Il corpo è mio ma lo gestite voi

E’ inconcepibile che oggi tocchi mettersi in mutande per richiamare l’attenzione sui contenuti e che la partecipazione degli elettori sia attivata solo dalle parole chiave più pruriginose della non-comunicazione mediatica. Gli elettori sono una massa di PECORONI che accendono il cervello solo quando si parla di sesso, violenza, potere? E allora parliamo di sesso, violenza e potere. Se questo è l’unico sistema di superare lo sbarramento dell’idiozia e cercare di arrivare al livello (molto nascosto) in cui si pensa, ebbene che sia. Siamo un popolo di RINCOGLIONITI, ci meritiamo Renzi, Berlusconi e Grillo, i tre cavalieri del vuoto pneumatico, venditori di tappeti dell’era nuova del telemarketing per spettatori acefali. Ce li meritiamo perché non abbiamo un minimo di dignità, di amor proprio, di coraggio. Facciamo pena, perché ci fermiamo alla superficie e ripetiamo soltanto a pappagallo gli slogan con cui ci hanno fritto il cervello. Siamo esseri inutili, anzi dannosi. E lo rimarremo finché non ci decideremo ad accendere il cervello. Si mostrano le mutande per sgretolare il muro di silenzio, e FUNZIONA. Funziona a metà, perché poi parliamo di mutande e non del muro di silenzio.
[Andrea

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Peccato che non si riesca mai ad approfittare di un’occasione.
Peccato dover leggere ancora e ancora che in questo paese le donne per ottenere qualcosa si devono spogliare e continuare ad ignorare invece che i motivi per i quali ci si spoglia non sono tutti uguali. Che spogliarsi non significa sempre vendersi, prostituirsi. Peccato, davvero peccato che probabilmente fra chi apprezza il coraggio delle Femen quando si presentano col seno scoperto anche davanti al papa per protestare e rivendicare uno o più diritti ci sia anche chi non ha capito che questa è la stessa ragione che ha animato la provocazione assolutamente innocente, ironica e niente affatto volgare di Paola Bacchiddu.

Ha fatto benissimo Eretica a lanciare la provocazione. A volte ho la sensazione che il concetto del “paese che non è pronto” non sia poi questo luogo comune tanto campato in aria col quale la politica ci tiene buoni in attesa di tempi migliori. Una passeggiata in barca, una foto in costume da bagno definiscono una persona e la sua affidabilità e serietà? La competenza la fanno la compostezza, la maglia a girocollo? Continuo a chiedermi perché abbiamo ritenuto più affidabili i  tailleurs della Fornero e della Cancellieri,  che abbiamo accolto con sollievo perché sostituivano le indegne [e non per la  mise] ministre di berlusconi, di quanto molti stiano facendo in queste ore a proposito di una ragazza, che non è candidata ma fa la responsabile della comunicazione della lista di Tsipras ignorata e dimenticata dai media  che scrive una battuta su una foto, solo perché quella foto la mostra in costume da bagno.  

La questione del sessismo è stata esasperata oltremodo. Non mi piace questa mania di chiedere rispetto per una questione di genere e nemmeno che qualsiasi cosa anche minima, venga tradotta nell’offesa sessista diventata un alibi dietro al quale molte donne nelle politica hanno riparato la loro incapacità. Penso che avere un bel culo non sia una vergogna e che una foto di un profilo facebook non dovrebbe suscitare scandali né fare da stura ad un dibattito che non c’entra nulla col motivo di quella foto. In ogni caso ha vinto lei,  peccato però  che da 24 ore parliamo della sua foto e non dell’informazione negata alla lista di Tsipras.

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Ce lo chiede l’Europa: “Il corpo è mio è ci faccio quello che voglio io!”

I media e il culo, nel 2014 – Alessandro Gilioli

La sinistra contro il bikini

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Chissà perché fa più scandalo l’immagine in bikini di una ragazza che fra l’altro non è nemmeno candidata alle elezioni della foto ritoccata al photoshop della Meloni che, per presentarsi alle elezioni, ha pensato che fosse utile farsi ritoccare il volto superando, lei sì e anche di molto, la soglia della decenza e del ridicolo.

Evidentemente ci sono strategie e strategie, comunicazioni e comunicazioni anche a sinistra. Allora, quando uscì la campagna pubblicitaria per inaugurare il nuovo formato de l’Unità non andava di moda tirare fuori il sessismo ad ogni stormir di fronda. E presumo che le donne di sinistra che oggi criticano Paola Bacchiddu allora non trovarono niente da ridire sulla scelta di pubblicizzare un giornale di sinistra usando un culo femminile.
Da tempo penso che berlusconi abbia fatto molti più danni a sinistra che non dalle sue parti.
Perché se si paragona una foto in costume alla deriva, quella sì becera e sessista in cui sono state trascinate le donne grazie a chi le considera e le ha sempre trattate come qualche buco con un po’ di ciccia intorno la situazione è più grave del previsto.
Una lista di sinistra che partecipa alle elezioni europee e che i sondaggi danno intorno al 4% sparisce dalla cronaca politica, dai quotidiani, un bel giorno arriva la responsabile della comunicazione che giustamente s’incazza e pensa di fare una cosa che sì, sarà anche banale, vista e rivista ma che nel paese in cui tutto fa notizia ottiene un clamore, un’attenzione che prima non aveva e qui, dalle nostre parti – non quelle di berlusconi – che si fa? Si apre il dibattito sull’opportunità di una foto in costume di bagno.
A sinistra.

Modello Giuditta, ovvero, lo stereotipo

Il fatto che a molte donne piaccia essere identificate come bombe sexy, mogli e madri rassicuranti e disponibili senza sentirsi strumentalizzate da niente e nessuno non sfiora mai il pensiero di quelle che non condividono questi modelli? Parrà strano ma ci sono donne, me compresa, che un’immagine la decidono in base alle situazioni, di volta in volta si può essere la moglie che prepara da mangiare e apparecchia la tavola, l’amante trasgressiva ed esplosiva, la madre rassicurante e presente e anche, in molti casi, visto che la vita impone dei ritmi massacranti nella coppia, anche l’uomo di fatica, e si può scegliere di fare tutto  responsabilmente, senza il suggerimento di nessuno e senza dire di essere vittime del bombardamento mediatico.

Il problema quindi va oltre, oltre la vita impossibile che la politica costringe a vivere. Forse è per questo che le coppie oggi ‘scoppiano’ presto, perché nemmeno ce la fanno a diventare tali; per essere coppia bisogna frequentarsi di tanto in tanto e questo succede sempre meno.

Il modello culturale adeguato sarebbe quello di consentire alle donne di scegliere in autonomia cosa fare di se stesse e della loro vita, ci vorrebbe una buona politica che offrisse strutture adeguate alle donne per non metterle davanti alla scelta di lavorare o fare le madri, una giustizia che punisse duramente quei datori di lavoro che ricattano le donne, che le licenziano se rimangono incinte e non fanno ritrovare il posto di lavoro quando finisce il periodo di maternità.

E credo che siano queste le cose importanti di cui la politica e le istituzioni dovrebbero occuparsi.  Le battaglie facciamole sulla condizione delle donne che lavorano per due spicci e in assenza di strutture di sostegno, non per liberare quelle che volontariamente si spogliano anche per pubblicizzare il dentifricio.

Basta con le pubblicità delle donne che servono a tavola dice Laura  Boldrini, dunque anche basta con quelle delle donne che reclamizzano i detersivi per fare il bucato, pulire il bagno, le incrostazioni del piano di cottura, il ferro da stiro, l’aspirapolvere e tutto ciò che è connesso alle faccende domestiche.

Invece, se una donna per farci fare le pulizie, per stirare e anche per cucinare e servire a tavola la paghiamo il tutto assume un’altra dimensione, non è più offesa sessista ma un lavoro dignitoso come un altro.

 Non tutte le donne si sentono offese se vedono in televisione altre donne, pagate per farlo, quindi un lavoro dignitoso come un altro, che per pubblicizzare prodotti commerciali svolgono azioni tipiche del quotidiano come cucinare, preoccuparsi di dividere la biancheria colorata da quella bianca, togliere il calcare dal piatto doccia.  Non tutte le donne si sentono mancate di rispetto se mettono un piatto a tavola e magari riescono anche a sorridere nonostante la vita d’inferno che si vive nella maggior parte delle case e delle famiglie italiane dove incontrarsi a pranzo e a cena è diventato un privilegio invece della normalità.

Una donna può essere emancipata anche se porta i piatti a tavola.

Io direi che bisognerebbe smetterla di considerare offensivi i lavori domestici in generale. Chiunque li svolga, visto che sono sempre di più gli uomini che si adattano a cucinare, stirare e pulire.  

Il problema è che le donne che stanno a casa vengono viste dalle altre, quelle che lavorano, come delle frustrate, non realizzate, mancanti anche del minimo indispensabile di cultura. Sembrerà strano, invece, pensare che leggono i libri, si impegnano a stare al passo coi tempi, si curano e non si trascurano e non sono tutte lì a leggere gossip e a guardarsi le telenovelas.

E poi, non sono state le donne stesse a rivendicare quell’autonomia dall’uomo per vantarsi di essere capaci a fare tutto senza l’ausilio del sesso forte?  Noi sempre più brave, più capaci, con una marcia in più […], c’è chi addirittura invoca il predominio delle donne in politica riponendo in loro una maggior fiducia rispetto agli uomini come se non fossero donne  Fornero, Gelmini, Carfagna, Santanché la cui azione “politica” conosciamo molto bene e  di emule di Nilde Jotti in politica non se ne vedono in questo sciagurato  centrosinistra. E allora   perché mai dovremmo intravvedere i pericoli in scenette da fiction utilizzate per pubblicizzare la qualunque? Ai figli, maschi e femmine insegniamo il rispetto,  ad esempio  che i panni sporchi si mettono in lavatrice, e che il pavimento del bagno dopo la doccia si può asciugare. E ai mariti e compagni che la giacca e il pantalone dopo averli indossati si riposizionano sulla stampella e si rimettono nell’armadio.

Anche se c’è una moglie e una madre che sta a casa.

Tante donne usano ancora quelle battute ridicole quali “avere le palle”, per descrivere la donna in gamba o quella secondo cui DIETRO un uomo di successo ci deve essere per forza una grande donna [dietro, non vicino, al fianco, casomai], io le trovo molto più offensive della pubblicità per esempio. Ma ci sono tante donne spigliate, intraprendenti ed emancipate che le usano nel loro linguaggio corrente e non se ne accorgono.  Cerchiamo di andare a monte del problema. Quante di quelle donne che approvano Laura Boldrini mandano le figlie al catechismo? voglio dire; se di liberazione si deve parlare che sia ad ampio raggio, liberiamo quindi anche quelle che saranno le donne di domani dal retaggio di una religione che ha voluto la femmina DOPO l’uomo [affinché l’uomo non restasse solo] e anche DOPO gli animali.

Io sono per la libera scelta delle donne, questa battaglia sulle cose superficiali non la condivido, i modelli culturali da abbattere sono altri, non penso debba essere un problema della politica se a tante donne piace pubblicizzare le pentole o il costume da bagno.

Voglio capire cosa impedisce ad una donna di emanciparsi anche se si occupa di un marito della casa e dei figli.

Per quale motivo il mestiere di moglie e madre dovrebbe svilire. Io, che sono rimasta a casa per scelta quando mi presento dico che sono una privilegiata, non dico mica di sentirmi defraudata del mio diritto ad emanciparmi.

Parliamo delle donne vere che si fanno il mazzo piuttosto. Di quelle che vanno a lavorare, assunte dai padroncini delle cooperative [de’ sinistra] giorno e notte per sei euro e cinquanta l’ora e che magari avessero il tempo e la possibilità di mettere un piatto a tavola.

 Tutto questo maschilismo che offende non lo vedo.

Perché c’è anche il maschilismo condiviso piacevolmente da donne che a interpretare certi ruoli ne traggono vantaggi senza nessun senso di colpa.

E se ci sono donne a cui piace abbrutirsi, ingrassare, nutrirsi con i reality show e il gossip facciamo una legge per vietare di mangiare, comprare riviste e guardare certi programmi in tv? per quale motivo dovrei essere solidale con chi si fa abbindolare dalle scemenze che guarda in televisione?  Se ci sono sciagurate che si vendono al satrapo per i soldi e la particina in tv e le stesse madri gliele mettono a disposizione non capisco che c’entra la pubblicità. E se una donna non si sente defraudata a fare quelle cose che per Laura Boldrini sviliscono le donne [sempre tutte eh? mi raccomando] chi siamo noi per metterci di traverso? libertà è anche poter scegliere cosa è offensivo e cosa no.

Sono io la prima a dire che in tante famiglie si sbaglia ad assegnare i ruoli ai figli, che maschi o femmine vanno educati nello stesso modo, che ai maschi come alle femmine va insegnato a collaborare in casa e che i genitori dovrebbero smetterla di comprare  tavole da stiro, cucine giocattolo assegnando alle femmine un destino già da bambine, così come i compagni vanno istruiti a non considerare le mogli e compagne come donne a tutto servizio, ecco perché questa manipolazione mediatica che vede le donne sempre vittime anche quando non lo sono io non la sopporto più.

Se qualcuno pensa che basti eliminare le pubblicità per migliorare la condizione delle donne che si accomodi pure. Io no, non lo penso.

Penso invece  che non serva nemmeno un cultura superiore per capire che quello che ci propina la tv è al 90% finzione, che le pubblicità  danno un’idea non distorta ma falsa di TUTTO, non solo delle donne, proprio perché nelle pubblicità si esasperano i concetti allo scopo di far presa sul pubblico, penso che non ci sia proprio nessuno che creda davvero che la famiglia del mulino bianco dove la mamma è sempre perfettamente truccata, vestita, disponibile e sorridente alle otto di mattina sia una realtà e non invece una finzione da set allestita per reclamizzare dei biscotti. 

Ammenoché ci sia chi crede che con una gomma americana si possano fare fontanelle e farle zampillare sulla propria lingua.

La misoginia più pericolosa è quella femminile

 La peggior misoginia è quella femminile. Io non ho paura degli uomini quanta ne ho invece di donne ignoranti, represse, frustrate che vedono un pericolo nell’altrui bellezza.

Se c’è il diritto a poter scoprire il proprio corpo semplicemente per vanità femminile senza per questo essere giudicate male o rischiare lo stupro allora deve esserci anche quello di potersi scoprire per pubblicizzare oggetti e abbigliamento e farsi pagare per farlo.
Esattamente come la prostituta vende prestazioni sessuali e quindi anche parti di sé o la sé tutta intera.

 Non ho mai capito cos’è questa paura della nudità. Siamo tornati agli anni ’50 e alla difesa del comune senso del pudore;  non c’è un senso comune delle cose, ognun* ha i suoi, personalissimi,  indiscutibili e soprattutto ingiudicabili quando non recano danno al prossimo.

Il dibattito infinito sulle donne e di conseguenza sugli uomini, le relazioni sociali, l’omosessualità è funzionale e direttamente proporzionato alle limitazioni che la politica vuole imporre. C’è un progetto abbastanza evidente di voler riportare questo paese ai magnifici albori del dopoguerra.

E tanta gente lo condivide perché si sa: “una volta certe cose non succedevano e non si vedevano”.

Signora mia.

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”Vietare gli spot sexy”, la proposta di legge delle senatrici Pd

Violenza sulle donne, le colpe di spot e tv
Corpo femminile, in Italia abuso record

“L’Italia ha il record dell’utilizzo del corpo delle donne in pubblicità e sui media, insieme alla Grecia”.

E guarda caso Italia e Grecia sono i paesi in cui le donne rischiano di meno rispetto ad altri secondo autorevoli statistiche di qualche settimana fa.

Ossessione per gli shorts delle adolescenti? Parliamone

Io ad esempio, più che vietare a delle donne di poter esibire la propria bellezza per pubblicizzare capi di abbigliamento o qualsiasi altro prodotto commerciale pensando che sia questo la causa delle violenze sulle donne proporrei una discussione seria sull’uso delle donne a favore della cretineria in quegli spot che le descrivono come perfette mogli, amorevoli mamme, cuoche sopraffine,  massaie che sanno sempre trovare la soluzione alla macchia sul bucato e al calcare che si forma sul piatto doccia: questo sì, è mortificante ed umiliante e relega la donna ad un ruolo secondario rispetto all’uomo che poi è quello che si porta dietro dalla notte dei tempi.

Chissà perché le donne di centrosinistra comprese le quattro parlamentari che vogliono proibire alle donne per legge di poter esibire il proprio corpo a fini commerciali [l’esibizione no ma la vendita per scopi prostituzionali sì? vabbè], Lorella Zanardo non si sono risentite quando l’Unità anni fa ha scelto il culo di una modella per incentivare la campagna acquisti del giornale.
Pubblicizzare un quotidiano significa essere moderne, disinibite, intelligenti, coraggiose, essenziali, indomabili, rivoluzionarie, belle e forti mentre fare la reclame del costume da bagno significa incentivare e promuovere le violenze e lo stupro? pietà. Dal famoso slogan anni ’70: “il corpo e mio e lo gestisco” io siamo passati al corpo è mio ma lo gestisci tu?  e per cosa poi, per quell’insana idea che gli uomini siano tutti potenziali violentatori, stupratori, assassini di fidanzate, mogli e compagne? pietà al quadrato e al cubo. Un tempo almeno esisteva la differenza fra il pensiero di sinistra e quello di destra, oggi invece succede che quattro parlamentari di centrosinistra propongano una legge che butta nella spazzatura quarant’anni di lotte per la libertà individuale delle donne, fra cui rientra anche quella di potersi esibire senza scatenare la filippica moralistica spalmata ovunque sui media e in rete o, peggio ancora, essere considerate le mandanti morali di violenze e stupri. Tutto questo non c’entra nulla col promuovere la cultura del rispetto di sé.

Proibizionismi e censure sono stati sempre devastanti per l’umanità.

Nessuna donna si fa usare a sua insaputa.
Smettiamola di pensare di poter mettere un tetto, legale poi, alla libertà di ciascuna di potersi mostrare gratis o a pagamento come le modelle e vendere e svendere come  le prostitute che, chissà perché,  non entrano mai in questo dibattito anche se si mostrano nude e di persona sui marciapiedi nei centri abitati  perfino alle dieci di mattina. La prostituzione rientra perfettamente nella libertà di poter disporre del proprio corpo mentre decidere di vendere la propria immagine all’azienda commerciale no? tutto questo è surreale.

Roba da matti vivere in questo terzo millennio dove le donne, ma anche delle ragazzine vengono giudicate niente meno che “sgualdrine” in base ai centimetri di pelle del corpo che lasciano scoperti e si ritiene questo una giustificazione alle violenze subìte. Non c’è nessun nesso logico fra il modo di vestirsi di una donna, fosse anche il più succinto o volgare, con la violenza che può esercitare su di lei un uomo che si sentisse in qualche modo autorizzato da quella mise. Eppure è facile: vedere e non toccare. Come nelle cristallerie.

Così come non c’è né ci deve essere nessuna analogia con la visione di corpi, perlopiù belli con le violenze e gli stupri che subiscono tutte le tipologie di donne, di tutte le età, anche quelle meno belle o per niente e anche le anziane.

A me pare di sognare, nel terzo millennio stiamo qua a discutere se una donna è libera o no di fare ciò che vuole di se stessa, a pensare di vietarglielo PER LEGGE su una proposta di quattro appartenenti al centrosinistra [che manco la DC…], per non essere la causa di un fenomeno sociale drammatico quali sono stupri e violenze che sono sempre accaduti nella storia da che esiste l’umanità e perfino prima di berlusconi.

Pazzesco.

Una donna deve essere libera di andare in giro come le pare, agghindata come la Madonna di Loreto se le piace e se le va senza dover rischiare l’aggressione per quello che mostra di sé o quello che indossa di prezioso, così come nessun proprietario di un catorcio è autorizzato a rubare la fuoriserie che non si può comprare.

E il fatto che ci siano uomini incapaci di trattenere le loro pulsioni  davanti all’immagine di una donna non è una giustificazione ma un’aggravante.

 Io posso svestirmi quanto voglio in rispetto alla legge che vieta di andare in giro nudi senza che questo venga interpretato come un’autorizzazione a procedere.
Non è così difficile da capire visto che noi donne questo lo sappiamo fare.

Non  pensiamo di essere autorizzate ad allungare le mani sulle sue parti intime o di abusare di lui, in presenza di un bell’uomo con la camicia aperta, il pantalone aderente e lo sguardo ammaliante.

In Italia, democrazia occidentale del terzo millennio, una donna è costretta ad evitarsi il piacere di scoprire parti di sé per non turbare la sensibilità contenuta nella patta dei pantaloni di tanti uomini.
Come se scoprirsi fosse un’implicita autorizzazione ad usarle violenza.
E il dramma è che questo non è  un pensiero maschile ma soprattutto femminile, confermando quanto di vero c’è nella teoria secondo cui le peggiori nemiche delle donne sono le donne.