Premessa doverosa: forse qualcuno dovrebbe chiedere le dimissioni di Franceschini, ministro cosiddetto dei Beni Culturali e del Turismo, il ligio funzionario che s’indignò per le tre ore di assemblea dei dipendenti del Colosseo ma non ha fatto una smorfia, anzi, come un Marino e un Renzi qualsiasi non era nemmeno in Italia mentre in quel di Verona si rapinava il museo, né tanto meno il governo ha pensato alla legge di emergenza contro i furti nei musei. In un paese in perenne stato d’allerta dove qualcuno può rapinare un museo in pieno giorno chiunque può mettere una bomba dove vuole e quando vuole.
Franceschini non solo non si dimette né pensa di doversi scusare con gli italiani per la sua incapacità nella gestione e la tutela del patrimonio pubblico ma, come un gasparri qualunque blocca su twitter tutte le persone che gli fanno notare l’incongruenza di un ministro, di un governo ai quali la maxi rapina di opere d’arte di Castelvecchio: 17 quadri, un valore di oltre quindici milioni di euro non ha fatto tracimare nessuna misura, diversamente dall’assemblea, diritto sancito dalla Costituzione, ritenuta una vergogna planetaria dai lor signori che si dovevano sbarazzare del sindaco di Roma che, diversamente dal ministro e dal governo è stato nominato dopo regolari elezioni. Come dice Crozza, per fortuna abbiamo un’intelligence, chissà che succederebbe se avessimo una “deficiens”.
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La corruzione non è un segreto di stato da tutelare per il bene dello stato, è un reato che fa male allo stato.
Quindi l’accusa di aver trafugato e reso pubblici documenti segreti, inviolabili per questioni di sicurezza dello stato vaticano non è solo risibile, è ridicola.
La corruzione non è un fatto segreto: è una questione che riguarda tutti.
Quando il papa dice che bisogna combattere la corruzione, le ruberie, i crimini e il malaffare che impoveriscono e affamano i popoli con chi ce l’ha esattamente, solo coi corrotti, i corruttori, i criminali, i ladri e i truffatori fuori le mura?
Di quelli dentro non si deve dire o lo può dire solo lui nelle sue segrete stanze fra un viaggio, l’enciclica e la richiesta di dimissioni del sindaco di Roma?
In tutti i paesi democratici del mondo si fanno inchieste sulla chiesa e il vaticano e tutti sanno che l’inchiesta non sempre segue un canone perfettamente legale, se tutto fosse trasparente come dovrebbe non servirebbe l’inchiesta.
Per informazioni andare a ripassare o a leggere la storia dello scandalo Watergate che si concluse con le dimissioni del presidente Usa, non con la condanna ai giornalisti del Washington Post.
Su sky tempo fa hanno mandato dei documentari di giornalisti stranieri che raccontavano gli scandali del vaticano e non risulta che qualcuno abbia chiesto di indagare i giornalisti né la censura sui documentari che forse si possono trovare ancora sull’on demand.
Guarda caso, il vaticano se la prende solo con quelli più a portata di mano, forse perché sa che in nessuno stato civile un giornalista può rischiare la condanna per conto terzi, figuriamoci per conto di Dio, solo perché ha fatto il suo lavoro.
Ci provino al vaticano ad accusare, indagare giornalisti inglesi, francesi o americani e chiedere un processo secondo le loro regole: il rumore della pernacchia arriverebbe in ogni angolo del pianeta. #noinquisizione
Vatileaks 2, il silenzio sul processo alla libera stampa
L’intransigenza religiosa è quella che impone il velo alle donne, impedisce loro perfino di guidare un’automobile come nella magnifica e civilissima Arabia, gli islamici tutti fondamentalisti, tutti terroristi che vivono ancora come nel nostro medioevo, nella nostra bella repubblica talebanitalica non potrebbe mai succedere infatti che due cittadini italiani vengano accusati, indagati e processati da quello che ci si ostina a definire stato vaticano mentre è solo il solito, lo stesso regime dittatoriale dei tempi dell’inquisizione, quando erano le gerarchie religiose a decidere la colpevolezza, l’innocenza delle persone e sempre loro decidevano chi poteva vivere o morire. Il fondamentalismo di casa nostra non è abbastanza seducente, non si merita l’attenzione dei media né il dibattito né tanto meno la solidarietà dei colleghi dei due giornalisti ai quali il papa, quello buono, misericordioso, giubilante e rivoluzionario vuol mettere la mordacchia come a Giordano Bruno.
Eppure la vicenda di Nuzzi e Fittipaldi dovrebbe stare ogni giorno su tutte le prime pagine dei quotidiani: due giornalisti che rischiano il carcere per volontà della legge “sacra” dello “stato” invasore.
E i portatori dei sani valori occidentali, quindi laici, tacciono.
Il governo italiano metta fine a questa pagliacciata ricordando al vaticano gli impegni presi nel concordato e la federazione della stampa, l’inutile dis_ordine dei giornalisti si occupino di tutelare i loro associati Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi, invece di pubblicare sulla pagina facebook l’oroscopo di Branko.
Quando il recidivo sallusti fu condannato per diffamazione non dalla Corea del nord ma dalla magistratura civile dello stato italiano non solo pur essendo colpevole di un reato odioso ebbe dalla sua la solidarietà di tutti i colleghi di tutti gli orientamenti e testate giornalistiche, perché giammai si possa impedire di usare un giornale come un programma televisivo per infamare e infangare la reputazione di persone perbene ma in suo soccorso andò addirittura il non molto ex presidente della repubblica, l’emerito reticente, confezionandogli la grazia prêt-à-porter alla modica cifra di 15.000 euro. Dove sono oggi tutti quelli che solidarizzavano col diffamatore sallusti? C’è chi come Nuzzi e Fittipaldi si occupa anche di “vatileaks” come di qualsiasi inchiesta importante, gli altri invece, la maggior parte dei cosiddetti giornalisti del paese ai penultimi posti nel mondo per libertà di stampa e informazione si limita come sempre a vatileccare.