Sì ai diritti del minore ma solo se la pubblica opinione è d’accordo, s’intende

Ricapitolando, a grandi linee:  Martina Levato è stata giudicata socialmente pericolosa, in questi mesi, dopo l’arresto e la condanna in primo grado a quattordici anni a cui andranno sommati altri – eventuali –  per altri reati di cui è accusata non ha mai mostrato segni di pentimento.
Quando a dicembre fu arrestata per aver sfigurato il fidanzatino del liceo era giá incinta. 
Il suo non è stato un gesto scaturito dal raptus come può essere stato quello della Franzoni della quale si è molto riparlato in questi giorni: lei aveva il progetto di “purificare” se stessa causando danni e dolore a chi l’aveva frequentata.
Il problema non sono solo i processi che si svolgono in televisione e nei social, i giudici non sono alieni, vedono, leggono e ascoltano ciò che avviene nella societá e, rispetto poi a certe situazioni sono quasi “costretti” ad optare per il male minore che in questo caso è il peggiore.
Non ha nessun senso far frequentare questa madre e il figlio se poi dovrà essere adottato, e se i nonni gli volessero davvero bene, volessero davvero il bene del piccolo dovrebbero chiedere loro stessi che venga allontanato dai genitori sciagurati e criminali. 

Sarebbe il caso di smetterla con questa leggenda che i figli riparano i danni degli adulti, usarli come paraventi e scudi con i quali nascondere i loro fallimenti. Un figlio non migliora chi lo mette al mondo, semmai è molto più probabile che l’enorme responsabilità di doversi occupare di un esserino la cui sicurezza, salute dipende in toto dai genitori produca proprio l’effetto contrario: succede alle persone mentalmente sane figurarsi se non c’è il rischio che possa accadere a chi ha delle gravi turbe psichiche.  

Vale la pena di ribadire che non sono i reati di cui sono accusati Boettcher e la Levato né la condanna in primo grado la causa della decisione di togliere questo bambino ai genitori ma proprio e solo le condizioni mentali dei due genitori, ritenuti incapaci di occuparsi del minore perché violenti ma non di intendere e di volere, che nel loro caso costituisce un’aggravante perché significa che hanno agito con lucida premeditazione.
Tutti pronti ad alzare le barricate alle adozioni ai gay, gli etero per adottare vengono passati agli infrarossi ma poi, nella bella societá dell’ipocrisia bisogna lasciare una creatura nelle mani di chi ha dimostrato di non saper badare nemmeno a se stessa perché altrimenti è “crudeltà”.
E il padre? Su di lui nemmeno una riga, del resto agli uomini per perdere il diritto alla paternitá basta anche meno di un reato e una condanna. 

Miliardi di persone sono cresciute benissimo con il latte artificiale, molte anche senz’aver mai conosciuto i genitori biologici.  Io sono allibita dai commenti che ho letto su questa vicenda, e sono sempre più convinta che ci sono cose che meno gente sa e meglio è,  che portare tutto, anche i minimi dettagli all’attenzione dell’opinione pubblica non consenta alla macchina della giustizia di procedere poi  nel senso giusto.

Martina Levato, perché non tutelare il bambino invece di parlare di crudeltà? – Eretica, Il Fatto Quotidiano

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Martina Levato, Alexander Boettcher: per i giudici sono “più pericolosi dei mafiosi”

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Un giudice non decide sulla base del sentimento personale, non è questo che gli si chiede, per fortuna: di “Ponzi Pilati” pronti a trasformare tutte le piazze, paesi e città in arene e patiboli l’Italia è fin troppo piena.
Si parla sempre,  troppo e perlopiù  a sproposito dei diritti dei bambini rispetto alla fecondazione assistita, all’utero in affitto, all’adozione ai gay, in questi casi della felicità del bambino, del suo diritto ad essere allevato, nutrito ed educato da persone capaci di amarlo e rispettarlo, sane di mente non frega niente a nessuno perché se la natura [Dio] vuole questo e quello e ha deciso diversamente bisogna rispettare il suo “ordine”,  poi quando un giudice rispetta davvero il diritto alla serenità di un bambino già venuto al mondo ci si dimentica di tutto per buttarla in caciara con la “disumanità” di una decisione.  Solidarietà alla dottoressa Fiorillo che è sempre di turno nel momento sbagliato.

Il problema di questo paese non sono solo i media che ci costringono ad occuparci anche di cose di cui faremmo volentieri a meno, nel paese normale si dà una notizia e se ne dà un’altra quando c’è la notizia, se definitiva è meglio: non si ricama per settimane e mesi sui fatti di cronaca solo per riempire pagine di giornali e siti web da cliccare compulsivamente coinvolgendo tutti.  Il problema, drammatico, culturalmente irrisolvibile è soprattutto un’opinione pubblica immatura e capricciosa ma soprattutto disinformata che si esprime dopo aver letto a malapena i titoli dei giornali e che rispetto a fatti di un’importanza gigantesca vuole essere accontentata come dal salumiere e dal fruttivendolo: gente che vorrebbe che le cose andassero per il verso che le si attaglia meglio e di più perché ha il pessimo vizio di mettersi tutto addosso non essendo poi capace di esprimere una critica, un commento o un giudizio distaccati. 

L’Italia è irrimediabilmente un paese fatto purtroppo a maggioranza di mammisti e mammoni che non sanno prendere atto con onestà che una donna è prima di tutto una persona capace e incapace di tutto come un uomo, che lo status di mamma non eleva a nessuna santità e che i figli prima di essere un diritto dei genitori sono tanti doveri ai quali non tutti sanno o possono assolvere nella maniera migliore.
Per fortuna però la nostra magistratura disastrata non per colpa sua ma di chi la obbliga a mettere in pratica leggi oscene, ovvero quelli che fanno le leggi,  tirata e maltrattata da tutte le parti, pressata e accusata sempre di sbagliare ogni tanto ci azzecca e fa la cosa giusta garantendo il diritto di un bambino che non ha nessuna colpa o responsabilità essendo appena nato e i genitori si sa, non si possono scegliere, di non essere allevato da due violenti sociopatici, pericolosi disturbati mentali ai quali nessuno ha mai insegnato il rispetto per la vita degli altri e nemmeno per la loro.