Che brutta fine ha fatto La Repubblica [ma anche i dintorni non scherzano]

Premessa: Meno male che Travaglio a ottoemmezzo ha detto che voterà anche Ingroia, così almeno si smetterà di  dire che Il Fatto Quotidiano è diventato  house organ del MoVimento.
Paese di chiacchieroni disinformati e che giudicano sempre sulla base del pregiudizio personale. Gente che non apre un libro e un giornale e poi pretende di sapere qual è il pensiero del giornalista, dello scrittore o dell’intellettuale e criticarlo, anche.

E non mi riferisco solo a Marco Travaglio.
Lui ha sempre dichiarato per chi avrebbe votato, la volta scorsa ha scelto l’IDV, perché – lo ha detto mille volte – vota sempre chi sta dalla parte opposta di berlusconi.
Se l’avessero fatto anche a sinistra e centrosinistra, se fossero stati anche loro SEMPRE, davvero e coi fatti dalla parte opposta di berlusconi oggi questo sarebbe un paese non dico normale ma molto più tranquillo di quel che invece è.

“Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case
e ci parla direttamente
e se una radio è libera
ma libera veramente
mi piace ancor di più
perché libera la mente.”

Sottotitolo:  “Che brutta fine. Signora mia che brutta fine. Ma che brutta fine ha fatto Repubblica.

Una volta raccontava fatti, dava notizie e su questi creava una pubblica opinione.

Adesso pretende di cementare un’opinione, peraltro tragicamente autoreferenziale, raccontando ciò che vorrebbe che fosse.

Berlusconi è cattivo.
Il Capo allo Stato è intoccabile.
Monti è bellissimo, dice il Fondatore.
Monti è meno bello se attacca Bersani, dice il Fondatore.
Monti torna ad essere bello se non attacca Bersani, dice il Fondatore, ma a una certa età, si sa, gli umori variano.
Merlo disegna merletti.
Serra cesella.
Ehi, ma è l’Europa che ce lo chiede. [Tor Quemada]

Anch’io amo la radio, in modo viscerale, non ci sono cd o compilation dello stesso autore che mi affascinano quanto ascoltare la radio, la mia radio, che è “mia” da più di quindici anni, sempre la stessa, perché la sua collezione musicale è la migliore in assoluto per me, perché dentro ci sono persone preparate, professionali, adorabili, e quando entrano nella mia casa, prima del primo caffè del mattino, è come se fossero persone di famiglia.

Mi sono abituata alle loro voci, aspetto lo speaker che mi racconta le notizie e il dj con le sue proposte musicali, sempre perfette, e ora, grazie a facebook e twitter è anche possibile accostare un volto, a quelle voci,  scambiare con loro un saluto, una battuta spiritosa senza la necessità che si liberi una linea telefonica per farlo.
Quindi il rapporto si è fatto ancora più stretto.

Ma, e lo dico a malincuore e con tutto il mio affetto non mi piace la mia radio da quando si  è trasformata in house organ di partito: il PD.

Come non mi piace nessun giornale od organo di informazione che si trasformano in cavalier serventi, maggiordomi, mettendosi al servizio della politica, nei paesi normali si fa proprio e solo il contrario.

Conosco tanta gente che non è di sinistra ma pur di togliersi dalle balle berlusconi alle scorse  elezioni  ha votato per il centrosinistra – non per una questione di utilità come piacerebbe a molti che si facesse ora – ma perché stanca e stufa di farsi rappresentare da lui e quelli come lui.

Essere di sinistra non fa parte del patrimonio genetico, ogni scelta personale fa parte di un percorso individuale privato derivante dal proprio vissuto, dalle proprie esperienze, dalla propria cultura.
E, fino a prova contraria, anche la politica rientra nella categoria delle scelte personali e della propria libertà di pensiero.

Quindi, escludendo i fascisti e i cosiddetti berlusconiani che in quanto tali hanno dimostrato e dimostrano di non avere acquisito il minimo indispensabile di quella cultura che li farebbe essere diversi e non sono stati in grado di fare delle scelte ma hanno preferito farsele fare – ché pensare in proprio è un esercizio che richiede un certo impegno e volontà – credo che ogni orientamento politico che non abbia in sé un’idea di totalitarismo, limitazione, privazione dei diritti civili e delle libertà sociali e personali debba essere non solo tollerato ma proprio accettato, e con rispetto.
Ora, con tutto il rispetto per quel che resta di Repubblica [il quotidiano] e di certi suoi dintorni [Radio Capital] quello che voglio dire è che è diventato abbastanza ridicolo questo corpo a corpo ingaggiato non col M5S ma con Beppe Grillo in persona.
Faccio fatica a pensare che Vittorio Zucconi,  un distinto signore di mezz’età, un professionista esperto di politica nazionale e internazionale che scrive articoli e viene invitato in qualità di ospite autorevole nei talk show abbia trasformato in una questione personale, in una missione, quella che dovrebbe essere una discussione politica pre elettorale il più possibile serena e non una continua istigazione.

Un giornalista esperto questo lo sa.
Perché non si può stare tutto il giorno a scrivere nei social network che Grillo si è messo le dita nel naso, non si lava i denti dopo pranzo e magari, stando tutto il giorno in giro per le piazze e non al caldo e al comodo di uno studio televisivo o radiofonico, gli puzza pure l’ascella senz’aspettarsi poi che a qualcuno venga il dubbio che si esageri apposta per mettere in cattiva luce la persona.
Tutto questo non è professionale, non è serio, non è giornalismo, ma – soprattutto – l’unico effetto che produce è quello contrario come è già successo con e per berlusconi, che anziché essere attaccato nel merito delle sue enormi responsabilità giudiziarie, politiche, anziché rinfacciargli ogni giorno di aver distrutto anche l’idea di moralità e di etica viene accolto [ancora!] come fosse davvero uno statista in grado di realizzare sul serio tutte le balle di cui va cianciando urbi et orbi da settimane.

Che poi sono le stesse che racconta da quasi vent’anni.

Senza contare poi che questo stravolgimento di una linea editoriale che, fino a qualche tempo fa era assolutamente rispettabile comporta anche una diminuzione  di lettori/ascoltatori e quindi rischia anche di provocare una perdita in termini economici.

Tanta gente, come me, ha smesso di acquistare Repubblica, da quando è diventato un giornale illeggibile, inguardabile per aver scelto di essere  funzionale ad un presidente della repubblica che talvolta ha dimostrato di tenere più a se stesso che alla repubblica, e adesso, dopo un anno di riverenze al governissimo che fa benissimo, al partito del voto utile.


Come scrivo ormai da mesi io non voterò il MoVimento, ma il mio nemico non è Grillo: i miei nemici sono Monti e berlusconi e chi non ha ben chiaro in mente che questo paese senza la realizzazione concreta, la messa in pratica di un’uguaglianza vera e di conseguenza di quei diritti civili che vengono negati, ignorati per vigliaccheria, per non inimicarsi il vaticano che ha scelto di essere nemico di tutti ma che la politica invece tiene sempre e troppo in considerazione concedendogli pelle e quattrini, i nostri e non i suoi, non sarà MAI un paese civile.
E, giusto per cambiare argomento ché sempre lo stesso alla fine annoia si potrebbe parlare di questo, a Repubblica e dintorni.

Inform’azione

Sottotitolo: Oscar Giannino ieri sera a Ballarò su berlusconi: “chiedete a una donna se desidera restare con un uomo che la tradisce da 18 anni…”[se è una povera idiota sì, è pieno di donne così].

Premessa: in questo paese un giornalismo vero, una libera informazione vera  non ci sono non solo per colpa di b, del conflitto di interessi, della politica che s’infila in ogni dove, nei consigli di amministrazione dei quotidiani e della tv di stato e detta la linea più opportuna al suo tornaconto personale e- appunto – politico. Non ci sono anche perché troppa gente, non avendo la minima idea di che significa informare, di quanto sia importante, fondamentale, per costruire una vera democrazia, non li pretende, non le interessano.

Se Floris ieri sera intervistando berlusconi è stato all’altezza della situazione mi fa piacere, non lo considero il top del giornalismo ma lo stimo,  penso che meriti una lunga carriera luminosa e che abbia la possibilità di svolgerla a lungo  oltre l’incubo berlusconi; sparito lui in questo paese tutto funzionerà meglio, ma non faccio certamente esplodere i fuochi d’artificio, perché un giornalista dovrebbe essere SEMPRE all’altezza della situazione.
E quello che mi dà enormemente fastidio è aver letto il paragone fra lui, Santoro e Travaglio [siamo italiani mica per niente].
Prima di tutto perché io non sono affatto convinta che Santoro e Travaglio nella famosa e ipercriticata puntata di Servizio Pubblico abbiano trattato berlusconi con cortesia, in secondo luogo perché non sono MAI stata convinta di quello che sento dire da vent’anni e cioè che Santoro sia stato funzionale a berlusconi [se qualcuno opera e agisce a mio favore non lo trasformo nel mio peggior nemico, lo metto sul comodino vicino all’abat jour e guai se si muove da lì: non bisogna farsi venire nemmeno un’ernia al cervello per arrivare a questa semplice conclusione]; così come non è vero che Travaglio, come da luogo comune ormai incistato in una certa sottocultura popolare espresso perlopiù da chi non ha mai aperto né letto nessuno dei suoi libri e giudica in base al pregiudizio e all’antipatia per la persona, si sia arricchito parlando e scrivendo “male” di berlusconi, forse perché i suoi libri io li leggo da vent’anni e so che c’è scritto dentro. E, quando parla ascolto quello che dice.
Così come non mi ha fatto piacere per niente ieri sera leggere un twitt del direttore Zucconi [Repubblica e Radio Capital] dove scriveva che “Santoro è uno showman e Floris un giornalista”. Mecojoni! direbbero a Bolzano, davvero ci vuole un’intervista, una una tantum per elevare così tanto  un giornalista sì bravino, sì ammodino [certe volte pure pure troppo], per trasformarlo in un totem del giornalismo? dov’era Zucconi quando Santoro trasmetteva sotto le bombe sul ponte di Belgrado gentilmente inviate dal suo amichetto d’alema?
Premesso che a me piace la critica e anche la polemica, quando non è finalizzata alla demolizione [a meno che non si tratti di berlusconi, essendo lui un’anomalia non si può trattare come chi anomalo non è],  non mi piace però  quando ridicolizza o mette un accento esagerato sugli sbagli dei nuovi movimenti che si sono formati ora, trovo che sia una forma di propaganda nemmeno troppo sottile. E scorretta, soprattutto.

Perché un conto è informare e un altro cercare di convincere la gente che quel partito di cui si evidenzia l’utilità, che secondo molti di quegli opinionisti  à la carte, quelli sempre pronti a saltellare ovunque si senta odore di potere sia l’unico da votare, sia il migliore di tutti, ben sapendo, invece, che anche in quel partito le contraddizioni e gli errori si sprecano, ed essendo un partito formato da professionisti della politica non dovrebbe essere così, per questo si dovrebbe essere meno severi e sarcastici con chi professionista non  è. 
Far notare comunque gli errori e le contraddizioni ma senza svilire, prendere in giro, perché dietro quei movimenti c’è una base di gente semplice che lavora, s’impegna e ci crede.
Rivoluzione Civile non è solo Ingroia, il MoVimento non è solo Grillo verso il quale gli house organ del pd – Repubblica in testa –  hanno aperto uno scontro frontale da mesi ripetuto e reiterato. Di lui si contano perfino i peli al naso, per Bersani il trattamento è diverso anche quando non dice le cose che la gente si aspetterebbe da un leader che si appresta a guidare il paese.

Ho sempre pensato che non ho nulla in contrario al giornalismo schierato, che è sempre meglio sapere con chi si ha a che fare, ecco perché mi piacerebbe che quando uno o più giornalisti si schierano facessero comunque delle analisi oneste, senza pregiudizi, senza cercare di dire alla gente che un partito è meglio di un altro.
Perché escludendo l’anomalia berlusconi, tutti meritano lo stesso rispetto.
E chissà perché invece di polemizzare inutilmente, di screditare dei colleghi, certi autorevoli “vecchi” del giornalismo non si domandano perché Bersani da Floris c’è andato, ci va e a Servizio Pubblico invece no, non ci vuole proprio andare.

Sto partito qua
Marco Travaglio, 6 febbraio

Anche se lui negherà sempre, pure sotto tortura, pare quasi che Massimo D’Alema legga Il Fatto. L’altro giorno ha detto che il Pd deve iniziare a fare campagna elettorale, mentre finora ha pensato di aver già vinto le elezioni e preferito parlare di alleanze dopo le urne e spartirsi i posti del futuro, sempre più immaginario, governo. È quello che scriviamo da due mesi. Se si domanda a un normale cittadino che cosa ricorda di ciò che han detto in campagna elettorale Bersani, Monti, Ingroia, B. e Grillo, la risposta è: di Grillo ricordo quasi tutto, di B. molte cose, di Ingroia qualcosa, di Monti poche cose, di Bersani niente (a parte che vuole sbranare chi accusa il Pd per Montepaschi, così anche i pochi che lo ritenevano estraneo capiscono che c’è dentro fino al collo). Magari Bersani avrà detto anche cose giuste e sensate, ma nessuno se n’è accorto. Perché non parla: biascica, bofonchia, borbotta masticando il sigaro. Non finisce mai le frasi. ‘Sto paese qua, mica siam qui, ‘ste robe lì. Una pentola di fagioli in ebollizione. Nei servizi dei tg appare sempre in contesti improvvisati e improbabili, tristi e desolanti, nulla che buchi il video e colpisca l’immaginario della gente. La retorica da culatello, piadina e squacquerone ha stufato. I proverbietti fanno pena. Infatti l’altroieri ha fatto meno ascolti a Piazzapulita di Renzi a Ottoemezzo. Ieri, con l’aria del trascinatore di folle (adesso vi faccio vedere io), ha lanciato l’idea di “un patto a Monti”. Sai che goduria. Politichese vecchio e muffito: i tavoli, gli assi, i patti, le convergenze, il dialogo, il riformismo, i progressisti e i moderati, i problemi sul tappeto. Eppure di cose da dire — chiare e semplici, comprensibili e popolari, persino vere — ce ne sarebbero a bizzeffe. Basta guardarsi intorno, interpellare il primo che passa per la strada o al bar. La casta, per esempio: chi parla più dei costi della casta? Antonello Caporale, sul sito del Fatto , suggerisce una proposta di tagli radicali alle spese folli delle cinque funzioni amministrative sovrapposte: Europa, governo, regioni, province e comuni. “Cinque livelli di spesa che si spartiscono 800 miliardi l’anno”. Ridurle almeno a quattro, facendola finita con le regioni o con le province, significherebbe tagliare le poltrone e i relativi bancomat. Un’altra idea viene dall’annuale relazione del presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino sulla “corruzione sistemica”, collegata al nero dell’evasione e delle mafie, che sottrae all’erario centinaia di miliardi e costringe i governi a tassare sempre di più una popolazione già allo stremo bloccando ogni barlume di sviluppo e di crescita. Basterebbe ammettere che la legge anticorruzione Severino è una boiata pazzesca e promettere di sbaraccarla per farne una nuova che punisca duramente (con la galera) corrotti, corruttori, concussori, evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori (anche in proprio con l’autoriciclaggio), abusivisti, ma anche chi compra voti dalle mafie in cambio di favori. Invece anche su questo fronte si balbetta, temendo l’accusa di giustizialismo che, soprattutto di questi tempi, non fa perdere un voto, anzi ne fa guadagnare parecchi. Anziché inseguire le balle quotidiane di B. per strillare e smentire, perché non prenderlo in contropiede e sfidarlo a dire sì o no a un programma “legge e ordine”, con carcere assicurato a chiunque sottragga denaro alla collettività? Basterebbe una parola chiara, e l’alleanza con Ingroia sarebbe cosa fatta. Invece il prontuario dei candidati Pd, con le rispostine precotte da dare alle eventuali domande di giornalisti o cittadini, fa cascare le braccia. Su corruzione ed evasione (per non parlare dell’elusione, chiamata “eluzione”), 4-5 righe di banalità. E sulla controriforma Fornero si legge testualmente: “Noi non intendiamo toccare la riforma dell’articolo 18 nella formulazione alla tedesca”. Ottima risposta per le elezioni in Germania. Per l’Italia, c’è tempo.

Uno strepitoso Crozza nell’imitazione di berlusconi: “mi davano tutti per morto, ho sparato tre cazzate in cinque giorni e ora sono tutti in paranoia”.

Perché Sanremo è Sanremo (reloaded)

Non vedo Sanremo dall’87. Non lo vedo perché non mi piace. E non mi
piace tutto quell’alone di attesa che dura anche dei mesi circa la
scelta dei presentatori, della valletta bruna, di quella bionda e degli
ospiti. C’è un mucchio di gente che dice di non guardarlo mappoi i dati
auditel dicono sempre il contrario. Io non discuto il compenso di
Celentano, di Benigni,  Fiorello e di tutti quegli artisti utilizzati come extrema ratio per aiutare un’azienda agonizzante (per colpa di chi la dirige) a non morire;  ricordo che qualche anno fa un certo signor Prodi si affrettò ad annullare un decreto legge che doveva abbassare il tetto dei guadagni dei professionisti, dunque anche delle star che presentano il festival perché Pippo Baudo che era stato il prescelto per quella edizione  non prese troppo bene la decisione.
Dico però che non bisognerebbe parlare di logiche aziendali
applicate ad una Rai che paga 700.000 euro un’ospitata di Celentano,
altrettanti e forse più per Benigni e Fiorello e poi permette che i vari direttori di rete al soldo del padrone della tv cosiddetta concorrente che casualmente è stato anche presidente del consiglio,  lascino scappare dopo averli mobbizzati per anni professionisti come Santoro che non costava quasi niente alla Rai ma in compenso faceva guadagnare molto con gl’introiti pubblicitari.

E aggiungo che se non vogliamo che Sanremo si trasformi ogni anno nella Mecca dei compensi elargiti ai vari ospiti bisognerebbe smettere di dire che non si guarda e poi fare puntualmente il contrario salvo poi lamentarsi che la Rai spreca i soldi del canone.
Il problema più serio non sono poi le cifre offerte agli artisti: è la qualità della loro arte che andrebbe discussa, Benigni che trascina venti milioni di persone davanti alla tv raccontando la Divina Commedia, la Storia di questo paese,  facendo dunque cultura, qualcosa di cui questo paese ha un bisogno disperato vale quanto le famose pause di Celentano?  no, eppure qualcuno pensa che le banalità ultraretoriche di Celentano valgono tutti quei soldi e glieli dà salvo poi fargli fare un figurone con la storia dei compensi dati in beneficenza,  e da ieri quindi tutti a dire bravo a Celentano perché ha deciso lui dove dirottare il denaro pubblico col quale verrà pagato.  La vera bella figura Celentano l’avrebbe fatta casomai accettando di andare  a Sanremo, essere rimborsato con una cifra simbolica o facendo beneficenza coi suoi soldi e senza squilli di trombe: fare beneficenza è un gesto di carità che andrebbe fatto privatamente, non qualcosa di cui potersi vantare per i prossimi mille anni.
In questo paese non ci vuole una rivoluzione etica, ci vuole una rivoluzione del gusto. Come diceva Totò, è la somma che fa il totale, e Sanremo lo possono ridimensionare solo gli spettatori della Rai.

Volendo.

LA PAGNOTTA DI SAN BRUNO

di Vittorio Zucconi

Ho dovuto assistere (mi pagano per queste cose, gente mia, non sono masochista) a una disgustosa edizione autocelebrativa di Porta a Porta dove Vespa faceva il plastico di se stesso e della Rai, invitandoci a pagare il prezzo del ricatto obbligatorio, che tanto costa come una pagnottella al giorno, implorava. Mi è dispiaciuto vedere anche il bravo Giova Floris costretto a unirsi al coretto dei castrati e delle voci bianche e ignorare l’oscenità di fondo che vizia tutto il discorso del “pubblico”: la Rai non è affatto pubblica, è dei partiti e dei loro mammasantissima del momento. Se ha tre canali è soltanto perché la Dc dovette appaltare Rai Due ai Socialisti per non mollare Rai Uno e poi creare Rai Tre per tenere buoni i Comunisti. Reggiamo tre reti che moltiplicano i costi senza davvero moltiplicare l’offerta e giustificano le tre reti di Berlusconi. Mi sono sovvenuto, ascoltando quella imbarazzante sceneggiata della “rosetta” implorata dal sagrestano Vespa, roba da pane di Sant’Antonio, di una importante giornalista della Rai che anni or sono mi propose di fare un programma per la sua Rete dagli Usa. Mi spiegò che “il suo editore” l’aveva autorizzata a spendere quello che voleva. Ma chi sarebbe il “tuo editore”, le chiesi? Craxi, mi rispose senza esitare. Capito che cos’è il servizio pubblico al servizio dei partiti? (PS: Ovviamente, non feci mai quella trasmissione).

Nostra casa è il mondo intero, nostra patria è LIBERTA’ (anche dai leghisti)

—- Sottotitolo: PANE E CIOCCOLATA – di Vittorio Zucconi

Fatemi capire. Uno che nasce in Brasile o in Australia, vive tutta la propria vita lì, non parla un ca$$o di italiano, ma scopre di avere un nonno italiano, è italiano (soprattutto se sa giocare al frùbal). Uno che nasce in Italia, cresce e vive in Italia, frequenta le scuole dell’obbligo in Italia, parla l’italiano meglio di Borghezio (non che sia difficile) quando arriva a 18 anni scopre di essere uno straniero che va espulso? Ma davvero ci ha dato di volta il cervello dopo anni di intossicazioni bossiste? Io propongo di togliere la cittadinanza italiana ai Leghisti, ai quali tanto fa schifo, così vanno tutti in Svizzera dove li trattano da terroni sporchi e indesiderabili, a pane, cioccolata e pesciadi in cü (traduzione: pedate in culo).

Immigrati, Napolitano: “Cittadinanza ai bambini” La Lega: “Così si stravolge la Costituzione” –

Invece giurare da ministri sulla Costituzione italiana,  straguadagnare, approfittare di tutto quello di cui si può approfittare, stramangiare grazie all’Italia e poi comportarsi come abitanti di un paese che non c’è se non nelle teste bacate (per non dire altro) di questi ‘signori’ in camicia verde cos’è? io direi alto tradimento, ci vorrebbe la corte marziale per queste teste di cazzo, oh, l’ho detto di nuovo, mannaggiaammè…;-)))
Se la cittadinanza italiana fosse un diritto solo per chi nasce, vive in Italia da italiano e paga le tasse, a moltissimi italiani allora andrebbe revocata in questo istante. Quelli della lega poi, questo paese lo rinnegano per il solo fatto di esistere, quindi sono proprio gli ultimi a potersi e doversi esprimere sull’argomento. Nessuno si faccia insegnare niente da questi cialtroni, da questi razzisti, da questi mentecatti che si sono inventati il paese che non c’è per dare un senso alla loro esistenza. Sempre meglio i figli dei maghrebini, romeni, albanesi Italiani di nascita, che un leghista, magari uno di quelli che ha giurato da ministro sulla Costituzione italiana che avrebbe servito e onorato questo paese salvo poi rinnegarlo e insultarlo tutti i giorni.  Finché non tratteremo quelle persone da persone è inutile pretendere tutto da loro. Chi nasce in Italia ha il diritto di essere italiano visto che qui pagherà le tasse e sarà costretto ad ereditare anche la sua quota di debito pubblico che mi pare ammonti a circa 30.000 euro per ogni nuovo nato.
Oltre ai doveri esistono anche i diritti, quindi sì alla cittadinanza e anche al voto, visto che se vivono qui hanno il diritto di avere voce in capitolo anche sulla politica.
Ricordiamoci che quei figli di tutti i colori saranno quelli che lavoreranno per pagare la pensione anche di quegl’italiani che li considerano solo braccia da lavoro, persone da sfruttare. Anzi, io, giusto perché sono moderata, proporrei uno scambio quasi alla pari, togliamo la cittadinanza ai leghisti, ai quali dell’Italia non frega nulla e ce lo hanno detto e dimostrato in tutti i modi, i più spregevoli, e diamola ad un numero maggiore di immigrati, vecchi e nuovi. Questa squallida feccia non si considera italiana, si considera “padana”. Quindi sul tema “cittadinanza italiana” devono solo stare zitti, vergognarsi e ringraziare che gli immigrati e gli italiani perbene non caccino loro, dal suolo italico.

Se (come giustamente sollecita il Capo dello Stato) verrà concessa la cittadinanza ai figli di migranti che nascono in Italia, e che sono italiani per logica, per crescita e per educazione, ma non per la legge, dice il Calderoli che la Lega “farà le barricate”. Credo che ci sia un errore, annoso, al quale rimediare. Un peccato di omissione del quale rischiamo, presto o tardi, di doverci vergognare non solo di fronte ai figli di migranti che nascono in Italia, ma anche di fronte ai nostri figli. L’errore è questo: che ogni volta che Calderoli o un altro gerarca verde ha aperto la bocca per minacciare barricate, o schioppettate, o forconate, e sempre per qualche causa ripugnante o qualche ragione tirchia, e sempre con quel ghigno gongolante e quei toni da taverna di chi si sente popolo in mezzo ai fighetti; avremmo dovuto rispondergli, metafora per metafora, che le loro barricate, se prima non arrivano l’esercito o i carabinieri a spianarle, gliele tiriamo giù noi con la ruspa e poi ci piantiamo sopra il Tricolore repubblicano, perché di vent’anni di razzismo organizzato ne abbiamo le balle piene, e di ruspisti ne conosciamo a gogò. La Lega crede di avere il monopolio dei modi bruschi, ma sbaglia. Nelle taverne del Nord che frequentiamo il dito medio lo mostrano a chi odia l’Italia, non a chi arriva da lontano per nascerci.

(Michele Serra)

Che tristezza, ieri non c’era nessuno ad aspettare l’impunito imputato d’Italia. Manco un panino col salame, un figurante di amici, uomini e donne, una bandierina, un palloncino, un menomalechesilviocè…niente…Gloria Swanson almeno aveva il regista innamorato, lui proprio nessuno. Spero che faccia la fine ingloriosa che si merita.

Visto che non se ne va…almeno non da solo…

“Voglio vedere in faccia chi mi tradirà”.

Ma questo demente ormai parla come Gesù Cristo e deve avere confuso il gallo evangelico con la vecchia gallina Carlucci. Non è da condannare né da esiliare, è da ricoverare. (Vittorio Zucconi)

E ancora: sul profilo Facebook e Twitter di Franco Bechis, vice direttore di Libero, la telefonata nella quale un dirigente Pdl confermerebbe che…Il dirigente Pdl: ”Quella testa di cazzo doveva dimettersi subito”, ecco la telefonata – video Repubblica

Capito? il deputato piddìellino non ha detto, quel poveraccio, quell’uomo confuso, quell’incapace di intendere e di volere, quel presidente del consiglio che non è mai stato. Ha detto testa di cazzo. Che poi è la stessa che gli paga lo stipendio. 

CHI OSA DARE DEL “TESTA DI COSO” (ahahahaha, vedete come viene male?) AL CAPO?

La telefonata pubblicata dal giornalista di Libero Franco Bechis su youtube, in cui un dirigente del Pdl sembra dare conferma alle dimissioni di Berlusconi: “Doveva andarsene subito”. Segue una serie di considerazioni poco eleganti sul premier. Ma chi è il compagno di partito che osa dare al premier della “testa di cazzo”? In redazione le ipotesi si sprecano: Osvaldo Napoli, Guido Crosetto? O il maggiordomo Alfredo? Ascolta l’audio senza “pitch” e dai anche tu un contributo per identificare l’oscuro “traditore” del presidente del Consiglio.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/07/berlusconi-doveva-andarsene-telefonata-bechis-dirigente-pdl/169041/

Piccola nota nostalgico – romantica: a me hanno chiuso il blog sulla piattaforma cosiddetta libera per molto meno di quel
che scrive il Direttore Zucconi in quelle poche righe e di quel che riporta il vicedirettore di quel fogliaccio.

Il che vuol dire che anche loro, personaggi assai più noti della sottoscritta  fanno un uso sconsiderato di uno spazio pubblico e del linguaggio oppure, invece, che i concetti di uso civile di un linguaggio sono relativi al cervello quindi al grado di comprensione di chi è chiamato a stabilire cosa è offensivo, volgare, triviale e quello che no? Le parole, quando servono, si devono usare, sempre e tutte.  Il savoir faire nei confronti di chi sta portando l’Italia alla distruzione totale significa soltanto complicità, insipienza, è non capire quanto può diventare pericoloso un uomo che non è più in condizioni di fare la cosa giusta. E questo lo può fare solo un idiota o un complice.  Io, non sono né l’una né l’altra cosa. E non mi adeguo.

Quanto manca?

Sottotitolo: La megliocrazia, di Massimo Gramellini per La Stampa.

Mai come in queste drammatiche ore ci sentiamo di dar ragione all’economista Luigi Zingales quando dice che l’Italia è una peggiocrazia, il governo dei peggiori. La prevalenza del cretino, o comunque del mediocre, raggiunge la sua apoteosi in quella caricatura di democrazia che è diventata la nostra democrazia. Oggi qualsiasi persona di buonsenso, di destra o di sinistra, riconosce che questa politica svilita dai clown e dalle caste dovrebbe affidarsi ai seri e ai competenti. Figure alla Mario Monti, per intenderci. E ce ne sono tante. Ma qualsiasi persona di buonsenso sa anche che, se i Mario Monti si presentassero alle elezioni, le perderebbero. Perché non sono istrionici né seducenti. Verrebbero surclassati da chi conosce l’arte della promessa facile e dello slogan accattivante, in quanto una parte non piccola degli elettori è così immatura da privilegiare i peggiori: per ignoranza, corruzione, menefreghismo.

Dirò una cosa aristocratica solo in apparenza. Neppure le sacrosante primarie bastano a garantire la selezione dei migliori. Per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto. Non posso guidare un aeroplano appellandomi al principio di uguaglianza: devo prima superare un esame di volo. Perché quindi il voto, attività non meno affascinante e pericolosa, dovrebbe essere sottratta a un esame preventivo di educazione civica e di conoscenza minima della Costituzione? E adesso lapidatemi pure.

Se lo diciamo noi passiamo per razzisti, per gente che vorrebbe privare qualcuno di un diritto, ma quando quel diritto viene esercitato sulla base dell’ignoranza, del proprio tornaconto e della corruzione il risultato poi ricade inevitabilmente su tutti, e io, come Gramellini, non voglio più che a guidare gli aereoplani siano persone incapaci dunque, pericolose.

Paniz scarica Berlusconi “Lasci, Gianni Letta premier” – Repubblica.it

E’ più credibile uno che dice di voler spegnere un incendio lanciando un estintore o uno che ha creduto e confermato in parlamento insieme ad altre 313 persone (parlando con pardon) che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak?
Succede sempre così, i topi lasciano la nave che affonda prima dei voltagabbana, immediatamente dopo scappano le puttane. Dunque si presume che fuori dal parlamento ci sarà un gran caos nei prossimi giorni.

Proviamo a rifargli la domanda: pardonne-moi, “onorevole” Paniz, chi è lo zio di Ruby?

Il commento ufficiale dopo la riunione di governo dice più o meno e tanto per cambiare che “tutto ciò che dicono i giornali è falso e che le misure ci sono ma sono altre.” Visto che non ci hanno detto quali tiro a indovinare: 90-60-90?

Purtroppo al G20 non basterà la solita barzelletta.

Ma naturalmente la colpa di tutto è  dei comunisti, dell’euro di Prodi, della stampa di sinistra, delle toghe rosse, di Garibaldi e Mazzini, di Cavour e dei puffi. 

L’ultima (s)cena, Vittorio Zucconi

Guardate questa immagine “leonardesca” degli apostoli attorno al maestro e rabbrividite. Da sinistra: Sacconi Maurizio, denunciatore di attentati terroristici senza alcun elemento di prova, già craxiano e sottosegretario negli anni dell’esplosione del debito pubblico, quello al quale oggi i discepoli di Bettino attribuiscono tutti i nostri guai; Romani Paolo, inventore di “Colpo Grosso” nella sua rete tv locale, il primo show televisivo di porno soft, al quale deve le proprie fortune; Berlusconi Silvio, messia e premier nominale del “Paese di Merda” (sic), amico e protettore di spacciatori di ragazzine anche minorenni come Mora, il latitante Lavitola e Tarantini; Tremonti Giulietto, commercialista esentasse e subaffittuario in contanti dell’amico ed ex ufficiale della Finanza Milanese incriminato e in attesa di processo; Gelmini Mariastella, che deve avere inghiottito un manico di scopa da tanto che è rigida, diplomata a fatica in una scuola confessionale dopo il trasferimento da un liceo pubblico troppo duro e poi laureata fuoricorso con 100/110, avvocato grazie agli esami di Stato a Reggio Calabria, rinomato “refugium asinorum”, responsabile oggi dell’istruzione dei futuri italiani dagli asili ai dottorati. Un “cenacolo” altamente qualificato, secondo il mantra della “meritocrazia” (ricordate?) che incute timore e rispetto anche al più cinico e spietato degli speculatori.

«MA QUANDO CADE?»

Prego amici e conoscenti di sospendere telefonate e mail contenenti, da mesi, sempre la stessa domanda: ma quando cade, quand’è che si leva di torno? Perché questo mi costringe a ripetere sempre la stessa risposta: e come faccio a saperlo? Propongo di ribellarci a questa ossessione affidandoci alla famosa, più volte sperimentata e mai smentita legge della moka, secondo la quale se uno fissa la moka in attesa che il caffé salga, il caffé non sale. Mentre se uno si distrae e pensa ad altro, allora il caffé erompe con il suo allegro borbottio. Oltrettutto restare qui (per quanto ancora, poi?) a fissare in crocchio la stessa vecchia moka, continuando a darci di gomito e dirci, ogni giorno, “ecco, vedrai che ci siamo”, è piuttosto umiliante, e dà l’idea che non si abbia di meglio da fare, nella vita. Che siamo un vecchio branco (vecchio come la moka) di maniaci ossessivi rassegnati a passare la vita nell’attesa che l’attesa finisca. Come terapia, ognuno pensi al tanto di bello e di utile che ha continuato a fare in tutti questi anni, e ancora deve fare. Persone e cose da amare, viaggi, libri, fiori, cassetti, lavori, progetti, fango da spalare, castagne da raccogliere (è stagione). È anche per la deplorevole trascuratezza di noi stessi e della vita vera che ci siamo fatti sequestrare, per tutti questi anni, da quel signore.

(Michele Serra per La Repubblica)


La Norma

In filosofia, la norma è una regola, un criterio, un giudizio.
Nelle scienze sociali, la norma è una regola di comportamento.
In matematica, la norma è un concetto collegato a quello di distanza.
In statistica, la norma indica il valore che compare più frequentemente.
In gastronomia, la pasta alla Norma è un piatto tipico della città di Catania.
In musica, Norma è una celebre opera lirica di Vincenzo Bellini.
In diverse lingue, Norma è un nome proprio di persona femminile.
In geografia, Norma è un comune italiano in provincia di Latina.

L’ Europa aspetta il decreto salvaitalia (e dintorni)  e quel furbetto di silvio oltre al consueto nulla di fatto che fa? insieme ai dodici condoni che premiano i truffatori evasori a discapito degli onesti che pagano le tasse, riesce ad infilarci dentro anche l’ennesima legge ad personam con una specifica norma (ad Veronicam?) che cambia le regole della “legittima” ai figli. Tutto questo per favorire Marinella e Piersilvio e fare un dispetto a quella fedifraga di Veronica e a quell’ingrata di Barbara che osò criticare i comportamenti del suo “illustre” papà nella famosa intervista di qualche tempo fa.  Il cavaliere potrà accentuare le differenze tra le quote dei figli . (E così, anche come padre non smentirà di essere quel disonesto che è.)

Una legge utilissima a tutti gli italiani che, notoriamente, in cima ai loro problemi e specialmente in questo periodo in cui tutto va bene, hanno proprio quello di dover distribuire “equamente” eredità miliardarie. 

Lasciando da parte il fatto che con una legge del genere silvionostro sta forse prendendo atto di non essere immortale e questo non può che farci piacere, è mai possibile che lui non sappia fare niente che non preveda anche l’aggiustamento dei propri affari invece di risolvere – come dovrebbe – i nostri? poi se l’Europa ci ridicolizza c’è pure qualcuno che si offende?

Sarkò le Mokò ha osato offendere l’onore e la dignità dell’Italia, ridacchiando al nome del Caro Cucù. Sdegno e riprovazione, con annunciata manifestazione di protesta sotto il balcone dell’ambasciatore francioso a Roma, al termine della quale i dimostranti, guidati da Ferrara, forse sperano in un lancio di brioches, visto che il pane comincia a farsi un po’ caro. Ma come ti permetti, ‘a Sarkò? Non lo sapevi che soltanto i ministri della nostra amata Patria possono dire che con il tricolore ci si puliscono il culo?

(Vittorio Zucconi)

Velo pietoso