasso di voti verso 5 Stelle, ha dovuto
rispondere tramite il Migliavacca di turno che è pronto a fare altrettanto, onde evitare di regalare qualche altro milione di voti a Grillo. Il Migliavacca è lo stesso che ancora pochi mesi fa s’incontrava in gran segreto con Verdini al tavolo della legge elettorale, dunque è impossibile che sia rinsavito all’improvviso: semplicemente sente addosso il fiato della gente e reagisce di conseguenza. Per questo, oltreché per guadagnare qualche altro giorno prima delle sentenze del caso Mediaset e del caso Ruby, e — si capisce — per curare la gravissima forma di uveite bilaterale con scappellamento a destra che l’ha colpito da quando ha esaurito i legittimi impedimenti elettorali, il Cainano se ne sta asserragliato con gli occhiali scuri da visita fiscale in una stanza del San Raffaele, che è sempre meglio di San Vittore: perché non sa che pesci pigliare. 
I sempre geniali on. avv. Ghedini e Longo, dopo lunghe e meditate riflessioni, gli hanno partorito un’ideona mica da ridere: chiedere il trasloco dei processi da Milano a Brescia. La stessa baggianata che avevano sfoderato già dieci anni fa, con apposita legge Cirami incorporata, perché il Tribunale milanese non sarebbe sereno. Dieci anni fa c’erano i Girotondi. Ora c’è un’orda di parlamentari del Pdl, compresi gli stessi Ghedini e Longo, che marcia sul Tribunale medesimo infettandolo irreparabilmente di grave pregiudizio. Possiamo facilmente immaginare l’accoglienza che avrà questa proposta indecente quando sarà esaminata dalla Corte d’appello e dalla Cassazione: una doppia pernacchia. Ma intanto si guadagnerà qualche settimana prima delle sentenze (che lui — conoscendosi — prevede di sicura condanna), in attesa di un qualcosa che nessuno, nemmeno loro, riesce a immaginare. Potrebbero travestirlo da marò e spedirlo in India: al confronto dei suoi reati, l’omicidio colposo di due pescatori è un divieto di sosta. 
O potrebbero offrire ai giudici 3 milioni a testa come a De Gregorio, col rischio però di regalargli un altro processo. Oppure potrebbero chiedere a Mancino di chiamare il Quirinale per mobilitare la Procura della Cassazione, sperando che s’inventi qualcosa. La via maestra, cioè la fuga all’estero sulle orme di Craxi, non viene proprio considerata: in un’intervista alla lingua di Giorgio Mulè per Panorama e Giornale, il Cainano definisce”inimmaginabile” l’opzione B (come Bettino): significherebbe “consegnarsi a una damnatio memoriae”. 
Che peraltro è la sua salvezza: se ci fosse un po’ di memoria, Napolitano non gli regalerebbe tanti moniti e lui non prenderebbe tanti voti.

Tutti per uno

Sottotitolo: uno schifo simile era difficile anche immaginarlo. Massì, depenalizziamo i reati SOLO per i politici, SOLO per i giornalisti, SOLO per i magistrati, SOLO per i notai, SOLO per gli avvocati, SOLO per i consiglieri regionali, SOLO per i sindaci, SOLO per i vip, SOLO per berlusconi, SOLO per sallusti.
Poi qualcuno magari ci racconterà ancora la favoletta che le caste non esistono: sono SOLO un’illusione della mente.

Giornalisti, politici e sindacalisti. Intervengono tutti sulla sentenza definitiva con cui la Cassazione ha condannato per diffamazione il direttore de Il Giornale. Berlusconi: “Depenalizzare il reato”. Maroni: “Resistere, resistere, resistere”, Santanchè: “Il Paese fa schifo, gli italiani scendano in piazza”. Dal Quirinale: “Esamineremo sentenza”.

Sallusti, Cassazione conferma condanna
Ma la procura di Milano: “Pena sospesa”

Il direttore dovrebbe scontare 14 mesi. I giudici: “Non è reato di opinione ma pubblicazione 
consapevole di notizie palesemente false”. Bruti Liberati: “Manca recidiva, detenzione sospesa” 
Da Ezio Mauro a Enrico Mentana, rivolta contro la sentenza. Severino: “Norma va cambiata”

 

Due giorni fa mi sono associata all’appello di Travaglio per “salvare il soldato sallusti” perché sono ancora convinta che in una democrazia civile, compiuta, evoluta e moderna un giornalista non deve rischiare la galera: esistono forme alternative di punizione che  possono essere sostituite a quella che dovrebbe essere solo l’extrema ratio. Privare qualcuno della libertà è un fatto serio che va riservato a cose ancora più serie.

E comunque sallusti in galera NON ci sarebbe mai andato, nemmeno se non si fosse mobilitato a suo favore un esercito di salvatori con in testa, che lo dico a fare, il presidente Napolitano che ultimamente sembra aver preso molto  a cuore i casi personali di cittadini che non dovrebbero essere al di sopra di nessun altro, una volta è l’ex ministro bugiardo, un’altra un diffamatore per mestiere e insomma, il presidente da quando non ha niente da firmare ha molto tempo a disposizione, evidentemente. Proprio  mentre sto scrivendo questo post e mentre in molti discutiamo se sia giusto o meno che sallusti vada in galera, sebbene virtualmente,  apprendiamo dalla viva voce di feltri [altro pezzo da novanta in fatto di calunnie e diffamazioni]  dalla terza  camera del parlamento cioè porta a porta, che il Dreyfus in questione altri non è che l’ex giornalista ed ex un po’ di tutto Farina [l’agente Betulla], radiato dall’ordine dei giornalisti. Tutto normale, tutto lecito. Oltre il diritto alla diffamazione il diritto a fottersene delle regole in generale.

E il bello è che la galera per la diffamazione l’ha votata la casa della libertà [vigilata].  Quelli che invocano la galera per chi pubblica le intercettazioni.

berlusconi, il più interessato di tutti ad eliminare tutto quel che costituisce un reato pensa che debba essere depenalizzata anche la diffamazione, che non è un omicidio né una rapina a mano armata o uno stupro ma è comunque un atto di estrema gravità.  Specialmente se la diffamazione viene veicolata attraverso i mezzi di comunicazione.

Diffamare qualcuno significa raccontare menzogne, screditare, significa rovinare la vita a qualcuno, in molti casi ha significato la fine di una vita: tanta gente dopo essere stata diffamata si è suicidata perché non ce l’ha fatta a reggere il peso di una vergogna e di un’ingiustizia subita. La diffamazione non è un’opinione, un’idea, un punto di vista seppur becero, quando la diffamazione si fa per mezzo di media e giornali significa diffondere falsità sul conto di qualcuno: è un atto spregevole, miserabile.

E la misura di quanto sia grave la diffamazione per la quale è stato condannato il direttore di quel fogliaccio nel quale la diffamazione e le calunnie non sono una rara eccezione ma proprio il leit motiv la spiega benissimo Alessandro Robecchi, giornalista del Manifesto, in questo articolo: Due o tre cosucce sul caso del martire Sallusti. E perché non è il caso di piangere.

E allora mi chiedo se i noi, gl’invisibili, quelli a cui si può togliere tutto e perfino – oltre a molti altri  –  il diritto  di pensare e credere (ancora) soprattutto, di vivere in un paese dove la legge sia davvero uguale per tutti avremmo in situazioni analoghe le stesse attenzioni riservate a sallusti, se le istituzioni alte,  tutto l’arco costituzionale, quasi tutto il giornalismo unito e compatto come un sol uomo,  si preoccuperebbero di difenderci, di intervenire e di interferire.
Mi chiedo se Napolitano troverebbe il tempo per spendere una buona parola per tutti i bisognosi, per tutti gli accusati DAVVERO ingiustamente.
Per tutti quelli che la galera vale con effetto retroattivo come per i devastatori di Genova.

Perché mai e dico mai a nessuno è venuto in mente di aprire un dibattito così ampio  su casi e fatti che riguardano gente meno famosa, per niente famosa e per motivi assai meno gravi di un augurio di essere impiccati sulla pubblica piazza.

Non una parola per chi  di carcere e in carcere ci muore magari  per tre grammi di fumo.
E se a un ministro venisse in mente di cambiare una legge per uno qualsiasi di quegl’invisibili.

E chi adesso, come il presidente della federazione nazionale della stampa Franco Siddi  “si sente come sallusti” non è solidale, è complice.

Come se Erode fosse stato nominato primario di un reparto di pediatria

Sottotitolo: Il fatto che dei rappresentanti politici di sinistra (e mi si perdoni il termine “sinistra”) vadano in giro scortati come il contenuto dell’intero caveau di una banca (ops! ho detto banca?) dovrebbe essere qualcosa che fa riflettere.

 

Beppe Grillo – Tagli, ritagli e frattaglie

Si invocano i tagli e si imbarca un tizio che prende 32.000 euro di pensione al mese. E’ uno scherzo di Carnevale? Per le pensioni va applicato un tetto massimo di 3.000 euro. Sono più che sufficienti per vivere. Con il risparmio (valutabile in 7 miliardi di euro all’anno) delle mega pensioni, doppie e triple, dei vitalizi dei politici si apra un fondo per pagare i debiti che lo Stato ha con gli imprenditori che si suicidano al ritmo di uno o due al giorno. Affidare un incarico al superpensionato Amato per contenere i costi è una dichiarazione di guerra a chi non riesce a mangiare con la sua pensione e dopo il taglio di 200 euro al suo misero reddito decide farla finita buttandosi dal terrazzo. I sacrifici, o li facciamo tutti, o non li fa nessuno! Ma questo, Rigor Montis non lo sa. Non capisce che senza esempi, occupandosi di ritagli e frattaglie al posto dei tagli e senza l’appoggio dell’opinione pubblica, è già finito. Che sarà travolto. Un ferrovecchio a cui i partiti cercheranno di attribuire le colpe per poi essere spazzati via a loro volta.

Quanti errori, professor Monti…

Ha sbagliato i conti sugli esodati. Si è lasciato intimidire dalle lobby. Ha promesso di mettere mano alla Rai poi si è tirato indietro. Ha imposto il ticket sanitario ai disoccupati poi l’ha tolto parlando di un refuso. Per non dire del gran casino sulle aliquote Imu. Era stato chiamato per riparare i danni dei politici, ma ora chi riparerà i suoi?

La proposta di ridurre le pensioni d’oro a cinquemila euro al mese (che per pannoloni e minestrine al formaggino son più che sufficienti, in questi infatti consiste l’allegra vecchiaia della maggioranza degl’italiani), non è stata gradita.

Come ha ben detto la Fornero, quello dei tagli ai costi della politica è un problema complesso.

Affamare i tre quarti della popolazione, portarli sull’orlo del suicidio e anche oltre il suicidio è stato, invece, un lavoro semplicissimo, quasi come fare finta di commuoversi davanti alle telecamere.

Basterebbe ammetterlo: dire “scusate, ci abbiamo provato ma non siamo stati all’altezza, anzi ci stiamo rendendo conto che i nostri interventi hanno solo peggiorato lo stato delle cose”.

Per occuparsi dei problemi del lavoro ci vorrebbe gente che il lavoro lo conosce, non questi tecnici arrivati dal mondo fantastico in cui tutto è stato dovuto,  meritato o i cosiddetti giuslavoristi tipo Ichino che – come nella migliore tradizione italica – non avendo mai fatto nulla in vita loro vengono chiamati ad occuparsi di problemi di lavoro.
Lo ha detto anche Revelli a l’Infedele: “questi signori che oggi pontificano e sostengono spesso l’insostenibile non possono e in alcun modo chiamarsi fuori, perché hanno fatto parte di quella politica che ha creato quei problemi che oggi la politica non sa risolvere”.

Già:  come se fino a ieri fossero vissuti tutti su Marte e improvvisamente qualcuno li abbia teletrasportati sul pianeta Terra località Italia.
Certo, è doloroso ammettere che la classe politica e dirigente degli ultimi vent’anni è stata un fallimento totale, ma qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di farlo prima che lo faccia la Storia;  quali sono e dove sono le grandi conquiste in fatto di diritti civili ottenute in Italia grazie ai governi che si sono succeduti in questi anni? oh, manco una legge sulle coppie di fatto, la più idiota che si poteva copiare dal resto del mondo sono riusciti a fare, dunque i diritti invece di averli estesi questa politica ce li ha tolti, ogni giorno un po’, e su quelli che ancora si riescono con fatica  a mantenere c’è sempre qualcuno che prova a rimetterli in discussione.
Ovviamente per il nostro bene.

 

Ci prendono per il culo? fanno bene

 

I tagli col trucco della Casta. Sono
solo agli aumenti

Melandri & Co., servi d’Italia

Fanno bene, finché glielo lasciamo fare.

Solo gli idioti potevano pensare che i tagli  fossero veri.

Quello che più mi  fa incazzare non sono tanto questi politici irriverenti e irrispettosi anche in un momento così difficile; nessun politico si spende più del necessario  per il  cosiddetto bene degli altri, e comunque mai senz’aver pensato prima al proprio. Dicevo: quello che mi fa letteralmente imbestialire è tutto quel coro di scandalizzati che gridano al populismo, al qualunquismo, all’antipolitica perché così è più fico e fa tanto intellettuale, anziché ammettere che è vero che la politica continua imperterrita a prenderci per i fondelli, complice anche la solita disinformazione italiana e ad aumentare così una distanza ormai incolmabile fra le istituzioni e i cittadini.

Prendiamo per esempio la povera Melandri che è l’ultima ma solo in ordine di tempo degli “onorevoli” che si sono lamentati perché non vogliono in alcun modo rinunciare al vitalizio, La Melandri che, avendo sacrificato un lavoro alla politica (sì: ha detto proprio così) e siccome  in tutti questi anni ha servito il paese non le sembra giusto che il suo diritto ad avere il vitalizio –  e di poterlo ottenere sicuramente e molto prima dell’età prevista visto che a cinquant’anni nessuno avrà più la possibilità di andare in pensione e molti non avranno nemmeno una pensione –  venga messo in discussione. Se io dicessi alla Melandri che ci sono eserciti di servitori  in Italia che lavorano per venticinque, trenta euro al giorno quando va bene e in condizioni disastrose per contratti, sicurezza eccetera e che se davvero vuole rendere un servizio utile al paese potrebbe – per esempio – andarsene affanculo e per sempre farei del qualunquismo?
Come dice Travaglio la colpa non è dell’infezione che provoca la febbre, è del termometro che se ne accorge.

“I’m lost without you”

Sottotitolo: Lo slogan più conosciuto della costellazione dei prodotti Omsa è il “I’m lost without you” con cui, secondo l’azienda, le donne italiane comunicavano la necessità di avere una calza Golden Lady, oggi potrebbe essere uno sfottò dei consumatori verso Omsa, che sarebbe ‘persa’ se i clienti smettessero di comprare i loro prodotti a causa della delocalizzazione. (Dal Fatto Quotidiano)

Io ho scelto di non acquistare più prodotti da chi licenzia 249 operaie non perché sta fallendo ma perché pensa che portare un’azienda fuori dall’Italia gli garantirà maggiori guadagni. Le lavoratrici Omsa invitano tutte le donne ad essere solidali con loro, “boicottando” i marchi Philippe Matignon – SiSi – Omsa – Golden Lady – Hue Donna – Hue Uomo – Saltallegro – Saltallegro Bebè – Serenella.
Non è un grande sacrificio la solidarietà, è l’unica arma che ci è rimasta per esprimere una vicinanza concreta a queste donne licenziate ingiustamente, non perché fossero improduttive, ma per la logica dell’aumento dei profitti che deriverà dalla delocalizzazione dell’azienda.

Ci sarebbero tante cose da dire che non si sa da dove iniziare, se, appunto, dalle operaie della Omsa licenziate a capodanno o ancora da Equitalia che ormai fa più morti di un virus malefico, solo ieri altre due persone si sono tolte la vita per problemi legati a questioni finanziarie: a una era stato chiesto di restituire cinquemila euro della sua pensione di poche centinaia di euro mensili.
Questo anno “nuovo” si apre all’insegna del boom dei suicidi, come ci fanno sapere autorevoli ricercatori. Ormai si parla di un suicidio al giorno fra gente che è rimasta disoccupata: senza lavoro si muore e non solo di fame. Le reazioni scomposte provocate dalle dichiarazioni di Grillo dimostrano che ancora una volta la “casta” si arrocca sulle sue posizioni. Befera (Equitalia e Agenzia delle Entrate) dice che occorre “difendere gli uomini che fanno il loro dovere al servizio della collettività”. Certo che difendiamo gli uomini e le donne che lavorano per lo stato anche quando svolgono mansioni spiacevoli come quella di estorcere denari non dovuti oltre a quelli che si devono: ecco perché chiediamo al governo di dare un’occhiata anche qui, ai piani bassi, per rendersi conto di quello che può succedere quando una qualsiasi famiglia italiana riceve una cartella esattoriale. Basterebbe ricordarsi che Equitalia è un prodotto della finanza creativa di tremonti, per capire che probabilmente, forse o sicuramente qualcosa che non funziona c’è. Tanta gente non può essersi impazzita tutta insieme. Equitalia non combatte l’evasione; quello che fa Equitalia è applicare sanzioni e interessi esageratamente alti rispetto a quello che si deve GIUSTAMENTE pagare e guadagnare su chi NON HA PAGATO, perché magari si è dimenticato di pagare, non ha mai ricevuto la cartella esattoriale, la multa si è persa eccetera o perché non ha i soldi per pagare, non su chi NON HA DICHIARATO. E non è proprio la stessa cosa. Equitalia è tutto fuorché uno strumento antievasione.
E’ necessario che la politica si tolga il vizio di ignorare, di passare oltre, di pensare che il lavoro che fa non possa e non debba essere ostacolato e discusso da chi poi quelle scelte politiche potrà e dovrà solo subire.
Eppoi ci sono i vips disturbati in quel di Cortina dalla Guardia di Finanza: secondo cicchitto, l’ex piduista alla corte dell’altro, quello con più tacchi e meno capelli, si tratta di un “controllo ideologico perché si presume che a Cortina ci siano solo benestanti”: strano, io pensavo che a Cortina ci potessero andare anche quelli che benestanti non sono. cicchitto è uno che riesce sempre a sorprendere, una s’immagina che più coglione di così non si possa essere, e invece per fortuna arriva subito la smentita.
E ancora, c’è il caffè della buvette dei nostri onorevoli parlamentari che aumenterà di dieci centesimi: noi poveri mortali comuni già da un po’ lo paghiamo anche di più di ottanta centesimi ma si sa, per noi un caffè al bar deve essere considerato un lusso, mica una necessità o, peggio ancora, un diritto come per i lor signori. Ci sono posti in Italia dove un caffè non costa mai meno di un euro, anche un euro e venti, per non parlare di un succo di frutta e un toast per i quali si pagano fino a sei, sette euro.
Noi la realtà la conosciamo bene, sarebbe ora che imparasse a conoscerla anche chi non ne sa nulla.
E, per concludere sorridendo, secondo una ricerca del sito Divorce-Online, che fornisce servizi alle coppie che vogliono interrompere il matrimonio, un terzo dei casi è dovuto alla frequentazione dei social network, come sempre agli umani serve un capro espiatorio, e allora cosa c’è di meglio di qualcosa che non può nemmeno rispondere per dire quanto sia ridicolo che le coppie si dividano “per colpa” di un social network? perché,  si sa,  prima di internet e di Facebook andava tutto bene: gli uomini tutti santi e le donne tutte devote fedeli e pie. Se lo leggono in vaticano, c’è il rischio che uno a scelta fra Buttiglione, Giovanardi o la Binetti proponga una legge per l’abrogazione di FB in Italia.
Comunque, un passo avanti c’è stato: fino a qualche mese fa in Italia si parlava solo di Ruby e delle performance erotiche dell’ ex tizio: oggi almeno gli italiani hanno ricominciato a parlare dei fatti loro.

Strafanculo

E allora hanno rinviato a giudizio verdini, dell’utri e carboni. E allora non c’è nulla di nuovo, ma tutto è uguale a sempre. Compreso il fatto che in galera non ci andranno mai, compreso il fatto che sentiremo parlare di loro come onorevoli o senatori, e non ci chiederemo mai quale sia il vero senso delle parole, anche di quelle semplici, come l’onore.

Le persone da onorare, i dell’utri o i verdini, i berlusconi. Persone d’onore, ecco questo sì!

Sta per arrivare la stangata, agli onorevoli e ai senatori. Guadagnano troppo, hanno scoperto con una commissione. Sì, qualcuno è stato pagato per far parte di una commissione che doveva appurare che aprendo il rubinetto col cerchietto rosso, l’acqua esce calda. La stangata non arriverà, come la galera, come la giustizia, come l’onestà.

Scrivono che i suicidi sono boom. Ma il boom è legato alla crisi. Il boom dei suicidi mi dispera quanto sentir parlare di record. Il record del prezzo della benzina, della disoccupazione, della povertà percepita, di quella reale. Boom. Come negli anni 60, quando l’economia iniziava ad iniettare il bacillo della stupidità.
La gente si ammazza per la crisi, bisogna fare in fretta a rivedere gli ammortizzatori sociali, dice il presidente della Repubblica, perché lo deve dire visto che almeno conserva un po’ della sua dignità istituzionale. Caro Presidente, è che la gente è un po’ scema, si ammazza anziché ammazzare.
Quello che non si capisce è perché la benzina aumenta da appena si ventila l’ipotesi di un aumento, e le stangate che non arrivano mai, son previste sempre dopo due o tre anni dalla fine della legislatura? La domanda più che retorica è idiota, ma tanto in quest’epoca di cretini pure un imbecille pare un genio, e poi se arrivasse una risposta sarebbe anche gradita.

Sono cronache sconclusionate queste mie, cose quasi senza senso scritte così.

Ma anche oggi non ho saputo resistere e ho letto i giornali, e mi sembrava osceno aprire un nuovo foglio bianco per scriverci un pensiero sintetico, che però avrebbe espresso fin troppo bene quanto detto fin qui.

Perché avevo voglia di scrivere semplicemente: andate tutti a strafanculo!

Rita Pani (APOLIDE)

Prelievo forzoso

In un paese non governato da corrotti, pregiudicati e mignotte verrebbe applicata già da stamattina la patrimoniale (patrimoni tassati del 50%). Con una Costituzione che prevede in caso di pericolo per la Repubblica lo scioglimento delle camere Napolitano sta ancora cercando l’articolo che lo preveda. (Sam)

Sicuro che l’antipolitica sia quella di chi non ne può più di  questo modo di fare politica? siamo proprio tutti sicuri che lo sfinimento di chi non vede più niente di positivo, che abbia le sembianze di un futuro e imputa (giustamente!) la responsabilità a quell’esercito di viziati e viziosi che si spacciano per parlamentari della repubblica sia così pericoloso e antidemocratico? io francamente no. Sono convinta proprio del contrario e cioè che tutto quello che di più pericoloso e antidemocratico ci sia attualmente in circolazione nel paese è concentrato proprio all’interno di un parlamento trasformato e da tempo, in quel ‘bivacco di manipoli’ che tanto piaceva a mussolini. Che almeno ha avuto il grande merito di dire chiaro e tondo sin da subito che il suo non era affatto un regime democratico e liberale ma un regime e basta. Per surclassare il capoccione ci voleva una mente più perversa della sua, in Italia abbiamo prodotto anche questa.

Il governo pensa a un prelievo forzoso dai conti correnti. Perché, dice, lo stato è povero e ha i debiti.

Non è dato sapere chi ha fatto quei debiti ma si può facilmente intuire.

Bene.

Quindi chi è povero e ha i debiti può fare prelievi forzosi.

Suggerisco: gioiellerie, catene di supermercati, concessionari d’auto, banche, ristoratori, taxi e punti snai.

La differenza però  è che loro hanno le pistole: i nostri conti in banca no. La differenza tra democrazia e democrazia, tra libertà e libertà è tutta qui: i padroni hanno le pistole, gli altri, noi, no.

Un bandito almeno dice: “questa è una rapina”, i  delinquenti in parlamento invece la trasformano in legge. 

In tutto questo casino, gli industriali ripetono il pen-ultimatum al governo (sono tre mesi che dicono le stesse cose, non contano più nulla e non se ne rendono conto), perché dire “vattene via” sembra troppo comunista. sacconi non si sa bene cosa beva e perché veda brigatisti dappertutto. renzi non ha nulla da fare e si mette a rottamare il PD insieme all’importatore mediaset dei reality tv. Qualcuno già raccoglie le firme per un fantomatico referendum contro le misure della BCE che in Italia non si può fare (si può soltanto abrogare delle leggi). bossi rassicura i mercati: “l’Italia non dura”. berlusconi ha smesso pure il bunga bunga tanta paura ha di perdere la poltrona a vantaggio della cella che lo aspetta da vent’anni. Qualcuno ha fatto due conti e si è accorto che spendiamo quasi due miliardi l’anno di auto blu. Sembra un copione comico, e invece  è solo il collage di titoli dei giornali.

Sul sito di “servizio pubblico”, la trasmissione di Santoro che inizierà domani sera c’è una domanda: “qual è fra i privilegi di cui godono i politici quello che li rende più casta”.

Io ho risposto TUTTI.

Perché non ce n’è uno particolare. E’ l’idea che in questo paese non si possa pretendere e raggiungere un livello di civiltà, equità e giustizia sociale vera e ottenere (finalmente) che i politici vengano equiparati a dei normali professionisti che non si può più tollerare, specialmente in un periodo come questo con la catastrofe a un passo da noi.

Una volta si pensava che i politici dovessero guadagnare molto affinché non cadessero nella tentazione di rubare e fare i propri interessi approfittando del ruolo e che, siccome la politica ha un costo non fosse giusto che a rappresentarla fossero persone ricche a discapito di chi non lo è.

Siccome in Italia entrambe le teorie si sono rivelate fallimentari, siccome in Italia i politici appena possono in tentazione ci cadono più che volentieri e da diciotto anni non si fa nient’altro che garantire gl’interessi di un uomo solo (che poi li garantisce a sua volta a quell’esercito di papponi e mignotte che sappiamo), siccome solo in Italia è stato possibile permettere a un imprenditore di scalare i vertici della politica producendo così il più grande conflitto di interessi della storia di una democrazia, è necessario azzerare tutto e ricominciare.

Quanto guadagna un professionista? quali sono i privilegi ai quali può ambire un avvocato, un medico, un giornalista, un insegnante? ecco: io voglio le stesse cose, voglio che un politico rientri nei normali parametri di un professionista qualsiasi, ovviamente licenziabile  possibilmente senza buona uscita, quando dimostra di non aver saputo svolgere al meglio il suo lavoro. E arrestabile quando viola le leggi.

Come tutti, e come vuole l’articolo 3 della Costituzione.