Damnatio memoriae

Ex onorevoli, addio all’immunità
per Cosentino, Tedesco e De Gregorio

Napoli batte USA 1-0:  Giggino ‘a purpetta fuori [ed è ancora in parlamento peraltro] e Nick ‘o americano dentro insieme a qualche altro suo illustre collega.

L’avvocato di Nick si dice perfino perplesso, effettivamente è un fatto storico per l’Italia che ogni tanto le patrie galere diano ospitalità ad esponenti politici. Ha ragione, l’avvocato.

Ma tanto ci sono sempre i domiciliari, tutti sconteranno la pena tra la loro refurtiva, purtroppo. 

Per la retata finale c’è da attendere ancora un po’. Motivi istituzionali impediscono l’arresto di  altri malfattori che devono comunque poter partecipare alla delicata fase politica in atto.

Così ha detto Giorgio, no?

Un affettuoso pensiero alle coscienze dei loro ex molto onorevoli colleghi che hanno votato no agli arresti di chi se li meritava  quando ancora si faceva in tempo a recuperare un minimo di fiducia e credibilità nell’opinione pubblica.

E una prece per l’Italia, ostaggio di gente con questo tipo di coscienza.

Ogni “nuova” Repubblica in Italia non nasce mai dalla vera voglia di rinnovarsi della politica e di una richiesta popolare che auspicherebbe una classe dirigente che pensasse davvero all’interesse del paese, indipendentemente dalle sue fasi storiche.
Un paese va gestito con responsabilità sempre, anche in assenza di una crisi profonda, anzi, andrebbe gestito meglio quando non c’è nessuna crisi affinché qualora se ne presentasse una sarebbe molto più facile affrontarla, insieme, i cittadini e la politica, non la politica contro i cittadini come sta accadendo ora.
Per la seconda volta in Italia il “rinnovamento” non sta avvenendo per una vera presa di coscienza di e fra la gente,  soprattutto quella che è riuscita a rinnovare la fiducia ad un delinquente abituale ma, in primis della classe politica che non ci pensa proprio a fare pulizia al suo interno allontanando quegli elementi che poi fanno sì che i cittadini perdano la fiducia verso chi dovrebbe occuparsi di loro e delle loro urgenze, bisogni e necessità.
Per la seconda volta è toccato alla Magistratura occuparsi delle pulizie dopo aver aspettato con pazienza che certi “lor signori” fossero pronti ad affrontare le loro responsabilità.
Questo perché la politica verso se stessa pretende di avere un trattamento di favore; a nessuno infatti è consentito delinquere e trovare sistemi di autoprotezione per evitare poi di doverne risponderne – com’è giusto e normale per tutti i cittadini – a quel popolo sovrano di fronte ad un tribunale.
Si è parlato molto di antipolitica, di populismi,  di voglia di giustizialismo, personalmente non ho visto niente di tutto questo, in compenso però ho visto una politica molto  che, quando è chiamata ad occuparsi dei cittadini trova sempre una scusa, si nasconde sempre dietro l’alibi che “c’è altro a cui pensare”, un altro molto ipotetico peraltro, la frase di Frau Elsa a proposito dei tagli ai costi della politica è diventata ormai un cult: “tagliare i costi della politica è un lavoro lungo e complesso”. 
Non lo è stato invece decimare diritti acquisiti dai cittadini in settant’anni di lotte e non lo è nemmeno confezionare leggi in ventiquattr’ore per salvare il parlamentare che delinque dalla galera.
Non è stato un lavoro lungo né complesso votare due volte no all’arresto di cosentino come non lo è generalmente votare no all’arresto di chiunque faccia parte della casta parlamentare  non per volontà o capriccio di una Magistratura impazzita ma solo grazie ad un certo agire criminale che ha reso  molti, troppi disonorevoli parlamentari  indegni del ruolo di rappresentanti della repubblica e di un paese, e farlo poi nascondendosi dietro a ridicole questioni di coscienza.

Come se lo stesso metro di giudizio, la coscienza, si potesse adottare anche in un tribunale chiamato a giudicare assassini e stupratori: la coscienza personale di fronte ad un reato non vale e non conta niente, come non dovrebbe contare quando un parlamentare  deve votare leggi che servono a tutti e non solo a qualcuno.
Che razza di coscienza può avere chi per difendere se stess* da un più che probabile identico destino pensa che sia giusto salvare chi il suo lo ha già deciso commettendo dei reati che non hanno niente a che fare con l’attività politica? corrompere e farsi corrompere, essere collusi e conniventi con mafie e criminalità, rubare i soldi dei contribuenti  hanno qualcosa a che fare con la politica?

Perché mai un politico onesto pensa che sia giusto dare la possibilità a chi delinque di farlo ancora e ancora com’è sempre successo? verdini per tre volte è stato rinviato a giudizio e sempre per lo stesso reato: è giusto che uno così possa ancora fregiarsi del titolo di onorevole e che faccia ancora parte di quel parlamento che dovrà scegliere fra poco il nuovo rappresentante dello stato?
E non è stato affatto  un lavoro complesso ma solo molto lungo e laborioso aver permesso ad un delinquente impostore di potersi sottrarre alla giustizia per vent’anni e che, ancora oggi, non appena si presenta una buona occasione per potersi finalmente liberare di lui trova non solo il sostegno grazie a leggi volute da lui e fatte apposta per lui, quello dei suoi, il che sarebbe anche comprensibile visto che se viene a mancare lui dalla scena politica  poi a cascata toccherebbe a tutti, ma lo trova anche in quella istituzione che dovrebbe tutelare la politica onesta e i cittadini onesti di questo paese.

Camere di sicurezza
Marco Travaglio, 16 marzo 

Sta finendo tutto come ampiamente previsto: con le retate e i rastrellamenti. 
Come nel 1994. 
Si aprono le Camere e soprattutto le camere di sicurezza. 
Gli ex onorevoli De Gregorio, Cosentino, Tedesco e Nespoli, appena decaduti e dunque privi dell’immunità raggiungono le patrie galere, dove avrebbero dovuto soggiornare da anni se i partiti non li avessero protetti con scudi reciproci. 
Altri a breve li seguiranno, anche fra i neoeletti, perché in Parlamento, almeno sulla carta, non c’è più una maggioranza che possa permettersi i soliti giochetti. 
Il capogruppo di 5 Stelle al Senato, Vito Crimi, rispondendo l’altro giorno con aria serafica alla domanda di un giornalista, ha innescato una slavina che nemmeno lui probabilmente immaginava: ha detto che il suo gruppo, dopo aver contestato per anni la sindrome da immunodelinquenza acquisita delle Camere, è prontissimo a votare l’ineleggibilità di B., ineleggibile da 19 anni esatti, cioè da quando fu eletto la prima volta, dinanzi alla giunta per le elezioni di Palazzo Madama; ed è altrettanto pronto a votare sì a eventuali richieste di arresto nei suoi confronti. 
A quel punto il Pd, reduce da un terrificante salasso di voti verso 5 Stelle, ha dovuto
rispondere tramite il Migliavacca di turno che è pronto a fare altrettanto, onde evitare di regalare qualche altro milione di voti a Grillo. Il Migliavacca è lo stesso che ancora pochi mesi fa s’incontrava in gran segreto con Verdini al tavolo della legge elettorale, dunque è impossibile che sia rinsavito all’improvviso: semplicemente sente addosso il fiato della gente e reagisce di conseguenza. Per questo, oltreché per guadagnare qualche altro giorno prima delle sentenze del caso Mediaset e del caso Ruby, e — si capisce — per curare la gravissima forma di uveite bilaterale con scappellamento a destra che l’ha colpito da quando ha esaurito i legittimi impedimenti elettorali, il Cainano se ne sta asserragliato con gli occhiali scuri da visita fiscale in una stanza del San Raffaele, che è sempre meglio di San Vittore: perché non sa che pesci pigliare. 
I sempre geniali on. avv. Ghedini e Longo, dopo lunghe e meditate riflessioni, gli hanno partorito un’ideona mica da ridere: chiedere il trasloco dei processi da Milano a Brescia. La stessa baggianata che avevano sfoderato già dieci anni fa, con apposita legge Cirami incorporata, perché il Tribunale milanese non sarebbe sereno. Dieci anni fa c’erano i Girotondi. Ora c’è un’orda di parlamentari del Pdl, compresi gli stessi Ghedini e Longo, che marcia sul Tribunale medesimo infettandolo irreparabilmente di grave pregiudizio. Possiamo facilmente immaginare l’accoglienza che avrà questa proposta indecente quando sarà esaminata dalla Corte d’appello e dalla Cassazione: una doppia pernacchia. Ma intanto si guadagnerà qualche settimana prima delle sentenze (che lui — conoscendosi — prevede di sicura condanna), in attesa di un qualcosa che nessuno, nemmeno loro, riesce a immaginare. Potrebbero travestirlo da marò e spedirlo in India: al confronto dei suoi reati, l’omicidio colposo di due pescatori è un divieto di sosta. 
O potrebbero offrire ai giudici 3 milioni a testa come a De Gregorio, col rischio però di regalargli un altro processo. Oppure potrebbero chiedere a Mancino di chiamare il Quirinale per mobilitare la Procura della Cassazione, sperando che s’inventi qualcosa. La via maestra, cioè la fuga all’estero sulle orme di Craxi, non viene proprio considerata: in un’intervista alla lingua di Giorgio Mulè per Panorama e Giornale, il Cainano definisce”inimmaginabile” l’opzione B (come Bettino): significherebbe “consegnarsi a una damnatio memoriae”. 
Che peraltro è la sua salvezza: se ci fosse un po’ di memoria, Napolitano non gli regalerebbe tanti moniti e lui non prenderebbe tanti voti.

Ancora sugl’impresentabili

Preambolo: è ufficiale.  Il Dio di Obama è migliore di quello dei nostri ipocriti e vergognosi politici italiani.
Perché è vero che il presidente americano giura sulla bibbia di impegnarsi “con l’aiuto di Dio” ma poi non si limita a recitare il rosario, dice cose importanti e in parte  le fa. Non usa Dio per nascondersi, per inventarsi assurde questioni di coscienza che impediscono il progresso come invece fanno gli indegni rappresentanti dello stato italiano.

Usa, Obama giura e parla al popolo
“Pieni diritti per gay e lesbiche”

Sottotitolo: Bersani su Ingroia a “Lo Spoglio”;  “Che sinistra è quella che rischia di far vincere la destra? Questo è il punto, mi faccia un Twitter…”

Ingroia su Twitter: “La tua”.  ^_^

Se facessi la giornalista sarei onorata di essere denunciata da uno come crisafulli, un indecente rappresentante di un partito, il pd, che invece di incassare e battere in ritirata alza il tiro incolpando un giornale di scorrettezza per aver informato i suoi lettori circa le credenziali di chi avrebbe preteso di essere inserito nella coalizione di chi dovrà, dovrebbe, vorrebbe governare questo paese. Tutti con la querela, la denuncia, la richiesta di risarcimento in tasca, ma di fare le persone serie non se ne parla proprio. Occhio che se cominciamo a chiederli noi i risarcimenti non vi basterà nemmeno la prossima vita per pagare.

Tutti a dare addosso a Di Pietro per aver dato residenza a gente del calibro di scilipoti, de gregorio e razzi ma nessuno che abbia fatto lo stesso nei confronti di chi ha offerto la stessa possibilità a gentaglia che messa di fronte alle sue responsabilità invece di tacere chiede perfino il risarcimento. 
I miei complimenti al Fatto Quotidiano per tutte le volte che, grazie alle sue inchieste, è riuscito a smascherare pubblicamente tutto quello che la politica ci teneva, invece, a nascondere, a non far sapere in giro. 

Ad uno che usa i soldi pubblici per farsi pavimentare la strada comunale che porta a casa sua dovrebbe essere impedito di fare anche semplicemente il rappresentante di classe nella scuola dei figli, altroché candidarsi nella politica locale e nazionale. Cominciamo a a ripristinarlo sul serio questo senso della legalità tanto invocato, senza strizzare l’occhio all’estortore perché ricattare il calciatore miliardario è senz’altro meno grave che sciogliere bambini nell’acido. La pena per l’estortore, il boss assassino e il politico che compie il reato di malversazione [negli States li buttano in galera e si perdono le chiavi, per dire] dovrebbe deciderla un giudice, non il comune sentire di chi non riesce ad abituarsi all’idea che la legge anche in Italia deve essere uguale per tutti.

Crisafulli vs Il Fatto
“Io fuori, colpa vostra”

Pdl in Campania “sacrifica” Cosentino
E in Sicilia fa il pieno di impresentabili

Liste pulite

[Alessandro Gilioli – Piovono rane]

Quindi, dopo aver risolto il caso Cosentino, hanno in lista solo Verdini, Cesaro, Farina, Razzi, Scilipoti, Polverini, Formigoni, Angelucci, Cicchitto, Capezzone, più Minzolini e il potente cognato di Previti, Gianni Sammarco.

Onestamente, il bar di Guerre Stellari continua a fargli una pippa.

Nick ‘o ‘mericano

Nicola Cosentino nel settembre 2008 venne pubblicamente accusato di aver avuto un ruolo di spicco nell’ambito del riciclaggio abusivo di rifiuti tossici attraverso la società per lo smaltimento dei rifiuti Eco4 come emerse dalle rivelazioni di Gaetano Vassallo, un imprenditore reo confesso di aver smaltito abusivamente rifiuti tossici in Campania attraverso la corruzione di politici e funzionari. 
Quando Vassallo si presenta ai magistrati dell’Antimafia di Napoli è il primo aprile. Mancano due settimane alle elezioni.
Due mesi dopo, Michele Orsi, uno dei protagonisti delle rivelazioni fu assassinato da un commando di killer casalesi. 42 giorni dopo Nicola Cosentino, il più importante parlamentare da lui chiamato in causa, diventa sottosegretario del governo berlusconi.
Il 12 gennaio del 2012 il parlamento vota per la seconda volta no all’arresto del parlamentare in odor di camorra. Decisivi al suo salvataggio – che lo dico a fare – i radicali che in sei avevano espresso la loro contrarietà e la lega del miglior ministro dell’interno maroni, quello che tanto si è prodigato alla lotta antimafia da commuovere financo l’ex superprocuratore Grasso appena assunto nel piddì di Bersani che aveva pensato ad un premio speciale per il governo di b proprio per il suo ottimo contributo alla lotta antimafia.

Ecco, ad esempio Cosentino era uno di cui non si doveva più parlare ma non in qualità di incandidabile perché impresentabile, non si doveva parlare di lui proprio come persona che ha problemi con la legge e quindi estranea al dibattito politico. In un paese normale chi ha problemi con la legge si fa da parte quando si presentano i problemi, non quando gli torna utile [tipo quando ha la valigia pronta come l’altro:  il ‘senatore’]. Ma noi abbiamo un parlamento pieno di coscienze variegate, sarebbe stato troppo normale votare sì all’arresto non dico la prima volta ma almeno la seconda. A quest’ora probabilmente quello che doveva dire lo avrebbe detto e ci saremmo già alleggeriti pure di qualche altro pezzo. A me piacerebbe tanto sapere a chi conviene ed è convenuta  la presenza di questi farabutti mascalzoni in parlamento; chi andrà a governare dovrebbe prendersi la responsabilità di spiegarlo agli italiani.

E, per concludere trovo indecente la quantità di sostegno offerto all’estortore latitante Fabrizio Corona  sulla sua pagina di facebook di cui si è tanto parlato in questi giorni.
C’è gente che pensa che il ricatto, l’estorsione siano reati di serie b, così come deve averlo pensato Napolitano a proposito della diffamazione quando ha praticamente graziato con un buffetto da 15.000 euro il recidivo sallusti.
Questo è un paese eticamente alla rovina non certo SOLO  per colpa di berlusconi che ha trovato la strada bella, pronta e spianata ma perché è la stragrande maggioranza della gente ad aver perso il senso delle cose e della misura,  ad essere proprio allergica al rispetto delle regole, anche quelle che riguardano la legalità e che sono necessarie per una convivenza il più possibile civile. 

Tiritiritu? Marco Travaglio, 22 gennaio

Il guaio non è il concetto, è la parola: “impresentabile”. Che fa impazzire il partito più impresentabile dell’universo e scatena il coro delle voci bianche, anzi marron: “Impresentabile a me? E tu allora? E lui? E voi?”. È tutta una catena, che nessuno ha mai tirato: appena scopri un impresentabile, quello ne scopre subito un altro più impresentabile di te. Il problema si aggrava se, a pretendere liste presentabili, è il più impresentabile di tutti: quello che spolvera le sedie degli altri sperando che nessuno spolveri la sua. Pagheremmo qualunque cifra per assistere in diretta, nascosti dietro la statua di Priapo, al vortice dei vertici diurni e notturni convocati a Palazzo Grazioli — già sede dei bungabunga, anzi delle cene eleganti con gare di burlesque — per ripulire le liste del Pdl. I Mastrolindo ufficiali sono B. (dall’alto dei suoi 26 processi, 7 prescrizioni, 2 amnistie, 3 insufficienze di prove, 3 reati depenalizzati da lui stesso, 1 condanna in primo grado per frode fiscale), e l’on. avv. Ghedini, che ieri tomo tomo cacchio cacchio ha confessato al Tribunale di Milano: “Devo scegliere fra il ruolo di difensore del Cavaliere e quello di candidato in campagna elettorale”. Le tre giudicesse comuniste e femministe lo guardavano strano: “E lo vieni a dire a noi?” Intanto il Cainano spiegava a Scajola: “Guarda caro, purtroppo i sondaggi della Ghisleri parlano chiaro: senza impresentabili guadagniamo 2 punti e 1 milione di voti”. Al che Sciaboletta, indagato soltanto per finanziamento illecito per la casa pagata da un altro a sua insaputa, faceva: “Quindi ti ritiri tu?”. E l’altro: “No, tiritiritu”. “Uno scioglilingua?”. “No, un ordine”. Comprensibilmente prostrato dall’esser giudicato impresentabile dal più impresentabile di tutti, che fra l’altro si presenta, Scajola cadeva in uno stato di profonda prostrazione. Una larva umana. Specie quando scopriva che al suo posto, in Liguria, entra Minzolingua, imputato per peculato perché usava la carta di credito Rai per fare il giro del mondo mentre risultava in ufficio al Tg1, dunque molto presentabile. Lui però giura che non è vero niente. A Marrakech, per esempio, era in missione top secret per incontrare una fonte riservatissima, che ovviamente non può rivelare: “un agente dei servizi che mi svelò le infiltrazioni jihadiste in Marocco”. O magari un nipote di Mubarak che cercava la sorella. In un’altra stanza s’incontravano Al Fano, quello del Partito degli Onesti, e per contrappasso Nicola Cosentino in arte Nick o’ Mericano. Alle parole “passo indietro” di Angelino, Nick tentava di mettergli le mani addosso, anche perché l’amico coindagato Luigi Cesaro, detto Giggino a’ Purpett, dalle liste non lo smuove nessuno. Nick, mollata per un attimo la giugulare di Angelino Jolie, chiedeva di parlare col principale, che intanto pontificava a Sky: “Cosentino è sub judice “. Il che, detto a uno con un piede in tribunale e uno in galera, insomma più sub judice così si muore, non è per nulla carino. Quando poi, a pranzo, il Cainano gli ha garantito “farò di tutto per tenerti dentro”, si è temuto per la sua vita. “Dentro” in che senso? Da due giorni e due notti, frattanto, campeggia all’addiaccio sotto Palazzo Grazioli il povero Alfonso Papa, che “dentro” ci è già stato per tre mesi e vorrebbe evitare di tornarci, ma nessuno lo riceve e quelli che escono fanno finta di non conoscerlo. Vagli a spiegare che lui è impresentabile mentre Fitto, per cui ieri il pm ha chiesto 6 anni e mezzo per corruzione, peculato, illecito finanziamento e due abusi, è presentabilissimo. Anzi è lui che fa le liste del Partito degli Onesti con Verdini, un altro che ha più processi che capelli in testa. 
A un certo punto un improvviso spostamento d’aria faceva tremare il palazzo: era Nick o’ Mericano che fuggiva con le liste e le firme del Pdl campano, destinazione ignota. Noi, per quel che può valere, siamo con lui.

Giura_Menti

Sottotitolo:  un presidente di una democrazia repubblicana, moderna, che giura di impegnarsi a governare “con l’aiuto di Dio” è un’anomalia per un paese occidentale. Nemmeno noi siamo arrivati a tanto, benché il nostro paese subisca più di tutti gli altri l’interferenza del vaticano, così tanto da essere l’unico al mondo  a mantenerlo in toto  economicamente per mezzo delle tasse dei contribuenti.

Regaliamo una Costituzione a Obama, così almeno il presidente americano e dunque il presidente del mondo si toglie dall’imbarazzo di dover giurare nemmeno su una bibbia ma addirittura su due.

E chissà perché il presidente di una democrazia dovrebbe – anzi deve, anzi lo fa – giurare sulla bibbia? magari per poi dare un senso alle guerre dichiarate in nome di Dio?

 

Ma veniamo a noi: il Financial Times boccia Monti; “non è l’uomo giusto per guidare l’Italia”. 

Il FT non ha preferenze, quello che deve dire lo dice.  Lo ha fatto con berlusconi e oggi lo fa col sobrio professore.

Adesso mi piacerebbe sentire i commenti dei sostenitori responsabili, in primis di chi per nominare Monti salvatore della patria non ha avuto nessun problema ad organizzare un mezzo colpetto di stato previa nomina di senatore a vita per una persona che non aveva nemmeno uno dei requisiti richiesti dalla Costituzione.

Quindi ai candidati alle prossime elezioni, quelli che pensano di essere la soluzione del problema e non, invece, una parte consistente del problema chiederei se, invece di continuare a fare il solito giochetto fra chi ce l’ha più lungo, che considerata l’età media dei partecipanti appare anche piuttosto ridicolo perché non ci danno una ragione più che mai esaustiva sul perché dovremmo votare chi ha mandato praticamente sul lastrico milioni di italiani, oppure per chi si è vantato di aver collaborato “responsabilmente senza se e senza ma” coi guastatori – sobri – dello stato sociale all’impoverimento e alla cancellazione dei diritti e del futuro dei nostri figli? 
Oppure per chi diceva – fino a ieri praticamente – di non condividere una virgola dell’agenda Monti ma oggi pur di non perdere la possibilità di avere il suo bel posticino al sole sarebbe disposto a rivedere le sue opinioni?
Dai su, raccontateci una storia, spiegateci perché voi sareste meglio di chi si chiama fuori dalla bella politica tradizionale tanto cara al nostro presidente della repubblica.

Cosentino minaccia: ‘Io fuori? Vi rovino’

DELL’UTRI, STORIA DI UN IMPRESENTABILE (di M. Portanova)

IL RICATTO DI UN CAMORRISTA.
” Ma io vi rovino, ritiro i miei consiglieri e faccio saltare decine di giunte in Campania: poi vi faccio perdere le elezioni. Lo capite o no che per darla vinta a quattro giustizialisti io finisco in galera?”

 


Ma mi faccia il piacere – Marco Travaglio, 21 gennaio
Terlizzi vende moda. “Se Monti fa autocritica e corregge alcune delle sue controriforme è un fatto positivo e con lui si può costruire un compromesso importante” (Nichi Vendola, SkyTg 24 , 19-1). L’ultima moda è l’orecchino sul loden.
Guardie e ladri. “Se gli inquisitori sono più pericolosi degli inquisiti” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 20-1). Ecco perché i veri impresentabili sono i giudici” (Fabrizio Rondolino, il Giornale, 20-1). Questa gente, quando le svaligiano la casa, è capace di chiamare Arsenio Lupin e denunciare i carabinieri.
Lo sfollagente. “Bersani a Italia Domanda, su Canale 5: 3.196.000 telespettatori. Berlusconi a Italia Domanda, su Canale5, due giorni dopo 3.196.000 telespettatori” 
(dai giornali del 20-1). Colpa di Santoro, si capisce.
Modica quantità. “Mi hanno condannato perché nel 2002 avrei evaso 4,9 milioni di euro: ma il mio gruppo versò 365 milioni all’erario!”(Silvio Berlusconi, 9-1). Ricorda quel topo di appartamenti che si proclamava innocente perché aveva rubato solo qualche quadro e non aveva potuto completare l’opera portando via anche il televisore e lo stereo perché era arrivata la polizia.
Riformismi. “Ringrazio il movimento dei Riformisti Italiani e Stefania Craxi, ma dopo un’attenta riflessione devo rinunciare a questa candidatura, pur rimanendo al fianco di Stefania Craxi” (Luciano Moggi, La Stampa, 20-1). Strano, pensavamo che ai due fianchi Moggi avesse altrettanti carabinieri. Vorrà dire che di fianchi ne ha tre.
Autoscatto. “Dobbiamo togliere l’Italia dalle mani degli incapaci. Se non ci impegniamo direttamente, su di noi cadrà una colpa grave. Il Paese è un insieme di tribù, corporazioni e fortini che difendono interessi clientelari” (Mario Monti, Corriere della sera, 20-1). Pare che esistano addirittura dei presidenti del Consiglio che favoriscono le banche, la Fiat e l’Ilva. Roba da matti, eh?
Quante volte figliuolo? “Ho votato Berlusconi nel 1994, solo allora, perché credevo nella rivoluzione liberale che poi non è andata avanti” (Mario Monti, Sky , 16-1). Poi la mamma lo prese da parte e, col dovuto tatto, gli rivelò che Babbo Natale non esiste. E forse neanche la Befana.
Falli Sechi. “Monti è uno che va sul ring con la tazza da thè in una mano, mentre con l’altra stende l’avversario” (Mario Sechi, ex de Il Giornale, di Libero, di Panorama, direttore uscente de Il Tempo, intervistato dal Corriere della sera, 17-1). Ogni tanto però si distrae e sbaglia mano.
Family Day. “Il mio pensiero è che la famiglia sia costituita da un uomo e da una donna, fondata sul matrimonio” (Mario Monti, Sky , 16-1). “Sono contrario al matrimonio fra persone dello stesso sesso, la Costituzione parla di unione tra uomo e donna” (Pierferdinando Casini, Rai Parlamento, 17-1). Ma l’articolo 29 della Costituzione recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Nessun accenno a uomo e donna.Però Casini è più esperto di noi, perchè di famiglie ne ha parecchie.
Lui è peggio di me. “Sono che mi ritiro. Non ne posso più di lezioni di morale. Perché il sottoscritto non è considerato degno di candidarsi e lo è invece il pluri-indagato Formigoni? Secondo quale logica chi fa perdere i voti sarei io, ma non viene considerato tale per esempio Verdini? Come mai lo stesso criterio applicato a me non deve valere per tutti quanti i condannati o inquisiti? E solo Berlusconi sarebbe perseguitato dalla giustizia?” (Claudio Scajola, La Stampa, 20-1). Ma non disperi, Sciaboletta: se gli altri dovessero ripensarci, potrà sempre dire di essersi ritirato a sua insaputa.
La macchina del fango (rosso). “Ingroia, liste ovunque. Il Cav ringrazia” (l’Unità, 19-1). Giusto, che gli salta in mente, a quel criptoberlusconiano di Ingroia, di presentare liste “ovunque”? Non sa che deve presentarle solo dove vuole Bersani? L’ideale sarebbe a macchia di leopardo, anzi a zig-zag, o meglio una regione sì e due no, magari tirando a sorte su un piede solo.
Dolce stil novo. “A Ingroia mi è venuto spontaneo dare del mascalzone… ma non volevo offenderlo… E’ il classico ‘mascalzone latino’, nome noto nel mondo grazie alla vela… Basta intendersi sul significato delle parole” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 20-1). Ma sì, mascalzone in senso buono. Affettuoso, ecco.

Capaci di tutto

Sottotitolo: I politici su cui gravano accuse di vicinanze strette, collusioni e connivenze con mafia e criminalità devono dimettersi, tornare ad essere cittadini comuni e aspettare che la giustizia faccia il suo corso.
Il parlamento non è la succursale delle patrie galere, la suite dove trascorrere serviti e riveriti, con la pretesa di essere pure rispettati in virtù del ruolo il decorso di un processo.
Pensare di potersi continuare a nascondere dietro l’immunità, proteggersi con leggi e leggine fatte in fretta e furia per fare in modo di difendersi non NEI processi ma DAI processi e aspettare, da parlamentari regolarmente stipendiati dai contribuenti i tre gradi di giudizio che potrebbero significare quindici, vent’anni durante i quali scatta quasi sempre l’opportuna prescrizione è disonestà fraudolenta.
Un’ammissione di colpevolezza.
Solo così è possibile evitare quella che molti definiscono ‘guerra’ fra poteri, conflitto fra Magistratura e politica ma che in realtà non è niente di tutto questo.

La vera riforma della Giustizia non consiste nel processo breve o morto [nel senso che non si farà mai] che interessa berlusconi, nell’allungamento e nell’accorciamento dei tempi di prescrizione a seconda delle sue esigenze, che anzi dovrebbe essere proprio abolita affinché un processo che inizia possa anche finire con una regolare sentenza, ma significa fare in modo di  non dover aspettare anche  venti, venticinque anni per la conclusione dei processi.

 “La politica antimafia siciliana è stata soprattutto una politica di contenimento della mafia. Anzi, è stata una politica di salvaguardia della classe dirigente, che ha paura di finire come Lima. Così, spaventata, la classe dirigente delega, e manda avanti Falcone e Borsellino. Che però diventano più pericolosi dei mafiosi, per loro. Ecco perché non sono arrivati fino in fondo”.

“Il rapporto tra mafia e Stato non è mai stato una guerra tra guardia e ladri: è una mafia che ha avuto dei rapporti permanenti con la classe dirigente e in questa ricontrattazione ogni tanto la mafia batte i pugni sul tavolo e quando succede lo fa a colpi di bombe”.

[Antonio Ingroia]

‎”Bisogna trarre le dovute conseguenze dalle vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituiscono reato, ma li rendevano inaffidabili nella gestione della cosa pubblica. Questo giudizio non è mai stato tratto perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza. Il solito giustizialista grillino? No, Paolo Borsellino.

Il 19 luglio, i politici rimangano a casa a meditare”.

[Marco Travaglio]

“Vent ‘anni fa non ci lasciammo intimidire”.

[Giorgio Napolitano]

Spiacente, caro presidente, perché a noi quaggiù risulta altro. Ci risulta che lo stato si fece intimidire eccome, invece, e che è stato fatto parecchio per rendere la vita facile a chi con la mafia, le mafie ha avuto molto a che fare.
Non si può stare “umanamente” vicini ai mafiosi (come casini per esempio) e “fisicamente” dentro il parlamento (come casini, per esempio).
E come ho scritto ricordando Falcone se il ricordo non viene accompagnato con le azioni non serve a niente, è stato perfettamente inutile riempirsi la bocca ogni anno da vent’anni ricordando gli Eroi mentre nel frattempo nulla si faceva per non rendere vane quelle morti, semmai ci possa essere una qualche utilità nella morte orribile di uomini e donne perbene.
E proprio lei, presidente Napolitano, ha nominato ministri Saverio Romano accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e Aldo Brancher che era stato appena condannato a due anni per ricettazione e appropriazione indebita. E non ha mai rimesso la penna nel taschino, neanche di fronte a leggi che definire oscene e antidemocratiche è dire poco e che poi la Corte ha dovuto respingere perché manifestamente incostituzionali.
Nicola Cosentino è stato salvato dalla galera grazie al voto compatto di chi davanti agli altari dice di voler combattere le mafie ma poi per mandare in galera un delinquente ci vuole un parlamento “libero di coscienza” che decida se un mafioso, un camorrista, ci deve andare o no.
Questo è potuto accadere perché lo stato, quello che non si lascia intimidire, non è mai stato in grado di opporsi con fermezza alle richieste dell’impostore della politica. E, nel frattempo che il delinquente abusivo, l’amico dei mafiosi  faceva scempio di leggi e regole democratiche pro domo sua e dei suoi amici di merende e bunga bunga qualcuno voleva convincerci, e lo fa ancora, che l’unico modo per sconfiggere il malaffare nella politica è il voto democratico, ma ci hanno impedito pure quello grazie a una legge che ha ridotto la politica ad un affare privato fra segreterie di partito e amici, parenti e conoscenti.
Le cosiddette regole democratiche che permettono a dei condannati anche con sentenza passata in giudicato di restare in parlamento le hanno confezionate su misura i molto onorevoli parlamentari.
Forse perché si conoscono molto bene fra loro?
In nessuna democrazia infatti sarebbe stato consentito a una persona con svariati capi di imputazione pesantissimi di diventare presidente del consiglio perché l’altra opzione per lui sarebbe stata San Vittore.
E, a cascata, non sarebbero mai dovute accadere anche un mucchio di altre porcherie fra cui “ruby è la nipote di mubarak”: il primo caso di alto tradimento da parte dello stato e archiviato come una burletta su cui farci anche delle battute di spirito; i 314 traditori dello stato sono ancora tutti in parlamento.
Ed è troppo facile oggi, per calmare le acque e tentare di arginare il malcontento che, unito alla crisi può trasformarsi davvero in un mix micidiale, ventilare ipotesi di nuovi terrorismi, instillare nuove paure ma poi all’atto pratico non fare nulla per mettere al riparo e al sicuro  lo stato da nuove “tentazioni eversive”.
Perché a nessuno piace farsi intimidire: neanche a noi.

Chi portò Cuffaro in Parlamento? Casini, che disse, dopo la condanna, “rispettiamo la sentenza, ma non rinneghiamo l’amicizia”.

Marco Travaglio prova a delineare il perimetro d’azione dei mafiosi nelle loro relazioni parlamentari. Passando dal leader Udc a Berlusconi, fino ad arrivare all’immancabile Giulio Andreotti.

E intanto Alfano parla del Partito dell’onestà.

Schifani a Rosy Mauro: “te ne devi andare, ne va del decoro del senato”.
Ecco: questo decoro del senato spiegato da Schifani, Rosy Mauro   non lo capisce.
(Marco Travaglio)

Capaci di tutto
 Marco Travaglio, 25 maggio

Tre anni fa, alla notizia delle indagini di Palermo, Caltanissetta e Milano sulla trattativa Stato-mafia e sui mandanti occulti delle stragi del 1992-’93, l’allora premier S.B. strillò terrorizzato: “So che ci sono fermenti nelle Procure di Palermo e Milano che ricominciano a guardare a fatti del ’92, ’93 e ’94. È follia pura e quel che mi fa male è che facciano queste cose coi soldi di tutti, cospirando contro di noi che lavoriamo per il bene del Paese”. La prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo. Ora, per fortuna, nel ventennale di Capaci e via d’Amelio, c’è un altro premier, Monti, che dice esattamente l’opposto: “Non esiste nessuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nella ricerca della verità: i pezzi mancanti vanno cercati fino in fondo”. Dunque, se le parole hanno un senso, il governo non aggredirà i pm quando depositeranno gli esiti delle loro indagini sulle responsabilità istituzionali nelle trattative che, anziché fermare le stragi, le moltiplicarono e incoraggiarono. Vedremo se i partiti che sostengono il governo faranno altrettanto, o replicheranno gli ennesimi attacchi e insulti ai magistrati antimafia (quelli vivi che, a differenza di quelli morti, non vanno mai bene a nessuno). L’altro giorno a Palermo c’era anche il presidente Napolitano che, insieme a parole di circostanza e di buonsenso sul rischio di un nuovo stragismo a partire da Brindisi, ha dichiarato: “Non ci facemmo intimidire vent’anni fa, tantomeno cederemo ora”. Eh no, presidente: se il livello di intransigenza che ha in mente lo Stato è lo stesso del 1992-’93, stiamo freschi. Non è affatto vero che “non ci facemmo intimidire vent’anni fa”: i politici e le istituzioni si fecero intimidire eccome. Com’è ormai noto a chiunque non abbia gli occhi foderati di prosciutto, dopo la sentenza della Cassazione (30 gennaio 1992) che confermò le condanne ai boss nel maxiprocesso, Riina decise di vendicarsi coi politici che non avevano mantenuto l’impegno di farli assolvere o comunque avevano tradito le aspettative. E stilò una lista nera, che comprendeva Lima, Andreotti, Mannino, Martelli, Vizzini, Andò e Purpura. Lima fu ammazzato il 12 marzo. Il 16 il capo della Polizia Parisi avvertì riservatamente della minaccia i politici in lista. Quel che accadde subito dopo non è dato sapere, ma immaginare sì. Sta di fatto che Riina risparmiò i politici, cestinò la lista e virò su Falcone (alla vigilia della prevista elezione al Quirinale di Andreotti, che si fece da parte). Facile ipotizzare che la trattativa sia partita prima di Capaci per risparmiare i politici dalla mattanza. Sicuro che entrò nel vivo subito dopo, con le prime avances dei vertici del Ros con Vito Ciancimino, trait d’union con Riina e Provenzano. Martelli lo seppe e fece avvertire Borsellino, che si oppose a ogni cedimento e fu tolto di mezzo. Sempre per salvare i politici. Molti fra questi si lasciarono intimidire e ancor oggi balbettano, si contraddicono, mentono e tremano. Pochi altri, Martelli e Scotti, tennero duro. Ma Scotti, al cambio di governo in giugno, fu impallinato dalla Dc e rimpiazzato con Mancino. Intanto Riina consegnava il papello con le richieste allo Stato per metter fine alle stragi. Nel dicembre ’92 Ciancimino fu arrestato e uscì di scena.
Nel gennaio ’93 fu arrestato anche Riina, forse consegnato da Provenzano, che inaugurò la linea del dialogo, mentre Bagarella e i Graviano preparavano nuove stragi per lubrificarlo. E lo Stato si calò le brache. A febbraio saltò anche Martelli, indagato a Milano. E il neo-guardasigilli Conso, mentre nuove stragi insanguinavano Roma, Firenze e Milano, tolse il 41-bis a ben 480 mafiosi in pochi mesi, come da papello. Le stragi s’interruppero, mentre i nuovi referenti politici della mafia marciavano su Roma, pronti a esaudire il resto del papello.

I colpevoli della vergognosa resa dello Stato a Cosa Nostra saranno presto, si spera, alla sbarra.