I politici passano, la Costituzione resta

referendum-5dNell’epoca di internet, dei social dove Renzi e i suoi sono iper presenti la maggior parte di chi ha votato sì ha più di 55 anni. Il che vuol dire che in Italia c’è un enorme problema di informazione generalista che non fa il suo dovere. Chi attinge solo dai canali ufficiali, telegiornali, talk show, quotidiani compiacenti al potere ha creduto a tutte le balle che Renzi ha propalato in questi mesi da tutti i media. Chi invece non si accontenta perché fa parte della generazione più colpita dalle politiche di Renzi e va oltre, si informa altrove, ha capito la truffa e salvato l’Italia.

Alle tre di stamattina c’era ancora gente che twittava insulti a Travaglio, ospite della maratona di Mentana. Se il problema di un’informazione sempre e da sempre accucciata davanti al potere quale che sia sono due quotidiani: Il Fatto Quotidiano e Il Manifesto che non lo fanno, significa che non si capisce cos’è più dannoso fra un giornale come Il Fatto che forse accentua i toni, mai comunque più di quanto abbia già fatto la politica, forse non le azzecca sempre e tutte ma in quanto a notizie ne dà sempre qualcuna in più degli altri e tutta quella stampa e informazione parlata e scritta sempre disposta a reggere il gioco al potere, a legittimarne le menzogne, a conferire autorevolezza a chi non meriterebbe neanche una briciola di stima, a disorientare i cittadini, a dichiararsi corretta e imparziale mentre e specialmente in questa orrenda campagna elettorale, non è mai stata né l’una né l’altra. 

E, se il problema è Marco Travaglio e non i cosiddetti leader di ‘sinistra’,  non solo Renzi, i quali nel tempo hanno fatto strame della sinistra e l’hanno diluita sempre di più in una destra farlocca, neanche buona a difendere un po’ questa nazione sciagurata ma ottima per consegnare l’Italia a mani estranee e tutt’altro che disinteressate, non bastano tutte le Costituzioni più belle del mondo a salvare l’Italia ma ci vogliono molti medici bravi, capaci e competenti.
Perché in un paese normale oggi scatterebbero le dimissioni per vergogna e indecenza della maggior parte dei giornalisti, direttori di quotidiani che in questi mesi hanno scritto l’impossibile e raccontato l’inenarrabile per vendere la “riforma” di Renzi e Renzi quale unica cura per la salvezza dell’Italia, in questo, invece, li ritroveremo tutti allineati e pronti a mettersi al servizio del prossimo che arriverà a sostituire Renzi.

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L’unico bel gesto che avrebbe dovuto fare Renzi era non intestarsi la paternità di una riforma costituzionale in cui non doveva entrarci lui e nemmeno il suo governo.
Nelle repubbliche democratiche la Costituzione la tocca solo il parlamento espressione dei cittadini, non di una legge incostituzionale che al massimo doveva garantire la tenuta dello stato fino alla nuova legge elettorale.

Renzi ha perso anche col voto degli italiani all’estero, evidentemente i nostri connazionali in terra straniera, anche quelli che non parlano l’italiano, che non hanno nessuna intenzione di tornare in Italia,  non pagano neanche le tasse all’Italia ma viene ugualmente concesso loro di decidere come deve essere la Carta dei diritti e dei doveri del paese che volontariamente hanno lasciato e anche chi lo deve governare erano informati, nonostante le incursioni della Boschi che ha utilizzato le ambasciate e i soldi pubblici per sponsorizzare la sua “riforma”.

Sono contenta per la Costituzione, per gli italiani, i quali, quando si toccano gli affetti più cari sono ancora capaci di difenderli, che hanno dimostrato una grande maturità scegliendo quella Carta delle garanzie, dei diritti e dei doveri per tutti messa in serio pericolo dal plurinquisito prescritto per corruzione verdini che Renzi ha eletto a suo alleato necessario, come se vent’anni di berlusconi non fossero bastati, dagli impiccioni oltre confine che in queste settimane le hanno inventate tutte per terrorizzarci, convincerci che la “riforma” di Renzi, della Boschi e di verdini fosse davvero la soluzione a tutti i problemi dell’Italia, da Vincenzo De Luca che pensava di poter barattare i prossimi cinquant’anni di questo paese con qualche frittura di pesce, dai vigliacchi che per opportunismi politici e interessi privati relativi all’élite di cui Renzi si è circondato non hanno esitato a tirare dentro una campagna elettorale infame perfino i malati di cancro, bambini compresi.

Una batosta simile si prende solo se a votare contro sono stati anche quelli che dicevano di votare “con”.
Per mesi la gente che non voleva votare contro Renzi ma contro una riforma confusa, scritta male, pericolosa per la democrazia è stata insultata non solo dai derelitti che usano i social come un campo di battaglia ma l’unica guerra che vincono è contro la civiltà, il rispetto e l’educazione: ancora stamattina si leggono accuse di fascismo distribuite a chi ha votato no nelle bacheche di quelli che vengono considerati influencer, che hanno naturalmente ottime referenze che conferiscono loro autorevolezza ma in realtà sono i veri napalm51, i quali non digitano scemenze in solitudine come nella gag del comico per far ridere ma hanno a disposizione liste affollate, esprimono tutto il peggio e coinvolgono molta più gente di quanta ne segua il cane sciolto, lo scemo del villaggio virtuale sul quale viene scaricata la colpa di avvelenare e inquinare i pozzi come dice Mentana. Una responsabilità che va estesa anche a chi mai se l’assumerà, ovvero chi aveva il dovere di mantenere un equilibrio civile, di intercettare il disagio dei cittadini e fare da tramite con la politica, non offenderli più di quanto lo siano stati da Renzi e dal suo governo: parlo naturalmente di certi giornali e giornalisti che usano la loro visibilità mediatica, le loro pagine web per istigare, fomentare, amplificare le menzogne della politica. Per mesi ci hanno detto che avremmo votato come i fascisti, come casa pound, come Salvini, come Brunetta mentre Renzi andava avanti come un caterpillar occupando tutto quello che gli è stato messo a disposizione insieme a Briatore, Marchionne, le banche, Confindustria, la finanza che opprime, i padroni che sfruttano, ora meglio e di più grazie alla sua legge sul lavoro, quelli che Renzi si è guardato bene dal mostrare nella letterina inviata agli elettori.
Renzi, la Boschi hanno insultato non solo le persone e la loro intelligenza ma soprattutto la Storia che racconta come i referendum siano del tutto scollegati dagli orientamenti politici. Al referendum non si vota per il politico ma per stabilire se una determinata cosa che esiste deve rimanere com’è o può essere cambiata dalla politica: ecco perché si vota anche come gente con cui non si prenderebbe un caffè.
Si parlava di Costituzione, non di Renzi che ha voluto prendere il timone, mettersi al comando della ristretta maggioranza che, senza nessuna autorizzazione della maggioranza degli italiani voleva cambiare le regole per tutti perché è un egocentrico, un piccolo provinciale con smanie di potere che si è trovato l’Italia fra le mani per grazia napolitana ricevuta e non sapendo che farci l’ha disintegrata non solo con leggi sbagliate ma anche sotto il profilo etico, civile e morale. Ha usato gli italiani, li ha messi uno contro l’altro, ha provocato conflitti sociali e anche familiari: non c’è una persona che in questi mesi non si è ritrovata a discutere e forse litigare con l’amico e il parente sul sì e il no per colpa dell’irresponsabile che pur di arrivare ai suoi traguardi non ha esitato ad offendere, screditare, ridicolizzare ed eliminare tutto ciò che considerava un ostacolo ai suoi obiettivi. La stessa cosa avrebbe voluto fare anche con la Costituzione che è della repubblica italiana, non è di Renzi, non è di Napolitano, non è delle banche, dell’Europa, né di chiunque si ritrovi per periodi più o meno lunghi al governo del paese. Gli italiani hanno per fortuna capito, anche se nessuno glielo diceva e nonostante il bombardamento di una propaganda incivile, costosa molto più di quanto l’Italia si sarebbe potuta permettere con migliaia di persone senza più una casa che per abolire un ente ritenuto, chissà perché inutile fra i tanti esistenti,  abbattere i costi della politica non serviva e non serve nessuna riforma costituzionale: basta un governo capace che faccia gli interessi dei cittadini, non i suoi, degli amici né di chi chiede di fare altro da questi.

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Provo rabbia mista a pena e compatimento per chi, anche dopo la gigantesca risposta di popolo è capace di dire che gli italiani hanno perso la loro Grande Occasione come se fossero stati loro ad intestarsi la paternità di riforme che non hanno mai chiesto a Renzi, ad accelerarne l’urgenza e reso una questione di vita o di morte quel “cambiamento” del quale nessuno, ancora oggi né mai per fortuna lo potrà fare può decretarne l’efficacia.
In tutti questi mesi ci hanno detto che bisognava cambiare come se questa parola contenesse ogni concretezza positiva e non, invece, il coronamento del progetto scellerato di Renzi preteso da Napolitano, che ha impegnato tutte le energie del governo che avrebbe dovuto occuparsi dei problemi del paese, è costato un sacco di soldi ai cittadini che con le loro tasse vorrebbero invece indietro una scuola che funzioni, coi soffitti che non crollino sulle teste degli alunni, una sanità efficiente davvero pubblica, la messa in sicurezza di un territorio devastato dagli abusi concordati fra imprenditori criminali e la politica che fa sì che un terremoto ma anche tre giorni di pioggia siano la certezza di una strage. Quell’essenziale che in questo paese nessun governo e nessuna politica vuole più garantire, non per colpa di quella Costituzione nella quale c’è scritto tutto quello che serve all’Italia e per questo chi è arrivato dopo la considera un fastidio, un orpello del quale fare a meno e l’ostacolo che impedisce alla politica la realizzazione dei progetti scellerati.

 

 

L’uomo senza struttura

senza-strutturaQuando quel che restava della politica dopo la strage di tangentopoli ha consegnato l’Italia a berlusconi, ufficialmente come Trump “uomo senza struttura” anche se poi con dell’utri abbiamo scoperto che la struttura c’era eccome, molto più salda di quella di Trump gli opinionisti alle vongole di allora, fra i quali ce ne sono molti che abbiamo la fortuna [sic] di leggere e sentire anche oggi ce l’hanno raccontata dicendo che per far uscire l’Italia da quel periodo oscuro serviva un uomo che segnasse la separazione fra la prima e la seconda repubblica.
L’uomo nuovo del cambiamento, il non politico, il quale doveva servire per riavvicinare la politica ai cittadini che avevano perso la fiducia nella politica.
Di berlusconi si sapeva molto anche se non tutto, quel tanto che doveva bastare per tenerlo lontano dalla politica come fra l’altro prevede[va] la legge che impedisce ai possessori di media di intraprendere una carriera politica.
Eppure nulla è stato fatto, berlusconi ha trovato immense praterie per fare quello che ha voluto ma soprattutto che gli è servito per consolidare il suo patrimonio e mettersi in sicurezza rispetto alla legge, ha potuto contare sul consenso e l’accoglienza delle istituzioni che durano ancora oggi nonostante i suoi trascorsi, la sua condanna che non gli vietano di essere ancora un interlocutore della politica e delle istituzioni.

Le domande sono: perché berlusconi andava bene come novità, nessuno al tempo  parlava di qualunquismo, populismo, di democrazia in pericolo nonostante ci fossero tutti i segnali per capire che il pericolo c’era quanto e invece lo si fa oggi in relazione alle novità politiche nazionali e internazionali? Gli stati uniti hanno molti più anticorpi dell’Italia: lì bastano un giornalista e un’inchiesta per mettere fuori gioco un politico e perfino il presidente, cosa che non potrebbe mai succedere in Italia dove la maggior parte del giornalismo si è sempre adeguata, sdraiata davanti a chiunque abbia preso in mano la leva del comando. Per quale motivo, allora, Trump che arriva non solo dopo Obama ma dopo i due Bush deve essere più pericoloso per il mondo di quanto lo siano stati appunto il padre e il figlio che pure di danni ne hanno fatti e il movimento più pericoloso per l’Italia di quanto lo sia stato berlusconi? Cos’è che non possono sopportare il mondo e l’Italia: gli outsider nella politica o la frattura del sistema politico nazionale e internazionale che ci ha accompagnato dolcemente in questa catastrofe globale?  Nessuno metteva in discussione il suffragio universale quando berlusconi vinceva le elezioni grazie ai mezzi di informazione che possiede e agli strumenti di propaganda che poteva utilizzare a suo vantaggio: come mai oggi questo suffragio è diventato così criticabile al punto che qualcuno può perfino dire che forse andrebbe rivisto, che non va più bene consentire al popolo di poter esprimere la sua scelta col voto e le politiche europee, compresa l’Italia si organizzano affinché la gente abbia sempre meno occasioni per esprimere la sua volontà elettorale? I grandi esperti nel ventilare ipotesi di disastri, catastrofi e sciagure quando il popolo dimostra la sua disaffezione per la politica non potrebbero invece concentrarsi sui motivi che poi portano la gente a voltare le spalle alla politica?

Non disturbare il Con_DUCE_nte: di fascismo, violenza, repressione e altre storie

Sottotitolo: i democratici moralizzatori che danno dei fascisti agli altri e sistematicamente mandano i picchiatori in divisa ad ogni manifestazione di dissenso, che hanno criticato le espulsioni di Grillo e poi hanno cacciato Ignazio Marino regolarmente eletto con l’atto del notaio. Quelli che denunciano un’intera rete televisiva, la7, colpevole di ospitare giornalisti che rispetto al potere non assumono la consueta posizione a 90 gradi.
Tutto questo e molto, troppo altro, è il pd di Renzi. #IoVotoNO

 

Il fatto che il fronte del NO sia composto da una vasta varietà di orientamenti politici distanti e diversi mentre in quello del sì c’è solo gente vicina a Renzi e quella a cui piacerebbe esserlo per ambizioni di potere è proprio il segno di quanto questo referendum sia nato da un’azione profondamente antidemocratica e illiberale.
Il pd, per bocca di CHIUNQUE, smetta di favoleggiare, di accusare e millantare vicinanze e similitudini fra salvini e il professor Zagrabelsky, giusto per fare due esempi per il NO, i quali voteranno appunto NO motivati da ragioni diverse, non perché sono legati dalla stessa ideologia e orientamento politico.
Oggi più di ieri e meno di domani #IoDicoNO ad una classe dirigente indegna, indecente, volgare, bugiarda e fascista.

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nat-6nov   Manifestare è un diritto, ha detto Nardella, allora perché Renzi lo ha negato?

Per quale motivo ogni uscita di Renzi deve essere trasformata in una questione di ordine pubblico? 800 poliziotti pagati con le tasse dei cittadini a presidiare e vigilare su quello che si può tranquillamente derubricare ad evento privato fra Renzi e gli amichetti suoi: è normale?
Se quello accaduto ieri a Firenze fosse una delle tante espressioni della tirannia di Erdogan oggi sarebbero tutti ad indignarsi [fintamente] col sultano che nega e vieta il dissenso coi sistemi violenti del dittatore.
Mentre non solo questo non si fa ma Scalfari, il “senatore” dei giornalisti, il fondatore di Repubblica ma non disdegna l’oligarchia, reduce dalla solenne bastonatura mediatica di sere fa ad #ottoemezzo, nel suo pippone domenicale si permette di paragonare Grillo a Trump e di raccomandarsi a Renzi perché eviti la catastrofe a cinque stelle.
In che modo nel paese democratico si può evitare che la democrazia faccia il suo corso e che permetta l’alternanza, ovvero chi vince governa e chi perde paga pegno e si siede dalla parte dell’opposizione? Ovviamente solo coi soliti giochetti di palazzo, ma stavolta no, non si può fare: abbiamo la possibilità di impedire che la democrazia venga regolata in funzione del gradimento della casta e dell’élite dei potenti terrorizzate dalla volontà del popolo, al referendum costituzionale del 4 dicembre possiamo dire NO alla sequela di porcherie che ci vengono imposte da quel 12 novembre del 2011, quando Napolitano ha posizionato l’interruttore della democrazia su “off”.

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A manifestare contro Renzi non c’erano solo i gruppi “antagonisti” ma anche i risparmiatori truffati e derubati da Banca Etruria: sono stati picchiati anche loro. Cornuti e mazziati, così in quell’altra vita impareranno a non fidarsi dei truffatori legalizzati e autorizzati dallo stato.

Le scene viste a Firenze sono la miglior risposta a chi in questi ultimi tre anni ha abusato della parola “fascismo” perché forse aveva dimenticato cos’è davvero il fascismo.A Firenze ieri non c’è stato nessuno scontro, quella come sempre si chiama repressione, violenta, infame e vigliacca perché esercitata su gente disarmata che avrebbe avuto tutto il diritto di manifestare il proprio dissenso,  e questo sì, è fascismo.

In questo paese possono manifestare fascisti e nazisti, occupare regolarmente e a cadenza annuale le piazze e il suolo pubblico, ai mercatini si vendono gadget e oggettistica che fanno riferimento al ventennio fascista nell’indifferenza delle istituzioni, anzi con la complicità delle istituzioni.
A Nettuno e a Milano i sindaci e l’amministrazione comunale l’una a cinque stelle, l’altra sotto l’egida di Renzi e tutto l’Esercito Italiano possono partecipare alle commemorazioni per i caduti di salò, ovvero quelli che in tempo di guerra hanno scelto di sostenere il tiranno nazifascista, in parlamento trova posto una che di cognome fa mussolini e che mai si è dissociata dall’ideologia criminale di suo nonno mentre il dissenso lecito, previsto dalle regole democratiche e dalla Costituzione della repubblica antifascista viene vietato su richiesta delle questure che rispondono al ministro dell’interno del governo di Renzi e con la repressione violenta del braccio armato dello stato.
Se lo ricordi chi rinfaccia anche a me di votare NO come casapound, legittimata non da me ma dallo stato, dalle istituzioni e dalla politica, quindi anche da Renzi, che si ricordano dell’Italia antifascista solo il 25 aprile per tradizione e per moda.

Oh mon Dieu, il 4 dicembre si vota il referendum di ottobre e io non so cosa mettermi

mauro_biani_voto-2014Preambolo: Per trovare qualche differenza che vada oltre l’essere incensurato, ma lo sono anche Trump, la Clinton il che non rende meno pericolosi entrambi e quella d’età fra Renzi e berlusconi bisogna essere ciechi, sordi, in malafede o avere qualche interesse nei numerosi progetti che ha in mente Renzi chez Napolitano, Merkel, la BCE, Confindustria e chi più ne ha più ne metta: bella compagnia quella del sì – per realizzare tutto quello che berlusconi aveva solo intenzione di fare. Siccome Renzi è subdolo e non sa fare nulla senza inganni, la Storia si ricorderà di un certo Enrico che doveva stare sereno e di un certo articolo 18 del quale “non je ne poteva frega’ de meno” ed ecco perché si è tolto dalle balle sia Enrico sia l’articolo 18 anche la scheda del referendum è stata fatta con lo scopo di disorientare, truffare gli elettori meno scaltri: non vi fate fregare.
E’ sempre NO.
 A chi sta al governo con alfano, verdini e la lorenzin, ha fatto il patto col primo delinquente d’Italia e senza il benché minimo senso della moralità, del rispetto, della decenza, dello stato, della politica e che col cinismo del serial killer ha tolto di mezzo tutti quelli che non sono funzionali al suo progetto antidemocratico, molto peggio di quanto ha saputo e potuto fare berlusconi non si può dare altro spazio, altro tempo e altro potere. E, nel caso dovesse ricominciare la solita tarantella su chi vota NO che vota come questo, quello e il tal’altro selezionati fra la peggiore tipologia degli italiani non vi fate fregare eddue: qua si vota NO contro il potere delle banche, dei soldi e per provare a riprenderci quel minimo di sovranità popolare che prevede che sia la gente a scegliere come e da chi vuole essere governata.
Proprio come è scritto in quella Costituzione sulla quale un manipolo di furbi arrivisti al servizio delle banche e di chi ha i soldi è arrivata a poter mettere le mani per grazia ricevuta e napolitana.
Si vota NO non per fare un dispetto a qualcuno né per avvantaggiare qualcun altro ma per provare a rifare questa Italia a misura di paese, evitare che diventi per sempre preda e ostaggio di chiunque abbia in mente di sacrificare la persona, i suoi diritti ad interessi che non c’entrano nulla né con la persona né con il paese.

Il #4dicembre al #ReferendumCostituzionale si vota NO. #IovotoNo

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Renzi sull’orlo e anche un po’ oltre la crisi di nervi che continua a raccontare bugie non è una garanzia per questo paese.
I sindaci non hanno nessun potere di contrastare il crimine: quella è una faccenda che spetta ai governi centrali e al parlamento.
La Raggi non ha motivato il NO alle Olimpiadi con la corruzione che continua a pervadere inesorabilmente questo paese ma per questioni di soldi. Roma non può permettersi di dilapidare grandi cifre in grandi eventi, quindi Renzi e servi più o meno sciocchi, idioti più o meno utili al seguito smettano di raccontare la balla del sindaco di Roma che si arrende allo status quo creato peraltro da governi di tutti i colori da sempre incapaci di fare leggi che contrastino realmente il crimine, la corruzione probabilmente perché a nessun governo è mai interessato debellare la corruzione.
Ai governi incapaci e ai presidenti del consiglio bugiardi si dice NO perché nulla di buono si può costruire sull’incapacità e le menzogne.

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Dopo aver legato la sua esistenza politica al referendum, aver detto che in caso di vittoria del NO avrebbe lasciato la politica, seguito a ruota da madamigella Boschi e, da persona adusa a rimangiarsi la parola aver rovesciato la frittata Renzi ha fissato il referendum all’ultima data disponibile, segno evidente che gli serve ancora tempo per imbambolare gli italiani.
Un piccolo assaggio di quello che succederà da qui a dicembre è il raddoppio della quattordicesima sulle pensioni più povere, un provvedimento sprint che verrà approvato prima del 4 dicembre, segno evidente che quando una legge interessa la politica e il governo che sanno di poter fare cassa grazie a chi beneficerà dell’ennesima mancetta si fa in tempo ad approvarla nonostante il bicameralismo e il senato, esattamente come andò per gli 80 euro che molti italiani, dopo averli ricevuti mensilmente in busta paga sono stati costretti a restituire in un’unica soluzione perché non rientravano nel target previsto, cosa che il governo degl’incapaci non aveva saputo calcolare prima.
Ma passiamo ai fatti: 650.000 euro l’anno, lo stipendio del direttorissimo della Rai, voluto fortissimamente da Renzi per la sua vicinanza leopolda e per rinnovare l’azienda a colpi di Pippi Baudi e Medici in famiglia sono una cifra sufficiente per essere grati a vita a chi ha consentito il salto di qualità.
Se finora Renzi e i suoi hanno occupato manu militari tutti i media non si riesce nemmeno ad immaginare cosa succederà da oggi in poi.
Io non dico mai di non guardare la tivù, perché bisogna guardarla per poterla eventualmente criticare, ma si deve fare col giusto disincanto e con una scorta sufficiente di diffidenza, guardarla e avere chiaro in mente che tutto quello che ci diranno da qui al 4 dicembre non corrisponderà esattamente al vero.
Chi ha mentito fino ad ora descrivendo Renzi come l’ultima e unica alternativa, ché dopo di lui la catastrofe, le pestilenze, l’invasione di grilli, gufi e civette, non inizierà a dire la verità proprio adesso. 

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Il referendum di ottobre si terrà a dicembre – Giulio  Cavalli per Left

 

“È il tempo della propaganda, quindi. I sondaggi negativi hanno convinto il governo a prendersi tutto il tempo disponibile per invadere le case degli italiani con tutta la banda di giornalisti a disposizione. Ci diranno che è il tempo necessario per parlare del merito della riforma. E fa niente se non si sono concessi il tempo di ascoltare gli emendamenti in Parlamento: Renzi il bulletto ha aspettato il suono della campanella per dirci “vi aspetto fuori”. Sembra una disputa da scuola media. E fa niente se di mezzo c’è la Costituzione”.

Del web, dei social brutti, cattivi, pericolosi e assassini

Riflessioni di un webete – @zeropregi per Il Manifesto

La verità è che tutti quelli che hanno un pulpito cosiddetto autorevole dal quale esprimersi, per ruolo, qualifica professionale eccetera hanno preso atto da un bel po’ che anche il semplice blogger, utente social come l’autore di questo articolo con un po’ di impegno e voglia di rendersi utile è in grado di comprendere e decifrare il linguaggio della politica, dei media ufficiali e tradurlo in concetti non solo comprensibili ma molto più vicini alla verità di quanto lo siano quelli dei filosofi alla Serra, Gramellini,  degli affamati di censura sempre presenti al talk show che campano di rendita sulla battuta di Eco sui social pieni di imbecilli, rilanciata continuamente da chi non si è mai fatto premura di capirla ed ha la presunzione di pensare di non rientrare nella categoria.  Si potrebbe fare una lista infinita di tutto ciò che andrebbe evitato perché potenzialmente pericoloso. Al primo posto c’è l’uso della parola. Oggi molti parlano di internet nello stesso modo col quale trent’anni fa si parlava di televisione, chi lo fa è gente che grazie a questa ha acquisito notorietà, autorevolezza  perlopiù senz’alcun merito ed ecco perché oggi teme tutto quello che può metterle in discussione. Una volta la parola dei giornalisti era come quella di Dio. Loro scrivevano, parlavano, pontificavano e nessuno si poteva mettere in mezzo: al massimo si  scriveva qualche lettera sdegnata alle redazioni  di giornali e telegiornali senza ricevere mai una risposta.
Oggi invece c’è chi si mette in mezzo, chi riesce a costringere il giornalista alla risposta, alla rettifica, alla smentita o può semplicemente dimostrarne la pochezza. E questo per certuni è insopportabile.

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cyberb16Facciano molta attenzione tutti quelli che si stanno adoperando per agevolare il governo ad approvare la legge ammazzaweb, perché senza internet e senza i social la maggior parte di loro sarebbero confinati nell’oblio che spetta a tutti quelli che non hanno un cazzo da dire, se ce l’hanno è generalmente sbagliato e dannoso ma poi trovano sempre qualche ribalta televisiva che glielo fa dire.

La Gruber che invita ad #ottoemezzo Paolo Crepet, habitué del salotto di vespa dove si fa tutto meno che informazione a parlare di internet, dei social è uno dei sintomi che rivelano chiaramente che il problema non sta mai nello strumento ma sempre nell’uso che se ne fa: proprio come succede per la televisione.
Se si usassero per la tivù gli stessi parametri di giudizio, merito e demerito elencati ogni volta che si parla del web cattivo e di chi avrebbe il diritto o meno di potersi esprimere gli studi televisivi resterebbero inesorabilmente vuoti.
Gli agguati mediatici orditi dai bravi giornalisti e conduttori solo quando bisogna parlare della pericolosità di internet e dei social, gli stessi che inspiegabilmente tacciono su tutte le iniziative positive che è possibile intraprendere grazie ai social e alla rete sono il segno della malafede che esprime chi non ha nessun interesse a parlare per spiegare e aiutare nella comprensione delle cose ma solo quello di ergersi a giudice  per sentenziare su quello che si può o non si può fare.
La Rete e i social vengono descritti sempre come brutti, cattivi,  pericolosi perché pieni di gente brutta, cattiva e pericolosa solo perché danno la parola a tutti.  Questo dà molto fastidio non solo alla politica che sta tentando in tutti i modi di mettere dei limiti non perché le interessi realmente un’educazione all’uso del mezzo ma per la solita e irresistibile voglia di censura, irrita moltissimo tutti quelli che fino ad una manciata di anni fa avevano l’esclusiva del pulpito, potevano dire e scrivere quello che volevano senza il timore di essere smentiti e sputtanati: la Rete e i social hanno tolto ai cosiddetti addetti ai lavori della politica e dell’informazione il monopolio della diffusione del pensiero, non possono più trattare i cittadini da cretini senza conseguenze.
E’ tutto qui il problema.
Miliardi di persone ogni giorno nel mondo si mettono al volante di un’automobile, usano un martello, un coltello senza provocare ogni volta una strage.
Strumentalizzare la vicenda tragica di Tiziana per riportare ancora una volta il dibattito sul web pericoloso è un’operazione abominevole fatta da chi poi non ha nessuna remora ad invitare a parlare in televisione gente come sgarbi e salvini, molto più dannosi di qualsiasi utente social.
Tiziana non l’ha ammazzata il web ma l’irresponsabilità umana.

“Rai, di tutto, di Renzi” non era una battuta di Crozza ma una facile previsione

Su twitter leggevo che qualcuno si lamentava tanto per cambiare di Virginia Raggi che avrebbe copiato parte del programma da testi esistenti scritti da altri, come se prima di lei non lo avesse fatto nessuno.
Se un’idea e una proposta sono buone e realizzabili non si capisce dove stia il problema.
Volevo solo ricordare agli storditi dall’afa che Matteo Renzi sta ‘governando’ l’Italia a colpi di piano di rinascita del fu venerabile Licio Gelli, ma quelli sempre molto attenti alla pagliuzza dei 5stelle e ai quali piace sorvolare, invece, sulle travi del pd non lo scrivono su twitter.

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L’accusa che si sente spesso ripetere ai 5stelle è di essere un movimento padronale che deve rispondere ai vertici di qualsiasi decisione, mentre il pd è un partito dove la democrazia interna mette tutti allo stesso livello: quella esterna un po’ meno e al quale basta un congresso per stabilire che il comandante in carica non va più bene e sceglierne un altro. Pare vero, eh?
Non serve nemmeno tornare al metodo con cui il pd sceglie i suoi dirigenti, quelle primarie che ci hanno raccontato di tutto e di più sul sistema che fa vincere o perdere, vorrei solo ricordare che le uniche elezioni vinte da Renzi finora sono state quella da sindaco di Firenze e poi, appunto, le primarie del suo partito che, parrà strano, ma non sono il viatico per andare al governo del paese.
Se il partito è “scalabile” da chiunque riscuota il gradimento e il consenso degli elettori questo non significa che tutti i chiunque che di volta in volta vincono le primarie abbiano poi l’autorizzazione di scalare il paese.
Per fare questo bisogna andare bene alla maggioranza del paese tenendo conto che ci sarà sempre una minoranza contraria: in democrazia funziona così, non ai pochi intimi che pagano due euro per dire che gli piace più Renzi di Bersani o Cuperlo.
Aver dato a Renzi la possibilità di stare al comando del partito e del governo nei modi che sappiamo si è trasformato nella morsa che giorno dopo giorno ha stritolato la politica, il dissenso vero ma più che altro presunto della cosiddetta minoranza del partito aumentando già così in maniera esponenziale, esagerata per una democrazia il potere di Renzi che ormai può fare quello che vuole con la certezza che nessuno si metterà di traverso al suo progetto, che significa un paese rifatto nelle istituzioni, aziende pubbliche, scuole, ospedali, nella Rai, nella Costituzione a immagine e somiglianza di Renzi, non di chi già c’è che vorrebbe contare qualcosa, dire la sua e di chi verrà dopo di lui.
Ai più ingenui, speranzosi e fiduciosi sembrerà strano, ma i regimi nascono proprio così.
Ecco perché tutte le discussioni sul pericolo dei 5stelle manipolati e manovrati dai capi, la polemica sulla “mondezza” di Roma hanno davvero poco senso, sono solo l’ennesima arma distrazione di massa.
Più che sui sacchetti di Roma bisognerebbe concentrarsi su chi nel suo sacco vuole metterci tutta l’Italia, ovvero Matteo Renzi.

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renzieraiDispiace e un po’ stupisce dover leggere che, in fin dei conti Renzi sta facendo quello che hanno fatto tutti fino ad ora e quindi che male c’è se lo fa pure lui.
Perché è stato Renzi a dire in tutti i modi e a proposito di tutto che non avrebbe mai fatto tutto quello che hanno fatto gli altri.
E lo ha detto l’altroieri, non cinque, dieci, vent’anni fa, chi non tiene conto di questo non ha dimenticato, o non lo sa perché non è informato o non gliene frega niente.
Renzi non solo fa tutto quello che hanno fatto gli altri molto di più di quanto abbiano fatto gli altri, non solo mettere in pratica quei sistemi da prima repubblica che diceva di detestare gli piace tanto, ma lo fa peggio e non prova nemmeno a nascondere di essere come – peggio – di chi lo ha preceduto.
Lo dicevo e lo scrivevo già in altri periodi: Renzi non è come berlusconi che aveva degli interessi preminenti negli affari di stato, uno su tutti quello di non finire in galera, obiettivo perfettamente centrato, Renzi è peggio di berlusconi proprio perché non avendo interessi di quel tipo di carattere privato e personale sta dimostrando che quello che vuole è il potere.
Il potere solo nelle sue mani.
La lottizzazione delle reti Rai, che la politica ha sempre attuato quando gli amichetti di merende si dividevano prima due, poi tre reti e oltre non ha niente a che fare con un presidente del consiglio che, non dimentichiamo, sta lì per grazia napolitana ricevuta che fa completamente suo il servizio pubblico radiotelevisivo con l’intenzione di trasformarlo nello strumento di propaganda del governo.
Renzi ha trovato un modo truffaldino di far pagare il canone a tutti con l’obiettivo preciso di fare della Rai la dependance di palazzo Chigi, molto di più di quanto lo sia stata fino ad ora e con finalità ben più gravi, ecco perché io trovo di una superficialità e menefreghismo imbarazzanti che la faccenda venga liquidata con il solito “così hanno fatto tutti” o col giudizio su Bianca Berlinguer perché la faccenda stavolta è enormemente più grave, più seria e più pericolosa.
Difendere la Rai non significa fare lo stesso col giornalismo asservito a tutti i poteri purché gli vengano garantite le poltrone, assicurati il posto fisso e lo stipendio milionario.
Il servizio pubblico radiotelevisivo va difeso tanto quanto la scuola pubblica e la sanità pubblica.

Nota a margine: al referendum sulle riforme costituzionali si vota NO anche per mandare a casa un governo che porta l’Italia in guerra, esponendola al rischio di attacchi terroristici dai quali è scampata finora in virtù di qualche fortunata congiunzione astrale in spregio alla vera Costituzione, la stessa che ieri Renzi spiegava a Erdogan per vantarsi del nostro stato di diritto, quello dei servi del vaticano e dell’America, ostaggio delle mafie che tutto il mondo c’invidia e senza chiedere il permesso agli italiani.

Quel che è stato, è Stato

provenzano bianiCome diceva Pasolini “i diritti civili sono i diritti degli altri”, quelli difficili da comprendere ma che però esistono e chi si definisce persona civile deve tenere in considerazione anche se non ne condivide il fine, l’obiettivo perché magari non ne ha bisogno e può vivere anche senza. Le unioni civili, ad esempio.
Nello stato di diritto non si tiene una persona resa innocua dalla vecchiaia, in stato di demenza, malata terminale, detenuta in regime di carcere duro.
Le pene severe si danno quando le persone sono sane, non quando sono ridotte a larve umane incapaci di intendere e di volere.
Nella lunga “latitanza” di Provenzano, impossibile senza la collaborazione degli apparati dello stato, nella sua fine c’è tutto il fallimento scientifico – perché mirato ad occultare e nascondere la verità – di uno stato che per bocca delle sue istituzioni si vanta di combattere la mafia, addirittura di averla sconfitta come ha detto Rosi Bindi ieri sera al talk show ma poi si accontenta degli scarti umani e della piccola manovalanza.
E’ perfettamente inutile indignarsi quando in America si mandano a morire i minorati psichici o gente tenuta per vent’anni nel braccio della morte che nel frattempo è diventata altra da quella che ha commesso i reati per i quali è stata condannata alla vendetta di stato se poi, nella nostra bella “culla del diritto” si condannano a sette mesi, nemmeno da scontare com’è già accaduto altre volte, degli assassini in divisa perfettamente lucidi e coscienti, che uccidono quindi nel nome di quel popolo italiano che dovrebbero invece tutelare anche [soprattutto] quando si pone fuori dalla legge e poi si gioisce della vendetta dello stato sul vecchio boss assicurato alla “giustizia” quando ormai non serviva più, incancrenito e finito già dal male.

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“Bernardo Provenzano lasciato morire
così per potere attaccare il 41-bis”

Il boss scomparso a 10 anni dall’arresto – Di Giampiero Calapà

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Magherini, condannati tre carabinieri – Riccardo Chiari, Il Manifesto

Quando la realtà supera lo storytelling la politica perde e muore

 

orfini consideraAl posto di chi ironizza sul dopo quando ancora non si è arrivati nemmeno al dunque io guarderei con più rispetto i risultati ottenuti dai 5stelle nelle persone delle signore Appendino e Raggi che hanno sbaragliato un sistema politico lungo decenni praticamente a mani nude, senza la stessa propaganda asfissiante sulla quale ha potuto contare il partito democratico.
Da sole si sono dovute impegnare a sfondare il muro dei giudizi e dei pregiudizi, della propaganda contro, dei colpi bassi di quella che molti considerano “buona politica” e di un sistema mediatico rivoltante e odioso che ha fatto di tutto affinché non potessero raggiungere il loro obiettivo. Se proprio non si vuol dare alla sconfitta del pd un significato “antirenziano” si puó almeno dire che i due schiaffoni presi a Roma e Torino sono la risposta all’insopportabile arroganza del pd e di tutto l’entourage che ruota attorno al giglio ormai tragico di Renzi, il quale, se questo fosse un paese normale si dovrebbe dimettere eccome. Invece la morale della favola renziana e renzista è che il voto alle amministrative è locale e dunque la disfatta del pd non è un motivo per far dimettere Renzi né da segretario del partito né da presidente del consiglio di un governo che non ha mai avuto la maggioranza nel paese, mentre il voto alle europee che non c’entrava nulla con la politica locale né con quella nazionale ma molto con i famosi ottanta euro tirati con l’elastico  è potuto diventare il viatico per sfasciare la Costituzione senza il permesso di nessuno [oltre a quello di Napolitano].
Per riconoscere questo non bisogna nemmeno essere elettrici ed elettori del movimento cinque stelle.

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“Io capisco l’esigenza di ogni premier di esibire ottimismo e di inoculare fiducia, ma quando il distacco tra gli illusionismi e la realtà diventa troppo ampio, l’effetto è quello opposto. Si insinua cioè il forte dubbio, in molti, di essere presi per i fondelli.

E’ finita l’aria serena dell’Ovest

[Alessandro Gilioli – L’Espresso]

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Quando per una semplice colica renale che sarà anche fastidiosa e dolorosa ma non è un’ustione di terzo grado, dunque non mette in pericolo la vita, si sposta l’elisoccorso solo perché il costipato si chiama vittorio sgarbi non ci si può lamentare se poi la gente schifa la politica che ha costruito un paese dove i vittorio sgarbi possono usufruire dell’elisoccorso per un semplice malessere temporaneo.

Perché bisognerebbe stupirsi del voltafaccia degli elettori che votano in un paese dove un elicottero si può alzare per soccorrere vittorio sgarbi mentre milioni di italiani non possono nemmeno accedere alle cure di base per malattie serie e gravi?
Chi è il responsabile di questo degrado incivile e immorale: la politica di destra, quella di sinistra o quella che ha fatto sempre semplicemente schifo perché responsabile delle condizioni di un paese che si sta avviando verso il feudalesimo, di questa sottospecie di stato dove solo ai pochi è concesso tutto mentre i molti possono crepare di malattie e di inedia nell’indifferenza della politica?

Non è stato molto utile aver fatto ruotare la campagna elettorale di Roma  intorno all’occasione “storica” delle Olimpiadi a Roma e, in generale nel resto d’Italia usando l’arma della denigrazione dell’avversario,  guardando continuamente a quel che facevano e dicevano i dirimpettai, aver organizzato un’enorme macchina da guerra mediatica che ha colpito alla do’ cojo cojo solo per destabilizzare e disorientare gli elettori che ad un certo punto non hanno ben compreso perché i loro problemi quotidiani dovessero avere una qualsiasi attinenza con le Olimpiadi, coi battibecchi al talk show, la battaglia nei social a contrastare l’orda dei troll sguinzagliati ovunque ma che hanno ritrovato prontamente la lucidità quando si sono trovati a dover scegliere fra chi aveva già dimostrato tutto quello che NON ha saputo, voluto e potuto fare e chi almeno non ha nessuna responsabilità di quei problemi.
Cose che la “sinistra”, avvolta nella sua arroganza e ormai più che presunta superiorità morale e politica, annichilita da vent’anni di berlusconismo durante i quali le campagne elettorali sono state sempre di questo tenore e spessore: non dire quello che si poteva fare ma accusare l’avversario di non essere all’altezza di poter fare meglio e di più,  senza dimostrare coi fatti concreti di essere migliore,  non capirà mai.

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BYE BYE STORYTELLING. IN ITALIA È TORNATA LA REALTÀ – Flavia Perina – stradeonline.it

Oltre il dato numerico e politico, frana in queste elezioni amministrative l’idea che si possa costruire consenso con il famoso storytelling, una delle ossessioni ventennali della sinistra e della destra. “Non è la storia, ma è come la racconti” ci dicono da due generazioni: la storia dei ristoranti pieni di Silvio, dei boy scout di Matteo che prendono il potere cantando, di Torino “amministrata benissimo”, di Roma “che si salverà con le Olimpiadi”. Un immenso castello di carta costruito dai giornali, dalle tv, dagli opinionisti, mentre il reale andava da un’altra parte: e il reale erano le periferie, i troppi poveri, le élite immobili rinnovate solo per cooptazione, il circo culturale sempre in mano ai soliti, la finzione di destra/sinistra ormai perse dentro un generico governismo.

Lo storytelling ai piani bassi della contesa elettorale diventa la Panda Rossa e gli scontrini di Marino, la villa con piscina di Giachetti, la dichiarazione dei redditi della Raggi, insomma: il racconto di un avversario ladro, incapace, bugiardo, infido, con le modalità denigratorie del ciclo berlusconiano (“Comunisti!”; “Puttaniere!”) riciclate all’infinito e adattate via via ai personaggi che si affacciano. Quel ciclo è finito. La Raggi, come ha scritto qualcuno, a Roma avrebbe potuto pure menare vecchiette con l’ombrello e avrebbe vinto uguale. La Appendino, idem. E lo stesso, a Napoli, De Magistris, un Masaniello che però sa intercettare il mood della città, farsi napoletano tra i napoletani, e hai voglia a dirgli “incapace”, “populista”: lo votano a valanga.

L’altra grande lezione di questo voto – una lezione un po’ nascosta, meno evidente delle altre – è la fine dell’idea che restringere la base elettorale, tifare sotto-sotto per l’astensionismo, sia vantaggioso per le classi dirigenti che possono giocarsela non sull’ampia e incontrollabile base del corpo elettorale ma sul suo segmento più “interessato”, sulle filiere che vanno al voto perché direttamente coinvolte negli esiti delle urne. Le élite di tutta Europa hanno contato su questo meccanismo, giudicandolo una garanzia contro improvvisi cambiamenti, e si sono dette: meno gente vota meglio è. E anche da noi, quante parole sull’irrilevanza dell’astensionismo, sul fatto che sia un trend di tutte le “democrazie mature” – Come in America! Come in Inghilterra! – e quanta sottovalutazione dei suoi esiti finali: basta un modesto spostamento di voti, un’emozione nuova, un fremito dell’opinione pubblica, per rovesciare il tavolo. Partita chiusa.

Immaginare che destra e sinistra capiscano queste cose, e cambino modalità, è secondo me quasi impossibile. Ci sono troppo dentro, è la loro intera cultura politica che si fonda su questi due pilastri, e nessuno (tra l’altro) saprebbe più che cosa dire al “popolo”: non a caso, chi al popolo parla è stato derubricato a “populista”, una definizione che tiene banco da dieci anni come un esorcismo di massa. Ma altra strada non c’è. O si ricomincia a fare politica puntando gli occhi sul reale, abbandonando lo storytelling in favore di una corretta lettura della storia “vera”, abbandonando la tattica della Panda Rossa, del nemico alle porte, e guardando in faccia questa Italia stremata dalla crisi, oppure giochi chiusi. La sinistra perde e lo sappiamo, ma anche la destra esce dopo un ventennio dal governo delle sue roccaforti – Latina e Varese tra tutte – ammazzata da esperienze civiche che non hanno l’imprinting Cinque Stelle ma si muovono fuori dai simboli tradizionali e dalle alleanze consuete.

Frana, qui e oggi, anche l’idea “europea” della Grossekoalition, o più modestamente del Modello Nazareno. La destra non vota la sinistra, mai. E viceversa. Non in Italia. Prenderne atto. Non illudersi di cambiare le cose con l’ennesimo ritocco alla legge elettorale. Capire che il problema è più largo del doppio turno o del premio di coalizione. Licenziare gli spin doctor. Smettere di dire sciocchezze come «Li vedremo alla prova», «Vincono le facce giovani», e tutta la caterva di banalità retoriche che ascoltiamo in queste ore. Stare sui social per capire che succede e non per postare propaganda vuota. Scoraggiare il naturale conformismo dell’informazione, cercare ragionamenti taglienti invece che consolatori. E limitare lo psicodramma delle analisi del voto, perché il voto è chiarissimo per tutti: l’Italia sta licenziando dopo vent’anni élite che percepisce come imbroglione e bugiarde, caccia il populismo di potere degli ottimati in nome di un altro populismo, che magari si rivelerà salto dalla padella alla brace, ma tant’è: la realtà è questa.

 

 

La Repubblica delle bugie

Sono sicura di aver scritto di D’Alema cose molto peggiori di quelle che ho dedicato a berlusconi prima [e durante] e a Renzi ora.
Diversamente da gran parte della gente di sinistra non l’ho mai considerato un politico di statura, di lui non si ricordano azioni significative così importanti da poterlo inserire nella lista – esigua – dei veri statisti italiani.
Aveva ragione Umberto Eco quando disse che D’Alema non ne aveva indovinata una “da quando non finì il corso di laurea all’università di Pisa” e che definì il suo pd un partito di cioccolatai, ovvero, ieri come oggi fatto di personaggi adusi a collezionare figure miserevoli.
Considero D’Alema il primo – ma non l’unico – responsabile della possibilità data a berlusconi di entrare in politica dalla porta principale.
Tutto questo però non mi impedisce di ritenere disgustoso il trattamento che i media, Repubblica in testa gli stanno riservando in queste ore.
Molto facile infierire sul D’Alema che non ha più voce in capitolo nella politica che conta, fare i “simpaticoni” twittando falsità giorno e notte su una non notizia come fa Zucconi, dire scemenze al talk show come ha fatto la Meli poco fa su “D’Alema che non pulisce i bisogni del suo cane” e scrivere idiozie come rondolino che purtroppo non sa fare nient’altro al solo scopo di portare l’acqua con le orecchie al nuovo detentore del potere politico. Gente che fino a dieci, quindici anni fa si inchinava davanti a D’Alema con gli occhi bassi oggi sarebbe pronta a dargli il colpo di grazia per accontentare Renzi e spianare la strada ai suoi progetti illiberali.
Prendere una posizione rispetto alla politica non significa parteggiare, affezionarsi e innamorarsi della politica e dei politici ma vuol dire avere l’occhio e la giusta intuizione per capire dov’è la malafede più pericolosa.
Oggi per me gli agenti provocatori più pericolosi non sono nella politica ma nell’informazione: sono quelli che decidono quando i politici vanno sostenuti, spesso sono loro che costruiscono al politico una credibilità a beneficio di share, di tiratura dei quotidiani come è successo con salvini e sono sempre loro che decretano la fine del politico proprio come stanno facendo con D’Alema che, ora come ora non è colpevole di niente ma si deve accusare di cose che non ha detto al solo scopo di aiutare il pd di Renzi e Renzi. Quella macchina del fango che faceva così schifo quando a metterla in moto era berlusconi oggi è diventata uso e consuetudine degli stessi che allora s’indignavano o facevano finta con chi diffamava un giudice per il colore dei suoi calzini.
Al pd e a Renzi serviva qualcuno della cosiddetta minoranza interna al partito da incolpare per l’eventualità di un risultato negativo ai ballottaggi e Repubblica ha trovato non Bersani che qualche peccato da scontare nell’ascesa di Renzi ce l’ha più di D’Alema ma proprio D’Alema, uno dei politici più detestati dei responsabili della disfatta della sinistra italiana, così da poter convincere la gente a fare il contrario di quello che NON ha detto D’Alema.

 

D’Alema e le frasi pro M5S: “Una montatura per far di me il responsabile della sconfitta”

“Pura spazzatura da un house organ del partito del Nazareno. Ho solo detto che con la vittoria del sì Renzi ci avrebbe cacciato”.

Asilo Mariuccia mode on

Che meraviglia sarebbe stata se gli stessi toni di Orfini rivolti a Grillo li avessero usati D’Alema, Veltroni e Bersani con berlusconi che, al contrario di Grillo non andava demonizzato.
Che goduria sarebbe stata sentire i grandi leader de’ sinistra rinfacciare a berlusconi la sua vicinanza con la mafia che risale a molto prima della “discesa in campo”, il suo essere moralmente, politicamente indegno e dunque inadatto a guidare l’Italia.
Invece non è mai successo.
Il patto del Nazareno, le varie dichiarazioni di Letta, Madia e Serracchiani che hanno sempre detto di preferire berlusconi ai 5stelle nascono dalla consapevolezza della sinistra prima e il centrosinistra dopo che hanno sempre considerato berlusconi un avversario per modo di dire, uno che avendo delle esigenze precise, dei problemi suoi da risolvere CON la politica, altrimenti non sarebbe mai sceso in campo, non era poi così “avverso” e quindi è meno pericoloso di chi, sebbene con mille riserve circa metodi e strategie non ha nulla da spartire con la politica degli inciuci, delle strane alleanze, degli opportunismi e della convenienza. Il conflitto di interessi mai risolto di berlusconi è lì a ricordarci che chi diceva di opporsi a berlusconi in realtà gli ha sempre spianato la strada.
Ecco perché oggi per Orfini “fa schifo” Grillo che guadagna col blog, il che non è nemmeno un reato, mentre al pd in tutte le sue forme e giravolte non ha mai fatto schifo berlusconi che ha guadagnato nel modo che sappiamo che invece era proprio un reato. 

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Penso che il mondo civile leggendo qual è l’argomento del dibattito politico in Italia, qualcosa che non si sa nemmeno se riguarderà questo paese, si starà sganasciando dalle risate.
Quelli del “c’è ben altro a cui pensare” piazzato sempre davanti alle cose importanti tipo i diritti civili che non costano nemmeno quanto l’organizzazione delle Olimpiadi sono già in vacanza?

Il partito di Orfini e Orfini dovrebbero preoccuparsi degli undici milioni di persone che non possono curarsi anche grazie ai magnifici tagli del governo di Renzi, non del blog di Grillo e delle Olimpiadi, “occasione storica” solo per i soliti magnaccia amici di tutta la politica, che hanno gonfiato i loro conti in banca lasciando macerie inutilizzabili in ogni “grande opera” che hanno realizzato e un mare di debiti che abbiamo dovuto pagare noi.
Questo sì, fa schifo, che in una repubblica occidentale la sanità sia stata trasformata da governi cosiddetti democratici in un privilegio di casta alla portata di chi la può pagare.

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Premesso che è ancora tutto da vedere, considerato che chissà che s’inventerà il pd dell’inciucio con tutti “purché si porti a casa il risultato” che, come ci insegna il grande rinnovatore è buono, utile solo quando premia il pd, quelli che non se ne fanno una ragione, che non capiscono ad esempio perché Roma non si sia consegnata senz’almeno provare a giocarsela al candidato del pd che ha imbarcato mezzo consiglio comunale che “non si accorgeva” di mafia capitale e che ha cacciato, previo atto notarile, il sindaco legittimamente eletto, evitino se possibile di dare lezioni di democrazia per i prossimi duecentocinquant’anni.

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Nel calcio, rispetto alla politica c’è un senso di responsabilità molto più raffinato. 
Quando una squadra perde, specialmente una partita importante e decisiva gli allenatori competenti e seri mandano i calciatori in ritiro anticipato e tutti si chiudono in un terapeutico ed opportuno silenzio stampa.
Non vanno in giro a gigioneggiare, a fare i cazzoni in televisione e sui giornali, a dire che se hanno perso la partita la colpa è del campo, dei tifosi e della congiunzione astrale sfavorevole, ad irridere gli avversari, offendere gli elettori che votano gli avversari e non fare mai un minimo di mea culpa per i propri e infiniti errori.  Tutta qui la sostanza del pd di Renzi.

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Se il leader del partito democratico preferisce frequentare Marchionne, gli sceicchi, i banchieri, i finanzieri,  quando scende in strada, lui che voleva solo la scorta della gente ha bisogno dell’esercito che lo protegga dal linciaggio, se in chiusura di campagna elettorale col candidato sindaco di Roma si chiude nella trincea di un teatro tra i fedelissimi e gli affezionati anziché presentarsi in piazza come hanno sempre fatto i leader politici, non solo di sinistra, forse è comprensibile perché il pd non prende più i voti del popolo ma li trova nell’élite dei quartieri bene.  Prendersi i voti dai ricchi non è un reato, sarebbe corretto però smetterla di dichiararsi partito di sinistra e centro sinistra. 

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Impostare una campagna elettorale sulla denigrazione dell’avversario perché incompetente come se Giachetti fosse ‘sto gran pezzo di statista, perché ha fatto praticantato da avvocato nello studio di Previti mentre ci si tiene Verdini nella maggioranza del governo centrale, lo si manda perfino ad appoggiare la candidata di Napoli, sconosciuta ai napoletani, quando si è ancora invischiati mani e piedi in mafia capitale che Orfini cita come se fosse altro dal pd e non una responsabilità politica e storica del pd che Roma l’ha governata varie volte nelle sue varie trasformazioni politiche non è stata una grande idea per un partito che aveva promesso di fare cose diverse dalle solite, mentre non ha neanche una maggioranza che giustifichi le iniziative in sede parlamentare e governativa, tipo la scellerata riforma costituzionale targata Renzi Boschi  Verdini e Napolitano, il regista e lo sceneggiatore di questi cinque anni di sospensione della democrazia chiamati simpaticamente governi di larghe intese.

Diciamolo.