Sottotitolo: la vita civile non deve essere condizionata dalla religione. Le donne cattoliche possono benissimo evitare di usufruire delle leggi dello stato e affidarsi alla volontà del loro Dio. Così non devono neanche rischiare di doversi pentire e farsi perdonare.
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Gente che non ha mai chiesto scusa per i massacri coi quali ha sedotto e abbindolato miliardi di persone costringendole con la violenza a credere nell’esistenza di un unico Dio, ovviamente il migliore di tutti, specialmente di quelli che non esistono, che ha impiegato secoli per riconoscere il ruolo umano delle donne, che ancora oggi le ritiene soprattutto portatrici di uteri da riempire, che ha ostacolato il percorso di quella scienza che ha pensato e realizzato le soluzioni per guarire dalle malattie tanto care alla chiesa perché utili a guadagnarsi il regno dei cieli, i rimedi per evitare gravidanze indesiderate e che si permette di ritenere colpevole da assolvere chi fa scelte di vita che riguardano solo e soltanto la sua persona.
Tutti bravi e sempre in prima linea a condannare l’integralismo e il fondamentalismo delle altre religioni ma quando il burqa viene infilato con forza sulla testa delle donne occidentali se ne accorgono in pochi.
Il papa chiede di assolvere chi non ha commesso nessun reato e di liberare i delinquenti dalle galere: le innocenti colpevoli da cacciare dalla setta, da scomunicare e in un impeto di generosità da saldi di fine stagione da perdonare con compassione mentre chi ha commesso i reati, anche i più odiosi che Cristo chiedeva che si punissero con una pietra al collo può essere accolto da vivo e da morto nella casa di Dio, può tornare libero: questa è la morale della chiesa, per meglio dire, una delle tante.
Se una donna che ha abortito pensa di avere bisogno del perdono papale, religioso, probabilmente non si merita di vivere in un paese dove l’interruzione di gravidanza non è un reato, tanto meno un peccato ma una legge dello stato, ottenuta con la fatica e le battaglie di chi pensava che mai e poi mai dovesse arrivare un giorno in cui un papa si sarebbe permesso di chiedere di “perdonare” chi ricorre alle leggi di uno stato di diritto invece di farsi ammazzare da un aborto clandestino.
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Chiesa gremita
al funerale dell’ex vescovo pedofilo Wesolowski
Le esequie celebrate nella cappella del Governatorato dove era detenuto. Rosario recitato dalle suore prima della Messa e bara spoglia Pedofilia, arrestato l’ex nunzio di Santo Domingo
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Il papa chiede, oltre al “perdono” per chi non ha commesso nessun reato una “grande amnistia” per i detenuti condannati dalle leggi dello stato, naturalmente quello italiano: per fortuna altrove da qui le leggi non si fanno in sacrestia né nelle camere oscure del vaticano.
La benedizione ai delinquenti non lo soddisfa abbastanza, si vede.
Non risulta che il giubileo serva a condonare i reati e perdonare chi li commette.
Fantastico Francesco che un giorno si scaglia contro la corruzione e la criminalità di chi affama i popoli e il giorno dopo vuole i delinquenti liberi e disponibili a reiterare.
Io sono sempre favorevole all’idea di un vaticano itinerante: non è giusto che tutta ‘sta graziadiddio tocchi sempre e solo noi.
Andrebbe divisa, così come si fa tra fratelli e sorelle, all’insegna della cristianità.
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Giubileo, Papa chiede “grande amnistia”
E sull’aborto Bergoglio apre al perdono
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Se la chiesa vuole fare mondo a sé con le sue leggi e regole lo dica apertamente, si metta da una parte: la sua, quella che benedice e perdona assassini, dittatori, criminali di ogni ordine e grado, compresi i più che presunti pedofili al suo servizio da vivi e da morti e smetta di fare e di imporre le sue varie morali a chi ha uno stile di vita onesto e coerente, in linea con dei principi sani: ad esempio chi non ritiene un peccato da assolvere una scelta legittima supportata da una legge e la pedofilia, il crimine più odioso di tutti da punire in questa vita, non in quella che verrà, il frutto della fragilità umana.
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Il monarca Bergoglio, in arte Papa Francesco, ha impartito le direttive per il business del perdono giubilare.
Questo campione di arretratezza misogina definisce “peccato” l’esercizio di un diritto.
Non perde occasione per incidere sulla arretratezza culturale del Paese, rafforzandola nell’anteporre alla autodeterminazione della donna, la sopravvivenza di un feto indesiderato.
Ancora una volta si alimenta la cultura della esclusione e della punizione moralistica verso le donne che scelgono.
E la barbarie culturale si arricchisce anche del folklore della dichiarazione del pentimento.
I feti e gli embrioni non sono bambini e porli sullo stesso piano è scientificamente, biologicamente e culturalmente deprimente.
Gli antiabortisti, compresi i medici obiettori di coscienza, non sono altro che fondamentalisti pericolosi.
Bisogna insegnare ai propri figli a riconoscerli e a disprezzarli per tutta la loro protervia.
Quanto al requisito del pentimento, non basterà una risata per sottolinearne la ridicolaggine.
Auspico un farmaco abortivo dai distributori automatici e un suggerimento alla vasectomia per tutti gli antiabortisti, non meritano di riprodursi.
Carla Corsetti
Segretario nazionale di Democrazia Atea
www.democrazia-atea.it