Non era la nipote di Mubarak e non erano nemmeno cene eleganti

Sottotitolo: lo stato pietoso della cosiddetta informazione italiana si misura anche dal fatto che in presenza di una notizia importante qual è quella della condanna in primo grado di berlusconi nessuna rete ha pensato che fosse opportuno organizzare una diretta informativa in prima serata, solo la7 ha allungato di tre quarti d’ora il programma di Lilly Gruber al quale partecipava un condannato per diffamazione recidivo e graziato nei panni del direttore di un Giornale.
E pensare che ad aspettare l’esito della sentenza sono arrivati giornalisti da tutto il mondo; quelli che evidentemente hanno ritenuto che valesse la pena rimandare le vacanze di qualche giorno.
In questo paese le cose devono e possono succedere solo da ottobre a metà giugno, tutto quel che può accadere in periodi diversi, nella stagione estiva, non merita di essere analizzato e commentato in televisione perché il nostro bel giornalismo va in ferie: il giorno della condanna a sette anni di silvio berlusconi in un paese normale il servizio pubblico, almeno, fa informazione. In Italia invece c’è Porta a porta.

Preambolo: uno che può farsi aiutare da ministri, sottosegretari, servi e servizi più o meno segreti, che ha la possibilità di fare quello che vuole senza farlo sapere in giro e invece la prima cosa che fa è inventarsi la balla dell’incidente diplomatico mettendo al corrente tutta una questura delle sue frequentazioni con signorine marocchine che a lui sembrano egiziane e bisognose d’aiuto tanto furbo non è.
E pensare che c’è gente che con uno così ci fa affari e perfino alleanze politiche.

Peggio di un coglione disonesto c’è solo un coglione disonesto pieno di soldi: la categoria più pericolosa.

Rubygate, de profundis per le “larghe intese”

di Angelo d’Orsi

Un giornalista straniero, alla domanda se fosse a Milano per l’importanza del processo, ha replicato che no, non per la sua importanza, ma per la sua bizzarria. 

Molte sentenze sono “già scritte” forse perché i reati sono già fatti?

Effettivamente in molti casi non si dovrebbe arrivare ad una sentenza per stabilire il grado di onestà di una persona.

Qui in Italia invece non basta nemmeno la sentenza.

Ma veramente serviva questa sentenza per stabilire chi è ed è sempre stato silvio berlusconi?
Veramente il pd ha pensato di poterla incartare ai suoi elettori con la favoletta – ignobile – della pacificazione, di un governo di responsabilità?

Che vuol dire pacificazione, tenersi in casa un corruttore, un indecente sfruttatore di ragazzine, uno che non esita a pagare tutto quello che non può avere perché non lo deve avere, un ricattatore già ricattato dalla peggior feccia che si tiene in piedi a forza di minacce a cui evidentemente molti non possono sottrarsi?

La pacificazione applicata alla politica è una gigantesca e immonda stronzata.

E veramente Napolitano ha pensato seriamente che uno così potesse essere determinante quando tre mesi fa ha intimato ai giudici di non essere troppo severi per consentirgli di partecipare alla politica di questo paese?
E quale contributo utile dovrebbe dare uno che ha detto a chiare lettere, non una settimana fa, un mese fa o un anno fa ma quasi vent’anni fa di essere entrato in politica per non finire in galera?  uno che per entrare in politica si è fatto fare un partito da un amico dei mafiosi successivamente condannato per mafia?  uno che si teneva in casa un pluriergastolano assassino? sono queste le referenze di affidabilità di silvio berlusconi?

E, mi rivolgo al pd: ci si fanno alleanze con uno così, con uno che ha riportato il fascismo in parlamento?

Ma come si guardano allo specchio, come insegnano ai loro figli il valore dell’onestà quelli che quando lo incontrano gli stringono anche la mano in virtù del garbo istituzionale, quelli che abbracciano Alfano, per dire? e come, quelli disposti a ridare il voto ad un partito che ha dimostrato di tenere più alla sua sopravvivenza che ai suoi elettori e non ha provato nemmeno per un attimo non a dire no, mai con un delinquente del calibro di silvio berlusconi, quello lo hanno fatto i pavidi bugiardi, ma a mettere in pratica nei fatti quel no?
Cosa impedisce alla politica di centrosinistra di prendere le distanze da silvio berlusconi, nessuno se lo chiede? eppure, dovrebbe essere importante saperlo.

 

 Le larghe pene – Marco Travaglio – 25 giugno



Mauro Biani

Davvero qualcuno ha dovuto aspettare la sentenza del Tribunale di Milano per scoprire che B. va a puttane, preferibilmente minorenni, e abusa del suo potere e dei suoi soldi per nascondere la verità? Solo un Paese irrimediabilmente ipocrita, o disinformato, o mitridatizzato può meravigliarsi per un verdetto fra i più scontati della storia. Gli unici dubbi riguardavano la qualificazione dei reati e la quantificazione della pena. Ma i fatti erano accertati fin da subito: le telefonate notturne dello statista dal vertice internazionale di Parigi alla questura per far rilasciare Ruby sono incise nei nastri della polizia; le notti trascorse nella villa di Arcore dalla prostituta minorenne che poi se ne andava con le tasche piene di soldi sono dimostrate dai movimenti del suo cellulare; le deposizioni di decine di testi, tutti dipendenti o sul libro paga di B., fra cui 4 o 5 parlamentari, un viceministro e alcune mignotte, bastava ascoltarle per capire che erano false. Che altro occorreva per farsi un’idea di quel che è successo e trarne le conseguenze? Un collegio di saggi? Un vertice di maggioranza? Un monito del Quirinale? È vero che in Italia le alte cariche dello Stato, centinaia di parlamentari e migliaia di giornalisti adorano passare per fessi. Ma lo capiscono tutti che un miliardario non si fa portare 40 ragazze a botta, fra cui diverse prostitute e alcune minorenni, pagandole 2-3 mila euro se non dormono da lui e 5-6 mila se dormono da lui, per mostrare loro la sua collezione di farfalle. E non si scapicolla nottetempo per terremotate un’intera questura, avvertito da una prostituta brasiliana, per far liberare una prostituta marocchina, coprendosi di ridicolo con la frottola della nipote di Mubarak, se non volesse tapparle la bocca su qualcosa che è meglio nascondere. Queste panzane possono reggere in Parlamento, sui giornali, in tv. Ma c’è almeno un luogo, in Italia, impermeabile alle balle: il Tribunale di Milano. E non solo alle balle. Le giudici Turri, De Crostofaro e D’Elia, insultate e minacciate dall’imputato B. e dai suoi sgherri, spernacchiate dalla delegazione parlamentare Pdl in marcia sul Tribunale, depistate da orde di falsi testimoni, intralciate da manovre e cavilli assortiti (ricusazioni, istanze di rimessione, legittimi impedimenti, ileiti acute e malattie immaginarie, ostruzionismi, ricorsi alla Consulta), provocate dagli onorevoli avvocati, “avvertite” dal capo dello Stato che ancora l’altro giorno ammoniva le toghe a tener conto delle conseguenze politiche dei loro atti, scippate di uno dei due reati dalla controriforma Severino e infine intimidite dall’infame clima di larghe intese che butta tutto in politica e carica i giudici di responsabilità che non possono né devono avere, hanno tenuto i nervi saldi e sentenziato sine spe ac metu. Senza lasciarsi condizionare né impressionare da niente e da nessuno. La loro sentenza smentisce in parte la Procura (il reato giusto non era concussione per induzione, ma per costrizione) e soprattutto sbugiarda la black propaganda sulla magistratura milanese succube della sinistra. Tutti sanno che il Colle e il Pd, da quando è nato il governo-inciucio, auspicavano una sentenza la più blanda possibile per tener buono il prezioso alleato ed evitare che gli elettori ricordino chi è: invece la condanna è stata più severa di quella chiesta dai pm.Una sentenza non di larghe intese, ma di larghe pene. Che però non può aggiungere nulla all’indecenza del personaggio, già ampiamente dimostrata dalle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza, sui 23 miliardi di lire a Craxi, sui fondi neri per 1.500 miliardi di lire, sulle frodi fiscali sui film, sulla corruzione di Mills, sulle mazzette ai giudici del caso Mondadori, casomai qualcuno le avesse lette. Ora i servi, le prefiche, i tartufi e i finti tonti si domandano affranti se B. farà saltare il tavolo dell’inciucio: ma quando gli ricapita un governo dove la fa da padrone dopo aver perso le elezioni? La vera domanda è un’altra: che ci fa il Pd al governo con uno così? Ma valeva anche prima, e nessuno la pose. In Italia si attendono sempre le sentenze e poi, quando arrivano, nessuno le legge. È il Paese dell’amnesia. Che fa rima con anestesia. E con amnistia.

UNA BUONA GIORNATA PER LA COSTITUZIONE – Antonio Padellaro – 25 giugno

È stata una buona giornata per la Costituzione della Repubblica, quella che all’articolo 101 dice che la giustizia è amministrata in nome del popolo e che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Facile a dirsi, ma nella realtà dei fatti significa scontrarsi con i reparti corazzati del Caimano, sfidare l’informazione padronale pronta a vendere qualsiasi balla utile al capo, subire le tragicomiche sceneggiate di amazzoni provviste più di botulino che di amor proprio. Andranno ricordati i nomi dei giudici della IV sezione del Tribunale di Milano, Turri, D’Elia e De Cristofaro e quello del pm Boccassini: quattro donne che facendo il proprio dovere hanno riscattato le altre donne e gli altri uomini, funzionari di palazzo in carriera, accusati di falsa testimonianza a favore della nipote di Mubarak e del suo mentore. Quello che le carriere poteva farle e disfarle con un semplice schiocco delle dita.

È stata una buona giornata anche per la politica irregolare, quella che non si fa ingabbiare negli inciuci e si rivolge ai residui elettori non ancora fuggiti verso l’astensione. Chi aveva dato per morto anzitempo il movimento di Grillo dovrà ricredersi dopo il voto di Ragusa. Che certo non cancella il crollo complessivo del M5S nelle amministrative e le contraddizioni di un gruppo parlamentare diviso e che fa registrare la fuoriuscita di un altro deputato, Zaccagnini, a disagio per il clima interno “di caccia alle streghe”. Però il voto siciliano dimostra che, per quanti errori i vertici grillini possano commettere, gli elettori ci sono ancora. Basta dare loro candidature credibili e una linea politica chiara. Da oggi il governo Letta e tutto ciò che ne consegue rappresenta l’ultimo salvagente a cui può aggrapparsi il concussore e utilizzatore finale di minorenni. Per l’unica opposizione che resta, si aprono praterie.

In attesa della sentenza elegante

Oggi tutto il mondo ci guarda.

Sono arrivati giornalisti da ogni parte dell’orbe terracqueo per seguire l’esito di una delle molteplici vicende giudiziarie che riguardano un vecchio erotomane disonesto e incallito e che solo in questo paese – dopo averlo opportunamente stravolto, deformato a sua immagine e somiglianza, dopo averlo utilizzato come fonte perpetua dei suoi guadagni perlopiù illeciti, già condannato per evasione fiscale: un reato che nei paesi normali comporta condanne pesantissime,  la scomparsa dalla scena pubblica,  figuriamoci da quella politica e, cosa più importante ma che qui non avviene mai la condanna morale da parte dei cittadini –  viene considerato ancora oggi,  perfino dai presidenti della repubblica e del consiglio una persona politicamente affidabile. Una persona a cui si dà ancora la possibilità  di avere voce in capitolo nelle scelte e nelle decisioni importanti che riguardano tutto il paese.

 

Il nostro paese è stato  deformato a immagine e somiglianza di silvio berlusconi con la complicità viva, attiva e vibrante di chi avrebbe dovuto impedirlo in tutti i modi. berlusconi è stato agevolato  con tutti i sistemi possibili e dalla politica tutta affinché non avesse mai nulla da temere in ambito giudiziario né politico.
Ecco perché  la sentenza di oggi non produrrà nei fatti nessun effetto eclatante:  l’ennesimo decreto ad personas pensato dal governo, quello necessario ma soprattutto Napolitano in tutta fretta nelle ultime ore, avvantaggerà anche o forse sarebbe meglio dire in primis i coinvolti nelle storiacce di HardCore.
Mercoledì prossimo l’apposito ministro della giustizia Cancellieri presenterà il decreto in parlamento.
Fra i primi beneficiari, quelli che rientreranno per legge nelle agevolazioni ci sono Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede.

Il pdl gioisce e il pd, come da tradizione, annuisce.

Il fatto che si debba restare appesi a delle sentenze che non produrranno mai il risultato di far sparire berlusconi dalla scena politica essendo influenzate dagli stravolgimenti al codice penale operati voluti e ottenuti da silvio berlusconi, è sintomatico di come non ci sia alcuna volontà di liberare l’Italia dalla presenza insopportabilmente ingombrante,  invasiva e abusiva di silvio berlusconi.
L’unico sistema utile è e resta quello di applicare, sebbene con notevole e ingiustificabile ritardo, la norma costituzionale sull’ineleggibilità, con buona pace di chi afferma, restando serio come il povero Speranza del pd che, siccome b è stato eleggibile fino ad ora non si capisce perché non possa più esserlo da stasera o domani.

Come a dire che se qualcuno ruba, mafia, stupra, spaccia per vent’anni ma non viene mai beccato il giorno che succede non si deve condannare e fermare perché per vent’anni l’Italia è andata avanti lo stesso anche con i suoi reati.

Come non importa, è un dettaglio insignificante: di questo la politica e le istituzioni alte non si curano,  sono dettagli che vediamo solo noi, da un certo punto in poi vengono opportunamente oscurati dal panorama dei cieli azzurri e dei governi necessari.

La cosa più grave è che chi ha trasformato un imprenditore fallito in odor di mafia e malaffare nel personaggio in grado di trascinare l’Italia al disastro totale non pagherà mai per questo crimine. 

Quelli che hanno partecipato sono ancora tutti qui e sono quelli che pretendono il rispetto delle istituzioni, che s’inalberano per il linguaggio violento della Rete.

In nessun posto del mondo cosiddetto civile sarebbe possibile considerare valide le testimonianze di gente pagata dall’imputato.

Andrebbero condannati tutti per vilipendio reiterato e continuato allo stato italiano.

Rodotà: “Berlusconi, se condannato, è ineleggibile per legge”

 

Ruby, per Berlusconi è l’ora del verdetto
Accusa e difesa, ecco le tesi a confronto

Prostituzione minorile e concussione, attesa per la sentenza al processo contro l’ex premier a Milano
“Arcore, sistema prostitutivo. No, cene eleganti”

Ma mi faccia il piacere
Marco Travaglio, 24 giugno

Fuori tutti per pacificarne uno. “Per fare la riforma delle
giustizia ci vuole un provvedimento di amnistia. Una stagione di riconciliazione comincia rimuovendo tutte le cause che fanno pensare alla politica come a una dimensione di scontro, senza esclusione di colpi”(Mario Mauro, Scelta civica, Corriere , 23-6). 
Deve aver equivocato sul concetto di ministro della Difesa.

Trust di cervelli. “Al Pd serve un congresso di idee” (Alfredo Reichlin, l’Unità, 12-6). Non appena avranno trovato uno che ne abbia una.

Sterminator. “Il governo crei le condizioni per il lavoro” (Sergio Marchionne, La Stampa,8-6). Che poi a distruggerlo ci penso io.

L’individuo. “Mi accusano di berlusconismo perchè difendo l’individuo” (Piero Ostellino, Corriere della sera, 22-6). Sempre lo stesso, però.

Larghe vaseline/1. “Josefa Idem nella bufera per l’Ici. Voci di dimissioni. La ministra delle Pari opportunità in difficoltà per i dubbi su irregolarità fiscali legate alla sua casa-palestra” (l’Unità, 21-6). Ora l’evasione fiscale si chiama così: difficoltà per dubbi su irregolarità fiscali.

Larghe vaseline/2. “Deficit, è un caso la sfida di Berlusconi all’Europa” (Corriere della sera, 18-6). Berlusconi dice che bisogna sforare il tetto del 3% violando gli accordi stipulati dal suo ultimo governo, ma per il Corriere è una “sfida” e un “caso”.
Praticamente una combinazione fortuita.

Larghe vaseline/3. “Idem, è un caso il lavoro avuto dal marito” (La Stampa, 22-6). Un altro caso del destino.

Primati mondiali. “Il ministro Idem: ecco perchè avevo due prime case” (Repubblica ,
21-6). Ha anche due figli, entrambi ovviamente primogeniti.

Idemtità. “L’accusa di aver violato una legge alimenta il triste ritornello ‘Vedi, sono tutti uguali'” (Josefa Idem, ministro Pd delle Pari Opportunità, Repubblica , 21-6). 
Gli altri violano la legge e lei Idem.

Buon peso. “Scontro finale sullo stop all’Iva. Ultimatum del Pdl: rinvio a dicembre. Ma il tesoro punta i piedi. Letta media e propone tre mesi”. Facciamo tre e mezzo e un bacio sopra.

Briodore/ 1. “Come scelgo i dipendenti? Sento dall’odore quelli bravi” (Flavio Briatore, il Giornale, 20-6). Poi, con comodo, li lava.
Briodore/2 . “Non so il latino. Certe volte faccio anche degli errori scrivendo. Però ci sono le segretarie che ti possono correggere” (Briatore, ibidem).

Quelle che sanno l’italiano le riconosci dalla puzza.
Il letterato. “Studiare è una cosa importantissima, ma non è mai come la pratica. Un giorno, avrò avuto 18 anni, ero a Torino e ho visto dei ragazzi che uscivano dall’università. Mi sembravano anziani come mio padre. Ho detto: ‘Se devo finire con i libri sotto al braccio a trent’anni, è meglio che mi dia una mossa’” (Briatore, ibidem).
Metti che poi il libro ti cada su un piede. Pussa via.

La Speranza di B. “Le norme vanno rispettate e non si possono immaginare scorciatoie. Se fin qui Berlusconi è stato eleggibile, non vedo cosa possa essere cambiato rispetto alla norma esistente” (Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, La Stampa, 20-6). Il furto è reato e non si possono immaginare scorciatoie. Ma se uno ruba per vent’anni e non si fa mai beccare non è il caso di beccarlo proprio ora, altrimenti la gente poi si disorienta.

L’asse. “L’asse toghe-fisco condanna Dolce e Gabbana” (Libero , 20-6). 
L’asse toghe-carabinieri condanna rapinatore di banche.

La giureconsulta. “La farsa in Cassazione (era la Corte costituzionale, ma fa niente, ndr) è finita nel modo più scontato. Uno Stato che si vendica usando il pugno della giustizia non è liberale. Mobilitiamoci” (Mara Carfagna su Twitter, 19-6). 
Dai, facciamo un altro calendario.

Tour de France. “Ricorrerò a Strasburgo a titolo personale”(Michaela Biancofiore, sottosegretario Pdl, 21-6). A piedi o in bici?

Facci ridere. “Dopo il fallimento dei due comici, l’impresa farebbe bene a non fuggire di nuovo nelle illusorie narrazioni dell’antipolitica” (Michele Prospero, l’Unità, 23-6).
E a passare al terzo comico: Prospero. Non c’è il due senza il tre.

Letto e tre piazze. “Al matrimonio di Paola De Micheli, vicecapogruppo vicario del Pd alla Camera, era presente Fedele Confalonieri, presidente Mediaset” (Repubblica , 23-6). Nell’era delle larghe intese, si portano Mediaset anche all’altare.

L’indegna gazzarra

Preambolo: per essere rispettati e tutelati dallo stato in questo paese bisogna per forza commettere reati e indossare una divisa, una tonaca o il doppiopetto blu.
Sono proprio requisiti obbligatori. 

Sottotitolo:  adesso vediamo se Napolitano si farà ricattare di nuovo com’è già accaduto varie volte. Mi piacerebbe sapere chi c’è rimasto a difendere questo paese se in presenza di un fatto grave, gravissimo e  mai accaduto nella storia di questa repubblica il presidente della repubblica tace o tutt’al più sussurra e Bersani, che si appresta a diventare primo ministro non si è degnato  di pronunciare mezza parola di condanna.

Nota a margine: Spero che l’India apra ufficialmente l’incidente diplomatico con l’Italia, ché qui deve venire qualcuno da fuori ad insegnarci il rispetto per lo stato, per quei cittadini che non commettono reati e per ricordarci che abbiamo una Costituzione che ci fa tutti uguali, no un po’ sì e un po’ no a seconda della mise, visto che noi non abbiamo più nessuno che lo sappia fare.

Berlusconi, marcia sul Tribunale (con ricatto) – Antonio Padellaro, Il Fatto Quotidiano

IL PAPELLO DI SILVIO 
A NAPOLITANO

Dai Giorgio, facci sognare, almeno così ci rassegneremo definitivamente al fatto che questo non sarà MAI un paese normale.
Ragion di stato, si dice così no?

L’osceno spettacolo di ieri indegno di un paese normale, l’atto eversivo compiuto dai parlamentari del pdl sui giornali di oggi viene perlopiù definito “gazzarra”: lo stesso termine che fu usato sempre da un certo giornalismo a proposito delle proteste dei parenti degli operai della ThyssenKrupp morti bruciati dopo la sentenza ridicola che ha diminuito le pene dei loro assassini.
Gazzarra significa confusione rumorosa, più o meno come quella dei bambini e dei ragazzi durante l’ora di ricreazione, mentre aspettano di entrare a scuola o quando escono finalmente liberi dalla vigilanza più o meno severa dei loro insegnanti.
Le parole sono importanti, sempre, ed è doveroso in presenza di fatti diversi che hanno un’importanza e una gravità diverse usare quelle giuste.
Perché chi difende davvero la legalità, pretende giustizia per onorare la memoria di una persona cara, chi è stato tradito dallo stato come i familiari delle vittime della ThyssenKrupp non può essere uguale a chi invece tradisce lo stato per difendere un delinquente, anch’egli traditore dello stato. Quella dei parenti delle vittime degli operai non è stata una “indegna gazzarra” ma la giusta reazione di fronte all’ennesima ingiustizia perpetrata ai loro cari morti e a loro stessi. Quella di ieri, invece, si chiama tradimento dello stato.
Un paio di giorni fa avevo scritto che le agenzie di rating dovrebbero trovare una categoria a parte quando declassano l’Italia, che la serie B è ancora troppo alta, dopo i fatti di ieri – compreso il perdono istituzionale concesso ai marò assassini – mi sento di dover rettificare. 
Questo paese meriterebbe di essere inserito negli stati canaglia, quelli dai quali i paesi civili si tengono a debita distanza e che non meritano il diritto di partecipare alle decisioni democratiche, in Europa come nella comunità internazionale.
L’Italia, periferia squallida, il quartiere di cui tutte le città si vergognano, di un mondo che almeno ci prova a cambiare in meglio.

Pasqua sul Gange, di Massimo Rocca – Il Contropelo di Radio Capital

Chissà se è un affare ordinario l’atto di straordinaria italianità perpetrato dai ministri degli esteri della difesa e della giustizia, con il concerto del presidente Monti e ovviamente sotto l’alto patronato dell’inquilino del Quirinale, così anfitrionico nel riceverli. Che meraviglioso marameo a quei fessi di indiani che si sono fidati di Pasqualino marajà, che splendida farsa quelle dichiarazioni all’aeroporto sulla grande democrazia indiana che consentiva ai nostri valorosi marò di tornare a casa per votare, dopo avergli consentito pure la consumazione del panettone, che ironia in quelle schiene dritte, mento in fuori, e basco sulle ventitrè, pronte a trasformarsi nelle mani alzate di Alberto Sordi davanti al David Niven dei Due Nemici. Niente della protervia americana usata per il sergente Lozano o per i piloti del Cermis, zitti voi che siete una colonia.

No sempre il trucchetto alla Boldi e De Sica, alla Longo e Ghedini.

Chi invade il tribunale e chi evade dal tribunale . La nipote di Mubarak e i pirati del Kerala, che titoli salgariani!

La presa della pastiglia
Marco Travaglio, 12 marzo 

Chi ha in mente la scena finale del Caimano di Nanni Moretti sarà rimasto un po’ deluso, ieri, dinanzi alla marcetta sul Tribunale di Milano dei parlamentari Pdl capitanati da Angelino Jolie. Si temeva di molto peggio: un assalto possente, drammatico, sinistro, almeno vagamente nibelungico. Invece per fortuna non siamo la Germania delle Valchirie e nemmeno la Francia della presa della Bastiglia. Siamo il paese dell’operetta, che non conosce il dramma: al massimo il melodramma. Dunque dobbiamo accontentarci di questa tragicomica scampagnata sul marciapiede, tipo gita delle pentole, di una corte dei miracolati sbarcati a Milano come Totò e Peppino, ma molto più ridicoli, visto che alle pellicce e ai colbacchi fuori stagione aggiungono quintali di silicone, botulino, pròtesi di lattice, fard, toupet e trapianti abortiti, e alle caciotte sostituiscono trillanti iPhone con la suoneria di “Meno male che Silvio c’è”. Il quale Silvio, pover’ometto, giace esanime sul letto di dolore, piegato e piagato da un’uveite bilaterale isterica con scappellamento a destra che da un momento all’altro, stando ai medici e agli avvocati di corte, potrebbe portarlo alla tomba. Insomma, al posto della presa della Bastiglia, abbiamo la presa per il culo, o al massimo della pasticca per curare patologie fasulle e allontanare sentenze vere. Spiccano, nella foto di gruppo dell’allegra brigata sanculotta in gita premio al Palagiustizia, Danton Alfano, Marat Cicchitto, Saint Just Gasparri e Robespierre Lupi, mentre Santanchè, De Girolamo, Gelmini, Giammanco, Ravetto, Prestigiacomo, Mussolini e Casellati si contendono i panni di Charlotte Corday prima del bagno. Alcuni assedianti conoscono bene il posto e fanno da ciceroni: chi per curriculum, come Denis Verdini (cinque processi), Matteoli (uno) e Raffaele Fitto (due processi e una condanna fresca fresca a 4 anni), chi per motivi professionali, tipo gli on. avv. Ghedini e Longo. Ma anche Caliendo, l’amico della P3, e Nitto Palma, che in teoria sarebbero addirittura magistrati e non si sa bene contro chi protestino: forse contro se stessi. Va comunque apprezzato il generale sprezzo del ridicolo di chi denuncia l’uso politico della giustizia mentre fa un uso giudiziario della politica. Ma anche lo sprezzo del pericolo di alcuni noti condannati e imputati che sono financo entrati in tribunale col rischio di essere identificati, vista la somiglianza con le facce patibolari di alcuni ricercati ritratti nei “Wanted” in bacheca, e di non uscire più. Pare che Formigoni sia rimasto prudenzialmente a casa. Notevole anche la faccia dell’acuto Razzi, reclutato all’ultimo momento per far numero, che ancora in tarda serata non aveva capito dove l’avessero portato, e soprattutto perché. Capezzone e Giovanardi invece si sono molto felicitati con se stessi perché, dopo anni di oscuramento, hanno strappato un’inquadratura di alcuni nanosecondi al Tg4 . In ogni caso si è persa l’occasione per una bella retata: è raro trovare tanta bella gente insieme a portata di manette. L’implume Alfano, tornato leader per un giorno in assenza del padrone travestito da cieca di Sorrento, minacciava tutto accaldato un imprecisato “Aventino”. Intanto Gasparri capiva tutto al volo e prenotava un tavolo nel noto ristorante “Da Rino all’Aventino”. Poi Jolie s’appellava a Napolitano, ma sbagliava indirizzo: com’è noto, il Presidente non si occupa di processi e inchieste, tranne quando gli telefona Mancino.

Ps. Mentre chiudo l’articolo, alle ore 20, non risulta sull’Ansa una sola dichiarazione di esponenti del Pd contro la gazzarra del Pdl al Palazzo di Giustizia di Milano.
Solo un dolente commento di Bersani alla minaccia aventiniana di Alfano: “Spero siano voci che smentiscano (sic, ndr), che siano suggestioni di un momento”. Si vede subito che è cambiato e ha capito la lezione: gliele ha cantate chiare.

La vergogna non abita in questo paese [e dire che dovrebbe, invece]

Sottotitolo: il ‘naturalmente delinquente’; “non deve capitare ad altri quello che sta capitando a me” [come no? qui siamo tutti in attesa della retata finale: stai scherzando, vero? dev’essere sullo stile notte dell’epifania, che tutti i criminali si porta via]

Dice di voler tornare, che è  necessario, per “riformare il pianeta giustizia”?  E come lo vorrebbe riformare, il pianeta giustizia? magari imitando quello del sincero democratico comunista, amico suo e di bordelli che gli oppositori li sbatte in galera? non si capisce poi che vuole dire la biancofiore quando afferma che va giudicato dalla volontà del popolo, micaè, ce rifamo? eddaje bella, insomma, caruccia, i colpevoli dei reati li giudicano i tribunali, non gli elettori. Un suggerimento: non gliela fate fare ‘sta figuraccia, se gli volete bene davvero, se siete davvero il partito dell’ammmòre, risparmiatelo stavolta dalla volontà del popolo. Ché misà che il popolo stavolta ha capito.

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Maqquanto mi piacciono gli amar(i)cord…ché la memoria italiota è labile, ora che tutti, almeno si spera, hanno capito cosa ha rischiato questo paese, e cioè di ritrovarsi berlusconi perfino al Quirnale bisognerebbe attuare un bel programma di rieducazione alla civiltà a livello nazionale per poi pretendere che a rappresentare lo stato sia gente che abbia davvero il senso dello stato, non i soliti burattini sempre disponibili a cedere a richieste e/o al soldo di qualcuno solo per smania di potere.

Non c’è solo da rinnovare la politica ma anche quel giornalismo che contribuisce alla confusione, quei giornalisti che o in prima persona o per conto terzi accettano di ospitare sempre i soliti squallidi personaggi che non aiutano per nulla la comprensione delle cose. 

Una democrazia si regge sì sulla politica ma anche su una buona informazione.
Basta, dare risalto a gente e darle la possibilità di conquistare un’autorevolezza che non merita per ritrovarcela poi magari  a fare la presidente di regione.
E basta anche coi sallusti, capito Lilly Gruber?
Uno appena condannato a 14 mesi di galera dovrebbe avere la decenza di rifiutare un invito, se quella decenza manca a chi lo chiama.

La Bindi che cade dal pero dopo 18 anni e  si accorge solo adesso di quanto sia stato devastante non aver risolto il conflitto di interessi fa semplicemente pena, non merita neanche di essere commentata. Ma neanche votata, mi pare ovvio.

Se, secondo i Magistrati di Milano berlusconi ha “una naturale capacità a delinquere” significa che tutti gli italiani che lo hanno sostenuto e votato sono naturalmente portati a delinquere anch’essi o è solo un’inguaribile tendenza alla coglionaggine diffusa? [e meno male che i coglioni eravamo noi che non lo facevamo né  lo abbiamo MAI fatto: il tempo, è galantuomo],  perché errare sì, è umano, ma avergli permesso di perseverare per diciassette anni per aver creduto davvero che senza di lui l’armata rossa [ma dove, ma quando, ma do’ stanno ‘sti comunisti? ] avrebbe preso possesso del parlamento non è stato solo un agire motivato dall’ignoranza ma vera e propria complicità con chi ha portato l’Italia al declino totale. Quindi sì, si può tranquillamente dire che c’è una parte di italiani anche piuttosto consistente che si è riconosciuta in un delinquente, si è fatta rappresentare da un delinquente.

Dell’opposizione non voglio nemmeno parlare, cari Bersani &co, ci vediamo alle elezioni, perché io a votare ci andrò, ma  nemmeno stavolta potrò concedere la mia fiducia a chi si tiene ancora in casa gli artefici del disastro berlusconi.

 

“Non ci libereremo mai di Berlusconi se non ci liberiamo di Massimo D’Alema. Il governo di centro sinistra si pronunciò per l’eleggibilità di Berlusconi per l’ambizione di D’Alema che mirava ai voti del premier per stravolgere la Costituzione introducendo il Presidenzialismo. 
Fu Massimo D’Alema – lo diciamo da anni- che diede a Silvio Berlusconi, nel 1994, l’assicurazione che il suo impero mediatico non sarebbe stato toccato. Ignorava l’allora capo della opposizione che il 69,3% degli italiani decide come votare guardando la TV. La verità la confessò Luciano Violante nel febbraio 2002, quando disse, nello stupore del Paese: “l’on Berlusconi sa per certo che gli è stata data garanzia piena nel 1994 che non sarebbero state toccate le televisioni. Voi ci avete accusato, nonostante non avessimo fatto la legge sul conflitto di interessi e dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni” 
E ciò in violazione della legge 30 marzo 1957, ignorando l’appello di Giorgio Bocca, Paolo Sylos Labini e Giuseppe Laterza. 
Non c’era stata ignoranza ma un consapevole patto scellerato tra D’Alema e il suo amico di Arcore.”
[Ferdinando Imposimato – 16 settembre 2012]

Le indecenti evasioni
Marco Travaglio, 27 ottobre


La sentenza emessa ieri dal Tribunale di Milano, che ha condannato Silvio Berlusconi a 4 anni di reclusione per frode fiscale, a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e a 10 milioni di provvisionale all’Agenzia delle Entrate nel processo sui diritti Mediaset, non è — come vaneggia Angelino Alfano, nientemeno che ex ministro dellaGiustizia, “

l’ennesima prova dell’accanimento giudiziario contro Silvio Berlusconi”. Semmai è la prova che l’Italia è stata governata per nove anni negli ultimi venti da un evasore fiscale (che ogni tanto condonava le proprie evasioni). Non è nemmeno, con buona pace di Angelino Jolie, “una condanna inaspettata e incomprensibile con sanzioni principali e accessorie iperboliche”: chi conosce il processo sa bene che alcune società occulte create da David Mills e usate per drenare fondi neri gonfiando i costi dei film acquistati in America facevano capo personalmente a B. Quanto alle pene, detentive e accessorie, sono ridicole se confrontate con quelle di qualunque altra democrazia, dove gli evasori vengono sepolti in carcere, mentre da noi siedono al governo, in Parlamento e ai vertici di banche e grandi aziende. Fa sorridere, anzi fa pena il commento del capogruppo pidino Dario Franceschini: “Questo non è oggetto di confronto politico. E comunque, per fortuna, non lo è più”. Cioè: il fatto che un tribunale della Repubblica giudichi il più potente parlamentare della Repubblica, per tre volte presidente del Consiglio, colpevole di frode fiscale per 40 milioni di euro (35 volte la cifra che ha portato Fiorito in carcere) con “una naturale capacità a delinquere mostrata nel perseguire il disegno criminoso”, non sarebbe un fatto politico. O non lo sarebbe più solo perché B. ha rinunciato a candidarsi a premier, cioè a una carica che — sondaggi alla mano — non potrà mai più ricoprire, senza peraltro rinunciare al Parlamento, cioè all’immunità. Cose dell’altro mondo, anzi di questa Italia e di questo tragicomico centrosinistra, che per vent’anni ha dialogato col “delinquente naturale” e ha fatto di tutto per salvarlo dai suoi processi. Solo Di Pietro trova le parole giuste per commentare uno scandalo noto a tutti, che quasi tutti hanno finto, e tuttora fingono, di non vedere (come pure sulla costituzione di parte civile del governo nel processo sulla trattativa Stato-mafia, chiesta a gran voce da Di Pietro, da Fli e dal nostro giornale). Del resto non è la prima volta che B. viene condannato in primo grado: lo era già stato fra il 1997 e il ’98 per i finanziamenti illeciti a Craxi nel processo All Iberian (poi lo salvò la prescrizione), per la corruzione della Guardia di Finanza e per il falso in bilancio sui fondi neri di Medusa Cinema (poi fu assolto per insufficienza diprove). E ora che succede? Nell’immediato, nulla. La mannaia della prescrizione incombe, anche se il Tribunale, depositando le motivazioni assieme al dispositivo dopo sei anni di processo, ha fatto il possibile per scongiurarla: il reato dovrebbe estinguersi nel 2014, dunque c’è tutto il tempo per celebrare gli altri due gradi di giudizio. Se la Cassazione confermasse il verdetto di ieri, B. non andrebbe comunque in carcere: sia perché dai 4 anni vanno detratti i 3 dell’indulto gentilmente offerto nel 2006 dal centrosinistra e appositamente esteso ai reati finanziari; sia perché B. ha più di 70 anni e, in base alla legge ex-Cirielli da lui stesso imposta e mai cancellata dal centrosinistra, a quell’età si va ai domiciliari. Resterebbero però 2 anni di interdizione dai pubblici uffici non coperti da indulto: se la Cassazione confermasse la condanna, B. dovrebbe lasciare il Parlamento e perderebbe, oltre al seggio, l’immunità. Cioè a quanto ha di più caro,oltre ai soldi rubati a milioni di contribuenti onesti.