Una brutta storia e un pessimo precedente

Per correttezza aggiungo il link dove si può leggere la replica dell’avvocato di uno dei sei, anzi in origine erano sette, prima condannati poi assolti perché pare che le cose siano un po’ diverse da come ce le hanno raccontate certa cronaca e certe blogger. 

Stupro Firenze, legale del ragazzo assolto: “Sedicente vittima non attendibile”

Sottotitolo: non apprezzo sempre Eretica, la blogger del Fatto Quotidiano e di Abbatto i muri perché spesso è esageratamente estremista e nel dibattito ottiene il risultato opposto da quello che credo si augura quando scrive attirandosi una serie infinita di commenti negativi, ma chi ne ha voglia può dare un’occhiata alle repliche di questi due suoi post per capire l’aria che tira, specialmente nel solito Fatto Quotidiano dove c’è gente alla quale andrebbe interdetto l’uso di un computer collegato alla Rete.

Inutile denunciare uno stupro 

Stupro, quella perversa abitudine di processare la vittima

Chi beve due birre e viene fermato ai controlli rischia il ritiro della patente per aver superato il tasso alcolemico consentito per guidare, ma per i giudici di un tribunale una donna può essere abbastanza ubriaca ma non tanto da non poter rifiutare un rapporto sessuale, sei rapporti sessuali, con sei uomini diversi che hanno approfittato di lei PROPRIO perché era in quella condizione. 

Per me invece, nel paese normale e civile una donna si può rifiutare sempre, anche se prima dice sì e nel frattempo cambia idea, anche se invece del rapporto occasionale è quello col partner fisso: il compagno, il marito.
Anche se quella donna è di facili costumi, si butta via col primo o la prima che capita ha il diritto di scegliere lei: da senziente e sobria. 

Sono fatti miei se la mia è una vita “non lineare”, finché i miei comportamenti non danneggiano, non costituiscono un pericolo sociale o un reato.


E non c’è nulla con cui si può giustificare la “presenza a se stessa” che possa obbligare una donna a dover accettare quel rapporto come consenziente, far decidere a dei giudici che l’uomo o gli uomini che hanno approfittato di lei sono da assolvere con una sentenza dalla motivazione morale che punisce lei anziché con un giudizio penale.

Noi donne non siamo innocenti per genere, assolutamente.  E’ capitato che delle donne accusassero uomini per vendicarsi di qualcosa e prima di condannare un uomo per stupro bisogna che ci sia la certezza che violenza c’è stata. Ma di questa sentenza mi ha dato oltremodo fastidio il giudizio morale, dire che la ragazza ha acconsentito per una sua momentanea debolezza, fragilità ma non si può parlare di violenza vera e propria.

Se quella debolezza anziché dall’alcool fosse derivata da dei medicinali che riducono la soglia di attenzione come si sarebbero comportati quei giudici?

Il problema è il solito ed è tutto e solo italiano:  nei confronti delle donne c’è sempre quella irresistibile tendenza a giudicarle per come si vestono, si truccano, si muovono, se escono di sera, se dicono le parolacce oppure no, se vanno solo con un uomo o con tanti anche contemporaneamente o, come in questo caso  una donna non ha potuto provare di essere abbastanza reattiva di fronte ai sei che hanno approfittato di lei. Non aveva un graffio, non c’erano evidenti segni di una qualche reazione e quindi per la giustizia e per lo stato è tutto a posto.

Un po’ come quando la Cassazione stabilì che coi jeans è impossibile la violenza.

Una  donna può anche decidere di volersi concedere a dieci uomini per volta, ma  lo deve fare consapevolmente, e di fronte ad una denuncia per stupro un giudice non può accampare come motivazione per una sentenza quella che se detta in altra sede verrebbe considerata una semplice opinione.

Dal blog Al di là del Buco

Le motivazioni della sentenza di assoluzione ai sei accusati (dapprincipio) dello stupro di gruppo alla Fortezza da Basso di Firenze hanno fatto molto discutere. Per il moralismo evidente e perché il giudizio sulla vita privata e sessuale della ragazza sembrerebbe la motivazione principale che ha indotto i giudici a non crederle. Di fatto i sei, condannati in primo grado, sono stati assolti in secondo grado. Sulla sentenza vi rimando al pezzo su Il Fatto Quotidiano che descrive alcuni dei motivi per cui i giudici hanno assolto i sei. Nel frattempo, mentre il web si divide in innocentisti e colpevolisti, è arrivata la mail della ragazza che ha denunciato lo stupro. La pubblico, così com’è.

Firenze: Fortezza significa forza. Adesso non più!

Puttana, chi? Ma soprattutto, a chi?

Annalisa Chirico, autrice di “Siamo tutti puttane” e Paola Bacchiddu,  capo comunicazione della Lista Tsipras.

Simone de Beauvoir diceva che “una donna libera è l’assoluto contrario di una donna leggera”. Bisognerebbe spiegare a queste deficienti dell’era moderna che non c’è nessuna libertà nel concedersi urbi et orbi, è la cosa più facile del mondo da fare, specialmente ora che tutto si perdona e si giustifica e che male c’è. Una libertà per essere tale, degna, deve essere il frutto di una conquista, di piccole e grandi battaglie, perché la libertà conquistata da uno diventa poi quella di tutti se si spendono quelle lotte verso i giusti obiettivi. 

Paola Bacchiddu che va a presentare il libro osceno della Chirico è lo scandalo. Altroché la gita in barca col bikini. La responsabile delle comunicazioni della lista Tsipras condivide l’idea di un paese trasformato in un bordello a cielo aperto dove donne e uomini sono tutti puttan* anche per fare un dispetto a Barbara Spinelli – che è dentro la lista che ha formato insieme ad autorevolissimi personaggi della cultura vera e squisita di questo paese – come ha precisato l’autrice?  Ci piacerebbe saperlo, e ci piacerebbe anche sapere di chi è stata l’idea di affidarle il ruolo di capo comunicazione della lista. Di una lista di sinistra. 

L’obiettivo del libro di Annalisa Chirico non è solo e come dice lei abbattere l’ipocrisia del politicamente corretto ma  di far apparire meno pericolosa, socialmente perché reca un danno alla collettività,  a chi potrebbe ottenere le stesse cose semplicemente con l’impegno serio, la subcultura dell’ottenere il molto col minimo sforzo. Esattamente il contrario di qualsiasi ABC di un’educazione sana. Le ragazze e le  donne di oggi, quando sono arriviste e pensano che tutto valga la pena fare per il raggiungimento dei loro obiettivi dovrebbero imparare molto da quelle di ieri, invece, che sapevano fare le stesse cose ma con più eleganza e sobrietà. Non per questioni di ipocrisia ma perché ci sono cose che interessano solo a chi le vuole fare. E non è detto che debbano diventare motivo e occasione di dibattiti pubblici e figuriamoci l’oggetto di squallidi manuali che qualcuno leggerà. Questa infinita discussione su chi scopa con chi e perché è diventata insopportabile, culturalmente dannosa. Meglio un libro erotico e un film pornografico, che almeno non hanno nessuna ambizione oltre quello che esprimono. 

berlusconi non è l’unico e il solo colpevole di questo andazzo tragico. L’ho sempre detto e sostenuto; lui ha solo liberato la possibilità di essere puttane a cielo aperto, fare quello che prima si faceva con quella discrezione utile a non rovinarsi la pubblica reputazione per potersi poi rifare una vita senza il marchio della puttana a vita. Una volta il potente liquidava la donnina con cui si divertiva nel tempo libero con l’appartamentino, il negozietto e tutti erano felici e contenti. Nessuno andava ad indagare né tanto meno si trasformavano certe storie in fenomeni di costume che diventano poi modello da imitare e di cui discutere tutti i giorni perché qualcuno costringe a fare da contraddittorio a scemenze deliranti infilate nel menù del dibattito pubblico.  Qual è l’obiettivo di queste maîtres à penser della liberazione della tetta e della chiappa, sottintendere che in fin dei conti siamo tutti uguali in questa bella e zozza società, tutti disposti a venderci, che sia per necessità o per il successo effimero? Che se non lo facciamo siamo destinati a restare degli sfigati e delle sficate per la vita?

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Il mio femminismo pro porno contro le Barbara Spinelli. Parla Annalisa Chirico

 

Il fascino discreto del puttanismo – Io Donna, Marina Terragni

 

Ci siamo sperticati per anni a far valere i principi buoni, quelli da applicare nei comportamenti e insegnare a figli e figlie, dopo aver scoperto il sistema prostitutivo di berlusconi&friends; la moglie del “drago” si è esposta pubblicamente per far sapere al mondo che non gradiva quel ciarpame senza pudore dentro il quale le “vergini” si offrivano al drago per i motivi più disparati; abbiamo ascoltato con disgusto vero le intercettazioni dove si sentivano madri, padri, fratelli e fidanzati consigliare alle ragazze, le “vergini”, i sistemi più efficaci per sedurre il vecchio satrapo e portare i soldi a casa; abbiamo detto in tutte le lingue del mondo che non ci piaceva una società in cui il sistema per avere cose fosse la via più facile, quella per cui il merito si traduce nella disponibilità di un corpo da svendere al miglior offerente. Abbiamo criticato il modello della donna ridotta a statuina dai facili costumi – molto spesso proprio assenti – dal berlusconismo.

Tutta fatica inutile se poi lo sdoganamento del “puttanesimo” come servizio utile e ancorché necessario a procurarsi favori e carriera viene appoggiato e favorito  dalla responsabile della comunicazione di una lista di sinistra, che si presenterà per la prima volta alle elezioni e che pensa che faccia parte del suo lavoro presentare un libro che ci racconta di quanto siano state sbagliate tutte le battaglie fatte in questi anni, non certo per una questione morale ma semplicemente per un fatto di dignità. Io per prima penso ad una libertà totale che peraltro le donne hanno sempre avuto. visto che la concessione di se stesse per interesse esiste dalla notte dei tempi e ancora oggi viene tranquillamente e socialmente accettata in quanto appunto scelta di libertà, poi magari non è sempre così ma va bene, non ci dobbiamo preoccupare. Ma fra questo e trasformare in cultura l’apologia del sesso quale metodo breve per la realizzazione di se stesse, e hai voglia a dire che si parla anche di uomini se poi storicamente la puttana è sempre lei, la donna, c’è un abisso, quello in cui è sprofondata, appunto, la dignità.

Dove sono tutti questi impedimenti? Le donne hanno sempre fatto quello che volevano di loro stesse, e non c’è bisogno di un libro per affermare un punto di vista, ovvero che ci si può concedere a chi si vuole per tutti i motivi del mondo. La fanciulla, che ha assistito al processo Ruby da cronista e si è scandalizzata del trattamento riservato alle ragazze dai magistrati non ha ben capito che non è solo una questione di darla via per la carriera, per la borsetta, per la casetta in Canadà, è che il giochino se lo deve pagare chi ne usufruisce. E che quando in un paese un uomo politico potente mette su un sistema prostitutivo col quale, per mezzo di quelle che la danno via, si stava svendendo l’Italia un tanto al chilo non è più un discorso di libertà propria. Né tanto meno di femminismo di destra e di sinistra. Quello che è successo in questo paese con berlusconi non ha niente a che vedere con la limitazione della libertà ma ne ha molto con l’assenza di legalità.

Non ho niente in contrario a chi usa se stess* nel momento perfetto della vita, se lo fa in maniera consapevole quando il corpo rende. Lo fanno i calciatori che comunque fanno un po’ di più di aprire le cosce previa contrattazione, almeno hanno un talento da esibire, vendono la loro prestazione in cambio di soldi perché sanno che la loro carriera è una parentesi breve. Ma il calciatore non ha mai preteso che il suo mestiere diventasse una forma di cultura come vorrebbero fare col puttanesimo tout court. Il calcio è e doveva restare un gioco, ma nel frullatore mediatico e propagandistico poi succede che si trasformino dei perfetti ignoranti in opinionisti della qualunque, che vengano interpellati i Cassano per esprimersi sull’omosessualità e altri non da meno sulla fame nel mondo e i disastri ambientali,  invece di lasciarli in un campo di pallone, e, a coronamento il presidente della repubblica che dice che la Nazionale è lo specchio della società e tutti tacciono invece di rivoltarsi contro questa enormità che non corrisponde al vero e ci mancherebbe altro che un paese debba somigliare ad un club di viziatissimi milionari.

Ho guardato la puntata di otto e mezzo dove c’erano lei e Lorella Zanardo e mi è bastato per farmi un’idea sia sul solito femminismo d’antan di Lorella Zanardo, quello che non ha prodotto nulla, che sulle sciocchezze a ripetizione dette dall’autrice del libro. Che hanno fatto nel concreto queste femministe sempre in azione contro la parola e il sessismo sbandierato, spesso per nascondere l’incapacità femminile per evitare che le ragazzine di tredici anni si vendessero oggi via web per una ricarica da dieci euro? Penso che la sinistra abbia problemi assai più seri  di cui occuparsi dello sdoganamento del puttanesimo per mettersi al passo coi tempi e delle esigenze attuali. E comunque chi ottiene un lavoro, un avanzamento di carriera non per meriti ma perché l’ha data [o l’ha dato via] per interesse toglie la possibilità ad altra gente di raggiungere quegli obiettivi semplicemente perché se lo merita. E francamente l’idea di una società in cui a farcela sono solo i puttani non è così affascinante come pensa la Chirico. E chi sceglie di fare da portavoce di una lista di sinistra dovrebbe evitare di mettere in imbarazzo chi a quella lista ha lavorato e si è impegnato. Ho difeso la Bacchiddu dalle critiche in eccesso per la questione della foto ma stavolta no. 

Dice benissimo Marina Terragni nel suo articolo: “l’avvento della libertà femminile, grazie alle madri di tutte noi –pure di Chirico- ha diminuito enormemente la necessità di ricorrere a certi espedienti per campare o per vivere bene. Possiamo guadagnarci il pane, non siamo più obbligate nemmeno a quel minimo fisiologico di puttanismo necessario a trovare un marito. Il corpo femminile può godersela senza doversi dare in-cambio-di.” E, aggiungo io, anche gli uomini dovrebbero smetterla di comprarsi orgasmi un tanto al chilo. Almeno quelli che non hanno problemi a vivere una sessualità libera e gratuita.

 

La quota [i]rosa, reloaded

Il problema non sono le quote rosa ma è la legge indecente, frutto dell’accordo fra Renzi e un delinquente da galera che non permetterà nessuna scelta.
Altroché ‘n omo e ‘na donna, ‘na donna e ‘n omo come nelle tavolate in pizzeria. Perché mentre noi ci divertiamo a discettare sulle pari opportunità quelli stanno mettendo per legge che i cittadini italiani non devono più avere la possibilità di votarsi il parlamento.
Che forse è una questione più seria.

La “parità di genere” che è prevista dalla Costituzione non significa parità numerica, ed è lì che si appoggia l’incostituzionalità della quota rosa che invece dovrebbe obbligare per legge ad assumere donne al posto di uomini stravolgendo proprio l’articolo 3 che ci fa tutti uguali: parità di genere significa che a parità di ruoli da assegnare bisogna considerare diversi fattori, principalmente competenza e merito di cui però si sente solo parlare ma non espressamente il genere di chi presenta una richiesta davanti ad un’offerta professionale. E rispetto a questo se è vero che esiste una predominanza maschile che nel concreto non c’è perché basta guardare alla pubblica amministrazione, alla scuola, alla giustizia e alla sanità per scoprire che non è vero, mi piacerebbe sapere quante sarebbero le donne favorevoli all’applicazione delle quote rosa ad esempio nei cantieri dove non si va a lavorare con la mise elegante e il tacco dodici: perché poi se quota rosa deve essere deve esserlo per tutto, non solo per il posticino in parlamento.

 Se la battaglia per l’applicazione della parità fosse concentrata sull’ipotesi di ottenere un posto sul ponteggio all’ottavo piano non la farebbe nessuno; tutte le signore a cui oggi si sbriciola il french dalla rabbia starebbero zitte augurandosi in cuor loro che a nessun pazzoide venga mai in mente di mettere per legge che anche le donne devono vestirsi con tuta e anfibi e andare a cementare i foratini. Certo che deve esistere la parità di genere che non è parità anche nei numeri come qualcuno pensa, ma deve esserci per cultura, non per legge. Tante cose devono esserci, la parità rispetto a tutti i diritti che vengono negati da sempre, e il rispetto dell’uguaglianza vera. Non si capisce però perché le stesse persone che quando si parla che ne so, di matrimonio omosessuale, della possibilità di affidare dei bambini ai gay come succede in tutto il mondo civile pensano e dicono che non è il momento, non è MAI il momento e poi davanti alla quota rosa svengono per la negazione del diritto.

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L’esito della votazione sulle cosiddette quote rosa mi rallegra perché è l’ennesima conferma del vero volto del partito cosiddetto democratico: quello del “mai con berlusconi” e che invece per stare sempre con berlusconi non ha esitato ancora una volta a tradire i suoi e le sue.  Porre la questione del voto secondo coscienza anche su un eventuale provvedimento finalizzato ad obbligare per legge la parità di genere oltre ad essere un’immensa stronzata: non si capisce infatti cosa c’entri la coscienza con una decisione del genere, spiega perfettamente che tipo di coscienza circola nel parlamento della nostra repubblica.

Le quote rosa in parlamento sono una stortura in un paese dove si viene assunti nei posti pubblici per concorso che non guarda al genere: è pieno di impiegate statali donne, di dirigenti pubbliche donne, di insegnanti donne, di avvocati donne, di giudici donne, di magistrati donne che sono lì non grazie alla quota ma perché hanno dimostrato di avere titoli e merito per occupare i loro posti. E non capisco perché si continui a favoleggiare circa l’ipotesi che più donne in parlamento significhi poi automaticamente più garanzie per tutte le donne. Da dove nasce questa leggenda che solo una donna sappia garantire per altre donne.  Una Binetti vale quanto potrebbe valere Rodotà in materia di diritti e di uguaglianza? Chissà perché poi non si pretende la quota rosa ad esempio sul diritto alla genitorialità.  In caso di separazione le donne di questo paese continuano ad essere la parte avvantaggiata: a loro i figli, la casa, il mantenimento. E se il  padre/marito separato ce la fa bene, sennò ‘sti cazzi, per lui non garantisce nemmeno il parlamento maschilista.

Perché così è più chiaro anche il significato del 50/50 nel governo di Renzi al quale non fregava e continua a non fregare nulla della parità di genere quanto invece di rendere operativo il suo accordo elettorale con berlusconi, il cui unico obiettivo è quello di alzare le barricate e impedire ai cittadini di poter eleggere un parlamento semplicemente in quota competenza e onestà.

Perché è vero che la maggior parte degli italiani voterebbe ancora oggi più col culo che col cuore ma è anche vero che gentaglia come quella che si sta cercando di recuperare a tutti i costi, che si è già recuperata come Razzi, Formigoni, Casini e tutta l’orrida compagnia del caravanserraglio delle larghe intese napolitane con una legge decente, civile, giusta avrebbe sicuramente meno possibilità di quante gliene abbiano già concesse le segreterie dei loro partiti.

Perché dalle quote rosa dovrebbero dissociarsi prima di tutto proprio le donne; perché relegare le donne al ruolo di “quota”, ovvero di una parte dell’insieme è prima di tutto un’ammissione di inferiorità; le donne costrette ad elemosinare per legge e per quota il loro posticino al sole, in secondo luogo sono l’opposto e il contrario di quel concetto di meritocrazia col quale tutti si riempiono la bocca ma poi ne fatti, essendo preclusa la possibilità di votare la preferenza, significa rischiare di ritrovarci il parlamento pieno di Prestigiacomo, De Girolamo, Santanchè, Madia, Boldrini eccetera, eccetera.

Parità, rispetto e considerazione non si ottengono per quota e per decreto legge. Questa discussione è stata una buffonata fin dall’inizio, l’ennesima distrazione di massa per distogliere l’attenzione dai veri interessi della politica che sono sempre gli stessi: quelli del mantenimento di un sistema che ha tutelato soprattutto gli incapaci, i disonesti, altrimenti oggi non saremmo qui con Renzi a palazzo Chigi né a parlare di queste cose.

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La Papessa Laura – Marco Travaglio, 11 marzo

Chissà se madonna Laura Boldrini, papessa della Camera, ha letto di recente I promessi sposi e s’è dunque imbattuta in Donna Prassede, bigottissima moglie di Don Ferrante, convinta di rappresentare il Bene sulla terra e dunque affaccendatissima a “raddrizzare i cervelli” del prossimo suo e anche le gambe ai cani, sempre naturalmente con le migliori intenzioni, di cui però – com’è noto – è lastricata la via per l’Inferno. Noi tenderemmo a escluderlo, altrimenti si sarebbe specchiata in quel personaggio petulante e pestilenziale descritto con feroce ironia da Alessandro Manzoni, e avrebbe smesso di interpretarlo ogni giorno dal suo scranno, anzi piedistallo di terza carica dello Stato. Invece ha proseguito imperterrita fino all’altroieri, quando ha fatto sapere alla Nazione di non avere per nulla gradito l’imitazione “sessista” della ministra Boschi fatta a Ballarò da Virginia Raffaele, scambiando la satira per lesa maestà e l’umorismo su una donna potente per antifemminismo. E chissenefrega, risponderebbe in coro un altro paese, abituato alla democrazia, dunque impermeabile alla regola autoritaria dell’Ipse Dixit. Invece siamo in Italia, dove qualunque spostamento d’aria provocato dall’aprir bocca di un’Autorità suscita l’inevitabile dibattito. Era già capitato quando la Rottermeier di Montecitorio aveva severamente ammonito le giovani italiane contro la tentazione di sfilare a Miss Italia, redarguito gli autori di uno spot che osava financo mostrare una madre di famiglia che serve in tavola la cena al marito e ai figli, sguinzagliato la Polizia postale alle calcagna degli zuzzurelloni che avevano postato sul web un suo fotomontaggio in deshabillé e fare battutacce – sessiste, ça va sans dire – sul suo esimio conto (come se capitasse solo a lei), proibito le foto e i video dei lavori parlamentari in nome di un malinteso decoro delle istituzioni, fatto ristampare intere risme di carta intestata per sostituire la sconveniente dicitura “Il presidente della Camera” con la più decorosa “La presidente della Camera”. Il guaio è che questa occhiuta vestale della religione del Politicamente Corretto è incriticabile e intoccabile in quanto “buona”. E noi, tralasciando l’ampia letteratura esistente sulla cattiveria dei buoni, siamo d’accordo: Laura Boldrini, come volontaria nel Terzo Mondo e poi come alta commissaria Onu per i rifugiati, vanta un curriculum di bontà da santa subito. Poi però, poco più di un anno fa, entrò nel listino personale di Nichi Vendola e, non eletta da alcuno, anzi all’insaputa dei più, fu paracadutata a Montecitorio nelle file di un partito del 3 per cento e issata sullo scranno più alto da Bersani, in tandem con Grasso al Senato, nella speranza che i 5Stelle si contentassero di così poco e regalassero i loro voti al suo governo immaginario. Fu così che la donna che non ride mai e l’uomo che ride sempre (entrambi per motivi imperscrutabili) divennero presidenti della Camera e del Senato. La maestrina dalla penna rossa si mise subito a vento, atteggiandosi a rappresentante della “società civile” (ovviamente ignara di tutto) e sventolando un’allergia congenita per scorte, auto blu e voli di Stato. Salvo poi, si capisce, portare a spasso il suo monumento con tanto di scorte, auto blu e voli di Stato. Tipo quello che la aviotrasportò in Sudafrica ai funerali di Mandela, in-salutata e irriconosciuta ospite, in compagnia del compagno. Le polemiche che ne seguirono furono immancabilmente bollate di “sessismo” e morte lì. Sessista è anche chi fa timidamente notare che una presidente della Camera messa lì da un partito clandestino dovrebbe astenersi dal trattare il maggior movimento di opposizione come un branco di baluba da rieducare, dallo zittire chi dice “il Pd è peggio del Pdl” con un bizzarro “non offenda”, dal levare la parola a chi osi nominare Napolitano invano, dal dare di “potenziale stupratore” a “chi partecipa al blog di Grillo”, dal ghigliottinare l’ostruzionismo per agevolare regali miliardari alle banche.

Se ogni tanto si ghigliottinasse la lingua prima di parlare farebbe del bene soprattutto a se stessa, che ne è la più bisognosa. In fondo non chiediamo molto, signora Papessa. Vorremmo soltanto essere lasciati in pace, a vivere e a ridere come ci pare, magari a goderci quel po’ di satira che ancora è consentito in tv, senza vederle alzare ogni due per tre il ditino ammonitorio e la voce monocorde da navigatore satellitare inceppato non appena l’opposizione si oppone. Se qualcuno l’avesse mai eletta, siamo certi che non l’avrebbe fatto perché lei gli insegnasse a vivere: eventualmente perché difendesse laCostituzione da assalti tipo la controriforma del 138 (che la vide insolitamente silente) e il potere legislativo dalle infinite interferenze del Quirinale e dai continui decreti del governo con fiducia incorporata (che la vedono stranamente afona). Se poi volesse dare una ripassatina ai Promessi Sposi, le suggeriamo caldamente il capitolo XXVII: “Buon per lei (Lucia) che non era la sola a cui donna Prassede avesse a far del bene; sicché le baruffe non potevano esser così frequenti. Oltre il resto della servitù, tutti cervelli che avevan bisogno, più o meno, d’esser raddrizzati e guidati; oltre tutte l’altre occasioni di prestar lo stesso ufizio, per buon cuore, a molti con cui non era obbligata a niente: occasioni che cercava, se non s’offrivan da sé; aveva anche cinque figlie; nessuna in casa, ma che le davan più da pensare, che se ci fossero state. Tre eran monache, due maritate; e donna Prassede si trovava naturalmente aver tre monasteri e due case a cui soprintendere: impresa vasta e complicata, e tanto più faticosa, che due mariti, spalleggiati da padri, da madri, da fratelli, e tre badesse, fiancheggiate da altre dignità e da molte monache, non volevano accettare la sua soprintendenza. Era una guerra, anzi cinque guerre, coperte, gentili, fino a un certo segno, ma vive e senza tregua: era in tutti que’ luoghi un’attenzione continua a scansare la sua premura, a chiuder l’adito a’ suoi pareri, a eludere le sue richieste, a far che fosse al buio, più che si poteva, d’ogni affare. Non parlo de’ contrasti, delle difficoltà che incontrava nel maneggio d’altri affari anche più estranei: si sa che agli uomini il bene bisogna, le più volte, farlo per forza”. Poco dopo, sventuratamente, la peste si portò via anche lei, ma la cosa fu così liquidata dal Manzoni: “Di donna Prassede, quando si dice ch’era morta, è detto tutto”. Amen.

Se dico che Laura Boldrini è noiosa sono sessista?

Tutti dovremmo riflettere pensando  a quanto è diverso il concetto di libertà di espressione fuori dagli italici confini dove nessun giornalista chiederebbe mai ad un politico di esprimere un giudizio su una trasmissione televisiva, uno sketch comico/satirico anche quando prendono di mira la politica, il potere, anche quello religioso. Personalmente  provo un grande imbarazzo a far parte dello stesso genere, quello femminile, se penso che ci sono donne che approfittano di ogni occasione per lamentare una questione sessista che nei fatti non c’è.  E quando c’è non è presente certamente ai piani alti del potere. Questo fatto che non si possa mai criticare, fare una battuta, esprimere un parere verso una donna di potere senza incappare poi puntualmente nella cazziata, nella ramanzina di chi tutto è fuorché una vittima di una società maschilista è diventato stucchevole, noioso, insopportabile. Solo qui si fanno questioni sulla satira e solo qui la politica mette bocca sulla satira. 

Laura Boldrini non delude mai, quando ti aspetti che si esprima su qualcosa lei lo fa. E lo fa perché qualcuno, una giornalista di quelle considerate financo autorevoli pensa che agli italiani interessi il parere di Laura Boldrini su cinque o sei minuti di una inutilissima scenetta comica a cui lei oggi e Anzaldi del pd due giorni fa con la lettera alla Tarantola hanno dato una visibilità e un rilievo mediatico che altrimenti non avrebbe mai avuto. Figurarsi se qualcuno non tirava fuori il sessismo anche stavolta. Figurarsi quanti pensieri importanti ha per la testa chi come Anzaldi chiede addirittura conforto al direttore generale della Rai nel merito di una scenetta assolutamente innocua non foss’altro perché l’imitazione era assolutamente innocua. Figurarsi quanto interessa la questione sessista a gente come la Boldrini che nessuno critica “in quanto donna” ma proprio e solo “in quanto Boldrini” alla quale non viene proprio in mente che si possa prendere di mira qualcuno con la satira, uomo o donna che sia, solo per ciò che rappresenta e non per questioni di genere.

A furia di giustificare la critica alla satira, di mettere in pratica le richieste di chi non gradisce che si faccia dell’umorismo sui vari poteri – non solo quello politico – nel servizio pubblico, quello di stato, pagato coi soldi di tutti non si fa più satira.

A parte qualche sporadico siparietto all’interno di altri programmi concordato con autori e conduttori non c’è un solo programma dedicato a quella che – piaccia o meno a permalose e permalosi – è una forma di cultura millenaria. Alla Rai non si fanno, ma soprattutto non CI fanno mancare niente ma, per l’amordiddio guai a correre il pericolo di suscitare qualche riflessione seria attraverso una delle forme espressive culturali più antiche del mondo.

Così nel corso degli anni la Rai ha lasciato andare senza rimpianti Daniele Luttazzi, Corrado e Sabina Guzzanti, Serena Dandini malgrado la loro presenza garantisse un guadagno sicuro all’azienda, ha voluto perdere Crozza per non inimicarsi brunetta, come se la politica avesse il diritto di indicare le sue preferenze anche in fatto di palinsesti tv, quali artisti possono o no lavorare per il servizio pubblico.

E invece qui si fa esattamente questo: la politica interferisce perché sa di avere sufficiente autorità per farlo. Perché davanti al politico sono poche le persone che mantengono la testa alta e rivendicano il loro diritto ad un’autonomia.

E sono ancora di meno quelle che, come avrebbe dovuto fare Lucia Annunziata sanno, si ricordano che ci sono ruoli istituzionali che prevedono l’assoluta imparzialità nei giudizi e che quindi ci sono domande che un giornalista non dovrebbe mai fare al politico quando nelle risposte sono contenute non le opinioni personali di qualcuno ma i giudizi di chi per ruolo non può permettersi il giudizio, che sia sulla satira o sulle forze politiche presenti in parlamento perché votate regolarmente dagli elettori, e non perché come Laura Boldrini fanno parte di una casta di miracolati scelti da nessuno.

Laura Boldrini non è una persona qualunque che può dire quello che vuole a proposito di tutto e tutti: è il presidente della camera. Se Laura Boldrini vuole rendere un servizio utile alle donne maltrattate dal sessismo, quello vero, quello violento che discrimina, non questo usato come alibi dietro al quale ormai si nasconde qualsiasi critica o giudizio verso le donne di potere, lo andasse a fare in quegli ambiti dove le donne sono vittime davvero. Fuori dal parlamento c’è l’imbarazzo della scelta.

Sessismo: che palle!

 Il sessismo esiste, esiste il giudizio malsano sulle donne in base a ciò che fanno, come parlano, agiscono, si vestono. Ma da quando la questione sessista è inserita in qualsiasi contesto in cui sia presente una donna di potere mi riservo il diritto e la libertà di non aggiungermi al coro dei lai che si pronuncia ogni volta. Perché una donna che ha potere non ha nessuna necessità di essere difesa dalle donne che non hanno il suo stesso potere, e se si attacca Laura Boldrini non “in quanto donna” ma per le numerose cazzate che fa, ha fatto, dice e ha detto non è detto che poi tutte le donne debbano sentirsi offese per conto suo come piacerebbe a lei.  Altra cosa è la volgarità violenta dalla quale tutti dovrebbero prendere le distanze, non solo le donne. E nemmeno trovo giusto che tutte le donne si debbano vergognare di essere donne se esistono donnette e donnacce che si svendono al satrapo delinquente che poi le ha fatte pagare agli italiani.
Se ognuno ragionasse con la sua testa si eviterebbero un mucchio di chiacchiere pubbliche quelle sì, inutili, se si fanno sui mezzi di informazione ufficiali che appunto, dovrebbero informare e non esprimersi attraverso le opinioni di chi scrive sui giornali o conduce un talk show in tivvù.

Questo entusiasmo per il 50/50 riferito all’esecutivo messo in piedi dal matt’attore è roba piccina, come lo stupore del bambino che non ha mai visto il mare e quando lo guarda resta a bocca aperta. Ma siamo italiani mica per niente noi.

E, cazzeggio per cazzeggio, visto che ormai tutti possono dire e scrivere quello che vogliono quindi pure io, se non si vuole che telecamere e macchinette fotografiche indugino oltre il dovuto sui particolari, basterebbe fare in modo di non esaltare i particolari. Anche questo fa parte dell’educazione. Un giuramento da ministro non è uguale all’happy hour nel locale alla moda. Giusto per rispondere agli scandalizzati che in questi ultimi giorni ci hanno fatto una capa tanta sulla questione sessista relativa alle ministre di Renzi.

Una donna lo sa. Se ho un seno vistoso, abbondante, eviterò di indossare abiti e magliette troppo scollate se vado in un posto che richiede una certa serietà e compostezza. Diverso è se vado a cena con gli amici, dove so di essere libera di vestirmi come mi pare. Se ti metti un paio di pantaloni che esaltano la forma del culo lo sai che tutti guarderanno prima il culo che la faccia. Stessa cosa vale per un uomo che non si presenterebbe mai alla cena aziendale col capo in bermuda e infradito.
Esistono il buon gusto e il buon senso da applicare anche alla scelta della  mise per tutte le occasioni. E lo dico da donna che non ha mai avuto problemi a scoprirsi.

 Il  problema non è la Madia che rimane incinta una volta l’anno.  Il problema di Marianna Madia sono le sue idee circa i diritti da estendere, quelli civili dell’uguaglianza, la sua opinione  espressa sull’aborto. Il problema ce l’hanno tutte le donne di questo paese che devono rinunciare a rimanere incinte anche meno di una volta l’anno perché un lavoro non glielo dà nessuno quando sono incinte. E non glielo danno nemmeno prima di rimanerci se nel loro progetto di vita è compreso anche voler avere dei figli; e invece se vogliono lavorare firmano lettere di licenziamento preventive. Strano che tutte le femministe che vedo aprire dibattiti ovunque su quanto sono disdicevoli i commenti su Marianna Madia incinta questo non lo facciano notare.  Assumere la ministra incinta non significa poi che tutte le donne di questo paese troveranno un lavoro anche da incinte come la Madia.

Non solo il re è nudo, ma talvolta lo sono anche le regine.
Se è stato marketing la nomina dell’ex ministra Kyenge perché qualcuno ha pensato di poter contrastare così il razzismo dilagante e della stessa Laura Boldrini, la donna dal fare rassicurante, lei che prima si occupava di diritti umani le nominate da Renzi cosa sono? Davvero basta applicare la quota rosa nel parlamento per fare di questo un paese normale? Cosa fanno queste donne, cosa hanno fatto, e come sono arrivate fino a qui nessuno se lo chiede?

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Otto donne al governo? Si, beh, e allora?

ERETICA Otto donne al governo, e allora?

di Eretica, da abbattoimuri.wordpress.com

Evviva! Evviva! Abbiamo la parità. Ora nel governo metà stronzate le diranno i maschi e l’altra metà le femmine. Salvo poi che se critichi una donna per le sue scelte politiche si dirà che la critichi in quanto donna e poi interverrà la presidenta della camera a raccontare che il sessismo, e ‘sti maschilisti, e bla bla bla. Perché l’esigenza istituzionale è quella di sconfiggere le pause. Bisogna arrivare dritti al dunque. Sono un governo in marcia per procurare una erezione in cui si smetta di godere a metà. Sicché godranno tutti e tutte. Tutori, tutrici, paternalisti, matriarche. Donniste all’avanguardia, quelle che festeggiano perché un traguardo è raggiunto. Purché sia donna. Anche se non sappiamo cosa dirà o farà. L’essere donna è dato come positivo di per se’. Siamo ottime. Noi non possiamo fare male. Noi siamo le vittime per antonomasia. Siamo madri, creatrici… com’era la canzone di one billion rising? E mentre coltiviamo il mito della fattezza perfetta della donnità politica e istituzionale il resto del mondo crepa, combatte e per fortuna ha imparato a capire che donna o uomo, se ordini la repressione o se gli affari vengono fatti in favore dei più ricchi, non c’é alcuna differenza.

Perché insistere sul fatto che la figura femminile sia migliore, eccezionale, fantastica a prescindere, è come dire che fai un presidente nero e ti aspetteresti meraviglie. Ci sono lotte che sono state fagocitate – ed ecco perché bisogna riprendersele – da un pezzo di realtà donnista e borghese che poi le mette a servizio di poteri e neoliberismi vari. Così ecco la legge sul femminicidio in cui si legittima la repressione per i NoTav. Ecco leggi e decreti in cui ogni volta che si parla di donne spunta fuori la sorpresa repressiva, la miseria istituzionale, il trucco che ci viene propinato senza che a nessuno si dia modo di dibatterne.

Certe donne sono la prima linea che difende i potenti, qualunque sesso abbiano. Sono lo scudo che non si può criticare, spostare, a loro non puoi opporti, perché appena tenti di farlo arrivano brandendo il MIO dolore, la MIA sofferenza, la MIA precarietà, quella violenza che IO ho subito, e dopo aver silenziato ME e quelle come me, diranno che è in mio nome che loro agiscono. Ed è così che in tante, ME compresa, siamo state espropriate, sovradeterminate. Questo è lo scippo atroce che hanno compiuto. Questo è quello che continuano a fare. Questo è quello che mi fa incazzare più di tutto. Perché quella lotta è mia e me la riprendo. Non tollero che in un’epoca in cui è perfino inutile definirsi in termini biologici giacché siamo persone di genere indistinto, a nostra scelta, senza discriminazione alcuna, il termine “donna” diventi status dietro il quale si nascondono queste dinamiche di potere.

Assisto a tutto questo senza porre affidamento su nessun@. Diciamo che le lotte che mi riguardano sono altrove. Pur tuttavia bisogna ripetersi e smarcarsi per non essere strumentalizzate. Perché se quelle sono donne, io cosa sono? E in questi giorni tanto si è parlato dell’eventualità che un ministero alle pari opportunità fosse concesso a questa o quella figura antiabortista, omofoba o chissà cosa. Ma se anche un ministero di quel genere fosse stato assegnato a una del Pd che poi applaude leggi moraliste, securitarie, repressive e liberticide e quando l’offendono su twitter vuole oscurare tutta internet, sarebbe stato meglio?

Questo governo è brutto tanto quanto quello precedente. Le donne, in veste di madri istituzionali, servono a legittimarlo. E quelle donne che celebrano questo dato come una vittoria non ho la più pallida idea di quale sia la direzione che stanno perseguendo. Io, che lotto per ottenere pari diritti, ma pari per davvero, per chiunque, non capisco come le donne che dicono di lottare per la propria “dignità” accettino di fare da puntelli legittimanti del patriarcato, perché è questo che siete. Siete puntelli delle peggiori istituzioni patriarcali e del peggio paternalismo esistente. Puntelli, complici di un neoliberismo che straccia diritti per la povera gente, privatizza, massacra, svende lo stato sociale e poi immagina che qualche femmina al governo possa far sembrare tutto un po’ più bello.

Vi regalo uno scoop: i governi di stampo patriarcale, perfino le grandi dittature, hanno elevato le donne ancora a rappresentare i regimi. Vuol dire forse che furono migliori? No. Chiedetevi il perché.

Basta strumentalizzare i corpi delle donne. Il movimento a tutela dei corpi delle donne non ha nulla da dire adesso?

In quanto donna

 Ultim’ora: Napolitano: “Stop conflitto politica-pm. Magistrati abbiano più senso del limite”.

Chiedere un limite anche alla delinquenza politica, all’oltraggio continuo e continuato ai Magistrati in effetti pareva brutto, meglio mandarci sempre i giudici a letto senza cena.
Senz’alcuna vergogna, peraltro.

Il presidente della repubblica tace per tre giorni e quando decide di dire qualcosa invece di sostenere, difendere dagli attacchi dell’eversore pregiudicato quel potere di cui lui è capo supremo se la prende coi giudici e col loro senso del limite? Il limite? che limite? perché quello della decenza è stato superato da un bel po’, presidente.

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GRILLO: “BOLDRINI SOPRAMMOBILE POTERE”. LEI: “OFFESE LE DONNE”

Boldrini: tu non sei tutte le donne!

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A tre giorni dallo spettacolo osceno offerto da berlusconi Napolitano non ha fiatato, due parole le ha dovute dire Letta, l’Istituzione Altissima non pensa di dover spendere due parole a sostegno di quella Corte che presiede in quanto presidente della repubblica ma per Laura Boldrini sì, il tempo lo trova. Come ci ha gentilmente fatto sapere Zucconi ieri sera durante il TGZero di Radio Capital  lui ha altro da fare, mica può difendere i Magistrati tutti i giorni. Insultarli tutti i giorni per vent’anni invece si può. Ed è singolare che nessuno di quelli che vanno subito ad esprimere la loro solidarietà d’accatto ogni volta che una donna di potere, della politica viene offesa o criticata non lo abbiano fatto anche nei confronti dei Magistrati donne che pure ci sono e che vengono offese e oltraggiate molto più di Laura Boldrini e da molto prima di lei.  Il dramma è che lassù non capiscono più come vengono recepite certe cose dalla gente. Si erano ripromessi di non fare più casta e invece l’hanno cementata, resa eterna e indistruttibile con questo capolavoro della larghe intese napolitane. Cosa hanno capito gli italiani che hanno seguito le vicende di attualità e di politica di queste ultime ore? che è più grave il soprammobile appioppato a Boldrini se a difenderla è andato il capo dello stato dopo un’ora di un eversore delinquente e condannato a cui ancora si permette di farsi vedere in giro, in televisione, ai telegiornali, gli si dà modo di insultare tutto e tutti quelli che ostacolano i suoi piani contro lo stato e la legge.. E Napolitano su questo non ha niente da dire.

1231Volevo tranquillizzare Laura Boldrini, ringraziarla e defilarmi silenziosamente dalle “tutte” donne italiane che Beppe Grillo avrebbe offeso paragonando lei, quindi non TUTTE,  ad un complemento d’arredo. Io sono una donna per molti versi all’antica. E so distinguere un’offesa da ciò che non lo è. Tanto meno “sessista”.

E credo che noi donne dovremmo essere libere di scegliere, decidere da sole quando offenderci ed eventualmente pretendere delle scuse.

Le donne di questo paese hanno altro da fare che pensare di doversi offendere perché un politico, uomo o donna che sia, altrimenti sembra che un uomo si possa offendere e una donna no, vengono criticati, attaccati per questioni che attengono al loro lavoro, e di tutto hanno bisogno fuorché di essere associate ad una signora un po’ troppo permalosa e molto altezzosa a cui non si può né si deve dire nulla per diritto divino. Usare sempre la chiave di lettura sessista a proposito di tutto quello che si dice nei riguardi delle donne è diventato stucchevole, insopportabilmente fastidioso, bisognerebbe abbandonare questo veterofemminismo d’antan secondo il quale a una donna offesa corrispondono tutte le donne.

Una donna di potere ha tutti i mezzi per difendersi esattamente come ce li ha un uomo e non serve dunque tirarsi dentro tutte le donne che non li hanno proprio perché una donna di potere non le rappresenta tutte. Se qualcuno offende me in Rete io non avrei, non ho la possibilità di far rintracciare l’autore delle molestie in meno di 24 ore e mandargli la digos a casa come invece ha potuto fare lei; cerchiamo quindi di ridare alle cose e alle situazioni la giusta dimensione, sono  molto più in pericolo, molto più offese e discriminate l’operaia, l’impiegata alle quali vengono imposti contratti di lavoro capestro che impediscono loro di ammalarsi, di fare figli, di prendersi due ore di permesso se il pupo si sente male a scuola.

Quindi, quando si parla di offese alle donne nel merito di critiche rivolte ad una sola donna bisognerebbe farlo con più rispetto nei riguardi di donne davvero offese nel concreto dei tutti i giorni, nella maggior parte dei casi per colpe e demeriti di quelle istituzioni e della politica di cui Laura Boldrini fa parte che non assolvono ai loro doveri.

Grillo avrebbe detto la stessa cosa a chiunque, non si è rivolto al genere ma al ruolo che Laura Boldrini rappresenta e le ha mosso delle critiche a cui la presidente della camera avrebbe dovuto rispondere chiarendo, non facendo dell’inutile vittimismo su di sé trascinandosi dietro anche quelle donne che non pensano di doversi offendere se una sola viene criticata non “in quanto donna” ma per quello che rappresenta.

Le donne che non si mettono a disposizione lo fanno sempre, contro qualsiasi strumentalizzazione.

Mi sfugge la logica secondo cui se viene offesa una persona, o per meglio dire se una persona ritiene di essere stata offesa debba portarsi dentro e dietro quel sentimento un’intera categoria di persone, o, nella fattispecie il genere a cui appartiene; forse per la famosa teoria del battito d’ali di una farfalla?

E mi sfugge anche il motivo per cui le donne al potere non si possano criticare come, e anche peggio se lo meritano, degli uomini.

Per come intendo io la parità, quella vera, non quella concessa a mò di elemosina con l’obbrobrio quote rosa significa anche iniziare a prendere atto che una donna che fa politica è uguale ad un uomo che fa politica, e quando la donna che fa politica dimostra di essere inadeguata al ruolo, quando dimostra di non essere super partes rispettando quel ruolo [forse perché qualcuno più in alto di lei glielo chiede? chissà] si può criticare eccome senza dover ogni volta assistere alla pletora degli sdegnati e sdegnate che gridano al maschilismo e all’inaccettabile offesa “sessista”.

E quanta arroganza dimostra una donna che quando si sente offesa dal suo autorevole pulpito parla di offese a TUTTE le donne?

Ogni donna e ogni persona ha i suoi parametri di giudizio e i propri punti di riferimento dai quali eventualmente farsi rappresentare.

Io, da donna, potrei benissimo sentirmi più rappresentata da un uomo che da mille mie colleghe di genere e vorrei decidere da sola se e quando offendermi o vergognarmi per conto terzi.
Bisognerebbe smetterla una volta e per tutte di avanzare pretese di diversi trattamenti, considerazioni, critiche e giudizi “in quanto donne”, essere donna non è una malattia genetica, non è una condizione naturale di svantaggio, noi donne non siamo una specie protetta né in via di estinzione, essere donne non è un di più né un di meno rispetto all’essere uomini. 

E l’agone politico non è un luogo di carinerie galanti, è un’arena dove ci si confronta anche duramente e quando e se lo scontro riguarda il politico donna l’ultima cosa da fare, proprio in rispetto del genere è farsi scudo col genere. 

Perché le donne dei piani bassi, quelle che si tirano in ballo ogni volta che viene offesa una donna che ha un ruolo pubblico salvo poi dimenticarsele fino alla prossima volta, sono abituate a lottare contro ben altre mancanze di rispetto quotidiane, e quando accade non c’è nessuna eccellenza a confortarle né tanto meno quelle donne pensano che un’offesa, una mancanza di rispetto o come nel caso di specie una critica, pesante quanto si vuole ma sempre critica resta fatta a loro significa dover estendere poi il proprio sentire PERSONALE a tutto il genere. 

Usare argomenti quali maschilismo e sessismo laddove non c’entrano è una furbata non degna di donne che vogliono essere considerate moderne, mentalmente libere ed emancipate.

La misoginia più pericolosa è quella femminile

 La peggior misoginia è quella femminile. Io non ho paura degli uomini quanta ne ho invece di donne ignoranti, represse, frustrate che vedono un pericolo nell’altrui bellezza.

Se c’è il diritto a poter scoprire il proprio corpo semplicemente per vanità femminile senza per questo essere giudicate male o rischiare lo stupro allora deve esserci anche quello di potersi scoprire per pubblicizzare oggetti e abbigliamento e farsi pagare per farlo.
Esattamente come la prostituta vende prestazioni sessuali e quindi anche parti di sé o la sé tutta intera.

 Non ho mai capito cos’è questa paura della nudità. Siamo tornati agli anni ’50 e alla difesa del comune senso del pudore;  non c’è un senso comune delle cose, ognun* ha i suoi, personalissimi,  indiscutibili e soprattutto ingiudicabili quando non recano danno al prossimo.

Il dibattito infinito sulle donne e di conseguenza sugli uomini, le relazioni sociali, l’omosessualità è funzionale e direttamente proporzionato alle limitazioni che la politica vuole imporre. C’è un progetto abbastanza evidente di voler riportare questo paese ai magnifici albori del dopoguerra.

E tanta gente lo condivide perché si sa: “una volta certe cose non succedevano e non si vedevano”.

Signora mia.

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”Vietare gli spot sexy”, la proposta di legge delle senatrici Pd

Violenza sulle donne, le colpe di spot e tv
Corpo femminile, in Italia abuso record

“L’Italia ha il record dell’utilizzo del corpo delle donne in pubblicità e sui media, insieme alla Grecia”.

E guarda caso Italia e Grecia sono i paesi in cui le donne rischiano di meno rispetto ad altri secondo autorevoli statistiche di qualche settimana fa.

Ossessione per gli shorts delle adolescenti? Parliamone

Io ad esempio, più che vietare a delle donne di poter esibire la propria bellezza per pubblicizzare capi di abbigliamento o qualsiasi altro prodotto commerciale pensando che sia questo la causa delle violenze sulle donne proporrei una discussione seria sull’uso delle donne a favore della cretineria in quegli spot che le descrivono come perfette mogli, amorevoli mamme, cuoche sopraffine,  massaie che sanno sempre trovare la soluzione alla macchia sul bucato e al calcare che si forma sul piatto doccia: questo sì, è mortificante ed umiliante e relega la donna ad un ruolo secondario rispetto all’uomo che poi è quello che si porta dietro dalla notte dei tempi.

Chissà perché le donne di centrosinistra comprese le quattro parlamentari che vogliono proibire alle donne per legge di poter esibire il proprio corpo a fini commerciali [l’esibizione no ma la vendita per scopi prostituzionali sì? vabbè], Lorella Zanardo non si sono risentite quando l’Unità anni fa ha scelto il culo di una modella per incentivare la campagna acquisti del giornale.
Pubblicizzare un quotidiano significa essere moderne, disinibite, intelligenti, coraggiose, essenziali, indomabili, rivoluzionarie, belle e forti mentre fare la reclame del costume da bagno significa incentivare e promuovere le violenze e lo stupro? pietà. Dal famoso slogan anni ’70: “il corpo e mio e lo gestisco” io siamo passati al corpo è mio ma lo gestisci tu?  e per cosa poi, per quell’insana idea che gli uomini siano tutti potenziali violentatori, stupratori, assassini di fidanzate, mogli e compagne? pietà al quadrato e al cubo. Un tempo almeno esisteva la differenza fra il pensiero di sinistra e quello di destra, oggi invece succede che quattro parlamentari di centrosinistra propongano una legge che butta nella spazzatura quarant’anni di lotte per la libertà individuale delle donne, fra cui rientra anche quella di potersi esibire senza scatenare la filippica moralistica spalmata ovunque sui media e in rete o, peggio ancora, essere considerate le mandanti morali di violenze e stupri. Tutto questo non c’entra nulla col promuovere la cultura del rispetto di sé.

Proibizionismi e censure sono stati sempre devastanti per l’umanità.

Nessuna donna si fa usare a sua insaputa.
Smettiamola di pensare di poter mettere un tetto, legale poi, alla libertà di ciascuna di potersi mostrare gratis o a pagamento come le modelle e vendere e svendere come  le prostitute che, chissà perché,  non entrano mai in questo dibattito anche se si mostrano nude e di persona sui marciapiedi nei centri abitati  perfino alle dieci di mattina. La prostituzione rientra perfettamente nella libertà di poter disporre del proprio corpo mentre decidere di vendere la propria immagine all’azienda commerciale no? tutto questo è surreale.

Roba da matti vivere in questo terzo millennio dove le donne, ma anche delle ragazzine vengono giudicate niente meno che “sgualdrine” in base ai centimetri di pelle del corpo che lasciano scoperti e si ritiene questo una giustificazione alle violenze subìte. Non c’è nessun nesso logico fra il modo di vestirsi di una donna, fosse anche il più succinto o volgare, con la violenza che può esercitare su di lei un uomo che si sentisse in qualche modo autorizzato da quella mise. Eppure è facile: vedere e non toccare. Come nelle cristallerie.

Così come non c’è né ci deve essere nessuna analogia con la visione di corpi, perlopiù belli con le violenze e gli stupri che subiscono tutte le tipologie di donne, di tutte le età, anche quelle meno belle o per niente e anche le anziane.

A me pare di sognare, nel terzo millennio stiamo qua a discutere se una donna è libera o no di fare ciò che vuole di se stessa, a pensare di vietarglielo PER LEGGE su una proposta di quattro appartenenti al centrosinistra [che manco la DC…], per non essere la causa di un fenomeno sociale drammatico quali sono stupri e violenze che sono sempre accaduti nella storia da che esiste l’umanità e perfino prima di berlusconi.

Pazzesco.

Una donna deve essere libera di andare in giro come le pare, agghindata come la Madonna di Loreto se le piace e se le va senza dover rischiare l’aggressione per quello che mostra di sé o quello che indossa di prezioso, così come nessun proprietario di un catorcio è autorizzato a rubare la fuoriserie che non si può comprare.

E il fatto che ci siano uomini incapaci di trattenere le loro pulsioni  davanti all’immagine di una donna non è una giustificazione ma un’aggravante.

 Io posso svestirmi quanto voglio in rispetto alla legge che vieta di andare in giro nudi senza che questo venga interpretato come un’autorizzazione a procedere.
Non è così difficile da capire visto che noi donne questo lo sappiamo fare.

Non  pensiamo di essere autorizzate ad allungare le mani sulle sue parti intime o di abusare di lui, in presenza di un bell’uomo con la camicia aperta, il pantalone aderente e lo sguardo ammaliante.

In Italia, democrazia occidentale del terzo millennio, una donna è costretta ad evitarsi il piacere di scoprire parti di sé per non turbare la sensibilità contenuta nella patta dei pantaloni di tanti uomini.
Come se scoprirsi fosse un’implicita autorizzazione ad usarle violenza.
E il dramma è che questo non è  un pensiero maschile ma soprattutto femminile, confermando quanto di vero c’è nella teoria secondo cui le peggiori nemiche delle donne sono le donne.

“Cazzate”

Monti attacca: “Bersani infantile
B. compra voti”. Lui replica: “Cazzate”

Sottotitolo: simpatico il console americano che avvisa i compatrioti sui pericoli di Milano, città «violenta». Vorrà dire che i milanesi per vivere tranquilli potrebbero trasferirsi  in quel di New York, nota roccaforte di sicurezza dove la criminalità è stata debellata come il colera e il vaiolo.   

La microcriminalità è un fatto comune relativo all’umanità e non ai paesi alle città o, peggio ancora alla nazionalità.

Qui non abbiamo il secondo emendamento che autorizza stragi e omicidi.

Quella del console è stata un’uscita scomposta e del tutto fuori luogo, perché questa rischia di  diventare come la storiella che a stuprare le donne in Italia sono i cattivoni che vengono da fuori anziché i bastardi che sono sempre stati dentro.

E comunque a due settimane dalle elezioni NON SI FA una cosa del genere che ha per forza una conseguenza politica, Milano ha un sindaco di centrosinistra, la vogliamo consegnare alla lega così la mette in sicurezza a modo suo?

Il dialogo elegante di Berlusconi
con l’impiegata: “Quante volte viene?”

 

Berlusconi e la segretaria: “Lei viene? E quante volte? Vuol girarsi?”

L’ex premier in visita in un’azienda di Mirano dialoga a colpi di doppi sensi con una impiegata. La platea lo applaude e ride divertita.

Le allusioni sessuali di Berlusconi all’impiegata (FOTO, VIDEO)

“Si giri” e le guarda il fondoschiena


Non ho mai pensato di dovermi vergognare o imbarazzare per conto terzi come tutti quelli che si vergognavano che a rappresentare l’Italia nel mondo fosse silvio berlusconi, e ci mancherebbe altro; che si vergogni lui  di essere quel che è, io non c’entro nulla con lui né con le platee di quegl’imbecilli che ridono alle sue battute, che si divertono con le sue volgarità. 

E si vergognasse soprattutto chi ha permesso ad una persona simile  di avvicinarsi alla politica e di rappresentare lo stato italiano.

Quello che mi dà fastidio, che mi ha dato sempre fastidio è che altre donne, scrittrici, giornaliste, intellettuali poi si debbano sperticare, riempire pagine di giornali  per difendere QUEL tipo di donna che anziché rispondere all’erotomane incallito come avrebbe meritato si presta al gioco, risponde divertita, si gira alla richiesta di mostrare il culo. Oppure le donne come la Carfagna che ieri sera si è risentita per la battuta di un comico pretendendo le scuse; scuse che invece le donne  come lei dovrebbero porgere, e sarebbe sempre troppo tardi,  per aver contribuito in solido al decadimento della benché minima idea di rispetto nei confronti del genere femminile italiano.
La signora si offende per la battuta del comico? stare al fianco,  sostenere un puttaniere è un esercizio di virtù, invece?

Queste non sono vittime e io non spreco un attimo del mio tempo a cercare di comprendere come ci si possa far avvicinare, da donna,  da  un simile figuro in quel modo senza reagire, stargli vicino per convenienza. Difenderlo, addirittura, come fanno puntualmente le donne presenti nel suo partito. Mentre con uomini così le donne Donne – quelle che non pensano che la dignità sia qualcosa che si può riporre e tirare fuori come un cambio di stagione –  non prenderebbero nemmeno un caffè.

Se una donna è stupida, lasciasse stare la questione di genere.
Non se la prendesse con gli uomini che la trattano, giustamente, da stupida.
Perché la colpa non è di chi approfitta della stupidità di una piccolissima donna che invece di rispondere con un manrovescio alle battute triviali  del telecafone impunito acconsente divertita.

Sicuramente chi usa il suo potere per plagiare, sedurre, abbindolare ha sempre torto, specie quando quel potere è esagerato, ma qui stiamo parlando di un episodio che poteva essere risolto in un altro modo.

Non è necessario essere accondiscendenti e stare al gioco sempre, quando si ha a che fare con silvio berlusconi. 

Se una donna non sa mettere al suo posto un cafone, la colpa non è del cafone, perché lui  è quello che è ma è stato sempre agevolato,  SOPRATTUTTO dalle donne. 

E chissà se anche Francesca  Pascale,  la ventottenne presentata in società come la fidanzata di silvio berlusconi scriverà una letterina a qualche quotidiano per pretendere le scuse dal distributore automatico di ciarpame senza pudore.

Se avesse risposto così anche lei, sarebbe entrata nella storia: