I politici passano, la Costituzione resta

referendum-5dNell’epoca di internet, dei social dove Renzi e i suoi sono iper presenti la maggior parte di chi ha votato sì ha più di 55 anni. Il che vuol dire che in Italia c’è un enorme problema di informazione generalista che non fa il suo dovere. Chi attinge solo dai canali ufficiali, telegiornali, talk show, quotidiani compiacenti al potere ha creduto a tutte le balle che Renzi ha propalato in questi mesi da tutti i media. Chi invece non si accontenta perché fa parte della generazione più colpita dalle politiche di Renzi e va oltre, si informa altrove, ha capito la truffa e salvato l’Italia.

Alle tre di stamattina c’era ancora gente che twittava insulti a Travaglio, ospite della maratona di Mentana. Se il problema di un’informazione sempre e da sempre accucciata davanti al potere quale che sia sono due quotidiani: Il Fatto Quotidiano e Il Manifesto che non lo fanno, significa che non si capisce cos’è più dannoso fra un giornale come Il Fatto che forse accentua i toni, mai comunque più di quanto abbia già fatto la politica, forse non le azzecca sempre e tutte ma in quanto a notizie ne dà sempre qualcuna in più degli altri e tutta quella stampa e informazione parlata e scritta sempre disposta a reggere il gioco al potere, a legittimarne le menzogne, a conferire autorevolezza a chi non meriterebbe neanche una briciola di stima, a disorientare i cittadini, a dichiararsi corretta e imparziale mentre e specialmente in questa orrenda campagna elettorale, non è mai stata né l’una né l’altra. 

E, se il problema è Marco Travaglio e non i cosiddetti leader di ‘sinistra’,  non solo Renzi, i quali nel tempo hanno fatto strame della sinistra e l’hanno diluita sempre di più in una destra farlocca, neanche buona a difendere un po’ questa nazione sciagurata ma ottima per consegnare l’Italia a mani estranee e tutt’altro che disinteressate, non bastano tutte le Costituzioni più belle del mondo a salvare l’Italia ma ci vogliono molti medici bravi, capaci e competenti.
Perché in un paese normale oggi scatterebbero le dimissioni per vergogna e indecenza della maggior parte dei giornalisti, direttori di quotidiani che in questi mesi hanno scritto l’impossibile e raccontato l’inenarrabile per vendere la “riforma” di Renzi e Renzi quale unica cura per la salvezza dell’Italia, in questo, invece, li ritroveremo tutti allineati e pronti a mettersi al servizio del prossimo che arriverà a sostituire Renzi.

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L’unico bel gesto che avrebbe dovuto fare Renzi era non intestarsi la paternità di una riforma costituzionale in cui non doveva entrarci lui e nemmeno il suo governo.
Nelle repubbliche democratiche la Costituzione la tocca solo il parlamento espressione dei cittadini, non di una legge incostituzionale che al massimo doveva garantire la tenuta dello stato fino alla nuova legge elettorale.

Renzi ha perso anche col voto degli italiani all’estero, evidentemente i nostri connazionali in terra straniera, anche quelli che non parlano l’italiano, che non hanno nessuna intenzione di tornare in Italia,  non pagano neanche le tasse all’Italia ma viene ugualmente concesso loro di decidere come deve essere la Carta dei diritti e dei doveri del paese che volontariamente hanno lasciato e anche chi lo deve governare erano informati, nonostante le incursioni della Boschi che ha utilizzato le ambasciate e i soldi pubblici per sponsorizzare la sua “riforma”.

Sono contenta per la Costituzione, per gli italiani, i quali, quando si toccano gli affetti più cari sono ancora capaci di difenderli, che hanno dimostrato una grande maturità scegliendo quella Carta delle garanzie, dei diritti e dei doveri per tutti messa in serio pericolo dal plurinquisito prescritto per corruzione verdini che Renzi ha eletto a suo alleato necessario, come se vent’anni di berlusconi non fossero bastati, dagli impiccioni oltre confine che in queste settimane le hanno inventate tutte per terrorizzarci, convincerci che la “riforma” di Renzi, della Boschi e di verdini fosse davvero la soluzione a tutti i problemi dell’Italia, da Vincenzo De Luca che pensava di poter barattare i prossimi cinquant’anni di questo paese con qualche frittura di pesce, dai vigliacchi che per opportunismi politici e interessi privati relativi all’élite di cui Renzi si è circondato non hanno esitato a tirare dentro una campagna elettorale infame perfino i malati di cancro, bambini compresi.

Una batosta simile si prende solo se a votare contro sono stati anche quelli che dicevano di votare “con”.
Per mesi la gente che non voleva votare contro Renzi ma contro una riforma confusa, scritta male, pericolosa per la democrazia è stata insultata non solo dai derelitti che usano i social come un campo di battaglia ma l’unica guerra che vincono è contro la civiltà, il rispetto e l’educazione: ancora stamattina si leggono accuse di fascismo distribuite a chi ha votato no nelle bacheche di quelli che vengono considerati influencer, che hanno naturalmente ottime referenze che conferiscono loro autorevolezza ma in realtà sono i veri napalm51, i quali non digitano scemenze in solitudine come nella gag del comico per far ridere ma hanno a disposizione liste affollate, esprimono tutto il peggio e coinvolgono molta più gente di quanta ne segua il cane sciolto, lo scemo del villaggio virtuale sul quale viene scaricata la colpa di avvelenare e inquinare i pozzi come dice Mentana. Una responsabilità che va estesa anche a chi mai se l’assumerà, ovvero chi aveva il dovere di mantenere un equilibrio civile, di intercettare il disagio dei cittadini e fare da tramite con la politica, non offenderli più di quanto lo siano stati da Renzi e dal suo governo: parlo naturalmente di certi giornali e giornalisti che usano la loro visibilità mediatica, le loro pagine web per istigare, fomentare, amplificare le menzogne della politica. Per mesi ci hanno detto che avremmo votato come i fascisti, come casa pound, come Salvini, come Brunetta mentre Renzi andava avanti come un caterpillar occupando tutto quello che gli è stato messo a disposizione insieme a Briatore, Marchionne, le banche, Confindustria, la finanza che opprime, i padroni che sfruttano, ora meglio e di più grazie alla sua legge sul lavoro, quelli che Renzi si è guardato bene dal mostrare nella letterina inviata agli elettori.
Renzi, la Boschi hanno insultato non solo le persone e la loro intelligenza ma soprattutto la Storia che racconta come i referendum siano del tutto scollegati dagli orientamenti politici. Al referendum non si vota per il politico ma per stabilire se una determinata cosa che esiste deve rimanere com’è o può essere cambiata dalla politica: ecco perché si vota anche come gente con cui non si prenderebbe un caffè.
Si parlava di Costituzione, non di Renzi che ha voluto prendere il timone, mettersi al comando della ristretta maggioranza che, senza nessuna autorizzazione della maggioranza degli italiani voleva cambiare le regole per tutti perché è un egocentrico, un piccolo provinciale con smanie di potere che si è trovato l’Italia fra le mani per grazia napolitana ricevuta e non sapendo che farci l’ha disintegrata non solo con leggi sbagliate ma anche sotto il profilo etico, civile e morale. Ha usato gli italiani, li ha messi uno contro l’altro, ha provocato conflitti sociali e anche familiari: non c’è una persona che in questi mesi non si è ritrovata a discutere e forse litigare con l’amico e il parente sul sì e il no per colpa dell’irresponsabile che pur di arrivare ai suoi traguardi non ha esitato ad offendere, screditare, ridicolizzare ed eliminare tutto ciò che considerava un ostacolo ai suoi obiettivi. La stessa cosa avrebbe voluto fare anche con la Costituzione che è della repubblica italiana, non è di Renzi, non è di Napolitano, non è delle banche, dell’Europa, né di chiunque si ritrovi per periodi più o meno lunghi al governo del paese. Gli italiani hanno per fortuna capito, anche se nessuno glielo diceva e nonostante il bombardamento di una propaganda incivile, costosa molto più di quanto l’Italia si sarebbe potuta permettere con migliaia di persone senza più una casa che per abolire un ente ritenuto, chissà perché inutile fra i tanti esistenti,  abbattere i costi della politica non serviva e non serve nessuna riforma costituzionale: basta un governo capace che faccia gli interessi dei cittadini, non i suoi, degli amici né di chi chiede di fare altro da questi.

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Provo rabbia mista a pena e compatimento per chi, anche dopo la gigantesca risposta di popolo è capace di dire che gli italiani hanno perso la loro Grande Occasione come se fossero stati loro ad intestarsi la paternità di riforme che non hanno mai chiesto a Renzi, ad accelerarne l’urgenza e reso una questione di vita o di morte quel “cambiamento” del quale nessuno, ancora oggi né mai per fortuna lo potrà fare può decretarne l’efficacia.
In tutti questi mesi ci hanno detto che bisognava cambiare come se questa parola contenesse ogni concretezza positiva e non, invece, il coronamento del progetto scellerato di Renzi preteso da Napolitano, che ha impegnato tutte le energie del governo che avrebbe dovuto occuparsi dei problemi del paese, è costato un sacco di soldi ai cittadini che con le loro tasse vorrebbero invece indietro una scuola che funzioni, coi soffitti che non crollino sulle teste degli alunni, una sanità efficiente davvero pubblica, la messa in sicurezza di un territorio devastato dagli abusi concordati fra imprenditori criminali e la politica che fa sì che un terremoto ma anche tre giorni di pioggia siano la certezza di una strage. Quell’essenziale che in questo paese nessun governo e nessuna politica vuole più garantire, non per colpa di quella Costituzione nella quale c’è scritto tutto quello che serve all’Italia e per questo chi è arrivato dopo la considera un fastidio, un orpello del quale fare a meno e l’ostacolo che impedisce alla politica la realizzazione dei progetti scellerati.

 

 

Scusate, sono il conflitto di interessi, qualcuno si ricorda di me?

Sottotitolo extrapost: in Francia gli scioperi bloccano le città, a Parigi la Torre Eiffel ieri è rimasta chiusa tutto il giorno a causa delle manifestazioni contro la riforma del lavoro, nessun ministro ha gridato allo scandalo internazionale né il governo ha pensato di ridurre la libertà di dissenso dei cittadini con leggi speciali di stampo fascista.
‪‎Loi Travail‬ è praticamente il jobs act di Renzi che qui è passato con la benedizione di tutti, anche di chi doveva difendere i lavoratori dallo scippo dei diritti.

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natangelo1apr“Non sapevo chi fosse il fidanzato della ‪‎Guidi‬ è il remake di “Ruby è la nipote di Mubarak”.
Per la falsa dichiarazione nell’autocertificazione sul possesso del televisore ora che il canone è diventato obbligatorio perché si paga con la bolletta dell’elettricità è prevista la galera. Non può esistere nessuna normalità democratica in un paese dove se a mentire è il comune cittadino si manda in galera mentre ai politici mascalzoni, gli stessi che fanno le leggi per mandare in galera solo quegli sfigati dei sudditi e che mentono per mestiere non succede mai niente.
Con questi non bastano le elezioni, ci vuole la corte marziale.

Il vulnus della democrazia non sono le intercettazioni come dice il noto delinquente seriale, lo è tutto quello che rivelano, gli intrecci fra la politica e quello che dovrebbe stare ben distante da chi ha ruoli istituzionali, malavita e mafie comprese, ecco perché la politica tutta ritiene che l’uso delle intercettazioni vada limitato.
Nel paese più corrotto d’Europa secondo il rapporto Transparency International 2014 non smentito da quello dello scorso anno che continua a confermare l’alto tasso di corruzione percepita il problema non possono essere le intercettazioni.
Non devono, anzi.
Senza le intercettazioni Renzi non avrebbe mai saputo con chi è fidanzata Federica ‪#‎Guidi‬.
Forse però non servivano le intercettazioni per sapere che l’ex vicepresidente e successivamente presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, ex amministratore delegato dell’azienda di famiglia non era la persona più adatta a ricoprire il ruolo di ministro dello sviluppo economico.
Ormai è diventato luogo comune pensare che sia sufficiente che una persona che entra in politica si dimetta da precedenti incarichi, purtroppo e invece non basta perché dimettersi da dirigente d’azienda non significa smettere di possedere l’azienda.
L’imprenditore è portato per sua natura, per il contesto in cui si è formato il suo vissuto a tutelare la sua proprietà ed è quindi totalmente inadeguato ad occuparsi degli interessi dei molti.
Ci siamo sciroppati vent’anni di berlusconi per niente, per ritrovarci un cialtrone, un bugiardo in un governo illegittimo che aveva promesso che con lui si sarebbero interrotti certi riti mentre non solo non li ha interrotti ma li ha perfino perfezionati.
Se prima gli industriali, i banchieri, i finanzieri avevano comunque la discrezione di farsi rappresentare in parlamento dal politico fidato oggi lo possono fare di persona, continuare a fare i loro interessi da ministri, sottosegretari al bilancio come Paola De Micheli anche lei ex manager nel settore agroalimentare, Poletti, ex presidentissimo delle Coop e nessuno di quelli che dovrebbero dire qualcosa sul conflitto di interessi normato dallo stato trova in tutto questo niente di anormale: la grande stampa italiana, ad esempio.
In un paese di sessanta milioni di persone sembra impossibile trovare dieci, quindici, venti persone a cui affidare incarichi politici di alto livello che non abbiano altri interessi che entrino in conflitto con la politica e nessun governo ha mai pensato né pensa di dover risolvere il conflitto di interessi estirpando il male alla radice.
Solo un gran farabutto poteva nominare ministra dell’industria un’imprenditrice.
In questo paese non manca solo la coscienza civile della gente: manca proprio la gente che fa caso a queste cose.
Tutto passa davanti agli occhi come se fosse normale, anche se di normale non c’è rimasto più niente.
Il conflitto di interessi si è mangiato questo paese e noi non siamo stati capaci di formare una classe dirigente decente che avrebbe potuto mettere un freno a questa indecenza, perché troppi non lo hanno mai considerato un problema.
L’unica legge che avrebbe salvato l’Italia noi non ce l’abbiamo.

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Considerazioni sull’affaire Guidi

L’impalpabile ministra dello Sviluppo Federica Guidi se ne va e un antico adagio consiglierebbe le si facessero “ponti d’oro”. Del resto non si è mai capito bene che cosa apportasse alla compagine governativa questa figlia d’arte educata a una visione punitiva del lavoro (il padre Guidalberto è sempre stato un falco di Confindustria), trascurabile presidentessa nazionale del Rotaract dei Giovani Imprenditori (il club dei padroncini under 40), simpatizzante berlusconiana conversa renziana.

Un personaggio destinato a finire immediatamente nel dimenticatoio se non avesse lasciato, sul davanzale della casetta di marzapane abitata da Maria Elena “Biancaneve” Boschi e dai nanetti del Giglio Magico, la mela avvelenata del coinvolgimento negli affari petroliferi di Total e altri faccendieri

Ora la Boschi potrà ammansirci l’abituale repertorio di ovvietà a propria discolpa. Subito sostenuta dalla canea di orchi da blog che la cordata al potere è solita scatenare contro i critici web.

Eppure le vicissitudini delle due bamboline di governo ripropongono alcune domande di un certo interesse per analizzare dove siamo andati a finire: cosa hanno in testa questi/e giovanotti/e di belle speranze e scarse attitudini, chi li ha condotti per mano alle loro poltrone e perché?

Il primo dato è – al tempo – sociale e generazionale: in larga massima si tratta di borghesucci emergenti (anche se la Guidi è nata “con il cucchiaio d’argento in bocca”) che l’accesso alle stanze del potere e alle relative opportunità in materia di consumo vistoso ha letteralmente fatto impazzire. Finiti i tempi in cui l’outsiderMatteo Renzi girava per Roma sulla giovanilistica smart scassata dell’amico Ernesto Carbone. Oggi ci si compra gli Air Force Oneesibizionisti, così da far schiattare d’invidia la Merkel (che viaggia su un vecchio Lufthansa restaurato); per andare a sciare aCourmayeur ci sono elicotteri di Stato su cui il parvenu può liberamente pavoneggiarsi.

Marginalità gossipare? Nient’affatto, visto che rivelano l’inquietante formazione di una mentalità per cui la “cosa pubblica” diventa “cosa propria”. La relativa interruzione dei corretti rapporti con la realtà tradotta in conseguente estraniazione. Ossia il senso – al tempo – di insindacabilità e invulnerabilità che parrebbe autorizzare comportamenti sull’asse capriccio-abuso, nella presunzione di non dover minimamente essere chiamati a risponderne. Una turbativa patologica del percepito che non si limita alle sedi centrali, ma che abbiamo visto dilagare a 360° in quelle periferiche, in primo luogo regionali (difatti gli attuali reggitori contro-riformisti della cosa pubblica vorrebbero arruolare il nuovo personale senatoriale proprio in tali congreghe ad elevato inquinamento dissipatorio).

 

Si determina così – alla faccia di quei pezzenti dei concittadini – la pericolosissima “sindrome da divinità dell’Olimpo”, a cui tutto è concesso; coltivata per effetto di contiguità pure dai familiari, nei più svariati esercizi di affarismo spregiudicato: dagli istituti bancari agli outlet (finanza di rapina e consumismo bulimico: i grandi business del tempo, secondo i vigenti criteri della neoborghesia accaparratrice).

Stabilito che il nuovo ceto politico che ci guida verso la Terza Repubblica ha (incredibilmente) meno senso dello Stato di quello (tangentaro) della tarda Prima, sarebbe interessante capire quali siano state le “mani” che ne resero irresistibile l’ascesa. E per quali scopi.

Il secondo quesito ha una facile risposta: la corporazione del potere perseguiva rinnovamenti di facciata per continuare negli antichi andazzi. Più difficile capire chi fossero i veri mandanti; trovare una “pistola fumante” come nel salvataggio della politica corrotta al tempo di Mani Pulite, in cui Marco Pannella inventò l’abile deviazione della questione morale in questione istituzionale, spiegando che con il maggioritario tutto sarebbe andato a posto, e Silvio Berlusconi ci mise di suo la potenza mediatico-comunicativa. Per ora è difficile decifrare l’identità del “grande vecchio” del renzismo: Berlusconi è cotto e cerca solo un buen retiro, Denis Verdini può fare al massimo il capitano di ventura,Giorgio Napolitano era già stato la levatrice di Monti e Letta… Che siano nati sotto un cavolo?

 

 

Generazione di fenomeni

 

mb11dLa moglie di Cesare e il padre di Maria Elena Boschi

Per Roberto Saviano il ministro dovrebbe dimettersi, e c’è un problema con le critiche al governo Renzi

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Sottotitolo: con lo stato siamo soci quando pago le tasse sulle mie entrate, anche quelle ipotetiche come per gli studi di settore ma se le entrate si polverizzano per colpa delle banche criminali e io mi ritrovo senza soldi la societá non vale più. Lo stato ti fa suo socio quando vuole la metà dei tuoi guadagni senza fare un cazzo per agevolarli, anzi, senza alzarsi con te alle cinque di mattina e rientrare alle otto di sera, senza restituire il dovuto che si paga in anticipo: servizi, sanità, istruzione ma poi ti abbandona al tuo destino quando non sei più in grado di partecipare alla società perché la banca, anche quella amica del governo ha fatto strame delle tue risorse.
Se rinasco voglio fare lo stato pure io, conviene.

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Quando si parlava dell’importanza di risolvere con una legge seria e per questo mai fatta da nessun governo i conflitti di interesse, il vero cancro che soffoca questo paese ma che diventa tutta salute per chi detiene il potere la Boschi probabilmente giocava ancora con la Barbie e non sapeva di essere una fra gli italiani ad avere il privilegio di poter approfittare un giorno non solo dei conflitti ma soprattutto degli interessi.

Alessandro Di Battista a gennaio dell’anno scorso fu massacrato dopo l’intervista alle Invasioni barbariche in cui l’ottima Bignardi lo costrinse alla risposta con la domanda: “non prova imbarazzo ad avere il padre fascista?” proprio lei che rivelò, evidentemente senza imbarazzo in un’autobiografia di avere il padre fascista.La dose di scapaccioni non solo a Di Battista ma a tutto il movimento fu rincarata subito dopo da Corrado Augias invitato opportunamente a parlare dopo Di Battista non prima né mentre come sarebbe stato corretto fare, visto che nella chiacchierata lui parlò anche dei 5stelle con toni e argomentazioni molto critici.
Di quella trasmissione si parlò molto e in tanti utilizzarono la dichiarazione spontanea di Di Battista per rinfacciargli la paternità, insultare lui per via del padre fascista.
In quel caso le colpe del padre sono potute ricadere eccome sul figlio perché tornava utile alla propaganda di regime e comunque due schiaffoni ai 5stelle ci stanno sempre bene, anche quando non fanno niente per meritarseli.
Mi chiedevo se oggi ci sarebbe o c’è un giornalista che intervistando Maria Elena Boschi abbia il coraggio di chiederle se “prova imbarazzo” ad avere un padre che ha violato le disposizioni che avrebbe dovuto far rispettare in qualità di vicepresidente di una banca, contribuendo in solido alla situazione di oggi che è costata un suicidio e la perdita dei soldi di incolpevoli cittadini truffati e derubati, se prova imbarazzo ma pure vergogna per non aver ancora rassegnato le dimissioni da ministro per evidenti ragioni di conflitto di interessi di cui hanno potuto beneficiare non solo il padre, appena sfiorato dal commissariamento della banca che vicedirigeva, ma anche suo fratello che è stato un dipendente della banca in questione e insieme a lei azionista della stessa.
Perché le persone perbene, cresciute ed educate in una famiglia perbene di solito riconoscono i propri errori, per un politico, un ministro, l’unico modo di chiedere scusa non è andare a presentare il libro di Vespa, sono le dimissioni.

 

 Salva banche, Travaglio: “Quando vuoi confondere tutto fai una commissione d’inchiesta”

Andrea Scanzi – La Boschi, il papà e il caso Banca Etruria

Riformatori_o

“Dal punto di vista politico abbiamo nel nostro programma delle riforme: il Senato deve essere abolito”.
[Benito Mussolini, 23 marzo 1919: dal discorso sulla fondazione dei Fasci di Combattimento]

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La Finocchiaro che da Floris esulta alle riforme di Renzi è il simbolo del fallimento della politica di un ventennio.
L’ammissione dell’incapacità della classe dirigente di cui lei fa parte da una trentina d’anni.
Invece di chiedere scusa per il suo non aver fatto nulla di politicamente rilevante, la Finocchiaro si vanta di aver partecipato alla realizzazione dello scempio chiamato riforme costituzionali che portano, oltre alla sua firma anche quella di un cinque volte rinviato a giudizio per reati contro lo stato.
La Finocchiaro esulta perché Renzi “ha fatto le riforme”:  giuste o sbagliate ‘sti cazzi ma le ha fatte, lo stesso Renzi che lei definì un miserabile quando lui la definì inadeguata per il Quirinale dopo che sui giornali uscirono le famose foto che immortalavano la Madame Angot de’ noantri che si faceva accompagnare all’Ikea non da una né da due ma da ben tre guardie del corpo che trascinavano il carrello della spesa al posto suo.
L’inadeguata e il miserabile si sono però ritrovati perfettamente d’accordo su delle riforme ri_costituzionali che sopprimono il senato come piaceva a mussolini e Gelli e tutto il mainstream della peggior propaganda di regime proprio dai tempi di mussolini, esulta insieme a loro.

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Almeno berlusconi si poteva vantare, purtroppo a ragione anche analizzando il modo col quale lo ha ottenuto, di avere il consenso del popolo e in virtù di questo confezionava giorno dopo giorno la sua azione “politica”, legittimava ogni provvedimento dei suoi vari governi col solito ritornello: lui scelto dal popolo quindi col pieno diritto di fare e disfare, di essere perfino al di sopra della legge quando parlava della magistratura che, indagando su di lui, voleva sovvertire la volontà del popolo che lo aveva eletto rendendolo una specie di divinità intoccabile. 

La concezione di paese e della politica come cose proprie con le quali fare quello che si vuole è abbastanza normale per uno che di mestiere fa l’imprenditore, attività che nei paesi civili rende inadatte le persone che la praticano a gestire le cose degli altri, ne preclude la carriera politica proprio perché ritenute più portate a occuparsi delle proprie e a curare i propri interessi che potrebbero [possono] essere facilmente in contrasto con quelli pubblici che la politica ha il dovere di mettere davanti e sopra a tutto.
Esattamente quello che si sarebbe dovuto impedire a berlusconi il quale, invece, grazie alla politica che glielo ha permesso ha potuto continuare ad accrescere il suo patrimonio personale.
Ma Renzi quale consenso ha?
Quando farnetica degli italiani che hanno chiesto al suo governo le riforme, di sfasciare la Costituzione, demolire l’istituto del senato di quali italiani parla, del famoso 40,8% della metà?
E sarebbe popolo, quello?

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Vado a mediaset – Sabina Guzzanti

Se mi assumete, se Berlusconi conta ancora qualcosa lì dentro, vengo a Mediaset a fare la campagna per il No.
(per quelli che vivono sulla luna: Berlusconi ha dato ordine di votare contro la riforma, ma i suoi se li erano tutti già comprati seguendo il suo insegnamento)

Faccio le imitazioni, racconto le barzellette zozze o faccio peggio, dico solo la lettera iniziale della parolaccia e poi puntini ammicco, quello che volete. giuro che lo farei.

La Boschi si dice serena che per il referendum gli italiani sapranno scegliere se votare a favore della riforma costituzionale di merda dopo la riforma della rai di merda.
Insieme alla riforma elettorale di merda, tutti i poteri sono in mano a chi governa, che vince le elezioni grazie al controllo dei media (aspettiamo ansiosi il bombardamento di rai tre promesso dal renziano Anzaldi), grazie al controllo dei posti di lavoro, e con la riforma elettorale ha una maggioranza spropositata alla camera mentre il senato conta poco o nulla ed è formato prevalentemente dai ladri che di solito governano le nostre regioni.

Siano maledetti i senatori venduti e che Grasso possa avere dalla vita tutto quello che si merita, tutto insieme.

Viva la costituzione quella vera, scritta dai partigiani.

Questa costituzione scritta da venduti e traditori non sarà mai la nostra.

La riform’attrice

Le due camere sono un grave problema: impediscono alle leggi di poter essere discusse e approvate in tempi brevi, forse è per questo che per approvare la riforma Fornero ci hanno messo meno di due settimane e non sono bastati ventuno anni per scrivere una legge decente sul conflitto di interessi.
Essì, la riforma costituzionale è proprio il primo problema degli italiani che tutte le mattine si svegliano col pensiero fisso sull’annosa questione e riflettono tristemente mentre si fanno il caffè: ” la Boschi, riuscirà o no a farsi mettere nei libri di storia in qualità di madrina costituente?

La Boschi che “aspetta da settanta anni la riforma del bicameralismo paritario” di una repubblica che di anni non ne ha ancora sessantotto.

Una volta bastava dire “sì, perché sta scritto sulla Costituzione” o “no, perché lo vieta la Costituzione” per essere sicuri che dietro a quel sì e quel no ci fosse l’esclusivo interesse del popolo al quale la Costituzione è stata dedicata.

Ora molti di quei sì diventeranno no e viceversa grazie ad un manipolo di irresponsabili incapaci arrivisti ai quali del bene dell’Italia e degli italiani non interessa niente: Renzi farebbe il monumento a Marchionne, tanto basta a demolire definitivamente la balla del presidente del consiglio che brucia duecentomila euro per andare a vantarsi dell’Italia in quel di New York che, diretti e orchestrati da un vecchio mestierante della politica che ha detto sì e no un po’ a tutti a cominciare dal fascismo e il comunismo: il primo abbandonato, l’altro rinnegato e con l’assistenza della pletora dei servi del regime, quelli che dovrebbero vigilare sulla politica mentre ne nascondono tutta l’inconsistenza, spesso anche la delinquenza che li guarda amorevolmente con una certa soddisfazione e senza nessun permesso del popolo sovrano hanno deciso che quella Costituzione non va più bene.
Che bisogna farne una più bella, più moderna, più efficiente perché così hanno deciso il vecchio mestierante, un delinquente seriale e uno che si crede Napoleone.
Un governo di nominati e non di eletti frutto del voto di un parlamento formato da una legge anticostituzionale sta sfasciando l’ultimo baluardo di quel residuo di democrazia sul quale si poteva ancora fare affidamento.
E allora no.
Questa non è la mia repubblica né lo stato in cui mi riconosco.
Non mi riconosco in uno stato dove comanda chi alza la voce in forza di un potere che non ha ricevuto dal popolo ma lo può fare grazie al maquillage col quale si è voluta coprire la nefandezza di un presidente della repubblica con velleità da monarca che ha disegnato l’Italia a sua immagine e somiglianza: quella di un vecchio di oltre novant’anni che non avrà nemmeno il piacere e il gusto di potersela godere.

Un saluto affettuoso e un arrivederci a mai più alla Costituzione “più bella del mondo” scritta fra gli altri da Teresa Mattei, Umberto Terracini, Piero Calamandrei, Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro, riveduta e tragicamente corretta, fra gli altri, da Maria Elena Boschi, Denis Verdini, Roberto Calderoli, Anna Finocchiaro e in precedenza, fra gli altri, anche da D’Alema e berlusconi. Per chi lo avesse dimenticato la guest star, l’ideatore e il regista della cosiddetta riforma necessaria e urgente di cui gli italiani non possono fare a meno è sempre lui e ancora lui: sua altezza emerita Giorgio Napolitano.

Spiace per il presidente Grasso il cui ruolo gli impone di mantenere un certo ordine anche nel linguaggio istituzionale ma le uniche parole appropriate, consone, adeguate alla situazione ieri in quell’aula erano proprio “FATE SCHIFO”.

Fanno schifo, ed è drammatico che ci sia chi non se ne accorge, pensa di ridurre tutto ad questione di linguaggio.
La “signorilità” né purtroppo l’ipocrisia ci salveranno da uno che si crede il Re Sole e pensa di poter fare carta straccia delle istituzioni dello stato, della repubblica previste dalla lungimiranza dei Padri Costituenti che hanno voluto il bicameralismo perfetto proprio per evitare il rischio dell’uomo solo che fa, decide, pone e dispone e non vuole ostacoli.
Questo film in Italia l’abbiamo già visto e non ci è piaciuto.
Renzi vuole fare del lavoro di statisti veri una grande e indecente intesa a senso unico con personaggi del calibro di Alfano, Verdini, Calderoli e Gasparri, farci mettere la firma alla Boschi e non si può nemmeno dire che tutto questo “fa schifo?”

I tavoli di Renzi

 

 

Il 40,8 del 50%, ovvero degli elettori che sono andati a votare fa più o meno il solito 20%:  uguale a quello di Bersani. Di quel 20 una sostanziosa parte sono i mentecatti che applaudivano la Boschi ieri sera su Raitre.
  La maggioranza Renzi e il suo pd ce l’hanno forse a casa loro ma non in Italia.
Raccontatelo, spiegatelo anche ai vostri figli bambini, perché questa propaganda del 41% è diventata intollerabile.
Ancora ieri sera Fazio a Che tempo che fa  si è guardato bene dal fare questa doverosa precisazione con la Boschi che ripeteva questo ritornello come una Carfagna qualsiasi, addestrate entrambe per la propaganda da talk show.

Continuare con questa leggenda del 40% di una quantitá irrisoria di gente che è andata a votare, che non fa proprio per niente la maggioranza degli italiani e che è il risultato di elezioni europee che non danno al pd nessuna autorizzazione per sabotare le fondamenta di questo paese è schizofrenia, un crimine costruito per la propaganda con cui si uccide la verità. Se Renzi fosse un amministratore di condominio con quella percentuale di millesimi non potrebbe scegliere nemmeno il colore delle tende da sole del palazzo. Questo andrebbe ripetuto come un mantra, se solo avessimo un’informazione che fa il suo dovere. Un’informazione che fa il suo dovere porterebbe la gente a riflettere se il pd avrebbe ottenuto lo stesso quel misero 40,8% della metà degli elettori se Renzi in campagna elettorale avesse detto che nelle sue intenzioni c’era l’accordo, anzi, il patto col delinquente che porta i voti:  anche quelli della mafia,   e che la sua rottamazione significava meno diritti, tutele e garanzie per i cittadini e per i lavoratori,  anziché essere applicata  alla vecchia politica di cui Renzi è figlio naturale.  

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Solo nell’Europa degli imbecilli e ignoranti le difficoltà sociali spostano il consenso politico a destra. Dove i regimi di destra se li ricordano bene no, non succede.
Grande lezione del Brasile che anche se per poco non è caduto nel tranello del conservatorismo di destra ma ha scelto di nuovo Dilma Rousseff, presidente di sinistra, dei lavoratori, non quello della marchetta da ottanta euro.

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“Il posto fisso non esiste più”, disse quello che se lo è garantito a vita e che sarà mantenuto anche con le tasse di chi il posto fisso non l’ha mai avuto.
Vigliacco, e vigliacchi, miserabili senza nessuna possibilità di perdono quelli che hanno mandato al potere un pericoloso reazionario che non rispetta il paese, lo stato di diritto e i cittadini. La Costituzione? Un intralcio da riformare: con un delinquente da galera. Via l’articolo 18: per modernizzare il paese. Mai più posto fisso, l’importante che gli unici ad averlo garantito a vita continuino ad essere  loro, quelli che si adoperano per togliere i diritti ai cittadini.  Mai più governi che si faranno condizionare dalla piazza:  la democrazia che consente a Renzi di stare dov’è è nata anche nelle piazze, ma questo è un dettaglio insignificante. Lo sciopero? un inutile orpello che fa perdere tempo e appuntamenti di lavoro al finanziere amico intimo di Renzi.  Che altro ci vuole, che per il bene del paese e perché lo chiede l’Europa il governo mandi qualcuno a svaligiarci l’appartamento? Chiedo.

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Presumo e suppongo che dopo la giornata di domenica quelle e quelli del pd che erano con la piazza e non con la Leopolda smetteranno di votare tutte le fiducie al governo del Napoleone all’amatriciana.
Che smetteranno di giustificare con il gesto di responsabilità verso il paese tutte le porcherie volute da Renzi e dalla Boschi che ha tenuto a precisare che servono altre modifiche costituzionali: qualcuno dovrebbe avvertire Madonna di Nostra Forma e Riforma che le modifiche alla Costituzione non sono il cambio di stagione negli armadi.
Ché per passare alla Storia bisogna fare cose importanti, non assecondare per brama di potere i desiderata di uno che pensa di poter fare dell’Italia una cosa di sua proprietà, proprio come quello di prima, il delinquente con cui Renzi sta devastando lo stato di diritto e quello sociale.

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A Davide Serra, l’amichetto finanziere del presidente del consiglio “di sinistra” piace la Leopolda “perché non è di destra né di sinistra”.
E di nuovo torna nel dibattito politico questo ritornello con cui puntualmente si rimbecilliscono le masse – che ci cascano sempre – facendo credere che il male sia nell’avere un pensiero preciso circa la politica: un orientamento dal quale poi scaturisce l’azione politica O di destra O di sinistra.
Perché quando non è di nessuna delle due cose di solito l’orientamento ce l’ha ed è fascista.
Serra poi, dal pulpito di quelli che vogliono bene all’Italia aggiunge che bisognerebbe limitare il diritto di sciopero ai lavoratori pubblici che, spiace per Serra ma sono costretti a limitarselo da soli perché perdere una giornata intera di paga non piace a nessuno.
Perché se il dipendente guadagna ad esempio sessanta euro al giorno quando manca causa sciopero non perde quelle sessanta euro ma quasi il doppio, perché dalla giornata di paga gli vengono scalate le indennità, la presenza, il buono pasto se c’è e tutta quella serie di aggiunte che non fanno il guadagno cash del dipendente ma se gli vengono tolte perde lo stesso una cifra che in questo periodo diventa difficile sacrificare anche alla più giusta delle cause.
L’amico di Renzi dicendo che il governo dovrebbe limitare il diritto di sciopero ad una precisa categoria di lavoratori, quelli che per stipendi miserabili mandano avanti da sempre la baracca Italia ha serenamente sferrato un attacco alla Costituzione che prevede lo sciopero come diritto, ma va tutto bene, anche perché nessuno dirà che uno dei personaggi dell’entourage di Renzi più vicino a Renzi piacciono le cose che non sono di destra né di sinistra e per questo sono fasciste.

 

 

 

Il vulnus

 Signori miei: io sto dalla parte di Marchionne, dalla parte di chi sta investendo sul futuro delle aziende, quando tutte le aziende chiudono, è un momento in cui bisogna cercare di tenere aperte le fabbriche”. [Matteo Renzi, 11 Gennaio 2011]
“Referendum? Voterò “no” all’abolizione della remunerazione sull’acqua”. [Matteo Renzi, 4 Giugno 2011]
“TAV in Val di Susa? Quando le amministrazioni decidono, ci sono le garanzie ambientali e tutti i passaggi democratici, ad un certo punto bisogna fare le cose, altrimenti diventiamo il Paese dei ritardi, o come nel Monopoli, dove si pesca ‘tornate al vicolo corto’, e si ricomincia da capo”. [Matteo Renzi, 4 Luglio 2011]
“Sbaglia il PD ad aderire allo sciopero della CGIL”. [Matteo Renzi, 30 Agosto 2011]
“Mi ritrovo nella lettera della BCE. Sì all’aumento dell’età pensionabile”.[Matteo Renzi, 26 Ottobre 2011]
“A me dell’articolo 18, usando un tecnicismo giuridico, non me ne po’ frega’ de meno”. [Matteo Renzi, 27 marzo 2012]

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Molte delle cose che Renzi pensa di voler trasformare in leggi dello stato le aveva dette prima di vincere le primarie del suo partito.  Chi vota uno che si dice di sinistra e poi dice certe cose è imbecille, ed è doppiamente imbecille chi lo ha votato senza sapere che le aveva dette.

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LA COSTITUZIONALISTA CARLASSARE: “POLITICI ALLA CONSULTA? COSI’ DIAMO RAGIONE A BERLUSCONI”

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Sottotitolo: la divisione dei poteri dello stato serve perché ci sia l’istituzione indipendente dalla politica in grado di correggere anche gli errori della politica.
Se nell’istituzione terza, quella separata dal potere politico ci si mettono i politici, chi controllerà poi gli errori della politica?
La Consulta è fondamentale per la difesa di quei diritti che spesso e volentieri la politica dimentica, ignora o volutamente calpesta ed è stata determinante per redimere e risolvere i grandi errori della politica, tipo quella legge elettorale che ha riempito il parlamento di abusivi.
Proviamo a pensare un attimo alla sentenza che ha messo fuorilegge la porcata di Calderoli: se a capo di quella Corte ci fosse già stato Donato Bruno, senatore di forza Italia e vicinissimo al delinquente impunito che era al governo da presidente del consiglio quando è stata fatta quella non legge la sentenza sarebbe stata la stessa?
berlusconi in questi anni si è sempre lagnato che la Consulta fosse un organo politicizzato e in parte lo è, visto che non si può pretendere che quei giudici non abbiano un loro orientamento, ma se dentro ci si mette direttamente il politico nudo e crudo che ha svolto solo il mestiere della politica e non magari un professore costituzionalista che dà più garanzie del politico che della Costituzione se ne frega spesso e anche volentieri sarà meglio o peggio poi l’istituzione “terza”? Sarà ancora in grado di correggere gli errori della politica, cancellare le leggi sbagliate che fa la politica come la legge elettorale e quelle sulle droghe e la fecondazione assistita?

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Aridatece i puzzoni – Anna Lombroso per il Siumplicissimus

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Se in questo paese tanta gente fosse stata e fosse così rigorosa coi politici quanto lo è coi suoi simili forse questo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Non ci si sveglierebbe al mattino col conato già in dirittura d’arrivo pensando a cos’altro si dovrà sopportare della e dalla politica.
Invece no: il politico delinquente piace ed è piaciuto anche a quelli che “non si va in tre sul motorino”, e non fa poi così tanto schifo l’alleanza col delinquente a quelli che “agli alt ci si deve fermare”.
A loro tutto si giustifica, si contestualizza e si perdona.
E il bello è che qualcuno ancora se la racconta con l’esempio che deve arrivare dal basso, così mentre quelli del “basso” si affannano a dare gli esempi quelli che stanno in alto possono continuare a farsi i cazzi e gli stracazzi loro.

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Renzi: “Non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica”.
“Questo governo è il primo che ha detto che noi non accettiamo che un avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica e imprenditoriale di una persona”
Ma a quanto pare nemmeno una condanna definitiva costituisce il vulnus per Renzi che, a parte i sedotti e imbecilli non incanta nessuno su questo tema, visto che non ha nessuna difficoltà a permettere che un pregiudicato condannato in via definitiva, interdetto dai palazzi nei quali però ancora può entrare dalla porta principale, privato per sentenza dei diritti civili possa essere ancora parte in causa negli affari di stato e di governo.
Un delinquente col quale Renzi si incontra regolarmente non per discutere dei fatti suoi ma di riforme costituzionali. 

Il diritto alla politica in questo paese è negato solo agli onesti e agli incensurati.

E naturalmente ai gufi e rosiconi che non possono e non devono nemmeno criticare la politica.
L’idea che il politico indagato si possa mettere in standby e che, ad esempio una gara d’appalto si possa dare all’imprenditore che non è passato per un tribunale è irricevibile per la politica di tutti gli schieramenti di uno dei paesi più corrotti d’Europa e del mondo.
Renzi risponde alla necessità di ripulire questo paese dai ladri, dai corrotti e corruttori che lo hanno ridotto in macerie dicendo che si tiene gli indagati, perché sennò c’è il vulnus.

Dunque secondo il teppista in parlamento, termine appropriatissimo all’atteggiamento di Renzi, l’avviso di garanzia non deve diventare il vulnus per l’attività politica e imprenditoriale, ovvero non bisogna limitare o togliere i medesimi diritti di prima a chi viene informato che la giustizia lo sta attenzionando perché ritiene che abbia commesso un reato. Quel vulnus può invece tranquillamente riguardare il normale lavoratore che viene licenziato non necessariamente per scarso rendimento ma magari perché ha uno stile di vita in contrasto col datore di lavoro.

Ad esempio un qualsiasi dipendente potrebbe essere licenziato per il suo orientamento sessuale, il datore di lavoro omofobo [che in Italia non è affatto un’eccezione né una rarità] può decidere che non gli va più di tenersi l’impiegato, il commesso, l’operaio omosessuale e il dipendente non potrà più avvalersi di quell’articolo 18 – già ampiamente danneggiato dalla riforma Fornero – che invece garantisce al lavoratore il diritto di non essere licenziato senza giusta causa.  

Mentre si tenta in tutti i modi di estendere alle caste indecenti il diritto di delinquere e di farla franca stravolgendo la Costituzione e facendo perdere autorevolezza e indipendenza alla Consulta che andrà a finire nelle mani di chi ha collaborato al disastro e allo scempio, al piano basso del paese si limitano fino ad annullarli quei diritti che fino ad ora hanno consentito ai lavoratori a stipendio e salario di avere delle garanzie di solidità.
E, siccome sento dire che l’articolo 18 in fin dei conti riguarda solo una minima parte dei lavoratori, mi chiedevo che ci stavano a fare tre milioni di persone in piazza con Cofferati a difenderlo. Tutti fannulloni?

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Grattini d’autore – Marco Travaglio

La foto di Maria Elena Boschi che consola il previtiano Donato Bruno, candidato di B. alla Consulta, per l’ennesima trombatura con un dolce grattino alla schiena non è uno scandalo: è un reperto d’epoca, un disvelamento della corrispondenza di amorosi sensi ormai esplosa all’aria aperta, senza più gl’incontri furtivi e clandestini del passato, nel Partito Unico Renzusconi che ha sostituito le vecchie e superate sigle di Pd e Forza Italia. Se n’era già avuta prova l’8 agosto, quando Maria Consolatrice degli Afflitti e Rifugio dei Peccatori festeggiò la schiforma del Senato baciando a uno a uno i berluscones in processione. Si piacciono, si annusano, si strusciano, si palpano, si limonano, presto si sposeranno: al cuore non si comanda. Ieri, in Parlamento, Renzi ha fatto il grattino all’Ad dell’Eni Claudio Descalzi da lui nominato e difeso dopo l’indagine sulla maxitangente di 200 milioni di dollari alla Nigeria: “Noi non permettiamo a un avviso di garanzia citofonato sui giornali o a uno scoop di cambiare la politica industriale della Nazione. Chiamatela svolta per un Paese civile”. Grattino anche a Stefano Bonaccini, indagato per peculato, ergo candidato Pd a governatore dell’Emilia Romagna per rimpiazzare degnamente il condannato Vasco Errani: “L’avviso di garanzia non sia un vulnus della carriera politica”.

Oggi la stampa al seguito non mancherà di celebrare la “svolta garantista”. Che naturalmente non esiste. Mai, dalla notte dei tempi, gli avvisi di garanzia hanno rappresentato un vulnus per le carriere politiche, e nemmeno le condanne. Anzi, hanno sempre fatto curriculum. A destra, al centro e a sinistra. Il Pd ha sempre candidato, mandato in Parlamento, al governo, nelle partecipate, nei servizi, nelle forze dell’ordine e nella burocrazia fior di pregiudicati, imputati e inquisiti. Renzi si crede il primo, invece è arrivato ultimo. E denota pure un’ignoranza sesquipedale sui fatti che dovrebbe conoscere: la notizia di Descalzi indagato non è stata “citofonata sui giornali”, semplicemente è contenuta nel provvedimento di sequestro della maxitangente Eni in Svizzera disposto dai giudici di Milano, che il premier farebbe bene a leggersi o a farsi spiegare da uno che ci capisca.   Anche l’idea che le indagini giudiziarie danneggino la politica industriale, oltre a essere una sublime cazzata (è la corruzione che rovina l’economia, non le inchieste sulla corruzione, peraltro condotte in tutte le democrazie del mondo senza che i politici mettano becco), è tutt’altro che nuova. L’ha strombazzata per vent’anni il suo padre putativo Silvio. Il quale peraltro l’aveva mutuata dal suo spirito guida Bettino Craxi, che il 10 luglio 1981, in pieno scandalo P2 e subito dopo l’arresto di Roberto Calvi, presidente e distruttore del Banco Ambrosiano, responsabile del più grave crac della storia d’Europa con decine di migliaia di famiglie sul lastrico e suo finanziatore occulto, scandì alla Camera queste parole: “Non c’è più grande male per un’azione di moralizzazione e di giustizia che la strumentalizzazione volgare, l’uso politico delle carte e delle iniziative giudiziarie e di parte: un fattore di inquinamento, intossicazione e distorsione della vita democratica”. Sulla P2 “si è andati oltre misura con una campagna che ha cominciato a puzzare di maccartismo”. E l’arresto di Calvi “ripropone con forza il problema di un clima inquietante, di lotte di potere condotte in modo intimidatorio contro il quale bisogna agire per ristabilire la normalità dei rapporti tra Stato e cittadini, la fiducia nella giustizia, la correttezza nei rapporti tra potere economico, gruppi editoriali, potere politico. La crisi della Borsa ha molti responsabili, comprese talune azioni giudiziarie che presentano aspetti scriteriati. Quando si mettono le manette, senza alcun obbligo di legge o senza ricorrere a istituti di cautela che pure la legge prevede, a finanzieri che rappresentano la metà del listino, è difficile non prevedere incontrollabili reazioni psicologiche”. Basta sostituire Ambrosiano con Eni, Calvi con Descalzi e Craxi con Renzi. Matteo, ormai hai 39 anni: è tempo che tu sappia di chi sei figlio.

L’allegra estate di Matteo Renzi

I piddini saranno contenti che con la riforma testè approvata Maria Elena Boschi si è aggiudicata il titolo di statista a tutti gli effetti.
Che grande cosa avete fatto, votando Renzi.
Nemmeno Dio vi perdonerà.

E il premier dice ‘in vacanza belli allegri’

berlusconi vuole riavere l’agibilità politica.
Perché, fino ad ora che è stato, l’apericena?
 Quanto diventano piccole, quasi spariscono figure come quelle di Tavecchio, Corona dei quali si sta parlando molto in questi giorni, perfino quella di Schettino seppure col suo bagaglio di morte.
Questo è un paese da buttare, non c’è da salvare nulla in un posto dove un delinquente di quella portata ad un anno da una condanna definitiva per un reato grave quanto ignobile come il furto allo stato invece di essere dimenticato da tutti può permettersi di tenere tutti ancora sotto scacco, essere considerato dalla politica e dalle istituzioni, presentarsi davanti ai giornalisti, essere addirittura cercato e inseguito da loro grazie ad un irresponsabile egocentrico che in uno così si rivede e si riconosce così tanto da volerlo imitare in pensieri, parole ed opere.

B: “Ora voglio riavere l’agibilità politica”

 

Democrazia è, tradotta in cifre, una decina di milioni di teste di cazzo italiane che si sono fatte abbindolare dal Rottam’attore e che per mezzo del loro voto ad elezioni europee, manco nazionali, impongono agli altri cinquanta milioni e rotti statiste del calibro di Marianna Madia, nel cui curriculum la nota più significativa è che è stata la nuora mancata di Napolitano e Maria Elena Boschi che da piccola faceva la Madonna nel presepio. Ma come dice il bugiardo 2.0: allegria, stiamo sereni, il meglio deve ancora arrivare. 

Che si tengano pure stretta la loro statista Maria Elena Boschi.
Io mi considero da oggi ufficialmente prigioniera politica.
Di una politica che non ho scelto ma mi è stata imposta da chi avrebbe dovuto garantire il popolo sovrano e la Costituzione, non il solito manipolo di privilegiati, incapaci e spesso disonesti che si sono alternati in parlamento in questi ultimi tre anni, che quella Costituzione vogliono smantellare perché intralcia i loro progetti criminali di devastare questo paese fin dalle sue fondamenta, nate sul sangue di chi per questo paese immondo e sciagurato, è morto.

Come ho già scritto nei giorni scorsi una maggioranza come quella di Renzi non potrebbe decidere nemmeno il colore delle tende da sole in un condominio, e invece le si permette di scardinare la Costituzione e la legge. Lo stato.
Basta così. Il mio voto non può valere quanto quello di chi dà il suo a scilipoti perché il suo partito poi gli garantisce assistenza a livello comunale e regionale col clientelismo e la mazzetta. E nemmeno quanto quello di chi ha votato Renzi dietro la spinta di una propaganda da regime non democratico. No, il suffragio universale è stato un danno, dare la possibilità di scegliere i governanti a chi non sa mettere due parole in fila né articolare una riflessione, un ragionamento sulla politica e non conosce nemmeno dieci articoli della Costituzione è tutto quello che ci ha portato fino a qui. Io considero gli elettori di scilipoti, di berlusconi e di Renzi, miei nemici, punto e basta. Dieci milioni di persone, molte delle quali pensanti per conto terzi, cioè della propaganda di tutti questi mesi non possono decidere per gli altri cinquanta. Non possono.

 Ci  vorrebbe un bel modo per ringraziare tutti quelli che si sono attivati, che hanno messo tutto quello che avevano per rendere facile l’ascesa al governo del bugiardo seriale 2.0.
Quelli che da tanti mesi e ancora e tutt’ora cercano in tutti i modi di far credere agli italiani che quello che abbiamo in parlamento è il meglio a cui si poteva ambire.
Quelli che ripetono “o così o la catastrofe” da più di tre anni, dall’avvento del signore in loden e delle signore tacco 5.
Quelli che ringraziano Napolitano, autore e sceneggiatore di questo orrore a ciclo continuo che vedrà il suo coronamento nella cessione definitiva del nostro paese a quelli che hanno i soldi per comprarsi il paese e dunque noi. Cosa che non preoccuperà certamente chi ha contribuito a scarnificare l’Italia fino ad arrivare all’osso.
Quelli che fino a qualche anno fa erano in prima linea ad opporsi ad un criminale che faceva strame di un paese per aggiustarselo a sua immagine e somiglianza ma oggi sono tutti lì a guardare con tenerezza il suo figlioccio naturale che ci fa lingua in bocca dopo averne dette di ogni su di lui,  su quelli che il signorotto toscano aveva promesso di togliere di mezzo con quella leggendaria rottamazione che ha sedotto e abbindolato chi gli ha dato fiducia prima alle primarie e poi alle elezioni europee ma davanti ai quali s’inchina per opportunismo politico.
Ringrazio Repubblica trasformatasi nel tempo nel più pericoloso veicolo di propaganda governativa: ad Eugenio Scalfari, Ezio Mauro e trombettieri al seguito in quel di Largo Fochetti sono andati bene tutti, prima Monti poi Letta e adesso Renzi.
Nemmeno l’ombra di quello che dicevano e scrivevano su berlusconi; l’Unità che per lo stesso motivo, ovvero rinunciare ad essere un giornale di e per tutti ma scegliendo di essere l’organo ufficiale dell’eterno inciucio fra la cosiddetta sinistra e berlusconi ha preferito arrivare al fallimento salvo poi accusare fantomatici colpevoli di non aver fatto nulla per evitarlo. 

E naturalmente, pur non votando i 5S ringrazio particolarmente tutti quelli che hanno costruito il duce del terzo millennio facendo credere che le parolacce, quella forma sì, spesso sbagliata, fossero i veri pericoli per questo paese, mentre il pericolo, quello vero, veniva riconfermato al suo posto con giubilo bipartisan.

 

Non perdonerò mai i responsabili di queste infamità a getto continuo.

Politici, giornalisti, gente che va in televisione a rincoglionire altra gente che poi va a votare come se andasse a scegliersi un vestito nuovo: nessuno.
I miei genitori sono morti portandosi dentro il sogno, la speranza che berlusconi se ne andasse, almeno dalla politica, prima di loro.
E questo io non lo dimenticherò mai, mai dimenticherò mia madre che quando lo vedeva in televisione cambiava canale.
Assassini di sogni, ecco che sono, dell’idea di un paese appena un po’ normale dove i padri e le madri non muoiono pensando che lasciano figli e nipoti in balia di un delinquente e dei suoi complici.

Riforme, via libera al Senato dei nominati
Dissidenti Pd e Fi non votano, M5S fuori

Palazzo Madama approva in prima lettura il ddl Boschi. Tiene asse con Forza Italia, ma i dem perdono
pezzi. Lega e Sel non partecipano. Renzi assente dice: “Nessuno può più fermare il cambiamento”.

Un giorno di ordinaria Italia
Marco Travaglio
L’altroieri, mercoledì 6 agosto, pareva una giornata come tante altre. Il Senato era impegnatissimo a votare a tappe forzate, h24, la propria trasformazione in bocciofila per consiglieri regionali e sindaci inquisiti. Il presidente del Consiglio si godeva le reazioni alla sua intervista settimanale a Repubblica contro i terribili gufi e intanto twittava a tutta randa contro i terribili gufi. Il sinistro dell’Interno Angelino Jolie tentava di provare la sua esistenza in vita espellendo il pericolosissimo imam di San Donà de Piave. Il Corriere della sera pubblicava un editoriale di Aldo Cazzullo dall’azzeccatissimo titolo “Come disperdere un patrimonio” che faceva pensare a una sacrosanta reprimenda a Renzi per i 7 miliardi buttati nel cesso per comprarsi milioni di voti a 80 euro l’uno: ma poi si scopriva che il ragazzo tornato dal Brasile, smaltiti il jet lag e la saudade, ce l’aveva con Grillo e i 5Stelle, senza i quali l’Italia sarebbe la locomotiva d’Europa, ma che dico d’Europa?, del mondo. Giornali e tg erano tutti intenti a illustrare le idee delle ministre Boschi e Madia, doppio ossimoro.

E menavano scandalo perché in Germania Bernie Ecclestone l’ha fatta franca in un processo per corruzione pagando la modica cifra di 100 milioni di euro, tacendo il fatto che in Italia corrotti e corruttori la fanno franca senza sborsare un euro. Gettonatissimo il nuovo gioco dell’estate, destinato a soppiantare l’hula-hoop e il cubo di Rubik: la Riforma della Giustizia del ministro Orlando.

Poi, nell’arco di alcune ore mattutine, sono giunte tre notizie all’apparenza sganciate fra loro.

1) Il vertice di 3 ore a Palazzo Chigi fra il giovane premier e un anziano pregiudicato ai servizi sociali per discutere di Costituzione, legge elettorale col contorno di soglie e preferenze, ma anche di come rimettere in ordine i conti pubblici e rilanciare l’economia, ma anche di giustizia, ma anche di quella culona della Merkel colpevole di tutto, ma anche di Milan e Fiorentina.

2) Il seminario tenuto un mese fa all’università La Sapienza di Roma da Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, imputato per l’omicidio di 33 persone e dunque invitato dalla cattedra di Psicopatologia forense a illustrare le più avanzate tecniche di “gestione del panico”.

3)Il rapporto Istat sull’Italia in recessione, con il Pil a -0,1% nel primo trimestre e a -0,2 nel secondo (quello dei balsamici 80 euro), e l’immediato crollo della Borsa.

Conseguenze della notizia n.1: nessuno stupore, nessuna indignazione per la lectio magistralis del condannato per frode fiscale e imputato per corruzione al premier che dovrebbe combattere le frodi fiscali e la corruzione e riformare la giustizia. Anzi, giusto così.

Conseguenze della notizia n.2: unanime sdegno per la lectio magistralis dell’ex comandante Schettino, al momento solo imputato e non ancora condannato.

Conseguenze della notizia n. 3: il premier Renzi dice “me l’aspettavo”. Era tutto astutamente calcolato.

Quando annunciava che gli 80 euro avrebbero dato “uno choc ai consumi” e gonfiato prodigiosamente il Pil fino all’1% o quasi, scherzava: lui l’aveva fatto apposta per portare il Pd al massimo storico e l’economia italiana al minimo storico degli ultimi 14 anni, così i gufi imparano. Intanto il ministro dell’Economia dice “spendete gli 80 euro” ai fortunati vincitori, e riesce persino a restare serio. L’agenda non cambia: il governo ha sempre ragione, è l’economia gufa che non capisce le slide. E niente panico, come direbbe Schettino. Anzi “avanti così più in fretta”: il Parlamento resterà intasato per altri mesi per abolire l’elezione dei senatori e far nominare i deputati dai partiti, perché ce lo chiede il Pil, e naturalmente l’Europa. Casomai servisse, il pregiudicato che per 11 anni su 20 ha fatto di tutto per affondare la nave e alla fine c’è quasi riuscito promette al premier che a un cenno convenuto tornerà a bordo e gli darà una mano a completare l’opera. Renzi ringrazia, ma confida di riuscirci da solo. Intanto, fa l’inchino.

Impuniti e impunibili, per legge

La Finocchiaro non si vergogna a mettere la sua faccia e il suo nome accanto a quelli di calderoli, più noto come autore del porcellum, la legge elettorale giudicata successivamente e a danni fatti  incostituzionale che solo per il nome attribuitole dallo stesso autore ha fatto sganasciare il mondo e ridotto questo paese ad una landa ingovernabile; calderoli, quello della maglietta anti islam costata la vita a undici persone durante la protesta e gli scontri davanti all’ambasciata italiana a Bengasi e che è ancora e incredibilmente in parlamento.
La Finocchiaro non si vergogna a mettersi sottobraccio a calderoli della lega ladra, razzista, fascista, omofoba per confezionare l’ennesimo provvedimento salvachiappe eccellenti e delinquenti dei politici italiani.
La Finocchiaro non prova nessun imbarazzo ad accostare le sue generalità a quelle di calderoli che insieme alla lega solo qualche giorno fa ha presentato in parlamento l’emendamento per la responsabilità civile dei giudici, il vero problema di questo paese, non i politici delinquenti che anche il pd si tiene e si è tenuto volentieri in casa.
Il partito democratico, quello dei vorrei ma non posso; che voleva Rodotà al Quirinale ma poi ci ha rimesso Napolitano, che è contro la guerra ma poi compra gli F35, il partito del bene comune ma che poi quando vota in parlamento lo fa per il bene di qualcuno, ad esempio le banche.
Il partito democratico, quello dell’opposizione rigida a berlusconi ma poi se lo tiene caro anche da pregiudicato perché come c’insegna Maria Elena forza Italia ha milioni di elettori.
Il partito democratico, quello di Renzi, del daspo ai politici che rubano e corrompono ma poi non trova niente di strano e di sbagliato nel far sedere al tavolo della politica il più ladro e corruttore di tutti.
Anna Finocchiaro, ex magistrato, che non trova niente di strano e di sbagliato, né pensa che sia il caso di vergognarsene nel mettere la firma ad una legge che vuole trasformare in innocenti e impunibili più di quanto lo siano già anche i colpevoli in spregio e sfregio dell’articolo 3 della Costituzione.

Anna Finocchiaro: quella del bacio e dei complimenti a schifani, e forse di lei bastava scrivere solo questo.

 

Immunità Senato, a pensar male si fa peccato

berlusconi continua a dettare l’agenda politica al capitolo che più gli interessa, ovvero la giustizia, e a Renzi questo va benissimo perché con l’appoggio di b. potrà fare le riforme , compresa quell’immunità che non interessa solo al partito del delinquente incallito ma un po’ a tutti, considerati i recenti fatti di tangenti e corruzione al pd un po’ tanto.
Un bel modo di fare politica, mai visto peraltro, non c’è che dire.
E meno male che Renzi è il nuovo che avanza.

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Anna Finocchiaro smentisce il governo
“Su immunità sapeva ed era d’accordo”

Il tentativo di rendere impunibili i reati dei politici che nella totalità dei casi attuali non sono reati attinenti al ruolo, l’articolo 68 era stato pensato per questo, non certo per proteggere il politico connivente con mafie e criminalità, quello che corrompe giudici per appropriarsi di una casa editrice [uno a caso: il solito] è il paletto che inchioda il parlamento da una ventina d’anni, anche qualcosina di più.
Tentativi che si sono ripetuti non solo coi governi di berlusconi che è stato il diretto interessato più interessato di tutti ma anche col sobrio governo dei tecnici eleganti che, per mezzo dell’ex ministra Severino che di mestiere fa l’avvocato e che si è onorata di difendere quei galantuomini dei Riva proprietari del velenificio autorizzato dallo stato che è l’Ilva, confezionò una ridicola legge anticorruzione perché ce lo chiedeva l’Europa, che però chiedeva una legge seria e che scoraggiasse davvero il reato che, insieme all’evasione è quello che più di tutti danneggia la collettività. Perché se dove devono guadagnare in due poi si deve trovare il modo di far guadagnare più gente, quella che “agevola”, è chiaro che nella sfera del pubblico chi ci rimette poi sono i soliti stronzi, ovvero noi.
Arrivare all’oggi, al governo del globetrotter toscano, quello che aveva promesso di sbaragliare tutte le vecchie abitudine della politica, perlopiù le pessime e rendersi conto che l’autosalvataggio della casta è ancora il primo problema della politica significa una cosa semplicissima; che ai piani alti non interessa rinnovare per cambiare ma solo per continuare e perpetuare il sistema che ha ridotto l’Italia a brandelli.
E il fatto che la ministra Boschi ci tenga così tanto a ribadire che la vera alleanza del partito democratico è quella con forza Italia perché berlusconi porta i voti, come se la politica fosse una questione di alleanze e non di serietà, di rinnovamento vero, di restituire fiducia alla gente evitando di mischiarla con la solita delinquenza, quella di prima, quella di sempre, sempre quella, è solo una conferma in più delle cose che in tanti abbiamo scritto in questi mesi.
Mentre il papa scomunica i mafiosi, in parlamento si fanno alleanze con l’amico dei mafiosi.
E nessuno, a parte le solite eccezioni, fa un fiato.

Il Patto di San Vittore – Marco Travaglio, 22 giugno

Finalmente se ne sono accorti. Pidini, forzisti e leghisti, curvi da mesi sul sacro incunabolo della cosiddetta riforma del Senato, si erano dimenticati di dare l’immunità ai nuovi senatori. Ora hanno provveduto: anche i nuovi inquilini di Palazzo Madama, pur non essendo più eletti, non potranno essere né arrestati né perquisiti né intercettati senza il loro assenso preventivo. È l’unica novità di rilievo dell’ultimo testo partorito dal trust di cervelli formato Boschi-Romani-Calderoli, oltre alla riduzione dei senatori da 148 a 100 (5 nominati dal Quirinale e 95 dalle Regioni, di cui 74 fra i consiglieri regionali e 21 fra i sindaci). Restano le assurdità più assurde: saranno abolite le elezioni; i senatori non conteranno nulla nella formazione delle leggi e non voteranno la fiducia al governo (infatti lavoreranno gratis); dovranno dividersi fra le amministrazioni locali e l’impegno romano (un dopolavoro non pagato, ma ben spesato); e dureranno in carica quanto le giunte regionali e comunali di provenienza (dove si vota in ordine sparso, così ogni anno qualche senatore perderà il posto e il Senato diventerà un albergo a ore, con maggioranze e minoranze affidate al caso, anzi al caos).

Finora l’immunità-impunità veniva giustificata in due modi: il Parlamento è lo specchio del Paese che lo esprime, dunque gli italiani, se non vogliono un inquisito a rappresentarli, possono non votare per lui o per il partito che l’ha candidato; il plenum dell’aula non può essere intaccato da un giudice che nessuno ha eletto. Ora anche il senatore sarà un tizio che nessuno avrà eletto (o meglio, sarà eletto per fare il sindaco o il consigliere regionale, non per fare il senatore). E il plenum del Senato sarà continuamente intaccato dalla caduta di questa o quella giunta comunale o regionale. Dunque, in linea di principio, non si vede perché un sindaco o un consigliere regionale eletto senza alcuna immunità debba riceverla in dono soltanto perchè il suo consiglio regionale l’ha promosso a senatore. Ma, nel paese dei ladri, si comprano e si vendono anche i princìpi. Specie se chi, come Renzi, proclama ai quattro venti di voler cacciare i ladri si ostina a riformare la Costituzione con il partito dei ladri (che però – osserva l’astuta Boschi – “rappresenta milioni di cittadini”). 

   Attualmente 17 giunte regionali su 20 sono sotto inchiesta o già sotto processo per le ruberie sui rimborsi pubblici, per un totale di 300 consiglieri inquisiti. E i sindaci indagati non si contano. Se fosse già in vigore la riforma del Senato, anche se volessero, i consigli regionali non riuscirebbero a nominare 95 consiglieri e sindaci intonsi da accuse penali. Ma lo capiscono tutti che la prospettiva di agguantare l’immunità sarà talmente allettante da diventare l’unico criterio di selezione per la carica gratuita di senatore: non appena un consigliere regionale o un sindaco avrà la sventura di finire nei guai con la giustizia, i colleghi – che poi sovente sono i suoi complici – lo spediranno in Senato per salvarlo dalla galera, dalle intercettazioni e dalle perquisizioni. Se no poi magari parla o si fa beccare con il sorcio in bocca. E la cosiddetta Camera Alta del Parlamento diventerà, ancor più di oggi, quel che erano i conventi e le chiese nel Medioevo: un rifugio per manigoldi. Se Giorgio Orsoni, per dire, non avesse commesso l’imprudenza di confessare, accusare il Pd, patteggiare e farsi scaricare da Renzi, ma avesse continuato a negare tutto in attesa del processo, sarebbe ancora sindaco di Venezia, con ottime speranze di farsi nominare senatore dal nuovo consiglio regionale a maggioranza Pd in cambio del suo silenzio.

   Ora però, prima del voto di luglio, alla Grande Riforma mancano alcuni dettagli da concordare con Forza Italia. E B. rischia l’arresto per gli ultimi delirii in tribunale. Sarebbe davvero seccante se Renzi, per rinnovare il patto del Nazareno, dovesse raggiungerlo nel parlatorio di San Vittore e comunicare con il detenuto costituente al citofono, attraverso il vetro antiproiettile, come Genny e donna Imma con don Pietro Savastano. Non c’è un minuto da perdere.

 

Se dico che Laura Boldrini è noiosa sono sessista?

Tutti dovremmo riflettere pensando  a quanto è diverso il concetto di libertà di espressione fuori dagli italici confini dove nessun giornalista chiederebbe mai ad un politico di esprimere un giudizio su una trasmissione televisiva, uno sketch comico/satirico anche quando prendono di mira la politica, il potere, anche quello religioso. Personalmente  provo un grande imbarazzo a far parte dello stesso genere, quello femminile, se penso che ci sono donne che approfittano di ogni occasione per lamentare una questione sessista che nei fatti non c’è.  E quando c’è non è presente certamente ai piani alti del potere. Questo fatto che non si possa mai criticare, fare una battuta, esprimere un parere verso una donna di potere senza incappare poi puntualmente nella cazziata, nella ramanzina di chi tutto è fuorché una vittima di una società maschilista è diventato stucchevole, noioso, insopportabile. Solo qui si fanno questioni sulla satira e solo qui la politica mette bocca sulla satira. 

Laura Boldrini non delude mai, quando ti aspetti che si esprima su qualcosa lei lo fa. E lo fa perché qualcuno, una giornalista di quelle considerate financo autorevoli pensa che agli italiani interessi il parere di Laura Boldrini su cinque o sei minuti di una inutilissima scenetta comica a cui lei oggi e Anzaldi del pd due giorni fa con la lettera alla Tarantola hanno dato una visibilità e un rilievo mediatico che altrimenti non avrebbe mai avuto. Figurarsi se qualcuno non tirava fuori il sessismo anche stavolta. Figurarsi quanti pensieri importanti ha per la testa chi come Anzaldi chiede addirittura conforto al direttore generale della Rai nel merito di una scenetta assolutamente innocua non foss’altro perché l’imitazione era assolutamente innocua. Figurarsi quanto interessa la questione sessista a gente come la Boldrini che nessuno critica “in quanto donna” ma proprio e solo “in quanto Boldrini” alla quale non viene proprio in mente che si possa prendere di mira qualcuno con la satira, uomo o donna che sia, solo per ciò che rappresenta e non per questioni di genere.

A furia di giustificare la critica alla satira, di mettere in pratica le richieste di chi non gradisce che si faccia dell’umorismo sui vari poteri – non solo quello politico – nel servizio pubblico, quello di stato, pagato coi soldi di tutti non si fa più satira.

A parte qualche sporadico siparietto all’interno di altri programmi concordato con autori e conduttori non c’è un solo programma dedicato a quella che – piaccia o meno a permalose e permalosi – è una forma di cultura millenaria. Alla Rai non si fanno, ma soprattutto non CI fanno mancare niente ma, per l’amordiddio guai a correre il pericolo di suscitare qualche riflessione seria attraverso una delle forme espressive culturali più antiche del mondo.

Così nel corso degli anni la Rai ha lasciato andare senza rimpianti Daniele Luttazzi, Corrado e Sabina Guzzanti, Serena Dandini malgrado la loro presenza garantisse un guadagno sicuro all’azienda, ha voluto perdere Crozza per non inimicarsi brunetta, come se la politica avesse il diritto di indicare le sue preferenze anche in fatto di palinsesti tv, quali artisti possono o no lavorare per il servizio pubblico.

E invece qui si fa esattamente questo: la politica interferisce perché sa di avere sufficiente autorità per farlo. Perché davanti al politico sono poche le persone che mantengono la testa alta e rivendicano il loro diritto ad un’autonomia.

E sono ancora di meno quelle che, come avrebbe dovuto fare Lucia Annunziata sanno, si ricordano che ci sono ruoli istituzionali che prevedono l’assoluta imparzialità nei giudizi e che quindi ci sono domande che un giornalista non dovrebbe mai fare al politico quando nelle risposte sono contenute non le opinioni personali di qualcuno ma i giudizi di chi per ruolo non può permettersi il giudizio, che sia sulla satira o sulle forze politiche presenti in parlamento perché votate regolarmente dagli elettori, e non perché come Laura Boldrini fanno parte di una casta di miracolati scelti da nessuno.

Laura Boldrini non è una persona qualunque che può dire quello che vuole a proposito di tutto e tutti: è il presidente della camera. Se Laura Boldrini vuole rendere un servizio utile alle donne maltrattate dal sessismo, quello vero, quello violento che discrimina, non questo usato come alibi dietro al quale ormai si nasconde qualsiasi critica o giudizio verso le donne di potere, lo andasse a fare in quegli ambiti dove le donne sono vittime davvero. Fuori dal parlamento c’è l’imbarazzo della scelta.