Commistioni

Sottotitolo: quando poche settimane fa è morta Margaret Thatcher nessun comitato sportivo ufficiale inglese  ha stabilito che si dovesse osservare il minuto di silenzio, è stato chiesto ai diretti interessati, ovvero ai tifosi, se fossero o meno d’accordo, alla loro risposta negativa il rifiuto è stato rispettato e non c’è stata nessuna commemorazione sui campi di calcio. 

Dunque hanno fatto benissimo all’Olimpico a fischiare il minuto di silenzio per Andreotti, visto che nessuno ha chiesto ai tifosi se fossero o meno d’accordo nell’osservarlo.
Inutile l’ipocrisia degli speakers che hanno parlato del momento di crisi della gente verso la politica. Quei fischi erano proprio e solo per il fu divo.

Se un ex procuratore antimafia promosso alla presidenza del senato va al funerale di un prescritto per mafia, in quale versione ci va: da ex procuratore antimafia, da presidente del senato, da conoscente dispiaciuto, da ipocrita così come c’è andata la maggior parte della gente che era presente ai funerali “in forma privata” di Andreotti o che altro?


E magari fra quindici giorni Grasso andrà anche a Palermo a fare il discorsetto di ordinanza a Capaci?
Ci sono cose che si devono fare e quelle che perfino un’istituzione può evitare di fare se vuole, se pensa che non siano opportune, la politica è fatta soprattutto di gesti simbolici, e malgrado l’avvocatessa Bongiorno ancora ieri parlava di un Andreotti “assoltissimo” così non è. 
E il presidente del senato, se ci teneva così tanto a non far mancare la sua presenza poteva benissimo limitarsi a mandare un telegramma di condoglianze suo personale, visto che non tutta l’Italia che adesso anche Grasso rappresenta è obbligata a commemorare Andreotti e a dispiacersi per la sua dipartita, invece di sedere in prima fila ai funerali del prescritto per mafia.

Andreotti non andò al funerale di mio padre. Preferiva i battesimi di Nando Dalla Chiesa – Il Fatto Quotidiano

Andreotti, Ambrosoli non commemora

Se l’è andata a cercare
Massimo Gramellini, La Stampa

Mentre il consiglio regionale della Lombardia rendeva omaggio al fantasma di Andreotti, il capo dell’opposizione Umberto Ambrosoli è uscito dall’aula. Suo padre, l’avvocato Giorgio, fu ammazzato sotto casa in una notte di luglio per ordine del banchiere andreottiano Sindona: aveva scoperto che costui era un riciclatore di denaro mafioso. Trent’anni dopo Andreotti commentò l’assassinio di Ambrosoli con queste parole: «Se l’è andata a cercare». 

Il perdono è una cosa seria. E’ fatto della stessa sostanza del dolore e si nutre di accettazione e di memoria, non di ipocrisie e rimozioni forzate. La morte livella, ma non cancella. Con buona pace del quotidiano dei vescovi che ieri titolava: «Ora Andreotti è solo luce». Per usare una parola alla moda, Andreotti era divisivo. Lo era da vivo e lo rimane da morto. Purtroppo anche Ambrosoli. Perché esistono due Italie, da sempre. E non è che una sia «buona» e l’altra «cattiva», una di destra e l’altra di sinistra (Giorgio Ambrosoli era un liberale monarchico). Semplicemente c’è un’Italia cinica e accomodante – più che immorale, amorale – che non vuole cambiare il mondo ma usarlo. E un’altra Italia giusta e severa – più che moralista, morale – che cerca di non lasciarsi cambiare e usare dal mondo. Due Italie destinate a non comprendersi mai. Un’esponente lombarda del partito di Berlusconi ha detto che il figlio di Ambrosoli ha mancato di rispetto al morto. Non ricorda, o forse non sa, che anche Andreotti aveva mancato di rispetto a un morto. Quell’uscita dall’aula se l’è andata a cercare.

QUANDO IL DIVO DISSE: “SE L’ANDAVA CERCANDO”

Il dottor Ambrosoli  ha fatto benissimo.  

Le cattive abitudini si correggono solo con azioni educative, con gesti esemplari, e quella di Ambrosoli lo è stata, così come è illuminante l’articolo di Nando Dalla Chiesa.

Oggi non sa solo chi non vuole sapere e nessuno è obbligato a dovere del rispetto ad una persona morta, se quel rispetto non ha saputo conquistarselo da viva.

Uno dei miei punti di riferimento  è una  donna nera che una sera, tornando dal lavoro, rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus che a quei tempi era  riservato solo ai bianchi.

Con quel semplicissimo NO diede il via ad una rivoluzione  senza precedenti: il segno che bastano anche i piccoli gesti simbolici a cambiare le cose. 

Qui ci vorrebbero meno politici e più Rose Parks.

 E se sparissero finalmente tutti gl’ ipocriti, corrotti, conniventi con tutte le mafie, opportunisti, invece di essere infilati nelle commissioni preposte al controllo degli apparati dello stato sarebbe una grande conquista di civiltà per l’Italia.

“Ha una vaga idea la signora della storia di quegli anni? ci sono anche dei libri, s’informi, e si vergogni”.

Bravo Cacciari, quanno ce vo’ ce vo’.


Le lingue di Menelik
Marco Travaglio, 8 maggio

Nel 1889 l’ambasciatore italiano ad Addis Abeba siglò un trattato di amicizia con il negus Menelik, imperatore d’Etiopia, dopo la conquista dell’Eritrea. La firma avvenne nell’accampamento del Negus, a Uccialli. Ma ben presto i due paesi tornarono a litigare, perché il trattato diceva una cosa nella versione in lingua italiana e un’altra in quella in lingua amarica. Nella prima, l’Etiopia diventava un protettorato italiano e il Negus affidava la politica estera etiope al nostro governo. Nella seconda, il Negus poteva delegare la politica estera all’Italia quando voleva, e quando non gli conveniva poteva fare di testa sua. Una furbata all’italiana per consentire a entrambi i governi di presentarsi come vincitori agli occhi dei rispettivi popoli. Naturalmente la magliarata durò pochi mesi: poi Menelik, senz’avvertire Roma, strinse rapporti diplomatici con la Russia e la Francia. E riesplose la guerra. La storia ricorda quel che sta accadendo nel Pd: da quando, non bastandogli il suicidio sulla via del Colle, ha deciso di suicidarsi una seconda volta (impresa che può riuscire solo al Pd) sulla strada di Palazzo Chigi, non passa giorno senza che un dirigente del Pdl lo richiami ai “patti”: sui ministri, sui sottosegretari, sull’Imu, sulla giustizia, sui presidenti di commissione. E pare che quei patti ci siano, senza errori di traduzione. Nulla di strano: quando due partiti decidono di governare insieme, è normale che prendano accordi. Gli elettori del Pdl lo sanno e, se va bene a B., buona camicia a tutti. Viceversa gli elettori del Pd non devono saperlo: questa almeno è l’illusione dei dirigenti che da vent’anni li raggirano, estorcendogli i voti in nome dell’antiberlusconismo e poi usandoli per inciuciare con Berlusconi. Ora però, nel raggiro, c’è un salto di qualità. Due mesi fa la parola d’ordine era “mai con B.”. Un mese fa era “con B. solo per il Quirinale”. Due settimane fa era “con B. solo per un governo di scopo di pochi mesi: legge elettorale e si torna a votare”. Ora è “con B. per un governo di legislatura e la riforma della Costituzione”. Nel timore che domani si passi a “con B. per un partito unico guidato da B.”, la base si sta ribellando in tutt’Italia. Il che spiega perché il Pd resta senza segretario: così i dissidenti non sanno a chi tirare i pesci in faccia.
Ma quali siano i patti stipulati da Letta e B. nel famoso incontro clandestino con lo zio Gianni, l’hanno capito tutti. Il governo Letta — come l’Italia descritta da Corrado Guzzanti nei panni di Rutelli con la voce di Sordi — “non è né di destra né di sinistra: è di Berlusconi”. Lui l’ha voluto, lui ha scelto il Premier Nipote e i ministri che contano, lui decide il programma (anche perché il Pd ne ha diversi, cioè nessuno), lui detta i tempi, lui staccherà la spina quando gli farà comodo. Intanto le questioni che gli stanno a cuore, cioè la giustizia, la tv, le autorizzazioni a procedere e le ineleggibilità sono cosa sua. Dunque il sottosegretario alle Comunicazioni è Catricalà e il presidente della relativa commissione è Matteoli. Il presidente della giunta delle immunità è La Russa. Il presidente della commissione Giustizia sarà Nitto Palma o, se non passa, Ghedini. Il presidente della giunta delle elezioni sarà un leghista. Il tutto, beninteso, coi voti determinanti del Pd. Ora B. vorrebbe anche la Convenzione (“come da accordi”, dice lui), che comunque spetta di diritto al Pdl, visto che il centrosinistra col 29% dei voti ha occupato le prime quattro cariche dello Stato. Ma il Pd si oppone, come se tra B. e qualche suo servo ci fosse qualche differenza. Ragazzi, giù le maschere e via le lingue di Menelik: l’han capito tutti che vi siete messi d’accordo con B. Dategli pure ‘sta Convenzione e non se ne parli più. Dopo la faccia, evitate almeno di perdere tempo.

Ps. Complimenti all’ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. L’altroieri era ai funerali di Agnese Borsellino, ieri a quelli di Giulio Andreotti.

25 novembre: che strazio ‘ste giornate contro

Sottotitolo: non andrò a votare alle primarie per i motivi che ho spiegato diffusamente in questi giorni, se avessi deciso diversamente, se chi ha organizzato queste primarie che comunque sono una dimostrazione di democrazia applicata ai fatti non avesse inserito quella trappola di doversi dichiarare elettori di centrosinistra, avrei votato Vendola. Perché pur avendo il cardinale sul comodino è l’unico che forse ce la può fare a riportare la parola SINISTRA sulla scena politica italiana.
E, attenzione a Renzi che invece dice, anzi lo scrive su un libro, che la fede  religiosa non deve rappresentare un pericolo in politica e che non può essere un fatto privato.
 La fede religiosa  E’ e deve restare un fatto privato, anzi, in Italia è urgentissimo che si agisca nel concreto per farcela proprio diventare.

Preambolo: ci sono donne che si ricordano di chiedere il rispetto per le donne il 25 novembre,  come quelle che  l’8 marzo pensando che sia una festa vanno a vedersi  spogliarelli maschili, se ti piace lo spogliarello perché non ci vai tutti gli altri giorni? e se ti piace il rispetto, perché non lo pretendi tutto l’anno, magari  tutti i giorni meno questo?

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: condividi anche tu “se sei contro la violenza sulle donne”.

Un concetto di così rara stupidità non dovrebbe essere pensato da nessuno, figuriamoci scritto su una delle solite fotine che imperversano sui social network e  che ci mostrano donne che si riparano volti, donne coi lividi sulle guance.
Come se la normalità fosse quella di essere “pro” qualsiasi violenza.
Come se ci fosse bisogno di ribadire il proprio no a tutte le violenze.
Non si combatte la violenza con immagini che la esprimono.
Non si è più pacifisti, ovvero contro le guerre, mostrando le foto di bambini dilaniati dalle bombe, per esempio.
Non si combatte la violenza sulle donne confezionando una parola “femminicidio” che a nulla serve se non a distogliere l’attenzione su un dramma  creando l’ennesimo divario, l’ennesima separazione, la quota rosa anche per quel che riguarda il diritto ad essere rispettate fisicamente.
Non esiste il femminicidio, non esiste il gaycidio, non esiste l’ominicidio; esiste l’OMICIDIO, se in questo paese si riuscisse a restare seri almeno sulle cose serie sarebbe un bel passo avanti.
Non ci vuole una legge contro la violenza sulle donne così come non ce ne vuole, non ce ne vorrebbe nessuna contro la violenza verso gli omosessuali, i bambini, i cani, i gatti eccetera.
Ci vuole UNA legge ben fatta per tutti, per le PERSONE – da far rispettare.

In Italia non c’è nemmeno una  particolare emergenza  contro la violenza sulle  donne, non ci siamo neanche sui numeri, le statistiche degli organi internazionali, uno a caso l’ONU, non il club dell’uncinetto quindi, rilevano che l’Italia è nella media di altri paesi, anzi addirittura ci sono paesi del nord Europa dove la media è uguale se non più alta; quello che fanno certi media è puro terrorismo mediatico che viene sfruttato come pretesto da veterofemministe d’antan per appoggiare richieste fuori da ogni logica,  tipo la proposta di legge  Bongiorno – Carfagna circa l’ergastolo per chi uccide le donne. Giulia Bongiorno, l’ottimo avvocato che è riuscita a far prescrivere Andreotti facendolo risultare mafioso solo un po’, quel tanto che bastava per non perdere la carica di senatore a vita, vuole l’ergastolo per gli assassini delle donne. Una proposta di legge che porterebbe la sua firma e quella della nota statista Mara Carfagna, la stessa che voleva inasprire la legge contro lo sfruttamento della prostituzione minorile e non mentre a casa berlusconi si organizzavano le famose cene eleganti a base di anal_coolici e bunga bunga.
E nessuna delle due la considera discriminatoria: un bel passo avanti in fatto di civiltà.
Che bel paese, l’Italia.

La vita ha lo stesso valore per tutte le persone, per le donne, per gli uomini, per i bambini, per omosessuali e transgender;  quindi chi offende, violenta e uccide donne, uomini, bambini, omosessuali e transgender  deve essere punito con la stessa pena. Non una pena diversa, una legge diversa ma l’applicazione esatta di una legge fatta bene. L’allontanamento coatto ad esempio non viene quasi mai fatto rispettare. Perché? quindi quello che si deve pretendere è la certezza della pena, non la diversificazione della gravità del reato.

Una legge pensata per dire che chi uccide un uomo o un gay sia meno colpevole di chi ammazza una donna può produrre solo effetti disastrosi.

Bisogna cambiare la cultura?
Sì, a partire dall’educazione dei bambini che storicamente in questo paese vengono educati e istruiti perlopiù da donne.
La quasi totalità dei bambini, maschi e femmine viene educata dalle madri, da maestre,  dunque da donne, anche alle scuole medie e alle superiori la percentuale degli insegnanti  donna è più alta.

Bisogna cambiare la cultura?
Sì, è assolutamente vero: bisogna cambiare la cultura, a partire proprio da certe madri, e sono tante, che spesso affibbiano ruoli distinti e separati ai figli proprio in base al sesso, genitori e nonni che regalano giocattoli sin dalla tenera età per ribadire la diversità, alle femminucce la tavola da stiro e ai maschi le pistole.
Madri che pretendono che sia la femmina ad aiutare in casa mentre al maschio è concesso potersi spalmare sul divano a guardarsi la partita coi papà.
Madri che non pensano sia utile insegnare anche ai figli maschi come si usa una lavatrice, una lavastoviglie e – appunto – un ferro da stiro, che mutande e calzini sporchi si mettono in lavatrice, non si lasciano sotto al letto, e che la tazza della colazione si può sciacquare e rimettere a posto. Serviti e riveriti finché restano in casa.

Maschi cresciuti pensando che ci siano cose che sono esclusivamente “roba da e per donne”-  in che modo potranno sviluppare un concetto diverso a proposito di rispetto PARITARIO per le donne?
La cultura si insegna da piccoli, in un paese normale.

San(t)ità mentale

Preambolo: 

E’ sano di mente chi uccide 77 persone?

 Un politico ruba? È perseguitato dalla magistratura. Lo Stato fa trattative con la mafia? I giudici sovvertono i poteri costituzionali. L’Italia sprofonda nella crisi economica e migliaia di famiglie e imprese sono alla canna del gas? La fine del tunnel è vicina, tutto ok, dice il nostro presidente del Consiglio. Ormai tutto è sistematicamente capovolto. E purtroppo i teleschermi amplificano il falso.

Alla fine che persone diventiamo se ci nutriamo continuamente di menzogne? Quali riferimenti abbiamo se ci fanno sapere che è sano di mente chi uccide 77 persone? Che speranza abbiamo nel futuro se il falso diventa la normalità? Diciamolo forte: non è sano di mente Breivik! E’ una persona malata. E’ figlio di una società malata, che nutre la mente con fanatismi, programmazioni sociali, odio razziale, estremismo politico. Al contrario, una persona sana di mente non uccide. Ama. Aiuta. Lavora. Fa sacrifici. Crede in un mondo migliore. Si impegna per una società civile. Ma soprattutto – come diceva il filoso Lao Tze – chiama le cose con il loro nome.

Come siamo arrivati a un tale livello di confusione su cose così semplici?

Sottotitolo: se nemmeno quella navigatissima piraña  della Bongiorno che riuscì a dimostrare che si può essere mafiosi solo per un tot di tempo – né un attimo prima né un momento dopo –  a proposito della PRESCRIZIONE PER MAFIA di Giulio Andreotti è riuscita ad ottenere uno sconticino di pena per Antonio Conte, il marcio nel fantastico mondo del calcio italiota dev’essere molto maggiore che non in Danimarca. Come dice la mia amica Barbara, Conte non ha potuto usufruire del servizio “SOS Colle”. Oppure avrà trovato la linea occupata.

La Repubblica e Il Fatto, Zagrebelski e Scalfari: quello che Ezio Mauro non dice

Lo scontro tra il fondatore del quotidiano di Largo Fochetti e il presidente emerito della Consulta, la favola del “tutti abbiamo ragione” e l’attacco ai pm e alla Costituzione: rassegna – punto per punto – dei trucchi per mettere d’accordo capra e cavoli.

Come si permette il direttore  Ezio Mauro di dare anche a me della fascista, della militante di “una nuova destra” solo perché penso che l’informazione debba svolgere la professione a cui si è liberamente dedicata e che in un paese normale i giornalisti  non dovrebbero avere come obiettivo quello di fare favori ad una parte politica piuttosto che ad un’altra? E che in un paese normale la cui Costituzione sancisce con un preciso articolo che TUTTI I CITTADINI SONO UGUALI,  nessuno dovrebbe essere più uguale degli altri sia che si chiami silvio berlusconi, Giorgio Napolitano o Mario Rossi?

Ci vorrebbe una class action contro questi guastatori dell’informazione.

Per quale motivo sostenere dei Magistrati ai quali si sta rendendo difficile, anzi impossibile il raggiungimento dell’obiettivo “Verità” circa la trattativa [tutt’altro che presunta] fra lo stato e la mafia dovrebbe essere di destra mentre invece sostenere un partito come il pd è sicuramente di sinistra? se qualcuno me lo spiega mi fa un favore.
E inoltre, per quale ragione le “prerogative presidenziali” sono state violate dalle intercettazioni Mancino-Napolitano [2012] mentre non lo furono a causa delle intercettazioni Bertolaso-Napolitano del 2009?
Cosa fa la differenza tra le due situazioni, forse il fatto che la trattativa ci fu e questo non si deve sapere ché pare brutto?

 Il Fatto Quotidiano che si schiera dalla parte dei Magistrati è un giornale di destra, Repubblica invece che da mesi ha assunto una linea editoriale irriconoscibile tanto da spingere molti lettori affezionati, me compresa, a smettere di comprare quel giornale è di sinistra?  

Un gruppo potente come quello di De Benedetti non ha gli stessi problemi di un quotidiano che si finanzia da sé. E non c’è bisogno di rinnegare la propria linea editoriale in modo così palese per dimostrare di stare dalla parte dello stato lasciando ad intendere che chiunque abbia in mente l’insana idea di voler perseguire la verità sulle stragi mafiose sia invece contro lo stato, che poi è la stessa opinione/teoria di Violante  che, da essere inqualificabile qual è anziché  chiedere scusa agli italiani e sparire dalla circolazione portandosi dietro tutti i suoi compagnucci di inciucio, da d’alema a veltroni passando per tutta la schiera dei complici di b, tutti quelli che nella presunta sinistra italiana  in questi anni hanno oliato i suoi ingranaggi invece di fare il contrario, per il bene del paese e cioè il loro, delle caste e sottocaste,  si permette anche il lusso e il privilegio di insultare i suoi ex colleghi, quelle persone che non hanno scelto la via facile di un posto in parlamento ma hanno continuato a lavorare in prima linea a prezzo della vita o di un trasferimento “volontario” in Guatemala.

La trattativa spiegata ai media stranieri: “Nessun complotto del Fatto”

Precisazioni

Violenza di gruppo e informazione demagogica

Fa piacere sapere che la presunzione di innocenza è valsa in maniera così forte per berlusconi tanto da permettergli di stravolgere il codice penale e di avere un difensore eccellente ancora oggi anche fra i sobri tecnici del governo Monti, tal polillo che lo ritiene un perseguitato e lo vorrebbe vedere al Quirinale non da usciere ma da presidente di questa (povera) repubblica, vale per tutti i parlamentari che colpiti da accuse e condanne non solo non si dimettono ma possono pure permettersi il lusso e il privilegio (come se non bastassero quelli che hanno già) di far decidere i loro pari se devono essere o no processati e arrestati, vale per i terroristi che scappano all’estero per non essere anch’essi perseguitati dalla giustizia (in Italia? me viè da ride) e per mille altre categorie di presunti colpevoli ma per gli stupratori presunti no, non può valere. Per loro bisogna tornare al medioevo. Il provvedimento c’era anche prima, è sempre un giudice che decide quali sono le condizioni che prevedono la misura cautelare preventiva e quelle che no. E comunque si parla di alternativa, non di libertà incondizionata. La Franzoni è rimasta a casa sua fino alla sentenza, l’omicidio efferato di un bambino è forse meno grave dello stupro?
Dobbiamo metterci in testa che la legge non idealizza, non fantastica, non è creativa: è legge e va applicata per come è, e le leggi si fanno in parlamento, non le fanno i giudici che ogni volta (ogni volta!) devono sorbirsi accuse di ogni tipo. Se c’è qualcuno da cui dobbiamo pretendere un cambiamento è la politica, non la magistratura.
Uno stato o è laico sempre oppure mai, e i tribunali degli stati laici agiscono e giudicano in base alla legge, non al sentire comune personale della gente, tanto meno poi devono e possono preoccuparsi di chi è stato offeso dal reato che si deve giudicare. Io non voglio vivere in un paese dove a giudicare gli assassini sono i familiari e gli amici dell’ucciso né in uno dove a giudicare gli stupratori sono le sue vittime. Queste cose le fanno in talebania. Ai princìpi non si rinuncia a vantaggio di facili tentazioni moralistiche, quelle del “e se capitasse a te”, per dire. La Cassazione ha semplicemente ribadito quello che già esisteva e cioè  che non c’è e non ci deve essere  l’obbligatorietà della custodia cautelare ANCHE in caso di stupro di gruppo. La custodia cautelare è una misura che si adotta PRIMA dell’accertamento della responsabilità dell’imputato  in ordine al fatto di reato. Dunque PRIMA di aver stabilito se il presunto ladro, assassino, stupratore, corruttore [and so on] sia colpevole. Lo scandalo davanti al quale TUTTI dovremmo metterci di traverso è che si possa finire in carcere PRIMA che  ci  sia una sentenza di condanna. Io non voglio vedere in galera gente innocente ma neanche quella PRESUNTA colpevole. Tutti quelli che ieri si sono stracciati le vesti dovrebbero immaginare se succedesse  a loro di essere accusati ingiustamente di stupro, o a dei loro ipotetici figli. Eppure solo poche settimane fa un intero campo rom a Torino è stato dato alle fiamme perché secondo l’accusatrice abitava lì il ragazzo che l’aveva violentata. Solo dopo la tragedia siamo venuti a sapere che la ragazzina si era inventata tutto per riparare un rapporto sessuale CONSENZIENTE. Ma ovviamente questo lo ignorano sia la giornalista del Fatto che ieri esportava disinformazione in un articolo a dir poco osceno, che quelli che aprono pagine di protesta a cazzo su facebook solo sulla base di un lancio di agenzia senza poi approfondire se la notizia è così come ce l’hanno presentata o meno.
Prendere poi ad esempio l’opinione della Bongiorno (come ha fatto la  giornalista del Fatto in un articolo indegno di un giornale che ha fatto della difesa della legalità la sua bandiera), l’avvocato che ha difeso Andreotti riuscendo a dimostrare che si può essere mafiosi fino a un certo punto, non un attimo prima né uno dopo: due anni o dieci o quindici poi tutto torna pulito e bello come prima, dimostra inoltre quanti danni ha fatto il berlusconismo in questo paese.

E, aggiungo, quanto ci siamo incattiviti tutti quanti.