Impuniti e impunibili, per legge

La Finocchiaro non si vergogna a mettere la sua faccia e il suo nome accanto a quelli di calderoli, più noto come autore del porcellum, la legge elettorale giudicata successivamente e a danni fatti  incostituzionale che solo per il nome attribuitole dallo stesso autore ha fatto sganasciare il mondo e ridotto questo paese ad una landa ingovernabile; calderoli, quello della maglietta anti islam costata la vita a undici persone durante la protesta e gli scontri davanti all’ambasciata italiana a Bengasi e che è ancora e incredibilmente in parlamento.
La Finocchiaro non si vergogna a mettersi sottobraccio a calderoli della lega ladra, razzista, fascista, omofoba per confezionare l’ennesimo provvedimento salvachiappe eccellenti e delinquenti dei politici italiani.
La Finocchiaro non prova nessun imbarazzo ad accostare le sue generalità a quelle di calderoli che insieme alla lega solo qualche giorno fa ha presentato in parlamento l’emendamento per la responsabilità civile dei giudici, il vero problema di questo paese, non i politici delinquenti che anche il pd si tiene e si è tenuto volentieri in casa.
Il partito democratico, quello dei vorrei ma non posso; che voleva Rodotà al Quirinale ma poi ci ha rimesso Napolitano, che è contro la guerra ma poi compra gli F35, il partito del bene comune ma che poi quando vota in parlamento lo fa per il bene di qualcuno, ad esempio le banche.
Il partito democratico, quello dell’opposizione rigida a berlusconi ma poi se lo tiene caro anche da pregiudicato perché come c’insegna Maria Elena forza Italia ha milioni di elettori.
Il partito democratico, quello di Renzi, del daspo ai politici che rubano e corrompono ma poi non trova niente di strano e di sbagliato nel far sedere al tavolo della politica il più ladro e corruttore di tutti.
Anna Finocchiaro, ex magistrato, che non trova niente di strano e di sbagliato, né pensa che sia il caso di vergognarsene nel mettere la firma ad una legge che vuole trasformare in innocenti e impunibili più di quanto lo siano già anche i colpevoli in spregio e sfregio dell’articolo 3 della Costituzione.

Anna Finocchiaro: quella del bacio e dei complimenti a schifani, e forse di lei bastava scrivere solo questo.

 

Immunità Senato, a pensar male si fa peccato

berlusconi continua a dettare l’agenda politica al capitolo che più gli interessa, ovvero la giustizia, e a Renzi questo va benissimo perché con l’appoggio di b. potrà fare le riforme , compresa quell’immunità che non interessa solo al partito del delinquente incallito ma un po’ a tutti, considerati i recenti fatti di tangenti e corruzione al pd un po’ tanto.
Un bel modo di fare politica, mai visto peraltro, non c’è che dire.
E meno male che Renzi è il nuovo che avanza.

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Anna Finocchiaro smentisce il governo
“Su immunità sapeva ed era d’accordo”

Il tentativo di rendere impunibili i reati dei politici che nella totalità dei casi attuali non sono reati attinenti al ruolo, l’articolo 68 era stato pensato per questo, non certo per proteggere il politico connivente con mafie e criminalità, quello che corrompe giudici per appropriarsi di una casa editrice [uno a caso: il solito] è il paletto che inchioda il parlamento da una ventina d’anni, anche qualcosina di più.
Tentativi che si sono ripetuti non solo coi governi di berlusconi che è stato il diretto interessato più interessato di tutti ma anche col sobrio governo dei tecnici eleganti che, per mezzo dell’ex ministra Severino che di mestiere fa l’avvocato e che si è onorata di difendere quei galantuomini dei Riva proprietari del velenificio autorizzato dallo stato che è l’Ilva, confezionò una ridicola legge anticorruzione perché ce lo chiedeva l’Europa, che però chiedeva una legge seria e che scoraggiasse davvero il reato che, insieme all’evasione è quello che più di tutti danneggia la collettività. Perché se dove devono guadagnare in due poi si deve trovare il modo di far guadagnare più gente, quella che “agevola”, è chiaro che nella sfera del pubblico chi ci rimette poi sono i soliti stronzi, ovvero noi.
Arrivare all’oggi, al governo del globetrotter toscano, quello che aveva promesso di sbaragliare tutte le vecchie abitudine della politica, perlopiù le pessime e rendersi conto che l’autosalvataggio della casta è ancora il primo problema della politica significa una cosa semplicissima; che ai piani alti non interessa rinnovare per cambiare ma solo per continuare e perpetuare il sistema che ha ridotto l’Italia a brandelli.
E il fatto che la ministra Boschi ci tenga così tanto a ribadire che la vera alleanza del partito democratico è quella con forza Italia perché berlusconi porta i voti, come se la politica fosse una questione di alleanze e non di serietà, di rinnovamento vero, di restituire fiducia alla gente evitando di mischiarla con la solita delinquenza, quella di prima, quella di sempre, sempre quella, è solo una conferma in più delle cose che in tanti abbiamo scritto in questi mesi.
Mentre il papa scomunica i mafiosi, in parlamento si fanno alleanze con l’amico dei mafiosi.
E nessuno, a parte le solite eccezioni, fa un fiato.

Il Patto di San Vittore – Marco Travaglio, 22 giugno

Finalmente se ne sono accorti. Pidini, forzisti e leghisti, curvi da mesi sul sacro incunabolo della cosiddetta riforma del Senato, si erano dimenticati di dare l’immunità ai nuovi senatori. Ora hanno provveduto: anche i nuovi inquilini di Palazzo Madama, pur non essendo più eletti, non potranno essere né arrestati né perquisiti né intercettati senza il loro assenso preventivo. È l’unica novità di rilievo dell’ultimo testo partorito dal trust di cervelli formato Boschi-Romani-Calderoli, oltre alla riduzione dei senatori da 148 a 100 (5 nominati dal Quirinale e 95 dalle Regioni, di cui 74 fra i consiglieri regionali e 21 fra i sindaci). Restano le assurdità più assurde: saranno abolite le elezioni; i senatori non conteranno nulla nella formazione delle leggi e non voteranno la fiducia al governo (infatti lavoreranno gratis); dovranno dividersi fra le amministrazioni locali e l’impegno romano (un dopolavoro non pagato, ma ben spesato); e dureranno in carica quanto le giunte regionali e comunali di provenienza (dove si vota in ordine sparso, così ogni anno qualche senatore perderà il posto e il Senato diventerà un albergo a ore, con maggioranze e minoranze affidate al caso, anzi al caos).

Finora l’immunità-impunità veniva giustificata in due modi: il Parlamento è lo specchio del Paese che lo esprime, dunque gli italiani, se non vogliono un inquisito a rappresentarli, possono non votare per lui o per il partito che l’ha candidato; il plenum dell’aula non può essere intaccato da un giudice che nessuno ha eletto. Ora anche il senatore sarà un tizio che nessuno avrà eletto (o meglio, sarà eletto per fare il sindaco o il consigliere regionale, non per fare il senatore). E il plenum del Senato sarà continuamente intaccato dalla caduta di questa o quella giunta comunale o regionale. Dunque, in linea di principio, non si vede perché un sindaco o un consigliere regionale eletto senza alcuna immunità debba riceverla in dono soltanto perchè il suo consiglio regionale l’ha promosso a senatore. Ma, nel paese dei ladri, si comprano e si vendono anche i princìpi. Specie se chi, come Renzi, proclama ai quattro venti di voler cacciare i ladri si ostina a riformare la Costituzione con il partito dei ladri (che però – osserva l’astuta Boschi – “rappresenta milioni di cittadini”). 

   Attualmente 17 giunte regionali su 20 sono sotto inchiesta o già sotto processo per le ruberie sui rimborsi pubblici, per un totale di 300 consiglieri inquisiti. E i sindaci indagati non si contano. Se fosse già in vigore la riforma del Senato, anche se volessero, i consigli regionali non riuscirebbero a nominare 95 consiglieri e sindaci intonsi da accuse penali. Ma lo capiscono tutti che la prospettiva di agguantare l’immunità sarà talmente allettante da diventare l’unico criterio di selezione per la carica gratuita di senatore: non appena un consigliere regionale o un sindaco avrà la sventura di finire nei guai con la giustizia, i colleghi – che poi sovente sono i suoi complici – lo spediranno in Senato per salvarlo dalla galera, dalle intercettazioni e dalle perquisizioni. Se no poi magari parla o si fa beccare con il sorcio in bocca. E la cosiddetta Camera Alta del Parlamento diventerà, ancor più di oggi, quel che erano i conventi e le chiese nel Medioevo: un rifugio per manigoldi. Se Giorgio Orsoni, per dire, non avesse commesso l’imprudenza di confessare, accusare il Pd, patteggiare e farsi scaricare da Renzi, ma avesse continuato a negare tutto in attesa del processo, sarebbe ancora sindaco di Venezia, con ottime speranze di farsi nominare senatore dal nuovo consiglio regionale a maggioranza Pd in cambio del suo silenzio.

   Ora però, prima del voto di luglio, alla Grande Riforma mancano alcuni dettagli da concordare con Forza Italia. E B. rischia l’arresto per gli ultimi delirii in tribunale. Sarebbe davvero seccante se Renzi, per rinnovare il patto del Nazareno, dovesse raggiungerlo nel parlatorio di San Vittore e comunicare con il detenuto costituente al citofono, attraverso il vetro antiproiettile, come Genny e donna Imma con don Pietro Savastano. Non c’è un minuto da perdere.

 

Truffatori, con viva & vibrante soddisfazione

L’avvocato Aldo Bozzi ha seppellito il Porcellum in punta di diritto. Con altri venticinque cittadini, il nipote dell’omonimo leader liberale ha scardinato il sistema elettorale più impopolare della storia repubblicana. Fino al trionfo.

«SEPPELLIRE LA PORCATA MI È COSTATO DIECIMILA EURO» 

Auguriamo lunga vita ai magistrati.
Senza il loro intervento, necessario, non ho idea di quello che sarebbe questo paese da sempre nelle mani di perfetti incapaci, e in più disonesti fino al midollo ai quali serve sempre l’insegnante di sostegno e poi si lamentano pure perché i giudici interferiscono nella politica.
Ma dove doveva andare, se non verso il giusto fallimento, un paese dove si affida la responsabilità di fare la legge elettorale a calderoli? 
Se il parlamento fosse un’azienda oggi tutti i dipendenti troverebbero la lettera di licenziamento sulla loro scrivania. Ci sono voluti otto anni e l’impegno CIVILE di un privato cittadino per stabilire l’illegittimità della legge denominata porcata dal suo stesso ideatore che per primo oggi si meraviglia che la questione sia stata trascinata fino ad oggi: sono soddisfazioni. Una cosa che tutti sapevano ma che faceva molto comodo che restasse com’era. Leggi, finanziarie, provvedimenti “eccezionali”, leggi ad personam a tutela di un delinquente pregiudicato regolarmente firmate dal presidente illegittimo: tutto fuorilegge, illegale. Una truffa a getto continuo spacciata per esercizio della democrazia.

La sentenza che dichiara illegale e illegittima la legge elettorale è stata possibile solo grazie a quella Costituzione sulla quale un parlamento di abusivi ha già messo le mani. 

Questa sentenza ha restituito in parte la sovranità al popolo scippata da un manipolo di gente voluta da nessuno ma che si è messa in testa di modificare il paese di tutti a sua immagine e somiglianza, quelle di chi agisce nell’illegalità e di conseguenza costringe noi a vivere secondo la sua idea di illegalità. 

Chi in tutto questo tempo ha parlato di oligarchia, di regime, di dittatura mascherata, di azioni al limite del colpo di stato è stato bollato come populista, demagogo, antistato e qualunquista anche dal presidente della repubblica clandestino, illegittimo, quello che non aveva sentito il “boom”e ha continuato a fare finta di niente, a non vedere un paese stanco di una politica chiusa nel fortino che di tutto si interessa fuorché della politica, che ha firmato una legge illegittima che chiede, pretende anzi, riforme a tutto tondo, compresa quella della Costituzione, senza nessuna autorità per poterlo fare.


I FUORILEGGE – Marco Travaglio, 5 dicembre

Volete prima la notizia buona o quella cattiva? Ma sì, dài, cominciamo con quella buona: nell’ottavo compleanno del Porcellum, voluto nel dicembre 2005 dall’Udc di Casini, scritto da Calderoli, approvato da tutto il centrodestra e poi conservato anche dal centrosinistra, la Corte costituzionale ha finalmente stabilito che quella legge non è soltanto una porcata: è anche incostituzionale in almeno due punti, il premio di maggioranza del 55% dei seggi alla Camera per la coalizione più votata (senz’alcun tetto) e le liste bloccate con i candidati nominati dai partiti. Ne discende che sono, se non giuridicamente, almeno moralmente incostituzionali tutti i parlamenti eletti con quel sistema: quello del 2006 (maggioranza Unione), quello del 2008 (maggioranza Pdl-Lega) e soprattutto quello attuale, uscito dalle elezioni del 24-25 febbraio.

Dunque sono incostituzionali anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rieletto dai parlamentari incostituzionali, e con molti più voti del dovuto (quelli dei deputati Pd-Sel eletti dal premio di maggioranza ora cassato). E lo è anche il governo di Letta jr., che a Montecitorio gode di una vasta maggioranza dopata da quel premio ora caduto: decenza vorrebbe che i deputati in sovrappiù decadessero e andassero a casa. Insomma, tutto il sistema è fuorilegge. E, se avesse un minimo di dignità, procederebbe a una rapida eutanasia per riportarci al più presto alle urne con una legge elettorale finalmente legittima: una nuova, se mai riusciranno a trovare uno straccio di accordo (che sarebbe comunque frutto di un Parlamento illegittimo); o quella disegnata ieri dalla Corte con una sentenza formalmente “caducatoria” (cancella premio e liste bloccate), ma sostanzialmente “additiva” e “paralegislativa” (disegna un sistema elettorale alternativo al Porcellum, che sarà valido al deposito delle motivazioni, visto che il Paese non può restare senza legge elettorale neppure un istante).

Naturalmente lo sapevano tutti che il Porcellum era incostituzionale. Ma si comportavano come se fosse legittimo. Fino alla suprema protervia di pretendere, dal Colle in giù, che un Parlamento e un governo porcellizzati riscrivessero la Costituzione. Con la complicità di decine di presunti “saggi”, anch’essi incostituzionali per contagio, che hanno screditato se stessi e l’intera categoria prestandosi alla controriforma. Ora almeno quella minaccia pare sventata. Ma sia chiaro che qualunque altra “riforma” (tipo quella della giustizia) sarebbe viziata dallo stesso peccato originale: quindi si spera che lorsignori ci risparmino altre porcate.

La cattiva notizia è che, a causa dell’insipienza dei partiti e del loro Lord Protettore e Imbalsamatore, la Consulta riporta le lancette dell’orologio indietro di vent’anni, riesumando l’ultima legge elettorale della Prima Repubblica: quella con cui si votò nel 1992, il proporzionale puro con preferenza unica (a parte lo sbarramento al 4% per l’accesso alla Camera e all’8 per l’accesso al Senato dei partiti non coalizzati). Quella sonoramente bocciata dall’82,7% degli italiani il 18-19 aprile ’93 nel referendum di Segni&C. che introdusse il maggioritario (poi in parte recepito e in parte no dal “Mattarellum”).

Le forbici della Consulta proprio questo fanno: trasformano il Porcellum da legge maggioritaria in legge proporzionale spianando la strada ai nemici del bipolarismo. Napolitano, Letta, Alfano e Casini in testa: i nostalgici dei governi che non nascevano delle urne, ma dagli accordi aumma aumma nelle segrete stanze dei partiti e del Quirinale. Se, come dicono, Renzi e i 5Stelle vogliono difendere il bipolarismo (“Morto il nano, ce la giocheremo noi e il Pd, e ne resterà solo uno”, tuonava Grillo), possono rendere un grande servigio al Paese: scrivendo insieme una nuova legge elettorale, col ritorno al Mattarellum o col doppio turno alla francese, che salvi il bipolarismo. Se invece ci faranno votare con la legge della Consulta, ci condanneranno a un futuro terrificante: quello dell’Inciucio Eterno.

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Il governo dei larghi sottintesi

Mucchetti [pd], che insieme al suo collega Zanda ha proposto una legge per dilatare i tempi di sopravvivenza di berlusconi in parlamento a discapito di quella del paese, non voterà la mozione di sfiducia all’inutile ministro dell’interno alfano, quello che non sapeva, non c’era e nessuno gli dice niente se un mezzo esercito di polizia va a rapire e sequestrare persone colpevoli di niente perché la vicenda di Alma e Alua si deve inserire semplicemente in un contesto di realpolitik; cose che succedono “ma che speriamo non accadano più” che non devono e non possono determinare la caduta del governissimo del largo inciucio.

Ecco: io auguro a Mucchetti e a tutti quelli come lui, quindi quasi tutti,  che qualcuno li faccia uscire dal parlamento, quando questo incubo sarà finito, con le stesse dinamiche da realpolitik utilizzate per due persone innocenti, una delle quali è una bambina.

Il fatto che alfano non si dimetta, calderoli non si dimetta, Napolitano che non fiata sulla vicenda kazaka, la difesa disperata e ridicola di letta che “non vede nubi” mentre invece dovrebbe sentire il peso di una meteorite che gli è cascata addosso è un’offesa per tutta l’Italia onesta e perbene. 

 In un paese normale TUTTO il governo avrebbe fatto le valigie, e invece sono ancora tutti lì a dire di non aver capito, di non sapere e che insomma, madre e figlia se la caveranno.  La politica dello ‘sticazzismo sfrenato a vantaggio e beneficio delle proprie poltrone rese intoccabili dal presidente della repubblica anche a sprezzo del ridicolo.

Per tacere di tutti quelli che si staranno fregando le mani per l’assoluzione del generale Mori che di fatto vanifica ogni speranza di fare chiarezza sulla trattativa tutt’altro che presunta fra lo stato e la mafia.

Nota a margine: quei quasi 92 milioni, tutti per medicine, fino all’ultimo centesimo.

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Alfano e Calderoli, si salvi chi può? [Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano]

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Renzi: ‘Perdiamo voti per le poltrone’

Democratici divisi sul ministro dell’Interno. I renziani chiedono le dimissioni. Anche Finocchiaro per
il passo indietro. La segreteria si schiera: “Esecutivo deve andare avanti”. E Letta dice: “Non vedo nubi”.

Camera boccia stop finanziamento partiti
Flash mob M5S: “Si tengono il malloppo”

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Al di sotto di ogni sospetto
Marco Travaglio, 18 luglio

Non c’è analisi politica o sentenza giudiziaria che descriva la nostra classe dirigente meglio di un detto napoletano: “Fa il fesso per non andare in guerra”. Si riferisce all’usanza di fingersi scemi alla visita di leva per essere riformati. Poi, naturalmente, capitava che qualcuno venisse riformato perché era scemo davvero. Ecco, noi non sappiamo quanti politici o imprenditori o manager o funzionari o alti ufficiali siano scemi e quanti fingano di esserlo.

Ma prendiamo atto che molti, moltissimi, fanno di tutto per sembrarlo. 

E, va detto a loro onore, ci riescono benissimo. L’altra sera Angelino Alfano, nientemeno che segretario del Pdl, vicepremier e ministro dell’Interno, doveva essere davvero orgoglioso della sua performance davanti al Senato e poi alla Camera, quando leggeva solenne e ieratico il rapporto Pansa che gli faceva fare la figura del fesso, tra un “aperte virgolette”, un “chiuse le virgolette” e un “aperte e chiuse le virgolette all’interno del virgolettato”. 

Manco si rendeva conto di essere la parodia di Alberto Sordi che, nel film Il vedovo , ripassa con i complici il piano per far precipitare la moglie nella tromba dell’ascensore, nella quale alla fine sprofonderà lui (“Volta foglio! Proseguiamo: paragrafo 21, volta pagina! Alt!”). Ora c’è pure il Procaccini espiatorio che racconta: fu il ministro a chiedermi di incontrare l’ambasciatore kazako e, dopo, gli riferii le sue richieste. Ma il premier Nipote non sente ragioni: “Alfano è totalmente estraneo”, dunque resta al suon posto. In fondo è per questo che andiamo a votare: perché venga fuori una maggioranza che esprima un governo che nomini dei ministri che non sappiano una mazza di quel che avviene nel loro ministero. 

Totalmente estranei. Sono lì apposta: per non sapere nulla. Dunque Jolie è assolto — si dice in linguaggio penalistico — per totale incapacità di intendere e volere. Di solito, il passo successivo è il ricovero in un’apposita comunità di recupero. Ma pure il governo può andar bene. Lo stesso dicasi per i politici Prima e Seconda Repubblica, destra e sinistra, che fino all’altroieri han fatto affari con Ligresti: chi l’avrebbe mai detto che era un poco di buono. In fondo don Salvatore già vent’anni fa entrava e usciva dalle patrie galere. In fondo le sue aziende colavano a picco da anni mentre i compensi della famiglia lievitavano (nel 2008-2010, 9 milioni a Jonella più laurea honoris causa all’Università di Torino in Economia aziendale, e in cosa se no?; 10 a Gioacchino Paolo; 3,4 a Giulia; 8 al manager Talarico; 15 al manager Marchionni). Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe tornato al gabbio. Pareva una così brava persona. E Tronchetti Provera? Sono sei anni che tutti sanno dello spionaggio ordito dalla Security Telecom del fedelissimo Tavaroli nell’ufficio accanto al suo, e tutti a domandarsi: chissà mai se Tronchetti lo sapeva. Qualcuno si sbilanciò a ribattezzarlo Tronchetti Dov’Era.

Poi ieri arriva una sentenza, di primo grado per carità: forse sapeva. In un paese decente si leverebbe un coro di giubilo (anche da lui): meno male, vuol dire che almeno era un buon capo. Invece no. La comunità finanziaria è sgomenta: ma come, un top manager che sa qualcosa di quanto accade nella sua azienda? Dove andremo a finire. Quel che è certo invece da ieri — in attesa delle motivazioni — è che il generale Mori era sì un grande detective antimafia. Però prima catturava un boss e non gli perquisiva il covo; poi l’altro boss non lo catturava proprio. Ma sempre in buona fede (il fatto non costituisce reato: cioè è vero, ma senza dolo). Mica voleva favorire la mafia: semmai lo Stato, ammesso e che ci sia qualche differenza. Anche lui agiva a sua insaputa, mirabile emblema di una classe dirigente al di sotto di ogni sospetto. Alla fine però chi fa il fesso è furbo. Il vero fesso — scriveva Giuseppe Prezzolini — “è stupido. 
Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo”.

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Il ministro ombra –  Massimo Gramellini, La Stampa, 18 luglio

È possibile che travestire una palestra da prima casa sia colpa infinitamente più grave che consegnare moglie e figlia di un dissidente al satrapo di un Paese fornitore di petrolio. Quindi non le dimissioni della perfida Idem si pretendono dal timido Alfano, ma semmai un’immissione sulla poltrona di ministro dell’Interno, che per sua stessa ammissione è attualmente disabitata. Alfano ha un vero talento nel non abitare le poltrone che occupa. Sarà per questo che gliene offrono in continuazione. Se fosse stato effettivamente il segretario del Pdl, quando il proprietario del partito gli fece ringoiare la promessa delle primarie avrebbe dovuto dimettersi. Ma lui non è il segretario del Pdl, lui non è il ministro dell’Interno, lui probabilmente non è neanche Alfano, ma un cortese indossatore di cariche per conto terzi. Tra le tante squisitezze che ha pronunciato l’altro giorno al Senato vi è l’affermazione perentoria che al cognato della signora kazaka (o kazakistana, per citare quell’acrobata del vocabolario di La Russa) i poliziotti non abbiano torto un capello. E pazienza se nell’intervista al nostro Molinari il cognato racconta di essere stato preso a pugni e ceffoni, come conferma il verbale del pronto soccorso pubblicato dall’«Espresso». Alfano era e rimane all’oscuro di tutto: pugni, ceffoni, cognati, forse anche che esista una polizia e che sia alle sue dipendenze. 
Rimane la speranza che certi giudizi come questo lo offendano a morte e che in un soprassalto di dignità il ministro ombra di se stesso si dimetta, preferendo passare per responsabile che per inutile. Ma la nostra è, appunto, solo una speranza.

La carica degli Immortali

“Chiedere al potere di riformare il potere, che ingenuità”. 

Giordano Bruno

 

 

Sottotitolo: “hanno visto più stragi loro dei terroristi del mondo, non hanno mai collaborato con la giustizia a svelarci la verità su 60 anni di Repubblica fondata sul sangue dei morti nelle stragi e continuano a parlare di Paese democratico e non se ne vergognano mai.
Hanno perso la possibilità di vergognarsi e questo è il motivo per cui continuano a restare li anche se nessuno li elegge , infatti si eleggono da soli.
Cordiali saluti
Giovanna Maggiani Chelli 
Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili”

 

 

Parlamento, La Malfa e Pisanu da record: sono gli highlander della politica italiana

Quasi ottanta anni di Parlamento in due, più dei 66 anni di vita del Parlamento italiano, dalla sua prima seduta il 28 giugno 1946. Il record è di Giuseppe Pisanu, per il Senato, e Giorgio La Malfa, per la Camera, entrambi a 38 anni di attività. A stilare la classifica della longevità politica è il senatore Idv Stefano Pedica che lancia contemporaneamente la campagna “Cosa hanno fatto in questi anni?”, per dire no a chi è in Parlamento “da una vita”.

Ringraziamo la pattuglia delle vecchie cariatidi che siedono in parlamento da trenta, quaranta, cinquanta, una in particolare [con viva & vibrante soddisfazione il prossimo anno Napolitano festeggerà le nozze di diamante col parlamento essendo stato eletto nel 1953, l’altro ieri, praticamente], da sessanta anni per aver condotto allegramente il paese fino a qui. 
Gente che non solo non se ne va, non pensa minimamente di cedere il passo [e il posto] per favorire un ricambio necessario se la nostra è ancora una democrazia e non un regime sudamericano, africano dove una persona può restare quarant’anni al comando e nessuno può chiederle di andarsene, ma si permette anche di stronzeggiare, di reggere i giochi a chi oggi dice che il posto fisso è noioso, che il lavoro non è un diritto, che si permette di dare dell’eversivo/sovversivo/populista/demagogo a Grillo che individua, giustamente, fra i mali della politica proprio l’assurda concezione, tutta italiana, che un politico debba essere per sempre. 
350.000 cittadini – proprio grazie a Grillo – hanno messo la loro firma anni fa su una proposta di legge che chiedeva di ridurre a due legislature il tempo massimo di permanenza in parlamento, una volta terminati quelli chi aveva avuto l’onore di servire il paese sarebbe dovuto tornare alla sua normale occupazione, 350.000 firme che sono state giustamente ignorate perché di quel che vuole il popolo al manipolo dei mantenuti privilegiati non frega un cazzo, l’Italia in mano a questi giovani virgulti si è man mano trasformata in una dittatura dove sono gli stessi politici che si autoeleggono grazie a leggi elettorali fatte sempre da loro che impediscono a noi, popolo sovrano per Costituzione, di poter scegliere chi può accedere in parlamento, chi può restare e chi no.
Verrebbe da chiedersi cosa avrebbero fatto tutti quanti se avessero dovuto lavorare sul serio invece di farsi mantenere a vita, e anche oltre la vita, dai cittadini, ecco perché hanno tanta paura del ‘buffone’ che ha il merito, almeno, di aver svegliato un bel po’ di coscienze.

Cervelli in pappa

C’è da ammetterlo è stata una lunga estate calda. Molto calda. Così calda che evidentemente ha mandato in sofferenza gli ultimi neuroni rimasti attivi nei cittadini. In vero, parrebbe che anche qualche sicario di governo abbia avuto una fusione neuronale, ma è solo apparenza. La loro materia grigia è fresca.

 

Mi piace pensare che si divertano a tirare la corda, certi che mai si spezzerà. Ho smesso di credere che questo possa avvenire per un rigurgito di dignità. Ormai, come in un film di Mel Brooks, i sicari potrebbero sedersi davanti a una telecamera e dirci qualunque sozzeria. Noi staremo a discuterne per giorni, traendo da esse anche qualche insegnamento. Sbagliato.

 

Cancellieri: “Tagli alle scorte, ma senza ideologie.” Se avesse la pazienza di spiegarmi, sicario ministro, le sarei grata. Cosa significa? Che abbiamo corso il rischio di lasciare liberi i criminali di uccidere “le toghe rosse” per strada? E quindi che esistono le toghe comuniste impegnate a perseguitare l’ex tizio criminale?

 

Cosa c’entra, signor ministro sicario, l’ideologia politica con una scorta? Vorrà forse dire che c’è rischio che per far dispetto a un ex amico, qualcuno può proporre di eliminare un privilegio? La scorta, non dovrebbe servire a proteggere le autorità che per aver lavorato a tutela delle istituzioni, oggi hanno la vita a rischio?

 

Sarebbe ideologico, togliere le scorte pagate dai cittadini italiani, a quella feccia di amichetti, complici, affiliati, mafiosi che per anni hanno usato uomini dello stato come gadget di lusso da mostrare come cagnolini in borsetta?

Ci sarà qualcosa di ideologico, sicario Ministro, anche nei guanti dei pompieri che non isolano dal calore, e che hanno provocato gravi ustioni a due vigili del fuoco? (Come gli scarponi di cartone dei minatori sardi, durante il fascismo, che si disintegravano a contatto con l’acqua)

 

Si divertono, ne sono sicura. E fischiettano sorridenti ad ogni approvazione di decreto. Da oggi i medici, per esempio, dovranno motivare la scelta di un farmaco “non griffato”[cit.] qualora decidessero di prescriverlo a un paziente che ne ha bisogno. Si può anche arrivare al punto in cui, il paziente viziato dalla griffe, decida di pagare la differenza tra la merda di stato e la medicina da ingoiare. Certo che ci ridono dietro, è normale, dato il silenzio.

 

Soprattutto perché dopo leggi che per salvare l’allora direttore della propaganda di rete 4, oggi siamo costretti a pagare 1.500 euro al giorno al signor Francesco Di Stefano, legittimo proprietario delle frequenze. E perché leggi che nonostante sia palese la bufala del Ponte sullo Stretto, intorno al progetto fantasma nascono nuovi contratti, e nuovi falsi progetti, la cui non attuazione ci costerà domani altre (a l t r e) penali milionarie, che la mafia dello stato italiano, s’impegna a pagare alla Mafia altrui.

 

Certo che ridono, e sono felici. Come scienziati davanti ad una nuova scoperta, gongolano eccitati, ormai sanno che potranno spingersi ogni giorno più in là, restando impuniti.

 

Rita Pani (APOLIDE)