Aridatece la mazzetta [ma la violenza arriva dal web]

E pensare che bondi quando era ministro della cultura si rifiutò di andare al festival di Cannes dove si proiettava Draquila, il film di Sabina Guzzanti sul terremoto a L’Aquila, perché disse che quel film offendeva l’Italia. Mentre e invece chi la offendeva era proprio lui, era il governo di cui faceva parte, era il presidente del consiglio delinquente già allora, erano le amministrazioni cosiddette di sinistra che in questo paese hanno rubato e mangiato quanto e come le altre, era già, e lo sapevamo un po’ meno di ora, anche un presidente della repubblica che quando dovrebbe parlare invece sta zitto. Ma meno male che adesso ci stanno quelle come la de girolamo e la Cancellieri, quelli come alfano, e ancora, è sempre lo stesso, un presidente della repubblica che tace quando invece dovrebbe parlare, a far fare una bella figura all’Italia. 

Il ladrocinio, la delinquenza e la criminalità esistono da quando esiste l’umanità e solo in assenza di questa potranno smettere di essere. Mai però era esistito nella storia dell’umanità questo concetto di impunità relativa alla politica quando è disonesta, a questa gestione malsana del paese e dello stato come quello che viene applicato nei fatti in Italia. Ancora ieri berlusconi, condannato a quattro anni per frode fiscale parlava di un suo futuro politico, da leader, nel paese che ha depredato non solo economicamente. E ancora oggi, dopo cinque mesi e undici giorni la sentenza che condanna berlusconi non viene applicata. In un paese demolito dalle ruberie e dalla corruzione i condannati detenuti per questo reato sono appena 30 [trenta], ma meno male che la ministra Cancellieri sta pensando ad istituire l’omicidio stradale: a quello statale no, non ci pensa la ministra.

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Altro che web violento, gli auguri di morte arrivano dal cellulare del Ministro

NUNZIA E LA POLITICA DEL TURPILOQUIO (Francesco Merlo)

DE GIROLAMO, L’APPALTO DEL 118 E I FONDI PER IL CONGRESSO PDL (Vincenzo Iurillo e Marco Lillo)

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“Che culo il terremoto, ora gli appalti” 

Il terremoto è un “colpo di culo”. C’è qualcosa di peggio delle risate dell’imprenditore Francesco Piscicelli, che rideva mentre ancora le terra tremava, il 6 aprile 2009. Ecco l’intercettazione dell’ex assessore comunale Ermanno Lisi, entrato in giunta in quota Udeur (articolo di Antonio Massari).

Intanto il sindaco Massimo Cialente ha confermato le sue dimissioni: “Pago io per tutti, ma è giusto così” 

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L’Aquila, come lupi famelici

Una volta c’era la bustarella, poi venne la tangente. Oggi sembrano peccatucci di fronte all’orgia di una casta criminale e arrogante che sta vampirizzando un paese allo stremo. E quando i proventi delle rapine non bastano più, costoro sperano nei terremoti e se i morti sono tanti, meglio ancora. Che culo!

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Il capitale subumano, Marco Travaglio, 12 gennaio

Quando le intercettazioni dell’inchiesta sulla cricca della Protezione (In)civile immortalarono i due (im)prenditori che se la ridevano di gusto per il terremoto dell’Aquila appena tre giorni dopo la scossa fatale che aveva ucciso 309 persone, si pensò a un caso estremo, eccezionale, irripetibile di disumanità. Ora, dalle telefonate di 18 mesi dopo pubblicate dal Fatto e tratte da un’indagine frettolosamente archiviata dalla vecchia Procura dell’Aquila e riaperta da quella nuova, si comprende che quelle non erano le solite mele marce in un cestino di mele sane: è l’intero cestino che è marcio. L’assessore aquilano di centrosinistra Ermanno Lisi che, di fronte alla sua città in macerie, definisce il terremoto che l’ha distrutta una “botta di culo” per “le possibilità miliardarie” di “tutte ‘ste opere che ci stanno” e che “farsele scappa’ mo’ è da fessi, è l’ultima battuta della vita… o te fai li soldi mo’… o hai finito”, non è un fungo velenoso spuntato dal nulla. É la punta più avanzata di un sistema che chiamare corruzione è un pietoso eufemismo. Questi non sono corrotti. Questi sono subumani, vampiri, organismi geneticamente modificati che mutano continuamente natura verso la più bruta bestialità grazie all’omertà e all’inerzia di chi dovrebbe controllarli, fermarli, cacciarli. Non stiamo parlando di reati (per quelli c’è la giustizia, che con l’arrivo del procuratore Fausto Cardella è in buone mani anche all’Aquila). Ma di un’antropologia mostruosa che nessuno può dire di non aver notato. Che pena il sindaco Cialente, quello che garantiva vigilanza costante sugli appalti e sfilava con la fascia tricolore alla testa dei terremotati puntando il dito contro i governi che lesinavano aiuti, e non riusciva neppure a liberarsi di politici, professionisti e faccendieri come il capo dell’ufficio Viabilità del suo Comune che affidava lavori alla ditta del suocero. Il caso vuole che queste intercettazioni escano in contemporanea con il film di Paolo Virzì Capitale umano e con le demenziali polemiche per il presunto, ridicolo “vilipendio di Brianza”. Il film, straordinario grazie anche allo strepitoso cast, è ispirato al romanzo di Stephen Amidon e, anziché in Connecticut, è ambientato a Ornate. Ma l’ultima cosa che fa venire in mente a una persona normale (dunque non a certi leghisti e giornalisti di Libero , del Foglio e del Giornale) è la Brianza. É una storia universale – ben scritta da Francesco Bruni e Francesco Piccolo – di capitalismo finanziario selvaggio che, ai livelli più alti come in quelli più bassi, pensa di poter fare soldi con i soldi e intanto annienta sentimenti, amicizie, affetti, famiglie, cultura, vite umane. Vite che, quando si spengono, vengono misurate anch’esse in denaro, col registratore di cassa, dunque non valgono più nulla. “Abbiamo scommesso sulla rovina del nostro paese e abbiamo vinto”, dice trionfante il protagonista, Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), mentre il suo alter ego straccione, Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), si vende la figlia per riprendersi i 900mila euro perduti in una speculazione andata a male. Gli unici scampoli di umanità li preservano le donne, interpretate magistralmente dalle due Valerie, Golino e Bruni Tedeschi, e dall’esordiente Matilde Gioli. Il merito principale del film è di illuminare le radici del fallimento di un paese ormai inutile, addirittura dannoso. Quello che si illudeva di chiudere il berlusconismo come fosse una parentesi e non lo specchio, la biografia di una certa Italia che Berlusconi ha soltanto sdoganato e resa orgogliosa della sua mostruosità, ma che gli preesisteva e gli sopravviverà: nelle classi dirigenti di destra di centro di sinistra, ma anche in vaste aree della “società civile”. Ogni squalo che fa soldi sulla pelle della gente, per ogni pirata che ruba sugli appalti, per ogni vampiro che succhia il sangue ai morti del terremoto si regge sul silenzio complice di decine, centinaia di persone. Che, fatta la somma, sono milioni. Troppe per sperare in un cambiamento imminente. Ma non troppe per rinunciare a prepararlo subito.

I servi, servono. Appunto

Sottotitolo: in un paese normale è vero che le regole si fanno in cabina elettorale, che sono i cittadini a scegliere da chi e in che modo vogliono farsi governare, ma è anche vero che bisogna mettere la gente nelle condizioni di fare una scelta. In questo paese è sparita quella sinistra forte che sapeva fare opposizione, quella sinistra grazie alla quale leggi come quelle sul divorzio e sull’aborto sono potute passare quando governava la democrazia cristiana, quando fare compromessi con l’avversario significava farlo per il bene comune, non per i propri affari di bottega.

Quando sui diritti non si tirava indietro la manina per presunte questioni di coscienza personale.

C’è gente che ha usato la Costituzione come il rotolo di carta igienica del bagno di casa sua salvo tirarla fuori esaltandola solo quando l’ha cominciato a fare anche berlusconi. Prima no?

Un giorno qualcuno, o, speriamo la storia dovrà spiegare a chi e a cosa è servito berlusconi.

D’Alema: “I media erano schierati contro di noi”.
La prossima volta regalali a qualcun altro.
[spinoza.it]

Senza di lui, invece, non ci sarebbe stato nemmeno berlusconi.

Penso che abbiamo capito tutti che l’unico modo per liberare questo paese da berlusconi è il voto.
Purtroppo i cittadini perbene, senzienti, quelli che vogliono il bene di questo paese non hanno potuto contare su nessuna tutela, nessuno è intervenuto a tempo debito, pur potendolo fare per liberare l’Italia da questa metastasi che appesta l’Italia ormai da diciotto anni.
Non sono bastati i precedenti penali, non è bastato il fatto che uno così non si sarebbe potuto avvicinare al parlamento nemmeno per scherzo [diciotto anni fa  il fondo ci ha regalato berlusconi, certo, senza la collaborazione – coi baffi –  di chi gli ha agevolato l’ingresso forse non ce l’avrebbe fatta. Ma del resto, chi se lo ricorda che per permettergli la discesa in campo è stata violata la Costituzione, quanti siamo? dieci, venti, cento?] non sono bastati  i processi, le prescrizioni, le collusioni con la mafia, gli stallieri eroi, il partito fondato da un condannato per mafia [che amico della mafia era anche prima ma che nemmeno questa magnifica legge sull’incandidabilità riesce a buttare fuori dal parlamento], le cricche, le mignotte, i papponi: no, niente di tutto questo è bastato.
Oggi siamo di nuovo punto e a capo perché le cosiddette istituzioni, quelle che noi dobbiamo rispettare non hanno rispettato il paese né noi.
Io non so come andrà a finire questa crisi né quando ci rimanderanno di nuovo a votare ma spero che tutti capiscano che prima lo facciamo meglio è: non bisogna concedere troppo tempo all’eversore antistato. 
E nessuno dovrà più prendere in considerazione quello che arriva dalle bocche di chi ha sostenuto berlusconi: casini, la faccia ‘bella’ di cuffaro è persona che con un centrosinistra che vuole ricostruire non c’entra nulla.
Se Bersani vuole essere credibile lo deve dire subito, adesso, che le intenzioni sono altre.
Perché se il rinnovamento deve passare di nuovo per l’inciucio, per gli accordi presi con le mani sotto al tavoli, per i veltroni e i d’alema che dicono che non si ricandidano ma poi pensano di dover dare ancora un contributo alla politica, contributo, il loro, di cui questo paese può fare a meno considerati i precedenti, per una nullità come letta [enrico] che pensa che un movimento di gente nella gente sia più pericoloso di chi ha trascinato l’Italia in un baratro non solo economico ma soprattutto etico, se il rinnovamento porta la firma di bindi e fioroni che portano in parlamento la loro presunta coscienza mettendosi di traverso ogni volta che si cerca di far fare all’Italia un passo avanti in fatto di civiltà mica lo so se Bersani ce la fa.

Il servo serve

Marco Travaglio, 8 dicembre

Ieri, mentre il suo leader Piercasinando parlava alla Camera per dirci ancora una volta quanto è bravo e quanto è bello lui, l’on. Paola Binetti, comprensibilmente, dormiva. Tramonta così, in una scena impietosa, il Grande Centro che per mesi ha turbato i sonni di politici di destra e sinistra, occupato chilometri quadrati di carta stampata, intasato le tv, arrapato politologi e sondaggisti elettrizzati dall’eccitante prospettiva del Monti-bis. Resta da trovare qualcuno che, con delicatezza, salga al Colle e comunichi la ferale notizia a Napolitano: il partito di Monti, o di Monti-zemolo, non vincerà, per mancanza di tempo, ma soprattutto di elettori. La famosa Agenda Monti resterà impilata e invenduta sugli scaffali dei negozi Buffetti. I presunti elettori moderati, casomai esistessero, sfuggono ai radar: Casini più Fini più Luca Cordero, sempreché si mettano insieme e la smettano di litigare, rischiano di non superare nemmeno il quorum del Senato (l’8%). E soprattutto il Pdl non seguirà la linea di Alfano, Schifani e Ferrara, che speravano di nascondere la propria nullità sotto il loden del Prof: al segnale convenuto del Cainano (il fischietto a ultrasuoni) terrorizzato dall’asta delle frequenze tv, dal decreto (peraltro finto) “liste pulite”, dai conti della ditta, dall’arrivo delle sentenze Ruby e Dell’Utri, i due noti statisti siciliani sono prontamente rientrati nei ranghi, mentre il direttore del Foglio vive ore drammatiche. Del resto Monti l’aveva capito fin da quando Ferrara annunciò l’adesione all’agenda Monti di B. e del Pdl tutto, da lui medesimo sapientemente consigliati, che le cose si mettevano male. L’altroieri il padrone ha fatto convocare Angelino Jolie a Palazzo Grazioli da un giardiniere, e al suo arrivo gli ha lanciato l’osso: “Tu adesso terrai una conferenza stampa e annunci che io sono il candidato premier” (e le tue primarie sai dove te le devi mettere). Il segretario da riporto l’ha prontamente restituito: “Berlusconi ha manifestato la volontà di tornare in campo. Del resto nel 2008 fu lui a vincere, ad alzare la coppa e il detentore del titolo ha tutto il diritto di farlo”. Perbacco, ci mancherebbe altro. Anche Schifani, dopo una fugace libera uscita, torna a cuccia. Il 7 giugno tuonava contro i “troppi errori” di B., incapace di “emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Il nostro elettorato è frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo la parte più chiassosa del Pdl minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano le più convinte dichiarazioni di B. a sostegno di Monti e il giorno dopo, sui giornali berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato”. E lanciava Alfano, l’uomo “che ha segnato una svolta e ha dimostrato di sapere fare politica”, prendere le redini del partito, ma solo “se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria”. Giovedì sera la rivolta di Renato Spartacus si è conclusa con un trillante comunicato: “B. ha il sacrosanto diritto di scendere in campo. Ha pieno titolo a rivendicare la propria candidatura in una sfida democratica in una democrazia sana per il nostro Paese”. Corbezzoli, perdindirindina. Tutt’intorno si udiva un coro di “arfarf”, uno sbavare di osanna, un agitarsi di codine, uno sgomitare per arrivare primi all’Ansa col peana al “nuovo sacrificio” (Ravetto), all'”ennesimo atto d’amore” (Cesaro), al “fiat lux” (Biancofiore). Scene così imbarazzanti da indignare persino un professionista come James Bondi, mai mossosi da sotto la scrivania.

“Chi, nella penombra del Transatlantico, tramava contro ora è lì a spellarsi le mani e a gridare evviva”. Non c’è più la servitù di una volta.

Trattativa prêt-à-porter

   

Sottotitolo: Certo che ne passano di schifezze al meeting di comunione e fatturazione [cit. Don Gallo]. La politica già fa schifo di suo, ma quella vicina al vaticano è la più pericolosa. Per eventuali chiarimenti  sul perché rivolgersi allo (s)governatore lombardo. Mai vista tanta gente sobria, elegante, professionista e professionale, temere le intercettazioni come un utilizzatore finale qualsiasi.  

Mettere poi sullo stesso piano intercettazioni e corruzione equivale al concetto di omosessuale= pedofilo.

Ma chiaramente nessuno fra il giornalismo illustre farà caso a questa bazzecola.
Passera è sempre indagato, vero?
Appunto.

Mentre il ministro [indagato per frode fiscale] Passera si occupa di intercettazioni, il suo collega agli affari esteri non tocca di un euro gli emolumenti principeschi dei suoi colleghi ambasciatori.  Equità come se piovesse e Italia paese laico una cippa.
E’ vero, la Costituzione ha bisogno di essere restaurata, bisognerebbe togliere tutti quegli articoli che parlano di cazzate quali uguaglianza, leggi uguali per tutti, del lavoro come un diritto e non un privilegio di caste e sottocaste che certo non dovranno mai preoccuparsi di non percepire stipendi e pensioni; e, cosa più importante, a questo punto sarebbe opportuno anche rendere legali mafie e corruzione, visto che chi le combatte è considerato un sovversivo e visto che TUTTI i governi hanno sempre indebolito chi alla mafia e alla corruzione si è opposto anche a prezzo della vita. Così Scalfari ci risparmia i suoi articoletti, Rondolino non chiede più di chiudere la procura di Palermo, Violante la smette di insultare i suoi ex colleghi che adesso avranno capito per quanto tempo si sono tenuti la serpe in seno.

Io però poi voglio anche la marijuana, legale, famo a capisse.

Dunque Eugenio Scalfari ci fa sapere che ci sono trattative e trattative.

Alla sua veneranda età vorrebbe convincere quegli italiani che – coraggiosamente – sotto la canicola africana affrontano la lettura dei suoi editoriali che ci sono come dire? situazioni e situazioni, e che i governi di uno stato serio devono poter scegliere qual è il male minore in presenza di una o più minacce per quello stesso stato.  Solo la frase ” love of my life” ormai relegata nello stanzino delle scope e degli stracci della Storia  sembrava dare  soddisfazione al gran pezzo di giornalista.

Se non ci sono le mignotte parte del giornalismo di Repubblica  non si eccita. Soffre di una strana forma di depravazione intellettuale.

Volevo timidamente dire all’anziano voltagabbana, all’inventore delle battaglie per la libertà di espressione à la carte [quello che andava bene per berlusconi per Giorgio The King è inammissibile] che quando si tratta di mafia alternative non ce ne dovrebbero essere, in un paese NORMALE i ladri fanno i ladri, gli assassini gli assassini e le istituzioni, le istituzioni.

Avere un’opinione diversa, pensare che in certe occasioni va bene sedersi a tavola coi ladri e con gli assassini non significa cercare di evitare il male peggiore, a casa mia si chiama connivenza, complicità, si chiama rendersi ricattabili da una criminalità consapevole che nel momento del bisogno pezzi dello stato si faranno sempre trovare disponibili a trattare, e poco importa se questo significa tradire la fiducia dei cittadini che di quelle istituzioni invece, vorrebbero potersi fidare.

Napolitano non è al di sopra della legge esattamente come non lo è berlusconi, anche se in tutti questi anni la politica, tutta, ha lavorato incessantemente per farcelo diventare.

 Evidentemente la nuova (probabile?) alleanza del PD con l’UDC ex partito alleato di berlusconi e il comportamento assai discutibile di Napolitano impongono a Repubblica una nuova e diversa linea editoriale: sono lontani anni luce ormai i post it contro tutti i bavagli. Oggi il bavaglio va bene alla destra, al centro, alla presunta sinistra e pure a Scalfari.

Approvare, giustificare, far diventare un atto istituzionale legittimo e normale la trattativa stato mafia è rivoltante quanto chi blatera di “ragion di stato” per giustificare e proteggere gli autori delle stragi fasciste, quanto chi promette giustizia e verità  sui cadaveri dei morti ammazzati e sui loro altari ai familiari delle vittime di stragi di mafia ben sapendo che quella giustizia non potrà mai arrivare perché la trattativa non la prevede.

Sono proprio contenta di aver smesso di comprare La Repubblica da parecchie settimane, perché  Scalfari il complice lo può fare se vuole, se ritiene che sia giusto, ma non con i  miei soldi.  

La coscienza civile applicata alle cose dei tutti i giorni è la migliore strategia per non rendersi complici inconsapevoli di questo ridicolo regimetto che è l’Italia.

Quando, quindici anni fa scrivevo e dicevo che non compravo nulla targato Mondadori molta gente si straniva, come se non si potesse fare a meno di Chi dell’ottimo Signorini, di Panorama, di Sorrisi e Canzoni e di tutta la porcheria stampata per conto dell’ex tizio, strumenti di propaganda ben peggiori dei fogliacci diretti da feltri, belpietro e sallusti nonché del Foglio del moltoebbasta ferrara.

L’ex magistrato e presidente della Camera: «L’inchiesta sulla possibile trattativa tra Stato e mafia? C’è un populismo giuridico che ha come obiettivo Monti e Napolitano»
Ecco un altro campione di obiettività, quello che trattò sottobanco con berlusconi assicurandogli che nessuno avrebbe toccato le sue tv [e infatti nessuno le ha toccate] e quasi si vantò in parlamento che, durante i governi di centrosinistra le ricchezze di berlusconi aumentarono di 25 volte [nel ’93, ora saranno molte di più].
Questa è la sinistra che si contrappone alla destra peggiore presente in parlamento dai tempi del regime di mussolini.

 

Che fine han fatto i giornali e gli editori che un anno fa marciavano con la Fnsi contro il bavaglio targato Alfano? Ora rilanciano a una sola voce gli ukase di Monti che, senza sapere quel che dice, denuncia “abusi nelle intercettazioni” e annuncia la riedizione riveduta e corrotta in salsa tecnica del bavaglio Al Fano. Spariti i post-it gialli, petizioni, mobilitazioni, paginate su “Tutto quello che non avreste saputo e non saprete più”. L’Anm si spinge a definire addirittura “impropria” l’uscita di Monti, ma in un comunicato senza firme, come se si fosse scritto da solo. Zitti il Pd e la presunta sinistra. Comprensibilmente entusiasti Pdl e Udc. Soave corrispondenza di amorosi sensi fra il Foglio, che insulta Zagrebelsky al punto di difendere Scalfari, e la fu Unità, che critica Zagrebelsky per conto terzi (anzi Colle). La fu Unità, poi, attacca con argomenti berlusconiani la gip Clementina Forleo che ha osato, su Facebook, solidarizzare con la collega Todisco aggredita da un governo “illegittimo”. Il che metterebbe “in discussione la terzietà e imparzialità del magistrato”. Quasi che la Forleo avesse fra i suoi imputati il governo. O che i giudici, per esser imparziali, dovessero essere tutti governativi. Come quelli che hanno condannato le Pussy Riot. Piacerebbe, eh? [Marco Travaglio]

Trattativa, Scalfari: ‘Normale in guerra’. E attacca Zagrebelski: applausi da Bondi

Nel suo editoriale domenicale il fondatore di Repubblica risponde al presidente emerito della Consulta, che aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzioni sollevato con la Procura del capoluogo siciliano ( Il costituzionalista, infatti, dando ragione ai pm di Palermo, aveva invitato il Colle a ripensare al conflitto di attribuzione sollevato con la Procura del capoluogo siciliano.). Sui pm dice: “Ci sarebbero da esaminare i risultati delle inchieste che da vent’anni si svolgono a Palermo e Caltanissetta e che finora hanno dato assai magri risultati”. E l’ex ministro della cultura paragona le idee del giornalista a quelle di B: “Le opinioni del Cavaliere sostenute da una penna potente”.