And the winner is…

Riccardo Mannelli per Il Fatto Quotidiano

Nuovismo giovanilistico (peppapigghismo) Rita Pani

L’Italia chiedeva il nuovo, l’Italia ha lottato per la rottamazione, l’Italia ha chiesto a suon di Vaffanculo l’abolizione del vecchiume. In teoria, quindi, dovremmo essere contenti. Mai visto un governo più giovane di così. La corsa al rinnovamento chiuse i portoni delle Frattocchie, e aprì le porte della casa del grande fratello. Per lunghi anni, anziché sognare di trovare un lavoro, si sperava di vincere alla lotteria, si smise di sognare una casa e si iniziarono a desiderare le ville. Le madri smisero di stimolare la crescita intellettiva delle figlie, prediligendo la crescita siliconata delle loro tette. Se a noi insegnarono a non prostituire mai il nostro pensiero, alle altre figlie fu insegnato a prostituire tutte loro stesse, senza mai fermarsi a pensare.

Da ieri rido se mi torna in mente la ministra distratta da Peppa Pig, ma non partecipo alla “fucilazione” che sta dilagando sui social network, con la denuncia del suo essere “una raccomandata di ferro”. Perché dovrei? È la naturale conseguenza di tutto ciò che negli anni si è seminato, quando a quelli come me – vecchiume ideologizzato, anacronistico, quasi folkloristico – si doveva sputare in faccia.

Oggi mi ricordo di tutte le volte che i “nuovisti” mi hanno chiamato troia comunista, e sono grata, perché è vero che allargo le braccia in segno di resa, ma accompagno il gesto con il bellissimo suono di una risata.

Arriverà il tempo anche per voi “giovani peppapigghisti”, di chiedere aiuto, di aver bisogno di pensare, di far ritorno al passato e quel giorno pure da morta io riderò. Perché almeno noi, possiamo ricordare Nilde Jotti, voi dovrete rimpiangere la Carfagna.

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Sottotitolo: sono una persona semplice e che ragiona e riflette sulle cose come la maggior parte della gente, ovvero in modo semplice.  Ecco perché se si tratta di responsabilità da affidare a qualcuno parto sempre dall’assunto della capacità, della competenza, dai trascorsi professionali che possono garantire un’affidabilità; se sono in pericolo di vita non mi interessa se chi me la deve salvare sia uomo, donna, nero, asiatico, europeo, lesbica, trans o gay. Mi interessa che sia una PERSONA che sa fare bene il suo lavoro. Renzi non è andato a prendersi i ministri [donne e uomini] fra le persone che si attivano sul serio, fra quelle, e ce ne sono, che ogni giorno sono a farsi il mazzo sul territorio a contatto con le realtà tragiche e drammatiche di questo paese, no. Li ha cercati e trovati nello stesso posto in cui sono andati a prenderli tutti i suoi predecessori che almeno non hanno avuto l’ardire di parlare di rinnovamento, rottamazione. Li ha cercati e trovati nel solito establishment composto da persone che devono rispondere a chi si occupa di altre cose, di altri interessi sempre in contrasto con quella politica che invece dovrebbe fare gli interessi di tutti, in special modo delle persone in difficoltà proprio per colpe e irresponsabilità di chi ha sempre fatto gli interessi di qualcuno e non di tutti.

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Il Vangelo secondo Matteo (Marco Travaglio)

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Come Blair: sì, il bugiardo Blair

di Barbara Spinelli, per www.listatsipras.eu

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IL GOVERNO COME UN TALENT: RENZI NON VUOLE L’ESPERIENZA – Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano

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FEDERICA GUIDI, PRIMA GRANA PER RENZI 

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GRATTERI: «NON DICO NEMMENO UNA SILLABA» 

Dunque Sanremo è donna, come il governo Renzi. Accogliamo tutti con giubilo vivo e vibrante la vittoria di Arisa, solidarizziamo tutte e tutti con lei così come ci tocca fare con le ministre “nuove”, quelle giòòòvani e rampanti nominate da Renzi, quelle che non se lo aspettavano perché erano occupate a fare tutt’altro, ad esempio guardare i cartoni animati alla tivvù. Non azzardiamoci per carità a fare una critica dicendo ad esempio che pur non essendo abituée della visione del festival ci piacerebbe che fossero i più bravi a vincere il festival della canzone italiana, non invece quelli che hanno sempre imposto le case discografiche, non foss’altro perché ci toccherà sopportare le conseguenze di Sanremo spalmate un po’ ovunque fra radio e televisioni per chissà quanto tempo ancora. E non azzardiamoci nemmeno a dire che [forse] anche la scelta dei ministri di Renzi [donne e uomini] non è stata fatta basandosi sulla competenza, preparazione, merito eccetera ma che i giochi, proprio come a Sanremo, sono stati fatti altrove dai palazzi della politica e hanno portato nei vari ministeri persone che dovevano essere quelle [donne e uomini] e non altre. E che l’unica persona che sarebbe stata guardata con favore proprio per la sua competenza, che ispira fiducia per i suoi trascorsi professionali, ovvero Nicola Gratteri che ahimé, è un uomo, è stato lasciato fuori dalla porta del palazzo proprio per eccesso di capacità e di serietà. No: l’esaltazione della meritocrazia è nominare ministro una che di mestiere fa l’imprenditrice e che solo qualche giorno fa era a cena da berlusconi in quel di Arcore, un’altra che ha saputo di essere diventata ministra mentre guardava Peppa Pig. Poi che casualmente sia la stessa persona il cui padre era in rapporti stretti di amicizia con Veltroni, che è stata fidanzata col figlio di Giorgio Napolitano e che ora è sposata con Mario Gianani, un produttore cinematografico che lavora in società con Lorenzo Mieli, che non è un omonimo di Paolo ma è proprio il figlio, senza contare che Marianna Madia, nominata alla semplificazione e non è uno scherzo, che prossimamente darà alla luce il suo secondo figlio, rischierà di doversi assentare dal suo posto di lavoro proprio come fece il giorno che in parlamento si votava sullo scudo fiscale, giorno in cui lei si trovava casualmente in vacanza a Rio de Janeiro forse perché come D’Alema non aveva capito quanto fosse importante quella votazione che avrebbe potuto battere berlusconi politicamente, proprio come si è sempre augurato, oltre a molti altri, il globetrotter neo assunto a palazzo Chigi; anche lui per meriti, ci mancherebbe.

Perché Sanremo è Sanremo [ed è proprio questo il problema]

Mauro Biani

Sottotitolo: un pregiudicato di nuovo al centro della scena pubblica, purtroppo non di quella che lo dovrebbe consegnare alla sentenza che lo ha condannato ma di quella politica, delle grandi decisioni. Poi quando nel mondo ridono di noi, ci compatiscono e considerano l’Italia lo stanzino delle scope della comunità internazionale non chiediamoci il perché.
E complimenti a quei giornalisti che quando si rivolgono a lui chiamano ancora berlusconi “presidente”. Fate pietà, pena, come del resto tutti quelli che in questi mesi hanno continuato a parlare e scrivere di un “cavaliere” solo perché nessuno ha il coraggio di togliere un’onorificenza a un ladro, un abusivo, un impostore, un delinquente, un pregiudicato, un condannato: visto quanti aggettivi c’erano? manco uno ne avete trovato. Vergogna. Presidente ‘sto cazzo.

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Se i tre quarti del paese si trasferiscono virtualmente a Sanremo, lo cominciano a fare un mese prima, per non parlare del mentre e per chissà quanto tempo ci toccherà subire gli strascichi di un festival della canzonetta che manco fosse la notte degli Oscar [che almeno è internazionale] e che non penso interrompa nessuna normale consuetudine, come ad esempio lasciare che la gente possa scegliere cosa guardarsi nelle televisioni, non obbligarla per inerzia a sintonizzarsi su Raiuno per poi vantarsi dello share [come se ci fosse un’alternativa] perché altrove è il deserto che manco a ferragosto, è normale che poi Sanremo diventi il pulpito di qualsiasi dibattito e che chiunque vada a cercarsi lì un po’ di attenzione.  Non è normale un paese dove un programma televisivo di canzonette deve entrare sempre e puntualmente nel dibattito politico, una volta perché c’è Celentano, una perché coincide con le elezioni e allora qualcuno chiede  perfino che venga spostato per non disturbarle, un’altra per le imitazioni di Crozza, un’altra ancora perché Grillo va a guardarsi il festival terrorizzando la politica e ovviamente si esibisce nel solito one man show [ma fuori dal teatro, non dentro]. Non è normale un paese considerato così fragile perché c’è sempre qualcuno che decide che debba essere protetto da quel che viene veicolato dal palcoscenico di un teatro mentre il vero dibattito politico, quello che interessa tutti  specialmente in questo momento, mentre  qualcuno sta decidendo le nostri sorti a nostra insaputa, viene interrotto perché c’è Sanremo.  Non è normale un paese dove il palcoscenico di un festival viene usato dal santone di turno pagato a peso d’oro per rivelare chissà quali verità oppure per ospitare, a spese del Comune ovvero dei cittadini, chiunque abbia un problema da segnalare manco Sanremo  fosse lo speakers’ corner di Hyde Park. Tutto questo non si fa, non succede  da nessun’altra parte e non è altro che l’ennesimo motivo, la più gigantesca arma di distrazione di massa che contribuisce all’immiseramento culturale e all’azzeramento della già scarsa qualità dell’informazione di questo paese.

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IN NOME DELLO SHARE
Stop ai talk show, la messa di Don Fabio batte la politica
I PROGRAMMI D’INFORMAZIONE SI FERMANO TEMENDO IL CONFRONTO CON LA GARA CANORA
Andrea Scanzi, 19 febbraio

Matteo Renzi è telegenico sì, ma neanche poi tanto. E così la tivù politica italiana si ferma. Per una settimana, in onore e ossequio al rito laico della liturgia sanremese officiata da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. È un momento chiave per la politica, o così sembra. Non abbastanza però da disturbare i tributi deandreiani di Luciano Ligabue, le polemiche surreali su Rufus Wainwright e il sempiterno Festival della Canzone Italiana. I talk show di prima serata si fermano. Tutti o quasi. Ieri non è andato in onda Ballarò, che ha preferito anticipare a domenica: poco più del 12 per cento di share e l’ennesimo scontro con il Movimento 5 Stelle, per la presenza non autorizzata di un inconsapevolmente masochista Roberto Cotti. Al suo posto RaiTre ha trasmesso Il distinto gentiluomo, film minore con Eddie Murphy: perfetto per non erodere spettatori alla prima serata su RaiUno. Stop anche a Linea Gialla di Salvo Sottile, Le invasioni barbariche di Daria Bignardi e Servizio pubblico. Era già accaduto un anno fa e per Santoro fu una novità. Nell’ultima stagione in Rai, Annozero sparò il caso Ruby e – nonostante Roberto Benigni a Sanremo per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia – raggiunse il 14 per cento con 4 milioni di spettatori. Andrà invece avanti come nulla fosse La gabbia di Gianluigi Paragone, che stasera sfiderà non solo Sanremo ma pure gli ottavi di finale di Champions League tra Milan e Anderlecht. L’Italia è un paese che non prende sul serio nulla tranne il faceto, e in questo senso fermare larga parte dell’informazione – per giunta in un momento chiave – per ascoltare L’amore possiede il bene di Giusy Ferreri e Vivendo adesso di Francesco Renga è quasi logico. Fortuna che le eccezioni esistono e c’è chi – Enrico Mentana – prende tutti in contro-tempo sparando (ieri sera) una puntata speciale di Bersaglio Mobile: l’attualità, nonostante tutto e a rischio di farsi male.

L’EFFETTO d’insieme, una volta di più, è quello dei passeggeri del Titanic che continuano a ballare nonostante l’imminente inabissamento. La crisi economica, la formazione del governo, le promesse renziane e gli inutili idioti a destra e manca: la fredda cronaca. La dura realtà. Non troppo appassionante e ancor meno avvincente. Meglio parlare d’altro. Meglio assecondare il disimpegno, inseguendo una casa in collina senza però essere Cesare Pavese e dunque avendo al massimo la possibilità per un monolocale vista tangenziale. Mettersi contro Sanremo, in termini di ascolti, è un suicidio neanche troppo assistito: scelta logica, dunque, evitare lo scontro. È però curioso e forse sintomatico come lo spettacolo (peraltro presunto) del Festival di Sanremo offuschi lo spettacolo (peraltro desolante) della politique politicienne. Preferire i Perturbazione a Maurizio Lupi e Francesco Sarcina a Maria Elena Boschi, in fondo, è quasi involontariamente meritorio. La farsa dichiarata che offusca la tragedia farsesca. C’è pure un fenomeno di evidente semi-transustanziazione: il Crozza satirico che scompare da Ballarò per riapparire a Sanremo, chiara dimostrazione di uno spostamento di ribalta e attenzione. Il palco principale non è più il talk show politico, ma la messa laica di Don Fabio e Madamin Luciana. Non conta più sapere chi sarà il ministro dell’Economia; molto più rilevante scoprire se le canzoni di Giuliano Palma riusciranno a essere più brutte delle precedenti. Comunque vada, si parlerà di niente. Quindi di Sanremo.

La metastasi italiana si chiama conflitto di interessi

Sottotitolo: un paese in balia degli editori, regolando il conflitto di interessi questo non sarebbe mai potuto accadere. Forse adesso tutti capiranno meglio perché nessuno se ne è mai occupato. Vergogna senza fine, per loro, s’intende, perché io li avevo votati quelli che ad ogni elezione promettevano di fare la legge sul conflitto di interessi salvo poi piagnucolare di numeri, di tempo che non c’era e, che lo dico a fare? che c’erano ben altri problemi a cui pensare, che in fin dei conti il conflitto di interessi, come ci ha insegnato Fassino “non dà da mangiare”. Domandatelo a berlusconi e a De Benedetti, se non dà da mangiare. Giusto per citare i primi della lista. Il piddì che è assolutamente terrorizzato [molto di più di quanto lo sia stato qualche giorno fa quando un delinquente pregiudicato ha trovato la porta aperta al Quirinale] dall’eventuale presenza di Grillo all’Ariston di Sanremo tanto da chiedere ufficialmente al presidente della Vigilanza Rai di vigilare è sintomatico di quanto abbia intenzione la politica di mollare l’osso: di lasciare che l’informazione, la televisione e i media in generale siano davvero indipendenti dalla politica così come avviene in tutti i paesi più civili di questo dove o si fa l’imprenditore, specialmente quando ci si occupa di informazione, o si fa il politico. I due ruoli impersonati in un’unica figura non fanno pendant,  né a destra né a “sinistra”.

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La pirateria giornalistica della Zanzara mi fa pensare all’anonimato in rete

[…] Ah scusate, credo che fra quelli cui piace questo genere “giornalistico” ci siano molti che detestano e combattono l’anonimato nella rete, quando tocca a loro essere su Twitter o su Facebook oggetto dell’altrui aggressività. E questa roba di oggi che è? Fingere di essere qualcun altro, estorcere dichiarazioni che mettono in imbarazzo quando non un diretto danno di reputazione, creare il genere narrativo dell’inganno e della presa per il culo, che è? Se vi dicessi che ci vogliono regole per il giornalismo mi sbranereste, e con ragione. Ecco, quando parlate della rete e cianciate di regole  e di inciviltà, ricordatevi delle vostre zanzare.[…]

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 L’Italia, a differenza di quel che diceva quell’ottimista di Montanelli non si è affatto vaccinata contro il virus berlusconi, al contrario quel morbo si è trasformato in metastasi che ha infettato tutto quanto perché chi doveva applicare la terapia di contrasto si è fatto invece contagiare e infettare volentieri.
Io credo, sono convinta che Fabrizio Barca sia un galantuomo, una persona per bene, cosa che non si può dire di tante altre persone, troppe, altrimenti la politica non sarebbe scaduta così in basso. Però mi chiedo: perché non la smettono – almeno le persone serie – di legittimare un programma disgustoso qual è La zanzara di Cruciani? Quale sarebbe l’attualità senza tabù, la definizione che viene data alla trasmissione, ordire tranelli a gente che pensa di parlare con qualcuno che invece è qualcun altro e poi mandare in onda contenuti di telefonate violando la privacy? Questo, nel quale si dà la parola a cani e porci, a omofobi, razzisti e fascisti, dove si organizzano vigliaccate all’insaputa, dai contenuti paragonabili a quelli della peggior rivista di gossip e del più scadente trash televisivo, sarebbe il programma di punta della radio del Sole 24 ore, il quotidiano dell’alta finanza? 

 La zanzara andrebbe chiusa per le solite ragioni di igiene ambientale, non è informazione, non è satira, è un programma nel quale si lasciano parlare tutti a ruota libera, e poi quello che dicono viene spalmato in Rete dove se ne parla per giorni e  giorni, e poi il siparietto fisso della Ruccia sul Fatto Quotidiano per discutere ancora e ancora di tutte le scelleratezze che vengono dette in  trasmissione.

Sciacallaggi, vigliaccate, cose senza importanza, bugie, che invece trovano una eco e uno spazio esagerati ma poi, al contrario di altri argomenti non suscitano scandalo né l’indignazione di nessuno.

Gli uomini fanno fatica…[il discorso di Luciana Littizzetto a Sanremo]

Secondo me, uno dei momenti più belli di questo festival.

 

Gli uomini fanno fatica a dire ti amo.

Lo dicono solo in caso di estrema necessità, tipo quando proprio non ne possono fare a meno, sennò dicono dei surrogati. 

Dei derivati del ti amo. Che fanno danni come i derivati delle banche. Dite delle cose tipo: sei molto importante per me. E cosa vuol dire molto importante? Anche non pestare una cacca di cane prima di portare le scarpe al calzolaio è molto importante, ma non è mica la stessa cosa che dire ti amo. Dite cose tipo: Mi fai stare bene. Ma mi fai stare bene lascialo dire a Biagio Antonacci. Dillo al tuo medico Shiatzu quando ti schiaccia i piedi per metterti a posto la cervicale. Oppure sprecate quelle parole tipo tesoro, meraviglia, splendore. Ma splendore cosa? Guardami. Splendo? Non sono mica una plafoniera? Ma dite ti amo, pezzi di cretini! Se la prima volta vi vergognate mettete la testa nel sacchetto del pane?! Dite “ti amo” mentre vi lavate i denti? Sglrlb? Va bene anche quello. Poi al limite cambiate idea. Dire una volta ti amo non crea né impotenza né assuefazione.
Poi il bello è che non capite nulla anche quando siamo noi a dirvi parole d’amore. Se vi diciamo cose romantiche tipo: Amore, guarda che luna.. voi rispondete: Minchia l’una? Pensavo fossero le undici. Andiamo che mi è scaduto il parcheggio. Ma noi vi amiamo lo stesso. Cosi come siete. Vi amiamo anche quando…vi vantate di aver scritto il vostro nome facendo pipì sulla neve, amiamo i vostri piedi anche se sono armi di distruzione di massa, vi amiamo anche se di notte russate che ci sembra di dormire ai piedi dello Stromboli, vi amiamo anche se per trovarvi per casa basta seguire le tracce come per gli animali servatici, giacca, camicia, canotta, tutto lasciato per terra finché sul divano non trovi un tizio con la felpa della Sampdoria che gioca alla Playstation, vi amiamo quando per fare un caffè ne spargete un quarto sul tappetino e due quarti sul gas. E poi dite che viene leggero.
Vi amiamo quando avvitate la caffettiera fino allo spasimo che per aprirla dobbiamo chiamare i pompieri, e poi non chiudete i barattoli, appoggiate solo il coperchio sopra cosi appena lo prendi sbadabam cade tutto. Vi amiamo quando sparecchiate la tavola con la tecnica del discobolo, mettendo in frigo la pentola della minestra che poggia su due mandarini. Vi amiamo quando a Natale scavate il panettone con le dita, quando per farvi un caffè sporcate la cucina che neanche 10 Benedette Parodi.. e pure quando per farvi la doccia allagate il bagno e lasciate la malloppa di peli nello scarico, che sembra di stare insieme a un setter irlandese! Vi amiamo quando diciamo voglio un figlio da te e voi rispondete “Magari un cane” e noi vorremmo abbandonare VOI in autostrada non il cane. Vi amiamo quando andate a lavare la macchina e ci chiudete dentro coi finestrini aperti, vi amiamo quando fate quelle battute tipo prima di fidanzarti guarda la madre, perché la figlia diventerà cosi, Voi no. Voi spesso siete pirla fin da subito. Vi amiamo quando mettete nella lavastoviglie i coltelli di punta, che quando noi la svuotiamo ci scarnifichiamo, e quando invece di sostituire il rotolo finito della carta igienica usate il tubetto di cartone grigio come cannocchiale.
E’ per amore vostro che facciamo finta di addormentarci abbracciati anche se dormire sul vostro omero ci dà un po’ la sensazione di appoggiare la mandibola su un ramo secco di castagno, e vi amiamo anche se considerate come dogma assoluto che l’arrosto della mamma è più buono di quello che facciamo noi. Il creatore non ha detto: E la suocera fece l’arrosto fatelo sempre cosi in memoria di me.
Insomma, noi vi amiamo anche quando date il peggio, vi amiamo nella buona ma soprattutto nella schifosa sorte. Vi amiamo perché amiamo l’amore che è un apostrofo rosa tra le parole: E’ irrecuperabile.. ma quasi quasi me lo tengo.
Perché san valentino è la festa dell’amore, declinato in tutte le sue forme.

L’amore delle persone che si amano. Anche delle donne che amano le donne e degli uomini che amano gli uomini.

MA CHE CI INTERESSA QUELLO CHE FANNO A LETTO? L’IMPORTANTE E’ CHE LE PERSONE SI VOGLIANO BENE. SOLO QUESTO CONTA.
Pensa che bello sarebbe vivere in un paese dove tutti i diritti fossero riconosciuti. Ma non solo i diritti dei soldi. Quelli dell’anima. Quelli che mi dicono che posso vegliare la persona che ho amato per anni in un letto d’ospedale senza nessuno che mi cacci via perché non siamo parenti. E poi vorremmo un san Valentino dove nessun uomo per farci i complimenti dicesse che siamo donne con le palle. Dirci che siamo donne con le palle non è un complimento. Non le vogliamo. Abbiamo già le tette. Tra l’altro sono due e sferiche anche quelle. Vogliamo solo rispetto. In Italia in media ogni due o tre giorni un uomo uccide una donna, compagna, figlia, amante, sorella, ex.
Magari in famiglia. Perché non è che la famiglia sia sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore.
La uccide perché la considera una sua proprietà. Perché non concepisce che una donna appartenga a se stessa, sia libera di vivere come vuole lei e persino di innamorarsi di un altro.. E noi che siamo ingenue spesso scambiamo tutto per amore, ma l’amore con la violenza e le botte non c’entrano un tubo. L’amore, con gli schiaffi e i pugni c’entra come la libertà con la prigione. Noi a Torino, che risentiamo della nobiltà reale, diciamo che è come passare dal risotto alla merda.
Un uomo che ci mena non ci ama. Mettiamocelo in testa. Salviamolo nell’hard disk. Vogliamo credere che ci ami? Bene.

Allora ci ama MALE.

Non è questo l’amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo. Sempre. E dobbiamo capirlo subito. Al primo schiaffo. Perché tanto arriverà anche il secondo, e poi un terzo e un quarto. L’amore rende felici e riempie il cuore, non rompe costole e non lascia lividi sulla faccia. Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti? No. Ne abbiamo una sola. Non buttiamola via.

Luciana Littizzetto

Perché Sanremo è Sanremo [2013]

Sottotitolo: verrà un giorno che l’Uomo si sveglierà dall’oblio
e finalmente comprenderà chi è veramente
e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza,
a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo.
L’ Uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto,
sarà libero anche qui in questo mondo.

” Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla! “
[Giordano Bruno – Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600]


Giordano Bruno condannato per eresia dal Tribunale centrale del Sant’Uffizio ed arso sul rogo a piazza Campo de’ Fiori a Roma, con la bocca serrata perché non parlasse. Più precisamente inchiodata alla mandibola, per ordine del Cardinale Bellarmino successivamente proclamato santo.

Il cattolicesimo, per dire.

Festival di Sanremo, fine dell’egemonia della banalità

Mah…un paese che si blocca, dove i palinsesti televisivi  vengono stravolti in funzione di dirottare gli spettatori verso un unico canale [e grazie al ca…nale che poi lo guardano 16 milioni di persone per sera],  quest’anno a pochi giorni dalle elezioni, per di più, per un festival della canzonetta è molto di più di una rappresentazione della banalità.
E’ la rappresentazione perfetta del nostro paese, fermo al palo da ben più di 63 anni.

Mengoni, i vincitori delle ultime tre edizioni di Sanremo sono,  come la polverini, personaggi costruiti dalla e nella televisione,  che sia Amici della De Filippi  o  il salotto di Floris   il risultato non cambia.

Come nella politica anche a Sanremo il vincitore è quello imposto e non quello che meriterebbe la vittoria.

Perché arrivare ultimi da bravi come è capitato a Vasco Rossi ad esempio significava, al tempo, farsi un mazzo tanto per dimostrare di non essere affatto il meno meritevole, anzi, le carriere di Vasco Rossi, Zucchero e molti altri sono  la dimostrazione che il talento non passa per la vittoria a Sanremo.

Oggi basta il  martellamento mediatico del prima, ovvero la costruzione del personaggio, del mentre,  ma soprattutto del dopo, lo spalmamento full time di Sanremo ovunque perché le case discografiche questo vogliono e tutti fanno a gara per accontentarle, chi vince il festival non avrà nessuna necessità di dimostrare perché ha vinto, c’è già chi lo fa per lui.

E, proprio come nella politica il vincitore viene decretato in parte da una giuria definita  “di qualità” scelta sulla base di chissà quali referenze e  da una maggioranza di imbelli, dai soliti telerincoglioniti dipendenti da reality show e fiction, che votano Mengoni così come avevano votato la polverini solo perché la vedevano praticamente tutte le settimane nel salotto di Floris. Parliamo di televisione, lo strumento col quale berlusconi ha fatto strike di questo paese,  di persone costruite per fare fenomeno che poi vanno ad occupare inopinatamente ruoli politici o pubblici come appunto polverini la cui carriera politica si è EDIFICATA grazie a Ballarò,.

Oppure vincono Sanremo in barba a chi meriterebbe di vincerlo più di loro.

Ed è strano che Elio, il vero vincitore di questo festival, abbia deciso di partecipare conoscendo perfettamente le dinamiche della selezione e della scelta essendo stato uno dei giurati di X-Factor.

Come dico sempre, la gente vota con lo stesso spirito col quale si sceglie la capricciosa al posto dell’ortolana, le vacanze al mare piuttosto che in montagna, la station wagon invece della berlina.

Se questo fosse un paese normale i vincitori avrebbero dovuto essere altri ma, per fortuna, proprio come a proposito della politica, c’è sempre meno gente inconsapevole, disposta a farsi manovrare, che subisce senza rendersi conto di dove sta la fregatura.

 

 

Perché Sanremo è Sanremo [re_re_re_reloaded]

Sanremo, rinvio causa elezioni?
Cicchitto contro Fazio e Littizzetto

Il consigliere di amministrazione della Rai Verro: “Credo che l’azienda debba cominciare a porsi il problema di un’eventuale sovrapposizione tra elezioni e Festival”. Il capogruppo Pdl alla Camera: “I conduttori non sanno manco dove stia di casa l’imparzialità”. Il vice presidente della bicamerale ricorda che c’è spazio per l’informazione politica negli altri palinsesti [Il Fatto Quotidiano]

Stamattina sono un po’ in confusione, non mi ricordo se le televisioni spostano gli orientamenti politici e quindi i voti oppure no.
Perché se non lo fanno, come ci hanno spiegato in tutti questi anni anche autorevoli eccellenze nel giornalismo, un nome a caso Pigì Battista, allora non si spiega perché possa far paura una noiosissima kermesse musicale che secondo me non dovrebbe essere solo spostata ma abolita perché è vecchia e perché costa un mucchio di soldi che un’azienda in costante perdita [e chissà perché: conflitto d’interessi? ] come la Rai non può più permettersi di spendere. Comunque, non è normale un paese dove un programma televisivo DI CANZONETTE deve entrare sempre e puntualmente nel dibattito politico, non è normale un paese dove il palcoscenico di un festival deve venire usato dal santone di turno per rivelare chissà quali verità che poi verranno puntualmente spalmate in TUTTI gli altri programmi televisivi costringendo anche quei pochi che cercano di salvarsi a doversi occupare anche di Sanremo. Non è normale un paese dove per favorire un festival della canzonetta si stravolgono tutti i palinsesti televisivi, l’anno scorso perfino Santoro ha fatto la pausa pro/Sanremo per “sentire cosa aveva da dire Celentano”. E soprattutto non è un normale un paese dove a una nullità come cicchitto, un ex piduista, un servo del suo padrone venga consentito di giudicare chi è adatto o no a presentare un insulso festival che però, e purtroppo [siamo italiani mica per niente] tutti dicono di non guardare ma che alla fine invece raccoglie sempre una quantità impressionante di telespettatori. E soprattutto_soprattutto non è normale, anzi risulta piuttosto invivibile un paese dove TUTTO ruota attorno al papa, a berlusconi e alla politica.

Anticamente durante le Olimpiadi si interrompevano le guerre, oggi invece si interrompe Sanremo per le elezioni. E’ la civiltà moderna.

Se tutti pagano le tasse, le tasse poi ripagano tutti

Aggiornamenti e sviluppi:

www.repubblica.it

Ha  più nient’altro da smentire Lorenzina? non c’è due senza tre, se smentisse anche  di essere stata nominata presidente della Rai  per conto terzi e quarti e cioè del vaticano e di berlusconi, farebbe felice un sacco di gente.

Chissà perché il canone Rai è la tassa più antipatica,  quella che viene pagata proprio con un senso di nausea, forse perché i professionisti che fanno guadagnare l’azienda vengono allontanati forzosamente (per usare un eufemismo)  per fare spazio a questi scempi? centinaia di migliaia di euro investiti, ma più che altro sprecati per fare cosa:  per rimetterci pure?
Solo per Sanremo. 
Uscite:
7.000.000 euro: Convenzione con il comune
600.000 euro: Morandi
600.000 euro: Celentano
150.000 euro: Papaleo
80.000: Mrazova
40.000 euro: Canalis
40.000 euro: Belen
100.000 euro: ospiti internazionali
TOTALE USCITE: 18.000.000 euro
Entrate:
14.300.000 euro: pubblicità venduta
150.000 euro: incasso botteghino
TOTALE ENTRATE: 14.450.000 euro

PERDITE: 3.55 milioni di euro.

Incapaci, disonesti totali, ecco che sono i dirigenti della Rai.

Qualsiasi azienda seria li caccerebbe a calci nel culo e senza preavviso.

www.cadoinpiedi.it

Il canone Rai risulta essere la tassa più invisa rispetto a molte altre,  che sebbene si paghino obtorto collo,  si riconosce comunque loro una certa utilità – poi magari capita che un malato in coma venga lasciato quattro giorni legato ad una barella perché in tutta Roma non c’è un letto che lo può ospitare e che tutto questo sia ritenuto  normale dai dirigenti dell’ospedale più grande d’Europa, ma questa è un’altra storia.

Cioè, è sempre la stessa ma fa molto più schifo, per dire.

Ma parliamo di questa genialata – che fa rima con ladrata – di estendere il pagamento del canone Rai anche alle imprese e alle aziende, anche se non hanno un televisore ma solo quei dispositivi ultramoderni coi quali è possibile accedere alla Rete.

 Fino a ieri il canone Rai era una tassa sulla proprietà (e non, come invece  dovrebbe essere, sulla qualità del servizio che offre), ora invece pare che  bisognerà pagare anche  per la proprietà di computers, iPad, smartphone e anche se nessuno di questi strumenti si utilizza per guardarci la Rai che salvo un paio di eccezioni fa già abbastanza schifo vista solo dal televisore, a quando una tassa sul possesso di lavatrici, frigoriferi e già che ci siamo, pure sui vibratori?

 I nostri tecnici sobrii, compunti e ministri vogliono tassare i dispositivi collegabili alla Rete per finanziare un servizio pubblico (più o meno, insomma…) del quale, salvo eccezioni sempre più rare, si potrebbe fare benissimo a meno. E infatti molta gente ne fa GIA’ a meno.

Dal momento che la politica non può mettere le mani sul web come le piacerebbe tanto fare con la censura avendo capito da un bel po’ che internet è l’ultimo e vero baluardo di libertà che fa? ci mette la tassa, così impariamo a far girare l’economia comprando apparecchi sofisticati per stare al passo coi tempi.


 Se la Rai non vuole essere sfruttata gratuitamente ( si fa per dire,  ché il discorso sulla gratuità dei servizi offerti dalla Rete è lungo, complesso e articolato ) dai fruitori del web può benissimo limitare l’accesso agli abbonati così come fanno i quotidiani on line.

Chi vuole pagare perché usa quel servizio lo fa e chi no, no.

Non ci vuole nemmeno monsieur De Lapalisse per capirlo.

Il canone per internet lo paghiamo già alla Telecom, fra l’altro.

Non si capisce l’ OBBLIGO di dover pagare qualcosa che probabilmente e in molti casi anche sicuramente nemmeno si userà.  Questo governo sta tentando di far passare come necessario, avendolo inserito nella manovra Salvaitalia,  un provvedimento  mai messo in pratica fino ad ora e che è contenuto nientemeno che nel Regio Decreto del 1938:  il concessionario del cosiddetto servizio pubblico  radiotelevisivo italiano sfrutta infatti, al solo scopo di fare cassa,  un decreto anteguerra e uno firmato in tempo di guerra, il Regio Decreto Legge 246/1938 e il Decreto Legislativo Luogotenziale 458/1944:  due leggi che obbligano a pagare un canone chi possiede  uno o più apparecchi adatti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni.

In un paese civile nessuno dovrebbe essere obbligato a pagare  un servizio che non utilizza: in un paese civile  i cittadini dovrebbero pagare quello che gli interessa e che usano, non quel che gli viene imposto di pagare da chi ogni giorno inventa un modo nuovo per togliere quattrini alla gente.

La musica è cambiata ma non i suonatori, né, soprattutto, i suonati, quelli che pagano, per dire.  Una truffa resta una truffa, anche se chi la fa indossa i guanti di velluto. Il governo serio di uno stato serio dovrebbe cercare sistemi altrettanto seri ma più che altro convincenti per spillare soldi alla gente.

Visto che fin’ora è riuscito a fare solo quello dovrebbe perfezionarsi nello stile, ecco.

E già che ci siamo, non si potrebbe abolire quella oscenità del Regio decreto del 1938?

Perché Sanremo è Sanremo: puntoebbasta (finalmente)

L’ALTRA SANREMO, CONTI IN ROSSO, FOGNE CHE ESPLODONO E RISCHIO COMMISSARIO

Famiglia Cristiana all’attacco di Celentano su Twitter – Repubblica.it

Sottotitolo: Continua, imperterrita, la collaborazione – viva e vibrante –  fra la Rai e mediaset: per l’ennesima volta infatti  a Sanremo vince un “prodotto” della scuderia della De Filippi, a questo punto il festival si potrebbe trasferire direttamente su canale 5 (ché tanto non se ne accorgerebbe nessuno): 60 anni, possono bastare.

Non se ne può più di questa gente dalla morale doppia e tripla, che ha sostenuto per anni un delinquente autoprestatosi alla politica e proprio come hanno fatto anche certi giornali come Avvenire e Famiglia cristiana ha iniziato a pigolare solo quando sono emerse le storiacce delle orge di HardCore e dintorni.

Come se fino al giorno prima tutto andasse magnificamente bene.

E su questo Celentano ha ragione, questa fiera dell’ipocrisia perpetuata in ogni dove ottenebra le menti.
Quindi ha fatto benissimo a non scusarsi, non c’era proprio nessuna ragione per farlo visto che nessuno è stato offeso. Però insomma basta con questa storiella della celebrazione della vita eterna fatta da uno che si fa pagare tanto quanto pesa in questa vita.

Ci sarebbe da chiedersi perché in un paese laico per Costituzione non debba esserci lo stesso spazio che invece si dedica in ogni dove e altrove all’esaltazione della religione cattolica e del suo Dio, ad altre religioni – fedi -divinità: la religione di stato non esiste più da un pezzo e per fortuna. Non capisco perché in un paese dove ormai, piaccia o meno ai bigotti conservatori dalla mente a brandelli, la multiculturalità è ormai una realtà conclamata gli islamici non debbano poter sentir parlare in televisione un imam, i buddhisti un monaco, gli ebrei il rabbino con la stessa frequenza con cui si fanno parlare le eminenze cattoliche, e lì non c’è mai nessuno che pretenda, chissà perché, una par condicio  mentre non c’è trasmissione televisiva, talk show dove non sia presente il prete, il monsignore e il cardinale, non capisco inoltre perché quando si parla di religione cattolica non ci debba mai essere lo spazio per esternare dubbi, perplessità, cose che tutte le religioni dovrebbero provocare nelle persone a cui piace non farsela raccontare ma solo e soltanto capire o cercare di farlo anche e solo per una questione culturale ma che invece vengono buttate sempre nel calderone del cosiddetto ‘anticlericalismo’. Dipendesse da me l’ora di religione, almeno nelle scuole statali, dovrebbe essere dedicata alla storia di TUTTE le religioni, non diventare, invece, l’appendice della messa della domenica e del catechismo per la comunione.

Io chiedo rispetto ad una tv pubblica dove se non è giusto chiedere la chiusura dei giornali cattolici che peraltro non avverrà MAI, non si dovrebbero nemmeno veicolare continuamente da qualsiasi ribalta questi messaggi a favore del trascendentale e di un Dio che se c’è – perchéglielohadettoalloro: a chi ci crede – non è detto però, che lo abbia detto proprio a tutti. 

A me ad esempio non lo ha detto.

In questo paese di Dio si parla già abbastanza proprio e soprattutto in televisione e in tutti i media, le notizie dal vaticano occupano la gran parte dei palinsesti televisivi e addirittura su sky c’è una finestra interattiva fissa sull’angelus del papa tutte le settimane; non c’è un telegiornale che non apra sull’ultima esternazione del papa e dell’eminenza di turno: notizie che spesso non interessano nessuno ma che vengono diffuse prima delle altre che invece riguardano tanta gente, cattolica e non.
Di altra propaganda pro Dio in tutte le sue forme francamente non se ne sente proprio la necessità.

Dopodiché a Sanremo abbiamo proprio visto tutto: anche i “fischiatori” a comando. La prova evidente che in questo paese chi tocca santamadrechiesa e tutti i suoi annessi e connessi (che sono tanti, troppi), muore. E questo, mi spiace per quelli che non vedono oltre la punta del loro naso conferma soltanto il fatto che (forse) Celentano tutti i torti non li ha, che scremando il suo dire dalla evidente ridondanza di messaggi sulla bellezza della vita eterna e i consigli per arrivare in un improbabilissimo paradiso, il resto delle cose che ha detto non solo sono condivisibili ma sono proprio giuste. E chissà se tutti quegli stronzi e stronze che in abito da sera  hanno detto “basta” a Celentano sarebbero disposti a dirlo anche a chi quel basta se lo merita davvero.

A cominciare da chi gli ha suggerito quella ridicola reazione.

Ma quanto può essere miserabile e misero un paese che si tiene un delinquente ai piani alti della politica per 17 anni permettendogli di fare danni incalcolabili e poi non sopporta Celentano un paio d’ore una volta ogni morte di papa (tanto per restare in tema)? un paese fatto di gente a cui piace crearsi falsi miti – proprio come Celentano salvo poi cercare di distruggerli appena fanno quelle cose che li hanno resi tali agli occhi di quella stessa gente.

Dissociati mentali, gentaglia a cui piace farsi manipolare fino al punto di farsi suggerire quando qualcuno va osannato e quando invece bisogna farlo morire soltanto perché, anche se in modo forse inopportuno e nel posto sbagliato, che però qualcuno gli ha offerto, ha saputo dire cose semplicissime che tutti sanno ma molti non vogliono vedere e figuriamoci quindi, dire.
Celentano ha guadagnato diecimila punti ieri sera, altroché storie.

”La patonza deve girare” (cit: Silvio Berlusconi)

Oggi, oltre al ventennale di Mani Pulite, era il 17 febbraio 1992 infatti quando Mario Chiesa venne arrestato per tangenti, da allora le cose non solo non si sono aggiustate ma se possibile sono perfino peggiorate, ricorre l’anniversario della morte, avvenuta il 17 febbraio 1600, del filosofo Giordano Bruno. Fu condannato per eresia dal Tribunale centrale del Sant’Uffizio ed arso sul rogo a Roma, con la bocca serrata perché non parlasse. Per l’esattezza inchiodata alla mandibola e  per ordine del Cardinale Bellarmino.
Il cattolicesimo, per dire.

Sanremo, dall’Adriano Celentano show al servizio pubico di Belen Rodriguez

IL “SERVIZIO PUBICO” DI BELEN

[…] Sabato, intanto, tornerà Adriano Celentano. Consiglio non richiesto per il Molleggiato: dica tutto ciò che vuole, esageri, spari altri 125 milioni di cazzate, ma lo faccia scoprendo l’inguine e mostrando un po’ di pelo pubico. Lorenza la Cattolica non avrà nulla da ridire, ne siamo sicuri.[…]

Twitter: #Domenico Naso – Il fatto quotidiano

Mani impunite

 
Anche le massime istituzioni repubblicane han voluto celebrare degnamente il ventennale di Mani Pulite. Il Parlamento ha salvato un’altra volta dall’arresto il senatore Tedesco, mentre l’ex premier B. collezionava una richiesta di condanna a 5 anni di carcere per corruzione giudiziaria e un altro senatore, il preclaro De Gregorio, veniva indagato per aver fatto sparire 23 milioni di fondi pubblici all’editoria. Una cosetta. Superano ormai il centinaio i parlamentari indagati o imputati o pregiudicati (24), ma c’è ancora un anno di legislatura per darsi da fare e battere il record del ’93. Intanto la corruzione continua a mangiarsi 60-70 miliardi l’anno e l’evasione altri 120-150. Ed è da questi presupposti che il capo dello Stato ha aulicamente tratto le conseguenze dinanzi al Csm: “Può senz’altro percepirsi un positivo mutamento dell’atmosfera per quel che riguarda reali disponibilità di confronto costruttivo su problemi più urgenti in materia di politica della giustizia”. Finalmente c’è “piena consonanza nella individuazione delle ragioni della crisi, delle priorità da affrontare e degli immediati rimedi riformatori”.
Un ingenuo o uno straniero di passaggio potrebbe pensare che il Presidente parli di legge anticorruzione, riforma dei reati fiscali, ripristino del falso in bilancio, ratifica delle convenzioni internazionali sul traffico d’influenze, l’autoriciclaggio, la corruzione privata, la prescrizione. In effetti tre parole tre le dice (“seri adeguamenti normativi”). Ma il confronto costruttivo serve a ben altri e più nobili scopi: mandare a casa migliaia di detenuti o stiparli nelle camere di sicurezza delle questure accanto a chi li ha arrestati (la nuova frontiera del garantismo). E soprattutto tappare la bocca alle toghe e privarle dei diritti civili. Il mondo si domanda come sia possibile che in Italia siano candidabili i condannati. Ma l’uomo del Colle trova disdicevole che si candidino i magistrati. Il fatto che un ladro entri o resti in Parlamento, anche se ha confessato di aver fregato 13 milioni al suo partito, non pare turbarlo. Ma “le troppe esternazioni esorbitanti i criteri di misura” e “l’assunzione inopportuna di incarichi politici” da parte di magistrati, queste sì “disorientano i cittadini”. In effetti siamo talmente abituati ai ladri che, quando vediamo una guardia in politica, siamo subito colti da vertigini. Quando poi un magistrato parla, “innesca periodicamente spirali polemiche e acuiscono molteplici tensioni”, e così quando “inserisce nei provvedimenti giudiziari riferimenti non necessari ai fini della motivazione e che spesso coinvolgono terzi estranei”. Se, per dire, uno legge in un’ordinanza le telefonate fra un ladro o un mafioso e un politico, chissà cosa va a pensare: tipo che anche il politico sia un poco di buono e che il Colle dovrebbe monitare un po’ anche contro di lui. Ottimo anche l’elogio del neoprocuratore di Roma Pignatone, che già acquisì meriti a Palermo emarginando alcuni dei migliori pm antimafia. Elogi anche al giudice Casalbore e al pm Guariniello dopo la sentenza Eternit? Non pare il caso. Un monito contro la porcata Pini sulla responsabilità civile dei giudici? Meglio di no. Invece bisogna punire più severamente i pm che si permettono di parlare in dissenso dal pensiero unico: oggi “sfuggono alla sanzionabilità disciplinare per la legge del 2006”, urge “riforma” per imbavagliarli meglio. E, se qualcuno non condivide le “riforme condivise”, rendendole un po’ meno condivise perché non le condivide, va “arginato”: i partiti che garbano al Colle “reagiscano con la massima fermezza alle resistenze alle riforme della giustizia”, specie da parte di quegli “intraprendenti parlamentari che sventolano vessilli di santuari intoccabili”. Ma sì, dai che l’abbiamo capito chi è l’intraprendente parlamentare: quello che vent’anni fa scoprì Tangentopoli. L’avessero arginato all’epoca, come diceva l’amico Bottino Craxi, signora mia…

Marco Travaglio – 16 febbraio 2012 – Il Fatto Quotidiano

I vescovi: Celentano, volgarità e ignoranza

Sottotitolo: E’ triste vedere una persona anziana, ricca e famosa, aggirarsi su un palcoscenico a dire sciocchezze, attaccare la Consulta, invocare la chiusura dei giornali, fare appello ad un grossolano senso religioso ed a sentimenti populisti. Meno male che non è più Presidente del Consiglio. (Rosaria Greco per Acido Lattico: Acido Lattico )

La storia nera del Vaticano: omicidi, sequestri e silenzi da papa .

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Non sono le cose che ha detto Celentano a dare fastidio, anche perché sappiamo benissimo che nessuno chiuderà un bel nulla. Quello che più di tutto m’infastidisce è questo ruolo di predicatore che qualcuno gli ha affibbiato, come se fosse fondamentale che gli italiani vengano a conoscenza del celentanopensiero: ma chissenefrega di quello che pensa Celentano? uno che  ha solo saputo approfittare della deficienza della stragrande maggioranza della gente: quella che se una cosa la dicono persone qualsiasi sono solo  idiote idealiste e populiste da internare mentre invece se la dice Celentano, eh…vuoi mettere? uno che viene pagato 350.000 euro a serata per illuminarci sulla bellezza della  vita eterna dopo essersi assicurato la sua terrena ed averla assicurata alle sue prossime generazioni, per dire.  Simboli, Celentano è il simbolo del vuoto della politica, della mancanza di punti di riferimento seri e importanti. Perché quando ci si deve affidare alle vanne marchi di ogni genere è troppo tardi anche per rimediare allo scempio culturale che qualcuno ha compiuto in questo paese. Addirittura Santoro interrompe la sua trasmissione perché c’è Celentano a Sanremo, invece di offrire alla gente l’alternativa, per educarla a scegliere no, cinque giorni al mese, tutti gli anni da 60 anni un intero paese si deve fermare perché c’è Sanremo. E perché ci sarà in tutte le altre trasmissioni nelle quali verrà spalmato sine die. Se non è perversione questa non lo so. Una ci prova pure a pensare che il target di chi guarda certa robaccia in tv non debba essere necessariamente quello che si accontenta e si mette davanti alla TV con gli stessi criteri coi quali sceglie una brioche al banco del bar al mattino, ma quando leggo che il dibattito sui social network stamattina è catalizzato sul tatuaggio di Belen che si è presentata sul palco senza mutande  (foglia d’acero o farfalla ma anche ‘sti cazzi e perchénnò?), mi devo per forza ricredere.

La Chiesa contro Celentano video

Le alte gerarchie ecclesiatiche, pur avendo scelto in qualità di referenti di Dio, di avere un altro ruolo all’interno della società non hanno mai disdegnato di sporcarsi con certe volgarità terrene.

Basterebbe ricordarsi senza ipocrisie di Marcinkus, dello IOR e di tutto quel che è ruotato attorno all’alta finanza del Vaticano, del boss della banda della Magliana Enrico “Renatino” De Pedis seppellito “per riconoscenza”, perché era un “benefattore”, in una basilica romana e tutt’ora ospite del sacro luogo: nessuna autorità è mai  riuscita a completare indagini per scoprire il perché ad un pluriassassino fosse stato concesso questo privilegio né a fare in modo di dare ad un criminale il posto che gli spetta anche da morto.
Basterebbe ricordarsi di Emanuela Orlandi. Per non parlare di Papi che non mossero un dito per opporsi al regime fascista di mussolini.
Giusto per non tornare troppo indietro nei secoli  delle torture, dell’inquisizione e dei roghi e per tralasciare l’odiosa piaga di un crimine come la pedofilia all’interno del clero tenuto accuratamente nascosto agli occhi del mondo fino all’altroieri, praticamente.
Il Vaticano, nella storia, ha sempre sostenuto i peggiori regimi, quelli totalitari, sanguinari e guerrafondai. Basterebbe ricordarsi di Wojtyla affacciato alla finestra sorridente con Pinochet e al quale mandò i suoi personalissimi auguri per le nozze d’oro: e Papa Wojtyla sta passando alla storia come uno dei migliori, il più buono, il più bravo, il più capace a comunicare, il grande Papa che ha sconfitto il comunismo.  Ed effettivamente lui parlava proprio con tutti.
Ora io non mi aspetto che la chiesa chieda scusa al mondo come ciclicamente è costretta a fare dai tempi di Galileo Galilei scampato al rogo per un pelo, ma sepperò le eminenze evitassero di insorgere così, tanto perché non hanno niente di meglio da fare e per cose assolutamente risibili, noi quaggiù eviteremmo anche di doverci ricordare di certe faccende.

Perché sono brutte, ma brutte brutte.