Più solidarietà per tutti [tanto è gratis]

Preambolo: ma Riina che chiede di “mettere berlusconi in galera per tutta la vita”? 
Mica ha detto ci voglio fare un reato insieme, ha chiesto proprio la galera, e a vita per giunta.
Giustizialista!

Mi chiedevo inoltre se nei  76 chili del frigo di Francesco è compreso anche il peso delle corna della première dame. Bel furbacchione pure Hollande, prima si fanno i fatti loro, dichiarano guerre come Bush, le perseguono come Obama, tradiscono le mogli come Hollande e poi vanno a prostrarsi davanti alla loro santità per riguadagnare un’immagine pubblica. 
E le santità approvano, le guerre, le corna e molto altro, e aprono la porta a tutti. Intendiamoci, a me delle storielle di letto di Hollande non frega nulla. Al papa però in quanto capo di una religione che santifica il matrimonio e demonizza l’infedeltà sì, dovrebbe interessare. E questa visita a ridosso dell’ennesimo scandalo di sesso del potente in vaticano è quanto meno inopportuna. Se esiste una diplomazia dovrebbe fare il suo mestiere. Così invece è abbastanza comprensibile la ragione di questo incontro. E il problema è sempre il solito, ovvero che il potere che non viene mai condannato nemmeno moralmente può continuare, attraverso i suoi rappresentanti a fare il cazzo che vuole. Ai cittadini comuni questo non è permesso. Perché a loro, a noi il giudizio morale del prossimo può cambiare la vita. E non abbiamo nemmeno un papa che ci riabilita.

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Sottotitolo: perché  ognuno può dire quello che vuole e non dire quello che dovrebbe al momento opportuno.
E allora succede che il presidente del consiglio abbia, con tre mesi di ritardo espresso la sua solidarietà a Nino Di Matteo, che come giustamente fa notare Marco Travaglio stamattina non è stato minacciato di morte dalla mafia ma “condannato” perché la mafia solitamente quando si prefigge un obiettivo poi riesce a centrarlo [ché non è mica un governicchio di larghe intese, la mafia] e per non far sembrare troppo grave quella condanna o troppo zelante la sua solidarietà – ché non sia mai lo stato si metta al fianco di chi lavora per lo stato e non invece di chi lo deruba – ha aggiunto la solidarietà anche a Piero Grasso condannato a fare il presidente del senato.

E, siccome le disgrazie non vengono mai sole, nessun giornalista di buona volontà è andato a chiedere a Enrico Letta come mai la solidarietà a Nino Di Matteo da parte di una parte delle istituzioni sia arrivata oltre il tempo regolamentare rispetto ad altre che hanno riguardato altre persone e altre situazioni meno gravi espresse quasi in tempo reale, né i motivi per i quali Piero Grasso ha bisogno anche della mia solidarietà.

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LO SVUOTA-CARCERI LIBERA GOMORRA (Thomas Mackinson e Davide Milosa).

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Giorni fa sentivo a radio Capital che in Italia a causa della crisi sono aumentati i reati di microcriminalità come i furti negli appartamenti, gli scippi e le rapine. 
Premesso che un furto in casa non ha mai una micro dimensione perché spesso e volentieri oltre al danno di ciò che viene sottratto chi entra in una casa senza chiavi deve trovare un modo per farlo. Io ad esempio, oltre alla perdita di oggetti di valore, alcuni di un valore semplicemente simbolico altri di valore e basta ho dovuto rifare per intero la porta di casa che mi avevano sradicato dal muro e, abitando in una casa che inizia dal pianterreno mettermi dietro le sbarre da incensurata. 
Una spesa che sul bilancio familiare incide e costringe a fare a meno di altre cose per un po’. Oltre a quelle di cui si era già dovuto fare a meno per motivi contingenti. 
E nemmeno uno scippo è un reato micro, perché spesso per strappare una borsa dalle mani si usa violenza, una persona può cadere, farsi male e il gesto violento lascia inevitabilmente delle conseguenze psicologiche, come anche il furto in casa. 
E, a meno che le persone che si rimetteranno in libertà con l’indulto non abbiano di che mantenersi una volta usciti dal carcere è facile presumere che riprenderanno la loro consueta attività criminosa. 
Del dramma dei detenuti si è discusso tante volte e ogni volta la conclusione è stata la stessa, cioè che non è rimettendo per strada persone che si mantengono abitualmente grazie a furti, scippi e rapine che si risolve quel dramma. Che il problema del sovraffollamento delle carceri è dovuto ad altri fattori quali leggi sbagliate ed un uso esuberante ed eccessivo della custodia cautelare. Oltre ovviamente al discorso strutturale che in questo paese nessuno vuole affrontare per rendere le carceri quel luogo di redenzione sociale umanamente vivibile e sostenibile come prevede il nostro diritto. 
E lo stato, nel momento peggiore del suo rapporto coi cittadini, nel momento in cui la fame costringe gente a rubare, invece di prendere provvedimenti che abbiano un effetto positivo per questo obiettivo di nuovo si mette contro i cittadini trovando nell’indulto, e cioè rimettendo per strada persone che hanno un cattivo rapporto con la società cosiddetta civile, l’unico modus operandi per sbloccare una situazione umanamente insostenibile. 
I cittadini vittime sempre e comunque delle scelte scellerate di una politica incapace di applicare con serietà le leggi che essa stessa produce. 
Alcuni, molti, vittime due volte. Ho sempre detto e scritto, perché lo penso, che la criminalità è un fatto umano che non si estinguerà se non con la fine dell’umanità. Ma imparare a convivere coi fenomeni sociali, anche quelli inevitabili non vuol dire doverli accettare, subire passivamente, e nemmeno significa subire passivamente le scelte e le decisioni di governi che agiscono in proprio e non secondo la volontà del popolo. Uno stato ha il dovere di tutelare i cittadini, di farsi sentire sempre al loro fianco, non costringerli a doversi confrontare continuamente con le paure e l’incertezza. Perché la paura mette pensieri sbagliati in testa, chi pensa male vive male e si comporta male a sua volta, votando anche male, lo abbiamo visto con la lega, con alemanno, gente che promette e ha promesso quel che non potrà mantenere e non ha mantenuto e sulle paure dei cittadini ci campa di rendita. 

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Non sanno quello che fanno
Marco Travaglio, 25 gennaio

La verità è che noi i politici li sopravvalutiamo. Tutti. Pensiamo che dietro ogni loro parola, sguardo, scelta, proposta ci sia dietro chissà chi e che cosa. Invece, il più delle volte, c’è il sottovuotospinto, del resto facilmente riscontrabile nei loro sguardi persi nel nulla. È il principale difetto delle tesi complottiste: sono sempre molto affascinanti perché ogni complotto inizia regolarmente alcuni secoli fa, mette d’accordo centinaia di persone che manco si conoscevano, infila nella sceneggiatura potentissime banche d’affari, logge massoniche, potentati occulti e criminali, servizi deviatissimi e alla fine tutto torna.

Poi uno guarda in faccia Enrico Letta, Fassina, Angelino Jolie o l’ultimo acquisto Toti, ma pure i tecnici tipo Fornero, Saccomanni o Cancellieri, e deve arrendersi a un’evidenza più prosaica: questi non li manda nessuno, nemmeno Picone; si mandano da soli e, quando non rubano, non sanno quello che fanno. Intendiamoci: non è un’attenuante, è un’aggravante, visto che hanno in mano le nostre vite e i nostri soldi. E più sono incapaci più diventano burattini delle lobby. La supertecnica Fornero allungò l’età pensionabile, poi si stupì molto perché aumentavano i giovani disoccupati e gli esodati, cioè i lavoratori espulsi in anticipo e rimasti senza più uno stipendio e senza ancora una pensione. Chi l’avrebbe mai detto, eh? Pure Saccomanni pareva questo granché, poi l’abbiamo visto all’opera con l’Imu. La Cancellieri ha passato la vita a fare il prefetto: se la macchina dello Stato non la conosce lei, siamo freschi. Invece conosce solo Ligresti. Ha fatto una legge svuotacarceri che non svuota una mazza, come le precedenti di Alfano e Severino (altri due geni). L’altro giorno, con l’aria di chi passa di lì per caso, ha spiegato (a noi) che abbiamo 9 milioni di processi pendenti, dunque ci vogliono l’amnistia e l’indulto. Come se uno avesse la casa allagata perché ha lasciato aperto il rubinetto della vasca da bagno e, anziché chiuderlo, svuotasse l’acqua col cucchiaino.

Pure il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce invoca l’indulto per mettere fuori “chi non merita di stare in carcere”. Ma poi non spiega chi, di grazia, sarebbe in galera senza meritarlo, e perché ci sia finito, visto che il carcere è previsto dalle leggi dello Stato ed è il risultato di sentenze emesse dalla Cassazione che lui presiede. Dopodiché, in lieve contraddizione con se stesso, chiede di riformare la prescrizione che garantisce l’impunità a 200 mila imputati l’anno: ma lo sa o non lo sa che, se i prescritti venissero condannati, i detenuti raddoppierebbero? Che si fa: si aboliscono direttamente le carceri? L’altroieri Enrico Letta, con tre mesi di ritardo, ha trovato il coraggio di pronunciare il nome di Nino Di Matteo e di inviargli la solidarietà per le ripetute condanne a morte emesse da Totò Riina (lui le chiama eufemisticamente “minacce”). Poi però s’è spaventato di averne detta una giusta e ci ha aggiunto una fregnaccia: la solidarietà a Piero Grasso. Ohibò, si son detti tutti quanti, Grasso compreso: Riina ha condannato a morte anche Grasso e non ne sappiamo nulla? Niente paura: semplicemente il pentito La Barbera ha raccontato al processo Trattativa un fatto noto da 15 anni, e cioè che nel ’92, dopo Salvo Lima, Cosa Nostra progettava di uccidere Mannino, Martelli, i figli di Andreotti e Grasso. Poi cambiò idea. Ma Letta non sa nulla, infatti fa il premier. Oppure non gli pare vero di associare all’impronunciabile Di Matteo un personaggio che piace alla gente che piace: Grasso. E ha posto sullo stesso piano l’ordine emesso tre mesi fa da Riina di uccidere Di Matteo con l’attentato a Grasso annullato 22 anni fa: “Profonda solidarietà al pm Di Matteo e al presidente Grasso oggetto di minacce terribili”. Ieri anche Vendola, altro esperto, ha tributato “affettuosa solidarietà a Grasso e Di Matteo”. Niente solidarietà, al momento, per Mannino, Martelli e i figli di Andreotti. Letta e Vendola provvederanno fra 22 anni.

L’alleato del PD

Preambolo: confermata la condanna a berlusconi, ma c’è  sempre la Cassazione e la consueta premura di Napolitano.
Non vorremmo mica impedire a berlusconi di poter partecipare alla delicata fase politica che ci sarà anche fra due anni, tre, cinque, dieci e oltre?
Che razza di democrazia è quella che impedisce ai delinquenti di potersi occupare dei loro reati e della politica in simultanea?

Non è carino, ecco, anzi, un bel sit in di solidarietà per silvio ci sta tutto.
Pd e pdl capitanati da Al Fano tutti al tribunale di Milano come ai vecchi tempi.
E’ o non è il governo della responsabilità?
Beh, oltre a quella civile esiste anche quella penale.

Giorgio Santacroce, eletto presidente della Cassazione, è un amico personale di previti e berlusconi.

Sottotitolo:  fa semplicemente senso per non dire schifo sentire certi commentatori, opinionisti e perfino giornalisti rassicurarci che berlusconi non andrà mai in galera come se fosse la normalità, una consuetudine da paese normale e civile la possibilità di comprarsi anche l’impunità, come se fosse normale che la politica che dovrebbe regolare il vivere e il convivere civile per mezzo del rispetto della legge UGUALE PER TUTTI collabori invece ad aiutare i ricchi e delinquenti a non essere condannati.

Come se tutti dovessimo rassegnarci a questa situazione.

Non siamo tutti a libro paga di berlusconi, e nemmeno tutti pensiamo che la pacificazione di un paese, fra la politica e i cittadini, debba passare per il condono tombale sui reati di berlusconi.

B, FRODATORE DELLA PATRIA

Processo Mediaset, l’ex presidente del Consiglio condannato per frode fiscale anche in appello 
Per l’uomo che vuole riscrivere la Costituzione 4 anni di carcere e 5 di interdizione dai pubblici uffici.

In Italia non serve nessuna pacificazione fra la politica e i cittadini finché la politica continuerà a garantire se stessa e non i cittadini; c’è solo un urgente bisogno di ripristinare le basi e il senso vero della giustizia, non solo sociale ma anche quella applicata a chi commette dei reati.

E’ non solo diseducativo, ma proprio moralmente, eticamente e umanamente inaccettabile che in una democrazia occidentale nel terzo millennio venga applicata la giustizia relativamente al censo e al potere dell’imputato.
E lo è ancora di più se si pensa che è la politica ad aver permesso questo; ad essersi fatta garante dei delinquenti perché non è più nelle condizioni di fare pulizia dei delinquenti al suo interno.
Diceva Paolo Borsellino che per un politico conoscere o aver frequentato dei mafiosi non significa automaticamente essere mafioso, ma che è inevitabile che intorno a quel politico si possa creare quell’alone di sospetto per cui sarebbe meglio se fosse la politica stessa a tenerlo fuori.

berlusconi i mafiosi non solo li ha conosciuti e frequentati anche prima di entrare in politica e quando aveva già commesso molti di quei reati che gli sono stati contestati dopo, ma se ne teneva uno in casa in qualità di stalliere e baby sitter dei suoi figli, e da un amico dei mafiosi [oggi condannato per concorso esterno ma che però può continuare bellamente a potersi fregiare dell’appellativo di senatore e a fine mese riscuotere uno stipendio pagato coi soldi dei cittadini] si è fatto fare quel partito con cui scese in campo per il bene del paese e cioè il suo. 

E queste premesse, aggiunte alla famosa ineleggibilità relativa a b., avrebbero dovuto essere un motivo più che valido per vietargli l’accesso non solo a quei piani alti della politica che ha potuto scalare senza nessuna difficoltà proprio grazie alla collaborazione di chi avrebbe dovuto impedirlo ma nel parlamento stesso.

Quindi non è assolutamente vero che b., è un perseguitato dalla giustizia, siamo noi cittadini ad essere i perseguitati da vent’anni, costretti a vivere in un paese attorcigliato alle sue vicende giudiziarie, costretti ad aver sopportato che il parlamento della repubblica italiana sia stato trasformato nella dependance di una delle tante ville di silvio berlusconi, un posto dove la prima preoccupazione della politica, tutta, di destra di centro e di centrosinistra, è stata quella di risolvere i guai di b per mezzo di leggi apposite, di legittimi impedimenti, di qualsiasi provvedimento che gli potesse consentire di non essere sottoposto a dei giusti processi e accettarne le relative sentenze così come avrebbe dovuto essere, se la giustizia è davvero uguale per tutti.
Ed è con uno come silvio berlusconi che il centrosinistra, nella figura del partito democratico, ha accettato quelle “larghe intese” con cui formare un governo “di responsabilità”.

Pacificare l’evasione
Marco Travaglio, 9 maggio

Per la prima volta nella sua lunga carriera di imputato, Silvio B. è stato condannato in appello, ultimo grado di merito, a conferma della prima sentenza che gli infliggeva 4 anni di reclusione, 5 di interdizione dai pubblici uffici e 10 milioni di danni da pagare al fisco per una mega-frode fiscale durata dieci anni. Ora gli resta soltanto la Cassazione, presieduta proprio da ieri da un vecchio amico di Previti. Che però può valutare solo i profili di legittimità, mentre i fatti sono definitivamente accertati, così come illustrati dalle motivazioni del Tribunale: B. è un criminale matricolato che ha mostrato “particolare capacità di delinquere nell’architettare” e “ideare una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale” che gli ha procurato “un’immensa disponibilità economica all’estero, ai danni non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore” tv. Il noto delinquente ha governato l’Italia, direttamente o indirettamente (nascosto dietro Monti e Letta jr.), per 11 anni su 19. È con questo delinquente che il mese scorso il Pd s’è appena alleato per rieleggere Napolitano e fare il governo che deve “pacificare” l’Italia dopo vent’anni di “guerra civile”. La guerra fra guardie e ladri, fra chi non paga le tasse e chi le paga anche per lui. Mentre plotoni di finti tonti rimuovono la biografia penale e politica di B., chiamando “pace” l’impunità al delinquente, e mentre si attende che il Pd trovi le parole per definire il suo pregiato alleato, è il caso di ricordare l’oggetto del processo Mediaset. Checché ne dicano i servi di Arcore, la Procura ha dimostrato “con piene prove orali e documentali” che nel 1995-’98 (quando B. era già in politica da un pezzo) la Fininvest e poi Mediaste acquistarono 3mila film dalle major Usa con 13mila passaggi contrattuali per gonfiare i costi, abbattere gli utili, pagare meno tasse e accumulare una fortuna per B. e famiglia nei vari paradisi fiscali, con due diversi sistemi: i film rimbalzavano da una società fittizia all’altra, aumentando ogni volta di prezzo (le decine di offshore create ad hoc dall’avvocato Mills, tutte riferibili al mandante B.); e altri passaggi-fantasma venivano assicurati da “intermediari fittizi” come il produttore Frank Agrama, prestanome di B., anche lui condannato. Risultato: costi maggiorati per 368 milioni di dollari, con evasioni fiscali sulle varie dichiarazioni fino a quella del 2004. L’inchiesta partì nel 2002, il dibattimento nel 2006. In origine i reati erano tre: falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale. Poi i primi due caddero in prescrizione, così come gran parte delle frodi (restano 7,3 milioni). E non solo per il naturale passare del tempo: anzi è un miracolo che il processo sia giunto in fondo, visto che in 11 anni s’è trasformato in una corsa a ostacoli, costellata da ben 11 leggi ad personam.Nel 2001 il primo scudo fiscale. Nel 2002 la controriforma del falso in bilancio che, per le società quotate, abbatte le pene e dimezza la prescrizione; il condono fiscale, che sanava un bel po’ di frodi berlusconiane. Nel 2003 il condono fiscale per i coimputati; il lodo Meccanico-Schifani; lo scudo fiscale-bis. Nel 2005 la ex-Cirielli che tagliava ancora la prescrizione e salvava dall’arresto i condannati ultrasettantenni. Nel 2006 l’indulto del centrosinistra, che condonava 3 anni ai condannati passati e futuri (perciò, se questa sentenza diventerà definitiva prima della prescrizione nel luglio 2014, B. non andrà in galera, ma dovrà lasciare il Senato). Nel 2008-2010 il “lodo” Alfano, il legittimo impedimento (due leggi scritte dall’attuale vicepremier e ministro dell’Interno, poi dichiarate incostituzionali) e lo scudo fiscale-tris. Ora, per pacificarci definitivamente col delinquente evasore, manca soltanto l’ultimo passaggio: che l’amico Napolitano lo nomini senatore a vita. 
S’è liberato il posto di Andreotti, lo impone l’ordine alfabetico.