Benedizione in classe: tutti tolleranti col culo degli altri

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.”

Ma nelle scuole italiane se ne insegna una sola per mezzo di insegnanti pagati dallo stato, cioè da noi, ma scelti dal vaticano. In Italia si continuano a finanziare dallo stato le scuole private religiose in spregio e sfregio della Costituzione e come se non bastasse bisogna fare ricorso agli avvocati e ai tribunali per impedire che  si impartisca una benedizione  non voluta né richiesta da tutti i genitori per i propri figli in quelle pubbliche, statali, dunque laiche.

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Articolo 7 della Costituzione Italiana: Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, INDIPENDENTI E SOVRANI. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettati dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

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Articolo 8 della Costituzione Italiana: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

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In buona sostanza la Costituzione ci dice e ci insegna che la repubblica italiana è indipendente da qualsiasi potere, pensiero e influenza religiosi. In tempi passati qualcuno, con lucidità e lungimiranza  ha lottato per uno stato laico, perché la laicità al contrario delle religioni non esclude ma include e garantisce tutti, indipendentemente dal loro credo e non credo,  qui invece il dibattito è fermo al palo  delle preghierine e delle benedizioni nei luoghi pubblici e laici come le scuole statali. A discutere dell’opportunità che io, laica e atea mi debba ritrovare –  perché imposti da non si sa bene chi e perché – sulla testa santini e crocefissi nel caso di un ricovero in un ospedale pubblico.

Ieri il parlamento europeo ha bocciato una mozione che chiedeva che ai bambini venisse impartita l’educazione sessuale nelle scuole. L’educazione sessuale no e la benedizione sì. E questo la dice lunga sul concetto di laicità e progressismo espressi dalla politica di questo paese. Io trovo angosciante, preoccupante e profondamente incivile che una democrazia occidentale del terzo millennio non attui nei programmi scolastici la storia di tutte le religioni al posto dell’ora per una, la solita, e che durante le festività religiose cattoliche non si trovi un compromesso per una semplice festa senza simbologie, canti e immagini religiose di nessun tipo nel rispetto di tutti: maggioranza e minoranze.

Una bella festa aperta a tutti per un semplice scambio di auguri che unisce e non divide in “buoni”:  quelli che partecipano, e in “cattivi” da emarginare  quelli che preferiscono di no. La cristianità non prevede tolleranza ma accoglienza, che è diverso. Non discrimina nessuno costretto ad uscire da una classe per non dover partecipare ad un rito religioso svolto in un luogo pubblico.

Se non è possibile far rispettare la laicità, l’indipendenza dello stato come da Costituzione è giusto chiedere che si rispetti almeno la legge. 

E se la legge vieta che si interrompa o modifichi il normale svolgimento delle lezioni per celebrazioni di carattere confessionale ha fatto benissimo quel genitore di Tradate a chiedere che venisse rispettata la legge impedendo il rito religioso della benedizione durante l’orario scolastico. Far valere il principio di un diritto non è mai una perdita di tempo. 

Con buona pace, che lo dico a fare, dell’assessore all’istruzione piddino “dispiaciuto” perché quella benedizione “non avrebbe fatto male a nessuno” e di tutta la pletora di cattonazitalebani che in queste ore in Rete sta accusando quel padre di blasfemia perché ha chiesto il rispetto della legge.

L’Italia non è una teocrazia, non esiste più la religione di stato e in un paese ormai pienamente dentro la multietnicità bisogna rispettare tutti, smetterla con questa prepotenza e arroganza di una maggioranza di cattolici che pensa che l’esercizio e l’espressione della religione debbano essere riconosciuti a livello nazionale e praticati ovunque, anche nelle scuole pubbliche, quelle di tutti. 

La religione e tutte le sue espressioni non fanno parte di nessuna tradizione, usi e costumi, la religione è un fatto privato, e quei genitori che hanno scelto per i propri figli un altro tipo di educazione all’insegna della scelta libera e non dell’imposizione della religione come se fosse un’eredità inevitabile, o, peggio ancora, una tradizione da tramandare così, per abitudine, perché in fin dei conti ci siamo nati e che male c’è hanno tutto il diritto di impedire che degli estranei entrino in una scuola durante le lezioni per imporre una benedizione ai propri figli.

Il Natale ipocrita dei cristiani per tradizione

Checché ne pensino gli amanti delle tradizioni – che io considero responsabili in larga parte dell’ignoranza che opprime questo paese e il mondo in generale – non c’è un’altra giornata come il Natale in cui si celebra il trionfo dell’ipocrisia.

Perché io non credo né crederò mai che esistano davvero famiglie dove la celebrazione del Natale e, in generale di tutte le feste religiose sia davvero sentita così come dovrebbe esserlo, famiglie in cui si rispetta davvero quello spirito cristiano del messaggio che riportano le sacre scritture – per chi crede – e si affida al trascendentale anziché fidarsi solo, o di più, di quello che vede, che ascolta, che tocca, che annusa.
Non credo né crederò mai che esistano famiglie dove nessuno sbuffa al pensiero che dovrà dividere la sua casa o anche e solo semplicemente la tavola da pranzo con gente di cui non gl’importa nulla, se ne disinteressa per tutto il resto dell’anno, un disinteresse reciproco che però a Natale VA messo da parte perché è Natale.

Il mio non è un giudizio ma una semplice considerazione, le tradizioni religiose si portano avanti nei secoli dei secoli – da millenni – perché la maggioranza della popolazione mondiale lo fa, pochi per convizione, moltissimi per suggestione indotta.
Ma quella maggioranza è composta, in maggioranza, da gente a cui del messaggio cristiano – che peraltro non necessita di una religione e di un Dio di riferimento – non interessa assolutamente niente.
Non interessa nei pensieri ma soprattutto nelle azioni: se così non fosse non si farebbero guerre nel nome di Dio, non avremmo un papa e dei capi religiosi in generale che tutto veicolano e diffondono fuorché messaggi di bontà, altruismo, solidarietà, cose per cui non serve un Dio che, per come ce lo descrivono e ce lo raccontano mai chiederebbe di fare guerre in suo nome né  penserebbe di dire, facendoli passare per messaggi di pace,  concetti intrisi di cattiveria, egoismo, razzismo, omofobia a chi si è arrogato da se medesimo il diritto di definirsi suo rappresentante terreno, in carne ed ossa.

E non servirebbe una religione, un Dio né delle giornate preposte, per tradizione, ad essere migliori di quanto lo siamo, dovremmo esserlo, almeno, nei nostri tutti i giorni.

Non credo che ci voglia una conoscenza, una sapienza né un’intelligenza fuori dal comune a pensare queste cose che sono anche piuttosto banali nella loro evidenza.

Servirebbe forse  quel coraggio per parlarne un po’ di più, soprattutto in famiglia.

Sollevarsi reciprocamente da quelli che sono diventati obblighi, e non dovrebbe essere così.

 Ci ho messo vent’anni a far capire alla mia famiglia che non servono i regali, che fra adulti è semplicemente ridicolo scambiarsi oggetti perlopiù inutili, che forse è meglio destinare una piccola cifra a chi ha bisogni e necessità più importanti di un regalino di cui si può fare a meno.

Per capirlo c’è voluta la crisi, e non doveva essere così: comprendere e mettere in pratica l’altruismo, la solidarietà,  non può essere solo una questione di disponibilità economiche.

Questo, lasciamolo pensare  agl’ipocriti davvero.

Ma che sorpresa!

Consumi, il peggior Natale dal 2000. Scende la spesa degli italiani per il cibo

Beh ma è davvero stupefacente che i consumi siano calati, qualcosa di inimmaginabile e imprevedibile…ma non sarà che (forse eh?) se si può fare a meno dell’inutile, del futile e del troppo in tempi di magra, risparmiare si potrebbe e dovrebbe fare sempre? ma hanno davvero un senso al giorno d’oggi quelle interminabili sedute attorno a un tavolo? c’è davvero e ancora bisogno di celebrare il natale mangiando in modo esagerato in un’epoca in cui per fortuna si mangia abbastanza tutti i giorni? ecco perché io detesto le tradizioni, perché poi liberarsene quando diventano ingombranti  diventa quasi una conquista, mentre invece dovrebbe essere la normalità fare quel che ci si può permettere di fare, indipendentemente dalla crisi. Gli sprechi sono qualcosa di intollerabile sempre, non solo a natale in un mondo dove ogni tre minuti un bambino muore di fame e un adulto è costretto a dover vivere con meno di due dollari al giorno.
Gli eroi sono quelli costretti a rinunciare tutti i giorni al necessario, non chi questo natale ha dovuto fare a meno solo di qualcosa.