Aridatece la mazzetta [ma la violenza arriva dal web]

E pensare che bondi quando era ministro della cultura si rifiutò di andare al festival di Cannes dove si proiettava Draquila, il film di Sabina Guzzanti sul terremoto a L’Aquila, perché disse che quel film offendeva l’Italia. Mentre e invece chi la offendeva era proprio lui, era il governo di cui faceva parte, era il presidente del consiglio delinquente già allora, erano le amministrazioni cosiddette di sinistra che in questo paese hanno rubato e mangiato quanto e come le altre, era già, e lo sapevamo un po’ meno di ora, anche un presidente della repubblica che quando dovrebbe parlare invece sta zitto. Ma meno male che adesso ci stanno quelle come la de girolamo e la Cancellieri, quelli come alfano, e ancora, è sempre lo stesso, un presidente della repubblica che tace quando invece dovrebbe parlare, a far fare una bella figura all’Italia. 

Il ladrocinio, la delinquenza e la criminalità esistono da quando esiste l’umanità e solo in assenza di questa potranno smettere di essere. Mai però era esistito nella storia dell’umanità questo concetto di impunità relativa alla politica quando è disonesta, a questa gestione malsana del paese e dello stato come quello che viene applicato nei fatti in Italia. Ancora ieri berlusconi, condannato a quattro anni per frode fiscale parlava di un suo futuro politico, da leader, nel paese che ha depredato non solo economicamente. E ancora oggi, dopo cinque mesi e undici giorni la sentenza che condanna berlusconi non viene applicata. In un paese demolito dalle ruberie e dalla corruzione i condannati detenuti per questo reato sono appena 30 [trenta], ma meno male che la ministra Cancellieri sta pensando ad istituire l’omicidio stradale: a quello statale no, non ci pensa la ministra.

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Altro che web violento, gli auguri di morte arrivano dal cellulare del Ministro

NUNZIA E LA POLITICA DEL TURPILOQUIO (Francesco Merlo)

DE GIROLAMO, L’APPALTO DEL 118 E I FONDI PER IL CONGRESSO PDL (Vincenzo Iurillo e Marco Lillo)

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“Che culo il terremoto, ora gli appalti” 

Il terremoto è un “colpo di culo”. C’è qualcosa di peggio delle risate dell’imprenditore Francesco Piscicelli, che rideva mentre ancora le terra tremava, il 6 aprile 2009. Ecco l’intercettazione dell’ex assessore comunale Ermanno Lisi, entrato in giunta in quota Udeur (articolo di Antonio Massari).

Intanto il sindaco Massimo Cialente ha confermato le sue dimissioni: “Pago io per tutti, ma è giusto così” 

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L’Aquila, come lupi famelici

Una volta c’era la bustarella, poi venne la tangente. Oggi sembrano peccatucci di fronte all’orgia di una casta criminale e arrogante che sta vampirizzando un paese allo stremo. E quando i proventi delle rapine non bastano più, costoro sperano nei terremoti e se i morti sono tanti, meglio ancora. Che culo!

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Il capitale subumano, Marco Travaglio, 12 gennaio

Quando le intercettazioni dell’inchiesta sulla cricca della Protezione (In)civile immortalarono i due (im)prenditori che se la ridevano di gusto per il terremoto dell’Aquila appena tre giorni dopo la scossa fatale che aveva ucciso 309 persone, si pensò a un caso estremo, eccezionale, irripetibile di disumanità. Ora, dalle telefonate di 18 mesi dopo pubblicate dal Fatto e tratte da un’indagine frettolosamente archiviata dalla vecchia Procura dell’Aquila e riaperta da quella nuova, si comprende che quelle non erano le solite mele marce in un cestino di mele sane: è l’intero cestino che è marcio. L’assessore aquilano di centrosinistra Ermanno Lisi che, di fronte alla sua città in macerie, definisce il terremoto che l’ha distrutta una “botta di culo” per “le possibilità miliardarie” di “tutte ‘ste opere che ci stanno” e che “farsele scappa’ mo’ è da fessi, è l’ultima battuta della vita… o te fai li soldi mo’… o hai finito”, non è un fungo velenoso spuntato dal nulla. É la punta più avanzata di un sistema che chiamare corruzione è un pietoso eufemismo. Questi non sono corrotti. Questi sono subumani, vampiri, organismi geneticamente modificati che mutano continuamente natura verso la più bruta bestialità grazie all’omertà e all’inerzia di chi dovrebbe controllarli, fermarli, cacciarli. Non stiamo parlando di reati (per quelli c’è la giustizia, che con l’arrivo del procuratore Fausto Cardella è in buone mani anche all’Aquila). Ma di un’antropologia mostruosa che nessuno può dire di non aver notato. Che pena il sindaco Cialente, quello che garantiva vigilanza costante sugli appalti e sfilava con la fascia tricolore alla testa dei terremotati puntando il dito contro i governi che lesinavano aiuti, e non riusciva neppure a liberarsi di politici, professionisti e faccendieri come il capo dell’ufficio Viabilità del suo Comune che affidava lavori alla ditta del suocero. Il caso vuole che queste intercettazioni escano in contemporanea con il film di Paolo Virzì Capitale umano e con le demenziali polemiche per il presunto, ridicolo “vilipendio di Brianza”. Il film, straordinario grazie anche allo strepitoso cast, è ispirato al romanzo di Stephen Amidon e, anziché in Connecticut, è ambientato a Ornate. Ma l’ultima cosa che fa venire in mente a una persona normale (dunque non a certi leghisti e giornalisti di Libero , del Foglio e del Giornale) è la Brianza. É una storia universale – ben scritta da Francesco Bruni e Francesco Piccolo – di capitalismo finanziario selvaggio che, ai livelli più alti come in quelli più bassi, pensa di poter fare soldi con i soldi e intanto annienta sentimenti, amicizie, affetti, famiglie, cultura, vite umane. Vite che, quando si spengono, vengono misurate anch’esse in denaro, col registratore di cassa, dunque non valgono più nulla. “Abbiamo scommesso sulla rovina del nostro paese e abbiamo vinto”, dice trionfante il protagonista, Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), mentre il suo alter ego straccione, Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), si vende la figlia per riprendersi i 900mila euro perduti in una speculazione andata a male. Gli unici scampoli di umanità li preservano le donne, interpretate magistralmente dalle due Valerie, Golino e Bruni Tedeschi, e dall’esordiente Matilde Gioli. Il merito principale del film è di illuminare le radici del fallimento di un paese ormai inutile, addirittura dannoso. Quello che si illudeva di chiudere il berlusconismo come fosse una parentesi e non lo specchio, la biografia di una certa Italia che Berlusconi ha soltanto sdoganato e resa orgogliosa della sua mostruosità, ma che gli preesisteva e gli sopravviverà: nelle classi dirigenti di destra di centro di sinistra, ma anche in vaste aree della “società civile”. Ogni squalo che fa soldi sulla pelle della gente, per ogni pirata che ruba sugli appalti, per ogni vampiro che succhia il sangue ai morti del terremoto si regge sul silenzio complice di decine, centinaia di persone. Che, fatta la somma, sono milioni. Troppe per sperare in un cambiamento imminente. Ma non troppe per rinunciare a prepararlo subito.

Come i fiori a primavera [peccato però, che sia già autunno]

 

Il guerrigliero è un riformatore sociale, il quale impugna le armi per rispondere all’irata protesta del popolo contro l’oppressore e lotta per cambiare il regime sociale colpevole di tenere i suoi fratelli inermi nell’ombra e nella miseria.

Ernesto – Che – Guevara, (Rosario, 14 maggio 1928 – La Higuera, 9 ottobre 1967)

Sottotitolo1: ma quanto deve durare una campagna elettorale per delle elezioni che non sappiamo neanche (se) e quando avverranno? ma questi, tutti, Bersani, Alfano, Renzi, Casini e tutta la compagnia di giro che ci perseguita ovunque già da ora è sicura che Monti restituirà il giochino? il professore sta una favola, dice perfino che l’Italia sta meglio…

Sottotitolo2:  “Per unire il centrodestra Silvio Berlusconi è pronto a non ricandidarsi. Per non consegnare l’Italia alla sinistra occorre un gesto di visione e generosità degli altri protagonisti del centrodestra” [Il Fatto Quotidiano].

Dunque, poco meno di vent’anni fa è sceso in campo per non consegnare il paese alla sinistra e oggi si fa da parte sempre per non consegnare il paese alla sinistra. Qualcuno lo avvertisse pure che allora, ai tempi della discesa dico, qualcosa che somigliasse  alla sinistra forse c’era. Oggi quel rischio è definitivamente scongiurato. Quindi può continuare a fare tranquillamente quel che ha fatto in questi dieci mesi. Tranquillo silvio, ché armate rosse qui non ce ne sono,  e anche a San Pietro è tutto sotto controllo: perciò, chètati.

“Bisogna ricostruire L’Aquila” [Giorgio Napolitano]
L’ Aquila è stata devastata dal sisma il giorno 06 aprile 2009 alle ore 3:32.
ieri, 07 ottobre 2012, dopo più di tre anni, Giorgio Napolitano si è accorto che la città va ricostruita.
cazzo, come fa a essere così rrrrrapido! non gli si sta dietro!

unzeitgemass.blogspot.it/2012/10/fulmine-di-guerra.html

L’Aquila: presidente Napolitano, un’occasione persa

 

Ieri ho sentito dire da qualcuno in televisione, non mi ricordo chi fosse ma sicuramente si tratta di una di quelle persone che trovano sempre una ribalta, uno studio televisivo e un giornalista dotato di microfono che pensa che abbia cose interessantissime da comunicare all’Italia urbi et orbi, che l’esperienza in politica “non dipende dalla carta d’identità”.

E probabilmente è vero, anzi, siccome è mattina presto e non voglio iniziare a sfasciarmi la testa fin da ora voglio dire che “sicuramente” è vero.

Ma vogliamo o possiamo dire però che chi il prossimo anno festeggerà le nozze di diamante col parlamento italiano [un diamante è per sempre] avrà molte più probabilità di essere contestato in prima istanza PROPRIO per la sua età se si accorge di una cosa che era sotto gli occhi di tutti da molto prima di ieri? ma come si fa ad essere così insensibili, così umanamente prim’ancora che politicamente  scorretti e uscirsene così come i fiori a primavera e dire che “L’Aquila va ricostruita” dopo che per tre anni non si è parlato praticamente d’altro che del tentativi di berlusconi di ingraziarsi le popolazioni colpite dal terremoto, dopo che gli è stato permesso di giocare sulla pelle di gente colpita da lutti, devastazioni e dolore? dov’era Napolitano quando berlusconi distribuiva abbracci, dentiere e la promessa di ospitare gli sfollati nelle sue case private? solo io mi ricordo le polemiche e gli insulti di Sandro Bondi, l’ex comunista, ex sindaco di Fivizzano ed ex un po’ di tutto folgorato anch’egli sulla via di Arcore quando era  – incredibilmente- un  ministro di questa repubblica,  in occasione dell’uscita di Draquila, il film della Guzzanti che raccontava tutto su L’Aquila molto prima che qualcuno desse un colpetto sulla spalla al presidente per dirgli che è davvero l’ora di svegliarsi perché si è fatto davvero molto tardi?

Ma come si fa, a vivere in un paese così malmesso dalle fondamenta al tetto? e quanta pazienza ci chiederanno ancora di avere?

Quello che voglio dire è che – aldilà anche dell’età –  questo momento storico ci ha fatto capire, e meglio di così non si poteva, che la distanza fra gli amministratori e gli amministrati non può essere di queste dimensioni.

Perché quella è gente che vive davvero al di fuori della realtà, purtroppo però solo della nostra. La sua la conosce molto bene, ecco perché fa di tutto affinché tutto resti così com’è.

Piccolo post scriptum: l’Italia sta meglio, ha detto il sobrio governatore prestato alla politica. Peccato che l’altrettanto elegante e sobria presidentessa del Fmi lo abbia smentito nello spazio di qualche ora.

Gli insaputi
Marco Travaglio, 9 ottobre

Tre anni fa, quando Scajola informò l’Italia e il mondo intero di essersi fatto pagare due terzi della casa dal costruttore Anemone, ma a sua insaputa, e si dimise perché “un ministro non può sospetta
re di abitare un’abitazione pagata in parte da altri”, tutti risero di gusto. Dinanzi a un alibi tanto roccioso, qualcuno provò perfino un filo di nostalgia per il “così fan tutti” di Craxi e degli altri ladri di Tangentopoli, che pensavano di salvarsi dall’accusa di rubare sostenendo che rubavano anche gli altri. L’idea che un ministro pensi di difendere la sua reputazione passando per fesso mette sempre un certo buonumore. Ma il nuovo trend prese subito piede. Quando saltò fuori la P3 dei Verdini, Carboni e Dell’Utri, Berlusconi parlò di “quattro sfigati in pensione”, credendo di fare un complimento a loro e anche a se stesso, che li frequentava e due li aveva mandati in Parlamento. Il governatore sardo Cappellacci, che risultava telecomandato da Carboni, se lo disse addirittura da solo: “Sono un babbeo”. Figurarsi la gioia dei suoi milioni di elettori, quando seppero di aver votato un idiota. Per carità, le aule dei tribunali rigurgitano di imputati che puntano alla seminfermità mentale: ma non basta fare gli idioti per passare per tali. Ci vuole una perizia. E comunque, le ridotte facoltà mentali possono valere sul piano giudiziario, non su quello politico dove, anzi, dovrebbero essere un’aggravante.
Prendete Samantha, l’ex compagna di Er Batman, destinataria di migliaia di euro dai famosi “rimborsi”: “Solo ora apprendo di essere stata assunta e poi licenziata dal gruppo consiliare Pdl. A marzo contattai la segretaria di Fiorito perché dovevo indicare la causale dei bonifici nella dichiarazione dei redditi, ma non mi fece sapere nulla”. Una vergogna: ti pagano per un lavoro che non hai fatto, tu chiedi spiegazioni, ma quelli niente, non te le danno. Ora l’insaputismo, malattia senile del castismo, ha colpito Anna Martina, superdirigente del Comune di Torino con Chiamparino e poi con Fassino: mentre l’ente locale scalava la classifica dei comuni più indebitati d’Italia, conquistandone la vetta, la signora affidava direttamente, senza gara, quattro incarichi in due anni alla “Punto Rec Studios” di cui è socio suo figlio Marco Barberis. Ma, naturalmente, di dimettersi non ci pensa neppur lontanamente: “È stato un errore, non mi sono accorta che fosse la società di mio figlio”. Una svista, che sarà mai? Capita nelle migliori famiglie che una madre dia inavvertitamente appalti a suo figlio, ma senz’accorgersene. Basta avere un ragazzo discreto che non ringrazia neppure per il gentile pensiero, onde evitare che la genitrice se ne avveda e ci ripensi. Risulta persino più credibile Sara Tommasi a proposito del suo primo film porno. Il prestigioso avvocato-scrittore Alfonso Marra, lo attribuisce all’abuso di stupefacenti. Ma lei lo smentisce, sfoderando un alibi ben più solido: “Colpa di entità aliene che mi hanno impiantato un microchip nel cervello”. Sì, è pronta per lavorare al Comune di Torino, alla Regione Lazio e merita un posto in Parlamento. Lei almeno ce l’ha, un cervello.
Ps. Il presidente Napolitano, a tre anni e mezzo dal terremoto, con la rapidità di un accelerato anni 50, mònita da L’Aquila: “È ora di ricostruire la città, basta new town”. Devono averle costruite a sua insaputa. Chissà dov’era quando B. buttava 1,1 miliardi di soldi nostri per quegli obbrobri e li inaugurava col plastico di Vespa, i terremotati protestavano ignorati dal Tg1 e denunciati dal prefetto Gabrielli, la Guzzanti denunciava tutto nel film Draquila, e noi scrivevamo che la ricostruzione era tutta finta. Comunque ben arrivato, presidente. E complimenti per i riflessi.

 

Ci vorrebbe un miracolo, altroché

Severino: detenuti per ricostruire

  Non sapevo che le carceri italiane fossero stracolme di architetti, ingegneri, geometri, esperti muratori, abili artigiani e operai specializzati tutti colpevoli di reati minori, peraltro e dunque “non pericolosi”: chissà il ministro Severino dove avrà trovato l’ispirazione per questa ennesima boutade, per questa botta di sensazionalismo di cui questo governo si nutre a partire dal suo primo ministro.
Ovvio che se si dice “sospendiamo il calcio” il giorno dopo gli ennesimi scandali nel calcio, oppure “mandiamo i carcerati a lavorare gratis” una ola non si nega a nessuno, ma come sempre tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; in questo caso un oceano di sciocchezze buttate nella discussione politica giusto per distrarre un po’ l’attenzione. 

La detenzione a scopo rieducativo non è un privilegio, un’opzione che si può applicare o meno: è un diritto costituzionale; quindi se i governi non la attuano compiono un’illegalità.

Far stare otto, dieci persone in tre metri quadrati è un crimine contro l’umanità che non si risolve certamente a colpi di battute, di propaganda né con i famosi indulti,  indultini  e amnistie tanto cari anche alla politica di sinistra [parlando sempre con pardon].

Ai terremotati non servono spalatori di immondizia, serve gente qualificata coadiuvata e coordinata possibilmente  da una politica che dica meno sciocchezze ma agisca. Questa non solo è una proposta irrealizzabile per mille motivi, fra i quali appunto la mancanza di competenza,  ma è anche abbastanza miserabile proprio perché fa leva sulla ricerca di consensi, così come è successo qualche giorno fa con la proposta di Monti di sospendere il calcio. Tutti a battere le mani, poca la gente che abbia provato almeno a ragionare, ma si può andare avanti così?
La Severino è riuscita a dare dignità perfino a calderoli che ha detto forse la prima cosa intelligente della sua vita.
E questi sarebbero i salvatori della patria.
Per dire.

Ci vorrebbe un tecnico
Marco Travaglio, 5 giugno

Non manca molto al giorno in cui la parola “tecnico”, da positiva e rassicurante che era, diventerà un insulto.
I “tecnici” del governo Monti ce la stanno mettendo tutta perché ci si arrivi nel minor tempo possibile. Non passa giorno senza che uno di loro, a turno, dia aria alla bocca con esternazioni estemporanee, annunci mirabolanti, proposte irrealizzabili, gaffe e cazzate. Dalle sparate delle allegre comari Fornero, Martone, Mazzamuto e Polillo alle dimissioni di Malinconico e Zoppini alle non dimissioni di Patroni Griffi, dall’inutile indultino svuota-carceri che le ha riempite vieppiù all’acquisto subito ritirato di 400 auto blu, dalle boutade sul tassare gli sms, i cani e i gatti alle promesse mancate sulla riforma Rai, dalla controriforma del Csm subito revocata ai pasticci sull’anticorruzione, dai conti sbagliati sul numero degli esodati a quelli impossibili sul calcolo dell’Imu giù giù fino all’appello agli italiani perché segnalino via mail gli sprechi da tagliare. Ora ci si mette pure la ministra Paola Severino con un’idea bislacca da film di Stanlio e Ollio: utilizzare i detenuti “non pericolosi” e “in regime di semilibertà” per ricostruire l’Emilia terremotata. Naturalmente non se ne farà nulla neanche stavolta, ma la trovata un risultato l’ha già sortito: quello di trasformare Calderoli in un genio, con la sua proposta di ovvio buonsenso di “usare invece i nostri militari ritirandoli dall’Afghanistan”. La ministra Severino deve aver visto troppi film americani sulle ferrovie della Nuova Frontiera del Far West o sui galeotti con la palla al piede nelle piantagioni di cotone. Alle popolazioni colpite dal sisma non serve manodopera purchessia, visto che c’è poco da scavare. Servono operai e muratori altamente specializzati per ricostruire edifici e centri storici e riedificare case e fabbriche sicure da rischio sismico. Una manodopera che non si trova nelle carceri, ma nelle aziende, a cominciare da quelle emiliane, che sarebbero prontissime a ripartire e a ricostruire se avessero il denaro per farlo. Se c’è una cosa che in Italia non manca sono i volontari della Protezione civile e di altre organizzazioni laiche e religiose, collaudatissime sul fronte delle catastrofi naturali. Occorrono soldi, non braccia. E poi chi sarebbero i detenuti “non pericolosi”? Quelli in semilibertà un lavoro già ce l’hanno, visto che la condizione per accedere a quel beneficio è, appunto, l’esperienza lavorativa fuori dal carcere. Restano quelli in cella. Ma in Italia, com’è noto, scontano la pena in cella solo i condannati a pene superiori a 3 anni, che tra l’indulto del 2006 e l’indultino del 2012 superano addirittura la soglia altissima di 7-8 anni. Quindi in media i detenuti in espiazione pena sono tutti pericolosi. Per trasferirli nelle zone terremotate occorrerebbe uno spiegamento straordinario di forze dell’ordine (già oggi sotto organico) per controllare che non si diano alla fuga o magari allo sciacallaggio (attività diffusissima anche tra gli insospettabili): almeno un agente di guardia — anzi, almeno due, con i turni — per ogni detenuto. Se è giusto che i reclusi lavorino in carcere, per garantirsi un’occupazione qualificata in vista del reinserimento nella società, sarebbe assurdo mandarli a fare esperienza in Emilia, trasformando i terremotati in cavie. E poi, finita la giornata di lavoro, essendo impossibile riportarli nei penitenziari di appartenenza, si porrebbe il problema dell’alloggio. Dove andrebbero a dormire? Nelle tende o nelle case sfitte che nonbastano nemmeno per gli sfollati? In hotel? E a spese di chi? Un governo decente la pianterebbe con le sparate demagogiche e inventerebbe soluzioni un po’ più serie del solito aumento della benzina. Tipo farla finita con le cattedrali nel deserto tipo Tav in Valsusa, per recuperare 15-20 miliardi da destinare al riassetto idrogeologico e alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e storici.
Ma, per questo, ci vorrebbero dei tecnici.
Veri, però.

S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche

Quindicimila addetti alla sicurezza per il papa, cento militari nelle zone terremotate. Giusto per capire dov’è la vera emergenza terremoto.
[Luca Bottura]

 Sottotitolo [che non c’entra niente]: I vescovi sanno tutto e parlano [purtroppo] di tutto; di famiglia, di bambini, di sesso, di omosessualità, di fecondazioni, di contraccezione e di tutto lo scibile umano disumano e subumano ma se gli chiedi delle vacanze di Formigoni, ahò, questa gli è sfuggita.
Guardaunpo’.

Preambolo: Il Gran Visir della Menzogna invece di andare tra le popolazioni terremotate a fare davvero il pastore di quel Dio che nessuno ha mai visto né sentito parlare ma lui sì, va a fare il turista in quel di Milano e,  alla modica cifra di 13 milioni di euro, chi avrà stomaco e coraggio sufficienti potrà ascoltarlo raccontare come di consueto le solite balle su argomenti che non dovrebbero riguardarlo né dovrebbe conoscere così approfonditamente da doversene occupare personalmente e con frequenza praticamente quotidiana.
Tirerà fuori il solito repertorio contro la laicità, il relativismo, il logorìo della vita moderna e, in generale su tutto quello che nel corso della Storia ha creato civiltà e contrastato ignoranza,  integralismi e fondamentalismi che, purtroppo per chi non se ne accorge, non riguardano solo altre religioni considerate incivili e retrograde ma molto, e molto da vicino anche quella cattolica.

Quando sento dire – anche da autorevoli giornalisti, direttori e vicedirettori di giornali sempre pronti a fare battaglie per la qualunque –  che sarebbero luoghi comuni senza significato i motivi per i quali la parata quest’anno non si DOVEVA fare in rispetto, oltre che verso i terremotati anche di quegli imprenditori che si sono suicidati  perché le banche non gli hanno concesso  prestiti irrisori rispetto alla cifra che è stata spesa per quella che Marco Travaglio ha ribattezzato “la paratina del 1 giugno e mezzo” mi girano anche i coglioni che non ho.

Insomma ‘sti soldi in Italia,  ci sono o non ci sono? siamo in bancarotta quando, prima, durante, dopo i pasti o quando fa comodo ai tecnici sobri terrorizzare un po’ la gente affinché non venga in mente a nessuno di rivendicare sciocchezzuole quali sono diritti, lavoro, stipendi,  pensioni, ospedali e scuole che funzionino? il comune di Milano dove li ha presi tutti quei milioni di euro per la gita fuori porta del papa? abbiamo o no il diritto di sapere come vengono spesi i soldi che si prende lo stato dalle nostre tasse, visto che c’è sempre più gente che fa fatica non a organizzare feste, festicciole e barbecue in giardino ma a mettere insieme, cioè nella stessa giornata, il pranzo con la cena?
I milanesi devono PRETENDERE che la giunta dia loro conto per filo e per segno di ogni euro speso per la gitarella fuori porta del papa. E alla prima mancanza, assenza di quegli interventi necessari alla cittadinananza e al singolo cittadino nascoste dietro il paravento della crisi , rinfacciare a vita questo immondo e ingiustificabile  spreco di soldi e ricordarsi di tutto alle prossime elezioni.


Più incredibile della parata che comunque si farà, a sprezzo di miserie, povertà vecchie e nuove, di lutti e tragedie nuovi e recenti, è che Napolitano è riuscito nell’impresa di far sembrare gente come Forlani e Leone dei modelli di probità.
Checché ne pensino tutti quelli che in questi giorni hanno tentato di fare l’operazione contraria ricordandoci chi erano Forlani e Leone. Perché chi erano lo sappiamo, cos’hanno fatto anche, ma sappiamo però anche cos’ha fatto Napolitano, oltre ad intestardirsi su questa manifestazione “lacrime e tartine” – che avverrà in concomitanza dei funerali delle vittime del terremoto – e le cose per le quali verrà ricordato dalla Storia.

Soldi in giro non ce ne sono, ma la parata del 2 Giugno pare si farà, perché secondo Napolitano “Non possiamo piangerci addosso”. E la parata, magari diventerà una paratina.
Marco Travaglio spiega come nonostante la sobrietà sbandierata, gli sprechi saranno comunque tanti.

1° Giugno e mezzo
Marco Travaglio, 1 giugno

La Presidenza della Repubblica, nella persona di Sua Eccellenza Giorgio Napolitano che ci tiene tanto perché è l’ultima volta e la profezia dei Maya incombe, comunica di aver deciso di confermare sia la parata militare del 2 Giugno, ribattezzata per l’occasione “1° Giugno e mezzo”, sia il ricevimento al Quirinale con duemila invitati, ma in ossequio alla sobrietà che si deve al Paese in un momento drammatico contrassegnato da attentati, stragi, spread e movimenti tellurici ondulatori e sussultori, impartisce le seguenti, inderogabili direttive . Le illustrissime Autorità civili, finanziarie, militari e religiose invitate alla sobria parata militare all’Altare della Patria e in via dei Fori Imperiali dovranno presentarsi sul palco d’onore in abbigliamento essenziale, prive cioè dei consueti pennacchi, medaglieri, mostrine, galloni, uniformi, palandrane, paramenti, stivaloni, galosce, berretti, cappelli, tricorni, feluche, elmi, corazze, piumaggi, parrucche, parrucchini anche se in catrame, ciglia e unghie finte, tacchi col rialzo, anelli in platino, oro e bigiotteria, pròtesi al silicone, wonderbra, rinforzino e imbottiture da patta in cotonina. Sempre in ossequio alla sobrietà, i carabinieri a cavallo sfileranno a piedi, mentre i militari già appiedati marceranno in ginocchio su distese di ceci. Chi vorrà portarsi comunque il cavallo, dovrà evitare i purosangue e prendere un ronzino da tiro in prestito dalle caratteristiche botticelle romane.
I bersaglieri, dismessi i copricapi con piume e le divise troppo
variopinte, indosseranno il loden e, lasciata a casa la troppo solenne fanfara, avanzeranno non di corsa, ma molto lentamente fischiettando sottovoce. Idem per la banda degli alpini, la cui sobrietà verrà testata da prove del palloncino a sorpresa. I cani da valanga saranno equipaggiati con le consuete borracce, ma prive di sostanze alcoliche: gazzosa e fanta per tutti. I carrarmati avanzeranno privi di cingoli, dotati di sole ruote, spinti a mano da appositi fanti o tirati con apposite funi. Gli aerei cacciabombardieri potranno avere una sola ala. Gli elicotteri da guerra saranno sprovvisti di elica. I cannoni avranno la bocca coperta da un preservativo in ghisa. Quanto al ricevimento al Quirinale, non si terrà nei troppo opulenti giardini del Palazzo, ma nei  giardinetti pubblici siti nelle vicinanze. Al posto dei soliti tavoli imbanditi,
si impiegheranno le più spoglie panchine in pietra, fra l’altro utilissime affinché vegliardi e cariatidi presenti comincino ad abituarsi. Gli invitati — alte e basse cariche dello Stato in servizio o ex, cardinali, arcivescovi, monsignori, sagrestani, imprenditori e prenditori, manager e magnager, banchieri e bancarottieri, pregiudicati, imputati, inquisiti, prescritti, impuniti, colpevoli non ancora beccati, faccendieri, piduisti, pitreisti, piquattristi, massoni, ciellini, opusdeini, papponi, mignotte, poetastri, guitti, schitarranti e pennivendoli di regime, nani e ballerine — sono pregati di non sfoggiare abbigliamenti troppo sgargianti e acconciature vistose. È gradito l’abito loden, anche e soprattutto per le escort.
Vietato l’accesso agli yacht, dunque Formigoni o viene a
piedi o resta a casa.
Abolito per sobrietà il tradizionale catering, ciascuno si porterà il pranzo al sacco in appositi zainetti di tela, gavette e/o giberne metalliche. Resta inteso che le tartine non potranno contenere caviale o salmone canadese o foie gras, ma al massimo patè di olive. Vivamente consigliata, accanto a ogni miliardario, la presenza di un barbone prêt-à-porter, anche per confondere gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate di cui non si escludono blitz a sorpresa. I massoni, per questa volta, lasceranno a casa grembiuli e compassi. Per la delegazione dei ladri, come sempre folta e variegata, si raccomanda di astenersi almeno per quel giorno dal borseggiare i vicini di tavolo, anzi di panchina. O, se proprio non riescono a trattenersi, di devolvere sobriamente la refurtiva ai terremotati.

Benedetto XVI arriva a Milano, una visita da tredici milioni di euro – Il Fatto Quotidiano

Al via nel capoluogo lombardo il VII incontro delle famiglie.

  Ma Pisapia insiste: “Sì alle unioni civili”. Nella tre giorni papale saranno impiegati 15 mila uomini tra forze dell’ordine, vigili del fuoco e protezione civile. Oltre 3 milioni dal Comune. Altri dieci tra Regione Lombardia, arcidiocesi, Cei e sponsor.

Un paese a sua insaputa

Sottotitolo: Vorrei solo ricordare a tutti quelli che “la repubblica va celebrata anche – anzi soprattutto – nei momenti di difficoltà”, secondo l’autorevole opinione del Monitore della Repubblica,  che la polemica sull’inutilità offensiva di festeggiare il 2 giugno con una parata MILITARE non è nata ieri né ieri l’altro ma si ripete puntualmente da svariati anni.
E allora se io dico che il pistacchio non mi piace ma poi qualcuno insiste nel propormi il pistacchio nel gelato le cose sono due: o quando parlo non mi sta a sentire oppure non gliene frega nulla di continuare a reiterare un torto nei miei confronti.
A me il pistacchio non piace, e non me lo farei piacere nemmeno se venisse Johnny Depp in persona a dirmi che posso, devo  mangiarlo perché piace a lui che, a differenza di Napolitano piace molto a me.

Ho sempre avuto disgusto per i nazionalisti. Nazionalismo non vuole dire ideale, vuol dire difesa delle peggiori espressioni della nazione: il clientelismo di stato, la difesa dei burocrati e dell’apparato. Dunque del cosiddetto status quo. Quello che ci ha allegramente condotti nel baratro.
 Non sopporto, trovo di un’estrema disonestà che si chieda ad un popolo di “fare” stato, paese, solo in presenza di tragedie e difficoltà ma poi quando quel popolo chiede allo stato quello che gli spetta viene ignorato.
E’ troppo comodo dire agli italiani: “la parata si farà anche se voi non la volevate [e indipendentemente dall’uso che si potrebbe fare di quei soldi: in questo paese c’è davvero l’imbarazzo della scelta]  ma per ovviare all’emergenza del terremoto vi aumentiamo [per il momento, ché mica finisce qui] di nuovo la benzina”.
Ennò, perché qui non c’è proprio niente di statale né tantomeno niente di democratico, c’è piuttosto qualcosa che riporta vagamente a quei bei regimi dove c’è uno che comanda e tutti che subiscono decisioni da cui non possono sottrarsi.
E così non funziona, non può funzionare, ma questo lo sapete pure voi, carissimi [non foss’altro che per quanto ci costate], politici e tecnici.

E lo sa anche Napolitano, estremo difensore di una pagliacciata di cui nessuno sentirebbe la mancanza.


Finanza, via il colonnello Rapetto

Sua la supermulta ai videopoker

Polemico addio su Twitter del colonnello che ha inflitto 98 miliardi di multa alle concessionarie del gioco d’azzardo di Stato. Sue anche le principali inchieste delle Fiamme gialle sul cyber crime. “Cancellati 37 anni di sacrifici, momento difficile e indesiderato”

Per quel che può valere, tutta la mia solidarietà al Colonnello Rapetto, il cui caso ricorda molto quello di Gioacchino Genchi, esperto di intercettazioni  cacciato dalla polizia di stato quando, collaborando con  De Magistris toccò – inevitabilmente –  perché dove ci sono porcherie c’è sempre l'”eccellenza” di mezzo, quei  personaggi cosiddetti  illustri, dunque intoccabili, che poi non erano (sono) altro che la solita feccia che siede in parlamento.

 Il Colonnello si è evidentemente dimesso a sua insaputa.
Ma chi ha fatto in modo che lo facesse sapeva benissimo perché non doveva o poteva più rimanere al suo posto.
Essì,  è proprio una repubblica da festeggiare questa: con tanto di parata.
E chissà di chi sarà stata la mente brillante che dai piani alti delle istituzioni ha pensato che un funzionario che faceva davvero il suo dovere dovesse essere messo in condizioni di doversene andare.
I migliori si cacciano, o se ne vanno di loro “spontanea volontà”, per tutti gli altri c’è sempre un posto da sottosegretario alla sicurezza della repubblica italiana.
Ma probabilmente è giusto così, è giusto che a rappresentare l’Italia sia l’ambiguità  fatta persona (e più persone).
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla lotta all’evasione di questo governo farebbe bene a toglierseli. E’ evidente che ci sono ambiti che non si devono disturbare. 98 miliardi,  l’equivalente di quattro o cinque finanziarie,  a questo stato hanno fatto schifo, molto meglio lasciare che la GdF vada a controllare chi non fa gli scontrini del caffè, e, una tantum, qualche blitz sulle vie dello shopping o nelle località di vacanza; attività meno rischiose, per le quali il posto non lo rischia nessuno e sicuramente più redditizie dal punto di vista mediatico.
Chi pensava che, via berlusconi tolto il dolore, sarà rimasto molto deluso.
Speriamo.

Naturalmente Giorgino tace,  nessun conato di monito per questo: sarà occupato a scegliere il vestito per la festa.

 Un paese a sua insaputa, Marco Travaglio, 31 maggio

Perché un terremoto del quinto-sesto grado Richter, così come un paio di giorni di pioggia, fa strage solo in Italia (oltre, si capisce, al resto del Terzo mondo)? La risposta l’ha data a sua insaputa il neopresidente di Confindustria Giorgio Squinzi, quando ha detto che i capannoni industriali sbriciolati dalle scosse del 20 e del 29 maggio erano “costruiti a regola d’arte”. La questione, il vero spread che separa l’Italia dal mondo normale, è tutto qui: nel concetto italiota di “regola d’arte”.
La nostra regola d’arte è quella che indusse la ThyssenKrupp a non ammodernare l’impianto antincendio nella fabbrica di Torino perché, di lì a un anno, l’attività sarebbe stata trasferita a Terni. Risultato: sette operai bruciati vivi.
Mai la ThyssenKrupp si sarebbe permessa di risparmiare sulla sicurezza nei suoi stabilimenti in Germania, dove le tutele dei lavoratori sono all’avanguardia nel mondo. In Italia invece si può. Perché? Perché nessuno controlla o perché il controllore è corrotto dai controllati. Oltre all’avidità dei singoli, purtroppo ineliminabile dalla natura umana, il comune denominatore di tutti gli scandali e quasi tutte le tragedie d’Italia è questo, tutt’altro che ineluttabile: niente controlli. Salvo quelli della magistratura, che però arriva necessariamente dopo: a funerali avvenuti. Dal naufragio della Costa Concordia al crollo della casa dello studente a L’Aquila, dalle varie Calciopoli ai saccheggi miliardari della sanità pugliese, siciliana e lombarda, dal crac San Raffaele ai furti con scasso dei Lusi e dei Belsito, dalle cricche delle grandi opere e della Protezione civile alle scalate bancarie, dalla spoliazione di Finmeccanica alle ruberie del caso Penati, giù giù fino alle casse svuotate di Bpm e Mps, alle piaghe ataviche dell’evasione, degli sprechi, delle mafie e della corruzione, quel che emerge è un paese allergico ai controlli. Che, se ci fossero, salverebbero tante vite e tanto denaro, pubblico e privato. Ma la nostra regola d’arte è quella di allargare ogni volta le braccia dinanzi alla “tragica fatalità” o alle “mele marce”, per dare un senso di inevitabilità a quel che evitabilissimamente accade. Mancano i controlli a monte perché tutti si affidano alle sentenze a valle. E poi, quando arrivano le sentenze a valle, non valgono neppure quelle. Formigoni, mantenuto dagli amici faccendieri Daccò e Simone che hanno scippato 70 milioni alla fondazione Maugeri, ente privato ma farcito di fondi pubblici dalla Regione di Formigoni, non si dimette perché “non sono indagato”. E perché, anche se lo fosse cambierebbe qualcosa? Qui non tolgono il disturbo né gli indagati, né i rinviati a giudizio, né i condannati. La giustizia sportiva ha definitivamente condannato e radiato Moggi dal mondo del calcio per i suoi illeciti sportivi, revocando alla sua Juventus due scudetti vinti con la frode, poi lo stesso Moggi è stato pure condannato dalla giustizia penale (a Roma in appello e a Napoli in tribunale). Eppure il presidente Andrea Agnelli seguita a elogiarlo come “grande manager” e rivendicare i due scudetti vinti col trucco. E ora difende Conte, “solo indagato”. Perché, se fosse condannato come Moggi cambierebbe qualcosa? Battista sul Corriere minimizza il calcioscommesse: “Un pugno di partite sporcate… se qualcuno imbroglia, non sono tutti imbroglioni”, “non è vero che così fan tutti”, ergo bisogna “essere severi con chi ha violato un codice penale e un codice morale, ma non dissolvere le differenze”.
Bene bravo bis. Peccato che il 7 maggio, quando la Juve ha vinto il 28° scudetto, Battista abbia scritto che è il 30° (“tre stelle, meritate e vinte sul campo, cucite sulla maglia”) e chissenefrega delle sentenze (“nessuno ha mai pensato che una storia gloriosa fosse una storia criminale”), frutto di “processi sommari” perché c’entrava anche l’Inter. Dunque così fan tutti. Ricapitolando: niente controlli prima, niente sentenze dopo.
È il Paese dell’Insaputa.
Arrivederci al prossimo funerale.

La retorica della demagogia

Sottotitolo: Visti gli scandali e tutto il marciume che gira intorno alle sue istituzioni, mi chiedo se non sia il caso di sospendere la religione cattolica per due o tre anni.

Mario Monti: “Gioverebbe fermare il calcio per due o tre anni”

Non credo sia una buona idea quella di togliere per due o tre anni dalla circolazione l’arma di distrazione di massa più potente che esista in Italia, c’è il rischio che poi la gente inizi a preoccuparsi e ad occuparsi davvero delle cose importanti. E questo alla politica non converrebbe.

Chissà perchè a Monti non sia venuta l’idea di sospendere cheneso, gli stipendi dei parlamentari per tre anni e convogliarli verso il risanamento della crisi: nemmeno se ne accorgerebbero e quella sì, sarebbe una saggia decisione condivisa da tutti  senza demagogie, populismi e qualunquismi.

Anche la politica dovrebbe essere l’espressione più alta dei valori positivi, dei principi sani, non solo il calcio.

Anzi, in un’ipotetica classifica la politica dovrebbe stare al di sopra di un  primo posto che non ha mai meritato perché in questo paese ha sempre  fatto tutt’altro che dare un esempio buono, di lealtà, trasparenza e onestà: quindi che si fa, insieme ai campionati sospendiamo sine die anche il parlamento?

Io ci sto.
Quando nella politica accadono fatti deprecabili che sono più o meno gli stessi che avvengono in ambito calcistico quali corruzione, connivenze con criminalità e mafie, mazzette eccetera,  sospendiamo, e ad libitum, i responsabili mandandoli  a fare un periodo di riflessione anche nelle patrie galere quand’occorre, così come succede ai calciatori che si macchiano dell’onta di un reato, anche questo gioverebbe alla maturazione di chi volesse,  eventualmente, occuparsi delle cose di tutti.
Monti ha parlato di un periodo di riflessione circa i fatti deprecabili che avvengono nell’ambito del mondo del calcio. Benissimo:  se i parametri sono questi allora la politica in Italia dovrebbe sospendersi da qui all’eternità.

Ho trovato molto fuori luogo la dichiarazione di Monti circa la sospensione del campionato di calcio a data da destinarsi, non perché me ne freghi un granché del calcio ma perché oggi nessuno ha un pulpito autorevole dal quale poter esprimere critiche e giudizi verso i vari settori della società.

Quindi, o ci mettiamo in testa tutti quanti che la politica, in quanto gestore di tutti i settori, deve essere migliore dei cittadini, che i governanti devono essere migliori dei governati o non ne usciamo.
Ma tutti però, abbandonando se possibile certe ideologie e il famoso giochino di chi ce l’ha più lungo; perché mai come in questo periodo siamo TUTTI nella stessa barca.

Il 2 giugno? Lasciamoli soli con le loro sobrie parate

16 morti, 350 feriti, 8000 sfollati in poche ore e si ciancia ancora del 2 giugno che s’ha da fare. Il 2 giugno, e mi rivolgo a coloro che portano le figliolanze  a Piazza Venezia  a vedere non so cosa, lasciamoli SOLI  a farsi la parata e le commemorazioni.
La parata, da sempre momento molto sentito dalle istituzioni, per fortuna si farà.

Non mi piacciono i furbetti, i manipolatori e i mistificatori: non mi piace chi, a sostegno del suo dire nella discussione politica aggiunge sempre le tre paroline magiche: “demagogia, qualunquismo, populismo” che incutono terrore in tutti quelli che si ostinano a guardare sempre il dito e mai la luna.

E non mi piace che, quando qualcosa è talmente ovvia da apparire quasi fastidiosa per diminuirne il valore si dica: “epperò lo dice anche questo, quello e il tal’altro” scegliendo fra i personaggi peggiori che popolano la nostra scena politica dimodoché ci si debba vergognare di quell’opinione, solo perché è ampiamente  condivisa.

Personalmente, non me ne fotte niente di chi alza la mano per primo, se la risposta all’ interrogazione è quella giusta tutti possono meritarsi il loro 10 e lode.
E non esiste autorevolezza che tenga rispetto alla forza di un’idea, tutte le idee, quando sono buone hanno diritto alla loro dignità indipendentemente da chi le espone.
Napolitano dice che la parata del 2 giugno si farà ugualmente e che sarà dedicata alle vittime del sisma.
Peccato per chi non potrà più rispondere “no, grazie” ma anche  con un bel “chissenefrega delle vostre festicciole ipocrite e costose.”
E peccato anche per chi non ha capito che la protesta contro la passerella inutile del 2 giugno  è anche un pretesto per richiamare l’attenzione sugli altrettanto inutili e innumerevoli sprechi –  sono tanti – di cui pare che questo paese non possa proprio fare a meno.
La polemica sull’inutilità della parata del 2 giugno va avanti da anni, non è certamente nata ieri, quindi oggi nessuno può venirci a dire che chiedere l’annullamento e la sospensione di  questa manifestazione inutile, costosa, palesemente fuori luogo e fuori tempo sia demagogia.

Ma chi lo dice, chi lo ha detto che per celebrare un paese unito (unito?) c’è bisogno di una parata MILITARE?  ne ho sentite di stronzate in queste ore, ma questa è la migliore di tutte.

Vorrei sapere chi ha deciso che per celebrare una repubblica la cui Costituzione peraltro dice che ripudia la guerra – anche se i fatti poi raccontano altro, serva una parata militare.

La civiltà di un paese è tale quando si evolve, si aggiorna, e quando c’è qualcuno che insegna anche a fare a meno di quello che non serve a beneficio di quello che invece è necessario.

Non c’era bisogno di un altro terremoto per capire che a rinunciare a qualcosa in un periodo di crisi non devono né possono  essere sempre i soliti noi (noi, non noti).

Il terrorismo di chi paventa miserie  e spaventa con la  crisi, il fallimento funziona  quando si chiede un lavoro, uno stipendio decente, una pensione dignitosa;  quando però si chiede un uso equo, e sobrio, dei soldi di tutti allora è demagogia.

Il vero populismo e qualunquismo è rifiutarsi di pensare che quei soldi spesi inutilmente, e non solo per la parata militare,   potrebbero invece essere destinati, ad esempio, a rendere migliore e più efficiente  la protezione civile vista la frequenza degli eventi catastrofici che avvengono in Italia, per la messa in sicurezza di edifici e territori,  e la vera demagogia la fa chi pensa che per celebrare una repubblica [che casca e pende a prescindere da quegli  eventi catastrofici] sia necessario far sfilare fucili, mitragliatrici e carriarmati.
Nel 2012.

La strage senza fine

Sottotitolo: Caro Bersani, prova a dirlo tu, per primo, una volta tanto.
Prova a dirlo tu di non fare la parata del 2 giugno, e di risparmiare su quel che è inutile. Tipo anche  la visita del papa a Milano che costerà un bel po’ di milioni di euro. Se  il papa anziché andare in tournée a Milano rimanesse nelle segrete stanze del vaticano a meditare su corvi e talpe, farebbe un favore a tutta l’Italia, non solo ai milanesi.
Perché fra poco lo dirà Grillo, Diliberto lo ha già detto attraverso la sua pagina di facebook e su twitter c’è il delirio: migliaia di persone che chiedono la stessa cosa,  e allora non potremo più essere d’accordo, giusto?
Dai, attacca l’ambaradan e dì una cosa di sinistra.

                                           In questi momenti tutto il resto di quel che succede assume una rilevanza pari a zero. Compresa questa politica parolaia capace solo di dire due stronzate “di assestamento” ma poi, nei fatti, incapace di mantenere la benché minima parola.
Si parlava di buon senso poco fa, altrove, ecco: se venisse davvero messo in pratica anche dalla politica che generalmente non l’ha mai fatto, oggi i rappresentanti alti (…) delle istituzioni dovrebbero dire altro, non limitarsi a un “ce la faremo anche stavolta”, oppure invitare a non perdere la speranza; frasi che risultano quasi sconce, se associate alla disperazione, alla morte, alla distruzione. Perché quelli che ce l’hanno fatta non ci sono riusciti certamente grazie alla retorica del ce la faremo di Napolitano né alle parole  di speranza di Monti, uno più abituato a spegnerle, le speranze,  né tantomeno a questo stato che non sa fronteggiare tre giorni di pioggia che diventano alluvione, terremoti che lasciano gente per decenni in abitazioni di emergenza.

E tornare con la memoria a chi  parla di costruzioni maestose, costose quanto inutili e dannose come fosse quella l’urgenza è qualcosa che ferisce nel profondo anche chi non è stato colpito da un dramma.
In questo paese non servono Tav né aereoplani da guerra ma serve, e quella sì che è l’urgenza, la messa in sicurezza di tutto il territorio. Non è più possibile tollerare che nel terzo millennio, in un paese occidentale considerato “avanzato” si debba morire sotto macerie evitabilissime se le costruzioni fossero messe a norma, così come si fa nei paesi normalmente civili, quelli dove anche la politica usa l’arma del buon senso anziché far prevalere sempre la logica dei profitti.
Napolitano, anziché banalizzare quest’ennesima tragedia con frasi fatte e noiose vada in tv, ora, a reti unificate a dire che la parata militare del 2 giugno, quell’inutile spreco di soldi, quell’ormai inconcepibile fiera della retorica desueta e ridicola non si farà perché quei soldi servono a sostenere i nuovi sfollati di questa era “moderna”.
E a seguire Monti ci dica che il governo rinuncia definitivamente al Tav perché questo paese non si può più permettere che i suoi territori vengano violati e stuprati a beneficio e vantaggio degl’interessi dei soliti pochi eletti.

Allora forse si potrà ricominciare a credere in qualcosa, e anche a sperare.

Non penso che alla gente colpita dalla tragedia del terremoto interessi poi così tanto che la Lega calcio abbia annullato la partita di stasera della Nazionale.

Forse, non basta.

Almeno quelli.

A volte, per quanto ci si sforzi, tutto appare inutile…

 059 200200 numero unico protezione civile assistenza zona #Modena #terremoto. Facciamo girare il più possibile. E’ UN DISASTRO.

Terremoto, scossa in Emilia e nel Nord
“Crolli capannoni industriali: almeno 8 morti”

“Finale, giù case”. Crolla duomo Mirandola Foto Twitter
Terrore nelle zone già colpite.Avvertita anche a Milano
L’appello: togliete le password dai vostri impianti wi-fi

Napolitano: la verità sulla strage di Brescia del 28 maggio 1974 “fu ostacolata da apparati dello Stato.”

Più che un monito, una confessione in piena regola visto che Napolitano è stato casualmente anche ministro dell’Interno in questo paese e, se avesse voluto, avrebbe potuto contribuire a sbrogliare le matasse che riguardano le stragi impunite magari agendo su quell’obbrobrio che si chiama segreto di stato. Qui tutti possono avere segreti, lo stato, la chiesa, meno noi  cittadini che possiamo essere passibili di qualsiasi controllo, che veniamo trattati da delinquenti anche quando non lo siamo mai stati.

Fa male dovere ascoltare, anno dopo anno, ad ogni commemorazione, ricorrenza tragica,  le solite parole vuote di significato e così piene,  invece e soltanto, di retorica e di una sottile, ma nemmeno tanto, presa per i fondelli verso tutti coloro che hanno perso persone care nelle stragi di stato.

OSSERVATORIO sulla REPRESSIONE: G8 Genova: La vergogna continua…. assolto De Gennaro

Chissà che emozione si prova a svegliarsi ogni giorno in uno di quei paesi [e sono tanti] dove a nessuno [tantomeno ad un capo di governo che, fino a prova contraria dovrebbe agire in nome e per conto del popolo che amministra] verrebbe in mente di promuovere, dunque premiare persone con procedimenti penali in corso, e tantomeno a quelle persone verrebbe concesso di occuparsi [nel frattempo] di politica, giustizia, pubblica sicurezza.
E tutto questo – sembra incredibile – ma accade anche quando le sentenze non sono ancora definitive.
Cioè, c’è qualche povero illuso, utopista, visionario [o populista qualunquista, chissà] ai piani alti delle istituzioni di quei paesi in giro per il mondo che pensa che non sia il caso di promuovere, premiare, concedere di fare politica, occuparsi della sicurezza dello stato e dunque dei cittadini, a gente con dei trascorsi poco chiari, e ci sono paesi dove – [ri]sembra incredibile – che la giustizia sia [davvero] uguale per tutti non è uno stupido luogo comune, una banalità da barzellette al bar ma la verità.

– Diaz Genova 2001, Agnoletto: “Tutto già scritto da anni, gli intoccabili sono salvi”

Il Manifesto

Tutto come da copione. Tutto era già scritto da molto tempo, fin da quell’ ormai lontano luglio 2001. I vertici della polizia non pagheranno mai per le violenze della scuola Diaz, sono intoccabili.

Anzi chi ha partecipato a quella mattanza, chi non è intervenuto ad interrompere lo torture, chi ha ordinato quell’assalto, chi ha costruito prove false va ringraziato e promosso. E visto che le condanne in appello hanno toccato anche i più alti vertici delle forze dell’ordine gli imputati e i condannati hanno pensato bene di promuoversi a vicenda fra loro; poi ci ha pensato la politica con logica bipartisan a promuovere chi stava in cima alla piramide. A cancellare le condanne emesse da qualche giudice che non è stato al gioco ci ha pensato (processo De Gennaro) e ci penserà (tra meno di un mese per il processo Diaz) la Cassazione. Tutto sarà cancellato, come se nulla fosse accaduto.
Le anticipazioni sulle motivazioni della sentenza con la quale la Cassazione ha assolto De Gennaro, dall’accusa di aver istigato l’ex questore di Genova alla falsa testimonianza e per la quale l’ex capo della polizia era stato condannato in appello ad un anno e quattro mesi non entrano minimamente nel merito delle specifiche accuse, non affrontano i fatti per i quali De Gennaro era stato condannato.

La questione era molto semplice: è vero che De Gennaro e Colucci, , si sono incontrati a Roma, e che De Gennaro ha spinto Colucci ha modificare la versione fornita, in modo tale da lasciare “il capo” totalmente fuori da tutta la vicenda ? Oppure Colucci nelle telefonate intercettate millantava fatti che non erano accaduti ? E’ lo stesso De Gennaro che davanti ai magistrati, spiega le ragioni del suo interessamento alla deposizione di Colucci: non certo un’interferenza,sostiene, ma un’azione tesa a trovare “la consonanza per l’accertamento della verità”. Ma fino a prova contraria per l’accertamento della verità la dovrebbero stabilire i magistrati ricostruendo i fatti e non due testimoni!!

Di tutto questo la Cassazione non parla. Ma la Cassazione sta anche ben attenta a non dire mai che non c’è prova, perché tale affermazione condurrebbe sì all’annullamento del processo d’appello, ma con rinvio ad un nuovo processo con il conseguente rischio di una nuova condanna. La Cassazione parla d’altro afferma che per De Gennaro “non si è acquisita alcuna prova o indizio di un ‘coinvolgimento’ decisionale di qualsiasi sorta nell’operazione Diaz”; ma non è questa l’accusa per la quale De Gennaro era stato condannato. L’accusa lo ripetiamo era l’istigazione alla falsa testimonianza del questore di Genova con l’obiettivo di evitare qualunque possibile coinvolgimento di De Gennaro nella notte cilena della Diaz. Ovvio che qualora la prima versione del questore fosse quella vera, ossia che fu De Gennaro a consigliarli di chiamare quella notte l’addetto stampa della polizia a tenere la conferenza stampa davanti alla Diaz sarebbe stato difficile sostenere che il capo della polizia era all’oscuro di quanto stava avvenendo. Ma I pubblici ministeri proprio per evitare di essere accusati di aver costruito dei teoremi si erano rigidamente attenuti a dei fatti, che la Cassazione ha invece totalmente ignorato.

La lettura delle motivazioni confermano ancora una volta che la sentenza di assoluzione di De Gennaro senza nemmeno il rinvio ad un nuovo processo prescinde totalmente da qualunque questione di diritto, ma ribadisce una verità molto semplice: nel nostro Paese c’è chi è al di sopra di ogni legge, intoccabile. E questo qualcuno è stato recentemente nominato sottosegretario alla sicurezza della Repubblica, con il plauso bipartisan del Parlamento. Se la sicurezza che tutelerà i cittadini italiani nel prossimo futuro è quella che abbiamo sperimentato la notte del 21 luglio a Genova c’e da preoccuparsi. E non poco.


Indegni i fischi?

No, indegno è un presidente del senato come schifani, indegno è un presidente del senato che – seguito dalla solita nutrita scorta di politici e politicanti – in un momento di emergenza nazionale si vanno a sedere su una poltroncina della tribuna vip di uno stadio e senza nemmeno pagare il biglietto ma anzi, facendosi accompagnare da automobili e scorte pagate da noi cittadini.
Indegno è un presidente del senato che premia una squadra di calcio, non bastano i conflitti di interessi, la politica italiana si è incistata ormai in ogni dove. Ce l’abbiamo anche nel piatto in cui mangiamo: insopportabile, nauseante, disgustosa invadenza.
Indegno è che non si sia potuta fermare una fottutissima partita di calcio ma – nel paese alla rovescia – abbiano pensato che fosse più opportuno chiudere i musei, quelli sì, luoghi di perdizione.

Indegno è uno stato che pensa di eliminare ancora sull’assistenza sociale nonostante e malgrado questo paese abbia una certa tradizione in fatto di calamità naturali.

Un paese dove alluvione significa tre giorni di pioggia e terremoto trent’anni in un container. [Ma chi ha perso tutto non sarà risarcito]
Indegno è aver costruito un personaggio come vittorio sgarbi e poi scandalizzarsi delle cose che dice vittorio sgarbi.
Indegno è che schifani abbia parlato di gesto incivile, riferendosi ai fischi allo stadio Olimpico ieri sera ma non l’abbia mai fatto quando e mentre il presidente del consiglio del governo di cui fa parte schifani trasformava l’Italia nel suo bordello personale, in una latrina a cielo aperto.
Oppure quando gli esponenti della lega, partito alleato del governo di cui fa parte schifani, vomitavano sull’Italia un giorno sì e l’altro pure.
Indegno è pretendere un nazionalismo di facciata solo quando succedono le tragedie salvo poi, nei periodi normali fregarsene allegramente di quello che succede ai nostri vicini di casa.

Un pensiero a Robin Gibb, morto di cancro. In questo miserabile mondo nemmeno la morte riesce a prendere la mira.

Quella giusta.

Il Deficiente del Senato
 Rita Pani

“Credevo che in una giornata come questa il Paese potesse dimostrare di essere unito” … [L’improbabile presidente del Senato, schifani.]

 

Ha espresso così il disappunto per i fischi ricevuti dall’Inno Nazionale, che ha preceduto la disputa della finale di Coppa Italia Napoli – Juventus, allo stadio Olimpico di Roma.

Perché l’idiozia del nostro paese è ormai consolidata al punto di essere tradizione, uso e costume. Un giorno verrà scritta anche sui libri di storia, e non sarà difficile datare la nascita del periodo che magari chiameremo “L’assurdismo”.
Che peccato, signor Deficiente del Senato, non aver colto l’occasione per tacere! Se solo avesse attivato il cervello prima di dar fiato alle fauci avrebbe ricordato come il paese si è immediatamente unito dopo l’omicidio di Brindisi. In tante città di questo paese che si conserva nonostante voi, la gente è scesa per strada a manifestare contro la violenza e contro la criminalità – anche la vostra. Migliaia di cittadini hanno camminato in silenzio per commemorare la vita di una ragazza, sprecata in nome di chissà cosa. Molti altri, nel chiuso delle proprie esistenze hanno trascinato passi stanchi, guardando fuori dalla finestra, come se dal mare potesse arrivare la risposta che stanno cercando, sul senso delle cose, anche le più orribili, quelle che una risposta non l’avranno mai.
Ma vi è ignoto il silenzio, vi è distante il rispetto, siete ormai pregni della vostra arroganza che vi proibisce di comprendere come ancora tra noi – gente normale – ci sia chi non è disposto a indietreggiare.
C’è stato un terremoto, signor Deficiente! Noi lo sappiamo, ce lo diciamo, ce lo raccontiamo. Noi non ridiamo. Non ci freghiamo le mani fiutando l’affare che verrà. Nemmeno voi, in vero, ora che non c’è speranza di vedere il danaro correre a fiumi, dato che non ce n’è, ora che ve lo siete rubato tutto. Noi siamo uniti, a volte anche nel silenzio che rispetta le cose che si possono tacere, come il dolore, non solo per la perdita delle vite umane, ma anche dei pezzi di storia cancellati dalla furia della terra, che si ribella anche lei.
Noi siamo uniti, perché sappiamo che – terremoto! Governo ladro!

Trema la terra, piove, tira vento, scorreggia una formica e la storia se ne va, e sparisce per colpa vostra che non avete investito, che non avete messo in sicurezza i territori, che avete fatto in modo di lasciare che le mafie se li spartissero. Voi che avete lucrato sul cemento, sulle strade impossibili da realizzare, sulle montagne da scavare, sui rifiuti da seppellire.
Il popolo pensante per fortuna è ancora unito, e non lo avrete mai, signor Deficiente del Senato. Siamo uniti del silenzio che ci rigenera, che ci lascia a pensare, che ci impone di ignorare una partita di pallone, sedativo naturale per un popolo da domare.

Se è stato fischiato in uno stadio, pensi un po’ che accoglienza se mai le venisse in testa di andare a fare l’avvoltoio in Emilia, o a Brindisi, o dove la vita arranca sempre più accanita e stanca.
Io, per esempio, le sputerei in faccia.