I popoli maturi premiano la politica seria

Avercelo qui un pulpito autorevole dal quale giudicare i tedeschi che votano la Merkel per tre volte di seguito dopo che per quasi vent’anni la maggioranza degli italiani ha votato per berlusconi. 
C’è gente che dovrebbe stare solo zitta, per decenza, e di più ancora dovrebbero starci quegli organi di stampa e informazione cosiddetta che oggi analizzano il “fenomeno” Merkel dopo aver contribuito alla costruzione del fenomeno berlusconi.

Se avessimo avuto anche noi un governo simile a quello della Merkel, che avesse raggiunto gli stessi risultati l’avremmo fatta rieleggere anche noi, l’Angelina. Il fatto che in questo paese non sia stato possibile in 60 anni di repubblica di costruire una destra, un centrodestra  decenti, senza il manganello, senza il fascismo, l’aver consentito la formazione di un partito reazionario di proprietà di un disonesto, di un corruttore evasore, uno con dei procedimenti penali pesantissimi e che per sua stessa ammissione è entrato in politica per non finire in galera, uno che per le sue ambizioni di potere si è tirato dentro la feccia fascista, i razzisti “padani”, un partito  i cui rappresentanti e lui stesso si spacciano per moderati liberali, la dice lunga su quanto sia maturo questo paese, e dovrebbe dire molto anche a proposito di chi se ne è occupato fino ad oggi, non solo incapaci ma anche complici nell’impresa di voler mantenere tutto così com’è:  a misura di casta.

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Preambolo: un sentito ringraziamento ai supermanager italiani, i più pagati in assoluto e che vengono ricompensati – con soldi pubblici – anche quando portano le aziende di stato al fallimento, quelli a cui non si può mettere un tetto ai compensi perché essendo i più bravi di tutti e si vede, devono essere anche pagati meglio di tutti i loro pari grado d’Europa e del mondo, per aver contribuito in solido alla svendita di quell’italianità con la quale si sono riempiti solo la bocca e i conti in banca.

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Il Paese senza Scilipoten – Massimo Gramellini

Mica è colpa della Germania se loro hanno Angela Merkel e noi, ad esempio, Anna Finocchiaro.
E mica è colpa della Germania se per loro “grosse koalition” significa mettere in cantiere un progetto di lavoro serio finalizzato al benessere del paese e non invece una grande ammucchiata che serve soltanto a mantenere al potere gente a cui del paese non gliene importa nulla, che se non avesse la politica e un parlamento accogliente come il nostro chissà che farebbe nella vita. E nelle loro grandi alleanze non ci sono delinquenti  dal passato oscuro e dal presente torbido.

E non è mica colpa della Germania se lì i leader politici non si confezionano negli atelier dei congressi e delle assemblee ma ci diventano grazie alla loro abilità dimostrata coi fatti, non con gli eterni chiacchiericci, con le menzogne, con le facili illusioni, con promesse mai mantenute come si fa qui.

E nemmeno è colpa della Germania e della Merkel se qui invece di svolgere il mestiere della politica seriamente si continuano a fare i soliti giochetti di potere nei quali rientra anche l’obiettivo di ammorbidire, annullare una sentenza definitiva che ha condannato un colossale frodatore fiscale, a cui si permette in un momento tragico come questo di monopolizzare ancora l’attenzione su di sé, di ricattare, minacciare tutto e tutti e il presidente della repubblica invece di battere il pugno sul tavolo e ribadire i principi ai quali si deve attenere la politica, quella disciplina e quell’onore  obbligatori e indispensabili per svolgere l’attività politica, per servire lo stato, sceglie di sgridare i giudici che condannano i delinquenti.

E non è  colpa della Merkel se da dodici anni vince le elezioni perché ha altre referenze e un’altra serietà espressa anche da un popolo che non va a votare con lo stesso spirito di chi sceglie una pizza, l’automobile nuova, il colore delle tappezzerie dei divani, e che non sceglie, per farsi rappresentare, vecchi erotomani puttanieri, disonesti seriali e incalliti a cui nessuno in Germania avrebbe dato libero accesso alla politica per permettergli di mandare un paese al fallimento.

Si può essere distanti quanto si vuole dall’orientamento politico di Angela Merkel, ma non riconoscere non il suo merito quanto quello di un popolo che ha saputo far tesoro degli errori del passato è disonestà.

Se tanti italiani scappano da qui per andarsi a cercare una vita in Germania, e la trovano, qualche ragione ci sarà.

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Biancamerkel e i 7 nani – Marco Travaglio, 24 settembre

Farà senz’altro piacere ad Angela Merkel, reduce da un trionfo elettorale mai visto in Germania dai tempi di Adenauer (e in Italia dai tempi di De Gasperi), apprendere che gli autorevoli Pino Pisicchio, Gianfranco Rotondi, Bobo Craxi, Potito Salatto, Giuliano Cazzola, Dorina Bianchi e persino Deborah Bergamini e Franco Frattini hanno molto apprezzato il suo successo. E non è dato sapere se riuscirà a farsi una ragione del fatto che, invece, tre prestigiosi germanisti come Gasparri, Cicchitto e Brunetta appaiono critici nei suoi confronti. Noi italiani, dal canto nostro, abbiamo di che gonfiare il petto di spirito patriottico, nel vedere i nostri nani arrampicarsi sulla gigantessa con la consueta ampiezza di vedute, che non va oltre la buvette di Montecitorio. Gente che non ha mai vinto un’elezione in vita sua e, senza le liste bloccate, non prenderebbe neppure i voti dei parenti stretti discetta di Merkel e di Germania con grande sicumera, riuscendo perfino a non ridere. Gasparri stigmatizza “il frastuono degli applausi che circondano la Merkel” e paventa il “rischio di analisi affrettate”. Per questo noto frequentatore di se stesso, infatti, la Merkel non ha affatto vinto: “successo individuale ma non strategico, i moderati tedeschi perdono complessivamente 6 punti” e ora la Cancelliera “dovrà inseguire singoli parlamentari”. Poveretto, lui pensa che sia italiana e si metta a comprare deputati un tanto al chilo.

Per Brunetta, il risultato tedesco è una lezione per Renzi: “l’Italia ha bisogno di persone serie, non di buontemponi e di cicisbei della Merkel”, che non è mica come lui e Berlusconi: è “una furba massaia” che vuole “germanizzare l’Europa”. Ma ora la sistema lui: “La speranza è che la Merkel sia costretta o liberamente decida la Grande Coalizione con i socialdemocratici” che impedirà “il trionfo di un pensiero unico dalla Germania a tutto il continente”. Insomma, Renatino non vorrebbe “passare dal ‘meglio rossi che morti’ degli anni 80 al ‘meglio tedeschi che morti’”. La Merkel, c’è da giurarci, prenderà buona nota. Così come della lucida analisi di Cicchitto: “È augurabile una grande coalizione in Germania che attenui l’eccesso di rigorismo. Le ‘terze vie’ sono sempre difficili, ma è con questa esigenza di fondo che dobbiamo misurarci, guerriglia giudiziaria permettendo”. Il guaio è che, in tedesco, “guerriglia giudiziaria” è intraducibile, anzi la Merkel è lì proprio grazie alle indagini su Helmut Kohl, che si dimise per pochi milioni di finanziamenti occulti al partito (nemmeno a lui), anche perché non aveva tra i piedi nessun Kikkitten.

Pure Letta Nipote punta sulla grande coalizione, così almeno gli eventuali elettori del Pd la smetteranno di chiedergli di zio Gianni e di nonno Silvio: “Dal voto tedesco emerge un modello di cooperazione simile al nostro. Forse in Italia si capirà che quando gli elettori ci obbligano a una grande coalizione bisogna farsene una ragione”. E pazienza se il centrodestra e il centrosinistra tedeschi non hanno mai giurato agli elettori di non governare insieme; e se il centrodestra tedesco è guidato da una persona seria che non racconta barzellette, non organizza orge, non smacchia giaguari, non asfalta (almeno a parole) nessuno, non bivacca in salotti tv, non fa affari, ma soprattutto non ruba e non risulta pregiudicata (e il centrosinistra tedesco non è guidato dal braccio destro del capo del centrodestra). Bobo Maroni, dall’alto del suo 3 virgola qualcosa, trova che “l’alleanza della Cdu con la Csu bavarese ha dato i suoi risultati: è uno schema che può essere replicato anche da noi e sul quale sto lavorando”. E certo, perché la Lega e la Csu bavarese sono la stessa cosa. Si risente persino Frattini Dry, dato per disperso da mesi: siccome è un tipo originale, parla di “risultato storico” e spiega che “i tedeschi hanno premiato una linea politica che può combinare il rigore con la crescita: la stessa che i tedeschi vivono. Noi no, perché fino all’altroieri non avevamo fatto i compiti a casa”.

Insomma “il successo Cdu è la bocciatura esplicita della tesi di quello che allora era il mio partito”. E lui era soltanto il ministro degli Esteri di B., dunque non c’entra. Anzi, rivela che lui “dissentiva”, ovviamente di nascosto. Deborah Bergamini, nota internazionalista di scuola arcoriana, ritiene che la Merkel – “la cui intelligenza politica non è in discussione” (entusiasmo a Berlino) – abbia vinto perché “è stata capace di imporre gli interessi del suo Paese” (in controtendenza col Caimano, che s’è sempre fatto i cazzi suoi), dunque “le quale auguriamo buon lavoro” (sollievo alla Cancelleria). Laura Garavini del Pd è lapidaria: “Quanto alla vittoria della Merkel, me l’aspettavo”: che testa, che preveggenza. Non se l’aspettava invece Nichi Vendola, l’altro del 3 virgola qualcosa, che trova il risultato tedesco “molto curioso”, perché “la Merkel trionfa ma il centrodestra arranca”. Evidentemente non ha imparato nulla da Sel.

In attesa del commento di Capezzone, che purtroppo tarda ad arrivare, ci si contenta di Bobo Craxi, che elogia “la tendenza politica che tende a far prevalere la stabilità al caos, assegnando alle forze politiche di ispirazione più tradizionale, quella cattolica e quella socialdemocratica, un ruolo centrale ed essenziale” (mica fesso, il ragazzo). E di Potito Salatto, “vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo”, ex Pdl, poi Fli, ora non si sa: “Tutto ciò deve spingere le delegazioni italiane nel Ppe a trovare un unico contenitore in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in modo da consentire all’Italia di contare di più nello stesso Ppe”. Purtroppo B., essendo pregiudicato, non lo faranno entrare: non per la legge Severino, ma perché – fa subito sapere la Merkel – “il Ppe ha uno statuto”.

Il più giulivo comunque è Rotondi, candidato alle primarie immaginarie del Pdl: “Quella tedesca è la vittoria dei democristiani contro i socialisti. In Italia invece le identità sono demonizzate. A maggior ragione oggi mi sento di rilanciare con forza la mia candidatura a premier per un centrodestra europeo e normale”. Ecco perché la Merkel ha vinto: per tirare la volata a Rotondi.

Stabilizziamoci tutti

Legge di stabilità, posta fiducia al Senato.

Sbloccati oltre 2 miliardi per il Tav

Ok della commissione Bilancio. Governo battuto sulla restituzione delle tasse alle vittime di calamità naturali. Slitta al 2014 il quoziente familiare per l’Irpef e anche le esenzioni per lo scaglione di reddito più basso. Allentate le misure anti gioco d’azzardo. Balduzzi: “Sconcertato”[Il Fatto Quotidiano]

Arrivano le sale da poker controllate direttamente dallo stato, ameni luoghi dove ci si potrà continuare a rovinare e ammalare più di quanto già accada grazie a lotto, lotterie, gratta e vinci, slot machine e tutta la varietà dei giochi d’azzardo che lo stato, da vero e buon padre di famiglia mette a disposizione dei cittadini, ma naturalmente “con moderazione e responsabilmente”.
1000 sale da poker in funzione della “crescita” [?] del paese e altri due miliardi destinati al progetto criminale di sventrare una montagna per far viaggiare più velocemente cosa non è dato sapere. 
Il tutto infilato dentro una legge chiamata “di stabilità”. 

Uno stato e i suoi governi che lucrano sulle debolezze della gente mettendo   a disposizione il gioco d’azzardo che ha mandato e manderà in rovina un sacco di gente mentre ti dicono che il fumo fa male ma te lo vendono, mentre ti dicono che puoi bere ma moderatamente, e ti vendono anche l’alccol somigliano più ad associazioni a delinquere. Lo stato smetta di essere il braccio armato di malattie e morte come hanno fatto gli stati in altri paesi dove le multinazionali del vizio sono PRIVATE e poi ognuno potrà chiedere tutti i risarcimenti che vuole.

Ma finché lo vende non può, con una mano dare, con l’altra togliere e farti pure la morale.

Un paese europeo, una democrazia occidentale, per essere moderno ma soprattutto stabile ha bisogno del Tav e di 1000 sale da poker. 

Le coscienze dei cattolici – democratici e non – non si scuotono quando c’è da votare certe porcherie come quelle inserite nella legge cosiddetta di stabilità.
Mentre invece sui diritti si può soprassedere, come anche sul far pagare le tasse allo stato estero che manteniamo al pari del nostro: quelli sì che turbano le profondità coscienziose di chi fa le leggi e di quelli che approvano poi quelle leggi.
Piccolo inciso: 23 miliardi è la cifra che si ricaverà dal pagamento dell’IMU e 23 miliardi sono la spesa annua, costante, miliardo più miliardo meno che si spende per il mantenimento del carrozzone delle forze armate.
Per dire.
Epurazioni democratiche
Marco Travaglio, 20 dicembre

Fermo restando che Grillo è la reincarnazione del Duce perché ha espulso due consiglieri comunali e uno regionale, e che Casaleggio è peggio della Gestapo per aver querelato un ragazzotto che l’accusa di volersi intascare i soldi dei finanziamenti pubblici che fra l’altro ancora non esistono, e premesso che tutto ciò che fa il Partito democratico è democratico a prescindere, anche perché il partito si chiama così, sorge spontaneo un piccolo dubbio. Noi apprezziamo molto la decisione del Pd di sottoporre alle primarie anche i suoi aspiranti candidati. Ma ieri La Stampa riferiva queste testuali parole dell’onorevole Stefano Esposito, strenuo difensore del Tav Torino-Lione, reduce da un pellegrinaggio a Parigi per sponsorizzare l’immortale opera pubblica destinata a soppiantare la Muraglia Cinese e la Piramide di Cheope: “Se il partito accoglie 
in lista Sandro Plano, io non solo non partecipo alle primarie, ma esco pure dal Pd”. Chi è Plano? È il presidente della comunità montana della Val Susa, esponente del Pd e fiero avversario del Tav. Per carità, sul Tav come su quasi tutto, ciascuno è libero di pensarla come crede (solo, dovrebbe spiegare a chi s’è appena svenato a pagare l’Imu sulla prima casa — ideata dal governo Berlusconi per il 2014 e anticipata dal governo Monti al 2013 anche con i voti del Pd per racimolare 3 miliardi l’anno — perché mai l’Italia dovrebbe buttare 10 o 20 miliardi per far arrivare le merci qualche minuto prima da Torino a Lione, il tutto nel 2030). Ma il punto è proprio questo: Esposito, in quanto parlamentare uscente, nonché esponente fra i più influenti del Pd in Piemonte, non dovrà raccogliere firme per candidarsi alle primarie per entrare nelle liste del Pd: Plano invece sì, infatti in Val Susa il popolo No Tav si sta attivando per dargli una mano. Lo spirito delle primarie dovrebbe essere proprio questo: far emergere dal mitico “territorio” le figure più rappresentative e, piaccia o non piaccia, Plano è uno dei personaggi più amati dalla gente valsusina proprio per la sua intransigente ostilità al Tav. Ma il Tav, per il Pd, come pure per il Pdl, per l’Udc e per tutti gli altri partiti di centro, di destra e di sinistra, è diventato un dogma di fede: come la Santissima Trinità e l’Immacolata Concezione per la Chiesa. Chi esprime dubbi o contrarietà diventa un paria, un appestato: uno non solo da non candidare, ma addirittura da escludere dalle primarie. Democratiche, s’intende. Del resto, in zona, c’è il caso molto democratico di Avigliana, primo comune della Bassa Valsusa, nonché patria di Piero Fassino: alle ultime elezioni comunali il Pd si sciolse in un listone civico Pro-Tav con Pdl e Udc per combattere i suoi dirigenti contrari all’opera, candidati in una lista civica con Idv, Sel e 5Stelle. Purtroppo gli elettori punirono l’ammucchiata fassinian-casinian-berlusconiana e premiarono i No-Tav. Risultato: la Commissione di Garanzia del Pd, molto democraticamente, espulse i tre suoi eletti nella lista vincente per eresia dal dogma Calce & Martello (sanzione mai inflitta neppure a Penati). Cioè: la minoranza espulse la maggioranza. Se quelle di Grillo sono epurazioni, queste come si chiamano? Eppure nella Carta d’Intenti del Pd la parola Tav non è mai citata, mentre si legge che “per noi sanità, istruzione, sicurezza, ambiente sono beni indisponibili alla pura logica del mercato e dei profitti. Sono beni comuni — di tutti e di ciascuno — e definiscono il grado di civiltà e democrazia del Paese”. Sarà un caso, ma tra i fortunati ammessi nel listino bloccato di Bersani — per sottrarli molto democraticamente alle primarie e candidarli anche se non li vuole nessuno — non figurano i tre parlamentari ambientalisti del Pd: Realacci, Ferrante e Della Seta (quello entrato nel mirino dell’Ilva perché “rompe i coglioni”, tant’è che Riva scrisse a Bersani perché lo facesse smettere). Sono tutti e tre renziani, curiosamente.

La politica, da destra a sinistra, ha salvato i ladri

Davigo: la politica salvò i ladri
Legge anticorruzione al palo

Ma questa Europa che ci ha chiesto tutto, non avrebbe dovuto chiederci anche di fare piazza pulita del marciume, dei corrotti, corruttori, puttanieri, mafiosi di tutti i colori, non avrebbe dovuto opporsi a tutte le leggi fatte e regolarmente fatte passare da un presidente della Repubblica distratto o inconsapevole per difendere i criminali di tutti i colori, la delinquenza, il malaffare di tutti i colori? non avrebbe dovuto obbligarci a sottoscrivere nei fatti la legge anticorruzione come hanno fatto gli altri paesi ma dimenticata chissà come mai anche dai sobrii professori che però non si sono dimenticati di assicurare la salvezza ai delinquenti prossimi futuri col decreto cosiddetto ‘svuotacarceri’? per tutto questo non vale l’unione, ognuno può fare quel cazzo che vuole? lo stato è sovrano solo quando deve difendere i suoi cittadini peggiori? all’Europa interessa solo la nostra pelle, quella dei cittadini onesti? Unione significa altro, significa che se una legge viene sottoscritta dai paesi cosiddetti membri poi quei paesi la devono anche mettere in pratica, perché allora che ci stiamo a fare, in un’Europa così: a che serve l’unione se poi non fa la forza?

Slitta il decreto anti corruzione. Strano!

Ecco, finalmente anche il pdl si accorge che forse al suo interno c’è il rischio di infiltrazioni mafiose, e per ovviare a questo pericolo è stata istituita una commissione col ruolo di vigilanza. A capo della commissione è stato messo Denis Verdini.

L’articolo potrebbe finire qui. Perché non c’è tanto da aggiungere senza correre il rischio di essere prolissi e inutilmente ridondanti. Il partito della mafia, creato da dell’utri, il senatore condannato per mafia, sospetta di avere infiltrazioni mafiose e lascia il compito della vigilanza a un ladro patentato, socio di dell’utri e …

Siamo a vent’anni da mani pulite. In TV si vede spesso un giovane Di Pietro. Com’era buffo in quel suo modo di fare! L’ex poliziotto che ce l’aveva fatta, che aveva indagato craxi, che aveva scoperto le porcherie che tutti sapevano, di quei ladri che governavano, ma che però, a differenza di questi non erano così ingordi da risucchiare anche le briciole.

Vent’anni. Poi venne quel tizio, quello del partito della mafia, il palazzinaro rozzo, che si era arricchito con i soldi di craxi e le sue televisioni, lo stesso che per anni ci ha oltraggiato governando un paese come se fosse cosa sua, e che ha cambiato le leggi perché si potesse alla fine rubare e restare impuniti.

 Vent’anni, ma è ora di cambiare. Roma 2020 non si farà, per i costi che non si potrebbero sostenere, dicono in italiano elegante, senza il coraggio della verità. Roma 2020 è un rischio che non si può correre perché la corruzione è così dilagante che in otto anni, i soliti imprenditori mafiosi o collusi, ruberebbero pure i camion con l’asfalto scadente, o i il cemento armato senza ghiaia che verrebbe utilizzato per le opere faraoniche destinate a creparsi sotto la prima pioggia.
Roma 2020 è stato il primo no alla mafia di stato che è diventata insostenibile per lo stesso stato, ma senza velleità moralistiche, solo per le congiunture astrali sfavorevoli, e per altro dobbiamo ancora iniziare a pagare alla mafia la penale per il  “Ponte sullo stretto” che la mafia non farà.

La Corte dei Conti ha stabilito che la perdita dello stato, attribuibile alla corruzione si aggira intorno ai sessanta miliardi di euro. Bruscolini. Eppure la seduta del parlamento del prossimo 27 febbraio, che avrebbe dovuto iniziare a discutere del problema non si farà. Sono stati presentati 7000 emendamenti, la data quindi è slittata.
Potrei smettere qua di scrivere le ovvietà che scappano dalle dita.
Non c’è nulla di strano in fondo. Siamo un paese in cui un partito mafioso affida una commissione interna di vigilanza a un malavitoso. Siamo un paese in cui in parlamento siedono i malavitosi; un paese che ha partiti politici nati da costole di bande criminali, gente che riderebbe in faccia a Craxi per la sua ingenuità, gente che è andata oltre il furto per il partito, ma ruba per se stesso (anche se a volte a sua insaputa) e allora, di grazia, avrebbe senso far discutere di cibo a un anoressico? Davvero siamo così ingenui da poter pretendere di affidare la nostra salute alimentare a Giuliano Ferrara? L’educazione delle nostre figlie alla Santanchè?
Ma chissà, forse avremo davvero un giorno una legge contro la corruzione, una legge seria che aprirà le galere. Magari l’avremo il giorno dopo del decreto che farà pagare l’ICI alla chiesa.
Sognare è ancora gratis.
(Walff il presidente tedesco si è dimesso per un mutuo agevolato. Quel tizio pluripregiudicato continua a strillare come una vecchia isterica per la persecuzione dei giudici.)

 

Rita Pani (APOLIDE)

Lo spread morale – Marco Travaglio, Il Fatto quotidiano – 18 febbraio

Il caso Tedesco, in Italia, è il Parlamento che salva due volte l’ennesimo parlamentare dall’arresto per corruzione, concussione, falso, truffa, turbativa d’asta, associazione per delinquere. Il caso tedesco, in Germania, è il presidente della Repubblica che si dimette per un prestito agevolato. Lo spread che divide Italia e Germania è tutto qui: il diverso rendimento dei titoli di Stato è solo una conseguenza. E chi, in questi mesi, si è molto divertito a sbeffeggiare Angela Merkel perché “fa gli interessi della Germania”, dovrebbe vergognarsi e andarsi a nascondere. Che dovrebbe fare un capo di governo, se non gli interessi del suo paese? E che dovrebbe fare un capo di Stato coinvolto in uno scandalo se non dimettersi e consegnarsi alla Giustizia? Lo stupore di noi italiani alla notizia delle dimissioni di Wulff è la nostra irredimibile dannazione. Siamo così abituati alle cazzate dei politici sull’immunità parlamentare, sulla presunzione di innocenza, sull’accanimento giudiziario, sullo scontro fra politica e magistratura, sulle toghe politicizzate, sul “così fan tutti” e sull’“a mia insaputa”, da non capacitarci dinanzi al gesto normale di uno statista chiacchierato che se ne va a casa. Con il candore disarmante del bambino che urla “il re è nudo ! ”, la Merkel ha commentato: “Il presidente non poteva più servire il popolo”.

Qualcuno in Italia penserà che si sia convertita al maoismo: invece è e resta una robusta democristiana. Ma lo spread fra Italia e Germania è tutto qui: in quel “servire il popolo”. Non si può servire il popolo quando si è sospettati di comportamenti scorretti, né quando ci si deve dividere fra i palazzi delle istituzioni e quelli di giustizia. Checché ci abbiano raccontato i trombettieri di regime a ogni lodo Maccanico-Schifani, a ogni lodo Alfano, a ogni legittimo impedimento sulla necessità di importare la celebre “immunità per le alte cariche” che sarebbe già “prevista in tutto il mondo”, scopriamo che quella immunità, come la pensano i nostri ladri della patria, non esiste da nessuna parte. In pochi paesi, come la Francia, è prevista solo per il capo dello Stato e solo finché resta in carica. E in Germania nemmeno per lui: spetta al Parlamento, come per qualunque parlamentare, concedere o negare l’autorizzazione a procedere: ma solo sulla carta, perché nella realtà il Parlamento tedesco l’autorizzazione ai giudici la concede sempre.

Wulff sapeva che avrebbe presto perduto lo scudo protettivo. E, dinanzi alla prospettiva di fare il presidente e l’imputato, s’è dimesso da presidente. In Italia, dovendo scegliere, si dimettono da imputati. E, si badi bene, Wulff non ammette affatto di essere colpevole, anzi: si proclama innocente. Ma vuole difendersi come un comune cittadino, senza i privilegi connessi alla carica. Esattamente come fece il suo omologo israeliano Katsav, accusato di molestie sessuali: pur potendo avvalersi dell’i mmunità presidenziale, non la invocò neppure (gli veniva daridere all’idea che molestare segretarie fosse un reato connesso alla carica). Così le democrazie vere si difendono dalla corruzione: dando l’esempio dall’alto.

Da ieri B. ha un motivo in più per detestare la “culona” (mentre Wulff si dimetteva, il Pdl nominava il plurimputato Verdini commissario a Modena per ripulire il partito inquinato da infiltrazioni malavitose: come nei film western, quando il bandito diventa sceriffo). Ma il caso tedesco (con la t minuscola) mette in mora tutta la classe dirigente italiota: i nostri partiti, ma anche i tecnici alla Severino, che continuano a baloccarsi con la famosa e fumosa “legge anticorruzione” di rinvio in rinvio, per far scadere anche questa legislatura senz’aver fatto nulla contro il cancro che ci trascina verso il baratro. C’è da sperare che la Merkel perda le prossime elezioni e dunque, come si usa nelle democrazie serie, vada in pensione: quando anche Monti alzerà bandiera bianca, sconfitto dal partito trasversale del malaffare, potremo sempre prenderla in prestito