Date a Cesare quello che è di Cesare, a Dio anche quello che non gli spetta

Sottotitolo: la vita civile non deve essere condizionata dalla religione. Le donne cattoliche possono benissimo evitare di usufruire delle leggi dello stato e affidarsi alla volontà del loro Dio. Così non devono neanche rischiare di doversi pentire e farsi perdonare. 

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Gente che non ha mai chiesto scusa per i massacri coi quali ha sedotto e abbindolato miliardi di persone costringendole con la violenza a credere nell’esistenza di un unico Dio, ovviamente il migliore di tutti, specialmente di quelli che non esistono, che ha impiegato secoli per riconoscere il ruolo umano delle donne, che ancora oggi le ritiene soprattutto portatrici di uteri da riempire, che ha ostacolato il percorso di quella scienza che ha pensato e realizzato le soluzioni per guarire dalle malattie tanto care alla chiesa perché utili a guadagnarsi il regno dei cieli, i rimedi per evitare gravidanze indesiderate e che si permette di ritenere colpevole da assolvere chi fa scelte di vita che riguardano solo e soltanto la sua persona. 

Tutti bravi e sempre in prima linea a condannare l’integralismo e il fondamentalismo delle altre religioni ma quando il burqa viene infilato con forza sulla testa delle donne occidentali se ne accorgono in pochi.
Il papa chiede di assolvere chi non ha commesso nessun reato e di liberare i delinquenti dalle galere: le innocenti colpevoli da cacciare dalla setta, da scomunicare e in un impeto di generosità da saldi di fine stagione da perdonare con compassione mentre chi ha commesso i reati, anche i più odiosi che Cristo chiedeva che si punissero con una pietra al collo può essere accolto da vivo e da morto nella casa di Dio, può tornare libero: questa è la morale della chiesa, per meglio dire, una delle tante.

Se una donna che ha abortito pensa di avere bisogno del perdono papale, religioso, probabilmente non si merita di vivere in un paese dove l’interruzione di gravidanza non è un reato, tanto meno un peccato  ma una legge dello stato, ottenuta con la fatica e le battaglie di chi pensava che mai e poi mai dovesse arrivare un giorno in cui un papa si sarebbe permesso di chiedere di “perdonare” chi ricorre alle leggi di uno stato di diritto invece di farsi ammazzare da un aborto clandestino.

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Chiesa gremita
al funerale dell’ex vescovo pedofilo Wesolowski

Le esequie celebrate nella cappella del Governatorato dove era detenuto. Rosario recitato dalle suore prima della Messa e bara spoglia Pedofilia, arrestato l’ex nunzio di Santo Domingo

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Il papa chiede, oltre al “perdono” per chi non ha commesso nessun reato una “grande amnistia” per i detenuti condannati dalle leggi dello stato, naturalmente quello italiano: per fortuna altrove da qui le leggi non si fanno in sacrestia né nelle camere oscure del vaticano.
La benedizione ai delinquenti non lo soddisfa abbastanza, si vede.
Non risulta che il giubileo serva a condonare i reati e perdonare chi li commette.
Fantastico Francesco che un giorno si scaglia contro la corruzione e la criminalità di chi affama i popoli e il giorno dopo vuole i delinquenti liberi e disponibili a reiterare.
Io sono sempre favorevole all’idea di un vaticano itinerante: non è giusto che tutta ‘sta graziadiddio tocchi sempre e solo noi.
Andrebbe divisa, così come si fa tra fratelli e sorelle, all’insegna della cristianità.

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Giubileo, Papa chiede “grande amnistia”

E sull’aborto Bergoglio apre al perdono

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Se la chiesa vuole fare mondo a sé con le sue leggi e regole lo dica apertamente, si metta da una parte: la sua, quella che benedice e perdona assassini, dittatori, criminali di ogni ordine e grado, compresi i più che presunti pedofili al suo servizio da vivi e da morti e smetta di fare e di imporre le sue varie morali a chi ha uno stile di vita onesto e coerente, in linea con dei principi sani: ad esempio chi non ritiene un peccato da assolvere una scelta legittima supportata da una legge e la pedofilia, il crimine più odioso di tutti da punire in questa vita, non in quella che verrà, il frutto della fragilità umana. 

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Il monarca Bergoglio, in arte Papa Francesco, ha impartito le direttive per il business del perdono giubilare.

Consentirà a tutti i preti di assolvere donne e medici dal “peccato dell’aborto”, purché sinceramente pentiti.
Questo campione di arretratezza misogina definisce “peccato” l’esercizio di un diritto.
Non perde occasione per incidere sulla arretratezza culturale del Paese, rafforzandola nell’anteporre alla autodeterminazione della donna, la sopravvivenza di un feto indesiderato.
Ancora una volta si alimenta la cultura della esclusione e della punizione moralistica verso le donne che scelgono.
E la barbarie culturale si arricchisce anche del folklore della dichiarazione del pentimento.
I feti e gli embrioni non sono bambini e porli sullo stesso piano è scientificamente, biologicamente e culturalmente deprimente.
Gli antiabortisti, compresi i medici obiettori di coscienza, non sono altro che fondamentalisti pericolosi.
Bisogna insegnare ai propri figli a riconoscerli e a disprezzarli per tutta la loro protervia.
Quanto al requisito del pentimento, non basterà una risata per sottolinearne la ridicolaggine.
Auspico un farmaco abortivo dai distributori automatici e un suggerimento alla vasectomia per tutti gli antiabortisti, non meritano di riprodursi.

Carla Corsetti
Segretario nazionale di Democrazia Atea
www.democrazia-atea.it

Prima di tutto, l’onestà

A proposito del processo ai sei poi assolti dall’accusa di stupro ai danni della ragazza della Fortezza: avevo già corretto l’altro post quasi in corsa, ma non basta se poi decine e decine di associazioni coinvolgendo altra gente presumibilmente disinformata hanno sentito il dovere di richiamare ancora l’attenzione mediatica su una vicenda che invece sarebbe meglio coprire col classico velo pietoso.

Non certo per moralismo ma perché se non capiamo tutti che una donna libera è anche quella a cui piacciono le esperienze estreme in fatto di sesso, di abitudini, una che da se medesima si definisce con una vita “non lineare” ma poi rifiuta di riconoscersi in quel ruolo che lei stessa ha scelto e nessuno le ha obbligato non usciremo mai da questo assurdo trip che la donna ha sempre ragione, è sempre vittima “in quanto donna”.

Una donna autodeterminata è colei che, coraggiosamente, decide di fare della sua vita quello che vuole senza preoccuparsi dei giudizi altrui, di vivere in una società fatta anche di gente ipocrita che condanna tutto quello che non capisce, non condivide, non farebbe o che vorrebbe fare ma non ne ha il coraggio per paura, convenzioni, retaggi culturali o altro che non so.

La donna autodeterminata anche se poi si pente di aver fatto delle cose non dà la colpa a chi ha condiviso con lei certe esperienze, tanto meno si vendica denunciando una violenza che non c’è stata, non mente per proteggere se stessa e non manda in galera persone che, come hanno stabilito un tribunale e dei giudici donne, “non hanno commesso il fatto”.
E non lo hanno commesso così tanto che la procura e l’avvocato difensore della ragazza non hanno chiesto nemmeno il ricorso all’ultimo giudizio della Cassazione.
Un paio di giorni fa ho scritto un post sulla ragazza della Fortezza, ho sbagliato perché non mi ero informata abbastanza, l’ho scritto “da donna” e facendomi un po’ travolgere dall’onda emotiva, dopo aver letto la lettera dell’avvocato di uno dei sei accusati sono andata a leggermi un po’ di cose, fra le quali la sentenza di assoluzione, ecco perché non partecipo all’evento di solidarietà organizzato a favore della ragazza alla quale nessuno ha negato di essere libera, di vestirsi come vuole e di viversi la sua sessualità come le piace: nessuno.
E nessuno, ma proprio nessuno dovrebbe accusare ancora sei uomini assolti sulla base di prove concrete di essere colpevoli di un reato odioso qual è lo stupro.

Una brutta storia e un pessimo precedente

Per correttezza aggiungo il link dove si può leggere la replica dell’avvocato di uno dei sei, anzi in origine erano sette, prima condannati poi assolti perché pare che le cose siano un po’ diverse da come ce le hanno raccontate certa cronaca e certe blogger. 

Stupro Firenze, legale del ragazzo assolto: “Sedicente vittima non attendibile”

Sottotitolo: non apprezzo sempre Eretica, la blogger del Fatto Quotidiano e di Abbatto i muri perché spesso è esageratamente estremista e nel dibattito ottiene il risultato opposto da quello che credo si augura quando scrive attirandosi una serie infinita di commenti negativi, ma chi ne ha voglia può dare un’occhiata alle repliche di questi due suoi post per capire l’aria che tira, specialmente nel solito Fatto Quotidiano dove c’è gente alla quale andrebbe interdetto l’uso di un computer collegato alla Rete.

Inutile denunciare uno stupro 

Stupro, quella perversa abitudine di processare la vittima

Chi beve due birre e viene fermato ai controlli rischia il ritiro della patente per aver superato il tasso alcolemico consentito per guidare, ma per i giudici di un tribunale una donna può essere abbastanza ubriaca ma non tanto da non poter rifiutare un rapporto sessuale, sei rapporti sessuali, con sei uomini diversi che hanno approfittato di lei PROPRIO perché era in quella condizione. 

Per me invece, nel paese normale e civile una donna si può rifiutare sempre, anche se prima dice sì e nel frattempo cambia idea, anche se invece del rapporto occasionale è quello col partner fisso: il compagno, il marito.
Anche se quella donna è di facili costumi, si butta via col primo o la prima che capita ha il diritto di scegliere lei: da senziente e sobria. 

Sono fatti miei se la mia è una vita “non lineare”, finché i miei comportamenti non danneggiano, non costituiscono un pericolo sociale o un reato.


E non c’è nulla con cui si può giustificare la “presenza a se stessa” che possa obbligare una donna a dover accettare quel rapporto come consenziente, far decidere a dei giudici che l’uomo o gli uomini che hanno approfittato di lei sono da assolvere con una sentenza dalla motivazione morale che punisce lei anziché con un giudizio penale.

Noi donne non siamo innocenti per genere, assolutamente.  E’ capitato che delle donne accusassero uomini per vendicarsi di qualcosa e prima di condannare un uomo per stupro bisogna che ci sia la certezza che violenza c’è stata. Ma di questa sentenza mi ha dato oltremodo fastidio il giudizio morale, dire che la ragazza ha acconsentito per una sua momentanea debolezza, fragilità ma non si può parlare di violenza vera e propria.

Se quella debolezza anziché dall’alcool fosse derivata da dei medicinali che riducono la soglia di attenzione come si sarebbero comportati quei giudici?

Il problema è il solito ed è tutto e solo italiano:  nei confronti delle donne c’è sempre quella irresistibile tendenza a giudicarle per come si vestono, si truccano, si muovono, se escono di sera, se dicono le parolacce oppure no, se vanno solo con un uomo o con tanti anche contemporaneamente o, come in questo caso  una donna non ha potuto provare di essere abbastanza reattiva di fronte ai sei che hanno approfittato di lei. Non aveva un graffio, non c’erano evidenti segni di una qualche reazione e quindi per la giustizia e per lo stato è tutto a posto.

Un po’ come quando la Cassazione stabilì che coi jeans è impossibile la violenza.

Una  donna può anche decidere di volersi concedere a dieci uomini per volta, ma  lo deve fare consapevolmente, e di fronte ad una denuncia per stupro un giudice non può accampare come motivazione per una sentenza quella che se detta in altra sede verrebbe considerata una semplice opinione.

Dal blog Al di là del Buco

Le motivazioni della sentenza di assoluzione ai sei accusati (dapprincipio) dello stupro di gruppo alla Fortezza da Basso di Firenze hanno fatto molto discutere. Per il moralismo evidente e perché il giudizio sulla vita privata e sessuale della ragazza sembrerebbe la motivazione principale che ha indotto i giudici a non crederle. Di fatto i sei, condannati in primo grado, sono stati assolti in secondo grado. Sulla sentenza vi rimando al pezzo su Il Fatto Quotidiano che descrive alcuni dei motivi per cui i giudici hanno assolto i sei. Nel frattempo, mentre il web si divide in innocentisti e colpevolisti, è arrivata la mail della ragazza che ha denunciato lo stupro. La pubblico, così com’è.

Firenze: Fortezza significa forza. Adesso non più!

Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? Che domande: lei, la Moretti

Non si sa da dove cominciare ormai, per parlare di politica.
Ma come si fa a commentare la politica dopo aver visto e sentito di nuovo la Meloni, salvini e Picierno in tv, dopo aver ascoltato le perle di saggezza della Moretti fresca candidata in Veneto dire una vagonata di scemenze sulla sua bravura, bellezza e intelligenza.
Il governo di Renzi, quello che avrebbe dovuto chiudere con la politica del passato ha invece il grande merito di farla rimpiangere.
Queste dame e damigelle hanno avuto il grande merito di restituire dignità a chi c’era prima di loro.

In un paese dove le ragazzine si ammazzano perché non si sentono belle, perché dei piccoli imbecilli criminali le prendono in giro e le insultano solo perché il loro aspetto fisico non è quello che impone il modello sociale, una donna, una donna che fa politica e quindi da lei ci si aspetterebbe quel minimo di responsabilità e serietà promuove la bellezza, la sua principalmente [Alessa’, c’è di meglio, comunque] quale componente indispensabile anche per fare politica.
Un fatto casuale come l’aspetto fisico che non si può ascrivere a nessun merito personale ma unicamente ad una fortunata coincidenza di cromosomi che diventa l’ingrediente necessario, come se non fosse già così per tutte le altre attività: senza la bella presenza in Italia una ragazza, una donna non può vendere nemmeno un paio di mutande.

Le donne che dovrebbero votare Alessandra Moretti sono per la maggior parte quelle a cui la seduta dall’estetista una volta a settimana proprio non riesce ad uscire dal bilancio familiare. E nemmeno il parrucchiere o l’applicazione del french alle unghie.

Stiamo bene qui a fare campagne di solidarietà per le donne offese, mortificate da uomini, se poi arriva la donzella del terzo millennio che fa la stessa cosa.
Non si capisce perché Rosi Bindi di cui politicamente si può criticare tutto, soprattutto il fatto di militare ancora in quella fetenzia di pd ma che culturalmente e anche per trascorsi politici alla Moretti e a quelle [e quelli] della sua generazione ha solo da insegnare debba essere sempre lei il metro di paragone per giudicare una donna per la sua bellezza, perché sia toccato a lei, già insultata da berlusconi e da altri, questo testimone per l’umiliazione pubblica tout court.
Non si capisce perché non si parli mai della bruttezza di Daniela Santanché ad esempio, che si è dichiarata “orgogliosamente fascista”, cosa che nella politica di un paese antifascista per Costituzione dovrebbe essere molto più grave e inaccettabile di qualsiasi difetto fisico e della bellezza sfiorita dall’età che avanza.
Queste trentenni ignoranti e in forza della loro età presuntuose del cazzo, e, come la Moretti col sex appeal di un portaombrelli che ridicolizzano donne più adulte attaccandole sul piano fisico, o perché, l’ho letto nei commenti sulla pagina facebook di Ballarò scritto da una donna il che fa ancora più schifo se possibile, Concita De Gregorio si esprime sotto l’effetto della menopausa, sappiano che la natura sarà implacabile anche con loro, che la bellezza fisica quando c’è è un giochino col quale divertirsi negli anni migliori ma mantenere anche dopo quella bellezza che traspare dal fascino che prima di tutto non ha età e poi non è roba per tutte, dall’intelligenza che resta viva e attiva anche con la menopausa che non è una brutta malattia ma una parte naturale del percorso di vita di tutte le donne è qualcosa su cui si lavora prima, un esercizio da fare tutti i giorni, magari al posto di giudicare, disprezzandole, donne migliori a prescindere dalla loro bellezza esteriore.

Brava Moretti, complimenti, mancano le parole per commentare senza rischiare la denuncia.

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Noi donne comuni dallo stile unlike: brutte, sceme e pelose

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Che poi ci mancherebbe, nulla in contrario alla valorizzazione di se stesse, a me non è mai piaciuto né l’ho mai condiviso, quel certo anticonformismo femminile anni ’70 che per liberarsi dalla supremazia maschile ha portato tante donne sulle piazze a bruciare il loro reggiseno, simbolo non solo della femminilità ma della diversità di genere: le donne sono geneticamente costruite dalla natura per essere anche madri e le tette servono anche alla più nobile delle azioni che è quella di nutrire i figli, non sono solo orpelli da esibire in sensuali décolleté, un richiamo sessuale di cui nessuna donna equilibrata e intelligente si vergogna.
E non ho nulla in contrario alla cura personale, ogni donna sa cosa deve fare per sentirsi meglio, diffido, non sono mai d’accordo con chi, specialmente da donna, pensa che ci siano cose che non servono, oppure credono che la cura esteriore sia un diminuire, mettere in second’ordine intelligenze, capacità lavorative: quello che serve è una scelta del tutto personale.
Ogni donna in base alle sue esigenze e possibilità economiche può fare, deve fare tutto quello che la fa sentire meglio, per sé ma anche per gli altri, siamo, donne e uomini, animali sociali che vivono in una comunità, non eremiti che vivono isolati dal resto del mondo, quindi anche un po’ condizionati dall’aspetto esteriore. Sfido chiunque a sentirsi meglio coi capelli in disordine, senza la benché minima cura dell’igiene personale che, se per gli uomini si estende anche alla rasatura quotidiana non si capisce perché per le donne non deve essere la stessa cosa per quanto riguarda la cosmesi e il maquillage e, per entrambi il controllo del proprio peso quel tanto che basta a non esorbitare da magliette, gonne e pantaloni.
Ma questi non sono discorsi politici, sono riflessioni che si possono fare a margine del dibattito pubblico e politico da esperti del settore, filosofi, antropologi e in un paese dove le opportunità sono davvero pari, uguali, per donne e uomini.
Sentirli fare dalla new generation in rosa di Renzi formata da giovani donne perlopiù raccomandate da uomini, la Madia come la Picierno e la stessa Moretti sponsorizzata e promossa niente meno che da Bersani è offensivo, soprattutto per tutte quelle donne che pur avendo meriti, competenze e un talento superiore al loro, che non ci vuole nemmeno molto, ma soprattutto non avendo avuto la fortuna di aver incontrato le persone giuste al momento giusto non vedranno mai il raggiungimento dei loro obiettivi, anche se sanno fare la pastasciutta al pomodoro con passione e se sono più belle, più brave, più intelligenti di Alessandra Moretti.

Il brand

La teoria di Lombroso identificava la potenzialità di un essere umano di commettere reati dalla fisionomia; un volto fatto in un certo modo, la forma del cranio, l’espressione, i tratti somatici. Per un bel po’ di tempo l’FBI ritenè affidabile questa teoria che utilizzava nelle indagini per derimere i casi di violenza. Poi per fortuna qualcuno si accorse che questa teoria era non solo sbagliata ma perfino pericolosa perché identificare qualcuno nel mostro cattivo solo guardandolo in faccia non era un mezzo poi così affidabile, sicché i mostri che sono anche brutti sono tornati a far parte del loro habitat naturale che è quello delle favole, dove il mostro cattivo è anche brutto per definizione e scelta di chi ha pensato che fosse questo il modo per avvicinare i bambini alla realtà della vita che non è sempre bella come loro. Come ha ben scritto Keith Chesterton i bambini sanno che i draghi esistono e le favole si scrivono per insegnare ai bambini che si possono sconfiggere.

Non è purtroppo una favola però quella di ritenere una persona o tante, addirittura popoli interi come ad esempio i Rom, gente delinquente per natura. Fare di una nazionalità, una “razza”, un’etnia religiosa, il colore della pelle i fattori discriminanti rispetto alla civiltà e all’onestà.

L’umanità, sebbene con fatica, è arrivata alla felice conclusione, applicandola al diritto, che le responsabilità delle azioni sono di chi le commette indipendentemente da chi è. Dunque questo dovrebbe valere anche per il genere sessuale. Mentre quello che qualcuno, oggi e nell’anno del signore 2014 in questo bel paese che è l’Italia vorrebbe far credere è che gli uomini hanno l’esclusiva della violenza.
Che sono solo gli uomini capaci di commettere il delitto efferato e che la donna in conseguenza di questo è automaticamente la vittima sempre.

E, per dare forza a questo concetto qualcuno ha confezionato un brand attribuendogli il nome di “femminicidio”, ovvero lo slogan per vendere un dramma qual è quello degli omcidi delle donne commessi da uomini. Mentre per “femminicidio” s’intende  la soppressione generica della femmina/donna, non di UNA donna nel particolare. Nessuno di quegli uomini che hanno ucciso la propria donna, compagna, moglie o ex si è rivelato poi essere un serial killer di donne scelte a caso. 

E inoltre non tutte le donne  vengono uccise per quelli che vengono banalmente definiti motivi “passionali”, ma poi nella somma vengono addizionati anche omicidi che nulla c’entrano con le problematiche di coppia e che servono ad aumentare il bottino per le statistiche, e se solo si prova a far notare questo dettaglio c’è subito chi aggredisce dicendo che non si ha la minima idea di quello che si scrive. Mentre chi lo dice e lo scrive è proprio perché un’idea ce l’ha, diversamente da chi si accoda al sentire e pensare comune.   Ci fosse poi qualcuno di questi espertoni che vanno ovunque, scrivono ovunque che abbia mai detto l’unica verità e cioè che è la struttura della coppia fissa che è fallimentare. Che non è eterna, che non è per sempre. Perché neanche noi siamo “per sempre”. 

E che se si deve parlare di cultura dei sentimenti bisognerebbe farlo anche per insegnare che un sentimento può finire e che non è detto che debba finire in un bagno di sangue. Che uno stato serio non fa battaglie servendosi delle parole ma dei fatti. E i fatti, ad esempio, sarebbero anche alleggerire le difficoltà pratiche rispetto alle separazioni dove la vittima è sempre e solo l’uomo. Perché a lei la casa, i figli, i soldi. Ed è lui che poi sarà costretto a trovare un’altra sistemazione e il modo per fronteggiare la nuova situazione. Nel frattempo ci sono tante lei che in concerto con avvocati paraculi gliene fanno subire di ogni, compreso negargli i figli, molte storie che si concludono con la tragedia hanno proprio questo fondamento. 

La violenza non ha definizione, colore, razza, genere.
Io non voglio vivere in un paese che obbliga a indignarsi di più se a subire violenza è una donna rispetto all’uomo e anche ai bambini; dove qualcuno pensa, ed altri eseguono, che ci siano violenze che vanno punite di più, addirittura con una legge apposita rispetto ad altre.
Non mi piace il razzismo di genere che disegna gli uomini cattivi sempre e le donne vittime sempre, non mi piace.
Non mi adeguo a quello che va di moda.

Tempo fa un uomo è stato sfigurato dall’acido dalla ex fidanzata, quanto si è parlato di lui nei media rispetto alla donna che ha subito la stessa sorte nominata cavaliere da Napolitano e che è andata ospite ovunque nei talk show? Dire, scrivere, diffondere il teorema che le donne sono quelle che subiscono più violenza senza distillarne i motivi è mentire, è contribuire a creare un panico sociale, un allarme che non fa bene a questo paese martoriato dalla malainformazione.

Tutti gli uomini che hanno ucciso lo hanno fatto perché era quella donna, non un’altra o altre. Dunque sono uomini che odiavano, detestavano SOLO quella donna e non tutte. E la dimostrazione ce la dà proprio l’ultimo caso di cronaca in cui un uomo non ha ucciso solo sua moglie ma anche i figli perché gli erano d’ostacolo al progetto di stare con un’altra donna. Ma questo però non ha impedito che si strumentalizzasse una tragedia, una strage familiare per portare di nuovo acqua al mulino del brand; per far credere che si possa arginare la follia umana con l’inasprimento di leggi o con le tante chiacchiere che in molti fanno a proposito di questo argomento drammatico perché si sa, la chiacchiera coinvolge e convince. La rivista di criminologia di Siena nel 2012 ha messo l’accento sui fatti violenti definendo il genere e le modalità, e quello che si evince dalla ricerca è che non è affatto vero che le violenze subite dalle donne sono una misura maggiore di quelle che subiscono gli uomini.

Virgoletto e cito: “Il fenomeno della violenza fisica, sessuale, psicologica e di atti persecutori, in accordo con le ricerche internazionali, anche in Italia vede vittime soggetti di sesso maschile con modalità che non differiscono troppo rispetto all’altro sesso. L’indagine inoltre dimostra che le modalità aggressive non trovano limiti nella prestanza fisica o nello sviluppo muscolare; anche un soggetto apparentemente più “fragile” della propria vittima può utilizzare armi improprie, percosse a mani nude, calci e pugni secondo modalità che solo i preconcetti classificano come esclusive maschili.”

Quindi, come per tutte le cose è l’informazione che distorce, orienta ma più che altro DISorienta, canalizzando un problema, una situazione, un dramma dove è più conveniente che vada. E’ la risonanza mediatica che viene data ad un fatto piuttosto che ad altri a creare poi quell’emergenza che non c’è, a diffondere allarmi ingiustificati che poi servono a confezionare tutto ciò che ruota attorno al dramma e all’emergenza. Leggi speciali comprese che in un paese dove il reato di omicidio è già previsto e sanzionato sono perfettamente inutili.

Quindi, ribadisco: il dramma esiste, esisterebbe anche se fosse una sola donna a morire uccisa per mano di un uomo [ma anche viceversa], ma non chiamatelo femminicidio perché non lo è.
Non facciamoci fregare, more solito, dalle parole.

Modello Giuditta, ovvero, lo stereotipo

Il fatto che a molte donne piaccia essere identificate come bombe sexy, mogli e madri rassicuranti e disponibili senza sentirsi strumentalizzate da niente e nessuno non sfiora mai il pensiero di quelle che non condividono questi modelli? Parrà strano ma ci sono donne, me compresa, che un’immagine la decidono in base alle situazioni, di volta in volta si può essere la moglie che prepara da mangiare e apparecchia la tavola, l’amante trasgressiva ed esplosiva, la madre rassicurante e presente e anche, in molti casi, visto che la vita impone dei ritmi massacranti nella coppia, anche l’uomo di fatica, e si può scegliere di fare tutto  responsabilmente, senza il suggerimento di nessuno e senza dire di essere vittime del bombardamento mediatico.

Il problema quindi va oltre, oltre la vita impossibile che la politica costringe a vivere. Forse è per questo che le coppie oggi ‘scoppiano’ presto, perché nemmeno ce la fanno a diventare tali; per essere coppia bisogna frequentarsi di tanto in tanto e questo succede sempre meno.

Il modello culturale adeguato sarebbe quello di consentire alle donne di scegliere in autonomia cosa fare di se stesse e della loro vita, ci vorrebbe una buona politica che offrisse strutture adeguate alle donne per non metterle davanti alla scelta di lavorare o fare le madri, una giustizia che punisse duramente quei datori di lavoro che ricattano le donne, che le licenziano se rimangono incinte e non fanno ritrovare il posto di lavoro quando finisce il periodo di maternità.

E credo che siano queste le cose importanti di cui la politica e le istituzioni dovrebbero occuparsi.  Le battaglie facciamole sulla condizione delle donne che lavorano per due spicci e in assenza di strutture di sostegno, non per liberare quelle che volontariamente si spogliano anche per pubblicizzare il dentifricio.

Basta con le pubblicità delle donne che servono a tavola dice Laura  Boldrini, dunque anche basta con quelle delle donne che reclamizzano i detersivi per fare il bucato, pulire il bagno, le incrostazioni del piano di cottura, il ferro da stiro, l’aspirapolvere e tutto ciò che è connesso alle faccende domestiche.

Invece, se una donna per farci fare le pulizie, per stirare e anche per cucinare e servire a tavola la paghiamo il tutto assume un’altra dimensione, non è più offesa sessista ma un lavoro dignitoso come un altro.

 Non tutte le donne si sentono offese se vedono in televisione altre donne, pagate per farlo, quindi un lavoro dignitoso come un altro, che per pubblicizzare prodotti commerciali svolgono azioni tipiche del quotidiano come cucinare, preoccuparsi di dividere la biancheria colorata da quella bianca, togliere il calcare dal piatto doccia.  Non tutte le donne si sentono mancate di rispetto se mettono un piatto a tavola e magari riescono anche a sorridere nonostante la vita d’inferno che si vive nella maggior parte delle case e delle famiglie italiane dove incontrarsi a pranzo e a cena è diventato un privilegio invece della normalità.

Una donna può essere emancipata anche se porta i piatti a tavola.

Io direi che bisognerebbe smetterla di considerare offensivi i lavori domestici in generale. Chiunque li svolga, visto che sono sempre di più gli uomini che si adattano a cucinare, stirare e pulire.  

Il problema è che le donne che stanno a casa vengono viste dalle altre, quelle che lavorano, come delle frustrate, non realizzate, mancanti anche del minimo indispensabile di cultura. Sembrerà strano, invece, pensare che leggono i libri, si impegnano a stare al passo coi tempi, si curano e non si trascurano e non sono tutte lì a leggere gossip e a guardarsi le telenovelas.

E poi, non sono state le donne stesse a rivendicare quell’autonomia dall’uomo per vantarsi di essere capaci a fare tutto senza l’ausilio del sesso forte?  Noi sempre più brave, più capaci, con una marcia in più […], c’è chi addirittura invoca il predominio delle donne in politica riponendo in loro una maggior fiducia rispetto agli uomini come se non fossero donne  Fornero, Gelmini, Carfagna, Santanché la cui azione “politica” conosciamo molto bene e  di emule di Nilde Jotti in politica non se ne vedono in questo sciagurato  centrosinistra. E allora   perché mai dovremmo intravvedere i pericoli in scenette da fiction utilizzate per pubblicizzare la qualunque? Ai figli, maschi e femmine insegniamo il rispetto,  ad esempio  che i panni sporchi si mettono in lavatrice, e che il pavimento del bagno dopo la doccia si può asciugare. E ai mariti e compagni che la giacca e il pantalone dopo averli indossati si riposizionano sulla stampella e si rimettono nell’armadio.

Anche se c’è una moglie e una madre che sta a casa.

Tante donne usano ancora quelle battute ridicole quali “avere le palle”, per descrivere la donna in gamba o quella secondo cui DIETRO un uomo di successo ci deve essere per forza una grande donna [dietro, non vicino, al fianco, casomai], io le trovo molto più offensive della pubblicità per esempio. Ma ci sono tante donne spigliate, intraprendenti ed emancipate che le usano nel loro linguaggio corrente e non se ne accorgono.  Cerchiamo di andare a monte del problema. Quante di quelle donne che approvano Laura Boldrini mandano le figlie al catechismo? voglio dire; se di liberazione si deve parlare che sia ad ampio raggio, liberiamo quindi anche quelle che saranno le donne di domani dal retaggio di una religione che ha voluto la femmina DOPO l’uomo [affinché l’uomo non restasse solo] e anche DOPO gli animali.

Io sono per la libera scelta delle donne, questa battaglia sulle cose superficiali non la condivido, i modelli culturali da abbattere sono altri, non penso debba essere un problema della politica se a tante donne piace pubblicizzare le pentole o il costume da bagno.

Voglio capire cosa impedisce ad una donna di emanciparsi anche se si occupa di un marito della casa e dei figli.

Per quale motivo il mestiere di moglie e madre dovrebbe svilire. Io, che sono rimasta a casa per scelta quando mi presento dico che sono una privilegiata, non dico mica di sentirmi defraudata del mio diritto ad emanciparmi.

Parliamo delle donne vere che si fanno il mazzo piuttosto. Di quelle che vanno a lavorare, assunte dai padroncini delle cooperative [de’ sinistra] giorno e notte per sei euro e cinquanta l’ora e che magari avessero il tempo e la possibilità di mettere un piatto a tavola.

 Tutto questo maschilismo che offende non lo vedo.

Perché c’è anche il maschilismo condiviso piacevolmente da donne che a interpretare certi ruoli ne traggono vantaggi senza nessun senso di colpa.

E se ci sono donne a cui piace abbrutirsi, ingrassare, nutrirsi con i reality show e il gossip facciamo una legge per vietare di mangiare, comprare riviste e guardare certi programmi in tv? per quale motivo dovrei essere solidale con chi si fa abbindolare dalle scemenze che guarda in televisione?  Se ci sono sciagurate che si vendono al satrapo per i soldi e la particina in tv e le stesse madri gliele mettono a disposizione non capisco che c’entra la pubblicità. E se una donna non si sente defraudata a fare quelle cose che per Laura Boldrini sviliscono le donne [sempre tutte eh? mi raccomando] chi siamo noi per metterci di traverso? libertà è anche poter scegliere cosa è offensivo e cosa no.

Sono io la prima a dire che in tante famiglie si sbaglia ad assegnare i ruoli ai figli, che maschi o femmine vanno educati nello stesso modo, che ai maschi come alle femmine va insegnato a collaborare in casa e che i genitori dovrebbero smetterla di comprare  tavole da stiro, cucine giocattolo assegnando alle femmine un destino già da bambine, così come i compagni vanno istruiti a non considerare le mogli e compagne come donne a tutto servizio, ecco perché questa manipolazione mediatica che vede le donne sempre vittime anche quando non lo sono io non la sopporto più.

Se qualcuno pensa che basti eliminare le pubblicità per migliorare la condizione delle donne che si accomodi pure. Io no, non lo penso.

Penso invece  che non serva nemmeno un cultura superiore per capire che quello che ci propina la tv è al 90% finzione, che le pubblicità  danno un’idea non distorta ma falsa di TUTTO, non solo delle donne, proprio perché nelle pubblicità si esasperano i concetti allo scopo di far presa sul pubblico, penso che non ci sia proprio nessuno che creda davvero che la famiglia del mulino bianco dove la mamma è sempre perfettamente truccata, vestita, disponibile e sorridente alle otto di mattina sia una realtà e non invece una finzione da set allestita per reclamizzare dei biscotti. 

Ammenoché ci sia chi crede che con una gomma americana si possano fare fontanelle e farle zampillare sulla propria lingua.

8 marzo: e allora?

Considerare l’otto marzo un’appendice del carnevale è un po’ come anticipare il veglione di capodanno al due novembre.
Io m’arzo e l’otto tutti i giorni, da tutta la vita.
Magari bastasse solo un giorno l’anno; da metterci la firma.
E trovo sconcertante, perfino offensiva questa specie di schiavitù legata ad una data, un giorno in cui BISOGNA riflettere, BISOGNA ribadire che dignità e rispetto devono essere tali ogni giorno. BISOGNA dire ancora e ancora che l’otto marzo non è una festa, BISOGNA, nel terzo millennio, spiegare l’origine di una data perché tanta gente fra cui molte donne non lo sanno né mai è venuta loro la curiosità di andare a scoprire il perché di questa giornata. 
E non lo sanno spiegare nemmeno alle figlie di oggi, quelle che stasera andranno in una discoteca o in un ristorante per sentirsi libere.
Lo scrivo ogni anno da tanti anni: il mondo cambierà davvero quando nessuno avrà più la necessità di collegare un giorno ad una cosa qualsiasi, fatta eccezione che il proprio compleanno.

Non mi sento una donna – vittima, e per fortuna la maggior parte delle donne italiane non lo sono.  Questa faccenda di essere considerate O troppo maltrattate O una specie da mettere sotto protezione mi è sempre stata stretta. Personalmente non mi sono mai sentita inferiore a nessuno, uomini o donne che fossero.

E penso che  accentuare una condizione situazione femminile che pure esiste ma in una misura che rientra nello standard europeo e internazionale, se parliamo di democrazie civili e non certo di quei paesi dove il tempo si è fermato all’età della pietra, alla fine temo che si trasformi in qualcosa di controproducente soprattutto per noi donne. Non insegniamo alle nostre figlie ad avere paura degli uomini, e ai maschi spieghiamo quanto è bello e gratificante un rapporto alla pari dove non c’è bisogno di un giorno particolare per esigere rispetto. 

Trattativa, dieci rinvii a giudizio
Ora lo Stato processa se stesso

Tra il marzo e il maggio del 1992 l’ex ministro Maninno era stato inserito nella black list di politici stilata da Riina. A far saltare gli equilibri la decisione della Cassazione sul primo maxiprocesso: carcere a vita. S’infrange quel muro d’impunità garantito dalle cointeressenze politiche. È il 30 gennaio del 1992: una data che cambia la storia d’Italia.

 

Ma Il Fatto raccontava balle no? era contro lo stato e contro Napolitano. E Ingroia ci ha fatto sapere giorni fa  Michele Serra tramite La Repubblica, quotidiano di sinistra, sta bene in Guatemala.
Vergogne senza fine, e sono tutte italiane.

Rifondazione comunista è stato l’unico partito a costituirsi parte civile nel processo sulla trattativa stato mafia.

Quindi  significa che a tutti gli altri, e non parlo della destra per ovvi motivi di conflitto di interessi, la questione stato mafia non sembrava una cosa così grave? non interessa alla politica che si appresta a diventare prima forza di governo che pezzi dello stato abbiano trattato con l’associazione criminale denominata MAFIA? c’era altro a cui pensare o il paese non è pronto ad essere governato solo dallo stato e non anche, in certi casi soprattutto, dalla mafia?

La Norimberga italiana
Marco Travaglio, 8 marzo

Ieri è stato un gran giorno per la Giustizia in Italia: il gup di Palermo Piergiorgio Morosini ha deciso che il processo sulla trattativa Stato-mafia si farà. E a carico di tutti gli imputati per i quali la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio: sei per lo Stato (Mannino non c’è perché ha scelto il rito abbreviato) e cinque per la mafia (il sesto, Provenzano, sarà giudicato se e quando le sue condizioni di salute lo permetteranno). E a giudicarli non sarà un semplice Tribunale, ma la Corte d’Assise: il reato più grave, infatti, è quello contestato a Provenzano, che deve ancora rispondere del delitto Lima, al quale sono appesi per connessione i reati di tutti gli altri imputati: la “minaccia a corpo dello Stato” contestata a tutti tranne uno, l’ex ministro Mancino, che risponde di falsa testimonianza. Dunque, per la prima volta nella storia, uomini di Stato e di mafia compariranno nella stessa aula, dinanzi a due giudici togati e a sei giudici popolari estratti a sorte fra i cittadini italiani. Così la sentenza sarà fino in fondo “in nome del popolo italiano”. Per la Procura di Palermo, in particolare per i pm Ingroia, Di Matteo, Sava, Delbene e Tartaglia che hanno condotto le indagini, è un successo pieno, il massimo riconoscimento della bontà del loro lavoro. Un lavoro ostacolato da depistaggi e interferenze istituzionali, ricatti, omertà, amnesie, bugie, attacchi politici trasversali, campagne giornalistiche di ogni colore, ostilità e veleni perfino dai vertici della Cassazione, del Csm e dell’Anm. Un coro belante, anzi ringhiante che ha affratellato tutti i poteri contro la ricerca della verità, con pochissime eccezioni di cui il Fatto si onora di far parte, al fianco dei parenti delle vittime che da 21 anni chiedono Giustizia. Ci sarà tempo per discutere gli aspetti giuridici di quello che s’annuncia come il processo del secolo, la Norimberga della Prima e della Seconda Repubblica, perché riguarda le trame del biennio orribile 1992-’94 che orientarono il passaggio di regime col solito sistema del Gattopardo. Trame che impedirono all’Italia di rinnovarsi, come tanti avevano sperato avvenisse dopo Mani Pulite e la Primavera di Palermo seguita alle stragi. Trame che riconsegnarono lo Stato e i suoi governi sotto il ricatto di Cosa Nostra, dopo il venir meno del patto di convivenza-connivenza che aveva retto dal dopoguerra alla sentenza del maxiprocesso in Cassazione il 30 gennaio ’92. In attesa di sapere se esistono le prove per condannare gli imputati per i reati a loro ascritti (il Gup le ha giudicate sufficienti per giustificare un processo, il che non è poco), abbiamo le prove che la trattativa Stato-mafia ci fu, e servì a salvare la pelle a tanti politici terrorizzati dal delitto Lima al costo di sacrificare la vita di Borsellino, della scorta, dei cittadini caduti a Milano e Firenze. I fatti sono certi (anche se nessuno li racconta): il processo dovrà stabilire se sono anche reati. Mancano, come sempre, i mandanti più alti, anche se la tresca Mancino-Quirinale di un anno fa la dice lunga sul livello di consapevolezza di quel che avvenne e dev’essere coperto. Il gup Morosini cita le fonti di prova, tra cui la sentenza definitiva di Firenze sulle stragi del ’93, che spazza via tutte le tartuferie sulla “presunta trattativa” e mette nero su bianco che sulla trattativa (senz’aggettivi dubitativi) “non possono esservi dubbi di sorta”. È qui l’estrema attualità dei fatti di 20 anni fa che inquinano tuttoggi la politica, e seguiteranno ad avvelenarla finché l’ultimo traditore che trattò o coprì resterà nelle istituzioni. Quello che si apre a Palermo è anche il processo a una vecchia politica che non vogliamo vedere mai più: la politica del doppio gioco, del dire una cosa e fare il contrario, del combattere Cosa Nostra non per sconfiggerla, ma per contenerla e all’occorrenza usarla. Ora che quel doppio Stato, anzi quello Stato doppio è alla sbarra con i suoi degni compari mafiosi, deve farsi avanti l’altro Stato: quello dei magistrati e dei cittadini onesti.

Gli uomini fanno fatica…[il discorso di Luciana Littizzetto a Sanremo]

Secondo me, uno dei momenti più belli di questo festival.

 

Gli uomini fanno fatica a dire ti amo.

Lo dicono solo in caso di estrema necessità, tipo quando proprio non ne possono fare a meno, sennò dicono dei surrogati. 

Dei derivati del ti amo. Che fanno danni come i derivati delle banche. Dite delle cose tipo: sei molto importante per me. E cosa vuol dire molto importante? Anche non pestare una cacca di cane prima di portare le scarpe al calzolaio è molto importante, ma non è mica la stessa cosa che dire ti amo. Dite cose tipo: Mi fai stare bene. Ma mi fai stare bene lascialo dire a Biagio Antonacci. Dillo al tuo medico Shiatzu quando ti schiaccia i piedi per metterti a posto la cervicale. Oppure sprecate quelle parole tipo tesoro, meraviglia, splendore. Ma splendore cosa? Guardami. Splendo? Non sono mica una plafoniera? Ma dite ti amo, pezzi di cretini! Se la prima volta vi vergognate mettete la testa nel sacchetto del pane?! Dite “ti amo” mentre vi lavate i denti? Sglrlb? Va bene anche quello. Poi al limite cambiate idea. Dire una volta ti amo non crea né impotenza né assuefazione.
Poi il bello è che non capite nulla anche quando siamo noi a dirvi parole d’amore. Se vi diciamo cose romantiche tipo: Amore, guarda che luna.. voi rispondete: Minchia l’una? Pensavo fossero le undici. Andiamo che mi è scaduto il parcheggio. Ma noi vi amiamo lo stesso. Cosi come siete. Vi amiamo anche quando…vi vantate di aver scritto il vostro nome facendo pipì sulla neve, amiamo i vostri piedi anche se sono armi di distruzione di massa, vi amiamo anche se di notte russate che ci sembra di dormire ai piedi dello Stromboli, vi amiamo anche se per trovarvi per casa basta seguire le tracce come per gli animali servatici, giacca, camicia, canotta, tutto lasciato per terra finché sul divano non trovi un tizio con la felpa della Sampdoria che gioca alla Playstation, vi amiamo quando per fare un caffè ne spargete un quarto sul tappetino e due quarti sul gas. E poi dite che viene leggero.
Vi amiamo quando avvitate la caffettiera fino allo spasimo che per aprirla dobbiamo chiamare i pompieri, e poi non chiudete i barattoli, appoggiate solo il coperchio sopra cosi appena lo prendi sbadabam cade tutto. Vi amiamo quando sparecchiate la tavola con la tecnica del discobolo, mettendo in frigo la pentola della minestra che poggia su due mandarini. Vi amiamo quando a Natale scavate il panettone con le dita, quando per farvi un caffè sporcate la cucina che neanche 10 Benedette Parodi.. e pure quando per farvi la doccia allagate il bagno e lasciate la malloppa di peli nello scarico, che sembra di stare insieme a un setter irlandese! Vi amiamo quando diciamo voglio un figlio da te e voi rispondete “Magari un cane” e noi vorremmo abbandonare VOI in autostrada non il cane. Vi amiamo quando andate a lavare la macchina e ci chiudete dentro coi finestrini aperti, vi amiamo quando fate quelle battute tipo prima di fidanzarti guarda la madre, perché la figlia diventerà cosi, Voi no. Voi spesso siete pirla fin da subito. Vi amiamo quando mettete nella lavastoviglie i coltelli di punta, che quando noi la svuotiamo ci scarnifichiamo, e quando invece di sostituire il rotolo finito della carta igienica usate il tubetto di cartone grigio come cannocchiale.
E’ per amore vostro che facciamo finta di addormentarci abbracciati anche se dormire sul vostro omero ci dà un po’ la sensazione di appoggiare la mandibola su un ramo secco di castagno, e vi amiamo anche se considerate come dogma assoluto che l’arrosto della mamma è più buono di quello che facciamo noi. Il creatore non ha detto: E la suocera fece l’arrosto fatelo sempre cosi in memoria di me.
Insomma, noi vi amiamo anche quando date il peggio, vi amiamo nella buona ma soprattutto nella schifosa sorte. Vi amiamo perché amiamo l’amore che è un apostrofo rosa tra le parole: E’ irrecuperabile.. ma quasi quasi me lo tengo.
Perché san valentino è la festa dell’amore, declinato in tutte le sue forme.

L’amore delle persone che si amano. Anche delle donne che amano le donne e degli uomini che amano gli uomini.

MA CHE CI INTERESSA QUELLO CHE FANNO A LETTO? L’IMPORTANTE E’ CHE LE PERSONE SI VOGLIANO BENE. SOLO QUESTO CONTA.
Pensa che bello sarebbe vivere in un paese dove tutti i diritti fossero riconosciuti. Ma non solo i diritti dei soldi. Quelli dell’anima. Quelli che mi dicono che posso vegliare la persona che ho amato per anni in un letto d’ospedale senza nessuno che mi cacci via perché non siamo parenti. E poi vorremmo un san Valentino dove nessun uomo per farci i complimenti dicesse che siamo donne con le palle. Dirci che siamo donne con le palle non è un complimento. Non le vogliamo. Abbiamo già le tette. Tra l’altro sono due e sferiche anche quelle. Vogliamo solo rispetto. In Italia in media ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna, compagna, figlia, amante, sorella, ex.
Magari in famiglia. Perché non è che la famiglia sia sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
La uccide perché la considera una sua proprietà. Perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro.. E noi che siamo ingenue spesso scambiamo tutto per amore, ma l’amore con la violenza e le botte non c’entrano un tubo. L’amore, con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione. Noi a Torino, che risentiamo della nobiltà reale, diciamo che è come passare dal risotto alla merda.
Un uomo che ci mena non ci ama. Mettiamocelo in testa. Salviamolo nell’hard disk. Vogliamo credere che ci ami? Bene.

Allora ci ama MALE.

Non è questo l’amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo. Sempre. E dobbiamo capirlo subito. Al primo schiaffo. Perché tanto arriverà anche il secondo, e poi un terzo e un quarto. L’amore rende felici e riempie il cuore, non rompe costole e non lascia lividi sulla faccia. Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti? No. Ne abbiamo una sola. Non buttiamola via.

Luciana Littizzetto

Sì è vero, le violenze, ma…

Sottotitolo: se Dio,  al quale credono miliardi persone fra cui moltissime che agiscono e si comportano in base al suo volere, come e quando l’abbia divulgato non si sa, ma tramandato per mezzo dei suoi uomini con, come abbiamo visto, ottime referenze di onestà e credibilità,  ha voluto la donna non solo dopo l’uomo ma anche dopo la specie animale, vermi compresi, un motivo ci sarà. E non è un caso che anche i figli di Adamo ed Eva erano maschi, i fondatori di Roma erano uomini, quindi, di che vogliamo parlare ancora? magari di Ipazia, lapidata e fatta a pezzi dai buoni monaci cristiani [tanto perché la religione cattolica è quella più civile delle altre] perché donna troppo intelligente e dunque pericolosa perché in grado di umiliare gli uomini?

A proposito del flash mob di oggi.
Sono sempre dell’idea che le giornate dedicate siano solo il sintomo di un fallimento.
Laddove non è riuscito – perché evidentemente non ci s’impegna abbastanza per pretenderlo – chi, ovvero la politica,  dovrebbe fare in modo che le discriminazioni si riducano, le violenze vengano punite in modo adeguato affinché tendano a diminuire e si diffondano culture in grado di sconfiggere quelle che poi portano le persone ad assumere determinati atteggiamenti –   arriva la giornata dedicata, di cui puntualmente il giorno dopo non si ricorderà più nessuno.
La Rivoluzione inizia a casa propria, quante di quelle donne che ballano e vanno in piazza sono poi disposte a cercare di cambiare le cose iniziando da loro, dall’educazione dei figli, quante pensano di smettere di educare i propri figli – femmine e maschi – evitando di tramandare tradizioni, usi e costumi ridicoli che sono quelli che poi creano la discriminazione come imporre i sacramenti, fargli frequentare il catechismo e l’ora di religione [una sola, non tutte]  dove si racconta la favoletta di Adamo ed Eva che è proprio l’ABC della discriminazione, dell’imposizione dell’idea di maschio superiore e per questo autorizzato a sottomettere la donna e di farlo in nome di Dio,  che l’ha voluta non solo dopo l’uomo ma anche dopo la specie animale, vermi compresi, per giunta?
E non ho mai pensato che la rivendicazione dei miei diritti di donna dovesse passare per la guerra continua e continuata con gli uomini.

Quella che viviamo adesso è un’epoca difficile, piena di disagi, e nelle difficoltà si deve stare uniti, non divisi.
Ci sono tanti uomini che vivono situazioni terribili, ad esempio dopo una separazione, uomini che tra mille difficoltà devono sopravvivere, occuparsi del mantenimento di ex mogli e figli dovendo sottostare a leggi che favoriscono sempre le donne, a loro la casa, a loro il diritto di poter continuare a mantenere lo stesso stile di vita anche quando svestono i panni della moglie.

A loro il diritto dell’affidamento dei figli che spesso vengono usati, proprio dalle donne, come armi di ricatto.
Ma di loro non si parla quasi mai, evidentemente queste sono considerate violenze di serie b.
La considerazione, il rispetto, il riconoscimento del diritto ad esistere in quanto PERSONE non hanno una connotazione di genere, ecco perché lottare per ottenere quelle che non sono concessioni ma DIRITTI, va fatto insieme, tutti i giorni.

Poi di contro ci sono altre realtà fuori dai nostri confini di paesi “civilizzati”.  Quei paesi dove le donne subiscono violenze di altro genere, mutilazioni, paesi dove alle donne si impedisce perfino di nascere,  nei quali nessuno va a mettere il becco ma anzi se li mettono al fianco  orgogliosamente da partner economici  –  Italia compresa – come  la Cina dove di diritti umani manco a parlarne,  e figuriamoci di quelli delle donne,   come invece si  fa in quelli dove c’è da raccattare petrolio, diamanti e tutto quello che può arricchire il mondo occidentale riducendo in miseria tutto l’altro.  Nessuna esportazione di democrazia, ad esempio,  dove le bambine vengono private di un pezzo del corpo per impedire loro di essere donne complete. Che è un diritto anche questo.

 

“Cazzate”

Monti attacca: “Bersani infantile
B. compra voti”. Lui replica: “Cazzate”

Sottotitolo: simpatico il console americano che avvisa i compatrioti sui pericoli di Milano, città «violenta». Vorrà dire che i milanesi per vivere tranquilli potrebbero trasferirsi  in quel di New York, nota roccaforte di sicurezza dove la criminalità è stata debellata come il colera e il vaiolo.   

La microcriminalità è un fatto comune relativo all’umanità e non ai paesi alle città o, peggio ancora alla nazionalità.

Qui non abbiamo il secondo emendamento che autorizza stragi e omicidi.

Quella del console è stata un’uscita scomposta e del tutto fuori luogo, perché questa rischia di  diventare come la storiella che a stuprare le donne in Italia sono i cattivoni che vengono da fuori anziché i bastardi che sono sempre stati dentro.

E comunque a due settimane dalle elezioni NON SI FA una cosa del genere che ha per forza una conseguenza politica, Milano ha un sindaco di centrosinistra, la vogliamo consegnare alla lega così la mette in sicurezza a modo suo?

Il dialogo elegante di Berlusconi
con l’impiegata: “Quante volte viene?”

 

Berlusconi e la segretaria: “Lei viene? E quante volte? Vuol girarsi?”

L’ex premier in visita in un’azienda di Mirano dialoga a colpi di doppi sensi con una impiegata. La platea lo applaude e ride divertita.

Le allusioni sessuali di Berlusconi all’impiegata (FOTO, VIDEO)

“Si giri” e le guarda il fondoschiena


Non ho mai pensato di dovermi vergognare o imbarazzare per conto terzi come tutti quelli che si vergognavano che a rappresentare l’Italia nel mondo fosse silvio berlusconi, e ci mancherebbe altro; che si vergogni lui  di essere quel che è, io non c’entro nulla con lui né con le platee di quegl’imbecilli che ridono alle sue battute, che si divertono con le sue volgarità. 

E si vergognasse soprattutto chi ha permesso ad una persona simile  di avvicinarsi alla politica e di rappresentare lo stato italiano.

Quello che mi dà fastidio, che mi ha dato sempre fastidio è che altre donne, scrittrici, giornaliste, intellettuali poi si debbano sperticare, riempire pagine di giornali  per difendere QUEL tipo di donna che anziché rispondere all’erotomane incallito come avrebbe meritato si presta al gioco, risponde divertita, si gira alla richiesta di mostrare il culo. Oppure le donne come la Carfagna che ieri sera si è risentita per la battuta di un comico pretendendo le scuse; scuse che invece le donne  come lei dovrebbero porgere, e sarebbe sempre troppo tardi,  per aver contribuito in solido al decadimento della benché minima idea di rispetto nei confronti del genere femminile italiano.
La signora si offende per la battuta del comico? stare al fianco,  sostenere un puttaniere è un esercizio di virtù, invece?

Queste non sono vittime e io non spreco un attimo del mio tempo a cercare di comprendere come ci si possa far avvicinare, da donna,  da  un simile figuro in quel modo senza reagire, stargli vicino per convenienza. Difenderlo, addirittura, come fanno puntualmente le donne presenti nel suo partito. Mentre con uomini così le donne Donne – quelle che non pensano che la dignità sia qualcosa che si può riporre e tirare fuori come un cambio di stagione –  non prenderebbero nemmeno un caffè.

Se una donna è stupida, lasciasse stare la questione di genere.
Non se la prendesse con gli uomini che la trattano, giustamente, da stupida.
Perché la colpa non è di chi approfitta della stupidità di una piccolissima donna che invece di rispondere con un manrovescio alle battute triviali  del telecafone impunito acconsente divertita.

Sicuramente chi usa il suo potere per plagiare, sedurre, abbindolare ha sempre torto, specie quando quel potere è esagerato, ma qui stiamo parlando di un episodio che poteva essere risolto in un altro modo.

Non è necessario essere accondiscendenti e stare al gioco sempre, quando si ha a che fare con silvio berlusconi. 

Se una donna non sa mettere al suo posto un cafone, la colpa non è del cafone, perché lui  è quello che è ma è stato sempre agevolato,  SOPRATTUTTO dalle donne. 

E chissà se anche Francesca  Pascale,  la ventottenne presentata in società come la fidanzata di silvio berlusconi scriverà una letterina a qualche quotidiano per pretendere le scuse dal distributore automatico di ciarpame senza pudore.

Se avesse risposto così anche lei, sarebbe entrata nella storia: