Com’è triste Venezia

Assurdo che a pagare l’inettitudine di Renzi sia un uomo degno come Felice Casson, ma i complimenti più sentiti vanno ai veneziani che per punire il pd di scandali, scandaletti e vergogne varie hanno messo la loro città nelle mani di un uomo di berlusconi: una garanzia.
Questo governo è una sciagura, ma anche gli elettori non scherzano.

Il problema da affrontare seriamente non sono le legioni di imbecilli che hanno libero accesso ai social ma quelle che ce l’hanno in una cabina elettorale.
Perché gli imbecilli in Rete, nei social rappresentano per fortuna solo loro stessi, gli altri decidono anche del futuro di chi imbecille non è, né fuori né dentro il social.

Prepariamoci adesso all’offensiva della propaganda che dovrà ricucire lo strappo fra il pd piùmeravigliosochecisia e gli italiani si spera finalmente risvegliati dal torpore delle promesse false, del rinnovamento falso, della rottamazione falsa, delle riforme false, della grande affluenza all’Expo falsa, degli ottanta euro veri ma falsamente buoni per la spesa per quindici giorni ma nessuno dirà nulla circa il mea culpa che si dovrebbe pretendere dal segretario – presidente che ha fatto ricadere le colpe e le responsabilità sue e del governo su tutto il partito.
Nel paese normale ai piani alti oggi qualcosa dovrebbe succedere, ma siccome e purtroppo siamo in questo non ci toccherà nemmeno un tweet dell’egocentrico del consiglio che, come un berlusconi qualunque, ha già fatto sapere che la colpa della débâcle ai ballottaggi non è sua ma della sinistra.
Quale, non è dato sapere.

Forza Italicum

 

Sottotitolo: per chi dalla sua ribalta sta tentando di convincerci che “Renzi non aveva altra scelta”.  I soliti tromboni e corazzieri di regime che, dopo aver sostenuto le peggiori scelte politiche e divulgato la peggior propaganda pro regimi stamattina esultano perché la montagna avrebbe partorito il topolino.
Un’altra cosa devastante per la politica è la banalizzazione dei concetti, e ha fatto bene  il Professor Rodotà che conosce la politica e la spiega esprimendosi in punta di quel diritto stuprato dai faciloni sostenitori di questa politica cialtrona, quelli che hanno preso per buoni anche i deliri dell’anziano monarca che “o così o miseria terrore e morte per tutti” a spiegare da Fabio Fazio  in parole semplici e chiarissime cosa non si doveva e non si dovrebbe mai fare in politica, per essere credibili. Ad esempio discutere di leggi coi delinquenti da galera.

***

***

Considerando che i governi nazionali non contano e non servono più a una beneamata cippa, perché chi governa davvero non siede nei palazzi e nei parlamenti dei vari stati “membri” ma sappiamo benissimo che “non si muove foglia che la BCE non voglia”, almeno ci facessero scegliere il nostro in un modo meno disgustoso. Con un sistema che faccia pensare davvero ad un cambiamento. “Italicum” fa pensare più che a una legge a una strage.
Se ci devono prendere per il culo così come si fa coi malati terminali, ai quali si continua a parlare come se avessero un futuro a lunga gittata, lo facessero con un po’ più di stile, ecco.

***

Noi vediamo Report e ci indigniamo.
Vediamo Presa Diretta e ci indigniamo.
Vediamo Servizio Pubblico e ci indigniamo.
Vediamo Ballarò, Piazza Pulita, La Gabbia e ci indigniamo, di meno ma insomma, qualcosa anche da lì esce fuori.
I politici che guardano quello che vediamo noi, o lo vengono a sapere da chi guarda per loro invece di intervenire per porre rimedio e mettere fine agli scempi infiniti causati dalla malapolitica dunque da loro solitamente querelano. 
Questa è la misura di uno stato che non trova i soldi per garantire e tutelare 84 [ottantaquattro] collaboratori di giustizia abbandonati al loro destino dopo aver aiutato lo stato ad assicurare mafiosi e delinquenti alla giustizia, dove i governi di centro, di destra e di sinistra tagliano sulla nostra sicurezza a beneficio della loro che possono godere di scorte pagate dai cittadini anche da senatori decaduti pregiudicati e condannati alla galera, nel paese dove solo il Quirinale con i suoi 224 milioni di euro di spese l’anno costa quattro volte Buckingham Palace, il doppio dell’Eliseo e otto volte Casa Merkel.

***

Nel frattempo: Unioni civili: il Registro, il Vaticano e la ‘miopia’ politica

“Nel 1970, un solo anno, vengono approvati l’ordinamento regionale ordinario, la legge sul referendum, il divorzio e lo statuto dei lavoratori. In un solo anno è stata cambiata la faccia di questo paese”. [Stefano Rodotà, Che tempo che fa, 19 gennaio 2014]

E, aggiungo, all’opposizione della DC non c’era Che Guevara, io me lo ricordo, ché non sono mica una concorrente scema dei giochini idioti di Raiuno.
Quindi, cari millantatori della politica del rinnovamento, del cambiamento e della rottamazione buoni solo a inciuciare col “nemico”, quando vi si chiede conto dei diritti civili che ignorate puntualmente e sistematicamente come se non fosse una faccenda politica e di sinistra [parlando con pardon], quella di garantire dei diritti uguali per tutti, non dite che “non c’è tempo, ci sono altre cose a cui pensare e il paese non è pronto”. Dite che non ve lo fanno fare e voi non ce la fate ad assumere una posizione diversa da quella dei 90 gradi col vaticano.  I diritti civili sono fondamentali anche nei periodi di crisi economica. Perché senza è tutto peggio. I diritti civili regolano il vivere più serenamente il quotidiano reale, e anche con meno soldi, quando si ha accesso alle garanzie si vive un po’ meglio. Mentre con un’economia che fa rischiare la bancarotta ogni momento e senza diritti è Italia dove i governi e la politica impediscono di vivere serenamente anche la vita privata. Chi pensa che il diritto civile si possa sacrificare in attesa di tempi migliori, semmai ci aspettino davvero, non capisce niente di politica e di società.
Benaltrismo un cazzo. Se non ripartiamo da uno start che sia uguale per tutti come da Costituzione questo paese non ce la può fare.

***

 

Il Pregiudicatum – Marco Travaglio, 21 gennaio

Ora che le carte sono in tavola, si può finalmente giudicare l’incontro Renzi-Berlusconi, molto osteggiato da chi B. l’ha incontrato, inciuciato, leccato e sbaciucchiato per vent’anni. Avevamo scritto che, stante l’indisponibilità dei 5Stelle, Renzi non aveva altra scelta che tentare un accordo con Forza Italia e dunque col suo padre-padrino-padrone. Purché quell’accordo, si capisce, producesse una buona legge elettorale col contorno di altre buone riforme. Ma in ciò che ieri Renzi ha scodellato alla direzione del Pd c’è una sola cosa buona: la riforma del titolo V della Costituzione, col ritorno di alcune competenze dalle regioni allo Stato e il taglio delle prebende ai consiglieri regionali. Poi c’è un’idea molto opinabile: abolire il Senato per trasformarlo in un carrozzone di consiglieri regionali, con prevedibili rimborsi trasferta a pie’ di lista. Visto il livello medio dei legislatori italioti, è meglio che le leggi continuino a passare al vaglio di due Camere, ovviamente dimezzate. Così avviene, per esempio, negli Usa senza che nessuno abbia mai obiettato alcunché. Infine, last but not least, la legge elettorale: un sistema spagnolo svuotato di alcuni elementi essenziali e infarcito di correttivi che lo snaturano. In pratica gli elettori trovano sulla scheda una serie di liste bloccate con 4 o 6 candidati (dipende dalle dimensioni della circoscrizione) e possono scegliere solo il simbolo, non i nomi. Quanti ne vengono eletti? Dipende dal totale dei voti raccolti su scala nazionale da ciascun partito o coalizione. In più, chi arriva primo e supera il 35% dei voti incassa un premio di maggioranza che va dal 15 al 18% che gli consente di avere la maggioranza parlamentare (dal 53 al 55% dei seggi). Se invece nessuno supera il 35%, i primi due si scontrano in un ballottaggio finale e chi lo vince si aggiudica il premio. Infine la coalizione che prende meno del 12% resta fuori, ma ciascun partito che ne fa parte può eleggere deputati se supera il 5%; quelli che invece corrono da soli sono out se non scavalcano l’asticella dell’8%.

Cosa c’è che non va? Le liste bloccate sopravvivono intatte al Porcellum, sottraendo la scelta agli elettori e lasciando ai segretari di partito il potere di vita o di morte sugli eletti, anzi sui nominati, perpetuando le nomenklature dei fedelissimi e dei mediocri a scapito degli indipendenti e dei migliori. Renzi obietta che anche le preferenze sono una schifezza, e ha ragione: quando gl’italiani poterono decidere con il referendum del 1991, le abrogarono limitandole a una sola per ridurre i costi delle campagne elettorali (primo movente di Tangentopoli) e spezzare le cordate che consentivano il voto di scambio e il controllo mafioso e clientelare dell’elettorato. Renzi promette che il Pd farà le primarie per scegliere i candidati delle liste bloccate. Ma non è detto che lo facciano anche gli altri partiti, se la legge non li obbliga. E comunque questo discorso già valeva per il Porcellum: chi voleva poteva consultare gli iscritti, nei gazebo come fece il Pd di Bersani o in Rete come i 5Stelle.

Per restituire il potere di scelta agli elettori dopo otto anni di dittatura partitocratica, c’è un sistema ben più efficace. Anzi due, a scelta: o il doppio turno francese (prima scegli il candidato a te più vicino, poi il meno lontano), o il Mattarellum (il 75% dei candidati si eleggono uno per collegio col maggioritario, il 25% col proporzionale a liste bloccate, volendo con l’aggiunta delle primarie per scegliere i candidati). È vero che il M5S poteva andare a vedere le sue carte sul Mattarellum e portarlo a casa. Ma ora che senso ha invece partire dal modello spagnolo per poi sfigurarlo con correttivi, sbarramenti, soglie e premi all’italiana? Sappiamo bene perché Renzi, un ritocco l’altroieri e due ieri, ha partorito questo aborto: per accontentare Napolitano (a proposito: a che titolo s’impiccia?), Letta jr., Alfano e la sinistra Pd. Ma è proprio quello che aveva giurato di non fare, giustificando così l’incontro col pregiudicato. Che, a questo punto, diventa ingiustificabile.

Del senso dello stato e di uno stato che fa senso

Chiunque, se aggredito, ha il diritto di difendersi, dunque anche dei Magistrati e Giudici che non pensano, semplicemente perché non è vero, che la pacificazione nazionale debba passare il salvataggio dei delinquenti pregiudicati condannati. E che un politico nella sua condizione di pregiudicato condannato non abbia nessun diritto a pretendere ancora di poter svolgere la sua [non] attività politica né da dentro né da fuori [il 99% di assenze in parlamento: proprio adesso vuole fare politica, berlusconi? poteva pensarci prima, invece di usare lo stato per i suoi sporchi affari]. E che non  ritengono giusto che le questioni che riguardano i procedimenti penali di silvio berlusconi vengano ridotte ad una guerra fra guardie e ladri, semplicemente, come sopra, perché non è vero.

E se questo è ancora un paese libero io mi prendo la libertà di dire che fra quei Magistrati che in condizioni impossibili sono riusciti a condannare chi dello stato, delle leggi, delle regole ne farebbe a meno ed è stato agevolato a farne a meno dalla politica, chi pensa che quel delinquente sia davvero un perseguitato dall’invidia, dalla cattiveria e dalla giustizia e un presidente della repubblica che fa finta di essere super partes come il ruolo gl’imporrebbe di essere,  fa finta di dimenticare vent’anni di storia italiana resa orribile e oscena da silvio berlusconi, fa finta di dimenticare che solo pochi mesi fa rappresentanti del partito di proprietà del pregiudicato condannato fra cui il ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio sono andati a manifestare contro la Magistratura davanti ai tribunali di Brescia e Milano con tanto di tentativo di intrusione: un atto eversivo fatto passare senza conseguenze come una libera espressione del dissenso come se fosse normale che un potere dello stato si metta contro un altro,  fa finta di dimenticare che solo qualche giorno fa silvio berlusconi era di nuovo a ricattare pubblicamente lo stato, minacciare  quei Giudici e i cittadini onesti, ho scelto e da tempo da che parte stare.

***

NAPOLITANO SALVA BERLUSCONI E MONITA MAGISTRATI E STAMPA 

LA RISPOSTA DEI MAGISTRATI AL COLLE: “LASCIATI SOLI” 

LE BRUTTE INTESE NELLA STANZA 138 

***

RODOTA’: “CHI MI ATTACCA OFFENDE LA MIA STORIA” 

***

Nella mia repubblica alfano non sarebbe un ministro dell’interno e né – figuriamoci – il vicepresidente del consiglio. E non avrebbe dunque la possibilità, in qualità di segretario del partito di un delinquente pregiudicato condannato [non piacciono le ripetizioni della descrizione di berlusconi? chissenefrega neanche a me piace che si continui a chiamare cavaliere, presidente ancora adesso] di chiedere conto del significato delle parole di un galantuomo come Stefano Rodotà costringendololo ad affannarsi a rettificare, spiegare in radio e ai telegiornali.

E ringraziamo Napolitano anche di questo: di aver reso angelino alfano, uno dalla personalità e cultura nulle e inesistenti, per non parlare dell’onestà che ci vuole per fare il segretario del pdl, più autorevole di una persona come Rodotà.

***

Anm, dura replica a Napolitano: “Siamo responsabili, ma subiamo insulti”

***

Napolitano dopo la rielezione: “Ho accolto la sollecitazione a rendermi disponibile per una rielezione solo per senso del dovere in un momento grave per la Nazione: essendo urgente sbloccare la formazione di un Governo che affrontasse le difficoltà in cui si trovano oggi troppe famiglie, troppe imprese, troppi lavoratori italiani”

Mettiamola così, siccome tutto è stato detto e scritto e siccome chi non ha capito fino ad ora non capirà più, del resto non sono bastati vent’anni di attività criminose e criminali per far capire a tutti che berlusconi non sembra un delinquente ma è proprio un delinquente quindi è inutile confidare nel ben dell’intelletto generale: questo paese non ha bisogno di essere sconvolto e stravolto più di quanto sia stato già fatto.
E non ha bisogno dunque di un presidente della repubblica che non fa, perché ormai è evidente che non la può fare, una distinzione netta fra l’attività del politico delinquente, quella del giudice e quella dei giornalisti che danno le notizie.

Non ha bisogno di un presidente della repubblica che preferisce sacrificare alla verità ormai storica la sua dignità alle affermazioni indecenti di daniela santanchè: “poteva fare prima” [nel merito delle dichiarazioni scellerate sui giudici che devono trovare il senso del limite] e “vorrei asfaltare i giudici” dice la moderata vestale cinque minuti dopo che Napolitano in persona li aveva già asfaltati.

I giudici possono sbagliare, è vero, ogni lavoro, professione comporta dei rischi e quanto è più alta la responsabilità maggiori possono essere quei rischi e le conseguenze che ricadono poi sui cittadini. 
Ma sopra a quei giudici che sbagliano, quali che siano i motivi, ci sono altre istituzioni pronte ad intervenire, mentre sopra ai politici che sbagliano, e sappiamo bene quali sono gli errori più frequenti dei politici è ormai acclarato, assodato che non c’è nessuno. C’è un presidente della repubblica che nell’eterna contesa fra la politica disonesta e la giusta pretesa dei cittadini della società civile di non essere governati dai politici disonesti ha preso e da tempo una posizione che non favorisce i cittadini ma i politici disonesti in virtù di non si sa bene quale ragion di stato a noi negata.

Il bacio di Angelino Alfano al capomafia Croce Napoli di Palma di Montechiaro in occasione di un matrimonio nel 2002. Ha ancora i capelli ma è proprio lui: il  vicepresidente del consiglio, ministro dell’interno e segretario del pdl.

In attesa della sentenza elegante

Oggi tutto il mondo ci guarda.

Sono arrivati giornalisti da ogni parte dell’orbe terracqueo per seguire l’esito di una delle molteplici vicende giudiziarie che riguardano un vecchio erotomane disonesto e incallito e che solo in questo paese – dopo averlo opportunamente stravolto, deformato a sua immagine e somiglianza, dopo averlo utilizzato come fonte perpetua dei suoi guadagni perlopiù illeciti, già condannato per evasione fiscale: un reato che nei paesi normali comporta condanne pesantissime,  la scomparsa dalla scena pubblica,  figuriamoci da quella politica e, cosa più importante ma che qui non avviene mai la condanna morale da parte dei cittadini –  viene considerato ancora oggi,  perfino dai presidenti della repubblica e del consiglio una persona politicamente affidabile. Una persona a cui si dà ancora la possibilità  di avere voce in capitolo nelle scelte e nelle decisioni importanti che riguardano tutto il paese.

 

Il nostro paese è stato  deformato a immagine e somiglianza di silvio berlusconi con la complicità viva, attiva e vibrante di chi avrebbe dovuto impedirlo in tutti i modi. berlusconi è stato agevolato  con tutti i sistemi possibili e dalla politica tutta affinché non avesse mai nulla da temere in ambito giudiziario né politico.
Ecco perché  la sentenza di oggi non produrrà nei fatti nessun effetto eclatante:  l’ennesimo decreto ad personas pensato dal governo, quello necessario ma soprattutto Napolitano in tutta fretta nelle ultime ore, avvantaggerà anche o forse sarebbe meglio dire in primis i coinvolti nelle storiacce di HardCore.
Mercoledì prossimo l’apposito ministro della giustizia Cancellieri presenterà il decreto in parlamento.
Fra i primi beneficiari, quelli che rientreranno per legge nelle agevolazioni ci sono Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede.

Il pdl gioisce e il pd, come da tradizione, annuisce.

Il fatto che si debba restare appesi a delle sentenze che non produrranno mai il risultato di far sparire berlusconi dalla scena politica essendo influenzate dagli stravolgimenti al codice penale operati voluti e ottenuti da silvio berlusconi, è sintomatico di come non ci sia alcuna volontà di liberare l’Italia dalla presenza insopportabilmente ingombrante,  invasiva e abusiva di silvio berlusconi.
L’unico sistema utile è e resta quello di applicare, sebbene con notevole e ingiustificabile ritardo, la norma costituzionale sull’ineleggibilità, con buona pace di chi afferma, restando serio come il povero Speranza del pd che, siccome b è stato eleggibile fino ad ora non si capisce perché non possa più esserlo da stasera o domani.

Come a dire che se qualcuno ruba, mafia, stupra, spaccia per vent’anni ma non viene mai beccato il giorno che succede non si deve condannare e fermare perché per vent’anni l’Italia è andata avanti lo stesso anche con i suoi reati.

Come non importa, è un dettaglio insignificante: di questo la politica e le istituzioni alte non si curano,  sono dettagli che vediamo solo noi, da un certo punto in poi vengono opportunamente oscurati dal panorama dei cieli azzurri e dei governi necessari.

La cosa più grave è che chi ha trasformato un imprenditore fallito in odor di mafia e malaffare nel personaggio in grado di trascinare l’Italia al disastro totale non pagherà mai per questo crimine. 

Quelli che hanno partecipato sono ancora tutti qui e sono quelli che pretendono il rispetto delle istituzioni, che s’inalberano per il linguaggio violento della Rete.

In nessun posto del mondo cosiddetto civile sarebbe possibile considerare valide le testimonianze di gente pagata dall’imputato.

Andrebbero condannati tutti per vilipendio reiterato e continuato allo stato italiano.

Rodotà: “Berlusconi, se condannato, è ineleggibile per legge”

 

Ruby, per Berlusconi è l’ora del verdetto
Accusa e difesa, ecco le tesi a confronto

Prostituzione minorile e concussione, attesa per la sentenza al processo contro l’ex premier a Milano
“Arcore, sistema prostitutivo. No, cene eleganti”

Ma mi faccia il piacere
Marco Travaglio, 24 giugno

Fuori tutti per pacificarne uno. “Per fare la riforma delle
giustizia ci vuole un provvedimento di amnistia. Una stagione di riconciliazione comincia rimuovendo tutte le cause che fanno pensare alla politica come a una dimensione di scontro, senza esclusione di colpi”(Mario Mauro, Scelta civica, Corriere , 23-6). 
Deve aver equivocato sul concetto di ministro della Difesa.

Trust di cervelli. “Al Pd serve un congresso di idee” (Alfredo Reichlin, l’Unità, 12-6). Non appena avranno trovato uno che ne abbia una.

Sterminator. “Il governo crei le condizioni per il lavoro” (Sergio Marchionne, La Stampa,8-6). Che poi a distruggerlo ci penso io.

L’individuo. “Mi accusano di berlusconismo perchè difendo l’individuo” (Piero Ostellino, Corriere della sera, 22-6). Sempre lo stesso, però.

Larghe vaseline/1. “Josefa Idem nella bufera per l’Ici. Voci di dimissioni. La ministra delle Pari opportunità in difficoltà per i dubbi su irregolarità fiscali legate alla sua casa-palestra” (l’Unità, 21-6). Ora l’evasione fiscale si chiama così: difficoltà per dubbi su irregolarità fiscali.

Larghe vaseline/2. “Deficit, è un caso la sfida di Berlusconi all’Europa” (Corriere della sera, 18-6). Berlusconi dice che bisogna sforare il tetto del 3% violando gli accordi stipulati dal suo ultimo governo, ma per il Corriere è una “sfida” e un “caso”.
Praticamente una combinazione fortuita.

Larghe vaseline/3. “Idem, è un caso il lavoro avuto dal marito” (La Stampa, 22-6). Un altro caso del destino.

Primati mondiali. “Il ministro Idem: ecco perchè avevo due prime case” (Repubblica ,
21-6). Ha anche due figli, entrambi ovviamente primogeniti.

Idemtità. “L’accusa di aver violato una legge alimenta il triste ritornello ‘Vedi, sono tutti uguali'” (Josefa Idem, ministro Pd delle Pari Opportunità, Repubblica , 21-6). 
Gli altri violano la legge e lei Idem.

Buon peso. “Scontro finale sullo stop all’Iva. Ultimatum del Pdl: rinvio a dicembre. Ma il tesoro punta i piedi. Letta media e propone tre mesi”. Facciamo tre e mezzo e un bacio sopra.

Briodore/ 1. “Come scelgo i dipendenti? Sento dall’odore quelli bravi” (Flavio Briatore, il Giornale, 20-6). Poi, con comodo, li lava.
Briodore/2 . “Non so il latino. Certe volte faccio anche degli errori scrivendo. Però ci sono le segretarie che ti possono correggere” (Briatore, ibidem).

Quelle che sanno l’italiano le riconosci dalla puzza.
Il letterato. “Studiare è una cosa importantissima, ma non è mai come la pratica. Un giorno, avrò avuto 18 anni, ero a Torino e ho visto dei ragazzi che uscivano dall’università. Mi sembravano anziani come mio padre. Ho detto: ‘Se devo finire con i libri sotto al braccio a trent’anni, è meglio che mi dia una mossa’” (Briatore, ibidem).
Metti che poi il libro ti cada su un piede. Pussa via.

La Speranza di B. “Le norme vanno rispettate e non si possono immaginare scorciatoie. Se fin qui Berlusconi è stato eleggibile, non vedo cosa possa essere cambiato rispetto alla norma esistente” (Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, La Stampa, 20-6). Il furto è reato e non si possono immaginare scorciatoie. Ma se uno ruba per vent’anni e non si fa mai beccare non è il caso di beccarlo proprio ora, altrimenti la gente poi si disorienta.

L’asse. “L’asse toghe-fisco condanna Dolce e Gabbana” (Libero , 20-6). 
L’asse toghe-carabinieri condanna rapinatore di banche.

La giureconsulta. “La farsa in Cassazione (era la Corte costituzionale, ma fa niente, ndr) è finita nel modo più scontato. Uno Stato che si vendica usando il pugno della giustizia non è liberale. Mobilitiamoci” (Mara Carfagna su Twitter, 19-6). 
Dai, facciamo un altro calendario.

Tour de France. “Ricorrerò a Strasburgo a titolo personale”(Michaela Biancofiore, sottosegretario Pdl, 21-6). A piedi o in bici?

Facci ridere. “Dopo il fallimento dei due comici, l’impresa farebbe bene a non fuggire di nuovo nelle illusorie narrazioni dell’antipolitica” (Michele Prospero, l’Unità, 23-6).
E a passare al terzo comico: Prospero. Non c’è il due senza il tre.

Letto e tre piazze. “Al matrimonio di Paola De Micheli, vicecapogruppo vicario del Pd alla Camera, era presente Fedele Confalonieri, presidente Mediaset” (Repubblica , 23-6). Nell’era delle larghe intese, si portano Mediaset anche all’altare.

L’antipatico Rodotà

L’insulto è solo la scorciatoia per chi non ha argomenti.
E dispiace che questa semplicissima cosa non venga compresa proprio da tutti.
Nessuno ha i titoli per insultare nessun altro.
Nel dibattito pubblico l’insulto è un pessimo biglietto da visita, lo abbiamo sperimentato e subito con berlusconi e non ci piaceva, dunque si presume che non dovrebbe piacere nemmeno quando ad insultare sono altre persone.
Chi non giustificava, giustamente, berlusconi non dovrebbe farlo nemmeno adesso con Grillo.
Altrettanto giustamente.

MA

Non dico di essere coerenti ma insomma, a tutto c’è un limite.

Dire che una persona sbaglia non significa mettersi dalla parte di chi da quella persona è stato sempre criticato.
Ma per dire che quella persona sbaglia bisognerebbe avere i titoli per farlo.
Io Grillo e il movimento li ho sempre difesi nelle questioni di principio ma li ho anche criticati quando andavano criticati. 
E quando critico qualcuno lo faccio in base alle mie riflessioni, non me le faccio prestare dal segretario di partito, dal politico o dal quotidiano.
Il pd che oggi difende Rodotà non è lo stesso che in tempi recentissimi e non solo non l’ha degnato della benché minima considerazione, che si è arrampicato sugli specchi per giustificarsi di non averlo potuto votare, che ha ritenuto più opportuno rieleggere alla presidenza della repubblica Napolitano perché serviva il presidente “garante”? 
Correttezza vorrebbe che oggi i tromboni piddini invece di approfittare delle cadute di stile di Grillo tacessero, così come hanno fatto in altri contesti e situazioni, visto che lo stesso Rodotà ha detto più volte di essere stato abbandonato dalla sua politica di riferimento e di non riconoscersi più nel pd, probabilmente perché non ritiene più credibile quel partito ed è facile anche immaginare il perché.

Grillo è un peso per i 5s quanto lo è berlusconi per un progetto di centrodestra almeno decente.

No non ci sto più, non li ho votati ma ho difeso il principio, i diritti democratici per i quali se qualcuno ti vota devi avere le stesse possibilità date a tutti ma questo fatto che nessuno può parlare senza essere bersagliato dagli insulti di Grillo no.

Non mi va più bene.

Non è un episodio, due, è un fatto SISTEMATICO che avviene ogni volta che qualcuno prova a dire qualcosa .

Ci vuole non il pelo sullo stomaco ma bisogna proprio non avercelo uno stomaco per trovare una spiegazione all’insulto a Rodotà.

Lui deve smetterla di decidere cosa si può dire e chi lo deve dire, perché lui per primo non ha mai risparmiato nessuno.

ciao Franca2

Franca Rame, la bellissima moribonda e il baciamano di

Calderoli

Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano

Da quando l’ho conosciuta io, cioè da almeno quindici anni, è sempre stata moribonda. Bella – perché era tanto bella, la più bella – e moribonda.

“Maaarco, sto maaalissiiiiimo…”, ogni sua telefonata si apriva così. Poi partiva uno sfavillìo di battute, idee, progetti, commenti sull’ultimo articolo o l’ultima puntata di Servizio Pubblico, suggerimenti da farci un giornale intero. “Francuccia, non mi pare che tu stia poi così male”. “Ma va là, tu non puoi capire, sto sempre a letto. O muoio da me o trovo qualcuno che mi ammazzi. A proposito, tu che sei il diavolo conosci mica un killer?”. Una volta era la pressione (sempre bassa, bassissima), una volta la depressione, una volta l’ischemia, una volta l’aritmia, una volta la respirazione, una volta la vertebra schiacciata, una volta il prurito, insomma non ho mai conosciuto una moribonda più in salute di lei.

La prima volta fu a Palermo, a un dibattito su mafia e giustizia. Non ci eravamo mai visti prima. Lei insultò Leonardo Marino, il pentito del delitto Calabresi, io intervenni a difenderlo. Lei non replicò. Alle due di notte rientravo in albergo, e mi sentii toccare una spalla: “Lei, signorino, è quello che oggi mi ha contraddetta su Marino?”. “Sì e se vuole le spiego perché”. Tre ore di accanito dibattito sul divanetto della reception, Dario intanto era passato e salito, augurandoci la buona notte. Non la convinsi io, non mi convinse lei. Però alla fine, barcollando verso la camera, esalò: “Vabbè, per me Sofri è innocente perché lo dico io. Ma, siccome scrive sul Foglio, forse un po’ di galera se l’è meritata. E adesso vado a letto perché sono le cinque e io sto malissimo”.

Nel marzo 2001 vado a presentare L’odore dei soldi su Rai 2, al Satyricon di Daniele Luttazzi. Succede il finimondo. L’indomani mattina il primo squillo sul telefonino è di Franca. “Maaarco, erano anni che non avevo un orgaaasmo!”.

Un’altra volta presento il mio libro su Montanelli, con cui lei e Dario avevano avuto scontri epici negli anni 70. Eccola lì in prima fila, maestosa, smagliante e fiera, accanto a Dario, al Circolo della Stampa di Milano. “Che ci fai qui, Francuccia?”. “Non dirlo a nessuno, ma Montanelli era bellissimo”.

La prima dell’ultima pièce scritta con Dario, L’anomalo bicefalo, su Berlusconi e Putin. “Marco, alla fine sul palco voglio organizzare un dibattito sul lodo Schifani, invitiamo qualche giudice?”. “Se vuoi provo con Armando Spataro”. E così, dopo gli applausi finali, Spataro e io la raggiungiamo in camerino. Il magistrato fa il baciamano e i complimenti. Lei lo fissa: “Ma io a lei la conosco”. “Può darsi”. “Ma sì, lei è quello che voleva arrestare mio figlio negli anni 70!”. “Arrestare proprio no, però insomma, mi occupavo anche di gruppi extraparlamentari…”. Tutti e due se la ridono di gusto. E lei: “Guarda te i miracoli che fa Berlusconi. Ma chi me lo doveva dire che sarei passata dalla parte dei magistrati”.

Nel 2006, sarà stato febbraio, lei mi chiama con la solita voce dall’oltretomba. Io la prendo in giro, ormai è un gioco: “Francuccia, stai morendo o sei già morta?”. “Peggio, peggio”. “Cosa?”. “C’è qui Di Pietro che vuole candidarmi al Senato”. “E allora?”. “E allora non so cosa dire. Nessuno mi aveva mai candidata al Senato. Dario dice che è meglio di no, Jacopo che è meglio di sì, così mi levo dai coglioni. Siamo uno a uno. Decidi tu”. “Direi di sì: vuoi mettere la scena madre di te che muori in pieno Senato?”. “Hai ragione, accetto”.

Qualche tempo dopo la incontro a Fiumicino, già senatrice, ringiovanita di vent’anni, dritta come un fuso, bella come un fiore. È tampinata da Calderoli, che si profonde in salamelecchi: senatrice di qua, senatrice di là. “Franca, vieni in taxi con me?”. “No, approfitto del passaggio di Calderoli, lui è vicepresidente e lo vengono a prendere”. Mi chiama un’ora dopo: “Maaarco, guai a te se dici a qualcuno quello che hai visto. Tu non ci crederai, ma il Calderoli è sempre così gentile, mi corteggia, mi fa anche il baciamano. Se i suoi elettori sapessero com’è davvero, non lo voterebbero più”. “Ma neanche te i tuoi, Franca”. “Ecco, appunto. Zitto”.

Due anni fa torna a teatro dopo un bel po’, col Mistero buffo al fianco di Dario. Un salutino in camerino, prima che entri in scena. “Maaarco, sto malissimo, mi sa che stasera svengo sul palco”. In effetti è pallida, si regge in piedi a stento, gli occhi persi dietro le lenti a fondo di bicchiere, sempre bellissima, ma di carta velina. Quando tocca a lei, però, è un’altra. Sicura, altera, avanza a grandi falcate, in gran forma come Totò che sui legni del palcoscenico ritrovava persino la vista, attacca col monologo di Maria sotto la Croce e incanta tutti. Dario se la bacia tutta dietro la quinta.

“Da quando è nato il Fatto, ho di nuovo il mio giornale. Posso mandarvi delle cosette?”. E quante ne ha mandate, di “cosette”. Lettere aperte, articoli, racconti, appelli da far firmare ai lettori, proposte di intervista, post per il suo blog, campagne contro gli sprechi della casta, le spese militari, gli inciuci, per i familiari dei soldati morti di uranio impoverito, per quella sinistra a cui ha dato tutto senza riceverne nulla, l’ultimo per Rodotà. Aveva quasi finito un libro sulle sue memorie di un anno e mezzo in Senato: “Non vedo l’ora di fartelo leggere. Lì c’è tutta l’inutilità del Parlamento. Ti guardano, ti sentono, ma non ti ascoltano. Una volta ho fatto un esperimento con un collega senatore: gli ho detto che avevo nella mia valigia un cadavere e che all’aeroporto stavano per scoprirmi perché un dito era uscito dalla cerniera lampo. Sai cosa mi ha risposto, guardandomi in trasparenza come tutti? ‘Ah sì, ne parliamo nella riunione di gruppo’…”.

Da una delle ultime mail: “Caro Marco, mi sto esaltando… una pagina del Fatto tutta per me. Grazie! Grazie! Da un po’ di tempo non mi faccio sentire con congratulazioni, ma dopo l’ischemia faccio fatica a riprendermi. Ho, come dico sempre, tanti anni e quindi accetto serena ciò che mi sta capitando. Verrà l’estate e andrà meglio, speriamo. Aspettiamo giovedì sera con allegria e tensione… Nella puntata ultima guardavo la tua faccia onesta, e per la prima volta ho realizzato che i tuoi capelli si stanno ingrigendo. Mi ha fatto una gran tenerezza e ho sentito il bene che ti voglio come fossi della mia famiglia. Un abbraccio grande, franca. Ps. Ti allego un altro racconto un po ’ imbarazzata”.

Quanto era bella Franca.

Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2013

C’era una volta un partito

I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi.

Gino Strada

Il pd non ha avuto paura di andare in piazza: NON C’E’ POTUTO ANDARE.
Così come non ha potuto dire mezza parola sulla manifestazione eversiva del pdl a Brescia.
Il pd si è consegnato spontaneamente a quello che avrebbe dovuto essere il nemico, l’avversario, l’antagonista, e questa è una delle conseguenze.

Se guardate dietro, ma dietro dietro, dovrebbe esserci anche bersani [che in quanto segretario dimissionato avrebbe potuto esserci davvero, per dire].

E’ meglio, molto meglio che la politica dei giorni nostri non si accosti nemmeno per sbaglio alla questione morale, quella di cui parlava Berlinguer trentadue anni fa.
Perché sarebbe molto complicato spiegare da un punto di vista morale, che non è uguale a quello moralista, o “moralisteggiante” come va di moda dire adesso, com’è stato possibile che un partito che diceva di essere l’alternativa al disastro economico, etico e, appunto, morale, prodotto da berlusconi in questi due decenni,  sia rimasto a guardare dalla finestra uno spettacolo al quale non avrebbe dovuto partecipare come spettatore muto ma da protagonista principale.
Il pd non ha solo abbandonato l’idea di essere alternativa, ha proprio e definitivamente rinunciato all’idea di una politica onesta, al servizio della gente, dei suoi bisogni e necessità.
Non si abbandona il popolo e non si abbandonano i lavoratori a favore della risoluzione dei problemi di un  delinquente.

Pdl dopo insulti a Carfagna
“Colpa dei cattivi maestri”

Lei: “Mi spaventa il clima” video

La pretesa che dei carabinieri si debbano occupare di insulti verbali dà l’esatta misura di quanto questa gente sia distante dalla realtà, quella di altra gente che è costretta a rubare per mangiare a causa delle loro politiche scellerate, hanno ridotto un paese in miseria e in ginocchio, l’hanno stravolto e deformato a immagine e somiglianza di un delinquente  e in cambio  pretendono  il silenzio rispettoso?

Preambolo: “ chi infiamma le piazze, chi alza i toni, chi insulta con disprezzo, dovrebbe riflettere e farsi un accurato esame di coscienza” .

Aristotele? no, brunetta a proposito di madonna carfagna insultata.

brunetta, se sbaglio mi corigerete, è stato quello che insultò una signora tre volte laureata dicendole che lei e quelle e quelli come lei erano “l’Italia peggiore”.
Allora io voglio dire a brunetta, alla carfagna, a schifani [!] che parla di episodi preoccupanti […], e per conoscenza anche a Laura Boldrini, che ancora non c’entra ma si è dimostrata assai sensibile al tema dell’insulto al politico ed è subito accorsa a dare la sua solidarietà di genere alla carfagna, forse per il timore che brunetta le potesse rifare lo stesso cazziatone di qualche giorno fa in parlamento, che forse bisognerebbe andare oltre la solita solidarietà pelosa e ricercare  i motivi del disagio nei motivi, appunto, che ci sono, non sono il frutto di nessuna fantasia né dell’antipatia personale nei confronti di qualcuno.

Bisognerebbe chiedersi, seriamente,  come mai  c’è gente, nella fattispecie gente che fa politica per mestiere, che non può mettere piede in un negozio, in un ristorante, al supermercato senza essere presa di mira. All’estero i politici vanno in giro in bicicletta, coi mezzi pubblici, a piedi, qui no.

Ci sarà un motivo?

Non ne possiamo più, è diventato difficile e complicato anche pensare che esistono persone così,  insopportabili, false, bugiarde, arroganti e questo al di là di tutti i  privilegi, di tutto l’esercito di poliziotti e carabinieri con cui sono costrette ad andare in giro per evitare che le lincino, altroché insulti, e non è più tollerabile il tentativo reiterato ormai quotidianamente di reprimere il dissenso che loro stesse hanno prodotto in tutti questi anni.  

Il clima di odio l’hanno costruito loro e ora se ne lamentano?

Questa  ossessione dell’intervento repressivo, di censurare le voci contro  è stomachevole. 

L’odio è un sentimento, come l’amore, e nessuno può impedire a nessun altro di odiare qualcuno e di dirglielo, se ne ha voglia.  

Noi, al contrario di loro una coscienza l’abbiamo, ed è proprio quella, che si ribella.

La carfagna non si offende di stare al fianco del puttaniere corruttore [sempre per sentenze, non per le opinioni mie o di qualcuno]? non lo trova violento?

LE LARGHE INTESE: STORIA GROTTESCA DI UN AUTOCOMPLOTTO 
Furio Colombo, 19 maggio

Certo che c’è un complotto. Ci deve essere una ragione urgente, grave e pericolosa, se il nuovo segretario del Pd, già segretario della Cgil, è costretto a non andare al corteo e alla manifestazione della Fiom (Cgil) che difende accanitamente il lavoro. Per non turbare il governo delle larghe intese? Non può essere perché appena una settimana prima il collega di Letta dell’altro partito era andato in piazza in difesa di Berlusconi condannato due volte e in attesa di due sentenze. Lo aveva fatto contro i giudici, ovvero un leader dell’esecutivo contro un altro potere democratico della Repubblica. Lui risponde: “È la politica, bellezza”. Non vale per il Pd. Il Pd deve fingere di esserci e restare fermo, sottomesso, a obbedire. Questo è il complotto. Ecco le prove. Una sera in televisione compaiono fianco a fianco il presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma (Pdl) e la presidente della commissione Giustizia della Camera, Ferranti (Pd). Sono due esperti, due magistrati. Rappresentano i due partiti che si contendono il governo in Italia. Viene buttata lì la domanda (Lilli Gruber, 16 maggio): “Secondo lei Berlusconi potrà essere senatore a vita?”. Il lettore immaginerà che il senatore del Pdl abbia detto con convinzione ed entusiasmo che certo, sì, Berlusconi è lo statista italiano che più di tutti merita questo onore. Giusto. Nitto Palma lo ha fatto. E che la presidente Ferranti, anche perché giudice, abbia respinto con un certo sdegno questa risposta. Invece, con un sorriso ha detto che “non saremo noi a dire se Berlusconi può diventare senatore a vita. Il privilegio di quella decisione spetta al presidente della Repubblica”. Gli spettatori – elettori (ormai le elezioni sono sempre imminenti) hanno constatato che una delle parti è attiva e occupa tutto lo spazio che può (molto, data la doppia disponibilità televisiva che è dono del conflitto di interessi) al punto da mandare in onda, in tempo reale, contro-inchieste televisive su processi in cui Berlusconi è imputato. L’ALTRA PARTE è immobile. E viene incoraggiata a disertare e disprezzare una grande manifestazione operaia per il lavoro. Non mancano i momenti in cui le conseguenze del complotto contro il Pd diventano ancora più chiare. Arriva Chiamparino, che lascerebbe tutto per diventare segretario del Pd dopo il Congresso d’autunno. La notizia sembra interessante, smuove le acque. Ma il complotto obbliga Chiamparino ad aggiungere una condizione non negoziabile: “Accetterei solo se il Pd facesse proprie le proposte di Pietro Ichino sul lavoro”. Come è noto, sono le stesse regole di condotta che hanno affondato il lavoro negli Stati Uniti, mettendo tutto il potere nelle mani delle imprese, fino a quando il presidente Obama ha strappato al Congresso più diritti e più lavoro per la parte di americani che lo ha votato, cioè i più poveri. Il Pd, invece è deciso (o costretto) a ignorare i suoi elettori. Eppure molti di loro cercavano, anche i meno sicuri, una sola qualità nel Pd: la certezza che non fosse il Pdl. Ma qui entra in funzione, potente e bene organizzato, il complotto. Centouno estranei si infiltrano nel partito che, in Europa, è parte del Pse (Socialisti europei) e prima abbattono Prodi, poi obbligano l’intero partito, dirigenza e deputati, a non vedere Rodotà. Votarlo voleva ridare istantaneamente identità e dignità a un intero partito immobilizzato e sotto assedio, avviare un nuovo governo e soprattutto restare dalla parte degli elettori. Ma la ferrea crudeltà del complotto non lo ha permesso. Forse per questo Beppe Grillo, leggero di mano come al solito, può dire in un suo comizio di questi giorni: “Non preoccupatevi, è tutto chiaro. A ottobre andremo alle elezioni perché così vuole il nano e allora saremo in due a misurarci, noi e il nano. E li spazzeremo via”. Non sappiamo se la previsione sull’happy end di Grillo sia fondata. Ma purtroppo la descrizione del paesaggio sembra realistica. Si vedono con chiarezza due protagonisti, non tre. VI DIRETE: ma il presidente del Consiglio è del Pd. Inevitabile rispondere. Sì, ma da lontano non si vede. E questo è il capolavoro del complotto che sta togliendo di mezzo il Pd: quel partito, da lontano, dal punto di vista degli spettatori-elettori, non si distingue. Avrete notato il tono padronale del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno (carica non da poco in caso di imminenti elezioni). Avrete notato il tono padronale dei loro giornali, delle loro televisioni. Ti parlano con la contenuta indignazione di chi comanda, e includono un evidente disprezzo per chi ha detto o scritto ciò che non vogliono. Anche l’uso del governo – che offre al ridicolo la reputazione di uno dei partiti per segnare i punti dell’altro – dovrebbe far riflettere. Esempio, l’Imu. Letta rischia tutto con l’Europa, un bravo banchiere gli fa da notaio. Ma è Berlusconi che si presenta al pubblico per l’incasso. Lo ottiene perché, per forza, credono a lui. Nessuno farebbe spontaneamente, contro se stesso e la propria credibilità e immagine, ciò che il Pd ha fatto e sta facendo. Come Pasolini, devo dire – del complotto contro il Pd – che “io so, ma non ho le prove”. A differenza di Pasolini mi tormenta un dubbio. Che si tratti di un folle autocomplotto che punta a un risultato inevitabilmente distruttivo? Altrimenti come spiegare che un solo senatore (Luigi Zanda) ha chiesto al Pd di dichiarare l’evidente ineleggibilità di Berlusconi? Gli altri sono minacciati?

***

LA SOLITUDINE DEGLI ELETTORI 
Antonio Padellaro, 19 maggio

Di bandiere del Pd ce n’era una soltanto, ma siamo convinti che di elettori del Pd ce ne fossero davvero molti, forse la maggioranza tra i centomila di piazza San Giovanni a Roma dove, ieri, intorno alla Fiom-Cgil di Maurizio Landini, c’erano con la sinistra del lavoro, della legalità e della dignità, Stefano Rodotà, Sergio Cofferati, Gino Strada, Antonio Ingroia, Nichi Vendola e i 5Stelle. Lavoro e diritti che teoricamente dovrebbero stare a cuore al Pd dell’ex leader della Cgil Epifani, così come a Bersani e agli altri esponenti del sinedrio democratico che, sempre molto teoricamente, di sinistra dovrebbero sentirsi. È un caso unico, quello di un gruppo dirigente che, come paralizzato da una forza potente quanto misteriosa, abbandona i propri militanti nella solitudine politica anche a costo di perderli per sempre. Una coazione a ripetere gli stessi errori che dura guarda caso da un decennio, da quando (era il 2002) sempre in quella piazza San Giovanni un milione di cittadini dissero: basta con Silvio Berlusconi. Sembrò la volta buona, ma poi furono lasciati soli dai Ds, e si è visto come è finita. Oggi la situazione si presenta ancora più grave. È comprensibile che, dopo il vergognoso tradimento del contratto con gli elettori, quei dirigenti che firmando la resa nelle mani di Napolitano sono andati al governo con il Pdl non abbiano più il coraggio e la faccia per mostrarsi a un popolo che forse non li riconosce più. Solo in due non hanno avuto paura di andare in piazza: Fabrizio Barca e Matteo Orfini. Gli altri sono o ministri o sottosegretari. Esiste anche il problema opposto, poiché farsi vedere accanto a Landini e Rodotà potrebbe scatenare le ire dei Brunetta e dei Cicchitto, e ciò per i colonnelli delle larghe intese pd è oltremodo disdicevole. Michele Serra sull’Espresso ha narrato da par suo la triste condizione dei deputati e senatori democratici, costretti a convivere nella stessa maggioranza con i berluscones: “Le inventano tutte, dai sedativi alla cannabis, e i più audaci tagliano la testa al toro e diventano di destra”. C’è poco da ridere: con il sesto senso della satira, Serra ha colto nel segno. È il destino di chi, a furia di arretrare sui principi e di fare compromessi con la propria storia, non si ricorda più chi era e da dove veniva. Del resto, la classe operaia è dispersa e anche il lavoro si va estinguendo. Non è meglio allora “fare spogliatoio” con Alfano e Quagliariello?

Abbracci fra il presidente della repubblica e il ministro della sanità. In un paese normale sarebbe stato così.

 

Di minacce, molestie, del reale e del virtuale

 

Cara Boldrini, c’è una legge sullo stalking
eppure le donne continuano a morire

“C’è un vecchio detto, quello che è illegale offline è illegale online. La Rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare” [Stefano Rodotà].

Per accorgersi del disagio sociale c’è voluto lo ‘squilibrato’ con una pistola in mano, e perché qualcuno finalmente dicesse che le molestie e le minacce via web sono un problema tutt’altro che virtuale ci sono volute le molestie e le minacce all’eccellenza di turno.

Fino a due, tre giorni fa tutto andava benissimo com’era, centinaia, migliaia di persone subiscono quotidianamente fastidi di ogni genere in Rete, non solo le donne, ma nessuno si è mai posto il problema di pensare che forse i responsabili dei siti, dei portali e dei social network potrebbero e dovrebbero, anzi devono attivarsi affinché questo fenomeno venga ridimensionato e magari risolto. 

Insistere ancora sull’urgenza di nuovi provvedimenti e di nuove leggi oltreché fuori luogo sta diventando anche di cattivo gusto.
In Italia non c’è nessuna emergenza da contenere per mezzo di leggi speciali né di task force apposite, ci sarebbe solo l’impellente necessità di avere persone serie alle istituzioni che facessero rispettare finalmente quelle esistenti, che ci sono.

Adesso che c’è di mezzo la signora presidente della Camera il tema delle molestie virtuali è diventato materia di dibattito serio, il fior fiore dei giornalisti e dei sociologi si produce nel suo meglio, ovvero scrivere fiumi di parole utili solo a distrarre e a buttare un po’ di fumo negli occhi alla gente per quello che fino a due giorni fa era un argomento da pour parler. 

L’unico che ha detto e scritto cose serie e importanti, il professor Rodotà, non viene proprio considerato.

Quando, una decina d’anni fa ho iniziato ad occuparmi del problema e già allora scrivevo che a nessuno deve essere consentito oltrepassare i limiti nemmeno qui un sacco di gente mi diceva che sbagliavo, perché in fin dei conti quello che si fa per mezzo di un pc poi deve restare confinato in quell’ambito. 

Spento il pc risolti i problemi.

Mentre non è affatto così, non lo è nel male ma nemmeno nel bene: non siamo automi programmati per fare, dare e ricevere e poi dimenticarcene, le parole sono importanti, sempre, perché se è vero che non ammazzano possono però essere la causa di sofferenza e illusione.

Quando scrivevo che non mi sembrava corretto che qualcuno approfittando dell’anonimato avesse la possibilità di offendere gente nel suo personale più stretto, la famiglia, i figli, gettare discredito sulla sua persona mi consideravano un’aliena sul genere di “ma che vuole questa che pretende rispetto anche in un ambiente effimero, falso come il web?”

Mentre tutte le persone che sono qui dentro sanno benissimo che non c’è proprio niente di effimero e nemmeno di falso: le minacce, i ricatti, gente che approfitta di una confidenza fatta in un momento di debolezza per mettere qualcuno alla berlina e costringere una persona a nascondersi più del dovuto fino a sparire, il web è anche questo, sono una realtà vista e vissuta da tantissime persone, me compresa. 

Chi mi molestava e mi perseguitava [e non è ancora finita, c’è sempre qualcuno che lascia tracce di sé sulle strade virtuali percorse da me] non lo faceva perché sono una donna, non era una questione di genere, ma proprio perché sono io,  lo faceva per le mie idee, per il mio modo di esporle, per la mia capacità di saper catturare attenzione, quindi nulla a che fare con la persona virtuale ma proprio e solo con la mia persona.

Quando, grazie all’abominio delle segnalazioni anonime, l’unica cosa che dovrebbe essere abolita ma che invece viene utilizzata come mezzo di contrasto all’abuso fino ad essere diventata proprio l’abuso – bastano quattro o cinque persone che si organizzano e può succedere di tutto – mi è stato tolto un blog che piaceva l’intenzione non è stata quella di far sparire semplicemente quel blog ma proprio me. 

Quindi quelle cinquecento persone al giorno che entravano anche e solo per leggermi hanno dovuto accettare la sua sparizione perché quattro, cinque, dieci persone avevano decretato la fine di quel blog.

Ma tutto questo e molto altro di quel che può accadere ad una persona in Rete non è mai stato un problema, non lo è stato per le varie associazioni di tutela dei consumatori alle quali mi sono rivolta invano per riavere quel blog i cui materiali inediti e personali non mi sono mai stati restituiti in base ad un regolamento che non saprei come definire, e nemmeno per la legge: invito e sfido chiunque a provare a fare una denuncia regolare per stalking virtuale per vedere che succede: niente, praticamente, esattamente come per quello reale.

E non era un problema nemmeno per i responsabili di quella piattaforma dove avevo il blog che non hanno mai ritenuto opportuno tutelare uno dei suoi “prodotti” migliori impedendo le molestie ma trasformandole anzi in un’occasione da share, le cose che più fruttano nel web sono il pianto e la chiacchiera, e nessuno ha mai pensato che quel che accade nel virtuale è qualcosa che si deve risolvere nel reale finché in questo troiaio non è andata a finire Laura Boldrini.
E questa è solo l’ennesima conferma della miseria di questo paese, dove anche essere tutelati legalmente per essere rispettati in quanto persone è un privilegio invece di un diritto.

 

La sensazione, forte, è che Laura Boldrini sia una donna confusa. Che sia stata inghiottita dal vortice di controindicazioni naturali e innaturali, lecite e illecite, sgradevoli o schifose che un incarico pubblico e la conseguente popolarità si portano dietro. E che la poca lucidità del momento, le impedisca di distinguere il becero dal pericoloso. Non è quindi un caso, il fatto che non riesca mai a dare il famoso nome giusto alle cose, ma che le cose, le marchi puntualmente col timbro sbagliato o le infiocchetti con un’enfasi inappropriata e l’immancabile spruzzata di retorica abbinata alla faccia contrita e la voce sofferente che la rendono pericolosamente somigliante alla goffa Charlotte di Sex and the city. Intendiamoci. Stimo la Boldrini, ammiro il suo percorso e le sue battaglie (e del resto ha un medagliere che neanche Yuri Chechi) , ma l’impressione è che gestisca il tutto con il terrore maldestro di chi la sera, nel silenzio della sua camera, recita ancora il mantra “Napolitano, Napolitano, Rodotà, Napolitano” per riuscire a prendere sonno. I primi nomi sbagliati alle cose li ha dati con Preiti. Va bene l’empatia col paese, va bene l’umanità, la solidarietà con la classe debole e sfiduciata, va bene pure la demagogia low cost da cui i politici attingono che neppure i Baci perugina da Paolo Coelho e viceversa, ma scomodare i concetti di “emergenza sociale” e “vittime che diventano carnefici”, per confezionare un movente sociale a un delinquente più preoccupato delle risposte di un videopoker che di quelle dello Stato, mi è parsa una forzatura retorica e involontariamente ingiusta. Ingiusta nei confronti dei tanti italiani inginocchiati dalla crisi che non giocano al tiro al piccione, ma vivono di umiliazioni e sacrifici silenziosi o rabbiosi ma pacifici, perché l’orrore della disperazione è una cosa ben diversa dell’orrore vile di un gesto criminale senza neppure la dignità di un movente. Apprezziamo lo sforzo perfino rivoluzionario di responsabilizzare lo Stato dopo secoli di deresponsabilizzazione compulsiva, ma non vorrei che ora la Boldrini si accollasse anche le colpe dell’infortunio di Zanetti e della rottura tra Biagi e la Pedron. Ma il presidente della Camera, sbaglia ancora di più a dare il nome alle cose, nella questione che riguarda il web. Quello che le capita (gli insulti, le minacce, il fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista) non le capita perché, come da lei dichiarato “Quando una donna riveste incarichi pubblici si scatena contro di lei l’aggressione sessista e che sia semplice innocua , gossip o violenta, assume sempre la forma di minaccia sessuale”. Le capita perché il web è il far west e il fatto che lei lo scopra oggi, solo per questioni che la toccano da vicino, è abbastanza sconcertante. Chiunque abbia una minima confidenza con social, forum, blog e qualsiasi spazio virtuale in cui anche l’ultimo dei subumani ha diritto di parola, sa bene che minacce, insulti, turpiloquio, ferocia verbale e imbecillità varie ed assortite sono il pane quotidiano. Sa bene che non è un problema di sessismo. (e qui la Boldrini sbaglia ancora parola) E’ un problema più irrimediabilmente cosmico, trasversale e universale : si chiama ignoranza. E tutto lo schifo che nel mondo virtuale trova ospitalità, dal fotomontaggio della Boldrini stuprata da un nero a Berlusconi impiccato a un albero, dalle minacce di morte a Alessia Marcuzzi per il Grande fratello a quelle per cui Rudy Zerbi per Amici, è riconducibile sempre e solo a quella parola: ignoranza. Alimentata da frustrazioni varie, invidia sociale, megalomania da anonimato, odio classista, imbecillità pura e distillata. La Boldrini dovrebbe farsi un bel giro su Internet e leggere i commenti su tanti colleghi maschi. Scoprirebbe un mondo. E probabilmente dovrebbe cominciare a parlare pure di maschicidio, oltre che di femmicidio (che è una piaga, ma la cui linfa non è il web, mi creda signora Boldrini) Ma soprattutto, mi chiedo dove fosse la Boldrini, una donna abituata a pensare alla comunità, ai deboli, agli invisibili, quando la ferocia del web e dei commenti spietati su facebook spingevano al suicidio la quindicenne di Novara o il ragazzino gay di Roma. Sono cose che si dovrebbero sapere, che si rivestano o no incarichi pubblici. Mi chiedo come mai si renda conto solo oggi, di cosa sia il web. Di quanto possa essere uno strumento meraviglioso, ma anche barbaro e incivile. E mi chiedo ora se gli inquirenti e la polizia postale che hanno provveduto a rimuovere le minacce, gli insulti e i fotomontaggi a lei dedicati, saranno altrettanto solerti e rapidi nell’agire per difendere serenità, moralità e dignità degli altri milioni di italiani e italiane in balia del web. Perché le leggi esistono. Esistevano pure prima. Il problema è che se io o l’ultimo degli utenti proviamo a sporgere denuncia per un insulto o una minaccia su facebook, è piuttosto improbabile che il giorno dopo la polizia trovi il mittente e faccia irruzione a casa sua come fosse una cellula di Al Qaeda. E poi siamo onesti. La faccenda del fotomontaggio della sua faccia sul corpo della nudista racconta più di ogni altra cosa la totale impreparazione di questa donna di fronte agli eventi che le stanno capitando. Li’ il sessismo non c’entrava un bel niente, e lo dico da donna continuamente bersagliata sul web da insulti beceri di maschi repressi e femmine sceme. Ci sono fotomontaggi di mille politici uomini sul corpo di Siffredi, la faccia di Berlusconi è stata incollata al corpo di chiunque, da quella di Schwarzenegger a quella dell’orango tango e nessuno ha mai mandato le forze dell’ordine a mo’ di teste di cuoio a casa del killer del photoshop, come ha fatto lei col povero giornalista reo di aver pubblicato il suo ritratto versione milf nudista. Che poi diciamolo: non era neppure così male, in quella versione, la Boldrini. Io fossi stata al posto suo, avrei lasciato il dubbio. Non per niente, qualche giorno prima lo stesso scherzetto l’avevano fatto alla Merkel (la sua faccia sul corpo giovane di una bagnante nuda) e Angela s’era ben guardata dallo smentire, figuriamoci dal mandare la polizia a casa di qualcuno. E dopo che abbiamo visto le sue foto a mollo nelle terme di Ischia abbiamo anche capito il perché. Sempre più furbi di noi, i tedeschi. P.s. battuta un po’ sessista Boldrini, ne convengo. Ora però non mi mandi le teste di cuoio a casa che ho appena lucidato il parquet, grazie.

Selvaggia Lucarelli

L’Italia è caduta in prescrizione [oltre il conato di vomito, reloaded]

Sottotitolo: “Ho dato tutto quello che avevo da dare. 
Una mia elezione sarebbe una non soluzione. Tornare indietro sarebbe ai limiti del ridicolo” 

[Giorgio Napolitano, 14 aprile 2013]

Un altro che mente sapendo di smentire.

Per non dimenticare chi comanda, in Italia.
La Cei “Napolitano prenda in mano la situazione”
Bersani: “risultato eccellente. Grazie Napolitano”

E grazie pure a voi, branco d’incapaci disonesti.
A giudicare dall’espressione anche berlusconi, come Bersani, pensa che il risultato sia stato eccellente.
Ci vuole solo una gran faccia come il culo a continuare a dire che è Grillo che istiga la rivolta.
Perché Grillo fino ad ora ha fatto proprio e solo il contrario, l’ha evitata, altrimenti troppe albe dorate si sarebbero formate.
Mentre invece l’unica alba dorata è proprio quella legittimata dalla politica e dal parlamento nell’espressione della lega nord.
La malafede è sempre una pessima ispiratrice.
L’articolo 87 della Costituzione [buonanima] ordina ai governi della repubblica italiana  di tutelare e difendere l’unità nazionale, non al presidente della repubblica di difendere e tutelare chi – ad esempio –  incentiva politiche razziste al fine di promuovere la secessione.
E nemmeno chiede di difendere e tutelare chi è “sceso in campo” in spregio a quella Carta, per tutelare le sue imprese e se stesso.

NAPOLITANO RIELETTO PRESIDENTE
Così la partitocrazia si chiude nel bunker

Pd-Pdl-Lega e Scelta civica lo implorano di restare e lui dice: “Non mi posso sottrarre”. E’ il primo
capo dello Stato confermato nella storia della Repubblica. E la Casta si affida a lui (di P. Gomez)

TRATTATIVA AVANZATA SUL GOVERNO DELL’INCIUCIO: IN POLE POSITION AMATO ED ENRICO LETTA
MONITI INASCOLTATI E LEGGI VERGOGNA: IL PRIMO SETTENNATO DI NAPOLITANO (di T. Mackinson)

Perfino  il tanto dileggiato Crimi è riuscito ad essere impeccabile nel ragionamento: la politica ha rifiutato un presidente della repubblica acclamato e voluto dai cittadini per mere questioni di interessi personali interne alle dinamiche della politica e dei partiti, ovvero il salvataggio a tutti i costi dell’abusivo impunito.

Cerchiamo di non dimenticarcele mai più queste cose, mica per noi, per queste creature che stanno nascendo e crescendo adesso, catapultate per caso in questo paese sciagurato.

Quando pensi che peggio di così non si può, c’è sempre un Napolitano che ti ricorda che il peggio, come dice il proverbio, non è mai morto.
E non ne ha la benché minima intenzione.

 Raccontatemi un po’ quella della “libertà che è partecipazione”?

Perché io, illustrissime testedicazzo che in parlamento vi siete sperticate dalla gioia per aver riconfermato uno dei peggiori presidenti della repubblica che questo paese abbia mai avuto, il mio dovere nei vostri confronti l’ho sempre fatto, anche quando non l’avreste meritato.
Mi piacerebbe sapere quand’è che voi inizierete a fare il vostro, quello per cui siete pagati da me e da una sessantina di milioni di altri italiani.
Oggi, non basta nemmeno la vergogna; non vorrei mai più sentire che “la colpa è della gente”, e nemmeno di Grillo.

Rinnovo l’invito che avevo fatto tempo fa: chi vuole bene ai suoi figli li mandasse via da qui.

Non è un bel posto per far nascere e crescere i figli l’Italia: è diseducativo.
Nuoce gravemente alla formazione di buone coscienze da cittadini consapevoli.
Non pensavo fosse così doloroso dover abbandonare per sempre l’idea che anche questo potesse diventare finalmente un paese normale, un po’.
Sano, almeno.

Un plebiscito per Napolitano, praticamente.
Oh, fatta eccezione che per i 5S si sono fidati tutti…magari il presidente di tutti ce l’avevamo e non lo sapevamo.
Siamo proprio degl’ingrati.

Se non è colpo di stato questo allora, quando? io capisco il professor Rodotà e lo ringrazio, lui non lo può dire, noi però sì.

«Cosa vogliono questi signori? La base non la ho sentita…» [Anna Finocchiaro]

E ancora: scusi, ci spiega perché il Pd non vota Rodotà?
«Guardi, di lui non abbiamo proprio mai parlato».

[Beatrice Borromeo intervista Anna Finocchiaro sul Fatto di oggi].

Ma l’articolo 67 non si applica anche ai grandi elettori?
Dunque se il segretario di un partito ordina di fare una scemenza come quella di votare scheda bianca e rimandare ad oltranza questo stillicidio non ci si può ribellare in funzione del fatto che “ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato?”
Esercitare, per una volta, il buon senso personale sarebbe pretendere troppo?

Dire no ad un’ottima persona come Stefano Rodotà appellandosi all’assurdo principio del “perché l’ha detto Grillo” [e non è così, casomai l’hanno detto gli elettori 5S  dimostrando di essere molto più lungimiranti di quelli di altri partiti], è il sintomo, la conferma che la politica, e nella fattispecie quella che dovrebbe, per posizione, principi, valori, essere più vicina alla gente e non agl’interessi di qualcuno non ha capito nulla di quel che è accaduto in questo paese,  non ha saputo ascoltare e raccogliere le istanze, le richieste della gente, che non le interessa affatto il cambiamento, il miglioramento ma che – al contrario – l’obiettivo è sempre lo stesso: il mantenimento in essere di tutto ciò che era ed è e di cui, evidentemente, non ci si può liberare. 

 Si preferisce tenere un intero paese in ostaggio delle manovre [sporche] di palazzo, lasciare che navighi a vista in funzione degli interessi di qualcuno: sempre lo stesso qualcuno.

Qui siamo oltre il ricatto, io mi prendo la libertà di pensare che si è arrivati alla minaccia vera e propria, non c’è altra spiegazione.

Non è mai bello infierire sulle sconfitte altrui, umanamente mi dispiace per Bersani ma, il fatto che a fregare Bersani siano stati proprio i suoi e non altri, i ‘nemici’, quei fascisti del web così tanto temuti e temibili, i potenziali guastatori dello stato, non so, mi provoca una sensazione di perversa piacevolezza.

Di cosa è morto il Pd di Bersani

Saper ascoltare, nel 2013, non è più un’opzione: è una condizione igienica. Come saper leggere e scrivere, insomma. Anni e anni di mancanza d’ascolto sono esplosi in 48 ore. Anni in cui i messaggi che arrivavano anche via Internet – da persone in carne e ossa, militanti, simpatizzanti, elettori – veniva derubricato a ‘popolo del Web’, come se fosse una corrente, una nicchia movimentista, minoritaria e un po’ rompiscatole.

Alessandro Gilioli la pensa come me, la qual cosa non risolve ma, aiuta.

Sottotitolo: la toppa colossale è stata aver permesso che fosse berlusconi a scegliersi il SUO presidente, altroché il garante, il presidente condiviso, quello delle larghe intese. Franco Marini nel 1997 aveva già partecipato, durante una cena a casa di Gianni Letta a cui era presente, oltre alla volpe del Tavoliere e al diretto interessato anche Fini, al famoso patto della crostata, da cui scaturì la tragica bicamerale con la quale d’alema, da presidente della stessa, consegnò a berlusconi le chiavi del paese.

Scriveva Trilussa: “e come disse er merlo ar tordo… sentirai er botto si nun sei sordo…” 

Significa più o meno che, se nemmeno dopo una serie di avvertimenti circa un pericolo incombente il soggetto,l’obiettivo di un possibile danno non pensa che sia il caso di mettersi al riparo e prendere gli opportuni provvedimenti, le contromisure, quando poi quel pericolo arriva, un po’, un bel po’, se lo è cercato.

L’umana comprensione non può né deve impedire di restare obiettivi, di pensare che gli avvertimenti ci sono stati, che c’è stata una larghissima parte di società civile che in tutti questi anni ha detto delle cose, ha fatto sapere alla dirigenza del pd quello che non andava bene, ci sono stati autorevoli intellettuali, alcuni, e in verità pochi giornalisti [ché la maggioranza si sa, tiene famiglia] che qualcosa hanno scritto a proposito di accordi che non accordavano, di intese che non intendevano e che venivano giustamente interpretate male dalla gente che ancora oggi non riesce a capire come si può essere così irresponsabili da sacrificare tutto di se stessi per andare incontro alle esigenze dell’impostore al quale degl’interessi della gente e del paese non frega nulla: tutti sanno ormai cosa interessa a silvio berlusconi e quali sono le sue priorità.
E oggi, per una questione di orgoglio, per non aver voluto accettare la proposta di Rodotà presidente della repubblica solo perché arrivata dai 5S – dei quali tutto si può dire meno che non abbiano dimostrato molta più intelligenza dei cosiddetti politici navigati nella scelta dei candidati – l’Italia rischia di ritrovarsi di nuovo punto e a capo, gli italiani spettatori di questo film dell’orrore che dura da diciotto anni e cioè quello di un parlamento e di una politica avvitati ancora e di nuovo nelle faccende di chi vive la sua vita e agisce in assoluto spregio e sfregio di leggi e regole, nella risoluzione dei suoi problemi.
Tutto questo mentre il paese affonda ma la politica sembra non sembra essersene accorta.

 

Prodotà
Marco Travaglio, 20 aprile

A questo punto, con tutto il rispetto che si deve agli infermi, chi vuol bene a Pier Luigi Bersani dovrebbe mettergli accanto un pool di infermieri e di sanitari per assicurargli le cure e le assistenze del caso. Il pover’uomo, dopo aver perso le elezioni già vinte regalando agli avversari una dozzina di punti in due mesi, anziché dimettersi all’indomani del voto è rimasto al suo posto fino a ieri notte per propiziare un’altra ragguardevole serie di catastrofi. Prima s’è accaparrato le presidenze di due Camere senz’avere nemmeno un terzo dei voti. Poi ha preteso di guidare il governo senz’avere i numeri al Senato. Infine ha mandato al macello due fondatori del Pd, Marini e Prodi, senza preoccuparsi di garantire loro neppure l’appoggio dei suoi (figurarsi quello di altri). Intanto, nel breve volgere di 50 giorni, ha tentato di allearsi con tutti i partiti: M5S, Lega, Monti, Pdl (manca solo Casa Pound, ma solo perché non è in Parlamento) e ha preso pesci in faccia da tutti. Così ha spappolato il suo partito. Ha regalato un trionfo al rivale Renzi che, a lungo accusato di essere la quinta colonna di B., ora può intestarsi il merito di aver fatto saltare l’inciucio con B. Ha fatto di Grillo un idolo di una parte dei suoi elettori, che preferiscono di gran lunga i candidati al Colle di 5Stelle ai nomi partoriti dagli strateghi del Nazareno. E, non contento, ha gettato alle ortiche l’offerta (finalmente generosa) di Grillo, che gli avrebbe consentito di sciogliere in un colpo solo i nodi del Quirinale e del governo con un asse del rinnovamento che avrebbe messo nell’angolo B. e soddisfatto i desideri dei due terzi degli italiani. Al suo posto, qualunque persona di buonsenso avrebbe appoggiato Rodotà, che piace ai 5Stelle e a buona parte degli elettori ma anche degli eletti del Pd, e possiede un forte serbatoio in Parlamento (250 al terzo scrutinio, 213 al quarto), ben oltre i voti pentastellati. Basterebbe il 50% del centrosinistra per mandarlo al Quirinale e, subito dopo, aprire le trattative con Grillo per un governo presieduto da una figura extra-partiti. Il principale ostacolo a questa soluzione ideale fin dall’inizio, e cioè Napolitano, è stato infatti rimosso con la sua meravigliosa discesa dal Colle. È vero che Prodi è il migliore della vecchia guardia. Ma proprio per questo la sua candidatura andava preparata e protetta con cura: invece è stata gettata in pasto al mattatoio dell’aula, dove i cecchini dalemiani, mariniani, bersaniani e forse renziani hanno massacrato non solo lui, ma tutto il Pd. Anche un bambino tonto avrebbe capito, dopo lo tsunami anti-Marini, che in questo Parlamento non passa nessun simbolo dell’Ancien Régime. E che occorre un colpo di reni per un’idea nuova. Bersani e i geni che lo circondano non l’hanno capito. Né l’han capito alcuni D’Alema boys, che ancora sperano di arraffare il Colle, come se nulla fosse accaduto. O forse l’hanno capito benissimo, ma sono già d’accordo con B., che è un modo come un altro per suicidarsi. A questo punto, a meno che questi dementi capaci soltanto di spararsi sui piedi non vogliano mandare al massacro altri agnelli sacrificali, le soluzioni sono solo due.
La prima (in tutti i sensi): il Pd, o quel che ne resta, vota Rodotà e si riprende per i capelli a un millimetro dalla tomba, ma soprattutto salva l’Italia dal caos, andando a parlare coi 5Stelle per un governo Zagrebelsky o Settis. La seconda (ai limiti dell’impossibile): il Pd insiste su Prodi, convincendolo a ritirare il ritiro; e chiede a M5S
i 110 voti che gli mancano, promettendo in cambio di indicare subito Rodotà premier. L’alternativa è l’abbraccio mortale al Pdl su Cancellieri o Amato o D’Alema o Grasso o 
ri-Marini o ri-Napolitano, che garantirebbe a B. il trionfo eterno. 
Chi, nel Pd, pensa che votare Rodotà sia la fine del Pd non vede che il Pd è già finito.
Anzi, vien da domandarsi che diavolo avrebbe combinato al governo, visto che non governa neppure se stesso. 
Fate la carità: arrendetevi. 
Almeno al buonsenso.

Ragion di stato

Dice b., mentendo more solito, che con Prodi al Quirinale se ne andrebbero lui e tutti quelli come lui, essai che perdita.
Con D’Alema invece, dovremmo andarcene noi, e tutti quelli come noi.

E’ inconcepibile quello che sta succedendo, ci vorrebbero gli osservatori dell’OCSE a vigilare.

Questo paese va commissariato

Quando il ciarlatano impostore abusivo dice che una cosa non gli va bene, l’ha già preferita. E comprata.
Ad esempio quando disse che non avrebbe mai preso Nesta al Milan perché era “immorale” spendere così tanti soldi per un calciatore o quando, di recente ha arruolato Balotelli dopo aver detto di lui che è una mela marcia che nuoce al gruppo.
Quindi, se dice che Prodi non gli piace, al contrario gli va benissimo anche lui. 
Come diceva Montanelli, che lo conosceva bene: “berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre, anche a se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne”.

Mi affascina molto il tenore dell’analisi politica del Pd su Rodotà.

Ovvero: “Rodotà è bravo, è nostro, sarebbe bello. Però lo ha proposto Grillo. Quindi niente”. Neanche all’asilo una roba così.

[Andrea Scanzi]

Preambolo: “per questo, se il segretario nelle prossime ore muoverà altri passi verso l’assassinio del suo partito, o ammette di essere uno stupido, o annuncia finalmente agli elettori che c’è qualcosa che non sanno. Che tra i vertici del Pd [nelle loro varie forme] e quelli del Pdl [nella loro unica forma] c’è almeno un patto, un ricatto, un accordo magari ventennale.

Un qualcosa che possa rendere, non diciamo accettabile, ma almeno ragionevole questa follia.” [Peter Gomez]

Sottotitolo: il centrosinistra in questo paese sarà destinato a restare nello stanzino delle scope e degli stracci – da eterno perdente – perché è arrogante, si ammanta di una superiorità che le è appartenuta ma in altri tempi: quando si chiamava sinistra senza il centro.
E in più, oggi, si è aggiunta anche questa incredibile e a noi inspiegabile ma evidentemente non a loro – fascinazione per un personaggio che gente normale si vergognerebbe ad avere per vicino di casa, non ci prenderebbe un aperitivo, ma del quale, invece, la maggior parte di questi strateghi della politica, a cui non affiderei nemmeno il mio cane da portare ai giardinetti se ne avessi uno, non possono  fare a meno.

Il fatto che la figura di Rodotà venga definita “divisiva” la dice lunga su quali siano le aspettative della politica rispetto al presidente della repubblica.
Alla politica non interessa la competenza, la conoscenza, la serietà.
E ancor meno interessa che il capo dello stato faccia da garante allo stato; la politica vuole una garanzia per sé, quindi un presidente disposto a chiudere un occhio e a non farla tanto lunga in presenza di irregolarità anticostituzionali.
Ecco Perché Stefano Rodotà non va bene alla politica ma a Grillo, il populista, lo sfascista qualunquista sì.

Grillo che “non vuole salvare il culo di b”  lo dice: Bersani quando lo dice? e D’Alema, Veltroni, Violante e compagnia pessima e perdente quando lo hanno detto? alla fine quel che resta sono come sempre i fatti, e mi pare che più chiaro di così, non si può.

Grillo li ha  smascherati definitivamente. Ha fatto in modo che si potesse eliminare anche l’ultimo dubbio su questa relazione perversa che dura ininterrottamente da diciotto anni. E, quante altre volte dovremo ripeterci che se la politica avesse fatto il suo Grillo avrebbe fatto altrettanto? dunque di chi è la responsabilità maggiore?

Per fortuna almeno nessuno stavolta  avrà il coraggio di trovare il colpevole terzo, quello a cui addossare la responsabilità di un fallimento annunciato.

Quelli che in tutti questi anni hanno avuto il coraggio di pensare dire e  scrivere che la colpa di tutto è di  Guzzanti [chi? il fratello, la sorella, il padre? ah, saperlo…], Crozza, Grillo, Vauro, e, che lo dico a fare? di Travaglio e Santoro.

Colpevoli niente meno che di essere i principali sostenitori di berlusconi.
Per non parlare di quei due mascalzoni di Rizzo e Stella che hanno osato scoperchiare il pentolone delle indecenze: qualcuno avrebbe applicato volentieri alle ruberie e agli sprechi di stato la teoria dell’occhio non vede cuore non duole, aspettare la bancarotta in serenità mentre i ladri si godevano la loro refurtiva.
Mentre, e invece, i migliori alleati di berlusconi sono stati e sono quelli che  hanno proposto marini al quirinale.
Gli altri, giornalisti, scrittori, comici, quelli che molti nominano e considerano con disprezzo sono vent’anni che mettono in guardia gli italiani, che invitano la politica seria, responsabile, a prendere le distanze dal delinquente impostore. 
Mentre la base, quella democratica s’intende, mangiava e beveva tutto senza fare un fiato, guai a chi tocca d’alema, violante, il segretario, perfino quel deficiente del nipote dello zio. 
Ecco perché spero che da oggi in poi facciano tutti tesoro di questa squallida esperienza le cui conseguenze pagheremo TUTTI, e che la smettano una volta e per sempre di andare a cercare i colpevoli fuori, che imparassero a guardarsi in casa e se proprio se la devono e vogliono prendere con qualcuno potrebbero iniziare cacciando a calci in culo i 221 traditori che hanno votato a favore di Marini.

Quindi, per la regola che mi sono imposta rispetto alla politica, almeno fintantoché la politica in Italia non tornerà, o per meglio dire inizierà ad essere qualcosa di serio, e cioè quella di pensare un po’ quel cazzo che voglio visto che la politica fa quel cazzo che vuole lei, voglio esprimere, dopo aver letto e ascoltato l’ennesima orazione civile di Marco Travaglio, tutto il mio disprezzo per tutti quelli che in questi anni hanno sempre e sistematicamente remato contro quei quattro gatti che 
avvertivano, informavano, dicevano agli italiani: “state attenti che qua finisce male”.
Per tutti quelli che “non si demonizza l’avversario”, quelli che “parlare male di b., fa il gioco di b”., come se raccontare la verità dei fatti fosse solo chiacchiericcio, pettegolezzo, anziché cronaca e informazione.
Per tutti quelli che hanno individuato il nemico della democrazia, l’alleato di berlusconi nel giornalista, il comico, lo scrittore mentre, e invece, i nemici della democrazia, della Costituzione e i migliori alleati di berlusconi erano e sono seduti comodamente in parlamento, al Quirinale e, alla luce di quello che sta succedendo in queste ore, non hanno la benché minima intenzione di cambiare registro.

Quello che si sta preparando in queste ore mascherato da elezione del presidente della repubblica è, dopo la bicamerale del genietto alle cime di rapa e la nomina del governo cosiddetto tecnico di Napolitano,  il più grande, grave e inaccettabile furto della democrazia e dei diritti degli italiani mai avvenuto da che esiste questa repubblica.

Che le manovre di palazzo prevedano accordi non sempre trasparenti in virtù di quella fantomatica “ragion di stato” è un fatto, che certi compromessi siano sempre stati fatti è cosa purtroppo nota a tutti, ma la sfacciataggine con cui la politica sta operando in queste ore rifiutando una persona limpida come Stefano Rodotà continuando a proporre personaggi dal passato oscuro, gente che ha sempre lavorato a braccetto – in pubblico ma soprattutto in privato – per fare il gioco di silvio berlusconi e consentirgli di potersi sottrarre dalle sue responsabilità giudiziarie e politiche, o, come ha appena fatto Bersani riproponendo Prodi, un politico di lungo corso ma che non è il segnale di quel rinnovamento di cui questo paese ha un disperato bisogno somiglia molto ad un colpo di stato.  

E se anche il MoVimento penserà che tutto sommato Prodi andrebbe bene, che sia davvero lui il famoso presidente di tutti, quello delle larghe intese, della condivisione a tutti i costi vuol dire che davvero non ci potremo più fidare di nessuno.
Perché Prodi è proprio l’antitesi di tutte le teorie dei 5s: europeista, amico delle banche, un rappresentante perfetto della vecchia politica.

Perché
Marco Travaglio – 19 aprile

Quello che accade lo vedono tutti. Ma a molti sfugge il perché. Il gruppetto dirigente del centrosinistra, sempre lo stesso che da vent’anni non ne azzecca una e salva sempre B. che garantisce la reciproca sopravvivenza, cerca ancora una volta di salvare se stesso (e dunque B.) mandando al Quirinale un uomo controllabile e ricattabile, anche in vista di un governo di largo inciucio. Ma la parola inciucio è riduttiva, perché non siamo di fronte a un accordo momentaneo, provvisorio. Ma a un patto permanente e strategico che regge dal 1994, a una Bicamerale sempre aperta, anche se mascherata qua e là con finti scontri per abbindolare gli elettori e trascinarli alle urne agitando gli speculari spauracchi dei “comunisti” e del “Cavaliere nero”. Se la memoria degl’italiani non fosse quella dei pesci rossi, che dura al massimo tre mesi, i contestatori in piazza o nel web contro Marini e chi l’ha scelto ricorderebbero che sono vent’anni che manifestiamo per la stessa cosa. Dal popolo dei fax ai girotondi, dal Palavobis al popolo viola, da 5Stelle alle altre emersioni del fenomeno carsico che Ginsborg chiama “ceto medio riflessivo”, l’obiettivo è sempre il compromesso al ribasso destra-sinistra contro la Costituzione, la legalità, la magistratura indipendentee la libera informazione. È ora di cambiare slogan e prendere atto della realtà: urlare “Perché lo fate?” o “Non fatelo!” è troppo ingenuo per bastare.
Perché l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E non perché si sbaglino ogni volta. Non si può sbagliare sempre, ininterrottamente, per vent’anni. Se uno, rincasando ogni sera, trova la moglie a letto con un altro, sempre lo stesso, deve rassegnarsi al suo status di cornuto e al fatto che la signora e il signore si piacciono. Perciò le domande da porre al Pd sono altre. Perché nel ’94 avete “garantito a B. e Letta che non gli sarebbero state toccate le televisioni” (Violante dixit)? Perché per cinque legislature avete sempre votato per l’eleggibilità di B., ineleggibile in base alla legge 361/1957? Perché nel ’96 D’Alema andò a Mediaset a definirla “una grande risorsa del Paese”? Perché nel ’96 avete resuscitato lo sconfitto B. promuovendolo a padre costituente per riformare la Costituzione e la giustizia? Perché nel 1996-2001 e nel 2006-2008 non avete fatto la legge sul conflitto d’interessi? Perché avete demonizzato i Girotondi, accusandoli di fare il gioco di B.? Perché non avete spento Rete4, priva di concessione, passando le frequenze a Europa7 che la concessione l’aveva vinta? Perché nel 1996-2001 avete depenalizzato l’abuso d’ufficio, abolito l’ergastolo, depotenziato i pentiti, chiuso le supercarceri del 41-bis a Pianosa e Asinara? Perché, negli otto anni in cui avete governato da soli, non avete mai cancellato una sola legge vergogna di B.? Perché le vostre assenze hanno garantito l’approvazione di molte leggi vergogna, dallo scudo fiscale in giù, che non sarebbero passate a causa delle assenze nel centrodestra? Perché nel 1999 una parte di voi salvò Dell’Utri dall’arresto? Perché nel 2006 i dalemiani chiesero a Confalonieri, Dell’Utri e Letta i voti per D’Alema al Quirinale? Perché nel 2006 faceste un indulto esteso ai reati di corruzione, finanziari, fiscali e al voto di scambio politico-mafioso? Perché nel 1998 e nel 2008 avete affossato i due governi Prodi? Perché nel 2011, anziché mandarci a votare, avete scelto di governare con B., salvandolo da sicura sconfitta, all’ombra di Monti? Perché preferite accordarvi al buio con B. per Marini, D’Alema, Amato sul Colle, anziché scegliere Rodotà e dialogare con i 5Stelle per il nuovo governo, come vi chiedono i vostri elettori?
Tante domande, una sola risposta: o siete coglioni, o siete complici. Tertium non datur.