Se ci fosse ancora Berlinguer

Sottotitolo: ci vuole solo la gran faccia di culo di questo centrosinistra che ha rinnegato tutto di Berlinguer ad andare in processione blindata a guardare il film su di lui fatto da chi ha finito di spalancare le porte a berlusconi. Quello che in campagna elettorale nemmeno lo nominava, per paura che la gente capisse chi NON doveva votare.
Bravo Uòlter, ipocrita quanto mai. La cosa positiva è che a nessuno – speriamo – verrà mai in mente di fare un film su quando c’erano Veltroni, D’Alema,  Fassino, Letta [jr] e Renzi, in quanto protagonisti di una politica che i posteri seppelliranno non di risate, perché non hanno fatto ridere nessuno, ma con l’opportuno velo pietoso, e anche vergognoso, che si meritano.

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Chissà perché questi nostri statisti democratici i loro bei discorsi sulla pace messa in pericolo da chi si ostina a non voler cedere alle prepotenze della finanza mondiale non li vanno a fare in America, in Cina, in Russia. Lì ci vanno in ginocchio, se ne fottono della pace e del rispetto dei diritti umani, fanno le riverenze ai capi di stato che fanno le guerre, le trascinano per decenni, paesi dove la pena di morte è ancora il sistema per regolare la giustizia. Qui invece, ritrovano tutta la loro verve e una gran voglia di fare chiacchiere che non c’entrano nulla col contesto in cui si trovano.  

E’ vergognoso e intollerabile che nel giorno della commemorazione della strage nazista di Roma si strumentalizzi questa data per fare propaganda a favore di una politica che proprio la pace ha tolto:  quella della sicurezza di un lavoro, di uno stipendio sicuro, di poter essere curate, istruite e di un futuro a svariati milioni di persone.  Roma, medaglia d’oro alla Resistenza ha dato asilo alla feccia fascista e nazista più immonda. E’ questa l’idea di democrazia che piace a molti: una democrazia che prevede il dare ospitalità al gerarca nazista priebke  nella stessa città dove ordinò la strage delle Fosse Ardeatine.
Questo non lo dicono Napolitano né Marino.
Napolitano, invece di scusarsi coi romani e con tutti gli italiani preferisce parlare d’altro, dei rischi dei partiti no euro.

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NAPOLITANO: “UNITA’ DELL’EUROPA ATTACCATA E SCREDITATA”

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La destra in Europa sta facendo quello che la sinistra non vuole più fare. Ovvero, ribellarsi al potere della finanza che schiaccia i lavoratori a beneficio di chi li sfrutta e vuole trarre da loro il massimo vantaggio e guadagno, con la minima spesa. Quel potere economico che è lo stesso che crea le crisi. Perché la crisi non la porta babbo Natale, e non è nemmeno vero che è frutto dello stile di vita dei popoli, la teoria secondo cui la maggior parte della gente ha vissuto al di sopra delle sue possibilità è una leggenda: una menzogna. La crisi economica è il veleno col quale i paesi vengono intossicati scientemente affinché la politica possa prendere quei provvedimenti che in periodi normali sarebbero impossibili perfino da pensare: provvedimenti che servono per dare più potere al potere. E, ogni volta, quei provvedimenti hanno prodotto l’unico risultato possibile che è quello di trascinare i popoli verso l’estremismo di destra. Era successo in Spagna e ora succede in Francia. Ma i segnali c’erano tutti, e le politiche di sinistra e centro sinistra non hanno cercato di essere loro il rifugio e la soluzione, si sono semplicemente adeguate al potere della finanza, hanno partecipato alla messa in pratica dei provvedimenti e del rigore salvo poi accusare di populismo chi a tutto questo si ribella.

Caricare i popoli di un debito che non hanno prodotto dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità. E chiunque agisca in questa direzione meriterebbe il giudizio del popolo.

Il centrosinistra italiano oggi terrorizzato dai venti di destra come mai non ha dimostrato di esserlo anche quando il monarca anziano ha costruito non uno ma tre governi a sua immagine e somiglianza, quelli delle larghe intese che gli piacciono tanto dentro ai quali c’è anche la destra?  In parlamento meglio il pdl dei 5stelle, diceva Letta nipote due estati fa. Della situazione attuale è molto più responsabile una sinistra in Italia sempre precaria ma negli ultimi vent’anni proprio sparita. Non si ricorda una sola iniziativa politica, un progetto di sinistra  vero, significativo e che abbia migliorato le condizioni dei cittadini portato a termine in tutto questo tempo.  Quando la politica dimostra di non volersi riformare anche dal suo interno, perché non bastiamo noi, ci vuole anche la volontà dei professionisti della politica per migliorarsi, ad esempio cacciando i disonesti, gli incapaci, gli indagati, quando i partiti di sinistra e centrosinistra per prendere i voti assumono le sembianze e agiscono come quelli di destra e centrodestra invece di contrastare la politica avversa alle necessità e alle esigenze della gente poi può succedere, succede, anzi, che gli elettori alle imitazioni preferiscano l’originale. 

 

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Ruby, Cassazione assolve pm Fiorillo e condanna il Csm: “Doveva difendersi”

 
 Annullata con rinvio la sanzione inflitta al magistrato minorile. Secondo gli ermellini fu diffamata dell’allora ministro Maroni che dichiarò che era stata lei ad affidare la marocchina alla Minetti
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La Cassazione che ha assolto Anna Maria Fiorillo dall’accusa di “violazione del riserbo” nel merito della vicenda di Ruby ha detto: “la verità mediatica si fissa nella memoria collettiva”, ovvero, quando qualcosa si dice, si ripete, si scrive sui giornali diventa un fatto vero, realmente accaduto. 
La stessa teoria di goebbels, il ministro della propaganda nazista, il quale usava dire che basta ripetere la stessa cosa tante volte affinché diventi la verità. E quando la verità viene negata tutto viene distorto, anche l’immagine della politica agli occhi della gente che va a votare. Quando sono le istituzioni stesse che fanno apparire onesto il delinquente è difficile poi che la gente possa avere un’opinione che rispecchia il più possibile la figura reale del politico.
Se questo fosse un paese normale oggi maroni dovrebbe rispondere di diffamazione aggravata nei confronti della Dottoressa Fiorillo, ma siccome siamo in Italia non succederà, e nessun presidente sempre pronto a bacchettare e fare le ramanzine ai giudici dirà mezza parola di condanna ai diffamatori di giudici.
La vicenda della PM Fiorillo ribadisce e conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno quanto le nostre istituzioni abbiano sempre agito in contrasto a quelli che sono i loro doveri, a favore dei loro pari anche [soprattutto] quando hanno violato la legge e non invece, come dovrebbe essere, della verità.
Il politico indagato non si manda via né si dimette perché come c’insegna anche Maria Elena  Boschi non basta l’avviso di garanzia per chiedergli di farsi da parte [qui, in verità, non basta nemmeno una condanna definitiva ma come dicono quelli bravi, tant’è]. I giudici invece possono essere tranquillamente infamati e diffamati dai politici, anche quelli indagati, inquisiti e condannati, possono essere fatti oggetto di provvedimenti disciplinari ingiusti dai loro superiori per colpa della politica serva, bugiarda, disonesta e dopo non succede niente, nemmeno in quel caso si pretende che il politico che infama e diffama risponda del suo operato così come è toccato al giudice per colpa sua.

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Italia contro resto del mondo
Marco Travaglio, 25 marzo

Ormai è un complotto planetario. Ogni notizia dall’estero sembra fatta apposta per renderci ridicoli, ancor più di quanto già non siamo. Ricordate le geremiadi dei politici italiani e dei giornalisti e commentatori al seguito contro il vizio dei nostri magistrati di intercettarli (peraltro su telefoni di altri, perlopiù delinquenti loro amici) e contro il malvezzo dei giornali di pubblicare le loro conversazioni? “Siamo il paese più intercettato del mondo, l’unico che spia i politici e li sbatte in prima pagina violandone l’immunità e la privacy”. Anche le recenti cronache politico-giudiziarie francesi si incaricano di smentirli: Nicolas Sarkozy è stato intercettato, prima da un collaboratore poi dai magistrati di cui lui tentava di spiare le mosse, e la stampa francese ha pubblicato tutto. E, mentre qui ferve il dibattito sulla candidabilità dell’incandidabile B. e sull’ideona di infilare il suo nome in lista o almeno nel logo di Forza Italia, e ancora si discute sulla legge Severino che l’ha fatto decadere da senatore dopo la condanna per frode fiscale, dall’Inghilterra giunge notizia che la Football League (sorella britannica della Federcalcio) respinge al mittente Massimo Cellino, il presidente del Cagliari che voleva acquistare il Leeds. Motivo: ha una condanna in primo grado per evasione fiscale. Nulla a che vedere con lo sport: l’imprenditore sardo è stato appena giudicato colpevole – non ancora in via definitiva – del mancato pagamento di 400 mila euro di tasse su uno yacht acquistato negli Usa e portato in Italia, e sanzionato con 600 mila euro di multa e con il sequestro dell’imbarcazione. Senza contare le vicende giudiziarie per una vecchia truffa tentata ai danni del ministero dell’Agricoltura; i 15 mesi di pena per il falso in bilancio del Cagliari; e i mesi di carcere per peculato e falso nello scandalo dello stadio Is Arenas. Tutte vicende che, in Italia, fanno curriculum per diventare presidenti di club pallonari (vero Abete, Carraro, Pescante?) e sono ottimi viatici per la carriera imprenditoriale, finanziaria e politica: c’è chi da noi, per molto peggio, è diventato onorevole, ministro, premier. Tanto basta invece, secondo i parametri etici della Federcalcio inglese, per giudicare Cellino “un disonesto” e tenerlo a debita distanza dallo sport. A Londra, anche per acquistare più del 30% di una società di calcio bisogna superare il test di idoneità Fit and proper. Gli stessi parametri hanno indotto il board del Bayern Monaco a chiedere le dimissioni del presidente e campione del mondo Uli Hoeness, che peraltro se n’è andato subito dopo la condanna in primo grado per frode fiscale, rinunciando all’appello e alla presunzione di non colpevolezza. E stiamo parlando di società private. Figurarsi quali standard di moralità e di legalità sono richiesti a un cittadino per ascendere a cariche pubbliche o addirittura elettive o governative. Non è solo una questione di regole: è il comune sentire della stragrande maggioranza della popolazione. Persino i tifosi del Leeds, letto il curriculum penale di Cellino, hanno manifestato la loro contrarietà ad averlo come presidente: il 4 marzo si sono presentati allo stadio londinese Ellan Road travestiti da mafiosi. Perciò all’estero ridono di noi, anche se a rappresentarci c’è il giovane Renzi al posto delle vecchie pantegane. E perciò l’establishment italiota non riesce a capacitarsi di quel discredito, attribuendolo a un inesistente sentimento anti-italiano. Non basta sostituire la faccia del premier, quando poi al governo siedono i soliti indagati e imputati, giustificati con i consueti gargarismi del “garantismo” e della “presunzione di innocenza”. O ci allineiamo agli standard etici d’Europa, colmando il vero spread che ci separa dai partner e piantandola di fare i furbi, o qualunque rappresentante italiano varchi la cinta daziaria, fosse anche il più virtuoso, sarà accolto dai soliti risolini. C’è, naturalmente, anche una terza via: andare in Europa e convincere tutti gli altri che abbiamo ragione noi e ha torto il resto del mondo. Ma – consiglio non richiesto – sarebbe meglio evitare.

 

…allez!

Il festaiolo? Erano cene eleganti, perbacco! Poi dice il film di Sorrentino…come se fosse colpa di Sorrentino se una larga parte di italiani ha votato per diciotto anni un bugiardo puttaniere criminale e che, generalmente il vizietto di tutti i potenti sia da individuare sempre dentro qualche letto o lettone. Vizietto che senza la complicità di perfette deficienti che si fanno scopare per soldi da due come questi, ai quali una donna normale non darebbe un bacio su una guancia tanto sono viscidi e brutti, non avrebbe la possibilità di poter essere soddisfatto. Io solo una cosa mi chiedo: come fanno.

“Sono protetto da un’immunità e voi lo sapete. Se facessi causa al giornale sarei in una condizione di disparità: io non sono denunciabile e non denuncio”.[F. Hollande]

E, sempre Hollande dice davanti a 500 giornalisti di tutto il mondo: “è un momento doloroso”. 
Mica come quell’altro che ha detto “cosa possono dire di me? che scopo”.  Anche questo è spread.


Sexgate, Hollande: “Non parlo”
“Ma non farò leggi ad personam”

E’ proprio diverso lo stile, lo spessore, non c’è niente da fare. 
Anche quando qualcuno all’estero fa una cazzata è sempre meno grave di una qualsiasi fatta da uno qualsiasi dei politici di casa, e talvolta cosa nostra, e qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta. L’unica richiesta che si può fare a Hollande è di chiarire i suoi rapporti con l’intestatario dell’appartamento dove avvenivano gli incontri con l’amante. Questa di Hollande è una storia privata come ne sono a milioni nel mondo e che non è detto che debbano fare notizia. Una notizia da rilanciare su tutti i media e le agenzie allo scopo poi di far fare i soliti ragionamenti ai soliti mentecatti che “visto? il più pulito c’ha la rogna e poi ridono dell’Italia”.  Perché quello che è accaduto qui con berlusconi non è nemmeno lontanamente paragonabile alla vicenda personale di Hollande che non ha mandato in parlamento, in regione, in qualche azienda di stato le sue amanti, non l’ha sistemate e fatte mantenere a spese dei contribuenti francesi, non si faceva consegnare nei suoi domicili e a spese dello stato manipoli di sciagurate imbecilli per il suo sollazzo personale, non faceva frequentare le sue residenze a mafiosi, intrallazzatori come Tarantini e Lavitola e non ha creato nessun sistema per svendere la Francia a chi contribuiva al suo “benessere”. Soprattutto non ha messo in pericolo un paese intero rendendosi ricattabile da gente che una persona normale si vergognerebbe di conoscere di vista ma che berlusconi frequenta abitualmente.
La vicenda di Hollande, che poteva eccome difendere anche con la denuncia il suo privato violato ci dimostra ancora una volta e semmai ce ne fosse bisogno la miseria dei politici italiani, sempre con l’avvocato e la querela a portata di mano quando tocca agli altri e sempre pronti a difendersi e a nascondersi dietro al ruolo quando tocca a loro. 
Giusto ieri Lara Comi [!!!] indagata per diffamazione ha chiesto di potersi riparare dietro l’immunità dell’Europarlamento secondo la fantasiosa teoria che “un parlamentare non è tenuto a modellare la sua opinione”, cioè a dire che se si fa il parlamentare si possono dire tutte le sciocchezze che si pensano, anche quelle diffamanti come ha fatto la Comi che ha accusato pubblicamente l’ex sindaco di Ferrara di essere colluso con la mafia, oppure come quella di Esposito del pd che ha accusato il giudice Pepino, Fiorella Mannoia e Caparezza di avergli fatto recapitare tre molotov a domicilio, e, nel paese dove i cittadini sono tutti uguali, la legge è uguale per tutti e il servitore dello stato è tenuto a svolgere la sua funzione con disciplina ed onore per Costituzione, non succede niente.

Sotto – Sotto

Non solo omofobi e razzisti, ma anche quelle e quelli che s’insinuano nelle discussioni pigolando cose sul genere di “è un’opinione, perché non avrebbe dovuto dirla”.

Non mi stancherò mai di ripetere che non tutto è opinione, anche quelle scritte sul Mein Kampf erano opinioni, quelle di un pazzoide criminale che ha avuto la possibilità di distruggere il mondo perché qualcuno le ha ascoltate e insieme a lui realizzate nella pratica. Nessuno si è preoccupato evidentemente dei contenuti di quel libro che altro non erano che il programma nazista di hitler.

Sono opinioni quelle dei negazionisti? no, perché in molti paesi chi si azzarda a dire che l’olocausto è un’invenzione, va in galera.

E’ opinione quella di chi tenta di rovesciare la Storia facendo credere che i buoni erano cattivi e viceversa? qui purtroppo sì visto che c’è stato qualcuno in politica che si è potuto permettere di dire che la Resistenza è un argomento noioso e che le scuole possono fare a meno di inserirla nei programmi scolastici.

La diffamazione è opinione? non dovrebbe esserlo ma solo qualche giorno fa la corte di Strasburgo ha dato ragione a belpietro dicendo che solo l’istigazione alla violenza, l’apologia razzista possono essere punite, non la diffamazione semplice, quella che scava nella roccia anche sei anni di seguito com’è accaduto nel caso del pm Cocilovo diffamato da farina sul giornale di sallusti per conto terzi e cioè di berlusconi. 

E sappiamo tutti com’è andata a finire, al pm diffamato, screditato e che dopo gli articoli di farina ha ricevuto anche minacce di morte nemmeno le scuse, a sallusti la grazia di Napolitano.

Quindi io credo che bisognerebbe stare molto attenti prima di parlare di opinioni, di libere espressioni dei pensieri e che male c’è se qualcuno dice delle cose.

Perché se è vero quello che molti dicono, e cioè che l’omofobo è sotto sotto uno a cui l’omosessualità non fa poi così schifo, la mia sensazione è che quelli che di fronte alla discriminazione omofoba anche solo ventilata, all’acqua di rose, come nella polemica a proposito delle dichiarazioni di Barilla non si mettono di traverso in modo netto, sotto sotto siano persone a cui l’omofobia non fa poi così schifo.

Se dei ragazzini di quattordici, quindici anni si suicidano  nel momento in cui hanno acquisito la consapevolezza di essere omosessuali, una cosa che se questo fosse un paese civile sarebbe considerata non un marchio, un’onta, un motivo di discrimine ma soltanto quello che è, “una naturale variabile del comportamento umano”, esattamente come l’eterosessualità, significa che hanno già ben compreso che non saranno ospiti graditi in questo paese soprattutto in virtù di quelle che molti considerano opinioni ma che opinioni non sono perché poi si traducono in atti violenti. Le opinioni non ammazzano nessuno: i razzismi e l’omofobia sì.

Se questo è un paese normale [niente di nuovo sul fronte Quirinale]

Sottotitolo: dal caos, come diceva Nietzsche, può nascere perfino una stella danzante.
Dall’ordine invece, quello imposto in ragione di un’emergenza che viene usata come arma di ricatto e verso cui non è stato preso ancora nessun provvedimento utile, nascono i governi delle larghe intese.

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Avrei rivalutato la figura di Napolitano se al posto dell’inutilissimo conato di monito di ieri  avesse dato le dimissioni,  lasciato le questioni relative al PREGIUDICATO CONDANNATO silvio berlusconi in mano a chi le ha create: un centrosinistra di falliti che per vent’anni ha fatto solo finta di fare opposizione a berlusconi dopo avergli dato le chiavi del palazzo e la banda dei disonesti come lui che in tutti questi anni ha scelto di svendere la sua dignità ad un eversore, uno che con lo stato, con uno stato di diritto non c’entra niente.

Qualsiasi condannato dopo il terzo grado di giudizio subisce l’esecuzione della sentenza:  va in galera, silvio berlusconi no, può vantare ancora titoli come “cavaliere”, “senatore” ed essere trattato con ossequio dalla politica e dalle istituzioni.  Se “il leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza” avesse commesso un omicidio, stuprato un bambino sarebbe stata la stessa cosa?  perché un reato è un reato. Almeno così dice la nostra cara e bella Costituzione nei capitoli dove precisa che i cittadini sono tutti uguali e che la legge è uguale per tutti.

Sperare che sia la politica a liberarsi del PREGIUDICATO CONDANNATO berlusconi  è una chimera: qualcosa che nessuno in tutti questi anni ha mai avuto l’intenzione di fare.

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“B? Sentenza definitiva, prenderne atto
Grazia? Non c’è stata nessuna richiesta”

Napolitano lascia la porta aperta al pregiudicato: “Esaminerò un’eventuale domanda di clemenza”.
Sul suo futuro politico: “Spetta a Berlusconi decidere”. Poi: “Una crisi del governo sarebbe fatale”.

Napolitano non chiude la porta alla richiesta di grazia per Silvio Berlusconi, ma lo invita a prendere atto della decisione della Cassazione perché “di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto”. Sul punto più controverso, la domanda di grazia, nessuna preclusione anche se, non solo non si conoscono ancora le motivazioni della sentenza che arriveranno a settembre, ma l’ex premier non ha mai dimostrato accenni di pentimento rispetto al reato per cui è stato condannato, ossia frode fiscale.

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La vergogna non abita più qui, se n’è dovuta andare per fare spazio all’indecenza. 

L’unica cosa sensata che avrebbe dovuto fare Napolitano sarebbe stata rifiutare il secondo mandato visto che già nel primo aveva dato ampi segnali di squilibrio istituzionale rispetto alle numerose vicende giudiziarie che riguardano il PREGIUDICATO CONDANNATO [oggi più che mai bisogna ripeterla questa cosa] silvio berlusconi.

Accettandolo invece ha solo confermato che quella che si ripete da tanto tempo circa la  sua eccessiva comprensione e magnanimità verso berlusconi non è la solita teoria complottistica né una chiacchiera da cortile ma sia davvero originata e motivata da qualcosa che potrebbe dare fastidio a Giorgio Napolitano, che berlusconi sa ma gli italiani no e devono continuare a non sapere, come i contenuti delle famose bobine delle telefonate con Mancino distrutte subito dopo la rielezione di Napolitano, e probabilmente è anche per questo che Napolitano ha dovuto accettare il secondo mandato.

Perché se c’è qualcosa che un presidente della repubblica dovrebbe, deve, è obbligato a garantire è che vengano rispettate le leggi, la Costituzione, i suoi comandamenti.
Mentre quel che ha fatto Napolitano sempre ma in misura maggiore da che esiste il suo bel governo di larghe intese napoletane è proprio e solo tutt’altro: ha dimostrato e confermato di non essere affatto quel presidente garante di tutti ma esclusivamente della casta cui lui appartiene dalla bellezza di sessant’anni.

Di fronte ad una Magistratura svilita, insultata, diffamata e offesa tutti i giorni lui non ha garantito per la Magistratura nemmeno da capo del CSM qual è ma ancora una volta per chi svilisce, insulta, diffama e offende i giudici, ovvero il PREGIUDICATO CONDANNATO silvio berlusconi e la teppa che gli regge i giochi, a destra come a sinistra.

E di fronte ai cittadini di un paese che non possono godere di nessuna tutela speciale, che se violano la legge sono obbligati a subirne tutte le conseguenze fra le quali anche la galera se la violazione la richiede lui non ha garantito per loro, per noi, ma ancora una volta per lui: quello più uguale degli altri ma solo perché qualcuno, fra cui anche Napolitano, ha fatto in modo che lo potesse diventare.

 Questo è quello che avevo scritto cinque minuti dopo la rielezione di Napolitano: confermo e ribadisco tutto: “Il più possibile condiviso, sì. Non sia mai che corruttori, mafiosi, tangentari e delinquenti debbano essere privati della loro quota di rappresentanza dello e nello stato, visto che gli si dà la possibilità di contribuire alla scelta del capo dello stato. Garanzia ci vuole, altroché”.

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Quirinal parto
Marco Travaglio, 14 agosto

In attesa che i luminari a ciò preposti, con lenti di ingrandimento e occhiali a raggi infrarossi, ci diano l’interpretazione autentica del Supermonito serale del presidente della Repubblica e dell’incunabolo che lo contiene, una cosa è chiara fin da subito: il fatto stesso che sia stato emesso già dimostra che Silvio Berlusconi non è un cittadino uguale agli altri. 

Mai, infatti, in tutta la storia repubblicana e pure monarchica, un capo dello Stato – re o presidente della Repubblica – era mai intervenuto su una condanna definitiva di Cassazione per pregare il neopregiudicato di restare fedele al governo, facendogli balenare in cambio la grazia e garantendogli che non finirà comunque in galera. Intanto perché spetta al giudice di sorveglianza, e non a Napolitano, applicare al caso concreto la legge svuota-carceri del 2010: fino alla condanna di Sallusti, infatti, chi doveva scontare fino a 1 anno di pena (totale o residua) finiva dentro e di lì chiedeva gli arresti domiciliari; dopo invece, per salvare Sallusti, il procuratore capo di Milano decise che la pena viene comunque sospesa e si tramuta automaticamente in domicilio coatto. 

Ma l’ultima parola appunto spetta al giudice, non al Quirinale. 

Il fatto poi che la grazia, per ottenerla, uno debba almeno fare lo sforzo di chiederla dopo aver riconosciuto la sentenza di condanna (“prenderne atto” è perfino poco), è noto e arcinoto alla luce della sentenza della Consulta 200/2006: quella che diede ragione a Ciampi nel conflitto col ministro Castelli per la grazia a Bompressi. 

Solo che quella sentenza dice ben più di quel che Napolitano le fa dire: afferma che la grazia può essere motivata solo con “eccezionali esigenze di natura umanitaria”, mai “politiche”. Se fosse un atto politico, richiederebbe il consenso e la controfirma del governo, visto che per gli atti politici il Presidente è irresponsabile. Ma siccome la grazia deve rispondere a una “ratio umanitaria ed equitativa” per “attenuare l’applicazione della legge penale” quando “confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale” e per “mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio… garantendo soprattutto il ‘senso di umanità’ cui devono ispirarsi tutte le pene non senza trascurare il profilo di ‘rieducazione’ proprio della pena”, essa “esula da ogni valutazione di natura politica” ed è “naturale” attribuirla in esclusiva al Colle. 

E qui Napolitano si dà la zappa sui piedi, quando dice che il condannato in carcere non ci andrà, dunque non c’è alcuna detenzione disumana da “mitigare”. Infatti rivendica il potere di graziare B. per motivi tutti politici (la sopravvivenza del governo, la condanna di un ex presidente del Consiglio): proprio quelli esclusi dalla Consulta, che verrebbe platealmente calpestata da una grazia a B.. Se poi, come scrive, la grazia non gliel’ha chiesta nessuno, non si capisce a chi Napolitano risponda, e perché. Non una parola, poi, sulla gravità del reato di B: la frode fiscale. 

Né sui vergognosi attacchi ai giudici. Né sui 5 procedimenti in cui è ancora imputato: che si fa, lo si grazia una volta all’anno per tenerlo artificialmente a piede libero? La grazia seriale multiuso non s’è mai vista neppure nello Zimbabwe, ma dobbiamo prepararci a tutto. Nell’attesa, resta lo spettacolo grottesco e avvilente del Quirinale trasformato per due settimane in un reparto di ostetricia geriatrica, con un viavai di giuristi di corte e politici da riporto travestiti da levatrici con forcipi, bende, catini d’acqua calda, codici e pandette, curvi sull’anziano puerpero per agevolare il parto di salvacondotti, agibilità e altri papocchi impunitari ad personam per rendere provvisoria una sentenza definitiva e cancellare una legge dello Stato (la Severino su incandidabilità e decadenza dei condannati). 

Ieri sera, al termine di una lunga attesa che manco per il principino George, il partoriente ha scodellato un mostriciattolo che copre ancora una volta l’Italia di vergogna e ridicolo. 
Ma è solo l’inizio: coraggio, il peggio deve ancora venire.

Per quel che può servire, la mia solidarietà incondizionata al giudice Esposito

Quello che provo è sgomento, raccapriccio, rabbia e impotenza.

Mentre un pregiudicato, condannato, uno che non ha nemmeno più bisogno di essere rappresentato, descritto, del quale non dovrebbe servire sapere più niente ormai per destinarlo alla categoria cui si merita di appartenere che è quella dei fuori legge, dei delinquenti viene difeso dalle istituzioni e dalle istituzioni e dalla politica viene accolto, ascoltato, gli viene concesso di imperversare ovunque, lui e chi per lui perfino nei cieli d’Italia per continuare a mentire sulla sua innocenza, c’è un giudice che viene lasciato solo a dover affrontare persone, fra cui gente delle istituzioni – quelle stesse che dovrebbero difendere gli uomini e le donne dello stato – che lo diffamano, lo insultano, permettono che sui giornali di proprietà del condannato berlusconi si scrivano infamità sul suo conto. 

Nessuna voce, di quelle solite che sono sempre pronte ad offrire solidarietà a chiunque, anche a gente che sostiene il condannato delinquente e che solo per questo non la meriterebbe affatto si è levata per far sentire la sua vicinanza al giudice Esposito, non Piero Grasso, l’ex procuratore antimafia che dovrebbe conoscere bene il clima in cui sono costretti ad operare ed agire i giudici, la magistratura italiana da quando in questo paese si è concesso ad un fuori legge, a un delinquente per natura come recita il primo grado della sentenza di uno dei processi che lo riguardano, di potersi intromettere nelle faccende di stato.

Non la presidentessa della camera sempre pronta a bacchettare chi alza i toni, chi osa ricordare agli italiani lo scempio politico di cui sono vittime; non il presidente della repubblica che ha scelto il silenzio, non ritiene di dover spendere due parole nel merito delle vicende che riguardano il pregiudicato berlusconi, di una condanna che non deve essere eseguita e chissà perché.

Mi chiedo che razza di gente viva in questo paese e quanto altro sia disposta ad accettare se nemmeno dopo tre condanne si può dire di un delinquente che è un delinquente e considerarlo e trattarlo come si merita. Principalmente dalle istituzioni che fino a prova contraria non sono lì per tutelare gli interessi dei pregiudicati, nemmeno se si chiamano silvio berlusconi.

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Esposito, giudice sotto tiro: è caccia alla bobina segreta dell’intervista

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CSM: ciechi, muti e sordi
Marco Travaglio, 13 agosto

Quando il giudice Mesiano, reo di aver condannato il gruppo Berlusconi a risarcire De Benedetti per lo scippo Mondadori, fu pedinato e linciato da Canale5 e dagli altri house organ della ditta per i suoi calzini turchesi, il Csm intervenne in sua difesa con una pratica a tutela contro attacchi “che possono condizionare ciascun magistrato, specie quando si tratti di decidere su soggetti di rilevanza economica e istituzionale”. Il vicepresidente Mancino denunciò il “clima invivibile dove il potere è forte e può intimidire”. E persino il presidente Napolitano evidenziò “le inquietanti connotazioni della vicenda”. Era solo quattro anni fa, ma pare un secolo. Da due settimane, da quando ha letto la sentenza di condanna per B. nel processo Mediaset che gli era toccato in sorte, il presidente della Cassazione Antonio Esposito viene manganellato dal Giornale e altri fogliacci. Decine di pagine con accuse infamanti fondate sul nulla: tutto falso, tutte menzogne (vedi articolo di Marco Lillo). Eppure intorno a lui tutto tace. Tace Napolitano, troppo occupato a riflettere sull’“agibilità politica”del pregiudicato e a riceverne gli emissari. Tace Vietti, solitamente così garrulo. Non tace purtroppo il ministro Cancellieri, che sguinzaglia gl’ispettori come ai tempi di Biondi e Mancuso, mentre il Csm apre un fascicolo disciplinare contro Esposito. Illegale. L’ordinamento giudiziario 269/2006 sanziona “le dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione”, non quelli chiusi da sentenza definitiva. Come il processo Mediaset. Il giudice Esposito è solo, lasciato in pasto ai linciatori da chi, per legge, dovrebbe difenderlo. Se il Csm, dal presidente e dal vicepresidente in giù, non se la sente di fare il proprio dovere, tanto vale scioglierlo.

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Mercedes, fango e bugie: il Giornale all’attacco di Esposito 
Marco Lillo, Il Fatto Quotidiano, 13 agosto

IL QUOTIDIANO DI FAMIGLIA DEL CONDANNATO DI ARCORE SCRIVE MENZOGNE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA CASSAZIONE CHE LO HA GIUDICATO SULL’EVASIONE MEDIASET: ECCO QUALI.

Dopo la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di carcere Il Giornale di Alessandro Sallusti ha dedicato una ventina di pagine al 72enne presidente della sezione feriale della Cassazione. Il 3 agosto parte Stefano Lorenzetto con un articolo basato sul suo ricordo di una cena del 2009 con il giudice Antonio Esposito: “Così infangava Berlusconi il giudice che l’ha condannato” è il titolo. Il pezzo viene pubblicato solo dopo la condanna, nonostante il direttore Sallusti fosse informato da giorni. Quando il magistrato Ferdinando Imposimato, presente alla cena, dice al Fatto di non aver sentito nulla del genere, Lorenzetto lo fulmina: Imposimato era lontano e poi è troppo amico di Esposito per essere credibile. La prova? “Una fonte affidabile mi assicura che il figlio fu registrato all’anagrafe con il nome di Ferdinando proprio in onore di Imposimato”. La fonte è attendibile perché intrattiene ‘relazioni confidenziali ’ con Esposito. Peccato che non abbia svelato a Lorenzetto un altro segreto: Ferdinando è il nome del padre di Antonio.

Il Giornale picchia duro anche dopo la pubblicazione dell’intervista di Esposito al Mattino. Nella sua smentita il giudice nega di avere risposto a una domanda sulla motivazione della condanna di Berlusconi. La frase “Berlusconi condannato perché sapeva” effettivamente non è farina del suo sacco e la sua risposta (riportata fedelmente dal Mattino) seguiva una domanda diversa e generale . Ma per Sallusti è “Il giudice bugiardo”. Dopo l’8 agosto Il Giornale pubblica tre pagine al giorno piene di accuse: Esposito fa il doppio lavoro a Sapri ed è stato trasferito d’ufficio dal CSM. Esposito accettava Mercedes in regalo e si appropriava di fascicoli sui vip per smania di protagonismo. Il giudice replica con i provvedimenti del CSM e dei giudici che hanno smontato le accuse riportate dal Giornale. La lettura incrociata di articoli e comunicati spiega bene come funziona la stampa berlusconiana.

SUL GIORNALE
IL CASO ISPI 

“Aveva un doppio lavoro, amministrava una scuola” 

IL GIORNALE SPARA l’8 agosto in prima pagina: ‘Lo strano doppio lavoro del giudice bugiardo’. Nell’articolo si legge: “Quando Antonio Esposito non sta in Cassazione fa un altro lavoro. Un doppio lavoro. (…) Esposito veste i panni del responsabile amministrativo di un pezzo di un’università telematica. Insieme alla moglie avvocato e alla figlia, il magistrato risulta referente per lo sportello Salerno/2 della Unicusano, ateneo privato romano (…) sul sito web dell’università come contatto per Sapri c’è proprio il numero di cellulare dell’alto magistrato. Illecito? No, magari no. Magari il buon giudice ha il via libera, l’ok, del Csm. Magari è normale”. Il Giornale torna sul tema tre giorni dopo per ricostruire il procedimento disciplinaresubito dal giudice alla fine degli anni novanta sulla scorta di una relazione redatta da un allora giovane capitano dei Carabinieri della stazione di Sapri: “Alla fine – scrive Il Giornale – è stata proprio la gestione dell’Ispi a determinare il trasferimento. ‘Dovrebbe essere provato – si legge nel provvedimento – che Esposito svolga attività ulteriori rispetto a quella dell’insegnamento per il quale è stato autorizzato dal Csm’ (…) Esposito – scrivono i consiglieri – poteva essere reperito sistematicamente presso i locali della scuola e i collegamenti con l’I-spi venivano tenuti anche in pretura’”.

IL TRASFERIMENTO 

“Rete di affari” e troppo protagonismo, per questo fu spostato

IL TITOLO DEL GIORNALE dell’11 agosto non lascia adito a dubbi: “La rete di affari di Esposito: ecco perché fu trasferito”. Il titolo sintetizza così la motivazione del trasferimento: “Con la sua scuola guadagna centinaia di milioni che gli permettono di avere una Jaguar, una villa a Roma e un motoscafo”. Secondo Il Giornale: “Il 7 aprile del ‘94 il plenum del Csm approvava a maggioranza la proposta di trasferimento d’ufficio dell’allora pretore di Sala Consilina, che venne destinato alla Corte d’Appello di Napoli”. Il Giornale entra nei dettagli: “Sulla scuola di formazione i consiglieri si soffermano a lungo, ipotizzando che il particolare tenore di vita del magistrato che risultava ‘proprietario di un villino a Roma, di una Jaguar e di un motoscafo avallassero l’ipotesi che l’Ispi avesse consentito la realizzazione di guadagni nell’ordine di centinaia di milioni’”. Inoltre, secondo Il Giornale, Esposito era accusato di avere “gravemente mancato ai propri doveri”. Il CSM, lo aveva trasferito perché “aveva celebrato nel ’91 un procedimento penale contro Maria Pia Moro per interruzione di pubblico servizio ‘senza che tale procedimento fosse compreso tra quelli a lui assegnabili’”.

CAMERA 

L’interrogazione del Pci lo accusa di “faziosità” 

ANCHE UN’INTERROGAZIONE parlamentare comunista è stata riciclata a distanza di 33 anni e promossa a sentenza sotto il titolo de Il Giornale: “Il magistrato inchiodato pure alla Camera”. Gli inviati a Sapri di Sallusti hanno recuperato il testo dell’atto del 1980 firmato dai deputati PCI Alinovi, Amarante e Vignola: “L’operato di Esposito è oggetto di universale riprovazione da parte della popolazione del mandamento per i comportamenti asociali e per la faziosità”.

MERCEDES 

Cene a sbafo e un’auto di lusso in regalo

L’ACCUSA PIÙ VELENOSA contro Esposito è quella del sottotitolo del Giornale dell’11 agosto: “Spuntano una Mercedes gratis e le cene a sbafo”. Nell’articolo si ricostruiscono le accuse rivolte da un consigliere del CSM a Esposito: “Sarebbe stata portata, per conto della ditta Palumbo (un costruttore della zona, ndr), una Mercedes di colore beige acquistata” da un direttore romano di banca “con chiavi nel cruscotto, sotto l’abitazione del dottor Esposito”.

IL GIUDICE REPLICA
IL CASO ISPI 

“Insegnava gratuitamente, il Csm lo aveva autorizzato”

IL GIORNALE OMETTE di dire – replica Esposito – che tutte le dichiarazioni di questo ufficiale (il capitano dei Carabinieri, ndr) più volte “rettificate e parzialmente difformi” tra di esse erano state smentite addirittura da numerosi militari della sua stessa compagnia e da un militare della Guardia di Finanza. Così conclusivamente motiva il CSM: “(…)contrariamente a quanto affermato dal capitano l’Ispi non era una società di capitali, il cui amministratore unico era la moglie del dr. Esposito, ma era un’associazione culturale senza scopo di lucro. A proposito dell’attività svolta dal dr. Esposito presso l’Ispi non è stato confermato quanto riferito dal teste, sia pure sulla base di notizie informalmente acquisite, di “impressioni”, di “conclusioni personali” in merito al ruolo di direttore, amministratore o organizzatore di Esposito, a un suo asserito potere di stabilire chi doveva essere ammesso e chi non doveva. È emerso, infatti, che “il magistrato svolgeva esclusivamente attività d’insegnamento, non si occupava in alcun modo direttamente o tramite la moglie dei profili gestionali dell’istituto, non ha mai fatto parte del consiglio d’amministrazione dell’ISPI”. Inoltre l’incarico era “ritualmente comunicato al Csm, autorizzato ed espletato gratuitamente”.

IL TRASFERIMENTO 

Accuse smentite dagli organi competenti già tredici anni fa 

IL TRASFERIMENTO d’ufficio da Sala Consilina a Napoli del 1994 venne annullato dal Tar del Lazio nel 1996 per “un progressivo sfaldarsi delle tesi accusatorie”. Nel 1998 il Giudice della Sezione Disciplinare del CSM dà ragione di nuovo a Esposito e nel 2000 il CSM torna sulla materia e sostiene che l’attività di Esposito presso l’ISPI è di “esclusivo impegno didattico, senza interessi patrimoniali, regolarmente autorizzata e di nessun intralcio per il normale svolgimento delle funzioni giudiziarie”. Anche sulla questione della “smania di protagonismo”, Il Giornale fa un buco nell’acqua. Il Csm così afferma: “Conclusivamente la celebrazione dell’udienza del 12/11/91 – Procedimento Fidia Moro – da parte del Dott. Esposito ebbe a rappresentare un atto di doverosa assunzione di responsabilità del dirigente di un ufficio giudiziario in assenza di un collega e non certo una disdicevole forma di protagonismo di cui manca in atti qualsiasi prova. Anzi gli elementi probatori raccolti sono di segno esattamente opposto in quanto i testi hanno univocamente riconosciuto l’imparzialità e la correttezza del Dott. Esposito”.

MERCEDES 

Fu comprata nel ‘77, era del ‘71 Aveva fatto 300mila km 

ESPOSITO ricorda che “la Mercedes 220D del 1971 è stata acquistata regolarmente nel 1977 con 300 mila km percorsi”. La vicenda “è stata archiviata perché “si è accertato, con prova orale e documentale, l’assoluta legittimità del-l’acquisto”. Esposito ha rinunciato alla prescrizione ottenendo l’archiviazione del Gip nel 1996. Mentre il CSM ha archiviato nel 1997 sulla base di “univoche acquisizioni documentali” come “l’assegno bancario di Esposito”.

CAMERA 

Il Consiglio superiore scrisse: “Un complotto contro di lui” 

IL GIORNALE OMETTE: “L’inchiesta apertasi a seguito delle interrogazioni venne archiviata dal CSM”. La motivazione descrive “un vero e proprio complotto contro Esposito (…) oggetto di un attacco scorretto nelle forme e illecito nei contenuti da parte di un gruppo di persone che per soddisfare un loro sentimento di vendetta (…) non hanno esitato a costruire a tavolino gli elementi di accusa ed a coinvolgere nell’operazione anche rappresentanti del Parlamento”.

 
 
 

Un paese senza una guida ostaggio di delinquenti e diffamatori

Se questo fosse un paese normale il presidente della repubblica, in qualità di capo del CSM, avrebbe già detto due parole a sostegno dell’ennesimo giudice diffamato dai sicari di silvio berlusconi.

Ma siccome purtroppo è solo l’italietta dei furbi, dei delinquenti, dei diffamatori a libro paga del primo delinquente di questo paese già condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile e in ultimo, quello definitivo, per frode fiscale, pare che il capo dello stato abbia intimato al partito ex democratico, con la scusa di mantenere in piedi il governicchio delle larghe intese,  di mettere in sicurezza il pregiudicato silvio berlusconi –  pena la minaccia delle sue dimissioni anticipate –  facendosi beffe della Costituzione, della legge, di una sentenza di condanna definitiva, dell’onestà dei milioni di cittadini obbligati a rispettare la legge  che si sentono defraudati, violentati e che possono solo assistere all’osceno spettacolo di un onest’uomo  colpevole di niente diffamato, e  quand’anche il giudice Esposito avesse davvero una responsabilità da chiarire non penso che il sistema giusto sia quello dell’oltraggio a mezzo stampa dalle pagine di un fogliaccio il cui direttore è quel di sallusti, noto diffamatore seriale e recidivo, a cui proprio Napolitano ha concesso una grazia in seguito, ça va sans dire, ad una condanna definitiva per diffamazione.

Quando al tempo della condanna annullata scrissi che un periodo di riflessione non avrebbe fatto male a sallusti sapevo quello che scrivevo e dicevo, quello che poi scrivevamo in tanti, tutti quelli che hanno ben chiara la differenza fra libertà di espressione/informazione e diffamazione.

Nessuna libertà dovrebbe essere concessa a chi la usa come arma, in nessun’altra democrazia civile gestita da persone che hanno a cuore il bene dello stato sallusti, belpietro, vittorio feltri, tutta l’orrida corte dei miracolati che  berlusconi può usare pro domo sua,  grazie al suo conflitto di interessi mai risolto da quella politica che ancora oggi lo supporta e sostiene,  avrebbero  avuto la possibilità di continuare a farlo. 

La diffamazione è un reato,  non un  modo di esprimersi folkloristico e ancorché simpatico.

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La nuova Leva

Esposito vs Giornale: “Hanno diffamato”
Ma ora Wanna Marchi lo vuole querelare

Caccia grossa contro Antonio Esposito: ora i berluscones vogliono mettere le mani sulla registrazione dell’intervista del giudice al “Mattino”. Sperano di trovare il cavillo per impugnare la sentenza della Cassazione. Obiettivo: prendere tempo e ottenere l’“agibilità” politica ed elettorale per il condannato.

 
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Il Pornale
Marco Travaglio, 11 agosto
Da quando, il 23 maggio, ha avuto la sventura di essere nominato presidente della sezione feriale della Cassazione e, a luglio, vi ha visto piovere il processo Mediaset che andava trattato subito per evitarne – secondo le regole – la prescrizione, il giudice Antonio Esposito ha finito di vivere. Sapeva che, per campare sereno, avrebbe dovuto calpestare la Costituzione, la legge e la sua coscienza annullando la condanna di B. possibilmente senza rinvio: insomma assolverlo, anche se dalle carte risulta inequivocabilmente colpevole. 

Non è vero, come scrivono i soliti tartufi, che gli sia stata fatale l’intervista “inopportuna” al Mattino di Napoli per quella frase sul motivo del verdetto, mai autorizzata nel testo concordato con l’intervistatore (“non è che tu non potevi non sapere perché eri il capo. Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva”), per giunta appiccicata a una domanda mai fatta sul caso specifico di B.

Anche se non l’avesse pronunciata nel colloquio informale con l’amico cronista che poi l’ha tradito, e anche se gli avesse buttato giù il telefono, Antonio Esposito sarebbe stato linciato ugualmente dal Giornale e dagli altri house organ della Banda B. Il peccato originale non è la frase o l’intervista: è la condanna. Il pool Mani Pulite non disse una parola su B., eppure viene manganellato da vent’anni. 

Il giudice Mesiano non disse una parola dopo aver condannato la Fininvest a risarcire De Benedetti per lo scippo della Mondadori, eppure fu pedinato e sputtanato in tv per i suoi calzini turchesi. La giudice Galli non disse un monosillabo sul processo Mediaset, eppure prima e dopo la condanna d’appello fu diffamata addirittura perché figlia di un giudice assassinato dalle Br. 

“Non ce l’hanno con noi per quello che diciamo, ma per quello che facciamo”, ripete Piercamillo Davigo. Con Esposito il Giornale ha esordito accusandolo di portare le scarpe da jogging e la camicia aperta, di alzare il gomito (essendo astemio), di aver anticipato in una cena la condanna di Wanna Marchi (emessa l’indomani da un collegio di 5 giudici), di aver raccontato telefonate sexy delle girl di Arcore (mai lette da nessuno e poi distrutte), di aver barattato la condanna di B. con la richiesta di archiviazione di un’indagine disciplinare suo figlio (avvenuta a gennaio, sei mesi prima che il processo Mediaset finisse sul suo tavolo) per una cena con la Minetti, di aver voluto vendicare l’estromissione del fratello Vitaliano su pressione del Pdl da subcommissario dell’Ilva. 

E perché, se sapeva tutte queste cose, il Giornale non le ha scritte prima della sentenza? Poi, siccome ogni pretesto è buono per la caccia all’uomo che ha osato condannare B., il Giornale è passato dalla cronaca all’archeologia riesumando vicende che affondano nella notte dei tempi. Fino al 1980, quando Esposito era pretore a Sapri e alcuni esponenti Pci e Psi (tra cui Carmelo Conte, poi plurinquisito) l’attaccarono in varie interrogazioni parlamentari perché disturbava la quiete del paese con i suoi processi. Titolo: “Il magistrato inchiodato pure alla Camera. Nel 1980 il presidente della Commissione antimafia Pci denunciava al Guardasigilli: ‘Esposito fazioso e troppo protagonista’”. 

Purtroppo il Giornale dimentica di aggiungere che nel procedimento disciplinare che ne seguì Esposito fu prosciolto in istruttoria perché chi l’aveva denunciato “aveva motivi di inimicizie verso il pretore per i provvedimenti da lui emessi nell’esercizio delle sue funzioni”, in parte “sottoposte a procedimenti penali per gravissimi reati”. Fu, secondo la commissione disciplinare del Csm, “un vero e proprio complotto contro l’Esposito di tale portata e gravità da determinare la commissione a sollecitare il Csm a non abdicare al fondamentale ruolo di garanzia dell’indipendenza della magistratura… apprestando un’energica tutela al magistrato che è stato fatto oggetto di un così vasto attacco, scorretto nelle forme e illecito nei contenuti, da parte di un gruppo di persone che per soddisfare il proprio sentimento di vendetta o per salvaguardare i loro interessi posti in pericolo non hanno esitato a costruire a tavolino gli elementi di accusa e a coinvolgere nella disdicevole operazione rappresentanti del Parlamento”. 

Vergogniamoci per loro.

Di vilipendi, insulti, volgarità e, more solito, di bavagli

LEGGE BAVAGLIO, IL PDL CI RIPROVA
Ripresentato alla Camera il ddl Alfano

Ecco le telefonate che non leggeremmo

Depositate proposte di legge su intercettazioni, diffamazione a mezzo stampa e pene alternative
Fnsi: “Non staremo a guardare”. Epifani: “Tema non è priorità, centrodestra non alzi tensione”
INSULTI ALLE TOGHE, CSM: “INTERVENGA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CANCELLIERI”

[Il Fatto Quotidiano]

Beh, sì, effettivamente questa è una priorità di un governo di responsabilità, di scopo, in tutte le democrazie civili l’obiettivo, il primo punto delle coalizioni, delle larghe intese che si formano nei momenti peggiori della politica e di una crisi, talvolta di entrambe messe insieme, sono le leggi che hanno a che fare con la limitazione della libertà di informazione.

Napolitano senza commenti

22 persone sono indagate per “Offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubblica” dalla Procura di Nocera Inferiore. In sostanza sotto indagine per “vilipendio“, un termine che può racchiudere qualunque opinione, giudizio, valutazione ritenute offensive. Chi può essere al sicuro di un’eventuale denuncia per una critica al Presidente della Repubblica? Allora, per difendersi, l’unico mezzo è non scrivere più nulla. Bocche cucite. Dita bloccate sulla tastiera. Commenti oscurati.
Questo post, per evitare denunce a chicchessia sarà, per la prima volta nella storia del blog, senza possibilità di commento. In futuro, magari, diventerà la regola per tutta la Rete in Italia. [dal blog di Beppe Grillo]

Se brunetta attacca volgarmente  Laura  Boldrini  accusandola di cose che non ha detto né fatto e lo fa  in parlamento, nella sede preposta per eccellenza al rispetto delle istituzioni tutto va bene,  rientra nel normale esercizio della dialettica politica e del dissenso democratico, sepperò su un blog o in una pagina di un social network si fa qualcosa che potrebbe sì turbare ma che non è propriamente da derubricare a reato si rischia di ritrovarsi la Digos in casa in meno di 24 ore.

Un fotomontaggio, sebbene volgare è qualcosa che in moltissimi realizzano e pubblicano in Rete senz’aver mai rischiato e subito perquisizioni, sequestri degli hard disk  e denunce.

Chi ha diffuso la  foto osé  oggetto dello “scandalo” non è la stessa persona responsabile delle minacce violente  dedicate e recapitate  alla presidente della camera.

E, a proposito di diffamazioni: il sindaco di Salerno definì il vicedirettore del Fatto Quotidiano “grandissimo sfessato” e disse di “aspettare di incontrarlo per strada al buio”, durante un comizio organizzato dal Partito democratico nel 2010.

Travaglio, De Luca condannato per diffamazione. Dovrà pagare mille euro

 I mille euro sono la sanzione, il risarcimento dovrà essere quantificato in un secondo momento.

 Si è formata, nelle ultime settimane, una scuola di cascatori dal pero, come se prima le volgarità, gl’insulti e le molestie via web facessero parte di un altro mondo. Ho scritto fiumi di parole nel merito e le ho scritte da persona informata dei e sui fatti, avendo subito molestie e offese per anni, delle quali non è fregato niente a nessuno, nemmeno alle autorità.

Forse perché non mi chiamo Laura Boldrini? ma Rodotà è stato chiarissimo:”quello che è ILLEGALE off line deve esserlo anche on line”. 

 Illegale non vuol dire di cattivo gusto, ecco.

E se adesso nel paese dei balocchi sono entrate anche le eccellenze pazienza, decideranno come abbiamo deciso noi quali posti frequentare e quali  evitare per non essere il bersaglio di nessuno. E fra l’altro frequentare siti on line e social network non lo prescrive nessun medico.

Non mi sembra proprio che il blog di Grillo possa vantare l’esclusiva dei disturbatori cibernetici.

Come al solito l’obiettivo è tentare di imporre l’ennesima legge censoria  contra personam, ovvero contro chi vorrebbe ancora poter continuare a dissentire, perché poi nella rete tesa alla Rete e all’informazione in generale, specialmente a quella esercitata da  chi  ancora cerca di tenere la schiena dritta  ci andiamo a finire tutti, mica solo quelli che insultano e diffamano davvero.

E, per non dimenticare, Napolitano in persona  ha graziato sallusti oltre tutte le regole costituzionali che prevedono che il graziato abbia scontato almeno una parte di pena,  sallusti, recidivo, sette volte denunciato per diffamazione, l’ultima quella famosa circa la responsabilità oggettiva dopo quello che aveva pubblicato sul giornale del padrone scritto da farina, a sua volta radiato dall’albo.

Il PM Cocilovo subì delle minacce di morte in seguito a quegli articoli, e per ben sei anni, non 24 ore ha aspettato delle scuse, una rettifica che non sono mai arrivate.

Ma come si fa ad essere così ipocriti?  è così che si garantisce l’uguaglianza e si rispetta la Costituzione?

Il concetto di amore per la bandiera e lo stato è strettamente connesso a chi rappresenta quella bandiera e  lo stato da istituzione.
E finché a rappresentare quella bandiera sarà gente del calibro di quella che è toccata a questo sfortunato paese non ci si può meravigliare se qualcuno poi non riesce proprio ad essere rispettoso coi simboli della repubblica italiana.
L’ultimo mio pensiero è difendere un nazionalismo di facciata; un paese, lo stato si difendono prima di tutto rispettando la Costituzione e la legge, ma se i primi a non farlo sono proprio quei rappresentanti delle istituzioni come si fa poi ad essere severi con chi si adegua e pensa che, tutto sommato, se un presidente della repubblica se ne può fregare di tante cose che riguardano lo stato e la sua difesa semplicemente ignorandole, facendo finta che non siano accadute tipo l’orrenda performance del pdl  di Brescia contro la Magistratura chi siamo noi per doverci comportare meglio di chi dovrebbe dare l’esempio, un buon esempio? cos’è vilipendio, dire o scrivere una parolaccia su un blog oppure consentire a un delinquente per sentenze di tenere un paese sotto scacco per vent’anni con la complicità della politica e delle istituzioni?
Perché la domanda è questa, è solo questa.

Per me il reato di vilipendio può continuare ad esistere, abbiamo  ancora leggi che s’ispirano al regio decreto fascista figurarsi che fastidio dà un articolo di meno o di più, quello che non va bene è che venga poi considerato a discrezione. Nessuno ha incriminato gli esponenti della lega quando, anche da ministri andavano nelle piazze a saltellare al ritmo di “chi non salta italiano è” e quando in più di un’occasione hanno oltraggiato lo stato.

Adesso si vuole dare la responsabilità di tutto a Grillo, perché fa comodo così, perché è l’uno contro i tutti che lo vogliono abbattere.

E non parlo da elettrice 5s ma semplicemente da cittadina che osserva quello che è impossibile non vedere.

Se dovessimo denunciare noi cittadini ogni volta che veniamo insultati, oltraggiati dai politici, ogni volta che il presidente della repubblica agisce in modo non proprio corretto e non dimostrando di essere quel garante super partes che dovrebbe essere saremmo ogni giorno in qualche procura a fare la fila.

Nota a margine: sul sito di Repubblica l’arresto del presidente della provincia di Taranto viene dopo tutto, ma dopo dopo, perfino dopo quello delle maestre che maltrattavano i bambini; non che questa sia una notizia che non merita attenzione ma insomma esiste, o almeno dovrebbe, una gerarchia d’importanza anche nell’esposizione delle notizie su un sito on line.
Evidentemente Repubblica ritiene poco importante, una notizia di secondo e terzo piano se un presidente di una provincia commette un reato come la concussione per favorire chi avvelena l’aria e fa morire la gente di tumore.
Ma io penso che, come sempre, le cose siano molto più semplici di quel che sembrano: Repubblica da molti mesi evita accuratamente di informare circa gli svarioni, gli errori, le sesquipedali stronzate dette e fatte da quelli del partito che non c’è più come fece con la dichiarazione di Letta jr circa la sua preferenza per b rispetto ai 5s rivelatasi poi più che un’opinione personale  una previsione in piena regola che si è perfino avverata.
La qual cosa si può anche fare, solo però si dovrebbe abbandonare la presunzione di essere un giornale di e per tutti.

ArrestyPd 
Marco Travaglio, 16 maggio

Mettendo insieme tutti i “casi isolati” di esponenti del Pd nei guai con la giustizia, tutti i “compagni che sbagliano” beccati negli ultimi mesi viene fuori un quadro spaventoso. Che però spiega benissimo perché il vertice del partito non ha fatto alcuna fatica ad andare (anzi, a tornare) al governo con Berlusconi, dopo aver espulso dalla coalizione Di Pietro e tenuto a debita distanza Ingroia. Mentre la base e gli elettori vomitano, i massimi dirigenti hanno l’aria estasiata di chi assapora la Sacher Torte. Ora, per qualche ora, si parlerà della questione morale nel Pd di Taranto dopo l’arresto dell’ennesimo esponente al servizio dei Riva, il presidente della Provincia Giovanni Florido. Poi si dirà che in fondo l’han solo messo al gabbio, c’è la presunzione d’innocenza, aspettiamo fiduciosi la Cassazione fra una dozzina d’anni. Anzi, come fa notare a Ballarò parlando del processo Ruby il capogruppo Roberto Speranza, ultimo pollo di batteria uscito dalle serre bersaniane, bisogna separare la politica dalla giustizia, e poi sono altri i veri problemi degli italiani (già, peccato che da vent’anni i governi e i parlamenti non possano occuparsi mai dei veri problemi degli italiani perché sono appesi alle mazzette e al pisello del Cainano). L’espressione “questione morale” suona ormai vuota: non basta più a descrivere la devastazione culturale, politica, etica, perfino semantica di un partito che non ha mai nulla di suo da dire su nulla, e dunque prende a prestito le parole del presunto avversario. È uno sterminio di pensieri e linguaggi che non riguarda solo il vecchio e bollito politburo che è riuscito a perdere le ultime elezioni già vinte, a fumarsi il padre fondatore Prodi, a lasciarsi scappare il treno di Rodotà, a tradire gl’impegni elettorali, a rispedire al Quirinale un signore di 88 anni che le dà sempre vinte a B. e dai tempi di Craxi si diverte a demolire ciò che resta del suo partito, infine a infilarsi nella trappola del governo Letta comandato a bacchetta da B. Ma investe, quello sterminio, anche il cosiddetto rottamatore Renzi, delle cui intenzioni nulla s’è capito durante le presidenziali e le consultazioni per il governo. Avete mai sentito qualcuno dei vecchi o dei nuovi, da Renzi a Barca, dire qualcosa sulla qualità deprimente della classe dirigente al Sud, dove – a parte il pozzo nero di Taranto e dintorni– regnano ras screditati come il governatore lucano De Filippo (mezza giunta arrestata) e il suo degno predecessore Bubbico (appena promosso ministro), il sindaco di Salerno De Luca (appena promosso viceministro), il capataz di Enna Crisafulli (escluso dalle liste solo grazie alla battaglia del Fatto , e fra le proteste dello stato maggiore del Pd siciliano)? E, per salire al Nord, qualcuno dice qualcosa sui pizzini di Penati, ex capo della segreteria di Bersani, ora che si apre il suo processo per tangenti? Passano i segretari e le glaciazioni, ma ancora tocca leggere Violante, che nel giorno della requisitoria Ruby non trova di meglio che annunciare ad Avvenire “la riforma della giustizia”, anzi dei giudici: non dice una parola sui tempi biblici e sulla piaga delle prescrizioni, ma vuole “studiare i sistemi con la discrezionalità dell’azione penale come quello francese” (dove i pm dipendono dal governo) e soprattutto far giudicare i magistrati in appello da una corte disciplinare formata per due terzi da politici. Poi aggiunge che le sentenze non devono “ostacolare il governo” e “l’alleanza non può dipendere dalle sentenze”. Cioè, se una sentenza stabilisce che B. è un “delinquente” specializzato in frodi fiscali, un partito che si rispetta che fa? Se lo tiene al governo e gliene lascia pure le chiavi. E l’interdizione dai pubblici uffici? “Se il problema si porrà, in quel momento potrà essere esaminata la situazione”. E, di grazia, come si “esamina” un’interdizione? La si ignora per “non ostacolare il governo”? Idea per il movimento OccupyPd: occupy pure Violante.

3 maggio: Giornata internazionale della libertà di stampa e informazione

Naturalmente l’Italia, col suo 57° posto nella classifica internazionale di Report sans frontiéres  [l’anno scorso era al 61°], e in quella della Freedom House non è che le cose vadano tanto meglio, si può esimere dai festeggiamenti.

Laura Boldrini: “Sulla Rete campagne d’odio, è tempo di fare una legge” (Concita De Gregorio)

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Preambolo: mandare affanculo e sparare sono due cose diverse, ha detto vauro commentando una sua  vignetta ieri sera a Servizio Pubblico.
E se sparare è sempre sbagliato chi si veste coi panni del rappresentante di uno stato democratico che ripudia la guerra per Costituzione non dovrebbe dire che ci sono guerre giuste, giudicare irresponsabili e ancorché fiancheggiatori dei terroristi chi a quelle guerre si è opposto e si oppone come ha fatto varie volte Emma Bonino considerata, chissà perché, un personaggio politico di livello superiore.
Se la vita è ancora un valore universale dovrebbe esserlo per tutti, non ci sono situazioni che possono metterlo in discussione, chi spara lo fa per ammazzare, sia che indossi una divisa da soldato, da funzionario dello stato o la sua disperazione. La Bonino è un bluff democratico in cui è caduto perfino Lerner tutto contento che Emma sia stata nominata ministro degli esteri e che se lo merita perché “parla anche l’arabo”. E chissà con chi deve parlarci, in arabo.

 La risposta dello stato alla disperazione, al disagio sociale non è aumentare la protezione verso la politica raddoppiando e triplicando le scorte,  aumentando de facto le spese della politica e sottraendole, ça va sans dire, al sociale, quello in cui nasce e si alimenta la disperazione e tutte le sue conseguenze tragiche.

Quando uno stato guadagna fabbricando e vendendo armi, quando contribuisce alle guerre mandando il suo esercito a sparare nonostante una Costituzione che lo vieta, nessuno dei suoi rappresentanti dovrebbe permettersi di salire sul pulpito a dire che la violenza no, mai.

Questo lo possiamo dire noi che non fabbrichiamo e non vendiamo le armi, che non promuoviamo la giustezza della guerra e che mai accetteremmo di ammazzare gente per mestiere.

La biancofiore e micciché nella squadra di governo sono l’espressione della democrazia [quella esercitata sotto il ricatto di un malfattore] o un’istigazione alla violenza, almeno a quella mentale, nel senso che ognuno che conosca in che modo dovrebbe essere esercitata la democrazia può pensare quello che vuole?
Io mi riservo di pensare quello che voglio, e anche di dirlo e scriverlo, mi spiace per i fan sperticati dell’abbassamento dei toni e del linguaggio consono, ma finché in questo paese di consono non ci sarà niente a partire dalle sue rappresentanze più “alte” le conseguenze non possono e non potranno essere che queste.
Quando uno stato risponde al disagio sociale e alla disperazione aumentando la protezione alla politica, ostentando personaggi ambigui presentandoli come se fossero davvero statisti in grado di operare per il bene, non tutelando né dimostrando di preoccuparsi di chi è stato danneggiato, offeso, vilipeso da quello stesso stato bisognerebbe almeno piantarla con le ipocrisie.

In nessun paese normale un politico viene processato 24 volte, ha detto l’ottimo sallusti sempre da Santoro.
Ha ragione, nei paesi normali un politico che avesse accumulato una tale quantità di capi di imputazione da richiedere [sempre se questo fosse un paese normale. quindi esente da impedimenti più o meno legittimi e presidenti della repubblica che sgridano i magistrati invece degli imputati] la sua presenza ciclica nei tribunali in qualità di imputato, sarebbe stato fermato molto prima. E anche sallusti, se questo fosse un paese normale non avrebbe la possibilità di andare a pontificare in nessun talk show ma sarebbe a casa a riflettere sulla differenza fra informazione, diritto di critica e di cronaca e DIFFAMAZIONE, il reato di cui lui si è macchiato sei volte ma questo non ha impedito a Napolitano di concedergli il perdono istituzionale su cauzione. 
Ieri sera sallusti ha confermato che questo governo è nato sotto l’egida del ricatto di berlusconi come se fosse la cosa più normale del mondo, come se fosse normale che quella che doveva essere l’opposizione non si è mai opposta come ci ha ricordato un Travaglio superlativo, ma stamattina, sono sicura, ci sarà qualcuno che invece di guardare all’enormità del danno prodotto dalla politica di questo paese a questo paese preferirà criticare Santoro e Travaglio che “dicono sempre le stesse cose”, cosa che è del tutto naturale, se le cose sono le stesse da vent’anni.

“Ma che fai ahò, prima spari e poi dici chi va là?
Sentinella: è sempre mejo ‘n amico morto che un nemico vivo! 
Chi sete? semo l’anima de li mortacci tua! 
Sentinella: E allora passate!” [dal film La grande guerra, di Mario Monicelli]

Questi non hanno fatto nemmeno finta di sparare al nemico.
Sono passati direttamente all’annientamento dell’amico.

Marco Travaglio riepiloga la presunta guerra civile tra centrodestra e centrosinistra negli ultimi 20 anni.

In un paese collocato per libertà di stampa e informazione alle stesse posizioni di altri che almeno non si ammantano dell’aggettivo di democrazie ci mancano solo le leggi speciali per il riordino della Rete.
Non ci vuole nessuna legge speciale, evocatrice peraltro di periodi tristissimi, e tutti i paesi che hanno applicato restrizioni alla Rete secondo le loro leggi non si possono ascrivere nella categoria delle democrazie, in quella delle dittature sì.
Ci vorrebbe l’applicazione di leggi già esistenti, e se una pagina web veicola violenza, minacce, apologie di razzismi, fascismi, xenofobia e omofobia va chiusa e va denunciato il suo creatore, nonché i partecipanti consapevoli che contribuiscono alla diffusione di quella che non è libera espressione del pensiero ma un reato.
Vale per la pagina di facebook aperta dai soliti imbecilli frustrati in cerca di attenzione ma anche per quei siti tipo pontifex che, nello stesso modo diffondono odio e istigazioni alle violenze facendosi scudo con la croce di Cristo.
Ho imparato a diffidare della politica quando cerca di allungare le mani sulla Rete, anche se ufficialmente a fin di bene ma nascondendo in realtà la voglia di censura. Il web non ha bisogno di tutori terzi ma di responsabilizzazione individuale, da parte dei gestori di siti, portali e social network ma soprattutto di chi usufruisce dei servizi in Rete.

Perché poi se i parametri di libertà li stabilisce la politica sono guai.

 Non ho mai pensato che il web sia una zona franca ed esente da regole, anzi, essendo stata una vittima di quella “libertà” e pur avendo sperimentato personalmente cosa si prova ad essere molestati, minacciati continuo a rifiutare l’idea che si possano pensare leggi “speciali” per tutelare il quieto vivere virtuale.

Le leggi ci sono, basterebbe applicarle seriamente.

Il Portabugie
Marco Travaglio, 3 maggio

In questi tempi bizzarri accadono cose davvero strane. Càpita persino di ricevere lezioni di giornalismo e deontologia da Pasquale Cascella, giornalista di cui sfuggono i pensieri e le opere, ma non le parole e le omissioni. Giornalista dell’Unità a targhe alterne, Cascella fu portavoce di Napolitano presidente della Camera, poi di D’Alema premier (quando Palazzo Chigi divenne — Guido Rossi dixit — “l’unica merchant bank dove non si parla inglese”), poi di Violante capogruppo Ds alla Camera, poi di nuovo di Napolitano presidente della Repubblica. Dunque è Cavaliere di Gran Croce, Grand’Ufficiale e Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica, e ora candidato del Pd a sindaco della natìa Barletta. Ieri il Port. Cand. Cav. Gr. Cr. Grand’Uff. ha rilasciato un’intervista al prestigioso programma radiofonico La Zanzara: “La vicenda D’Ambrosio? Bisogna chiedere a Travaglio se non ha problemi di coscienza, per il modo in cui ha fatto informazione, non credo sia un modo di fare giornalismo. È stato un attacco mirato alla persona, a Napolitano. Mi chiedo come alcuni facciano informazione sul Fatto , come facciano a convivere con la propria coscienza e deontologia professionale, che nel caso D’Ambrosio è stata violata”. Questo monumento dell’informazione libera e indipendente si riferisce al magistrato Loris D’Ambrosio, come consigliere giuridico di Napolitano, sorpreso l’anno scorso dalle intercettazioni disposte dai giudici di Palermo sui telefoni di Nicola Mancino ad attivarsi, su richiesta dell’ex ministro indagato per falsa testimonianza, per deviare le indagini sulla trattativa Stato-mafia con pressioni sul procuratore antimafia Grasso e sui Pg della Cassazione Esposito e Ciani. Il Fatto , come tutti i quotidiani, pubblicò le telefonate, depositate e non più segrete. Criticò, come pochi quotidiani, le intromissioni del Quirinale in un’indagine In corso. E, come nessun quotidiano, diede la parola a D’Ambrosio con un’ampia intervista. D’Ambrosio disse di non poter rispondere sul ruolo di Napolitano mandante delle sue mosse (come emergeva dalle sue parole intercettate), perché era tenuto a un presunto “segreto” e a un’imprecisata “immunità” presidenziale. Ma s’impegnò a farlo se il capo dello Stato l’avesse svincolato. Il che purtroppo non avvenne: al posto suo intervenne Cascella per opporre il silenzio stampa. Il Fatto inviò le domande direttamente a Napolitano. Il quale rispose, con un dispaccio recapitatoci da un messo in motocicletta, che non intendeva rispondere. Però fece poi sapere che D’Ambrosio gli aveva offerto le dimissioni e lui le aveva respinte confermandogli “affetto e stima intangibili”. Anche quella fu una risposta ai nostri interrogativi, incentrati su una questione cruciale: quando D’Ambrosio svelava a Mancino di aver parlato a Grasso, Esposito e Ciani in nome e per conto del “Presidente” che “ha preso a cuore la questione” e “sa tutto”, millantava credito o diceva la verità? Il fatto che Napolitano gli confermasse fiducia significa che D’Ambrosio non millantava: obbediva agli ordini. Dunque tutto ciò che ha fatto, conseguenze comprese, è responsabilità di Napolitano (e Mancino). Forse tutto sarebbe ancor più chiaro se il Colle avesse divulgato il contenuto delle quattro telefonate Napolitano-Mancino, anziché scatenare la guerra termonucleare ai pm di Palermo per farle distruggere, a maggior gloria dell’inciucio. Non contento, quando D’Ambrosio morì d’infarto, Napolitano tentò di scaricare la colpa su chi l’aveva criticato. Ora il Port. Cand. Cav. Gr. Cr. Grand’Uff. Cascella ci riprova. Ma sbaglia indirizzo. Noi siamo a posto con la nostra coscienza, avendo esercitato il dovere di cronaca, il diritto di critica e di replica.

Chissà se può dire altrettanto chi usò D’Ambrosio come scudo umano e parafulmine.

Ma in Italia, oltre al principio di responsabilità, è stata abolita anche la vergogna.

Di Corona mi piace solo quella conservata al fresco

Sottotitoli e preamboli vari: 

Elezioni 2013, Berlusconi vuole un patto col Pd per salvare se stesso e le aziende. [Il Fatto Quotidiano]

Ma voglio dire:  dategliela ‘sta garanzia. Una più una meno, tanto sono vent’anni che gli vengono date garanzie, vero d’alema, veltroni, fassino, violante, prodi? poi magari stavolta potreste stupirci con qualche effetto speciale, chessò, rimangiarvi la parola, usare lo stesso metodo b., quello della dichiarazione con la smentita incorporata. Se lo fa lui e funziona perché non dovrebbe funzionare anche a parti inverse? 

Come nella fiaba del lupo e dell’agnello la Lega denuncia il blogger Daniele Sensi

Da anni il blogger Daniele Sensi registra le frasi razziste degli esponenti del Carroccio su Radio Padania e in Rete. Un lavoro prezioso e scomodo. Ora cercano di intimidirlo portandolo in tribunale. Come racconta lui stesso.

Ho la sensazione che per Daniele non ci sarà nessuna intercessione del nostro amatissimo presidente della repubblica: lui si commuove solo per i diffamatori veri.

Mps, altolà di Napolitano: “Ho piena fiducia nella Banca d’Italia”

In un paese normale il presidente della repubblica non spenderebbe parole di stima per le banche né per quei partiti che si sono resi complici del fallimento dello stato, da Alitalia a Ilva, fino ad arrivare a MPS, dovrebbe stare dalla parte dei cittadini truffati due volte, la prima quando si sono fidati delle banche e la seconda quando i loro soldi delle tasse sono stati usati non per il bene comune ma per il salvataggio di chi si è dimostrato incapace di tutelare i risparmi e i sacrifici di tanta gente onesta.
Dopo appena quattro giorni i pagamenti dell’IMU sono stati trasferiti nelle casse di MPS, nemmeno il tempo di farli freddare.

E, sempre in un paese normale il nemico di tutti quelli che vogliono davvero il bene comune sarebbe Mario Monti e a seguire chi ha condiviso e sostenuto la politica di Monti ed è disposto a farlo ancora, non certo Beppe Grillo e nemmeno Antonio Ingroia.

Ma purtroppo è solo la solita Italia sciagurata, quella che pur di non combattere i nemici veri s’inventa quelli falsi.

Scrive l’amico Jo Monaciello sulla sua pagina di facebook:  “Abbiamo perso il piacere di essere compatti. Se Corona va in galera e tu esulti c’è sempre quello che ti viene a dire “ma in fondo che ha fatto di peggio dei politici?”. Se il PDL fa fuori Cosentino e tu esulti, c’è sempre quello che sostiene “perché lui fuori e Scilipoti dentro?” o, come Pannella, dice “Nicola tu sei il nuovo Enzo Tortora”. Se correggi l’italiano di qualcuno, c’è sempre quello che ti dice che sono fesserie rispetto agli errori in altri campi. Lasciate che vi dica una cosa: Corona è figlio di questa società, se non paga lui non comincia a pagare la società, anzi implicitamente ammettiamo che ci sta bene così. Se non comincia ad andare via Cosentino, altro che Scilipoti, ci ritroveremo il peggio del peggio (come è stato finora) perché sembrerà possibile. Se uno non conosce la lingua italiana, significa che non legge e se non legge significa che non sa e se non sa significa che quel che dice glielo dice qualcuno e finisce che allora il tipo che non sa leggere, non sa ed è ignorante pensa che sia giusto stuprare un’ebrea ed appicciare il negozio dell’orefice/ricettatore al quale vende le cullanelle che ha scippato quando non sta a casa Pound.”

Anch’io lo dico e lo scrivo da giorni: pensare che ci siano cose di rilevanza minore in fatto di giustizia fa parte di quel benaltrismo dannoso, incivile, tipicamente italiano che poi non consente, perché la gente non imparerà mai a pretenderlo, che la giustizia si applichi anche ai piani alti.

Se in galera non ci vanno i  berlusconi, i dell’utri, i cosentino e tutta l’orrenda compagnia dei delinquenti di stato che si fa, non ci mandiamo più nessuno? tutta la delinquenza e la criminalità perdonata in virtù del fatto che un parlamento INTERO in questi ultimi vent’anni ha lavorato incessantemente affinché la giustizia, come ha ben detto Ingroia ieri sera, diventasse una questione di classe, di chi si può permettere le avvocature eccellenti, quelle che spacciano le prescrizioni per assoluzioni?

Mò ci dobbiamo commuovere pure per corona? ma che vada a quel paese, lui e chi lo ha inventato; il cialtrone fuorilegge è un altro ottimo prodotto della televisione dei deficienti, quella targata maria de filippi che secondo me dovrebbe [sempre] essere accusata e processata per crimini contro l’umanità al pari di chi ha disgregato economicamente questo paese.

Questo fatto che perché in galera non ci vanno le ‘eccellenze’ allora non è giusto essere troppo severi coi criminali comuni è il risultato della distorsione mediatica a cui viene sottoposto ogni giorno questo paese dove sono in pochissimi a dire che se le eccellenze in galera non ci vanno è grazie al fatto che sono sempre loro, i medesimi che sono a confezionarsi leggi per non andarci, e che nei paesi normali in galera ci vanno il dirigente, il politico corrotto e corruttore, così come il delinquentello di strada.

E che non è affatto semplicistico pensare che a molta gente piacerebbe tanto che anche l’Italia diventasse finalmente un paese normale dove non fa notizia che un estorsore, un ricattatore venga trattato come si merita. In attesa che anche i manager, i politici, i dirigenti disonesti subiscano la stessa sorte così come avviene nei paesi civili.

Avevamo una banca
Marco Travaglio, 25 gennaio

Come in ogni scandalo, anche nel caso Montepaschi nessuno può dire “Io non c’entro”(tranne un paio di leader appena nati). Bankitalia si difende così: “Siamo stati ingannati”. Ma Bankitalia è lì proprio per evitare di essere ingannata, e soprattutto per evitare che siano ingannati i soci, i risparmiatori e i cittadini. L’alibi dell’inganno non vale: sarebbe come se un poliziotto si lasciasse scappare un ladro e si giustificasse col fatto che non s’è costituito. I ladri questo fanno: non si costituiscono. Perciò esistono i poliziotti: per prenderli. Sulla Consob è inutile sprecare parole: l’ex presidente
Cardia aveva il figlio consulente di una banca da controllare, la Popolare di Lodi dell’ottimo Fiorani, infatti controllò pochino; e il presidente Vegas, ex sottosegretario e deputato Pdl, seguitò a votare per il governo B. anche dopo la nomina in Consob. Ora il Pdl cavalca lo scandalo della banca rossa, ma dovrebbe ricordare l’estate dei furbetti, quando stava con Fiorani e Fazio assieme alla Lega (rapita dal “banchiere padano” e soprattutto dal salvatore di Credieuronord); o il crac del Credito cooperativo fiorentino di Verdini; o l’uso della Bpm di Ponzellini come bancomat per amici degli amici.
Casini, sul Monte dei Fiaschi, dovrebbe chiedere notizie al suocero Caltagirone, fino a un anno fa vice di Mussari. E Monti al suo candidato Alfredo Monaci, ex Cda della banca senese nell’èra Mussari. I vertici del Pd fanno i pesci in barile, ma sono anni che appena vedono un banchiere si sciolgono in adorazione. O diventano essi stessi banchieri, come Chiamparino al San Paolo. “Noi — dichiara quel buontempone di D’Alema — Mussari l’abbiamo cambiato un anno fa”. Frase che cozza con quella di Bersani: “Il Pd con le banche non c’entra”. Ma se ha “cambiato” Mussari, vuol dire che il Pd c’entra: anzi, l’aveva proprio messo lì. Casualmente negli ultimi 10 anni Mps ha versato 683 mila euro nelle casse del Pd senese. Un po’ come i Riva dell’Ilva, che foraggiavano la campagna elettorale di Bersani. La questione penale non c’entra, quella morale nemmeno. Semplicemente riesplode l’irrisolto problema del rapporto politica-affari: nessun grande partito può chiamarsi fuori. Tantomeno il Pd: si attendono ancora smentite alla deposizione di Antonio Fazio, che 6 anni fa raccontò ai pm milanesi di quando, nel 2004, Fassino e Bersani si presentano da lui in Bankitalia per raccomandargli la fusione tra Montepaschi e Bnl. Il progetto tramontò, ma quando l’anno seguente il Banco di Bilbao tentò di acquistare Bnl, l’Unipol d’intesa col vertice Ds organizzò una controcordata per sbarrargli la strada. Fassino a Consorte: “Allora, siamo padroni di una banca?”.
D’Alema: “Evvai, Gianni!”. Intanto Bersani difendeva Consorte, Fazio e Fiorani già indagati: “Per Fazio andarsene ora sarebbe cedere a una confusa canea”, “Fiorani è un banchiere molto dinamico, sveglio, attivo, capace”. Soprattutto a derubare i suoi correntisti. Del resto Bersani aveva messo lo zampino anche in altre memorabili operazioni finanziarie. Tipo la scalata a debito dei “capitani coraggiosi” Colaninno
& C. alla Telecom (1999). E l’affare milanese dell’autostrada Serravalle. Fu proprio Bersani a far incontrare il costruttore Gavio col fido Penati, presidente della Provincia. Intercettazione del 30.6.2004: “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… e di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ‘Quando vi vedrete, troverete un modo…'”. L’incontro aumma aumma avviene, poi la Provincia acquista le quote di Gavio nella Serravalle a prezzi folli e Gavio gira la plusvalenza alla cordata Unipol per Bnl.
A che titolo Bersani si occupa da 15 anni di banche, autostrade e compagnie telefoniche non da arbitro, ma da giocatore? Finché i silenzi e i “non c’entro” sostituiranno le risposte, possibilmente convincenti, tutti saranno autorizzati a sospettare.
Altro che “Italia giusta”.

Marco Travaglio parla degli impresentabili: “Il Pdl ha fatto fuori solo quelli famosi. Il Cavaliere si è salvato perché fuori concorso. Il problema era spiegare agli altri perché erano impresentabili. Su Cosentino, Berlusconi ha detto che la colpa era dei magistrati”. Travaglio, successivamente, elenca i reati dei circa cinquanta impresentabili della coalizione di centrodestra, PdL, Lega e MpA, degli indagati della coalizione di centro e degli otto impresentabili del Partito Democratico.

 

Arroganza istituzionale

maiali-di-statoSottotitolo:  il mio concetto di onestà, di sani comportamenti, di etica e moralità ha subito un vero trauma.

Sono confusa, arrabbiata  e smarrita, vedo un paese senz’alcun punto di riferimento. Non ho più fiducia in nessuno.

Non posso avere fiducia in chi garantisce sallusti e non mio figlio.

Caso Sallusti, Napolitano commuta
carcere in pena pecuniaria di 15mila euro

 Napolitano  grazia il diffamatore non pentito sallusti.

La legislatura delle vergogne chiude in bellezza [Il Fatto Quotidiano]

Re Giorgio ha detto sì.
Così danielina potrà organizzare il pranzo di natale a casa sua.
Io mi chiedo solo una cosa: ma che cazzo ce la mandano a fare a processo certa gente? la mandassero direttamente da Napolitano a prendersi  una sentenza cash e passa la paura. 

Almeno si evita di prendere in giro, di ridicolizzare la gente onesta e perbene, quella che non diffama e non commette reati per abitudine.

Tutto sommato si potrebbe fare davvero una class action, aprire un sito web dove postare e pubblicare quotidianamente tutto il peggio che viene in mente a chiunque a proposito di classe dirigente e politica, e non importa che sia vero o falso, offensivo o meno, il tutto si potrà derubricare nella semplice espressione di un’idea come c’insegna [anche] il bravo Matteo Renzi che ci fa sapere di essere felice e contento che la vicenda di sallusti si sia risolta positivamente, più o meno come disse quando berlusconi fu prescritto al processo Mills.

E se qualcuno ci dovesse denunciare per diffamazione potremo sempre andare a chiedere conforto e assistenza al presidente Napolitano, patteggiare una grazia e pagarla in comode rate da 1000 euro al mese. Ma in questo caso e ovviamente, nessuno farebbe in tempo a postare una virgola e il sito verrebbe chiuso con relativa denuncia nei confronti dei suoi amministratori. Mica come quei bei siti nazifascisti o integralisti fondamentalisti alla pontifex che possono diffondere le loro apologie in santa pace.

Una volta si diceva che le leggi per gli amici si interpretano, per tutti gli altri si applicano.
Oggi invece le leggi per gli amici si inventano, semplicemente.
Le sentenze dei tribunali diventano strumenti di ricatto sottobanco, si concedono attenzioni e perdono in cambio di chissà quale contropartita.
Mal che vada si possono sempre aprire conflitti di attribuzione: l’istituzione, innanzitutto, del paese ce ne possiamo sbattere allegramente i coglioni, tanto è natale chi ci penserà più a sallusti, diffamatore recidivo il cui reato è stato condonato con 15.000 euro, praticamente la cifra che la sua compagna spende in due mesi fra profumi, trattamenti estetici e parrucchiere.

sallusti è stato giustificato, perdonato, difeso, condonato, graziato e non ha ancora chiesto scusa al PM Cocilovo. 
E pensare che sarebbe bastato questo e una semplice rettifica per evitare di farne un martire dell’ingiustizia coccolato da tutte le caste sopracaste e sottocaste, quelle categorie di professionisti che gestiscono i poteri e i doveri costituzionali e la libera circolazione delle informazioni.

O almeno dovrebbero, se la Costituzione ha ancora un senso o se invece  ce l’ha solo per farne uno show da lunedì sera invernale.

La vicenda di sallusti  va molto oltre i semplici concetti di casta e privilegio perché mette manifestamente noi cittadini onestamente normali o normalmente onesti ad un livello molto inferiore rispetto a quello di qualcuno che delinque, ovvero viola la legge, si pone oltre la legge  abitualmente, un recidivo, e non per opinione ma per il gesto concreto di un garante super partes, la persona che rappresenta uno stato e i suoi cittadini che dovrebbero essere tutti uguali anche se si chiamano sallusti, berlusconi e Napolitano, un presidente, un garante  che in altre situazioni che hanno riguardato altre persone – quelle che tutte uguali lo sono davvero  perché sanno di non poter contare su nessun interessamento particolare da parte di nessuna eccellenza –  non si è comportato in modo analogo e non lo farà neanche in futuro semplicemente perché non rientra nelle prerogative di un capo di stato graziare un condannato [ad una non pena ridicola] che non ha scontato nemmeno mezz’ora di galera, sallusti in queste ultime settimane ha soggiornato nella lussuosa dimora della sua compagna, ha continuato a comunicare con l’esterno attraverso un computer e i social network: arresti domiciliari? non scherziamo.

C’è stata gente che si è suicidata per una cartella equitalia, per non aver saputo sopportare la vergogna di una umiliazione e l’impossibilità di far fronte ad un debito in denaro.

Gente onesta cui nessuno ha teso una mano nemmeno per pietà.

 Napolitano invece  intercede personalmente con la collaborazione dell’appena ex ministro della giustizia, ed entrambi si arrogano il diritto di  sollevare uno che commette reati a ripetizione  dalle sue responsabilitá morali, civili e legali. Un protégé della casta a cui ieri è stata data l’assicurazione dal presidente della repubblica in persona  che  qualunque cosa faccia e può fare avrà  tutte le garanzie per farla franca. 

Cosa che non potrebbe né dovrebbe accadere se l’ambito della politica fosse pulito, esente da dubbi e sospetti, perché da ieri ognuno di noi è autorizzato a pensare che Napolitano abbia dovuto cedere a precise richieste di qualcuno.

Io almeno sì, mi autorizzo, eccome.

Proprio un bravo presidente, Napolitano.
Il miglior migliorista di tutti a mettersi  – da capo supremo del CSM – contro giudici e magistrati, da Palermo a Milano passando per Napoli. 
Il tutto per difendere  il ruolo, mica se stesso, no no ci mancherebbe, e adesso anche sallusti.
Sono soddisfazioni, vive e vibranti, e ce le abbiamo solo noi.
Schifezze come queste altrove non capitano; nessuno ci venisse a raccontare che sono azioni legittime e costituzionalmente corrette.
La Costituzione non dice che bisogna graziare [commutare una pena detentiva con qualche migliaio di euro è di fatto una grazia] i diffamatori recidivi.
Quelli “spiccatamente preposti a delinquere”,  con  tanti cari saluti a quel diritto costituzionale che voleva i cittadini tutti uguali, sia che si chiamassero sallusti, berlusconi o Napolitano.

E il bello poi è che ci vengono ad accusare di demagogia, di populismo.

Che mandano Benigni in tv a spiegare agli italiani quanto è bella la Costituzione, quella stessa che noi, da poveri poveracci cerchiamo di onorare ogni giorno ma che invece viene oltraggiata e stuprata tutti i giorni da chi per ruolo e istituzione dovrebbe esserne il garante, l’estremo difensore.

Il giorno dei Maya(li)
Marco Travaglio, 22 dicembre

Non è finito il mondo, ma solo il governo. E, con esso, una delle peggiori legislature della storia d’Italia. Quella delle passerelle dei ministri sui cadaveri dell’Abruzzo terremotato. Quella delle leggi vergogna imposte da B. e puntualmente firmate da Napolitano. Quella dei deputati comprati per tenere in piedi una banda senza maggioranza. Quella della mignottocrazia (copyright di Paolo Guzzanti). Quella dei giornali e delle tv padronali usati come manganelli per pestare gli avversari del regime. Quella delle istituzioni, anche le più alte, piegate alla ragion di Casta: per bastonare chi osa indagare sulle trattative Stato-mafia, per conservare i privilegi della cosca partitocratica, per cancellare il referendum anti-Porcellum, per svuotare il Parlamento dei suoi poteri a colpi di decreti, voti di fiducia, crisi extraparlamentari e scelte estero-dirette. E, infine, quella di chi strillava all’antipolitica e intanto fabbricava un governo tecnico riservato a non-politici: meglio dei predecessori, anche perché era difficile trovar di peggio, ma imperdonabilmente non-eletti. E dire che nel 2008, quando si andò a votare, la parola più ricorrente degli italiani era “casta”. Merito del best-seller di Stella e Rizzo e dei due V-Day di Grillo, che fecero da detonatori alla rabbia popolare a lungo sopita contro una classe dirigente decrepita, corrotta, screditata, mollemente adagiata nei suoi privilegi. Pareva che qualcosa dovesse cambiare, e qualcosa, quando i cittadini furono liberi di esprimersi, è cambiato: i referendum contro impunità, acqua privata e nucleare; i nuovi sindaci, da De Magistris a Doria, da Pisapia a Pizzarotti, più il seminuovo Orlando; il boom di 5Stelle in tutt’Italia, persino nell’immutabile Sicilia; le primarie del Pd. Nel Palazzo, invece, tutto come sempre. A parte qualche sforbiciatina ai “rimborsi elettorali” dei partiti, i costi folli della Casta sono rimasti intatti, e così i suoi privilegi. Affossato il taglio delle province. Silurato il divieto di riciclare politici trombati negli enti pubblici. E ieri, degno coronamento, la grazia al “giornalista” simbolo della stampa-manganello. Giornalista fra virgolette, perché da ieri è entrato ufficialmente nella Casta dei più uguali degli altri: ha diffamato un giudice, accusandolo di aver costretto una bambina ad abortire (fatto mai accaduto, totalmente inventato e mai rettificato); se la cava con 15 mila euro di multa e può tornare a diffamare chi gli pare con il viatico del Quirinale. Il tutto mentre il povero Pannella rischia la pelle per denunciare l’obbrobrio di tanti poveri cristi che marciscono in galere da terzo mondo per reatucoli da quattro soldi, tipo il possesso di un po’ di fumo o l’essere immigrati nel paese sbagliato, grazie alle leggi infami e ai “pacchetti sicurezza” dei governi di sinistra e soprattutto di destra. Leggi puntualmente firmate da Napolitano e dimenticate, fischiettando, da chi le ha votate. L’altroieri, mentre il Quirinale si mobilitava per graziare in fretta e furia il noto premio Pulitzer, il nuovo Pellico reduce dallo Spielberg, la Camera faceva gli straordinari per votare l’insindacabilità a Maurizio Gasparri, denunciato dal sottoscritto per aver detto e ripetuto in tv: “Travaglio è andato in vacanza in Sicilia a spese di un condannato per mafia”. Il tutto anni dopo che avevo pubblicamente documentato, carte alla mano, di essermi sempre pagato le vacanze e di non aver mai conosciuto né frequentato condannati per mafia. Giovedì, con i voti di Pdl e Lega, il Parlamento ha deciso che quelle infamie
sono “insindacabili opinioni di un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni”. 
Ricapitolando: i Sallusti e i Gasparri possono diffamare impunemente chi vogliono, al riparo del Quirinale e di Montecitorio. Il messaggio per tutti noi cittadini comuni è semplice: chi fa parte del giro è al di sopra della legge; tutti gli altri, i paria, si fottano. Certo, non è la fine del mondo: è un po’ peggio.